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Analisi ambientale e studio di un sistema di cogenerazione:confronto tra due soluzioni

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ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITÀ DI BOLOGNA

FACOLTA’ DI INGEGNERIA

CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA GESTIONALE

DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA CIVILE,

AMBIENTALE E DEI MATERIALI

TESI DI LAUREA

in

Valorizzazione delle risorse primarie e secondarie

“Analisi ambientale e studio di un sistema di cogenerazione: confronto tra due soluzioni”

Anno Accademico:2009/2010 Sessione: III CANDIDATO Marta Nicodemo RELATORE Chiar.mo Prof: Alessandra Bonoli CORRELATORE Chiar.mo Prof: Michele Bianchi

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Indice

Introduzione………pag.1

Capitolo 1: La cogenerazione………pag.3

1.1 Il sistema di cogenerazione…………pag.3

1.2 I vantaggi della cogenerazione…….pag.6

1.2.1 Cogenerazione e ambiente……..pag.12

1.2.2 Il Protocollo di Kyoto e la

normativa italiana…...pag.13

1.2.3 Cogenerazione e Ecodesign…….pag.29

1.3 I combustibili utilizzati dagli impianti

cogenerativi………..pag.33

1.4 Le tipologie di impianti di

cogenerazione………pag.40

1.5 L’efficienza di un impianto di

cogenerazione………....pag.46

1.6 Tipologie cogenerative

a confronto………..pag.47

Capitolo 2: Descrizione e analisi dei due impianti

cogenerativi…...pag.54

2.1 Lo studio in azienda……….pag.54

2.2 Il ciclo combinato: motore Diesel e turbina

a vapore………pag.55

2.3 Il sistema di trattamento dell’acqua

demineralizzata...pag.59

2.4 Analisi del ciclo combinato motore Diesel

e turbina a vapore……….pag.61

2.4.1 Le emissioni………pag.61

2.4.2 Il rendimento………...pag.73

2.4.3 I costi………...pag.75

2.5 Il nuovo ciclo combinato: motore a gas

e turbina a vapore……….pag.79

2.6 Analisi del ciclo combinato motore a gas

e turbina a vapore……….pag.81

2.6.1 Le emissioni………pag.81

2.6.2 Il rendimento………...pag.95

(3)

2.6.3 I costi………...pag.97

Capitolo 3: Confronto e valutazioni finali dei due

impianti……...pag.102

3.1 Profilo tecnico-produttivo……….pag.102

3.2 Profilo ambientale……….pag.104

3.3 Profilo economico……….pag.105

Conclusione……….pag.107

Bibliografia………..pag.108

Ringraziamenti……….pag.109

(4)

Introduzione

Questo studio vuole essere un’analisi specifica su una delle modalità più diffuse e attuali di produzione contemporanea di energia elettrica e termica: la cogenerazione.

Le esigenze dei clienti e il mutuo vantaggio di produttori e consumatori hanno reso la cogenerazione una delle tecnologie di produzione energetica più interessanti e proficue degli ultimi tempi, determinando una rapida diffusione delle diverse tipologie di impianto sia nel nostro paese che all’estero.

I benefici conseguiti grazie all’adozione di questo sistema produttivo sono molteplici e interessano diversi ambiti: ambientale, produttivo ed economico.

La minore produzione di sostanze inquinanti, sia per l’aria che per la salute umana, rendono la cogenerazione uno strumento alternativo e vantaggioso per ottenere energia.

Le industrie effettuano investimenti sempre più frequenti in questa tipologia produttiva per avere una duplice produzione energetica in grado di soddisfare la domanda e, al contempo, un ritorno economico tale da preferire questa soluzione impiantistica a quella tradizionale di produzione separata di energia. Inoltre gli investimenti vengono incoraggiati dalle favorevoli condizioni di mercato per l’acquisto di alcuni combustibili, per la fornitura e la vendita dell’energia e dagli incentivi statali.

Scopo di questo studio sarà, dunque, rilevare gli effetti introdotti da tale tecnologia, utilizzata presso l’azienda abruzzese “Trigno Energy”, società del gruppo “Rolls Royce”, attraverso il confronto tra due diverse tipologie cogenerative: il ciclo combinato costituito da un motore endotermico alimentato a gasolio ed una turbina a vapore e il

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ciclo combinato costituito da un motore alternativo a gas ed una turbina a vapore.

Inizialmente si indagherà il panorama della cogenerazione nei suoi aspetti principali e nelle sue caratteristiche facendo riferimento, in campo ambientale, al protocollo di Kyoto e alla normativa italiana. In seguito si descriveranno i due sistemi oggetto di studio, si evidenzieranno le rispettive criticità, i combustibili impiegati e si confronteranno i valori di emissioni ambientali, rendimento e costo determinando la soluzione impiantistica più utile e conveniente e tali da giustificare l’adozione della nuova tecnologia motore a gas- turbina a vapore in sostituzione di quella costituita dal motore Diesel e dalla turbina a vapore.

L’aspetto ambientale, in particolare, sarà considerato ponendo attenzione alla riduzione delle emissioni dei gas emessi dagli impianti di cogenerazione studiati, la cui presenza impatta negativamente sull’inquinamento atmosferico.

La presenza di tali gas (CO, NOx, polveri e SOx), infatti, contribuisce ad aggravare il ben noto fenomeno dell’ “effetto serra”.

I concetti di sviluppo sostenibile e di impatto ambientale sono argomenti discussi e di grande rilevanza riguardo la produzione industriale, civile e il terziario.

Una scelta e un utilizzo migliore dei combustibili e una produzione razionale dell’energia, adottando sistemi di produzione energetica come la cogenerazione, diventano l’obiettivo comune per la riduzione delle emissioni dannose in atmosfera e lo sfruttamento più efficace ed efficiente delle attività umane.

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Capitolo 1: La cogenerazione

1.1 Il sistema di cogenerazione

Il termine cogenerazione sta ad indicare un’utilizzazione mista per fornire energia elettrica e termica. Questi impianti a doppia utilizzazione hanno avuto un notevole sviluppo nell’industria e hanno assunto diverse denominazioni a seconda del tipo di motore endotermico utilizzato. La cogenerazione, nota anche come CHP (Combined Heat and Power), è la produzione congiunta e contemporanea di energia elettrica (o meccanica) e calore utile a partire da una singola fonte energetica, attuata in un unico sistema integrato (produzione in cascata). La cogenerazione, impiegando lo stesso combustibile per due utilizzi differenti, mira ad uno sfruttamento più efficiente e razionale dell’energia primaria, con conseguenti risparmi economici soprattutto nei processi produttivi caratterizzati da una forte contemporaneità di prelievi elettrici e termici. La ripartizione di questi sistemi per tipo di utenza, in Italia, è così suddivisa:

• industria: 43% • depurazione: 32% • terziario 28%

Generalmente i sistemi CHP sono formati da un motore primario (motore alternativo, turbina), un generatore, un sistema di recupero termico ed interconnessioni elettriche.

Il motore primario è un qualunque motore utilizzato per convertire il combustibile in energia meccanica, il generatore la converte in energia elettrica e il sistema di recupero termico, attraverso i funi di scarico ed il raffreddamento del motore, utilizza l’energia termica ottenuta per il riscaldamento o la produzione di vapore.

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La produzione combinata può incrementare l’efficienza di utilizzo del combustibile fossile fino ad oltre l’80%; ciò comporta minori costi e minori emissioni di inquinanti e di gas ad effetto serra, in particolare di monossido di carbonio (CO) e di ossidi di azoto (NOx), rispetto alla produzione separata di elettricità e di calore.

La cogenerazione ha natura distribuita e si realizza mediante impianti che sono in grado di generare calore ed elettricità per grandi strutture (es. ospedali, alberghi ecc.) o piccoli centri urbani. La combustione nelle centrali a cogenerazione raggiunge risparmi fino al 40% nell’utilizzo delle fonti primarie di energia.

La seguente figura illustra schematicamente il confronto tra la produzione energetica separata e quella combinata; nel caso della produzione combinata il rendimento totale risulta più elevato, anche assumendo, cautelativamente, che il rendimento elettrico sia più basso.

Produzione Separata Figura 1.1 53 Impianto convenzionale 45 8 Energia termica Perdite 95 Impianto convenzionale 38 57 Energia elettrica Perdite

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Produzione in Cogenerazione

Figura 1.2

Come si nota dagli schemi, per ottenere le stesse quantità di energia elettrica e termica bisogna introdurre nell’impianto una quantità maggiore di carburante nella produzione separata rispetto a quella combinata che ne richiede circa il 35% in meno. Un tipico schema generale di riferimento del sistema di cogenerazione è quello di seguito riportato (Figura 1.3): 100 Impianto di cogenerazione 17 45 Energia elettrica Perdite Energia termica 38

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In esso si possono individuare: •sorgenti energetiche

•utilizzatori termici di energia a temperatura medio/alta •utilizzatori termici a temperatura medio/bassa

•utilizzatori di energia meccanica o elettrica •pozzi di calore

•reti di trasmissione di calore (per i sistemi di teleriscaldamento)

1.2 I vantaggi della cogenerazione

Lo sfruttamento del sistema cogenerativo rispetto a quello tradizionale comporta diversi vantaggi che ne hanno determinato la diffusione, in particolare negli ultimi anni.

FONTI ENERGETICHE UTILIZZATORI TERMICI A TEMP. MEDIO/ALTA GENERATORI DI POTENZA MECCANICA/ELETTRICA GENERATORI DI CALORE AUSILIARI RETI DI TRASMISSIONE DEL CALORE UTILIZZATORI A BASSA TEMPERATURA UTILIZZATORI MECCANICI/ ELETTRICI POZZI DI CALORE

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Grazie al minor consumo di combustibile rispetto alla produzione separata di energia elettrica e termica, la cogenerazione permette una significativa riduzione delle emissioni di gas responsabili dell’inquinamento atmosferico (CO, NOx e SOx) e del riscaldamento della terra. In particolare i principali gas serra che provocano l’aumento della temperatura dell’aria e della superficie terrestre causando il fenomeno dell’ “effetto serra” sono: il vapore d’acqua (H20), l’ anidride

carbonica (CO2), il perossido di azoto (N2O) e il metano (CH4). Il

potenziale dell’ “effetto serra” di un determinato gas è misurato dalla quantità di CO2eq. Il parametro che definisce il potenziale di una

sostanza come “gas serra” è il GWP (Global Warming Potential) assunto per convenzione uguale a 1 per la CO2. Il GWP è definito come l’effetto

di riscaldamento su un certo orizzonte temporale prodotto da 1kg di sostanza rispetto a quello prodotto nello stesso tempo da 1kg di CO2.

Nella tabella seguente sono riportati i fattori del potenziale “effetto serra” per i principali gas climalteranti:

Emissioni climalteranti GWP CO2 1 CH4 21 N2O 310 Tabella 1.1

Il metano, nonostante la sua concentrazione in atmosfera sia di molto inferiore a quella della CO2, è un fortissimo gas serra ed ha una capacità

di assorbire le radiazioni nel campo dell’infrarosso 60 volte maggiore di quella della CO2. Anche il protossido di azoto è un gas serra molto

potente e con un tempo di permanenza in atmosfera elevatissimo (120 anni), ma con bassa concentrazione. L’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) ha valutato quale potrebbe essere l’ammontare complessivo di gas serra nei prossimi decenni: sono stati presi in

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considerazioni diversi scenari di previsione elaborando dati provenienti da diverse fonti (in base al tipo di politica adottata dalle varie nazioni). Si va da uno scenario più critico in cui si prevede che vi sia una crescita dei consumi energetici mondiali da imputarsi ai paesi emergenti (caratterizzati da un incremento industriale e demografico maggiore dei paesi delle economie più sviluppate) e un contemporaneo ricorso a fonti di approvvigionamento prevalentemente fossile, fino ad una previsione più ottimistica di uno scenario con tassi di crescita minimi del fabbisogno energetico ed un maggiore sfruttamento delle fonti rinnovabili. La figura seguente riporta i differenti scenari precedentemente descritti: 0 500 1000 1500 2000 2500 3000 1990 2010 2030 2050 2070 2090 2110 anno G to n n C O 2

Scenario più critico Scenario meno critico

Figura 1.4

Mediante un impianto di cogenerazione, l'ambiente viene beneficiato con una significativa riduzione delle emissioni di gas inquinanti (CO, NOx, SOx), per ogni kW di energia prodotta, attraverso il controllo e il monitoraggio della loro produzione.

Il calore disperso dai sistemi di produzione convenzionali di energia rappresenta di per sé un fattore negativo di impatto ambientale che viene sensibilmente ridotto negli impianti di cogenerazione. Per tali ragioni l’impiego di impianti di cogenerazione è una componente chiave delle

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strategie energetiche nazionali ed internazionali che si propongono di ricercare soluzioni energetiche che permettano uno sviluppo sostenibile per l’ambiente.

A questo fine sia la Comunità Europea che le normative nazionali e regionali prevedono anche specifici incentivi economici per le realizzazione di tali impianti.

Oltre al beneficio derivante dal miglior uso del combustibile rispetto alla generazione termoelettrica tradizionale, la presenza di un impianto di cogenerazione ben dimensionato consente di aumentare la sicurezza della fornitura elettrica e di migliorarne la qualità, proteggendo da interruzioni e cali di tensione.

La cogenerazione è una strategia di risparmio energetico con utilizzo dell’energia dispersa inutilmente nelle centrali termoelettriche, nei gruppi elettrogeni, nei rifiuti solidi urbani e nelle biomasse. Vi è uno spreco enorme nei Rifiuti Solidi Urbani: 300 kg/abitante-anno di R.S.U. e 450 kcal/abitante-anno, potenzialmente disponibili dal punto di vista termico ma di fatto non utilizzati.

Un altro vantaggio della cogenerazione è di tipo economico: un impianto cogenerativo correttamente dimensionato consente elevati risparmi energetici dell’ordine del 25-40% ed un pay-back dell’investimento dai 3 ai 6 anni.

La cogenerazione consente, inoltre, di ottenere rendimenti di I Principio

η=(Ee+Et)/Ec pari al 70-85%, valore notevole se confrontato col 50-60%

del rendimento degli impianti per la sola produzione di elettricità.

Dal punto di vista normativo dei limiti assoluti di immissioni sonore, il documento più importante è il DCPM del 14/11/1997 (“Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore”), un decreto emanato con esplicito riferimento all’ambiente esterno ed abitativo che stabilisce dei limiti di livello di pressione sonora da rispettare in funzione delle classi di destinazione d’uso del territorio. In seguito è stato concesso ad ogni

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Comune di poter modificare e adattare i valori di riferimento allo stato del proprio inquinamento acustico.

La tabella seguente riporta il livello equivalente ponderato in scala A delle emissioni sonore ammesse nelle varie zone in cui è diviso il territorio Comunale: Classi di destinazione d’uso Tempi di riferimento Diurno (6.00-22.00) Leq (dB(A)) Tempi di riferimento Notturno (22.00-6.00) Leq (dB(A)) I. Aree particolarmente protette 50 40 II. Aree prevalentemente residenziali 55 45

III. Aree di tipo misto 60 50

IV. Aree di

intensa attività umana

65 55 V. Aree prevalentemente industriali 70 60 VI. Aree esclusivamente industriali 70 70 Tabella 1.2

Riguardo all’impatto ambientale dei componenti dei sistemi CHP, anche se le macchine, i bruciatori ed i sistemi di ventilazione utilizzati negli impianti di cogenerazione possono raggiungere livelli di rumore fino a circa 100 dBA alla distanza di 1 metro, è possibile ottenere una diminuzione di tali livelli entro i 65 dBA con opportuni sistemi di isolamento delle macchine e di trattamento del rumore sui flussi di aria e/o dei gas emessi dalla combustione (gas esausti), in modo da renderli idonei all’uso anche in ospedali o zone residenziali.

Si riporta la tabella che riassume gli aspetti ambientali in termini di emissioni gassose e sonore per le diverse tecnologie cogenerative adottate:

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Tecnologia Aspetti ambientali

Motori endotermici Maggiori problematiche per i motori diesel (emissioni atmosferiche, stoccaggio gasolio, rumore)

Emissioni sonore: 70-120 dBA

Turbine a gas Minori emissioni di NOx rispetto ai motori endotermici

Emissioni sonore: 70-80 dBA Celle

a combustibile

Livello molto basso dei gas di scarico Emissioni sonore:<60 dBA

Tabella 1.3

L’apertura del mercato dell’energia dovrebbe portare nuovi attori e nuove forme finanziarie nel panorama della cogenerazione. Inoltre si possono individuare i seguenti potenziali utilizzatori: utenti proprietari e gestori dell’impianto con utilizzo interno dell’energia ed eventuale eccesso venduto in rete o produttori indipendenti che vendono l’energia termica a clienti locali ed elettricità alla rete.

Si possono evidenziare, quindi, i seguenti fattori di sviluppo del mercato: •nuovi fornitori (ESCO, aziende di servizi, etc.)

•nuovi utenti (quartieri residenziali, singoli edifici, etc.)

•nuovi contratti di fornitura (tariffe del gas, tariffe energia di soccorso, vettoriamento)

•nuove concezioni di vendita (certificati bianchi, vendita diretta) •nuovi schemi finanziari (Leasing, Servizio-Energia con riscatto) •nuovi utilizzi impiantistici (trigenerazione)

In conclusione, nel dichiarare che un impianto cogenerativo consente un risparmio di energia primaria rispetto alle due produzioni separate si è assunto che l’energia prodotta dall’impianto stesso sia sempre utilizzata nella sua totalità. Nel momento in cui venisse a mancare la domanda di energia termica o elettrica da parte dell’impianto la convenienza potrebbe non essere più assicurata.

Se da un lato infatti l’eccesso di energia elettrica può essere riversato sulla rete, una produzione di energia termica in eccesso difficilmente

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potrebbe essere utilizzata e in questo caso la cogenerazione potrebbe non risultare più giustificata. Per questa ragione un impianto cogenerativo trova convenienza soltanto in alcuni contesti dove sia costantemente necessaria, oltre che energia elettrica, anche una certa quantità di energia termica per processi industriali o scopi civili.

1.2.1 Cogenerazione e ambiente

Secondo un’analisi dell’International Energy Agency (IEA), gran parte delle previsioni energetiche, basate sulle proiezioni economiche per i prossimi decenni, assicurano che gli approvvigionamenti di combustibili fossili saranno largamente sufficienti a coprire le richieste. In assenza di grandi innovazioni tecnologiche, i previsti e consistenti aumenti della domanda energetica saranno coperti da un sempre più intenso utilizzo di combustibili fossili mentre un modesto contributo sarà dato dall’energia nucleare e dallo sfruttamento delle energie rinnovabili non idroelettriche (fotovoltaico, eolico, biomasse ecc.).

La percentuale di penetrazione di queste nuove energie rinnovabili, riferite al totale, si colloca soltanto con un piccolo incremento nei prossimi trenta anni, dal 2% al 3%. Sempre secondo l’analisi dell’IEA, tra il 2000 ed il 2030 è prevedibile un raddoppio dei consumi mondiali di elettricità, principalmente a causa dell’aumento della domanda nei Paesi in via di sviluppo. Malgrado un incremento dell’uso di gas naturale, la principale fonte primaria per la produzione di elettricità rimarrà, almeno fino al 2030, il carbone le cui emissioni di CO2, a parità di energia

elettrica prodotta, sono 2,5 volte maggiori di quelle prodotte dal gas naturale. Al fine di alterare questa previsione è necessario un forte impulso allo sviluppo di tecnologie innovative o all’introduzione di sistemi che ottimizzano l’utilizzo delle fonti fossili su larga scala. Pertanto l’utilizzazione delle fonti energetiche rinnovabili e lo sfruttamento con più alti rendimenti delle fonti tradizionali è un tema di

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rilevanza mondiale e determinante per l’economia di molti Paesi tra i quali l’Italia. Il nostro Paese, infatti, è privo di significativi giacimenti di petrolio greggio, di idonee quantità di gas naturale e quasi del tutto di carbone economicamente utilizzabile. La scelta attuale del “no al nucleare” contribuisce a rendere più difficile la situazione italiana in campo energetico. Grande attenzione e studi vanno quindi posti alla produzione distribuita in piccole ma numerose unità di energia elettrica, utilizzando fonti energetiche rinnovabili ma anche il gas naturale di cui una rete abbastanza capillare penetra nel territorio nazionale. Altrettanta attenzione va posta al risparmio energetico che può rimettere a disposizione ingenti quantità di energia soprattutto per l’utenza elettrica. Attualmente la cogenerazione è diventata indubbiamente una buona opportunità, conveniente anche per utenze medio-piccole per le seguenti motivazioni: continua evoluzione delle tecnologie e dei sistemi di controllo, condizioni favorevoli della fornitura di combustibili (in particolare di metano) per tale tecnologia grazie alle disposizioni di legge in materia di risparmio energetico (maggiori agevolazioni sono possibili qualora le fonti primarie siano rinnovabili), possibilità di trasferire in rete l’ energia elettrica prodotta in esubero, ricavandone un corrispettivo. Le proprietà particolari della cogenerazione, sia sotto il profilo energetico che ambientale, sono ormai ampiamente riconosciute ed incentivate sia nell’ambito della Comunità Europea che nello stesso quadro legislativo italiano. I sistemi di cogenerazione sono riconosciuti e favorevolmente apprezzati dal Parlamento Europeo in quanto considerati di rilevante importanza ai fini del raggiungimento degli obiettivi fissati dal Protocollo di Kyoto.

1.2.2 Il Protocollo di Kyoto e la normativa italiana

Il 16 Febbraio 2005 è entrato in vigore il protocollo di Kyoto nei 141 paesi che hanno ratificato l’accordo del 1997 sullo stato del clima del

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pianeta. Si tratta di un accordo internazionale in materia ambientale sui cambiamenti climatici, adottato a Kyoto, in Giappone, nel 1997, durante la Terza Conferenza delle Parti (COP3) della Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici delle Nazioni Unite. Alla conferenza di Kyoto sono stati definiti gli obiettivi di riduzione delle emissioni climalteranti fino al 2010, validi per i paesi industrializzati. In particolare si prevede la riduzione totale dei gas serra di un 5,2% entro il 2008-2012; per l’Europa è prevista una riduzione dell’8%.

La tabella seguente riporta le riduzioni previste per gli Stati Membri dell’Unione Europea, approvati dal Consiglio dei Ministri dell’Ambiente europeo nel giugno 1998 e i valori fissati a Kyoto per alcuni dei principali Paesi industrializzati:

Paese firmatario Riduzione CO2 (%) prevista

per il periodo 1990/2010 Unione Europea* -8,0 Austria** -13 Belgio/Lussemburgo** -7,5 Danimarca** 21,0 Finlandia** 0 Francia** 0 Germania** -21,0 Grecia** +25,0 Irlanda** +13,0 Italia** -6,5 Olanda** -6,0 Portogallo** +27,0 Spagna** +15,0 Svezia** +4,0 Gran Bretagna** -12,5

O.E.C.D. eccetto U.E.* -6,0

Australia* +8,0

Giappone* -6,0

Svizzera* -8,0

Stati Uniti* -7,0

Tabella 1.4 * valori fissati a Kyoto.

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** per gli Stati Membri dell’Unione Europea, approvati dal Consiglio dei Ministri dell’Ambiente europeo nel giugno 1998, in seguito al Protocollo di Kyoto.

Il Protocollo è entrato in vigore il 16 febbraio 2005 a seguito della ratifica della Russia. Per l’entrata in vigore, il Protocollo doveva essere infatti ratificato da almeno 55 paesi, tra i quali un numero di Paesi industrializzati che nel 1990 avevano emesso almeno il 55% della CO2

equivalente totale che rappresenta la misura di potenziale dell’effetto serra per un determinato gas ( Australia, Austria, Bielorussia, Belgio, Bulgaria, Canada, Croazia, Danimarca, Estonia, Federazione Russa, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Islanda, Irlanda, Italia, Giappone, Lettonia, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Monaco, Norvegia, Nuova Zelanda, Olanda, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Stati Uniti d'America, Svezia, Svizzera, Turchia, Ucraina, Ungheria, Unione Europea).

L’Italia ha ratificato il Protocollo con la legge n. 120 del 1 giugno 2002. Il trattato, che rappresenta il primo strumento di attuazione della Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici, prevede il vincolo per i Paesi industrializzati di ridurre le emissioni dei gas serra del 5,2% nel periodo 2008 – 2012 rispetto alle emissioni del 1990. Il Protocollo non prevede impegni per i Paesi in Via di Sviluppo in osservanza del principio di equità.

Il meccanismo sanzionatorio definito all’interno del processo attuativo del Protocollo di Kyoto (decisione 27/CMP.1) si propone di facilitare, promuovere e rafforzare il rispetto degli impegni fissati dal Protocollo, assicurando al tempo stesso trasparenza e credibilità al sistema.

Essendo il primo strumento messo in atto per raggiungere gli obiettivi della Convenzione e viste anche le difficoltà nel raggiungere un accordo tra le Parti, si è scelta una linea strategica non orientata a sanzionare

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economicamente gli Stati in maniera diretta ma a responsabilizzarli anche in vista dei periodi di impegno successivi.

Nel caso di mancato rispetto dell’impegno di riduzione delle emissioni, il Protocollo di Kyoto prevede dunque l’applicazione delle seguenti sanzioni:

•maggiorazione del 30% sulla quantità di emissioni che mancano al raggiungimento dell’obiettivo, addebitata in aggiunta agli obblighi che verranno stabiliti nel secondo periodo d’impegno

•viene previsto l’obbligo di adozione di un piano d’azione per il rispetto dei propri obiettivi

•può essere disposta la sospensione dalla partecipazione all’emissions trading, ossia al “mercato delle emissioni”, uno strumento amministrativo per il controllo delle emissioni inquinanti e dei gas serra a livello internazionale che opera attraverso la quotazione monetaria delle emissioni stesse ed il commercio delle quote di emissione tra Stati diversi.

L’Italia si è impegnata a ridurre, entro il 2010, le emissioni di gas serra come la CO2 del 6,5% rispetto ai livelli del 1990, che significa una

riduzione di 100 milioni di tonnellate di CO2 con costi di circa 1

miliardo di Euro. A livello nazionale sono state individuate le misure più efficaci nei diversi settori produttivi.

In particolare dovranno essere promosse azioni nel settore della produzione di energia elettrica e termica da combustibili intrinsecamente più puliti (gas naturale) e da fonti rinnovabili (biomasse, biofuel ecc..). La diffusione degli impianti cogenerativi ha dunque permesso e favorito un uso sostenibile delle risorse con conseguenti benefici per l’ambiente. Già dal 1982, il Governo Italiano, con la legge 380/82, manifestava l’interesse per questo tipo di impianti, fornendo un segnale importante nella liberalizzazione della produzione dell’energia elettrica. Con il DL N°20 del 8 febbraio 2007, viene recepita la Direttiva Comunitaria

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2004/8/CE, la quale promuove la cogenerazione basata su una domanda di calore utile nel mercato dell’energia. Il Decreto conferma per tale sistema il regime di sostegno previsto già dal 1999 dal Decreto Bersani n.79 che, tra l’altro, prevedeva per la cogenerazione sia la priorità di dispacciamento (vale a dire la precedenza accordata da parte di Terna S.p.a., come gestore della rete di trasmissione, nella chiamata in produzione dell’impianto), sia l’esenzione dall’obbligo (previsto per produttori e importatori di energia elettrica) di immettere in rete una certa percentuale di energia elettrica da fonti rinnovabili o di acquistare in proporzione certificati verdi sul mercato.

Ogni quattro anni, a partire dal 2007, il Ministero dello Sviluppo Economico, insieme col Ministero dell’Ambiente, pubblica una relazione sull’applicazione del decreto che viene inviata per informazione alla Commissione Europea.

Lo schema di Decreto stabilisce poi che il GSE (Gestore del Sistema Elettrico) costituisca un efficiente banca dati sulla cogenerazione in Italia, sulla base di valori misurati e comunicati dai produttori. Entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto, il GSE trasmette al ministero dello Sviluppo economico, al Ministero dell’Ambiente, al Ministero delle Politiche agricole, alla Conferenza unificata e all’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas un rapporto sulla capacità di installazione di impianti di cogenerazione ad alto rendimento in Italia, cioè quanta potenza è possibile e conveniente installare, evidenziando separatamente il potenziale della piccola cogenerazione e della micro cogenerazione.

Secondo quanto previsto dallo schema di decreto, l’energia elettrica prodotta da cogenerazione ad alto rendimento consente al produttore che ne fa richiesta di ottenere il rilascio della Garanzia di Origine. Una Garanzia che viene data dal Gestore del Sistema Elettrico, GSE SpA, secondo procedure approvate dal Ministero per lo Sviluppo Economico (MSE). La garanzia permette di dimostrare che l’elettricità è

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effettivamente prodotta dalla cogenerazione ad alto rendimento e ciò consente fra l’altro il riconoscimento reciproco di tale energia tra i vari Stati membri.

Gli effetti generali del Decreto saranno:

•risparmio energetico, conseguente al minor consumo di combustibile •riduzione dell’impatto ambientale, grazie alla riduzione delle emissioni di gas effetto serra e alla sostituzione di modalità di produzione di calore poco efficienti e più inquinanti

•minori perdite di trasmissione e distribuzione per il sistema elettrico, conseguente alla localizzazione degli impianti in prossimità dei bacini di utenza.

La delibera 42/02 dell’AEEG (Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas) stabilisce che per ottenere i benefici derivanti dalla normativa vigente, il GSE deve riconoscere la qualifica di cogenerazione attraverso la valutazione dei seguenti indici:

•IRE (Indice di Risparmio Energetico), il quale esprime il risparmio di energia primaria conseguito dal cogeneratore rispetto alla produzione separata delle medesime quantità di energia elettrica e termica, quindi è espresso dalla relazione:

dove:

Ees+Ets= Energia primaria necessaria alla produzione separata di elettricità e calore per mezzo di impianti distinti, uno per la sola elettricità e l’altro per il solo calore mediante caldaia tradizionale.

Ec = Energia primaria del combustibile, riferita al potere calorifico inferiore, necessaria all’impianto cogenerativo per la produzione di Ee e Et.

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Ee = Energia elettrica netta dell’impianto di cogenerazione Et = Energia termica netta dell’impianto di cogenerazione

ηes = Rendimento elettrico netto di riferimento della modalità di pura

generazione elettrica

ηet = Rendimento termico netto di riferimento della modalità di pura

generazione di energia termica.

Nella delibera 42-02 [21] l’Autorità stabilisce il valore di IRE min affinché un impianto possa essere definito cogenerativo. Questo valore è pari a 0,05 per le sezioni esistenti prima dell’emissione della delibera e a 0,1 per le sezioni di nuova realizzazione, ovvero con data di entrata in servizio successiva alla delibera. Affinché un impianto soddisfi la condizione espressa dalla delibera il suo indice IRE dovrà rispettare la seguente disuguaglianza:

IRE >= IRE min

La scelta di adottare l’indice IRE come indicatore di riferimento è dipesa da più ragioni. In primo luogo è un indicatore molto diffuso e utilizzato e il suo valore da un’idea immediata del possibile risparmio energetico ottenuto con la cogenerazione. In secondo luogo, grazie alla precisa definizione del rendimento di riferimento ηes, permette di valutare in maniera corretta il risparmio energetico tenendo conto del tipo di impianto, della taglia e del combustibile utilizzato, individuando situazioni di utilizzo non ottimale delle fonti energetiche.

•LT (Limite Termico), il quale esprime l’incidenza dell’energia termica utile prodotta annualmente rispetto alla totale produzione di energia elettrica e calore. Tale rapporto è dato dalla formula:

Affinché un impianto sia reputato cogenerativo il suo limite termico dovrà essere superiore al valore LT min, stabilito dall’autorità pari a 0,15. Dovrà quindi essere:

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LT>= LT min

Un ulteriore indice che determina le condizioni per il riconoscimento della cogenerazione è l’indice PES (Primary Energy Saving, coincidente concettualmente con l’IRE) che indica il risparmio percentuale di combustibile: per gli impianti di potenza inferiore a 1 MW il PES deve essere maggiore di zero, per gli impianti di potenza superiore a 1 MW esso deve risultare maggiore del 10%.

La Direttiva 2004/8/CE ha come oggetto la definizione e la qualificazione dei prodotti della cogenerazione in ambito europeo e, al fine di raggiungere gli obiettivi prefissati, introduce le due seguenti definizioni:

•definizione di energia elettrica “qualificabile come cogenerativa”, cioè quella prodotta a partire dalla domanda di calore utile;

•definizione di Cogenerazione ad Alto Rendimento (CAR).

In tale contesto è previsto che gli Stati membri attivino il riconoscimento di una “garanzia di origine” solo all’energia elettrica quantificabile come cogenerativa e prodotta da sistemi CAR, così definita secondo un criterio basato sull’indice PES. Più esplicitamente il sistema gode della definizione CAR quando:

•la produzione combinata avviene mediante piccole unità di piccola cogenerazione (<1MW) e di micro cogenerazione (<50kW) che garantiscono un risparmio di energia primaria rispetto alla produzione separata

•la produzione combinata di energia elettrica e calore fornisce un risparmio dell’energia primaria di almeno il 10% rispetto alla produzione convenzionale.

Fra i molteplici benefici previsti dalla normativa vigente a favore dei sistemi CAR, quelli di più immediato interesse sono i seguenti:

•precedenza, nell’ambito del dispacciamento, dell’energia elettrica prodotta (art. 11, comma 4, del DL del 16 marzo 1999, n. 79)

(24)

•agevolazioni fiscali sull’accisa del gas metano utilizzato per la cogenerazione (DL n. 504/95 aggiornato dal DL del 2 febbraio 2007, n. 26)

•accessibilità al servizio di scambio sul posto dell’energia elettrica prodotta da impianti CAR, con potenza nominale fino a 200 kW (delibera AEEG 3 giugno 2008 – ARG/elt 74/08)

•applicazione delle condizioni tecnico-economiche semplificate per la connessione alla rete, così come definito dall’Autorità con Deliberazione n. ARG/elt 99/08.

Inoltre, con il DL dell’ 8 febbraio 2007, n.20, nuove disposizioni vengono poste nell’intento di favorire lo sviluppo della cogenerazione, fra cui:

•possibilità di accesso di tutti i sistemi CAR ai certificati bianchi (art. 6, commi 1,2,3,4,5)

•semplificazioni nelle procedure amministrative per l’autorizzazione alla costruzione ed alla gestione degli impianti di cogenerazione, con particolare riferimento alle unità di piccola e di micro cogenerazione (art. 8).

Ulteriori benefici ed agevolazioni riguardano la produzione di energia elettrica con l’utilizzo di combustibili derivati da fonti rinnovabili, ovvero oli di origine vegetale.

Per tali impianti, a seguito del riconoscimento da parte del GSE della qualificazione IAFR (Impianto Alimentato da Fonti Rinnovabili), è possibile usufruire dei certificati verdi, oppure del ritiro dedicato dell’energia elettrica prodotta, remunerata con una tariffa omnicomprensiva, il cui importo per kWh prodotto, è molto conveniente. Il Decreto Bersani imponeva un obbligo agli operatori che immettono in rete più di 100 GWh/anno che almeno il 2% dell'elettricità provenga da impianti a fonti rinnovabili entrati in esercizio o ripotenziati, limitatamente alla producibilità aggiuntiva, in data successiva al 1/4/99.

(25)

Tale obbligo è stato incrementato dello 0,35% dal 2004 al 2006 e dello 0,75% dal 2007 al 2012. La Legge 99/09 trasferisce tale obbligo sui soggetti che concludono con Terna contratti di dispacciamento di energia elettrica in prelievo.

Alla produzione degli impianti alimentati da fonte rinnovabile entrati in esercizio prima del 2008, che abbiano ottenuto la qualifica IAFR, viene associato un certificato verde (CV) ogni MWh/anno prodotto (in caso di nuova costruzione, rifacimento o riattivazione).

I CV vengono emessi, ai fini dei riconoscimenti previsti dal Decreto Bersani, per:

•8 anni per impianti alimentati da rifiuti non biodegradabili, qualificati ed entrati in esercizio entro il 31 dicembre 2006 e impianti di cogenerazione abbinata a teleriscaldamento alimentati da fonte non rinnovabile;

•12 anni in base all'art. 267 comma 4 lettera D del DL 152/06, per tutti gli impianti alimentati da fonti rinnovabili, entrati in esercizio dal 1-4-99 al 31-12-07;

•15 anni per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili entrati in esercizio dal 2008;

Sono riconosciuti ulteriori 4 anni al 60% agli impianti alimentati da biomasse da filiera entrati in funzione prima del 2008 o da rifiuti non biodegradabili entrati in esercizio da febbraio 2004 e dicembre 2006. Gli impianti a fonte rinnovabile entrati in esercizio dal 2008 a seguito di nuova costruzione, rifacimento o potenziamento, riceveranno per 15 anni CV pari al prodotto della produzione netta di energia elettrica da fonti rinnovabili moltiplicata per il coefficiente, riferito alla tipologia della fonte (vedi tabella seguente).

I soli impianti di potenza fino a 1MW, su richiesta del produttore possono accedere, in alternativa ai CV, a una tariffa fissa omnicomprensiva (che comprende cioè sia la componente incentivante

(26)

che l'acquisto dell'energia elettrica) per ogni kWh prodotto e immesso in rete. Le modalità e le condizioni economiche per il ritiro dell'energia ammessa alla tariffa fissa omnicomprensiva sono contenute nella delibera AEEG ARG/elt 1/09. Ogni 3 anni potranno essere rivisti, con Decreto Ministeriale, il coefficiente moltiplicativo e la tariffa fissa.

Gli impianti entrati in funzione dopo il 30 giugno 2009 riceveranno CV o tariffa omnicomprensiva solo se non beneficeranno di incentivi pubblici (nazionali, locali o comunitari) in conto energia, conto capitale o conto interessi con capitalizzazione anticipata, assegnati dopo il 31 dicembre 2007. I soli impianti, di proprietà di aziende agricole o gestiti in connessione con aziende agricole, agro-alimentari, di allevamento e forestali, possono cumulare la tariffa fissa omnicomprensiva di 28c€/kWh con altri incentivi pubblici (nazionali, locali o comunitari) in conto energia, conto capitale o conto interessi con capitalizzazione anticipata, non eccedenti il 40% dell'investimento.

La tabella seguente riassume i valori del coefficiente moltiplicativo e della tariffa fissa per tipologia di energia utilizzata:

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Fonte Coefficiente c€/kWh

Eolica per impianti di taglia inferiore a 200 kW

1,0 30

Eolica per impianti di taglia superiore a 200 kW

1,0 n.a.

Eolica offshore 1,5 n.a.

Solare** ** **

Geotermica 0,9 20

Moto ondoso e maremotrice 1,8 34

Idraulica 1,0 22

Rifiuti biodegradabili, biomasse diverse da quelle di cui al punto successivo

1,3 n.a.

Biogas e biomasse, esclusi i biocombustibili liquidi ad eccezione degli oli vegetali puri tracciabili attraverso il sistema integrato di gestione e di controllo previsto dal regolamento (CE) n.73/2009 del Consiglio, del 19 Gennaio 2009

n.a. 28

Biomasse e biogas prodotti da allevamento, attività agricola e forestale da filiera corta*

* n.a.

Biomasse e biogas del punto precedente, alimentanti impianti di cogenerazione ad alto rendimento, con riutilizzo di energia termica in ambito agricolo

* n.a.

Gas di discarica e gas residuati dai processi di depurazione e biogas diversi da quelli del punto precedente

0,8 n.a.

Gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biocombustibili liquidi ad eccezione degli oli vegetali puri tracciabili attraverso il sistema integrato di gestione e di controllo previsto dal regolamento (CE) del n.73/2009 del Consiglio, del 19 Gennaio 2009

n.a. 18

Tabella 1.5

*E’ fatto salvo quanto disposto dalla legislazione vigente in materia di produzione di energia elettrica mediante impianti alimentati da biomasse e biogas derivanti da prodotti agricoli, di allevamento e forestali, inclusi i sottoprodotti, ottenuti nell’ambito di intese di filiera o contratti quadro ai sensi degli articolo 9 e 10 del Decreto Legislativo n.102 del 2005 oppure di filiere corte.

(28)

**Per gli impianti da fonte solare si applicano i provvedimenti attuativi dell’articolo 7 del Decreto Legislativo del 29 Dicembre 2003, n.387; non sono quindi più riconosciuti i CV.

Si segnala inoltre che il D.L. 78/09, come convertito dalla Legge 102/09, prevede il rilascio di CV per l'energia elettrica associata a calore utile prodotta da impianti di cogenerazione "connessi ad ambienti agricoli". Lo schema di funzionamento del mercato dei certificati verdi è quello riportato nella figura sottostante: i produttori ricevono il provento derivante dalla vendita del CV in aggiunta al prezzo di vendita dell’energia generata (o alla valorizzazione dell’autoconsumo della stessa). I CV possono essere contrattati direttamente fra i proprietari degli impianti stessi e gli operatori interessati, oppure servendosi dell'apposito mercato creato dal Gestore del Mercato Elettrico (GME).

(29)

In base all'accordo del 10/06/06 tra il Ministero delle Attività produttive e il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio della Repubblica italiana e il Ministero dell'Economia e del Commercio vengono reciprocamente riconosciuti le modalità di certificazione dell'energia elettrica da fonte rinnovabile e dei relativi sistemi di incentivazione basati sul meccanismo di mercato dei certificati verdi. Verrà così ampliato il mercato dei CV.

Attualmente chi importa o produce energia elettrica da fonti non rinnovabili ha l’obbligo di immettere in rete una quota del totale di tale energia prodotta da fonti rinnovabili. In alternativa può acquistare sul mercato certificati verdi per una equivalente quota.

Questo Decreto Legislativo stabilisce che almeno l’80% di questo obbligo deve essere coperto con certificati verdi da fonti rinnovabili pure (solare, eolica, biomasse, maree ecc…). La rimanente quota, pari al massimo al 20%, può essere coperta da certificati verdi provenienti dalla cogenerazione abbinata al teleriscaldamento ma solo se realizzata da impianti entrati in esercizio nel periodo che va dall’approvazione della legge Marzano all’approvazione della legge finanziaria 2007, da impianti autorizzati in questo stesso periodo purché entrino in esercizio entro il 31 dicembre 2008 e da impianti che entreranno in esercizio entro il 31 dicembre 2008, purché i lavori di realizzazione siano stati effettivamente iniziati prima dell’entrata in vigore di questo provvedimento.

Il Decreto del 7 febbraio 2007 promuove, quindi, la cogenerazione ad alto rendimento: chi la sceglie avrà benefici sia in termini di semplificazioni, sia in termini di assegnazione di titoli che attestano il risparmio energetico, i cosiddetti certificati bianchi (TEE, Titoli di Efficienza Energetica, di dimensione unitaria di 1 TEP).

Al contrario dei certificati verdi, che rappresentano una data quantità di energia prodotta da fonte rinnovabile, il certificato bianco sta ad indicare quante tonnellate di petrolio (TEP) sono state risparmiate grazie a

(30)

determinati interventi tesi a rendere più efficiente il processo di produzione elettrica.

Lo Stato italiano obbliga i produttori di energia a conseguire un certo numero di certificati bianchi o, in alternativa, ad acquistarli.

Tali certificati hanno un valore di mercato e potranno essere utilizzati dagli operatori per recuperare più velocemente i costi di investimento. Il meccanismo è stato implementato attraverso i decreti MAP 20 luglio 2004 che hanno fissato l’obbligo per i distributori di energia elettrica e gas con bacini di utenza superiori a 100.000 clienti di effettuare installazioni di tecnologie efficienti presso gli utenti finali, allo scopo di raggiungere un prefissato valore di energia primaria. I distributori possono intervenire direttamente, avvalersi di società controllate o acquistare TEE rilasciate dalle società di servizi energetici (ESCO, Energy Service Company). Le modalità attraverso cui operano queste società è il cosiddetto finanziamento tramite terzi: esse forniscono all’utente servizi di diagnosi, finanziamento, progettazione, installazione, gestione e manutenzione dell’impianto ricevendo dall’utente un compenso periodico proporzionale al risparmio energetico ottenuto. La ESCO, nel caso non sia in grado di realizzare direttamente l’impianto, si può rivolgere a fornitori che si occupano della sua costruzione, installazione e collaudo. Inoltre può decidere di avvalersi di fornitori esterni anche per la manutenzione e la gestione. Le linee guida dell’AEEG definiscono le ESCO come “società, comprese le imprese artigiane e le loro forme consortili, che alla data di avvio del progetto hanno come oggetto sociale, anche se non esclusivo, l’offerta di servizi integrati per la realizzazione e l’eventuale successiva gestione di interventi”.

Lo schema legislativo prevede, inoltre, una riorganizzazione dei criteri per l’assegnamento dei certificati bianchi alla cogenerazione ad alto rendimento tale da indurne la diffusione. Tale riorganizzazione verrà attuata tramite l’emanazione di un decreto ministeriale promosso dal

(31)

Ministero dell’Ambiente, dal Ministero delle Politiche agricole e forestali e d’intesa con la Conferenza unificata. Attualmente una delle proposte per incentivare la cogenerazione ad alto rendimento potrebbe essere la maggiore durata/quantità dei certificati bianchi emessi a favore di chi produce in cogenerazione ad alto rendimento, consentendogli così di ottenere maggiori ricavi dalla vendita sul mercato dei certificati, tali da recuperare più velocemente i costi di investimento.

Sempre con questo Decreto Ministeriale sarà inoltre prevista l’estensione graduale del diritto di accesso ai certificati bianchi anche a soggetti diversi da quelli previsti dalla attuale disciplina che sono i distributori di energia elettrica e gas e loro controllate, oltre che le società operanti nel settore dei servizi energetici comprese le imprese artigiane.

Il meccanismo dei certificati bianchi è stato inteso come uno strumento di promozione all'uso razionale dell'energia, tale da suscitare grande attenzione sia a livello europeo che internazionale.

La Commissione Europea segue da vicino il processo di evoluzione del mercato italiano dei Titoli di Efficienza Energetica, nella convinzione che esso possa rappresentare un'efficace strumento, estendibile agli altri Paesi dell'Unione Europea.

Il Decreto Legge, infine, prevede anche il servizio di “scambio sul posto” per l’elettricità prodotta da impianti di cogenerazione ad alto rendimento con potenza nominale non superiore a 200 kW. Lo “scambio sul posto” consente a un consumatore di energia elettrica che contemporaneamente produce energia tramite la cogenerazione di immettere in rete l’energia prodotta e non consumata. Un’ azione che permette al soggetto di pagare solo la differenza tra l’energia consumata e quella immessa in rete. Nel caso in cui l’energia immessa in rete è superiore a quella consumata, il cliente ha, quindi, diritto ad un equivalente credito di energia elettrica da utilizzare successivamente.

(32)

1.2.3 Cogenerazione e Ecodesign

Nelle attuali strategie produttive è sempre più attuale il concetto di Ecodesign, intendendo con questo termine una progettazione del sistema produttivo che consiste in un migliore sfruttamento delle materie prime e dell’energia per ridurre l’impatto ambientale. L’utilizzo di tecniche di Ecodesign comporta l’adozione, da parte delle aziende, di strumenti di tecnologia innovativa e gestionale favorendo prodotti sostenibili, riutilizzabili e riciclabili. Per quanto riguarda i dispositivi connessi con la produzione di energia essi devono dimostrarsi “ecocompatibili” per il loro intero ciclo di vita, compresa l’ultima fase di riciclo e smaltimento. Con l’impiego della cogenerazione può realizzarsi un beneficio economico e ambientale agendo su vari fattori: si può ottimizzare lo schema di impianto, la tipologia dei componenti e la loro potenza. Grazie ad un corretto dimensionamento e una corretta conduzione si ottengono, infatti, impianti cogenerativi che rendono disponibile energia utile con un rendimento complessivo migliore rispetto alla generazione energetica separata. Inoltre, utilizzando combustibili che producono basse quantità di emissioni, l’ambiente viene beneficiato con la riduzione di gas inquinanti in atmosfera.

L'Unione Europea ha cominciato a disciplinare l'immissione sul mercato e la messa in servizio dei prodotti che consumano energia con la EUP (Ecodesign Directive for Energy-using Products), che prevede l'adozione di specifici criteri di progettazione, allo scopo di ridurne l'impatto

ambientale e migliorarne l'efficienza energetica.

Nel corso degli anni tale direttiva ha subito diverse e sostanziali modifiche. In occasione di nuove modifiche, volte ad ampliarne l'ambito di applicazione, è stata emanata la Direttiva 2009/125/CE del 21 ottobre 2009 con l'intento di uniformare la produzione europea in materia di eco compatibilità, garantendo così il buon esercizio della libera concorrenza e il corretto funzionamento delle regole del libero mercato.

(33)

Secondo quanto disposto dalla Direttiva, per prodotti che consumano energia si intendono:

• apparecchiature che hanno bisogno di energia per funzionare • dispositivi per la generazione, il trasferimento e la misurazione di energia

• parti di apparecchiature che hanno bisogno di energia per funzionare e che sono destinate ad essere incorporate in un prodotto che consuma energia contemplato nella normativa

• prodotti che hanno un impatto diretto sul consumo di energia La EUP richiede che i produttori di apparecchiature che consumano energia svolgano attività di Ecodesign. Devono cioè sviluppare prodotti adottando criteri orientati alla riduzione degli impatti ambientali lungo tutte le fasi del ciclo di vita del prodotto (attraverso l’analisi del ciclo di vita nota anche come LCA, Life Cycle Assessment).

Un forte impulso a predisporre di adeguate politiche energetiche in riferimento alla Direttiva sull’Ecodesign è stato impresso dai profondi mutamenti intervenuti nella normativa del settore energetico con l’evoluzione delle politiche di decentramento che hanno trasferito alle Regioni e agli Enti Locali le funzioni e le competenze in materia di ambiente e di energia. I Piani Energetici per l'uso razionale dell'energia nascono dall'analisi della struttura energetica di un ambito territoriale e rappresentano uno strumento indispensabile per dar vita ad una

programmazione sul medio-lungo periodo degli interventi da realizzare per gestire la domanda e pianificare l'offerta di energia. La

pianificazione energetica locale è intesa come un processo di

ottimizzazione dei componenti relativi al fabbisogno di energia e deve tener conto dei diversi parametri economici e sociali che caratterizzano il territorio. Il ruolo di questi strumenti di pianificazione deve essere coerente con gli impegni assunti dalle nazioni di tutto il mondo, e quindi anche dell'Italia, verso la riduzione dei gas climalteranti e verso un consistente incremento nell'utilizzo delle fonti rinnovabili.

(34)

L’obiettivo di carattere generale di un Piano Energetico é l’integrazione del fattore “energia” nella pianificazione del territorio, individuando le scelte strategiche per migliorare lo stato ambientale e promuovere l’uso razionale delle risorse nell'ottica di uno sviluppo sostenibile.

Un modello di tipo di Piano si articola in una serie di fasi operative: •individuazione degli obiettivi tecnici ed economici da raggiungere •individuazione e classificazione delle infrastrutture energetiche già presenti sul territorio

•analisi e quantificazione della domanda energetica del territorio •analisi e quantificazione dell’offerta di energia

•censimento e mappatura delle fonti energetiche rinnovabili presenti sul territorio

•organizzazione e classificazione sistematica dei dati •stesura e valutazione del bilancio energetico

•valutazioni economiche delle azioni di intervento da eseguire I risultati finali del Piano energetico dovrebbero portare alla

ricostruzione del sistema energetico, ambientale e territoriale per settori, usi finali e aree territoriali attraverso:

•una proiezione della stima del fabbisogno energetico basata sulla definizione il più possibile esauriente dell’evoluzione storica della situazione energetico-ambientale e sull’individuazione, se possibile, dei possibili scenari di sviluppo urbano (sotto il profilo economico,

demografico, territoriale ecc…)

•una valutazione del potenziale di risparmio ottenibile sul versante della domanda energetica

•una valutazione dell’incremento di offerta di energia ottenibile attraverso le diverse fonti (incluse le fonti rinnovabili) con una

valutazione del potenziale tecnico delle risorse rinnovabili sul territorio •un bilancio delle emissioni

(35)

Per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità ambientale bisogna, quindi, operare sfruttando l’efficienza energetica dei processi e dei prodotti. Attraverso una corretta politica di incentivazione dell’efficienza energetica in Italia si potrebbe arrivare a conseguire un risparmio integrale di energia fossile di oltre 86 Mtep nel periodo 2010-2020 con una conseguente riduzione di emissioni di CO2 pari ad oltre 207,6

milioni di tonnellate (secondo i dati forniti dall’AEEG). Il settore della cogenerazione risulta essere uno dei settori più promettenti per il risparmio energetico (12,6 Mtep) come si vede dal grafico:

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 illum inaz ione coge nera zion e trasp orti pom pe d i cal ore elet trodo mes tici eedi lizia resi denz iale mot ori e inve rter cald aie a con denz azio ne UPS M te p risparmio Figura 1.6

In particolare occorre considerare l’impatto potenzialmente ottenibile dalla cogenerazione ad alto rendimento quantificando il risparmio di energia primaria e la riduzione delle emissioni inquinanti e valutare tale impatto in termini di risorse necessarie al processo di cogenerazione e di rapporto tra costi e benefici ottenuti.

(36)

1.3 I combustibili utilizzati dagli impianti cogenerativi

Gli impianti di cogenerazione possono impiegare come combustibile: •gas naturale

•combustibili fossili (gasolio, benzina, olio) •biogas proveniente da discariche o depuratori •miscele

Il grafico seguente mostra la percentuale di utilizzo dei diversi combustibili degli impianti di cogenerazione:

57% 29% 9% 5% metano biogas gasolio dual fuel Figura 1.7

Nella pratica comune, i combustibili fossili e il gas naturale, quest’ultimo per ragioni economiche ed ambientali, rappresentano la classe dominante; tuttavia di recente stanno trovando maggiore applicazione le biomasse, i RSU ed alcuni gas industriali. In particolare per quanto riguarda i combustibili fossili sopra citati, essi derivano dalla raffinazione del petrolio greggio, la cui massa in percentuale viene convertita in diversi prodotti come mostra il seguente grafico:

(37)

22% 55% 6% 3% 3% 1% 10% benzina gasolio petrolio GPL bitume lubrificanti scarti di lavorazione Figura 1.8

Si fa presente che gli oli combustibili vengono classificati, secondo il quantitativo di zolfo (S), in quattro classi distinte:

1)STZ: senza tenore di zolfo (S<0,5% in massa). Nel gasolio, in particolare, lo zolfo è presente solitamente in percentuali inferiori allo 0,1-0,3%.

2)BTZ: basso tenore di zolfo (0,5<S<1,3 in massa) 3)MTZ: medio tenore di zolfo (1,3<S<2,5 in massa) 4)ATZ: alto tenore di zolfo (S>2,5% in massa) I combustibili possono essere classificati:

•in base allo stato fisico in solidi, liquidi e gassosi;

•in base alle caratteristiche di provenienza in "commerciali" e "residui". Si definiscono combustibili "commerciali" i combustibili fossili che sono soggetti ad estrazione, trattamento, raffinazione e commercializzazione nei vari mercati mondiali.

I "residui" sono i sottoprodotti, prodotti secondari o gli scarti in uscita dai processi produttivi. I combustibili da fonti rinnovabili non sono di norma commercializzati, ma sono disponibili per l’acquisto solo in alcune specifiche località.

Tra i combustibili "commerciali" si annoverano: •carbone

(38)

•gasolio

•GPL

•nafta

•gas naturale

Ai "residui" appartengono invece:

•combustibili solidi, come scarti provenienti dall’industria del legno, biomassa da residui colturali e forestali, i pneumatici e i rifiuti domestici •combustibili liquidi come il "black liquor" estratto dalla polpa legnosa •combustibili gassosi come il biogas estratto dai digestori anaerobici di materiale organico e i gas a valle dei processi produttivi (industria del ferro e dell’acciaio, impianti chimici, raffinerie).

La tabella seguente mostra il tipo di combustibile, il grado di sviluppo e di diffusione in base alle diverse tecnologie cogenerative:

(39)

Tecnologia Combustibile Tecnologia (1) Diffusione (2) Motori a combustione interna

gas naturale, gasolio biogas, biocarburanti oli vegetali C C D ***** **** *** Turbine a gas di taglia medio-piccola (1-10 MW) gas naturale biogas C D *** ** Microturbine a gas gas naturale biogas C D *** ** Impianti con turbine a vapore combustibili fossili, rifiuti e biomasse di diversa natura C ***** Cicli Rankine a fluido organico combustibili fossili biomasse C ***** Micro-cicli Rankine combustibili fossili biomasse D __

Cicli combinati gas naturale biogas

C D

** * Motori Stirling combustibili fossili

biomasse D __ Celle a combustibile idrogeno, metanolo, gas naturale, GPL P __ Termo-fotovoltaico combustibili fossili biomasse P __ Tabella 1.6

(1) C = consolidata, D = disponibile, P = a livello di prototipo (2) da una a cinque * in base alla diffusione

Per confrontare i diversi contributi dei combustibili in termini di impatto ambientale si fa riferimento al TEP (tonnellate equivalenti di petrolio)

(40)

che rappresenta l’unità di misura del Sistema Internazionale per il calcolo del consumo di energia:

1 TEP = 41.800.000 kJ = 41,86 GJ.

Di seguito si riportano, a titolo esemplificativo, i valori delle emissioni dei singoli combustibili in termini di CO2eq, responsabile dell’effetto

serra, per il settore civile:

Settore Civile kg CO2eq/GJ kg CO2eq/tep

Carbone da legna 112 4687 Carbone 103 4314 Coke da cokeria 99 4163 Legna 115 4814 Gasolio 74 3087 Petrolio da riscaldamento 73 3056 Olio combustibile 73 3056 GPL 63 2631 Gas naturale 56 2343 Gas manifatturiero 56 2343 Gas di officina 64 2863 Energia elettrica primaria 0 0 Tabella 1.7

L’impatto ambientale delle fonti rinnovabili, in termini di produzione di CO2eq, è considerato nullo per tutte le fonti rinnovabili ad eccezione dei

rifiuti. Si assume infatti che le fonti rinnovabili o non contribuiscono alla produzione di CO2eq (solare, eolico, idroelettrico, geotermico) oppure

(41)

che le trasformazioni in CO2eq conseguenti all’uso del combustibile

vengono assorbite dai processi di reintegrazione naturale (biomasse). Particolarmente significativo è il confronto tra le emissioni di CO2, il

principale gas responsabile dell’effetto serra: ogni unità di energia elettrica prodotta da ciclo combinato a metano riduce la quantità di anidride carbonica immessa in atmosfera del 75% rispetto a quella liberata dalla produzione di un’equivalente quantità di energia in una centrale ad olio combustibile o gasolio.

Lo stesso confronto riportato alle centrali ad olio combustibile di grossa taglia con rendimenti di trasformazione più elevati (37% circa), abbatterebbe le emissioni del 50%. Dall’analisi delle caratteristiche dei diversi tipi di combustibili utilizzati per la cogenerazione emerge che l’utilizzo del gas naturale comporta notevoli benefici ambientali rispetto all’uso del carbone, del gasolio e dell’olio pesante. L’emissione del particolato, infatti, risulta più elevata per gli impianti che fanno uso di carbone, seguiti da quelli che impiegano gasolio e, infine, da quelli che utilizzano gas naturale (l’entità dell’emissione decresce al diminuire del peso specifico del combustibile). Relativamente ai combustibili liquidi, l’entità del particolato emesso può essere ridotta ricorrendo a emulsioni stabili di tali combustibili con acqua.

Le emissioni di SOx risultano più elevate per l’olio combustibile, essendo maggiore in questo caso il contenuto di zolfo tollerato rispetto a gasolio per riscaldamento e gas naturale. Inoltre negli oli combustibili vi possono essere contenuti assai rilevanti di vanadio, zolfo e sodio nelle ceneri che hanno la tendenza a formare ossidi basso fondenti che pongono problemi e limiti al loro utilizzo.

La produzione di NOx, per quanto concerne la quota derivante dalla presenza di azoto nel combustibile impiegato, viene ridotta ricorrendo a combustibili con un basso livello di impurezze azotate (l’azoto presente nei combustibili è di solito un costituente delle molecole eterocicliche, sostanze presenti nei combustibili solidi e liquidi). Nel gas naturale non

(42)

sono solitamente contenuti quantitativi apprezzabili di azoto e le ceneri sono praticamente assenti.

Confrontando in particolare le tipologie cogenerative del ciclo convenzionale alimentato a carbone, di quello convenzionale alimentato ad olio combustibile e del ciclo combinato, costituito da un motore a gas e da una turbina a vapore, emerge come la terza soluzione sia la più auspicabile in termini di emissioni ambientali.

0 100 200 300 400

SOx NOx CO polveri

ciclo combinato ciclo a carbone ciclo ad olio combustibile

Figura 1. 9

Dall’istogramma si deduce, quindi, che il ciclo combinato rappresenta la tecnologia più pulita grazie al fatto che il tipo di motore utilizzato o la turbina richiede in ingresso combustibili nobili: il gas naturale infatti, essendo privo di zolfo, garantisce che i prodotti di combustione siano privi di ossidi di zolfo. Sono trascurabili anche le emissioni di polveri. I risultati di uno studio in cui si è ipotizzata la sostituzione di una centrale termoelettrica operante in cogenerazione alimentata ad olio combustibile di media taglia con una centrale a ciclo combinato (in assetto di cogenerazione, per la produzione della stessa quantità di potenza termica, composta da un motore endotermico a gas e da una turbina a vapore), portano ad uno scenario in cui diminuiscono le

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emissioni, per unità di energia elettrica prodotta, di CO, NOx, SOx,TOC (carbonio organico totale), polveri e metalli pesanti.

Rimane a carico del ciclo combinato a metano un’emissione specifica maggiore, anche se contenuta in termini quantitativi, di idrocarburi reattivi, tra cui in particolare la formaldeide: quest’ultima si forma a causa delle elevate temperature che si raggiungono nei motori.

Ulteriori vantaggi ambientali determinati dall’utilizzo di gas naturale riguardano il trattamento e la distribuzione. Infatti il trattamento che rende possibile l’impiego del gas naturale consiste semplicemente in operazioni di disidratazione e purificazione e non richiede alcuna trasformazione come invece avviene nel caso di derivati dal petrolio che sono sottoposti a distillazione.

Per quanto riguarda la distribuzione capillare di gas naturale, essa avviene tramite reti locali sotterrane (tubi interrati) mentre i combustibili liquidi sono distribuiti mediante trasporti su gomma. Inoltre il gas naturale, presentandosi allo stato gassoso a temperatura ambiente (20 gradi centigradi), in caso di perdite durante il trasporto, si disperde nell'aria e non sporca né inquina le acque e il suolo.

Oltre ai tradizionali combustibili fossili come carbone, metano o olio un impianto di cogenerazione può essere alimentato attraverso tecnologie che utilizzano fonti energetiche rinnovabili (fotovoltaico, idroelettrico, eolico), combustibili rinnovabili (biogas da biomasse e oli vegetali come olio di colza, di girasole o di palma) o combustibili alternativi (biogas da discarica, pellet o cippato).

1.4 Le tipologie di impianti di cogenerazione

Le tipologie impiantistiche principali sono le seguenti: •motori alternativi a ciclo Otto o Diesel (MCI)

(44)

•turbine a vapore (TV) •celle a combustibile (FC) •cicli combinati (CCC)

Ognuna di esse presenta caratteristiche peculiari, che la rendono adatta a particolari classi di potenza, e un indice di prestazione Ie (indice

elettrico), definito come il rapporto fra la potenza elettrica e quella termica generate.

Si riporta di seguito la tabella dei campi di applicazione rispetto alla potenza elettrica generata:

Potenza elettrica Tecnologia impiegata

Pe< 1 MW MCI, FC, TG

1 MW<Pe<10 MW MCI, TG, TV

Pe>10 MW TG, TV, CCC

Tabella 1.8

Il seguente grafico illustra, invece, la potenza elettrica espressa in MW corrispondente al diverso indice Ie di ogni tipologia impiantistica.

Le tecnologie di cogenerazione rappresentate dai cicli combinati e dalle turbine a vapore a condensazione e spillamento vengono definite “sistemi flessibili”, in quanto il relativo indice elettrico Ie può variare

entro un range molto ampio.

I motori alternativi, le turbine a gas e le turbine a vapore in contropressione rappresentano invece i cosidetti “sistemi rigidi”.

(45)

Figura 1.10

La tabella seguente riassume, infine,i parametri fondamentali per il confronto delle diverse tipologie di impianti cogenerativi considerando le percentuali di rendimento totale (ηtot), rendimento elettrico (ηel),

rendimento termico (ηth), il valore dell’indice elettrico Ie(ηel/ηth), il

valore dell’ investimento, i costi di manutenzione e i combustibili utilizzabili:

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