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Un algoritmo di ricostruzione per la soluzione di un problema inverso al contorno per un'equazione ellittica semilineare

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Academic year: 2021

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Politecnico di Milano

Scuola di Ingegneria industriale e dell’Informazione

Corso di Laurea Magistrale di Ingegneria Matematica

Un algoritmo di ricostruzione per la soluzione di un problema

inverso al contorno per un’equazione ellittica semilineare

Tesi di Laurea di:

Luca Ratti

819061

Relatrice:

Prof.ssa Elena Beretta

Correlatore:

Dott. Andrea Manzoni

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(3)

Sommario

Il presente lavoro di tesi si occupa dello studio di un problema ai valori al contorno per un’equazione alle derivate parziali semilineare con metodi analitici e numerici. In particolare, definito sul dominio Ω ⊂ R2 il problema di Neumann:

( −div(k(x)∇u) + χΩ\ωu3= f in Ω ∂νu = 0 su ∂Ω (1) k(x) = ( kinse x ∈ ω kout se x ∈ Ω \ ω ,

ed avendo come dato il valore della soluzione u sul bordo ∂Ω, lo scopo del problema inverso `e di determinare la posizione e la forma del sottodominio ω ⊂ Ω, che descrive la discontinuit`a dei coefficienti nell’equazione.

La trattazione analitica di tale problema ha come obiettivo di delineare le ipotesi aggiuntive necessarie per regolarizzare la soluzione, e di avvalersi di strumenti della teoria dell’Ottimizzazione Topologica per descrivere una strategia risolutiva. In ma-niera complementare, si propone un algoritmo numerico che implementa tale strategia secondo l’approssimazione di Galerkin-elementi finiti.

Uno dei prinicipali interessi, nello studio del presente problema inverso, `e una possi-bile applicazione nel contesto dell’elettrofisiologia cardiaca, modellizzando la ricerca di zone ischemiche all’interno del tessuto miocardico a partire da rilevazioni del po-tenziale elettrico sul bordo del dominio. Una pi`u dettagliata descrizione dei modelli fisici coinvolti, assieme all’introduzione delle numerose semplificazioni che conducono al problema differenziale (1) `e fornita nel capitolo1. In seguito, si prester`a attenzione alla formulazione e all’analisi di buona posizione del problema diretto, presentando anche una strategia numerica per la sua risoluzione approssimata (oggetto del capi-tolo 2). Il capitolo 3 sar`a invece dedicato alla formulazione del problema inverso, insieme alle assunzioni introdotte per regolarizzarne la soluzione e ad alcuni risultati necessari per la trattazione. In 4, alla luce degli strumenti introdotti, si descriver`a analiticamente e numericamente la strategia risolutiva proposta, basata su tecniche di Ottimizzazione Topologica. Alcuni risultati saranno presentati nel capitolo5, ottenuti implementando l’algoritmo proposto per mezzo del software FreeFem.

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(5)

Indice

Sommario iii

1 Motivazione: elettrofisiologia cardiaca 1

1.1 Il potenziale attivo . . . 1

1.2 Il modello bidominio . . . 2

1.3 Il problema in esame . . . 4

2 Analisi del problema diretto 7

2.1 Analisi di buona posizione . . . 7

2.2 Metodi numerici per la soluzione . . . 9

2.3 Alcuni esempi . . . 12

3 Analisi del problema inverso 15

3.1 Formulazione del problema . . . 15

3.2 Sviluppo asintotico . . . 17

4 Ottimizzazione di Forma 19

4.1 La teoria dell’ottimizzazione topologica . . . 19

4.2 Ottimizzazione topologica: applicazione . . . 19

4.3 Algoritmo . . . 19

5 Esempi di applicazione 21

Conclusioni 23

Bibliografia 25

(6)

Elenco delle figure

1.1 Potenziale d’azione in cellula ventricolare . . . 2

2.1 Simulazione del potenziale imperturbato . . . 13

2.2 Mesh a condfronto . . . 13

2.3 Risulati ottenuti con mesh raffinata. . . 14

(7)

Capitolo 1

Motivazione: elettrofisiologia

cardiaca

La descrizione della fisiologia elettrica del cuore mediante modelli matematici co-stituisce da tempo un importante campo di ricerca. Negli ultimi decenni, tale settore ha attirato ancora maggior interesse, grazie al notevole sviluppo di tecniche per osser-vare e trarre informazioni sul comportamento cellulare e molecolare in maniera meno invasiva. Inoltre, le crescenti potenzialit`a delle simulazioni numeriche associate a tali modelli li rendono di notevole interesse anche in ambito clinico e predittivo.

In questo capitolo si riporta e descrive brevemente uno dei modelli di pi`u largo uti-lizzo, il modello bidominio, proposto da Tung nel 1978 [173 del Sundes Lines], per poi mostrare le importanti semplificazioni che conducono ad un problema come quello riportato in (1).

1.1

Il potenziale attivo

Lo strumento principale che ha permesso di condurre osservazioni sperimentali sul-l’attivit`a elettrica cardiaca `e l’elettrocardiogramma, introdotto da A. D. Waller [142 del Sundes Lines] nel 1887. Per una trattazione esaustiva del fenomeno osservato si rimanda a [72 del Sundes Lines], qui si evidenziano solo alcuni tratti salienti necessa-ri per la formulazione del modello. Innanzitutto si osserva che le cellule del tessuto cardiaco sono eccitabili, ossia rispondono attivamente ad impulsi elettrici. La gran-dezza di riferimento per la descrizione di tale risposta `e il potenziale di membrana, ossia la differenza di potenziale tra l’interno e l’esterno di ogni singola cellula, dovuto alla capacit`a della membrana di trattenere ioni nella regione interna. Il potenziale di membrana mantiene a riposo un valore indicato con urest (tipicamente nel range tra -70 e -100mV): se sottoposta ad uno stimolo elettrico, la cellula aumenta il proprio potenziale. Se tale crescita si arresta al di sotto di un valore di soglia utr, avviene una rapida scarica per tornare al valore di riposo, mentre se viene superata tale soglia, la membrana modifica il proprio comportamento consentendo il passaggio di ioni posi-tivi. Tale processo `e noto come depolarizzazione, ed in esso il potenziale raggiunge un picco positivo umax: segue un significativo periodo di tempo in cui il potenziale

(8)

ritorna lentamente al valore di riposo, attraverso una fase di ripolarizzazione. La

tra-Figura 1.1: Potenziale d’azione in cellula ventricolare: si osserva una fase 4 di riposo, de-polarizzazione in 0 seguita da una parziale ride-polarizzazione rapida in 1, da un plateaux in 2 e dal completamento della ripolarizzazione in 3

smissione di uno stimolo elettrico e la conseguente depolarizzazione delle membrane cellulari sono alla base della contrazione delle cellule stesse, e pertanto costituiscono l’origine del movimento pulsante del cuore stesso. La produzione e la propagazione di tale segnale non sono qui studiate: necessiterebbero di un’accurata descrizione della complessa geometria dell’organo stesso, sia a livello globale (distinzione atri e ven-tricoli, origine nel nodo sinoatriale, propagazione per il nodo atrioventricolare), sia a livello locale (descrizione delle fibre del tessuto muscolare).

1.2

Il modello bidominio

Per poter fornire un modello generale, a causa dell’elevato numero di cellule nel tessuto (nell’ordine dei miliardi) e delle svariate iterazioni presenti tra esse, si utilizza un approccio di tipo continuo, in cui si descrivono le propriet`a elettriche come funzio-ni continue su tutto il domifunzio-nio, a seguito di un processo di omogeneizzazione. Tale procedura consiste di fatto nel mediare le propriet`a discrete su un volume di controllo sufficientemente piccolo per fornire informazioni locali e sufficientemente grande per non ricadere nella scala cellulare. Il modello del bidominio che si riporta prevede la presenza, in tutto il tessuto cardiaco, di due domini: intracellulare ed extracellulare. A causa della media su scala locale, essi sono estesi a tutto il volume del cuore e sono presenti entrambi in ciascun suo punto.

La possibilit`a di descrivere il campo elettrico ~E in termini di potenziale `e garanti-ta della seconda legge di Maxwell, che nell’ipotesi di quasi-sgaranti-tazionariet`a dei campi

(9)

1.2. IL MODELLO BIDOMINIO 3 garantisce:

rot ~E = 0 (1.1)

e ci`o implica che esista un potenziale u che permetta di identificare ~E = −∇u. Volendo distinguere il comportamento del campo elettrico all’interno delle cellule da quello all’esterno, si far`a riferimento ad un potenziale intracellulare uie ad uno extracellulare ue. Definita con ~J la densit`a di corrente elettrica, la legge di conservazione della carica elettrica afferma:

−div ~J = s (1.2)

(dove il termine s indica la presenza di sorgenti o pozzi di corrente nel tessuto). Essa, unita col legame costitutivo lineare ~J (x) = K(x) ~E(x) (K si dice tensore di conducibilit`a), permette di ricavare un problema differenziale del second’ordine per entrambi i potenziali. Per completare il modello occorre per`o descrive i termini di sorgente in ciascuno dei due domini. Considerando l’accumulo di cariche da entrambe le parti della membrana cellulare, e denotando con Iionla corrente ionica attraverso la membrana, `e possibile scrivere:

si= ∂qi

∂t + σIion nel dominio intracellulare se=

∂qe

∂t − σIion nel dominio extracellulare

(1.3)

dove il coefficiente σ indica l’area di membrana cellulare per unit`a di volume, e dove si sottolinea che, per la conservazione di carica,

∂qi(x) ∂t +

∂qe(x)

∂t = 0 ∀x ∈ Ω.

L’ultima relazione costitutiva necessaria per la chiusura del modello `e fornita da: u(x) := ui(x) − ue(x) =

qi(x) + qe(x) 2σCm

(1.4) in cui Cm indica la capacit`a elettrica della membrana cellulare. Alla luce di quanto riportato, `e possibile formulare il modello bidominio come segue:

 

div(Ki∇ui) + div(Ke∇ue) = 0 in Ω div(Ki∇ui) = σCm

∂(ui− ue)

∂t + σIion in Ω

(1.5)

Le condizioni al contorno da imporre coinvolgono sia un dato iniziale per entrambi i potenziali che adeguate condizioni al bordo. Si impone che la corrente uscente dal dominio sia nulla, che comporta una condizione di Neumann omogenea per i potenziali:

Ji= −∇ui· ν = 0 su ∂Ω Je= −∇ue· ν = 0 su ∂Ω.

(1.6) Un’analisi pi`u approfondita richiederebbe una corretta modellazione elettrica del torso, che circonda il cuore, e l’imposizione di opportune condizioni per l’accoppiamento tra

(10)

il dominio che rappresenta il cuore ed il torso.

Occorre da ultimo fornire delle espressioni per i termini restanti. Innanzitutto, i tensori di conducibilit`a Ki e Ke sono anisotropi, a causa delle fibre piane che compongono il tessuto cardiaco, e che prevedono perci`o delle direzioni preferenziali. Per quanto riguarda la corrente ionica, si propone invece un modello cubico:

Iion= Iion(u) = A(u − urest)(u − utr)(u − umax) (1.7) Un simile termine infatti permette di modellare in maniera efficace la fase di polariz-zazione della membrana cellulare (il potenziale umax`e equilibrio stabile e con bacino di attrazione u > utr), replicando anche dei risultati di trasmissione del segnale, me-diante il termine diffusivo. La fase di depolarizzazione non `e colta correttamente da un simile modello: se si desidera una maggiore precisione, occorre optare per modelli fe-nomenologici pi`u complessi come quello di FitzHugh - Nagumo [40 del Sundes Lines], oppure modelli che introducono ulteriori variabili quali le concentrazioni di precise sostanze chimiche (Noble, Beeler-Reuter, Luo-Rudy: si confronti [SundesLines]).

Il modello esposto in (1.5)-(1.7) consiste in un sistema di due equazioni differenziali evolutive con termine di reazione non lineare, accoppiate tra loro. Ci`o lo rende piutto-sto arduo da trattare analiticamente e numericamente, e perci`o `e frequente il ricorso ad opportune semplificazioni. Una tra le possibili assunzioni (per quanto non giustifi-cata sperimentalmente) `e quella che sta alla base del modello monodominio. In esso si suppone che le propriet`a di conducibilit`a del dominio intracellulare ed extracellulare siano proporzionali, ossia:

Ke= λKi.

In questa ipotesi, `e possibile riformulare le equazioni precedenti in termini della sola variabile u, il potenziale di membrana (o transmembrane potential ), ottenendo:

λ

1 + λdiv(Ki∇u) = σCm ∂u

∂t + σIion(u) in Ω

Ki∇u · ν = 0 su ∂Ω

(1.8)

1.3

Il problema in esame

Per giungere al sistema differenziale analizzato nel seguito dello scritto, occorre effettuare ulteriori assunzioni semplificative. Innanzitutto si decide di tralasciare gli aspetti geometrici del problema, considerando per semplicit`a un dominio bidimensio-nale e senza la presenza di effetti dovuti all’anisotropia. In questo caso il tensore di polarizzazione si riduce di fatto ad uno scalare, indicato con k. Inoltre, si considerer`a la corrente ionica come

Iion(u) = u3. (1.9)

Si sottolinea che questa semplificazione discosta leggermente il modello dalla descrizio-ne delle propriet`a del potenziale di membrana che si sono evidenziate, ma non altera

(11)

1.3. IL PROBLEMA IN ESAME 5 di fatto la non linearit`a dell’equazione, che `e l’aspetto essenziale su cui si vuole concen-trare l’attenzione in seguito. Da ultimo, si considera il caso stazionario dell’equazione, sostituendo l’impulso fornito dal dato iniziale con una forzante. L’equazione a cui si giunge, a meno di cambi di notazione per i coefficienti, `e perci`o la seguente:

−k∆u + u3= f in Ω ∂u

∂ν = 0 su ∂Ω

(1.10)

Un fenomeno che si desidera descrivere mediante i modelli introdotti `e la presenza di zone ischemiche all’interno del tessuto cardiaco. Come riportato in [SundesLines], [Lyak..], l’effetto di tale patologia `e di alterare le propriet`a conduttive del tessuto, nonch`e di rendere le cellule colpite passive allo stimolo elettrico. Ci`o significa che il processo di polarizzazione e depolarizzazione non avviene in esse, e pertanto occorre modificare il modello per tenerne conto.

Individuata con ω la regione ischemica, si ha:

( −div(k(x)∇u) + χΩ\ωu3= f in Ω ∂νu = 0 su ∂Ω (1.11) k(x) = ( kinse x ∈ ω kout se x ∈ Ω \ ω ,

che `e esattamente il problema di partenza, (1). Un simile modello per descrivere la presenza di ischemie `e generalmente condiviso, seppur con diverse varianti. Una signi-ficativa correzione per avvicinarsi maggiormente alle osservazioni sperimentali consiste nell’eliminare la discontinuit`a del coefficiente di conducibilit`a k(x) mediante appros-simanti continue della funzione indicatrice della regione interessata.

In ultima analisi, il problema inverso su cui si concentra il lavoro di questa tesi ha come target applicativo la creazione di una procedura per l’identificazione di regioni ischemiche nel tessuto cardiaco sulla base dei dati del potenziale elettrico miocardico ottenuti in modo non invasivo. Le numerose ipotesi semplificative introdotte eviden-ziano la distanza tra la presente trattazione e tale obiettivo (in particolare il fatto che si consideri un problema stazionario, o l’utilizzo del modello monodominio). Tuttavia, si ritiene che considerare la non linearit`a che caratterizza tale equazione sia un signi-ficativo passo avanti tra la letteratura gi`a esistente in ambito di problemi ai valori al contorno per EDP lineari (ad esempio, [Chaabane,...]) e la complessit`a del problema presentato, che rimane di fatto un’applicazione al di fuori della portata del presente lavoro.

(12)
(13)

Capitolo 2

Analisi del problema diretto

La formulazione e l’analisi del problema diretto sono il punto di partenza neces-sario per lo studio del problema inverso proposto. Al centro della trattazione vi `e il problema differenziale definito in (1), di cui si evidenziano come aspetti fondamentali la non linearit`a nel termine di reazione e la presenza di coefficienti non costanti, che giustificano un’analisi pi`u accurata della buona posizione del problema.

Essa `e l’argomento centrale di questo capitolo, in cui si richiamano risultati di analisi funzionale non lineare che garantiscono esistenza, unicit`a della soluzione e dipenden-za continua dai dati (2.1). In aggiunta, si riporta un algoritmo di tipo Newton per la simulazione numerica del problema diretto, descrivendone i principali passaggi e riportando alcuni esempi di applicazione (2.2)

2.1

Analisi di buona posizione

Si richiama la formulazione forte del problema in esame, che si ottiene ,come analizzato nel capitolo precedente, in seguito a diverse semplificazioni del modello monodominio per la descrizione del potenziale di membrana delle cellule cardiache:

( −div(k(x)∇u) + χΩ\ωu3= f in Ω ∂νu = 0 su ∂Ω

(2.1)

Nel seguito della trattazione, si richiede che l’insieme ω sia un sottoinsieme misurabile di Ω, separato dal bordo, ossia:

∃K compatto , K ⊂⊂ Ω t.c. ω ⊂ K, dist(ω, Ω \ K) ≥ d0> 0. (2.2) Sia V = H1(Ω) lo spazio delle funzioni test. Utilizzando le formule di Gauss-Green ed imponendo la condizione di Neumann omogenea sul bordo, si ottiene:

Z Ω k(x)∇u(x) · ∇v(x)dx + Z Ω χΩ\ω(x)u3(x)v(x)dx = Z Ω f (x)v(x)dx ∀v ∈ V (2.3) Per dimostrare esistenza ed unicit`a della soluzione, `e necessario ricorrere a teoremi di analisi funzionale non lineare. Si consideri il funzionale T : H1(Ω) → H−1(Ω) definito da: H−1hT (u), viH1 = Z Ω k∇u · ∇v + Z Ω\ω u3v.

Su di esso valgono le seguenti propriet`a (per la dimostrazione si rimanda a [BCMP]): 7

(14)

• T `e limitato in H−1(Ω), infatti: kT (u)kH−1(Ω)≤ max

n

kukH1(Ω), CSob3 kuk 3 H1(Ω)

o ,

con CSobcostante di immersione di H1(Ω) in L6(Ω), e ci`o comporta che per ogni sottoinsieme B ⊂ H1(Ω) limitato, anche T (B) risulta limitato;

• T `e localmente Lipschitz-continuo:

∀u1, u2∈ B ⊂ H1, B limitato, ∃K > 0 :

|hT (u1) − T (u2), vi| ≤ Kku1− u2kH1(Ω)kvkH1(Ω) ∀v ∈ H 1(Ω);

• T `e monotono, in particolare (strettamente) crescente:

hT (u1) − T (u2), u1− u2i ≥ 0 hT (u1) − T (u2), u1− u2i = 0 ⇔ u1= u2; • T `e coercivo, ossia: lim kukH1→+∞ hT (u), ui kukH1 = +∞.

Sfruttando le propriet`a elencate, `e possibile utilizzare risultati di analisi non lineare per operatori monotoni, come ad esempio il teorema di Minty-Browder [RIFERIMENTO], che afferma:

Teorema 1. Sia T : X → X∗, con X spazio di Banach riflessivo e separabile un fun-zionale limitato, continuo, coercivo e monotono. Allora per ogni F ∈ X∗ il problema T (u) = F ammette un’unica soluzione in X.

In alternativa, `e possibile seguire un approccio di tipo variazionale. Considerando il funzionale energia E : H1 (Ω) → R definito da E(u) = 1 2 Z Ω k |∇u|2+1 4 Z Ω\ω u4− Z Ω f u, u ∈ V

la sua derivata secondo Frechet risulta

DuE = T (u) − F ∈ H−1(Ω). Il risultato che si desidera applicare in tale contesto `e il

Teorema 2 (Metodo diretto del Calcolo delle Variazioni). Un funzionale semicontinuo inferiormente per successioni e coercivo su uno spazio compatto ammette un minimo.

In virt`u dei teoremi1 e2 si enuncia il seguente:

Teorema 3. Per ogni F ∈ H−1(Ω) e per ogni inclusione ω ⊂ Ω che soddisfi (2.2), la soluzione del problema (2.1) esiste ed `e unica.

(15)

2.2. METODI NUMERICI PER LA SOLUZIONE 9 Dimostrazione. La prova dell’esistenza pu`o essere ottenuta direttamente applicando il teorema di Minty-Browder (1) sul funzionale T , alla luce delle propriet`a sopra riporta-te. In alternativa, considerando il funzionale E sullo spazio di Hilbert V = H1(Ω), si pu`o applicare il teorema2. Infatti, il teorema di Banach-Alaoglu-Bourbaki [BREZIS] garantisce la compattezza debole dello spazio rispetto alla topologia debole, mentre la debole semicontinuit`a inferiore e la coercivit`a di E possono essere dimostrate sfrut-tanto le propriet`a di limitatezza, coercivit`a e monotonia verificate dalla derivata T (si confronti il teorema 26.11 di [10 di BCMP]). Ci`o garantisce l’esistenza di un minimo u per il funzionale, e la condizione necessaria di ottimalit`a del primo ordine (equazione di Eulero-Lagrange) definita su di esso implica

DuE = 0 in V∗ ⇒ < T (u), v > −F (v) = 0 ∀v ∈ V. Perci`o, si `e caratterizzato tale minimo come soluzione del problema (2.3).

L’unicit`a della soluzione si dimostra in entrambi i casi sfruttando la (stretta) mono-tonia dell’operatore T : se u1 e u2 sono soluzioni del problema (2.3), allora

< T (u1)−T (u2), v >= 0 ∀v ∈ V ⇒ < T (u1)−T (u2), u1−u2>= 0 ⇒ u1= u2

2.2

Metodi numerici per la soluzione

La risoluzione numerica del problema (2.3) mediante il metodo di Galerkin - ele-menti finiti `e possibile sfruttando apposite tecniche per equazioni non lineari. In particolare, si considera un algoritmo iterativo di tipo Newton, che prevede di risolve-re un opportuno problema linearizzato per ciascun passo, fino a convergenza.

D un punto di vista astratto, la procedura generale si pu`o cos`ı riassumere: si consideri il problema

T (u) = F in X∗ (2.4)

con T : X → X∗, X spazio di Hilbert. Sia {u(K)} la successione data da: (

u(0) fissato

u(k+1)= u(K)+ δu(K)

(2.5)

dove δu(K) risolve

Du(K)T [δu(K)] = F − T 

u(K). (2.6)

Du(K)T `e la derivata di Gateaux del funzionale T valutata in u(K), ossia il funzionale lineare: X → X∗ che soddisfa

(16)

Se l’operatore di derivata `e non singolare ed il dato iniziale u(0) `e sufficientemen-te vicino alla soluzione del problema u, `e garantita la convergenza quadratica della successione (teorema di Kantorovich):

∃C > 0 : u (k+1)− u X≤ C u (K)− u 2 X .

Per applicare l’algoritmo di Newton sul problema (2.3) occorre calcolare la derivata di Gateaux dell’operatore. Si ottiene facilmente:

DuT [ϕ] = −div(k∇ϕ) + χΩ\ω3 (u) 2

ϕ, (2.8)

da cui si ricava chel’equazione da risolvere ad ogni passo `e Z Ω k∇δu(K)· ∇v + Z Ω\ω 3u(K) 2 δu(K)v = Z Ω f v − Z Ω k∇u(K)· ∇v+ − Z Ω\ω  u(K) 3 v ∀v ∈ V. (2.9)

La strategia risolutiva `e perci`o la seguente:

Algoritmo 1. (Solutore iterativo di tipo Newton) 1. Scegliere un dato iniziale u(0)

2. Finch´e il criterio d’arresto non `e soddisfatto A) calcolare δu(K)risolvendo (2.9)

B) aggiornare uk+1.

Una valida scelta per il criterio d’arresto consiste nel controllare che la norma H1di δu(K) si attesti al di sotto di una fissata tolleranza.

2.2.1

Il problema linearizzato

In ciascun’iterazione, il problema da risolvere, (2.9), `e lineare. Se ne analizza la buona posizione e se ne descrive l’approssimazione di Galerkin ad elementi finiti. La formulazione debole del problema al generico passo K `e

˜ aK(δu, v) = ˜FK(v) ∀v ∈ V, ˜ aK(δu, v) = Z Ω k∇δu · ∇v + Z Ω\ω 3u(K) 2 δuv ˜ FK(v) = Z Ω f v − Z Ω k∇u(K)· ∇v − Z Ω\ω  u(K) 3 v. (2.10)

Teorema 4. Se il dato iniziale u(0) ∈ H1(Ω), il problema (2.10) ammette un’unica soluzione in V = H1(Ω) per ogni iterazione K. Inoltre,

∃CK > 0 t.c u (K) H1(Ω)≤ CK  ˜ f H−1(Ω)+ u (0) H1(Ω) 

(17)

2.2. METODI NUMERICI PER LA SOLUZIONE 11 Dimostrazione. Si consideri la prima iterazione: si osserva che, scelto il dato iniziale u(0) in H1(Ω), l’operatore lineare ˜F e la forma bilineare ˜a risultano continue:

|˜a0(u, v)| ≤ koutk∇ukL2(Ω)k∇vkL2(Ω)+ 3 u (0) L4(Ω)kukL2(Ω)kvkL2(Ω) ≤ max  kout, 3CSob1 u (0) H1(Ω)  kukH1(Ω)kvkH1(Ω); ˜ F0(v) ≤ kf kL2(Ω)kukL2(Ω)+ koutk∇vkL2(Ω)+ ∇u (0) L2(Ω)+ u (0) L6(Ω)kvkL2(Ω) ≤  kf kL2(Ω)+ max  kout, CSob2 u (0) H1(Ω)  kvkH1(Ω).

Non `e tuttavia possibile utilizzare il lemma di Lax Milgram, in quanto la forma ˜a0 non `e coerciva, infatti

˜ a0(u, u) = Z Ω k∇u · ∇u + Z Ω 3χΩ\ω  u(K) 2 u2:

il termine reattivo `e positivo ma non permette di controllare la norma L2 sull’intero dominio, a causa dell presenza della funzione indicatrice. E tuttavia garantita la` debole coercivit`a, ad esempio con costante kin:

˜

a0(u, v) + kinkukL2(Ω)≥ kinkukH1(Ω),

e ci`o consente di applicare il Teorema di Ne¸cas o dell’Alternativa di Fredholm, che garantiscono la buona posizione del problema (2.10) a patto che il problema omogeneo abbia soluzione unica, ossia

˜

a0(u, v) = 0 ∀v ∈ V ⇔ v = 0.

Tale risultato viene verificato grazie alle propriet`a di regolarit`a di u, e ci`o permette di concludere che esiste unica in H1(Ω) la soluzione δu(0) del problema (2.10) al passo iniziale. Vale inoltre la stima di stabilit`a

u (1) H1(Ω)≤ 1 kin ˜ F H−1≤ CK(kf kL2(Ω)+ u (0) H1(Ω))

Perci`o, anche u(1) ∈ H1(Ω), e per induzione `e possibile riprodurre tale risultato per ogni iterazione K (con diverse costanti).

Introdotto lo spazio discreto Vh⊂ H1(Ω), con dim(Vh) = Nh, si ha la formulazione discreta di Galerkin all’iterazione K:

trovare δuh∈ Vh: ˜aK,h(δuh, vh) = ˜FK,h(vh) ∀vh∈ Vh (2.11) dove ˜ a(δuh, vh) = Z Ω k∇δuh· ∇vh+ Z Ω\ω 3u(K)h  2 δuhv ˜ F (vh) = Z Ω f vh− Z Ω k∇u(K)h · ∇vh− Z Ω\ω  u(K)h  3 vh,

(18)

la cui buona posizione `e facilmente verificabile in maniera analoga al teorema4. Fissata una base {ϕi}i=1,...,Nh di Vh, la formulazione algebrica `e:

˜ AKδU =~ F~˜ (2.12) con (i, j = 1 . . . Nh) u(K)h = Nh X i=1 ϕiu (K) i , [U (K)] i= u (K) i δu = Nh X i=1

ϕiδui, [δU ]i= δui ˜ A = ˜K + ˜M(U(K)) F = F − ˜~˜ KU(K)− ˜N (U(K)) h ˜Ki i,j = Z Ω ∇ϕj· ∇ϕi h ˜M(U(K))i i,j = Z Ω\ω 3(u(K)h )2ϕjϕi [F ]i= Z Ω f ϕi h ˜N (U(K))i i = Z Ω\ω (u(K)h )3ϕi

Non essendo presenti vincoli di stabilit`a sulla scelta dello spazio discreto Vh, si `e scelto lo spazio degli elementi finiti lineari ([QUARTERONI]).

2.3

Alcuni esempi

Da ultimo si riportano alcuni risultati dell’applicazione dell’Algoritmo 1 in di-verse casistiche. Il dominio computazionale considerato `e il quadrato [−1, 1] × [−1, 1] con una forzante f concentrata in un angolo, a decadimento esponenziale:

f (x) = e−(x+1)2 −(y+1)20.12 ;

il coefficiente di conducibili`a `e preso pari a kin = 0.0001, kout = 1. La tolleranza fissata per il criterio di convergenza `e di 10−6. Si `e simulata la soluzione del problema imperturbato, ossia in assenza di inclusioni, nonch`e in presenza di due diverse inclusio-ni. La mesh utilizzata per la simulazione del problema imparturbato `e composta da circa 1500 elementi, ed il risultato `e riportato in2.1. In presenza di inclusioni, specie se di piccole dimensioni, `e necessario utilizzare mesh pi`u raffinate. In particolare, si `e confrontato l’utilizzo di una mesh omogena pi`u fitta con l’utilizzo di una raffinata solo in posizione dell’inclusione (si osservi2.2). Ognuna delle griglie utilizzate consiste di circa 2500 elementi.

In figura2.3 i risultati sulle griglie raffinate solo in prossimit`a dell’inclusione. Si sottolinea che l’utilizzo di una griglia omogenea permette di ottenere i medesimi

(19)

2.3. ALCUNI ESEMPI 13

(a) Mesh (b) Potenziale

Figura 2.1: Simulazione del potenziale imperturbato

(a) Mesh: raffinamento omogeneo

(b) Mesh: raffinamento 1 (c) Mesh: raffinamento 2

Figura 2.2: Mesh a condfronto

risultati (nei casi riportati, la differenza tra le soluzioni su griglia omogenea e raffinata localmente `e nell’ordine dello 0, 1%) con un numero di iterazioni solo di poco superiore, come ripostato in tabella. Questo risultato `e di grande importanza per la trattazione successiva, in cui la costruzione della mesh non potr`a sfruttare informazioni sulla posizione e le dimensioni dell’inclusione.

(20)

(a) Inclusione: caso 1 (b) Inclusione: caso 2 (c) Soluzione: caso 1 iterazione 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 10-6 10-5 10-4 10-3 10-2 10-1 100 101 ||δ u|| H1

(d) Andamento dell’errore: caso 1

(e) Soluzione: caso 1

iterazione 1 2 3 4 5 6 7 10-7 10-6 10-5 10-4 10-3 10-2 10-1 100 ||δ u|| H1

(f ) Andamento dell’errore: caso 2

Figura 2.3: Risulati ottenuti con mesh raffinata

Griglia specifica Griglia omogenea

Iterazioni di Newton caso 1 7 8

(21)

Capitolo 3

Analisi del problema inverso

In seguito alla trattazione del problema diretto, il presente capitolo si concentra sulla corretta formulazione e sull’analisi del problema inverso. In linea con l’approccio analitico ai problemi inversi per Equazioni alle Derivate Parziali (vedi....), vengono introdotte in 3.1alcune ipotesi aggiuntive, con lo scopo di regolarizzare la soluzione: in particolare l’assunzione che l’inclusione sia di piccole dimensioni. Sar`a dunque possibile riportare, in 3.2, uno sviluppo asintotico del potenziale sul bordo al variare delle dimensioni dell’inclusione, strumento necessario per la trattazione futura.

3.1

Formulazione del problema

Il problema inverso affrontato nel presente lavoro pu`o essere cos`ı formulato: Si consideri il dominio Ω ⊂ Rd, (d = 2, 3) ed il problema differenziale in esso definito da (2.1) e riscrivibile come

P(u, f, ω) =T (u; ω) − f = 0,

u ∈ V = H1(Ω), f ∈ V∗= H−1(Ω), ω ∈ O, (3.1) dove O `e lo spazio dei sottodomini ammissibili:

O = {ω ⊂ Ω, ω soddisfa (2.2)} .

Sia W = H1/2(∂Ω) e C : V → W l’operatore di osservazione, definito da: C(v) = v|∂Ω, v ∈ V

Fornito il dato al bordo w ∈ W , trovare il sottodominio ω ∈ O tale che, se u `e la soluzione di (3.1) con inclusione ω, valga

u|∂Ω= w.

Questa formulazione permette di considerare il presente come un problema di identi-ficazione per un’Equazione alle Derivate Parziali parametrizzata, secondo la catego-rizzazione presentata in [NETO, NETO]. Il problema P proposto in (3.1) pu`o essere

(22)

infatti considerato in astratto come un funzionale P : V × S × F → R,

dove V `e lo spazio di stato (nel nostro caso V ), S lo spazio delle sorgenti (V∗) e F lo spazio delle propriet`a fisiche, ossia lo spazio a cui appartengono tutti i parametri aggiuntivi dettati dal modello fisico (per il problema in esame, `e lo spazio dei sotto-domini ammissibili O). Tale funzionale permette di definire in astratto tre generi di problemi:

1. problema diretto: fissate la sorgente f ∈ S e i parametri fisici p ∈ F , determinare la variabile di stato u ∈ V che soddisfa P(u, f, p) = 0

2. problema di ricostruzione: fissati lo stato u ∈ V e i parametri fisici p ∈ F , determinare la sorgente f ∈ S che soddisfa P(u, f, p) = 0

3. problema di identificazione: fissati lo stato u ∈ V e la sorgente f ∈ S, determinare i parametri fisici p ∈ F che soddisfano P(u, f, p) = 0

Entrambe le casistiche 2 e 3 rientrano nella definizione generale di problema inverso. Nel caso in esame, che come si `e gi`a evidenziato `e un problema di identificazione, si ha in aggiunta la presenza di uno spazio di osservazione: non `e dato di conoscere interamente la variabile di stato u ma solo C(u) ∈ W .

L’analisi di buona posizione di tali problemi risulta alquanto complessa. Si osserva che, con i dati forniti (ossia forzante ed osservazione al bordo), il problema ottenuto fissando un parametro in O `e sovradeterminato: l’Equazione alle Derivate Parziali presenta infatti dato di Neumann e di Dirichlet su tutto il bordo del dominio. Ci`o fornisce un’interpretazione alternativa del problema di identificazione: si sovradetermina il problema diretto, si considera come incognita uno dei parametri da cui esso dipende e si sfrutta l’informazione in eccesso per identificarne il valore. Quanto alla buona posizione del problema inverso stesso, ossia alla possibilit`a di determinare se esista una soluzione e soprattutto se sia unica, non `e possibile fornire risultati di valore generale.

`

E tuttavia prassi comune operare una regolarizzazione, ossia introdurre delle ipotesi restrittive sui parametri fisici coinvolti, in modo da considerare solo un sottospazio ˜O in cui sia possibile ottenere maggiori risultati. Nel problema in esame, la prima ipotesi aggiuntiva `e quella proposta da [BCMP], [CAPDEBOSQ,V]:

Assunzione 1. Si considerino (famiglie di) sottodomini ωε di piccole dimen-sioni, ossia: |ωε| → 0 per ε → 0

In virt`u di questa sola ipotesi aggiuntiva, `e possibile enunciare un risultato di notevole importanza, presentato nella sezione3.2: uno sviluppo asintotico dei dati al bordo al variare di ε. Tale risultato sar`a utilizzato all’interno della strategia risolutiva proposta nella trattazione successiva, ma con l’aggiunta di un’ulteriore restrizione:

(23)

3.2. SVILUPPO ASINTOTICO 17 Assunzione 2. Si consideri ωε= [ ` ωD,ε` , ωD,ε` = z`+ εD =  y ∈ Ω : 1 ε(y − z`) ∈ D  ,

con D insieme aperto, limitato e liscio, contenente l’origine.

Si evidenzia che, da ora in avanti, la notazione subir`a alcune variazioni: si indi-cher`a con ωε una generica inclusione e con uε la soluzione del problema diretto ad essa associato. Il coefficiente di conduttivit`a verr`a indicato con kε e, senza perdere generalit`a, si indicheranno kout= 1, kin= k (tipicamente nell’ordine di 10−4), in linea con la notazione presente in [BCMP].

3.2

Sviluppo asintotico

Per formulare il risultato a cui si fa riferimento occorre introdurre la definizione di potenziale indisturbato (o imperturbato) U , ossia la soluzione del problema in assenza di inclusioni:

( −∆U + U3= f in Ω ∂νU = 0 su ∂Ω.

(3.2) Tale problema pu`o essere considerato come un caso particolare di quello analizzato in

2, e perci`o la buona posizione `e gi`a provata. Si pu`o anche dimostrare, in ipotesi di regolarit`a del dominio, una stima per la norma L∞(Ω) sia del potenziale U sia del suo gradiente.

Un’altra funzione che `e necessario introdurre `e NU, il funzionale di Green associato all’operatore −∆ + 3U2. Per ogni y ∈ Ω, N

U(·, y) `e la soluzione di ( −∆NU(x, y) + 3U2(x)NU(x, y) = δ(x − y) in Ω

∂νxNU(x, y) = 0 su ∂Ω.

(3.3) Si pu`o quindi formulare lo sviluppo asintotico, per la cui dimostrazione si rimanda a [BCMP]

Teorema 5. Sia ωεn successione di sottodomini che rispettino (2.2) e l’assunzione1. Sia f ∈ Lp(Ω) strettamente positiva (∃m > 0 : f (x) ≥ m). Siano U soluzione di (3.2) e uεn le soluzioni di (2.1) per i rispettivi ωεn. Allora esistono una sottosuccessione, sempre indicata con ωεn, una misura di Borel positiva µ ed una matrice simmetrica M(x) ∈ L2(Ω, dµ) tali che, detto w

εn= uεn− U , wεn(y) = |ωεn| Z Ω (1 − k)(M(x)∇U (x))∇xNU(x, y) + U3(x)NU(x, y) dµ(x) + o(|ωεn|) ∀y ∈ ∂Ω, (3.4)

dove NU(x, y) `e la soluzione di (3.3). Vale inoltre che, µ-q.o. in Ω ;

|ξ|2≤ ξTM(x)ξ ≤ 1 k|ξ|

2

(24)

La formula ottenuta in (3.4) pu`o essere espressa in maniera pi`u esplicita nel caso in cui si consideri anche l’assunzione 2. In tal caso, infatti, la misura limite µ `e data dalla somma delle δz` (si faccia riferimento a [CAPDEBOSQ,..]), e pertanto si ottiene, ∀y ∈ ∂Ω

wεn(y) = ε

dX

`

(1 − k)(M(z`)∇U (z`))∇xNU(z`, y) + U3(z`)NU(z`, y) + o(εd). (3.5) La grandezza M prende il nome di tensore di polarizzazione ed `e determinato dalla geometria dell’inclusione. Ad esempio, se il dominio D dell’assunzione2`e un cerchio (una sfera), vale

M (z`) = 2

1 + k|D| Id×d.

In aggiunta, si riporta un ulteriore risultato (per la cui dimostrazione si rimanda a [BCMP]), che verr`a utilizzato in seguito:

Teorema 6. Sia f ∈ Lp(Ω) con p > d, strettamente positiva. Sia U la soluzione del problema imperturbato (3.2) e uεsoluzione di (2.1) con inclusione ωε. Allora esistono tre costanti positive C1= C1(k, Ω, kf kp), C2= C2(k, Ω, kf kp) e η tali che:

kuε− U kH1(Ω)≤ C1|ωε| 1 2 kuε− U kL2(Ω)≤ C1|ωε| 1 2+η (3.6)

(25)

Capitolo 4

Ottimizzazione di Forma

Il capitolo centrale descrive l’utilizzo delle tecniche di ottimizzazione di forma per la risoluzione del problema inverso. Si distingue la trattazione dell’ottimizzazione topologica da quella geometrica, e per entrambe si riportano i tratti teorici principali, i risultati relativi al caso in esame ed un algoritmo numerico applicativo.

4.1

La teoria dell’ottimizzazione topologica

In una prima sottosezione, si motiva l’introduzione di tecniche di ottimizzazione di forma per il problema in esame. Si introducono quindi i tratti fondamentali di tale teoria: legame con il controllo ottimo vincolato per le EDP, formulazione di un generico problema, distinzione in parametrico/geometrico/topologico. Quindi, ci si concentra sull’ottimizzazione topologica, introducendo il concetto di gradiente topologico.

4.2

Ottimizzazione topologica: applicazione

Si riporta il risultato (che ho descritto nel report-topologico) per il calcolo del gradiente topologico del funzionale in esame.

4.3

Algoritmo

Si descrive l’algoritmo numerico prodotto sfruttando il calcolo precedente. (nel caso in cui ci fosse tempo, potrei inserire il lavoro fatto per il level-set o per l’ottimizzazione geometrica)

(26)
(27)

Capitolo 5

Esempi di applicazione

Capitolo dedicato alla visualizzazione e all’analisi dei risultati ottenuti. Si presen-tano prima le caratteristiche delle varie simulazioni, quindi si riporpresen-tano le immagini ottenute e da ultimo si confrontano i risultati ottenuti al variare del raffinamento della mesh e della posizione dell’inclusione.

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(29)

Conclusioni

Osservazioni finali sui risultati ottenuti. Illustrazione degli sviluppi futuri (con par-ticolare attenzione alle cose che ho gi`a fatto: ottimizzazione geometrica, level set) e alle estensioni necessarie per avvicinarsi all’obiettivo descritto nel capitolo di motivazione.

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Bibliografia

[CMM13] S Chaabane, Mohamed Masmoudi e Houcine Meftahi. Topological and shape gradient strategy for solving geometrical inverse problems. In: Journal of Mathematical Analysis and Applications 400 (2013), pp. 724– 742.

[Sun+06] Joakim Sundes, Glenn Terje Lines, Xing Cai, Bjorn Fredrik Nielsen, Kent-Andre Mardal e Aslak Tveito. Computing the electrical activity in the heart. Monographs in Computational Science and Engineering. Springer, 2006.

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