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Parto pretermine: correlazioni biochimico-fisiche nel primo trimestre ed outcome di gravidanza in una popolazione non selezionata

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INDICE

1. PRIMO TRIMESTRE E SELEZIONE DELLE GRAVIDANZE A RISCHIO

SPECIFICO . . . 3

1.1 Pregnancy Associated Plasma Protein-A . . . 5

1.2 Free beta-hCG. . . 9

1.3 Body Mass Index . . . 10

2. PARTO PRETERMINE . . . 11

2.1 Fisiopatologia. . . 14

2.2 Eziopatogenesi . . . 21

2.3 Parto Pretermine spontaneo . . . 23

2.4 Parto Pretermine iatrogeno. . . 24

2.4.1 Taglio cesareo. . . 24 2.4.2 Induzione . . . 27 2.5 Trattamento. . . 30 2.6 Complicanze. . . 31 2.6.1 Mortalità. . . 31 2.6.2 Morbidità . . . 33

3. OBIETTIVO DELLO STUDIO. . . 40

4. MATERIALI E METODI. . . 41

4.1 Raccolta dati. . . 41

4.2 Analisi statistica . . . 42

5. RISULTATI. . . 44

5.1 Complicanze ostetriche . . . 45

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5.3 Complicanze neonatali. . . 50

6. DISCUSSIONE . . . 54

6.1 Pregnancy Associated Plasma Protein-A e Free beta-hCG . . . 55

6.2 Età materna. . . 56

6.3 Body Mass Index e peso materno. . . 57

7. CONCLUSIONI. . . 59

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1. PRIMO TRIMESTRE E SELEZIONE DELLE GRAVIDANZE A RISCHIO SPECIFICO.

All'inizio del XX secolo, l'attenzione per diagnosi e cura prenatali era focalizzata sul secondo e terzo trimestre di gravidanza: le visite, infatti, erano previste per la 16°-24°-28° settimana, per passare poi ad una ogni 15 giorni fino alla settimana 32 ed infine, in previsione del parto, settimanalmente. Così facendo, però, non soltanto non venivano diagnosticate tempestivamente molte delle complicanze che si possono sviluppare in gravidanza, ma non era neppure possibile prevenire gli esiti sfavorevoli ad esse associati. Negli ultimi dieci anni il progresso scientifico ha dimostrato come molte patologie gravidiche, importanti sia sul versante fetale che su quello materno, siano potenzialmente diagnosticabili sin dal primo trimestre di gestazione. In particolar modo si è sempre più concretizzata la possibilità di effettuare uno screening ed eventualmente diagnosi di tali patologie nel periodo che intercorre tra l'undicesima e la tredicesima settimana, associando i dati ricavati dalla storia clinica e dalle caratteristiche biochimico-fisiche materne ai reperti ecografici. Recentemente è inoltre emerso il concetto di “Inversione della piramide assistenziale” (Figura 1), la cui base d'appoggio è costituita non dagli ultimi mesi di gestazione, ma piuttosto dal primo trimestre: è qui che si incentrano tutte quelle procedure diagnostiche e terapeutiche finalizzate a migliorare l'outcome della gravidanza.

Cosi facendo è oggi possibile sospettare la presenza di anomalie del cariotipo fetale (come la trisomia 21-13-18) ed altre anomalie strutturali (come quelle muscolo-scheletriche), Pre-eclampsia (PE), Parto Pretermine (PP), feto piccolo per età gestazionale (SGA), ritardo di crescita intrauterino (IUGR), macrosomia, Diabete Mellito Gestazionale (GAD), morte intrauterina e perinatale. Anticipare le prime visite al primo trimestre consente, infatti, di identificare precocemente le pazienti a rischio di specifiche complicanze e di

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seguirle in modo più mirato e personalizzato, migliorando l'outcome della gravidanza stessa. Possiamo, quindi, suddividere le gestanti in due gruppi, uno a basso e l'altro ad alto rischio di sviluppare una determinata patologia, modificando di conseguenza l'assistenza fornita durante la gravidanza. Le pazienti a basso rischio si sottoporranno ad una visita tra 19 e 21 settimane, in cui verranno rianalizzate anatomia ed accrescimento fetale, nonché il rischio di Pre-eclampsia e Parto Pretermine; la seconda visita, prevista per la 37° settimana, sarà finalizzata alla valutazione del benessere materno e fetale, nonché a stabilire il periodo più idoneo/ modalità del parto. Se la gravidanza dovesse protrarsi fino alla 41° settimana, un' ultima visita verrà effettuata a quest'epoca gestazionale. Le donne al alto rischio, invece, dovranno sottoporsi ad un numero di visite maggiori, seguite in cliniche specializzate, al fine di effettuare una rivalutazione del rischio: alcune diverranno un basso rischio e potranno seguire il percorso precedentemente descritto, mentre per le altre sarà prevista una stretta sorveglianza e, se necessario, un trattamento tempestivo. La suddivisione delle gestanti in base al rischio, inoltre, porta ad una consistente riduzione delle spese da parte del Sistema Sanitario Nazionale1.

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1.1 Pregnancy Associated Plasma Protein-A

Nel 1974, la Pregnancy Associated Plasma Protein-A (PAPP-A) fu una delle quattro principali proteine identificate nel plasma delle gestanti; proprio per questo le venne attribuito il nome di “proteina plasmatica associata alla gravidanza”2. Si tratta di una metalloproteinasi prodotta a livello di diversi distretti corporei, come corpo luteo, endometrio, follicoli ovarici, pancreas, milza, midollo osseo, nonché dagli epatociti e dalle cellule muscolari lisce dei vasi3. In gravidanza è sintetizzata principalmente dal sinciziotrofoblasto placentare e poi riversata nel circolo materno dove assume una concentrazione crescente durante il decorso della gravidanza stessa, fino al termine4. Solo nel 1999 Lawrence et al isolarono nei fibroblasti umani una proteina con attività proteasica nei confronti dell'insulin-like growth factor binding protein-4 (IGFBP-4), proteina che venne identificata proprio con la PAPP-A5. Il meccanismo di azione con cui agisce è illustrato nell'immagine sottostante (Figura 2): normalmente l'IGFBP-4 pericellulare lega le insulin-like growth factors (IGF) con alta affinità, prevenendone l'interazione con il recettore posto sulla superficie delle cellule. Attraverso il clivaggio IGF-dipendente dell' IGFBP-4, la PAPP-A riduce marcatamente l'affinità tra quest'ultimo e l'IGF, aumentando la quota di IGF libero che andrà così a legare ed attivare il proprio recettore5. Le IGF, in particolar modo IGF-1 e IGF-2, sono proteine in grado di mediare l'invasione del sinciziotrofoblasto, controllare la steroidogenesi, il trasporto di aminoacidi e glucosio all'interno dei villi corionici. Ad oggi il dosaggio della PAPP-A, congiuntamente a quello della beta-hCG e alla misurazione ecografica della Translucenza Nucale tra l’undicesima e la tredicesima settimana di gravidanza, permette di quantificare il rischio di anomalie cromosomiche fetali, in particolare dalla trisomia 21, 13 e 18. Poichè le aneuploidie rappresentano la causa più importante di malformazioni fetali e di morte pre e perinatale, ne possiamo facilmente comprendere l'importanza.

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Figura 2. Meccanismo di azione della PAPP-A.

Per rendere più efficace lo screening, la stima accurata del rischio richiede aggiustamenti nel dosaggio dei due ormoni, che devono essere associati all’età gestazionale, al peso materno, all’abitudine al fumo, al gruppo etnico e alle modalità di concepimento6. Per questo, ogni valore misurato viene convertito in un multiplo della mediana (MoM) atteso per una gravidanza con le stesse caratteristiche. Nelle gravidanze con cariotipo euploide, il valore medio sia di beta-hCG che di PAPP-A è di 1.0 MoM, mentre nelle gravidanze in cui è presente un feto con trisomia 21, il valore medio di beta-hCG è di 2.0 MoM e quello di PAPP-A è di 0.5 MoM7. In caso di trisomie 13 e 18, i valori sierici materni sia di beta-hCG che di PAPP-A sono diminuiti8; nelle anomalie cromosomiche sessuali, infine, i livelli di beta-hCG sono normali e quelli della PAPP-A diminuiti9. Recentemente ai parametri del bi-test, ai markers biochimici ed alla valutazione della Translucenza Nucale, possono essere associati parametri addizionali, quali la presenza dell'osso nasale, la valutazione

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dell'angolo facciale, il reflusso della valvola tricuspide e l'impedenza del dotto venoso, parametri che ci consentono di individuare circa il 97% delle anomalie cromosomiche fin dal primo trimestre con il 2-3% dei falsi positivi. Inoltre, è stata studiata la possibile relazione fra i livelli sierici di PAPP-A ed altre complicanze ostetriche: Pre-eclampsia, Parto Pretermine, feto piccolo per l'età gestazionale e Diabete Gestazionale10.

Per quanto riguarda la Pre-eclampsia, numerosi studi hanno dimostrato il ruolo della PAPP-A come possibile indicatore di rischio11: con l'sFlt1 (inibitore del fattore di crescita vascolare), questa proteina viene prodotta dalla muscolatura liscia dell'endotelio vascolare durante il processo di invasione trofoblastica delle arterie spiraliformi materne. Una bassa concentrazione di PAPP-A ed alti livelli di sFlt-1 sono stati riscontrati nel primo trimestre di gravidanza in donne che successivamente hanno sviluppato Pre-eclampsia. Poichè durante la gravidanza, la PAPP-A circolante è legata al precursore della proteina basica maggiore, molecola in grado di formare un legame covalente con l'angiotensinogeno (aumentato nelle donne con Pre-eclampsia), è probabile che si instauri un' interazione competitiva tra angiotensinogeno e PAPP-A e che i bassi livelli di quest'ultima correlino con una maggior quantità di angiotensinogeno libero in grado di interagire positivamente con il sistema renina-angiotensina-aldosterone (SRAA).

Nello studio condotto da K. H. Nicolaides at al. (2009)12, nel 21.9% delle pazienti con PE precoce e nel 6.5% delle pazienti con PE tardiva, i livelli di PAPP-A sono risultati essere al di sotto del 5° percentile. Tuttavia, il solo dosaggio della PAPP-A non è un metodo di screening efficace, ma deve essere associato ad altri markers: algoritmi che combinano le caratteristiche materne (come etnia, indice di massa corporea, anamnesi remota e familiare), pressione arteriosa media, l’indice di pulsatilità dell’arteria uterina (Uta- PI) ed i test biochimici per il dosaggio della PAPP-A eseguiti durante il primo trimestre (da 11+0 a 13+6 settimane) potrebbero potenzialmente identificare circa 90, 80 e 60% delle

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gravidanze che successivamente svilupperanno la Pre-eclampsia precoce (prima delle 34 settimane), intermedia (34-37 settimane) e tardiva (dopo 37 settimane), con un tasso di falsi positivi del 5%.

Non è stato ancora determinato se l’alterata funzione placentare che caratterizza il Diabete Gestazionale sia la causa o l’effetto di bassi livelli di PAPP-A; tuttavia, possiamo dedurre che bassi livelli di questa proteina possano rappresentare un valido fattore di rischio per lo sviluppo di GDM, probabilmente di maggior efficacia se inserita all’interno di uno screening combinato con età (≥40), BMI (≥35 Kg/m²) ed anamnesi positiva per un pregresso GDM13.

Un altro ambito della Medicina Prenatale in cui viene preso in esame il dosaggio della PAPP-A è quello dello screening dei feti SGA, condizione associata ad un aumentato rischio di morte perinatale e morbilità fetale. Come per la Pre-eclampsia, queste gravidanze presentano un' alterata perfusione e funzione placentare sin dal primo trimestre. In diversi studi sono stati confrontati i valori dell’indice di pulsatilità dell’arteria uterina (Uta-PI), della pressione arteriosa media, dei livelli sierici di PAPP-A e beta-hCG, Placental Growth Factor (PLGF), Placental protein 13 (PPI3), A Diseintegrin And Metalloprotease (ADAM 12), Translucenza Nucale (NT), tra un gruppo con SGA e un gruppo di controllo. Nel gruppo di donne nel quale si sviluppava la patologia, i valori di tutti i markers sovra citati erano significativamente ridotti rispetto al gruppo controllo. Tali parametri sono stati associati anche ad alcune caratteristiche materne (etnia, fumo, altezza, peso, ricorso a fecondazione assistita, ipertensione arteriosa e pregresso episodio di SGA14). Inoltre, è stato osservato che la differenza tra Uta-PI, livelli sierici di PAPP-A, PLGF, PP13 e ADAM 12 tra il gruppo-SGA e il gruppo non-SGA erano maggiori in quel sottogruppo in cui il parto è avvenuto prima delle 37 settimane. E' stato quindi dimostrato che l’associazione tra i valori biochimico-fisici materni potrebbe migliorare la diagnosi

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precoce di SGA nel 73% di quelle gravidanze che richiedono un parto prima delle 37 settimane e nel 46% di quelle che giungono a termine.

Da ricordare è anche il ritardo di crescita intrauterino (IUGR), una tra le maggiori cause non solo di mortalità perinatale e morbilità infantile, ma anche di sviluppo di patologie cardiovascolari e metaboliche nell'età adulta15. Alla base di tale patologia potrebbe risiedere un' alterazione dell'equilibrio materno-fetale con insufficiente passaggio di ossigeno e nutrienti attraverso la placenta (escludendo le cause di IUGR fetali, come anomalie cromosomiche e genetiche o infezioni virali responsabili di un'ipoplasia cellulare16). Anche in questo caso, bassi livelli di PAPP-A erano associati ad un aumento del rischio relativo di IUGR e basso peso alla nascita (LBW)15; per ottenere una maggior sensibilità diagnostica è importante considerare questa proteina non come marker unico (sensibilità 16-22% se <0,5 MoM, specificità 86%), ma piuttosto da combinare ad altri parametri biochimici.

Infine, la correlazione tra Parto Pretermine e bassa PAPP-A risiederebbe sia nell'aumentata incidenza di complicanze ostetriche, a loro volta responsabili della prematurità, sia nella bassa biodisponibilità di IGF, in particolar modo di IGF-2, cui conseguirebbe un'inefficace sviluppo placentare per il mancato stimolo all'invasione trofoblastica della decidua materna (soprattutto in caso di PPROM-Premature Preterm Rupture of Membranes17).

1.2 Beta-hCG

La Gonadotropina Corionica Umana (hCG) è una glicoproteina di 38 kd costituita da due subunità, alfa e beta, legate tra loro non covalentemente; la prima è analoga a quella di FSH e LH, mentre la seconda è esclusiva di questo ormone (beta-hCG)18. Prodotta dal sinciziotrofoblasto, aumenta di concentrazione durante l'arco della gravidanza per raggiungere un picco a 60-90 giorni di gestazione, cui seguono una fase di plateau e

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successivamente di declino fino al momento del parto19. Tale ormone agisce stimolando la produzione di progesterone interagendo con i recettori LH/ hCG. Il suo dosaggio viene utilizzato principalmente nella diagnosi, monitoraggio e follow-up di patologie legate alla gravidanza, nello screening prenatale per le anomalie cromosomiche e nei tumori ginecologici.

1.3 Body Mass Index

Il Body Mass Index (BMI-Indice di massa corporea) rappresenta uno degli indici più utilizzati nella pratica clinica, specialmente nella valutazione dello stato nutrizionale del paziente; esso esprime il rapporto tra il peso del soggetto, espresso in Kg, e la sua altezza, espressa in m2. Tra le patologie della gravidanza con cui mostra maggior correlazione ricordiamo il GDM: un BMI>30 si associa ad un'incidenza di malattia da 1,4 a 20 volte maggiore rispetto alla popolazione generale20.

BMI (Kg/m2) <18,5 18,5-24,9 25-29,9 30-34,9 35-39,9 =>40 Sottopeso Normopeso Sovrappeso Obesità (1° grado) Obesità (2° grado) Obesità (3° grado)

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2. IL PARTO PRETERMINE

Si definisce Parto Pretermine il parto che insorge prima della 37° settimana di gestazione (259° giorno) a partire dalla data dell'ultima mestruazione21.

Si stima che in tutto il mondo nascano ogni giorno più di 41.000 neonati pretermine22, pari a circa il 10% di tutte le nascite23.

Negli ultimi vent'anni abbiamo assistito ad un continuo incremento del tasso di prematurità (pari a circa 33% dal 1981 al 2006)21; negli Stati Uniti, si è passati dal 9,1% del 1981 al 12,3% del 200324, per poi salire nel 2008 al 12,5%25(Figura 3) per un totale di circa 500.000 neonati all'anno26.

L'incidenza in Europa è dell'8%, mente in Italia di poco inferiore al 7%27.

Tale condizione rappresenta la principale causa di morbidità e mortalità perinatale28, nonché di compromissione neurologica a lungo termine29, con una spesa di oltre 26 miliardi di dollari l'anno nel solo sistema sanitario statunitense30. Il peso sociale ed economico del quadro è tale da essere giunti a considerare la prematurità come una priorità nella salute pubblica30. Sulla base dell'epoca gestazionale raggiunta al momento del parto, possiamo riconoscere diversi gradi di prematurità31:

 estrema (extreme-preterm), prima delle 28 settimane di gestazione;  severa (very-preterm), tra la 28° e 31+6 settimane;

 moderata (moderate-preterm), tra la 32° e 33+6 settimane;

 tardiva (late-preterm o near-term), oltre la 34°, ma prima della 37° settimana. Le ultime due classi ricoprono circa l'85% dei casi ed i late-preterm rappresentano il gruppo più numeroso (sfiorano da soli il 74%), il cui costante e rapido incremento è il principale responsabile del crescente tasso di prematurità32(Figura 3 e 4).

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Figura 3. Trends di prematurità negli Stati Uniti dal 1990 al 2008: sull'asse delle ascisse è riportato l'anno di riferimento, in ordinata la percentuale dei nati vivi prematuri. Abbiamo inoltre suddiviso i neonati in tre gruppi in base all'età gestazionale (sotto 32 settimane, tra 32 e 33, tra 34 e 36).

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Malgrado ciò, massima attenzione è sempre stata posta verso il neonato extreme e very-preterm e le complicanze che tale condizione comporta, sottovalutando le altre classi, soprattutto il late-preterm, considerato al pari del neonato a termine e per questo spesso escluso da programmi di follow-up a lungo termine33. Recenti studi, però, hanno dimostrato come l'incidenza di mortalità e morbidità sia a breve che a lungo termine sia significativamente aumentata in questa classe di neonati rispetto ai maturi34: a breve termine si riscontra un netto aumento nel tasso di mortalità neonatale (entro il 28° giorno di vita extrauterina), di Sindrome da Distress Respiratorio con necessità di ricorrere a tecniche di ventilazione assistita, emorragia intraventricolare, infezioni, ipotermia, ipoglicemia, enterocolite necrotizzante e problemi nutrizionali34.

A lungo termine si evidenzia un incremento della mortalità infantile (entro il primo anno di vita), circa 4 volte maggiore rispetto ai neonati a termine35, nonché un'importante compromissione dal punto di vista neurologico: disturbi cognitivi, comportamentali e socio-emozionali, problemi scolastici con difficoltà d'apprendimento e necessità di percorsi di sostegno (ben evidente soprattutto nei primi cinque anni di vita), schizofrenia, grave ritardo mentale sino alla paralisi celebrale infantile36. Non sembrerebbe esservi associazione significativa con l'autismo32.

Inoltre, malgrado presentino un accrescimento iniziale più veloce rispetto ai maturi, si riscontra un rischio nettamente maggiore di arresto della crescita e sottopeso nei primi 2 anni di vita, cui conseguirebbero severe morbidità durante l' adolescenza e disturbi cronici nell'età adulta37.

Alla luce di tutte queste informazioni, risulta quindi evidente l'importanza della corretta gestione delle future madri a rischio prematurità vicino al termine di gravidanza21.

In base al peso raggiunto dal neonato al momento della nascita, si distinguono:

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 neonati VLBW (Very Low Birth Weight), con peso compreso tra 1001 e 1500 gr;  neonati ELBW (Extremely Low Birth Weight), di peso inferiore o pari a 1000 gr. Infine, considerando il peso del neonato rispetto all'epoca gestazionale, eventualmente in associazione ad altri parametri antropometrici, come lunghezza e circonferenza cranica, parleremo di neonato:

 AGA (Appropiate for Gestational Age), il cui peso (e/o lunghezza e/o circonferenza cranica) è appropriato per età gestazionale, ovvero compreso tra il 10° e il 90° centile;

 SGA (Small for Gestational Age), il cui peso (e/o lunghezza e/o circonferenza cranica) è basso per età gestazionale, ovvero al di sotto del 10°centile;

 LGA (Large for Gestational Age), il cui peso (e/o lunghezza e/o circonferenza cranica) è elevato per età gestazionale, ovvero al di sopra del 90° centile.

2.1 Fisiopatologia

Il Parto Pretermine non è un'entità singola a se stante, ma piuttosto il risultato finale di un insieme eterogeneo di fattori predisponenti sia materni che fetali; andando a considerare esclusivamente gravidanze singole, si riscontra che i 2/3 circa di tutte le nascite premature sono spontanee, spesso senza causa nota, mentre il 1/3 rimanente è riconducibile ad interventi medici volti a proteggere la salute della madre e/o del nascituro38.

Il parto pretermine può essere così classificato:

 40-50 % dei casi spontaneo e a membrane integre;

 30-40% dei casi spontaneo con PROM (Premature Rupture of Membranes);  20% dei casi iatrogeno (induzione o taglio cesareo).

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modo di grado moderato e tardivo (Figura 3), non siano chiare, diverse sono le

spiegazioni proposte39:

un più accurato monitoraggio della gravidanza, con attenta valutazione dei rischi materno-fetali e con l'identificazione precoce di gravidanze a rischio a specifico da inviare in percorsi assistenziali dedicati, nonché un maggior numero di induzioni elettive e tagli cesarei per ridurre possibili outcomes avversi materni e/o fetali;

un aumento dell'età materna (in media oltre i 35 anni), a sua volta associato ad un tasso maggiore di complicanze ostetriche;

un incremento delle gravidanze multiple.

I principali fattori di rischio (riassunti in Tabella 2) possono essere distinti e classificati in tre categorie principali :

1. fattori materni preconcezionali; 2. fattori associati alla gravidanza; 3. fattori biochimico-genetici.

Tra i principali fattori di rischio appartenenti alla prima categoria, ricordiamo:

• età materna – il rischio di prematurità è particolarmente elevato al di sotto dei 20 e al di sopra dei 35 anni, crescendo proporzionalmente alla riduzione dell'età nel primo caso e all'aumento della stessa nel secondo; i tassi più bassi sono rigistrati tra i 21 e 34 anni (Figura 5). Nelle donne più anziane il fenomeno si spiega sia per l'aumentata prevalenza di comorbidità in grado di influenzare negativamente la gravidanza, come diabete ed ipertensione, sia per un maggior numero di gravidanze multiple, a loro volta riconducibili al ricorso a tecniche di procreazione assistita e ai valori più elevati di FSH40. Nelle giovani, invece, il ruolo giocato dall' immaturità biologica, dal basso status socio-economico e da comportamenti a rischio, come l'uso di tabacco ed alcool, sembrerebbero essere i principali

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determinanti41. Dagli anni '90 ad oggi un ruolo sempre maggiore è stato ricoperto dalle gestanti ultra 35enni e sempre meno dalle teenagers42;

Figura 5. Percentuale dei moderate (in marrone) e dei late-preterm (in blu) per fasce di età materna.

• etnia – le madri non-Ispaniche nere sono le più colpite (11,3% dei casi), seguite in ordine decrescente dalle Indiane Americane e native dell'Alaska (9,7%), dalle Ispaniche (8,8%), dalle non-Ispaniche bianche (8,2%) ed infine dalle Isolane Asiatiche o del Pacifico (7,9%)43(Figura 6). Ciò è probabilmente legato a fattori genetici di suscettibilità e predisposizione, ad una diversa prevalenza di comorbidità, all'effetto dei principali determinanti di salute sociali come povertà, stress psicologico ed ambiente, nonché a differenze nella possibilità di accesso alle cure sanitarie e nella qualità delle stesse44;

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Figura 6. Percentuale dei moderate ( in blu) e late-preterm (marrone) per etnia materna.

• basso status socio-economico45;

• stato nutrizionale – carenza di ferro, folati e zinco correlano con la prematurità, così come un basso peso pregravidico ed uno scarso aumento ponderale in corso di gravidanza 46;

• stress – condizioni di stress materno psicologico, sociale e fisico sembrerebbero aumentare il rischio di prematurità per produzione di mediatori come il CHR (Corticotropin Releasing Hormone)47, prostaglandine ed ossitocina48;

• tabagismo – il fumo di tabacco si associa a Parto Pretermine e IUGR conseguentemente al rilascio di potenti vasocostrittori, come nicotina e monossido di carbonio, responsabili dell'alterata placentazione con riduzione del flusso utero-placentare49;

• sostanze d'abuso – cocaina, alcool, oppiacei e benzodiazepine sono i prodotti principalmente coinvolti, spesso responsabili di crisi di astinenza neonatali;

• malattie sistemiche – tireopatia, asma, diabete ed ipertensione tra le più frequenti; • infezioni locali o sistemiche – batteriuria asintomatica, pielonefrite, polmonite,

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Particolare importanza è ricoperta dalle informazioni ricavabili dall'anamnesi ginecologica ed ostetrica della paziente, come:

• storia di abortività, mortalità perinatale, Parto Pretermine precedente – quest'ultimo elemento sembrerebbe essere il più rilevante con rischio di ricorrenza tra il 15 e il 50%, proporzionalmente a numero e grado di prematurità51;

• patologia uterina/ chirurgia pregressa – fibromiomatosi, funneling, malformazioni uterine o interventi come conizzazione e miomectomia52;

• intervallo tra le gravidanze – il rischio aumenta di almeno due volte se a meno di 6 mesi di distanza l'una dall'altra53.

I fattori di rischio associati alla gravidanza comprendono:

• infezioni intrauterine – il patogeno principalmente coinvolto è Mycoplasma54, le cui endossine innescano un' imponente attivazione del sistema immunitario e della cascata infiammatoria; le citochine, in particolar modo, stimolano la produzione di prostaglandine ed enzimi degradanti la matrice, a loro volta responsabili dell'insorgenza di contrattilità uterina e di PPROM (Premature Preterm Rupture of Membranes- come conseguenza della digestione della matrice extracellulare nelle membrane fetali)55;

• vaginosi batterica – per ascesa dei microorganismi nella cavità uterina con infezione in situ prima o nelle fasi precoci di gravidanza56;

• accorciamento/ insufficienza cervicale – durante il travaglio di parto la cervice uterina va incontro a tutta una serie di modificazioni fisiologiche: si accorcia ed ammorbidisce, si dilata e ruota anteriormente. Se tali alterazioni si dovessero realizzare precocemente in corso di gravidanza, aumenterebbe il rischio di incompetenza cervicale e, di conseguenza, di Parto Pretermine; particolarmente indicativo è un accorciamento del collo uterino al sotto dei 2,5 cm all'ecografia

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endovaginale57;

• sanguinamento vaginale – qualsiasi tipo di sanguinamento si associa ad un aumento del rischio di prematurità: le forme tardive ed associate a placenta previa o rottura di placenta sono condizioni critiche, mentre meno significative sono le perdite del primo e secondo trimestre di gravidanza senza alterazione della placentazione58;

• gravidanza multipla – dagli anni '90 ad oggi abbiamo assistito ad un importante aumento del numero di gravidanze bi-multigemellari, riconducibile all'aumento dell'età in cui la donna ricerca la gravidanza e al ricorso di tecniche di fecondazione assistita (responsabili del 48% circa dei casi). Il tasso di prematurità in corso di gravidanza singola è, infatti, aumentato del 14,7%, mentre nelle gemellari si raggiunge quota 27,4%26;

• placenta previa/ distacco di placenta; • polidramnios;

• procreazione assistita – l'uso di queste tecniche si associa ad un rischio maggiore di Parto Pretermine, sia conseguente alla bi-multigemellarità, che in corso di gravidanza singola; in quest'ultimo caso le ragioni risiederebbero, non tanto nella tecnica in sé, quanto nelle ragioni biologiche dell'infertilità materna59;

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Fattori di rischio preconcezionali: Età

Etnia

Basso status socio-economico Stato nutrizionale

Stress Tabagismo

Sostanze d' abuso Malattie sistemiche

Infezioni locali o sistemiche Parto Pretermine precedente

Patologia uterina/ chirurgia pregressa Intervallo tra le gravidanze

Fattori di rischio associati alla gravidanza: Infezioni intrauterine

Vaginosi batterica

Accorciamento/ incompetenza cervicale Sanguinamento vaginale

Gravidanza multipla

Placenta previa/ distacco di placenta Polidramnios

Procreazione assistita

Malformazioni congenite e cromosomopatie

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Tra i principali markers biochimici, infine, ricordiamo la fibronectina fetale, il cui riscontro nel fluido cervico-vaginale rappresenta il principale predittore di parto pretermine61; si tratta di una glicoproteina che agisce da collante all'interfaccia materno-fetale, normalmente assente nel tampone vaginale dalla 24° settimana di gestazione fino al termine della gravidanza. La presenza di questa molecola nel fluido materno è espressione dello scollamento dell'interfaccia conseguente allo stress meccanico indotto dalle contrazioni uterine precoci, siano queste ultime sintomatiche o meno; la positività del test esprime, quindi, un elevato rischio di Parto Pretermine nelle due settimane successive all'esecuzione del test stesso.

2.2 Eziopatogenesi

Il Parto Pretermine presenta eziopatogenesi complessa e multifattoriale.

Generalmente si associa ad alcune condizioni chiave strettamente associate tra loro (come mostrato in Figura 7), quali:

➢ incompetenza cervicale;

➢ evento infettivo cervico-vaginale o endouterino (per via ascendente o ematogena);

➢ PROM;

➢ ipossia utero-placentare (come in caso di IUGR e PE); ➢ stress materno-fetale;

➢ sovradistensione uterina (come in caso di gemellarità e polidramnios).

In quest'ultimo caso, la prematurità sarebbe riconducibile ad un processo di “overstretching” dell'utero e delle membrane fetali con scollamento e danno della giunzione deciduo-coriale, a sua volta responsabile del rilascio di mediatori pro-infiammatori come PGE2, IL-8 e collagenasi62. Le prostaglandine, in particolar modo,

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stimolano l'attività contrattile uterina, mentre le proteasi sono responsabili delle modificazioni a carico della cervice e della rottura delle membrane. Un meccanismo analogo si realizza in caso di ipossia utero-placentare, in cui viene stimolata al produzione deciduale e placentare di varie sostanze uterotoniche e in condizioni di forte stress materno, in cui si riscontra un aumento di CRH e cortisolo, ormoni in grado di stimolare direttamente il miometro ed indurre la sintesi di prostaglandine.

In caso di infezione, invece, si assiste alla produzione di citochine proinfiammatorie da parte del Sistema Immunitario, di metalloproteasi che digeriscono la matrice extracellulare causando PROM, nonché di prostaglandine da parte dell'agente patogeno stesso (in caso di batteri produttori di fosfolipasi A2 che, a partire dai fosfolipidi di membrana, ne sintetizzano il precursore, l'acido arachidonico) (Tabella 3).

L'incompetenza cervicale, infine, espone le membrane all'infezione e ne causa un eccessivo stiramento.

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Agente eziologico Prevalenza Rischio trasmissione Vie trasmissione Mycoplasma hominis 20,00% _ Ascendente,

intra-partum Ureaplasma urealyticum 60,00% _ Ascendente, intra-partum Gardnerella vaginalis e anaerobi 10-15,00% _ Ascendente, intra-partum Streptococco B 2-30,00% 30-70,00% Ascendente, intra-partum Chlamydia trachomatis 2-13,00% 40-50,00% Ascendente, intra-partum Listeria monocytogenes _ _ Transplacentare, ascendente, intra-partum

Tabella 3. Principali agenti eziologici di infezione intrauterina.

2.3 Parto Pretermine Spontaneo

In caso di Parto Pretermine Spontaneo, la paziente presenta tipica sintomatologia dolorosa, caratterizzata da crampi di tipo mestruale in sede sovrapubica, fissi o intermittenti, premito (descritto dalla donna “come se il bambino pesasse o spingesse”), dolore lombo-sacrale sordo e crampi addominali associati o meno a diarrea. Riscontriamo, inoltre, la comparsa di contrazioni uterine, dolorose o meno, ed importanti modificazioni della leucorrea (acquosa o mucosa, chiara o ematica) fino alla franca perdita di liquido dalla vagina. Per porre diagnosi è necessario che siano soddisfatti alcuni criteri di riferimento, come:

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documentata con tracciato cardiotocografico;

• dilatazione cervicale oltre i 2 cm o collo in via di appianamento o comunque con modificazioni sostanziali rispetto al controllo precedente;

• accorciamento del collo al di sotto dei 3 cm documentato all'ecografia transvaginale (specialmente nelle pazienti sintomatiche dove ha un basso valore predittivo positivo, ma alto valore predittivo negativo);

• test alla fibronectina positivo.

2.4 Parto Pretermine Iatrogeno

Il taglio cesareo e l'induzione di parto sono manovre medico-chirurgiche messe in atto per tutelare la salute del feto (ad esempio affetto da grave IUGR), della madre (ad esempio con nefropatia ingravescente) o di entrambi (ad esempio nella Pre-eclampsia).

2.4.1 Taglio cesareo

Malgrado sia improbabile che Giulio Cesare fosse effettivamente nato con la procedura che porta il suo nome, il taglio cesareo (TC) è noto da più di 2000 anni63. Rappresenta il più comune intervento di chirurgia maggiore negli Stati Uniti, ricoprendo il 32,9 % di tutte le nascite64. Dagli anni '90 ad oggi abbiamo assistito ad un continuo aumento del tasso di TC in ogni paese del mondo per qualsiasi etnia, fascia d'età ed epoca gestazionale65.

In accordo con i dati del CDC/NCHS (Centers for Disease Control and Prevention National Center for Health Statistics), infatti, dal 1996 al 2009 ogni gruppo di età ed etnia materna analizzato presenta un incremento di almeno il 50% (Figure 8 e 9). Nel primo caso, esso è tanto maggiore quanto più avanzata è l'età materna, con valore massimo tra i 40 e 54 anni, mentre nel secondo la percentuale più alta si registra nelle donne non

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Ispaniche nere (35%) e la più bassa nelle Indiane Americane e Native dell'Alaska (28%)65.

Figura 8. Percentuali di TC per fasce di età materna (secondo i dati del CDC/NCHS).

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Il TC è inoltre aumentato per ogni epoca gestazionale, del 36% circa per gli early-preterm e del 50% per i late-preterm e neonati a termine; secondo le casistiche del CDC NCHS rappresenta il 54% di tutte le nascite tra gli early preterm, il 42% tra i late ed il 31% tra i nati a termine66.

Le principali indicazioni ostetriche e materne al TC sono riportate nelle tabelle sottostanti (Tabelle 4 e 5).

Indicazioni ostetriche Prima del travaglio di parto (%) Intrapartum (%)

Distocia67 2 47 Malpresentazione 67 17 7,5 Disordini ipertensivi 3,1 1,6 Macrosomia (P> 4500 gr) )68 3,3 1,2 Gravidanza multipla69 2,8 0,8 Altro: malformazioni fetali70

segni di sofferenza fetale grave IUGR71

placenta previa-accreta vasa previa

prolasso di funicolo

< 2 <2

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Indicazioni mediche materne Infezioni perinatali:

HIV con carica virale sconosciuta o sopra 1000 copie/ml72 HSV con prodromi o lesioni genitali attive73

Disordini pelvici o del tratto genitale :

infezione da HPV vaginale o cervicale (florido o struente) tumore della cervice

ostruzione fibrosa

mal posizionamento pelvico post-frattura Pregressa miomectomia

Malattie vascolari: aneurisma celebrale

dilatazione aortica (> 4 cm con S. Marfan) dissecazione

Tabella 5. Indicazioni mediche materne al TC.

2.4.2 Induzione di parto

Rappresenta una delle procedure più comuni in ambito ostetrico, con un tasso in continua crescita in tutte le età gestazionali; nel 1981 gli USA registravano una percentuale del 9% circa, più che duplicata negli ultimi trent'anni (oltre il 22% )74.

Le principali indicazioni e controindicazioni sono riportate nelle tabelle sottostanti

(Tabelle 6 e 7). I metodi di induzione del parto possono essere distinti in metodi meccanici

e farmacologici; la scelta dell'uno piuttosto che dell'altro dipende da molteplici fattori tra cui la parità materna, la presenza o meno di cicatrici uterine ed il responso del “ Bishop Score System” ( Tabella 8). Quest'ultimo rappresenta il sistema più utilizzato per predire la risposta all'induzione alla luce dell'estrema importanza ricoperta dalla maturità o

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“ripening” cervicale: più il punteggio è basso, più il tasso di fallimento della procedura aumenta. Le nullipare con score pari o inferiore a 3 hanno un rischio 23 volte maggiore di fallimento e 4 volte maggiore di ricorso al taglio cesareo rispetto alle nullipare con un punteggio almeno pari a 4; allo stesso modo per le multipare, con un rischio 6 e 3 volte superiore rispettivamente75. In questi casi è quindi indicato preparare il collo dell'utero con metodi meccanici (come il catetere di Foley76e lo scollamento delle membrane77) o farmacologici (come l'uso di prostaglandine78) prima dell'induzione vera e propria, al fine di ottenere una maggior percentuale di successo.

Negli altri casi, invece, è possibile procedere direttamente con l'induzione mediante oxitocina79(particolarmente indicata se lo score è maggiore di 6, espressione di facile inducibilità) o prostaglandine80(se lo score è al di sopra di 3, ma sotto 6).

Indicazioni

Disordini ipertensivi della gravidanza PROM

Infezione intra-amniotica IUGR

Isoimmunizzazione Morte fetale intrauterina Gravidanza post-termine Complicanze mediche materne Fattori logistici ed induzione elettiva

Tabella 6 . Principali indicazioni all'induzione di parto. Si segnala come i disordini ipertensivi della gravidanza e PROM ricoprono da soli circa l'80% dei casi.

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Controindicazioni Assolute Placenta previa

Vasa previa Feto trasverso Prolasso di funicolo

Infezione herpetica genitale Pregresso taglio cesareo Controindicazioni Relative Gravidanza multipla Polidramnios

Disturbi cardiaci materni Grande multiparità Presentazione di podice

Parte presentata al di sopra dell'ingresso pelvico

Tabella 7. Controindicazioni assolute e relative all'induzione di parto.

Parametri Punteggio 0 1 2 3

Posizione della cervice posteriore medio-posteriore

anteriore

-Consistenza della cervice dura media morbida

-Livello della parte presentata (rispetto alla spina ischiatica)

- 3 cm - 2 cm -1/0 cm +1/+2 cm

Dilatazione cervicale 0 cm 1-2 cm 3-4 cm 5-6 cm

Accorciamento cervicale 0-30% 31-50% 50-80% >80%

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2.5 Trattamento

Cardine del trattamento del PP Spontaneo è la tocolisi, metodica che consente di inibire le contrazioni uterine e prolungare la gravidanza al fine di intraprendere una terapia costicosteroidea che promuova la maturazione polmonare del feto e di predisporne il trasporto in utero verso centri di terapia intensiva neonatale di riferimento (TIN). Tra i farmaci tocolitici ricordiamo i beta-agonisti adrenergici come la Ritodrina, i calcio-antagonisti, gli inibitori della sintesi di prostaglandine, gli antagonisti dell'ossitocina ed il solfato di magnesio, quest'ultimo particolarmente indicato nel sospetto o certezza di Pre-eclampsia81.

I beta-agonisti adrenergici, noti anche come beta-mimetici, inibiscono le contrazioni del miometrio grazie ad una cascata di eventi intracellulari mediata dalla loro interazione con i recettori beta 1 localizzati sulla membrana delle cellule muscolari lisce uterine. Tuttavia particolare attenzione deve essere posta verso i possibili effetti collaterali materni: dal punto di vista cardiovascolare si riportano aritmie, soprattutto tachicardia, caduta delle resistenze vascolari periferiche con conseguente ipotensione, stimolazione del sistema renina-aldosterone con ritenzione idro-salina e, più raramente, edema polmonare acuto, principale causa di mortalità materna. Tra gli effetti metabolici principali ricordiamo turbe elettrolitiche (in primis ipokaliemia) ed iperglicemia, con particolare rischio di chetoacidosi nelle pazienti diabetiche; nausea, vomito, alterazioni della transaminasi sono piuttosto frequenti. Effetti collaterali analoghi sono riportati nel feto e nel neonato81. Anche i calcio-antagonisti, come la nifedipina, presentando effetti collaterali simili, soprattutto di tipo ipotensivo con episodi ischemici cardiaci e celebro-vascolari81.

Gli inibitori della sintesi delle prostaglandine, come l'Indometacina, si associano ad oligoydramnios come conseguenza del ridotto output urinario fetale da ipoperfusione renale; si ricorda, inoltre, di non somministrarli dopo la 32° settimana di gestazione perché

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responsabili della mancata chiusura del dotto di Botallo dopo la nascita81.

Gli antagonisti dell'ossitocina, come Atosiban, agiscono bloccando i recettori ossitocinici sia a livello del miometrio che della decidua uterina; poiché sono in grado di antagonizzare anche i recettori della vasopressina, da cui scaturiscono i principali effetti collaterali, questi farmaci risultano ben tollerati sia dalla madre che dal feto81.

Per prevenire la Sindrome da Distress Respiratorio, tra la 24° e la 34° settimana di gestazione, si possono somministrare corticosteroidi, in particolar modo quelli fluorurati, in grado di permeare facilmente attraverso la barriera placentare82.

La terapia antibiotica è indicata solo nei casi di PROM, infezione materno-fetale e prevenzione dell'infezione neonatale da streptococco beta-emolitico83.

Un semplice accenno al cerchiaggio cervicale, metodica eseguita sia a scopo profilattico in pazienti con fattori anamnestici o alterazioni cervicometriche suggestive, sia in condizioni di emergenza (di fronte ad un collo uterino dilatato)84. Frequente è l'insorgenza di complicanze come lo scatenamento di contrazioni uterine da aumentata sintesi di prostaglandine, l'accidentale lesione delle membrane (PROM iatrogena) ed infezioni85.

2.6 Complicanze

Come già accennato in precedenza, la prematurità rappresenta il principale responsabile di mortalità e morbidità perinatale 28,29.

2.6.1 Mortalità

Malgrado i progressi degli ultimi decenni nella gestione sia del feto (uso di surfattante e steroidi pre-partum) che del neonato (TIN), la prematurità rappresenta la causa più comune di morte neonatale, colpendo circa 3,1 milioni di bambini per anno31. Il tasso di

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sopravvivenza è molto mutevole nelle aree nel mondo, in particolar modo tra i paesi ad alto e basso reddito: nei primi circa il 50% dei nati a 24 settimane e il 90% dei nati a 28 settimane sopravvivono; nei paesi a basso reddito, invece, si raggiunge quota 50% solo se si considera un' età gestazionale pari o superiore a 34 settimane31. Il tasso di mortalità cresce con il ridursi dell'età gestazionale (Figura 10): percentuali drammatiche si registrano negli extreme-preterm, seguiti con valori decisamente inferiori dai very-preterm; i moderate e late-preterm presentano rispettivamente un tasso 8 e 3 volte maggiore rispetto al neonato a termine86. Nel 2002, si registrava un tasso di mortalità neonatale (dal giorno 0 al 28° di vita) 4,6 volte maggiore nel pretermine rispetto al neonato maturo87, così come un più elevato tasso di mortalità infantile (dal 29° giorno al primo anno di vita)88. Diversi studi hanno inoltre evidenziato come in queste ultime due classi di prematuri, il Parto Pretermine su indicazione medica o associato a complicanze ostetriche (ad esempio oligo/polidramnios ed incompetenza cervicale) si associa ad un rischio di mortalità neonatale due volte maggiore rispetto a quello spontaneo89.

Figura 10. Mortalità infantile: in ascissa sono riportate le settimane di gestazione, in ordinata le morti per 1000 prematuri nati vivi.

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2.6.2 Morbidità

Il pretermine presenta un maggior rischio di complicanze sia a breve che a lungo termine rispetto al neonato maturo28,2990. Sebbene ciò fosse universalmente riconosciuto per i gradi di prematurità più severa, scarsa attenzione veniva riposta nei confronti dei nati oltre le 34 settimane di gestazione, chiamati “near term”, in quanto si riteneva che fossero soggetti a rischi e complicanze analoghi a quelli del neonato a termine. Per enfatizzare la vulnerabilità e la sottostima del rischio in questa categoria, nel luglio 2005 il “National Institute of Child Health and Human Developement” ha introdotto la più corretta denominazione di “late-preterm”91. Come dimostrato da molteplici studi, infatti, questi neonati hanno un maggior rischio di complicanze sia neonatali che a lungo termine se paragonati ai maturi71 (Tabella 8).

Complicanze a breve termine

Subito dopo il parto, frequente è l' insorgenza di problematiche respiratorie su base infettiva e non92 (67% circa nell'extreme-preterm e 37% nel very-preterm90), come la Sindrome da Distress Respiratorio (RDS), l'insufficienza respiratoria, la tachipnea transitoria del neontato (TTN) e le apnee; ciò è legato al fatto che la maturazione polmonare si completa tardivamente nell'arco della gravidanza.

La RDS, nota anche come “ Malattia delle membrane ialine “, rappresenta il principale disturbo respiratorio del pretermine, legato ad assenza o deficit del surfattante polmonare93, una sostanza tensioattiva prodotta dai pneumociti tipo II, fondamentale nel prevenire fenomeni di collabimento alveolare. In questi neonati, quindi, si assiste al collasso dei piccoli spazi aerei, in cui si accumulano materiale proteinaceo-essudativo e detriti cellulari con riduzione della capacità polmonare totale. La clinica è suggestiva: tachipnea, tempo espiratorio prolungato, alitamento delle pinne nasali, retrazioni

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(giugulari e costali), gemito e cianosi. L'incidenza del fenomeno è inversamente proporzionale all'età gestazionale: se confrontati con i neonati di 38-40 settimane, nei nati a 37 vi è un rischio due volte maggiore di dover ricorrere ad ossigenoterapia e ventilazione meccanica, per passare ad un rischio 5 e 9 volte superiore nei nati di 36 e 35 settimane rispettivamente91. Altri fattori di rischio sono stati identificati, come il sesso maschile, l'etnia bianca, la gemellarità in monozigosi piuttosto che in eterozigosi, la presenza di complicanze ostetriche (ad esempio corioamnioite, ipertensione, PROM, oligo/ polidramnios, patologia placentare) ed infine la familiarità, specialmente se riconducibile a mutazioni dei geni coinvolti nella produzione/ metabolismo del surfattante stesso67. Molteplici sono le possibili complicanze: pneumotorace, pneumopericardio e pneumomediastino, stenosi tracheale, enfisema, displasia bronco-polmonare (BPD) ed ipertensione polmonare persistente (PPHN)94. Il quadro può evolvere verso l'insufficienza respiratoria che, oltre al Distress, è generalmente riconducibile a Sindrome da aspirazione di meconio e polmonite/ sepsi; si stima che la frequenza di tali condizioni sia del 43%, 9,7% e 8,3% rispettivamente nei nati tra 37-42 settimane, mentre del 62%, 1,3% e 8% in quelli tra 35 e 36 settimane, ad indicare il ruolo chiave giocato dal Distress nel prematuro91. La mortalità, infine, aumenta ad ogni settimana di riduzione dell'età gestazionale al di sotto delle 37 (0,06 neonati per 1000 nati vivi a 36 settimane, 0,11 a 35, 0,26 a 34, 0,44 a 33 per salire drammaticamente a 3,09 a 28-32 settimane)92.

La tachipnea transitoria del neonato rappresenta il principale disturbo respiratorio del late-preterm; è una condizione generalmente benigna ed autolimitantesi caratterizzata da aumento della frequenza respiratoria per inadeguata/ ritardata clearance ed accumulo di liquido polmonare. La mancata compressione della gabbia toracica, l'assenza di stress e la risposta ad esso conseguenti al travaglio di parto, potrebbero spiegare l'aumentata incidenza nei nati da taglio cesareo95.

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Il late-preterm è più frequentemente affetto da apnee, sia di tipo centrale che di tipo periferico (4-7% vs 1-2%96), da reflusso gastro-esofageo97, da episodi di bradicardia98e SIDS (Sudden Infant Death Syndrome)99.

Dal punto di vista cardiovascolare i neonati ELBW presentano spesso pervietà del Dotto di Botallo con alterazioni emodinamiche significative (da shunt sinistro-destro) e necessità di intervento medico o chirurgico nel 50% dei casi98.

In questa particolare classe di neonati ricordiamo, inoltre, altre complicanze tipiche come l'emorragia intraventricolare ed handicap neurologici conseguenti, tra cui la sordità (legata anche alla necessità di usare farmaci ototossici), anemia e tendenza al sanguinamento, gravi problemi idro-elettrolitici e nutritivi, retinopatia del prematuro (ROP) ed infezioni. La ROP colpisce circa il 3% degli extreme-preterm, classe a rischio 6 volte maggiore di miopia e ipermetropia; all'età di sei anni, infatti, circa il 25% dei bambini necessitano di occhiali da vista100. La sepsi è la principale causa di morte in questi neonati: nel 5% dei casi è ad insorgenza precoce (< 72 ore di vita), riconducibile ad infezione da streptococco beta-emolitico e corioamnioite, con una mortalità pari al 50% dei casi. La forma tardiva (>72 ore) è ben più frequente (25-50% dei nati), con una mortalità che oscilla dal 20 all'80%, generalmente legata a presidi di supporto neonatale (come linee venose centrali, ventilazione meccanica e nutrizione parenterale)101.

Altre complicanze legate alla prematurità sono:

➢ un più lungo tempo di ricovero nella TIN ed un maggior numero di riammissioni; diversi studi, infatti, hanno dimostrato come il tasso di riospedalizzazione aumenti al decrescere dell'età gestazionale: 3,6 % per i nati a o oltre le 41 settimane, 4,4% tra 38 e 40, 5,6% a 37, per poi salire a 7,3% a 36 settimane, 6,8% a 35, 9,1% e 9,3% a 34 e 33 settimane rispettivamente91. I late-preterm, in particolar modo, presentano un tasso due volte superiore ai neonati a termine; tra le cause, nei primi

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15 giorni dominano ittero, apnee, disidratazione, difficoltà d'alimentazione e mancato incremento di peso, mentre più tardivamente disturbi gastro-intestinali e respiratori91;

➢ encefalopatia ipossico-ischemica (PH dell'arteria ombelicale < 7 con deficit di base = o > 12mmol/L, Apgar = o < a 3 al 5' minuto, encefalopatia neonatale moderata/ severa ed insufficienza multiorgano)102; nel 25% dei casi ne conseguono deficit neurologici e nel 20- 50% exitus;

➢ instabilità termica, per immaturità dei centri di regolazione della temperatura corporea, per una maggior sottigliezza cutanea e per scarso accumulo di grasso (bianco e bruno) e di glicogeno, tipico delle ultime settimane di gestazione103; ➢ iper/ ipoglicemia;

➢ difficoltà nutritive, per incapacità di coordinare suzione, deglutizione e respiro; ➢ ittero: sebbene un lieve ittero sia comune nel 60% dei nati a termine, il prematuro e

soprattutto il late-pretem hanno un rischio 8 volte maggiore di presentare iperbilirubinemia severa (oltre 20 mg/100mL) rispetto ai nati a 41-42 settimane (5,2 % vs 0,7 e 0,6% rispettivamente)104e kernittero (condizione cronica devastante presente nel 40% dei casi85, caratterizzata da paralisi celebrale coreo-atetosica, sordità centrale ad alta frequenza, paralisi dello sguardo verticale ed ipoplasia dello smalto dentale85). Ciò è riconducibile, oltre che all'immaturità epatica, ad una maggior permeabilità della bilirubina non coniugata attraverso la barriera emato-encefalica, alla ridotta capacità legante la bilirubina del siero e all'immaturità dei meccanismi di protezione neonatale104. Fattori di rischio ulteriori sono rappresentati da un inadeguato allattamento al seno, dal sesso maschile e LGA104. In un terzo dei casi si riscontrano sequele come sordità, difficoltà d'apprendimento e paralisi celebrale105; grazie allo sviluppo di strategie, quali fototerapia e

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trasfusione, il rischio si è oggi ridotto a circa il 4%106;

➢ l'enterocolite necrotizzante: condizione pressochè esclusiva del pretermine, si verifica nel 4-7% dei casi ed in circa un neonato su 3 è necessario ricorrere alla chirurgia. Si associa al tasso mortalità più alto tra i pretermine, che oscilla tra il 12 e il 30% 107.

Complicanze a breve termine Late-preterm (%) Term (%) Ittero Sepsi Difficoltà nutritive Ipoglicemia Instabilità termica Apnea Ventilazione meccanica 54 37 32 16 10 6 3,4 38 13 7 5 <0,1 <0,1 0,9

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Complicanze a lungo termine

Le principali complicanze a lungo termine sono quelle riconducibili ad alterazioni del normale neurosviluppo; i fenomeni di accrescimento ed organizzazione del parenchima celebrale (in termini di giri, solchi, arborizzazione dendritica e sinapsi), infatti, si verificano prevalentemente durante le ultime settimane di gestazione108, in associazione ad un processo di maturazione che continua anche dopo la nascita, specialmente nei primi due anni di vita. Tali complicanze sono quindi riconducibili ad un arresto delle fisiologiche tappe evolutive neurologiche con precoce esposizione all'ambiente extrauterino, nonché alle conseguenze che ciò comporta; basti pensare all'insulto arrecato in caso di encefalopatia ipossico-ischemica, sepsi, emorragia celebrale, ipoglicemia ed iperbilirubinemia89. Diversi studi hanno dimostrato come la gravità del quadro cresca al ridursi dell'età gestazionale: i prematuri di 32 settimane hanno outcomes più negativi rispetto a quelli di 3689; i late preterm presentano a loro volta un rischio 2,7-1,6 e 1,5 volte maggiore di sviluppare rispettivamente paralisi celebrale, ritardo mentale e disabilità neurologiche109. Tale rapporto inverso risulta particolarmente evidente in caso di paralisi celebrale110, condizione che affligge lo 0,7% dei moderate-preterm e l' 1% dei late111, per poi salire al 6,2% nei very-preterm e al 14,6% nell'extreme-preterm112. Rilevante è anche la comparsa di epilessia, a sé o associata alla condizione precedente, in circa il 31% dei prematuri105. Una compromissione cognitiva severa è presente in circa il 7% di tutti i pretermine105 e nel 5,3% dei late-pretem107; forme più lievi si riscontrano nel 14% dei casi105 e si apprezzano soprattutto in età scolare. Numerosi studi, infatti, riportano molteplici problematiche durante questo periodo rispetto ai nati a termine107: performance inferiori89, QI<70, difficoltà d'apprendimento108e di linguaggio (scritto, letto e parlato), fino al ricorso di percorsi di sotegno108. Spesso il bambino presenta scarsa coordinazione e difficoltà motorie, 6 volte maggiori dei nati a termine109.

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Disturbi comportamentali sono presenti nel 9,5% dei casi107, spesso associati a disturbi dell'attenzione ed iperattività (2,5-6 volte maggiori se confrontati con i neonati maturi109), socio-emozionali (timidezza eccessiva, ansia, difficoltà di adattamento fino all'isolamento) e psichiatrici (come la schizofrenia, ma non l'autismo) che persistono durante l'adolescenza e persino nell'età adulta107,109.

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3. OBIETTIVO DELLO STUDIO

Come visto precedentemente, il primo trimestre di gravidanza sta assumendo un ruolo di importanza crescente, sia dal punto di vista diagnostico che per il risvolto terapeutico che ne consegue: negli ultimi dieci anni, infatti, il progresso scientifico ha dimostrato come molte patologie gravidiche, importanti sia sul versante fetale che su quello materno, siano potenzialmente diagnosticabili sin da questo periodo di gestazione.

Lo scopo del nostro studio è quello di poter determinare, sin dal primo trimestre e nel contesto di una popolazione non selezionata, l'outcome neonatale nonché l'eventuale comparsa di problematiche materne in gravidanze complicate da Parto Pretermine, basandoci sui dati anamnestici materni, sui parametri antropometrici del feto e sulla biochimica clinica eseguita in occasione del prelievo plasmatico eseguito per lo screening delle anomalie cromosomiche tra l'11° e la 13° settimana. Tutti i parametri esaminati nello studio, quindi, sono ampliamenti utilizzati nella pratica clinica e ricavati di routine durante la visita per il bi-test; essendo già inclusi nei LEA stabiliti dal Sistema Sanitario Regionale, non sono richieste né procedure né costi aggiuntivi rispetto a quelli già previsti per lo screening di anomalie cromosomiche del primo trimestre.

Come discusso in precedenza, la prematurità rappresenta la principale causa di mortalità e morbidità perinatale28,29, con tassi che aumentano sempre più al decrescere dell'età gestazionale67,71. L'identificazione precoce di gravidanze a rischio di complicanze e di PP, consentirebbe di indirizzare tempestivamente le gestanti verso centri di riferimento e percorsi assistenziali mirati, in modo da ridurre non solo la morbidità materna, ma anche e soprattutto morbidità e mortalità perinatale.

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4. MATERIALI E METODI

4.1 Raccolta dati

Lo studio che abbiamo condotto è di tipo retrospettivo, basato su un campione di 98 gravidanze complicate dall'insorgenza di Parto Pretermine in una popolazione non selezionata; di queste, 21 sono gravidanze gemellari per un totale di 119 neonati. Tra tutte le donne che hanno partorito presso la Clinica Ginecologica ed Ostetrica dell'Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana negli anni 2012 e 2013, abbiamo selezionato esclusivamente quelle con nato/i prematuro/i che si sono sottoposte presso la medesima Clinica al test di screening per le anomalie cromosomiche, tra le settimane 11+0 e 13+6 . In occasione di tale test, è stato chiesto alle gestanti di presentarsi la mattina presto, digiune, presso il Servizio di Diagnosi Prenatale della Clinica Ostetrica e Ginecologica per effettuare un prelievo di sangue; questo è stato esaminato dal laboratorio universitario con la strumentazione BRAHAMS KRYPTOR certificata dalla Fetal Medicine Foundation (FMF). I parametri biochimici dosati, Pregnancy Associated Plasma Protein-A (PAPP-A) e Free beta-HCG (beta-hCG), sono stati convertiti in un multiplo della mediana (MoM) con il software ASTRAIA 2.3.2, che utilizza gli algoritmi stabiliti dalla FMF (www.fetalmedicinefoundation.com). Tale conversione consente di ottenere il valore MoM atteso in una gravidanza con caratteristiche analoghe a quella in esame: stessa epoca gestazionale, tipo di concepimento, etnia e peso materno, nonché l'eventuale abitudine al fumo113. Tutti i parametri utilizzati nel nostro studio, quindi, sono già inclusi nei LEA stabiliti dal Sistema Sanitario Regionale in modo da non richiedere costi aggiuntivi rispetto a quelli già previsti per lo screening di anomalie cromosomiche del primo trimestre. Durante la visita, inoltre, venivano raccolti importanti dati anamnestici della gestante: parità e tipo di concepimento, etnia, peso e altezza, abitudine al fumo, presenza

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di patologie ed eventuale trattamento farmacologico in atto, familiarità di primo grado per trisomie e malformazioni strutturali. In caso di multiparità, si interrogava la paziente sul decorso delle gravidanze precedenti, con particolare attenzione verso l'insorgenza di complicanze come Prematurità, Pre-eclampsia, Diabete Gestazionale ed anomalie cromosomico-strutturali.

Tramite i registri della sala parto della Clinica abbiamo raccolto i dati relativi a timing e modalità del parto: quest'ultima comprendeva sia forme spontanee che iatrogene (taglio cesareo ed induzione), mentre l'età gestazionale presentava un range molto ampio, da 26+2 a 36+6 settimane.

Nel reparto di Neonatologia, infine, abbiamo ricavato le informazioni relative alle condizioni cliniche del neonato: presenza di Distress respiratorio ed Apnee, problematiche cardiovascolari, comparsa di sepsi precoce o tardiva, turbe elettrolitiche, ittero ed Apgar al 5° minuto.

4.2 Analisi statistica

I dati raccolti sono stati inseriti in un database Excel 2007 ed analizzati per correggere eventuali errori di immissioni. Lo studio di correlazione tra le variabili è stata affrontato con test del χ², test esatto di Fisher-Irwin, analisi della varianza, regressioni lineari semplici e regressioni lineari multiple a seconda dei casi e delle necessità.

Come variabile dipendente abbiamo esaminato:

➢ insorgenza di complicanze durante la gravidanza, in particolar modo Pre-eclampsia, Diabete Gestazionale, Parto spontaneo e PROM;

➢ modalità e timing del parto;

(43)

Le variabili indipendenti prese in esame sono rappresentate dai dati ricavati in occasione della visita per lo screening delle anomalie cromosomiche del primo trimestre, ovvero:

• PAPPA-A (variabile continua di tipo rapporto, approssimativamente lognormale; è stata pretrattata con una trasformazione logaritmica);

• beta-hCG (variabile continua di tipo rapporto, approssimativamente lognormale; è stata pretrattata con una trasformazione logaritmica);

• Peso (variabile continua di tipo intervallo, approssimativamente normale); • Altezza (variabile continua di tipo intervallo, approssimativamente normale); • BMI (variabile continua di tipo intervallo, approssimativamente normale); • Età' (variabile continua di tipo intervallo, approssimativamente normale);

• Tipo di concepimento (variabile categorica nominale, con tre categorie: normale, ICSI, FIVET; pretrattata codificandola in due dicotomiche);

• Gemellarità (variabile dicotomica); • Parità' (variabile numerica discreta).

(44)

5. RISULTATI

Nelle tabelle sottostanti sono riportati i parametri biochimici e biofisici della popolazione studiata, le principali caratteristiche relative alla gravidanza, nonché a modalità e timing del parto (Tabella 10). Successivamente abbiamo esaminato l'eventuale insorgenza di complicanze durante la gravidanza e nel neonato (Tabella 11).

Variabile esaminata

PAPP-A (MoM) intervallo 0,225- 3,134

Beta-hCG (MoM) intervallo 0,309- 3,294

Peso (Kg) intervallo 45- 120

Altezza (Cm) intervallo 150- 180

BMI (Kg/m2) intervallo 16,9- 43,5

Età materna intervallo 21- 48

Parità 0 1 >1 n=58 n=32 n=8 Tipo di concepimento Spontaneo

FIVET/ICSI

n=81 n=17 Tipo di gravidanza Singola

Gemellare

n=77 n=21 Modalità del parto T.C.

Spontaneo Induzione

n=71 n=26 n=1

Timing del parto (settimane) range 26+2- 36+6

Tabella 10. Parametri biochimici e biofisici nella popolazione studiata, principali caratteristiche di gravidanza, modalità e timing del parto.

(45)

Complicanze ostetriche

Diabete Gestazionale n=17

Pre-eclampsia n=11

Travaglio di parto spontaneo n=13

PROM n=11 IUGR n=3 Altro n=43 Complicanze neonatali Distress respiratorio n=46 Apnea n=15 Bradicardia n=19

Tabella 11. Complicanze ostetriche e neonatali.

5.1 Complicanze ostetriche

E' stato dimostrato che vi è una differenza statisticamente significativa tra la media dei livelli plasmatici di PAPP-A nelle gravidanze complicate da Pre-eclampsia rispetto a quelle non complicate. L'analisi univariata, infatti, mostra una forte correlazione tra la variabile esaminata (variabile dipendente= comparsa di malattia) ed i valori di PAPP-A, peso, BMI, età materna e tipo di concepimento (tra le variabili indipendenti). Più in dettaglio, si evidenzia come la media della PAPP-A è di 0,76 MoM all'interno del gruppo che presenta la malattia (da 11 casi), mentre sale a 1,19 nel gruppo di gravidanze non complicate (87 casi).

Il peso materno presenta valore medio di 72,8 Kg nel gruppo delle madri affette e di 63,1 nel gruppo delle sane; lo stesso andamento si registra per il BMI, con un valore rispettivamente di 27,6 e 23,5 Kg/m2. L'età materna nelle pazienti affette da Pre-eclampsia è più alta rispetto a quella delle donne non colpite, con una media di 39,3 anni per le prime e di 32,7 per le seconde.

(46)

Il ricorso a tecniche di procreazione assistita è presente in 17 delle 98 gravidanze prese in esame, con 6 casi in quelle complicate (6/11, ricoprendo il 54,5% dei casi) e 11 nelle non complicate (11/87, quindi il 12,6%). Si può quindi affermare che al primo gruppo appartiene il 35,3% di tutti i concepimenti medicalmente assistiti (6 casi su 17) e solo il 6,2% di quelli spontanei (5 casi su 81).

All'analisi multivariata la variabile peso perde di significatività, probabilmente perché meno informativa del BMI, mentre compare un effetto plausibile (p-value 0,038) della variabile gemellarità ed uno piuttosto blando (p-value 0,138) della variabile parità'.

Parametri analizzati: Analisi univariata (P-value) Analisi multivariata (P- value) PAPPA-A Beta-hCG Peso Altezza BMI Eta' Concepimento assistito Gemellarità Parità 0,019 0,028 0,016 <0,01 <0,01 0,040048 0,006998 0,006273 0,02548 0,038 0,138

Tabella 12. Correlazioni all'analisi univariata e multivariata tra i parametri del primo trimestre e l'insorgenza di Pre-eclampsia.

(47)

I coefficienti del modello di regressione multivariata sono i seguenti: Intercept -0,74 ln(PAPP-A) -0,11 BMI 0,02 Età 0,02 Concepimento assistito 0,22 Parità -0,06 Gemellarità -0,16

In entrambe le analisi abbiamo omesso il p-value delle variabili non significativamente correlate (p-value>0,05).

Si noti, inoltre, che nel modello non è riportato semplicemente il valore di PAPP-A, ma il suo logaritmo naturale, in quanto tale parametro sembra avere distribuzione lognormale; con tale accorgimento è possibile rendere il modello stesso più preciso.

Figura 11. Confronto tra i valori di PAPP-A (MoM) nelle gravidanze complicate da Pre-eclampsia rispetto a quelle non complicate. Sono riportati il valore medio, minimo e massimo.

Casi di Pre-eclampsia Gravidanze non complicate 0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 PAPP-A (MoM)

(48)

Figura 12. Confronto tra il valore medio del BMI (Kg/m2) e dell'età materna nelle

gravidanza complicate da Pre-eclampsia e non.

5.2 Modalità e timing del parto

Abbiamo studiato le stesse variabili indipendenti sopra citate con modalità di parto quale variabile dipendente. All'analisi univariata peso, età, tipo di concepimento e gemellarità mostrano associazione statisticamente significativa con il ricorso a taglio cesareo.

Il peso ha media 59,2 nel gruppo dei 27 “non cesarei” (27 casi tra cui una sola induzione), mentre ha media 66,1 in quello dei TC (71 casi).

L'età' ha media 30,8 nei primi e 34,5 nei secondi. Il concepimento medicalmente assistito ha 0 casi (0,0%) nel primo gruppo e 17 casi (23,9%) nel secondo; viceversa possiamo affermare che al gruppo dei parti cesarei appartiene il 100,0% dei concepimenti assistiti (17 casi su 17) e il 66,7% di quelli spontanei(54 casi su 81). La gemellarità, infine, ricopre solo 2 casi (7,4%) dei parti non cesarei e 19 casi (26,8%) dei TC; evidenziamo, quindi, come al gruppo dei parti cesarei appartiene il 90,5% delle gravidanze gemellari (19 casi su

Casi di Pre-eclampsia Gravidanza non complicate

0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 BMI Età

(49)

21) e il 67,5% delle singole (52 casi su 77). Alla luce della fortissima correlazione tra queste ultime due variabili e la variabile dipendente presa in esame, possiamo affermare che se una donna ha avuto concepimento FIVET o ICSI e/o aspetta dei gemelli, vi è quasi la certezza che il parto sarà cesareo. Per questo motivo limitiamo l'analisi multivariata al campione dei parti non gemellari e con concepimento spontaneo (71 casi); risultano quindi blandamente correlate peso (p-value 0,073) ed età' (p-value 0,044). Le analisi sono state eseguite con gli stessi accorgimenti descritti al paragrafo precedente; abbiamo riportato in tabella solo le variabili correlate.

Non emergono associazioni statisticamente significative tra i dati ricavabili nel primo trimestre di gravidanza ed il grado di prematurità del nascituro.

Figura 13. Confronto tra il valore medio di peso, età materna, gemellarità e ricorso a tecniche di procreazione assistita nelle gravidanze con parto 'non cesareo' (spontaneo ed indotto) e in quelle con ricorso al TC.

Parti non cesarei TC

0 10 20 30 40 50 60 70 Peso Età Gemellarità Fecondazione assistita

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