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Studio prospettico su una popolazione di pazienti con Iparparatiroidismo Primario Giovanile

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Academic year: 2021

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RIASSUNTO...pag 2 I-INTRODUZIONE ...pag 4

II- IPERPARATIRODISMO PRIMARIO ...pag 6 II.1 IPERPARATIROIDISMO PRIMARIO e Sindromi Familiari...pag 6 II.2 IPERPARATIROIDISMO PRIMARIO GIOVANILE...pag 28

III SCOPO DELLA TESI...pag 31 IV METERIALI E METODI...pag 32

IV.1 PAZIENTI...pag 32 IV.2 ANALISI BIOCHIMICHE E STRUMENTALI...pag 33 IV.3 ANALISI GENETICA...pag 34 IV.4 ANALISI STATISTICA...pag 35

V RISULTATI...pag 37

V.1 IPERPARATIROIDISMO PRIMARIO GIOVANILE SPORADICO (S-IPG)...pag 37 V.2 IPERPARATIROIDISMO PRIMARIO GIOVANILE FAMILIARE (F-IPG)...pag 45 V.3 CONFRONTO TRA S-IPG E F-IPG...pag 55 V.4 CONFRONTO TRA PAZIENTI CON ETA’ ≤25 ANNI E > 25 ANNI...pag 57

VI DISCUSSIONE ...pag 59 VII CONCLUSIONI...pag 67 BIBLIOGRAFIA...pag 69 RINGRAZIAMENTI...pag 73

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L'Iperparatiroidismo Primario (IP) è generalmente una malattia dell'adulto e le caratteristiche della forma Giovanile non sono ancora del tutto note. Lo scopo di questo studio era valutare le caratteristiche cliniche, biochimiche, densitometriche ed istologiche nei pazienti con IP giovanile (IPG), confrontando i pazienti sporadici con i familiari. Abbiamo condotto uno studio prospettico, monocentrico su 154 pazienti con età <o= a 40 anni ed una mediana di follow-up di 2 anni. 112 pazienti avevano una forma di IPG sporadica, in quanto i marcatori neuroendocrini, la calcitonina, gli ormoni ipofisari e la calcemia dei familiari di I grado era nella norma. 31 pazienti avevano una MEN1 e 11 pazienti erano affetti da FIHP. La nefrolitiasi sintomatica era osservata nel 69.44% dei pazienti con IPG sporadico e nel 48.4% dei pazienti con IPG familiare. 90 pazienti con IPG sporadico venivano sottoposti a PTX. L'istologia mostrava negli sporadici e nei familiari rispettivamente: adenoma singolo 85 pazienti vs 7, iperplasia 2 pazienti vs 19, carcinoma in 2 pazienti sporadici. Inoltre veniva eseguita una cervicotomia bianca in un paziente sporadico ed in un familiare. Il calcio ionizzato ed il paratormone si riducevano in modo significativo dopo la pTX sia nei pazienti sporadici che familiari. 11 pazienti (15%) con IPG sporadico avevano una persistenza/recidiva di malattia (un paziente sottoposto a cervicotomia bianca, una iperplasia e 9 adenomi singoli). Il tasso di persistenza/recidiva nei familiari era superiore (n=10, 52.63%). In entrambi i gruppi era possibile evidenziare una malattia

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più grave nei maschi rispetto alle femmine. L'età non correlava in modo significativo con la gravità di malattia in termini di calcio ione, PTH e Z score in entrambi i gruppi. Infine stratificando i pazienti <25 anni e >25 anni, non era possibile evidenziare una differenza statisticamente significativa nel gruppo totale e nel confronto tra sporadico e familiare. In conclusione l'IPG sembra essere una malattia sintomatica più spesso rispetto all'adulto, è più grave nei maschi, e presenta un tasso maggiore di persistenza/recidiva.

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Il controllo del complesso meccanismo di omeostasi del metabolismo fosfo-calcico si realizza per via ormonale e sostanzialmente grazie alla produzione di paratormone (PTH) da parte delle cellule principali delle ghiandole paratiroidi.

Il rilascio del PTH (84 aa, PM 9000) è finemente regolato dai livelli ematici di calcio libero (ionizzato).

Il calcio agisce attivando le cellule principali tramite uno specifico recettore, denominato recettore del calcio (CaSR), a sette domini transmembrana, legato a proteina G, che accoppia anche modeste variazioni della concentrazione del calcio extracellulare a variazioni della concentrazione del calcio intracellulare, che a sua volta controlla direttamente il rilascio dell’ormone. Così la secrezione di PTH è inversamente proporzionale alla concentrazione plasmatica del calcio, secondo una curva sigmoidea: la secrezione massima è raggiunta per concentrazioni plasmatiche di calcio inferiori a 7 mg/dl (v.n. 8.2-10.2 mg/dl), mentre diminuisce per aumenti della concentrazione di calcio fino a11 mg/dl; oltre questo valore si mantiene una secrezione basale di PTH, che non può essere soppressa da aumenti ulteriori del calcio.

Il PTH ha molteplici bersagli nell’organismo, ma la sua azione globale si riassume come segue: induce un incremento del calcio plasmatico e un decremento del fosfato agendo principalmente sull’osso, in modo indiretto.

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Tutte le azioni dell’ormone si attuano attraverso il legame di questo a un recettore glicoproteico complesso sulla membrana delle cellule bersaglio. Nell’osso il PTH attiva gli osteoclasti, con liberazione sia di calcio che di fosfato e idrolisi enzimatica della matrice organica. Nel rene il PTH aumenta il riassorbimento del calcio nel braccio ascendente dell’ansa di Henle e nei tubuli distali e inibisce il riassorbimento di fosfato a livello del tubulo prossimale, in modo che tale effetto fosfaturico permetta l’eliminazione del fosfato proveniente dai processi di riassorbimento ossei, indotti sempre dal PTH. Infine, ancora a livello renale, il PTH stimola la sintesi di 1-25-(OH)2-D , forma attiva della vitamina D, che aumenta il riassorbimento intestinale di calcio (Fig. 1)

Figura 1. Siti di azione dell’ormone paratiroideo (PTH) Adattato da: Taniegra et al. 2004

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Questo termine definisce il quadro clinico e metabolico che deriva da un’eccessiva e parzialmente incontrollata secrezione di PTH.

L’iperparatiroidismo può essere primario, o secondario all’ipocalcemia cronica.

L’ iperparatiroidismo primario (PHPT) si realizza quando il normale feedback da parte del calcio sierico è alterato e vi è iperproduzione autonoma di paratormone.

L’iperparatiroidismo secondario (SHPT) è dovuto ad una risposta essenzialmente reattiva ad una grave ipocalcemia, instauratasi in genere in corso di insufficienza renale, di deficit di vitamina D, di alterata risposta al paratormone a livello recettoriale: si ha in tal caso un difetto dell’omeostasi minerale che porta ad un aumento compensatorio della funzione e delle dimensioni delle paratiroidi. Talvolta, dopo stimolazione compensatoria prolungata, una ghiandola iperplastica diviene autonoma: questa condizione è definita iperparatiroidismo terziario.

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Si definisce iperparatiroidismo un’ alterazione del metabolismo fosfo-calcico caratterizzata da eccessiva e parzialmente incontrollata secrezione di paratormone. (1) La causa dell’ iperfunzionamento spontaneo delle paratiroidi è ancora in parte sconosciuta e, come molte neoplasie endocrine, l’iperattività è generalmente riconosciuta non sulla base dell’ingrandimento anatomico della ghiandola, ma per gli effetti periferici dell’ormone in eccesso. L’ iperparatiroidismo primario (IPTP) si realizza quando il normale feedback da parte del calcio sierico è alterato e vi è una iperproduzione autonoma di paratormone. Questa caratteristica consente di distinguere l’IPTP dall’iperparatiroidismo secondario che è dovuto ad una risposta essenzialmente reattiva all’ ipocalcemia, causata dall’insufficienza renale, dal deficit di vitamina D e da un’ alterata risposta al paratormone a livello recettoriale: si ha in tal caso un difetto dell’omeostasi minerale che porta ad un aumento compensatorio della funzione e delle dimensioni delle paratiroidi. In rari casi, quando persista una stimolazione compensatoria prolungata, una ghiandola iperplastica può divenire autonoma: questa condizione è definita iperparatiroidismo terziario.

La prevalenza di IPTP è di circa 3-4 casi su 1000 nella popolazione generale, con un aumento a 21 su 1000 nelle donne tra i 55 e i 75. L’ IPTP si manifesta a tutte le età, ma raggiunge la massima incidenza dopo la sesta decade di vita. La patologia è più frequente nelle donne con un rapporto F:M di 3:1 (2-3) In base a questi dati l’incidenza della patologia è

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nettamente superiore a quella riportata alla fine degli anni ‘70 e si ritiene che questo aumento sia dovuto all’introduzione del dosaggio della calcemia nella strumentazione automatica per gli esami ematochimici di routine, che ha permesso di individuare anche le forme lievi asintomatiche della malattia. Recentemente è stato segnalata in alcuni paesi una riduzione dell’incidenza di IPTP, da attribuire alla maggiore sensibilità e attenzione alla spesa sanitaria, che porta ad una richiesta di dosaggio della calcemia più mirata, con conseguente riduzione nell’individuazione delle forme asintomatiche della malattia.

L’IPTP è causato nell’80-85% dei casi da un adenoma singolo delle paratiroidi, nel 10-15% dei casi dall’iperplasia di tutte le ghiandole e in meno dell’1% dei casi da un carcinoma paratiroideo. L’IPTP si distingue in sporadico e familiare: le forme familiari fanno parte di sindromi geneticamente determinate, nelle quali spesso il coinvolgimento è multighiandolare, sebbene talora asincrono (4) (Fig. 2)

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Figura 2. Classificazione dell’iperparatiroidismo primario.

Nelle forme familiari l’età alla diagnosi è più precoce, generalmente inferiore a 30-40 anni. Le sindromi familiari più frequentemente associate all’iperparatiroidismo primario sono:

- Neoplasie Endocrine Multiple Tipo I (Multiple Endocrine

Neoplasia Type I, MEN1): E’ una rara sindrome neoplastica (1/30.000

individui), ereditata con meccanismo autosomico dominante, ad alta penetranza ed uguale distribuzione tra i due sessi (5). I pazienti sviluppano tumori delle paratiroidi multighiandolari, tumori gastrointestinali e pancreatici e adenomi ipofisari. Inoltre possono essere presenti carcinoidi del polmone, dello stomaco e del timo, tumori della corticale del surrene, angiomi e lipomi. L’interessamento delle paratiroidi è presente

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clonale, quindi tumorale. Mutazioni inattivanti (nonsenso e delezioni) dell’oncosoppressore MEN1 sul cromosoma 11q13 sono responsabili della MEN1 (6). La mutazione di un allele viene ereditata, mentre la perdita dell’altro allele per mutazione somatica porta all’espansione monoclonale tumorale (Fig. 3)

Figura 3. Rappresentazione del gene MEN1 e del suo prodotto la menina

- Neoplasie Endocrine Multiple Tipo II (Multiple Endocrine Neoplasia

Type II, MEN2) : è una rara malattia autosomica dominante, caratterizzata

da carcinoma midollare tiroideo, feocromocitoma e, nella MEN2A, neoplasie delle paratiroidi, mentre nella MEN2B neurinomi e habitus marfanoide. L’iperparatiroidismo nella MEN2A si ha nel 20% dei pazienti, con un picco di incidenza tra la terza e la quarta decade: le caratteristiche sono le stesse delle altre forme di iperparatiroidismo primitivo e la nefrolitiasi è comune. La sindrome è dovuta alla presenza di mutazioni

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germline del protoncogene RET, sul cromosoma 10q21: la maggior parte delle mutazioni si ritrovano sul codone 634. (7)

-Iperparatiroidismo ereditario associato a tumore della mandibola (Hereditary Hyperparathyroidism - Jaw Tumor Syndrome HPT-JTs): è una rara malattia autosomica dominante, con predisposizione a tumori delle paratiroidi e fibromi

ossificanti della mandibola (Fig.4)

Figura 4. Fibromi ossificanti della mandibola in un caso di HPT-JTS Adattato da google immagini

L’iperparatiroidismo primario si riscontra nel 90% di questi pazienti. Il quadro di iperparatiroidismo è sostenuto da tumori benigni di una o più ghiandole, ma è comune anche la presenza di cisti delle paratiroidi. E’ molto interessante notare che nel 10-15% dei casi si sviluppa invece un carcinoma delle paratiroidi ed infatti questa sindrome familiare è quella di gran lunga più spesso associata al carcinoma paratiroideo. I pazienti con sindrome HPT-JT possono sviluppare cisti isolate o malattia cistica renale, amartomi, carcinomi o tumori di Wilms. Mutazioni nel gene HRPT2, che codifica per una proteina detta parafibromina, determinano l’insorgenza della sindrome (8).

-Ipercalcemia Ipocalciurica Familiare (Familial Hypocalciuric Hypercalcemia, FHH) e Iperparatiroidismo neonatale severo (Severe

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Neonatal Hyperparathyroidism, NSHPT): rappresentano la forma più

mite e la forma più grave, rispettivamente, di iperparatiroidismo primario ereditario. La patogenesi è legata ad alterazioni del recettore del calcio (mutazioni inattivanti in eterozigosi nella FHH ed in omozigosi nella NSHPT). I pazienti con la forma in eterozigosi, FHH, generalmente mostrano una ipocalciuria relativa, rappresentata da un rapporto tra la clearance del calcio /clearance creatinina <0.01, in presenza di una ipercalcemia con valori di PTH normali o solo modicamente elevati. E’ importante diagnosticare questa malattia, poiché tali pazienti non traggono alcun beneficio dall’intervento chirurgico.

-Iperparatiroidismo Familiare Isolato (Familial Isolated Hyperparathyroidism, FIHP): si tratta di un’entità definita clinicamente,

come iperparatiroidismo primario ereditario, in assenza di associazione con altre malattie o tumori. Analisi di linkage suggeriscono che alla base di uno stesso fenotipo, ci siano genotipi diversi e FIHP potrebbe rappresentare una variante di altri sindromi, come MEN1 o HPT-JT syndrome, dal momento che in pazienti con questa forma familiare, vengono riscontrate mutazioni in MEN1, HRPT2 e altri geni.

II.1b Anatomia Patologica ed Eziopatogenesi

Come già anticipato precedentemente da un punto di vista anatomopatologico l’iperparatiroidismo primario è causato nell' 80-85% dei

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casi da un adenoma singolo, nel 10-15% dei casi da iperplasia e nel 0.5-1% dei casi da carcinoma delle paratiroidi

L'adenoma ha un’origine clonale ed è dovuto ad una mutazione oncogenica di una singola cellula progenitrice. Recentemente sono stati identificati alcuni geni che sarebbero capaci di modulare la crescita delle paratiroidi; quindi la loro acquisizione da parte della cellula tumorale la renderebbe capace di una crescita incontrollata. Uno di questi geni è l’oncogene PRAD 1 (Parathyroid adenoma 1) la cui espressione è aumentata in un sottogruppo di adenomi (circa il 30%). La sede tipica dell'adenoma è a livello della regione retro-tiroidea, sede eutopica delle ghiandole; in rari casi l’adenoma può essere in sedi ectopica (intra-tiroidea, mediastino superiore, timo e, occasionalmente, spazio retroesofageo, sottomucosa dell'esofago e faringe. Da un punto di vista macroscopico l’adenoma si presenta come una lesione brunastra capsulata e ben circoscritta con all'interno aree di degenerazione cistica ed emorragiche. Il peso varia da 300 mg a diversi grammi. Microscopicamente si presenta composto da cellule paratiroidee principali (adenoma a cellule principali o a cellule chiare), arrangiate con una rete capillare, tipica dei tumori endocrini. Più raramente l’adenoma può essere costituito più o meno da cellule ossifile (adenoma a cellule ossifile)

L'adenoma atipico è una condizione rara che, dal punto di vista morfologico, si situa a metà tra l'adenoma benigno ed il carcinoma. Esso è

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o multinucleate (cellule atipiche); inoltre si possono riscontrare bande fibrose ed un aumento del numero delle mitosi (aspetti comuni a quelli tipici del carcinoma, ma che non si associano, come in quest'ultimo caso, ad invasione vascolare e dei tessuti adiacenti). Pertanto, solo sulla base del follow-up i casi diagnosticati all’istologia come adenomi atipici possono essere differenziati dai carcinomi.

L’iperplasia, con interessamento diffuso delle paratiroidi, si ha in circa 12-15 % dei casi. Essa rappresenta la lesione istologica tipica della MEN1, MEN 2A e dell’iperparatiroidismo familiare isolato. Macroscopicamente tutte le paratiroidi risultano di dimensioni aumentate, anche se non in egual misura; in alcuni casi una ghiandola può essere più ingrandita rispetto alle altre così da simulare un adenoma. Il peso delle 4 paratiroidi iperplastiche può variare da 150 mg a 20 grammi, anche se di solito è di 1-3 grammi. Microscopicamente si rileva una iperplasia delle cellule paratiroidee principali con rare cellule ossifile; vi può essere anche una forma nodulare e pseudoadenomatosa nella quale le cellule principali con rare cellule ossifile sono circoscritte da tessuto prevalentemente stromale. Il carcinoma è spesso una lesione piuttosto grande (peso medio: 12 grammi), caratterizzata da cellule tumorali separate da bande fibrose, presenza di figure mitotiche, con una caratteristica invasione capsulare e dei vasi sanguigni (8) (Fig 5). Queste caratteristiche istologiche non sono sempre facili da definire, e pertanto la diagnosi differenziale con l’adenoma atipico può essere difficoltosa. L’aumento dell’attività mitotica

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può essere valutato mediante espressione di una proteina nucleare detta Ki67. Possono essere di aiuto altre indagini molecolari ed immunoistochimiche. La perdita di espressione della parafibromina rappresenta una caratteristica comune (70-80%), ma non esclusiva, del carcinoma paratiroideo (16).

Figura 5. Aspetto microscopico di un carcinoma paratiroideo

II.1c Segni e sintomi

I classici segni e sintomi del IPTP sintomatico, che ancora erano descritti negli anni’70, vengono oggi riscontrati sempre meno frequentemente nei Paesi Occidentali; in particolare è raro riscontrare il quadro di osteite fibroso-cistica, caratterizzata dal riassorbimento subperiostale delle falangi distali, dall’aspetto radiologico del cranio “a sale e pepe”, dalle cisti ossee e da tumori bruni, così come quadri renali gravi di nefrocalcinosi.

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Attualmente l’80% circa degli IPTP viene classificato come “asintomatico” e diagnosticato spesso in modo incidentale, grazie allo sviluppo di tecniche automatiche per il dosaggio della calcemia ed al suo routinario utilizzo nella pratica clinica. Il termine “asintomatico” tuttavia non è del tutto corretto, dal momento che possono essere presenti manifestazioni aspecifiche della malattia o quadri di compromissione renale e/o ossea silenti, evidenziati ad una attenta valutazione clinico-strumentale (1,8).

Si intende invece per iperparatiroidismo sintomatico, il quadro di malattia che presenta segni e sintomi legati all’ipercalcemia (stipsi, anoressia, nausea e vomito, dolore addominale e ileo) e al danno a carico degli organi bersaglio Tabella 1)

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Il coinvolgimento scheletrico è presente nella maggior parte dei pazienti con IPTP sintomatico, poiché che il PTH esplica un’azione catabolica sull’osso ed in particolare sull’osso corticale. La BMI è ridotta tipicamente a livello del terzo distale del radio, mentre il coinvolgimento dell’osso trabecolare è di minore entità. Gli studi di istomorfometria documentano un aumentato riassorbimento osseo ed un assottigliamento della corticale, mentre l’architettura dell’osso trabecolare risulta conservata. Numerosi studi hanno documentato un aumentato rischio di fratture da fragilità nei pazienti con IPTP e non soltanto nelle sedi distali, ma anche a livello vertebrale.

Il rene è un altro organo bersaglio del IPTP e questa malattia, ancora oggi, rimane la causa più comune di litiasi renale, dopo quella idiopatica. Recentemente è stata segnalata l’associazione tra la litiasi renale nel IPTP ed un particolare polimorfismo del recettore del calcio.

Per quanto riguarda i sintomi gastrointestinali attualmente il rischio di sviluppare ulcera peptica o pancreatite nei pazienti con IPTP è sovrapponibile a quello della popolazione generale; per quanto concerne i sintomi neuromuscolari, è presente nella maggior parte dei pazienti una sfumata sintomatologia caratterizzata da astenia, affaticabilità, lieve calo del tono dell’umore.

Più recentemente è stato posto l’accento sulle complicanze cardiovascolari del IPTP, dal momento che la malattia sembra sia

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associata ad un aumentato rischio di ipertensione arteriosa, alterazioni valvolari e cardiache, che si tradurrebbe in un globale incremento della mortalità.

Nel caso in cui l’IPTP sia causato da un carcinoma, la presentazione clinica della malattia può essere dominata dal quadro di ipercalcemia grave con astenia, affaticabilità, nausea, vomito, poliuria, polidipsia, perdita di peso fino ad anoressia, dolore osseo, fratture, coliche renali, dovute alla nefrolitiasi (prevalenza del 56%) e nefrocalcinosi. In questi casi la diagnosi di malignità viene suggerita da alcune caratteristiche peculiari quali: i) la giovane età ii) l’assenza di differenza tra sesso maschile e femminile iii) una massa palpabile nel collo (reperto raro) iv) le “crisi” con improvvisi e drammatici aumenti di PTH e calcemia. Le sedi più comuni di metastasi a distanza sono polmone, fegato e osso. La diagnosi di carcinoma è spesso tardiva e viene posta in presenza di infiltrazione locale o metastasi a distanza; pertanto il sospetto clinico di malignità è molto importante, per il corretto approccio chirurgico e la prognosi.

II.2d Diagnosi di laboratorio e strumentale

La diagnosi si basa sul riscontro di ipercalcemia associata ad un aumento del PTH o a valori di PTH inappropriatamente normali rispetto all’ipercalcemia. Per una corretta interpretazione dei valori di calcemia è importante eseguire la correzione per l’albuminemia (l’albumina lega circa il 50% del calcio circolante) secondo la seguente formula:

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Calcio corretto per l’ albumina= calcemia totale (mg/dL) + 0,8 x [4 – albumina sierica (g/dL)]

Tale correzione è necessaria dal momento che uno stato di ipoalbuminemia (malattie croniche, malnutrizione) è una condizione frequente nei soggetti anziani e determina una sottostima del valore “reale” della calcemia che può essere ottenuta utilizzando la formula sopra indicata.

A fronte dunque di un’ipercalcemia, il corretto iter diagnostico prevede il dosaggio del PTH, che viene effettuato con tecnica immunoradiometrica (IRMA) o ad immunochemioluminescenza (ICMA). In questo modo è possibile distinguere le forme di ipercalcemia “PTH dipendente”, in cui l’ormone è aumentato, dalle forme “PTH indipendente”, in cui i livelli di PTH sono bassi o indosabili. (9-10) (Tabella 2)

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Tabella 2. Diagnosi differenziale ipercalcemia.

Come riportato nella tabella, le altre cause di ipercalcemia “PTH dipendente” che vanno in diagnosi differenziale con l’IPTP sono rappresentate dalla rara secrezione ectopica di PTH da parte delle cellule neoplastiche maligne, dall’ FHH (nella quale è tuttavia possibile fare la diagnosi differenziale in base alla calciuria come sotto riportato), dalla grave uremia e dall’assunzione di sali di litio.

Il riscontro di valori di calcemia superiori a 14 mg/dl o comunque superiori di 3-4 mg/dl rispetto al limite superiore della norma (v.n. 10.2 mg/dl), di livelli di paratormone da 3 a 10 volte superiori alla norma (v.n.

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15-75 pg/ml) e di fosfatasi alcalina ossea francamente aumentata, sono suggestivi di carcinoma delle paratiroidi.

Una volta inquadrata l’ipercalcemia come PTH dipendente e posta diagnosi di IPTP, le ulteriori caratteristiche biochimiche riscontrate nella malattia sono rappresentate dal fosfato sierico ai limiti bassi della norma o francamente basso nel 25% dei pazienti e dalla presenza di marcatori del rimodellamento osseo (Fosfatasi Alcalina Ossea, Osteocalcina) ai limiti alti della norma o aumentati (raramente). L’escrezione urinaria di calcio è aumentata in circa il 30% dei pazienti; la determinazione della calciuria delle 24 h può essere utile soprattutto nella diagnosi differenziale tra IPTP e ipercalcemia ipocalciurica familiare, in cui il rapporto tra la clearance del calcio /clearence creatinina è inferiore a 0.01.

Frequente è il riscontro di livelli ridotti di 25-idrossi vitamina D (<30 ng/ml), particolarmente nei pazienti geriatrici ed istituzionalizzati. Uno stato di ipovitaminosi D può essere causa di valori ancora nel range di normalità della calcemia, che potranno risultare elevati dopo correzione dell’ipovitaminosi D. Al tempo stesso, l’ipovitaminosi D può contribuire ad un ulteriore aumento del PTH, con un conseguente aggravamento del quadro scheletrico (11).

La valutazione del danno osseo deve essere effettuata tramite la DEXA, eseguita su tre siti diversi (radio, vertebrale e femorale) poichè come vedremo la valutazione della densità minerale ossea ha un ruolo importante nella scelta terapeutica dell’ IPTP asintomatico.

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L’ecografia e la scintigrafia con tecnezio-sestamibi costituiscono indagini di primo livello di localizzazione pre-operatoria della lesione paratiroidea, ma non hanno valore diagnostico in quanto la loro negatività non esclude la diagnosi di IPTP. La scelta tra i due esami dipende da diversi fattori tra cui la disponibilità e l’esperienza del centro che esegue l’esame e la preferenza del chirurgo che eseguirà l’intervento di paratiroidectomia. L’ecografia rappresenta l’esame più diffuso, è facilmente reperibile e ha un costo contenuto. Il principale limite è che si tratta di un esame la cui affidabilità è legata all’esperienza specifica dell’operatore. Va segnalato inoltre che con l’ecografia non è possibile individuare adenomi in sede extracervicale. La Scintigrafia con tracciante 99mTc Sestamibi (MIBI) fornisce ottime informazioni sulla localizzazione della paratiroide patologica ma con scarsa precisione topografica ed ottiene inoltre risultati peggiori, in termini di sensibilità, in caso di iperplasia delle paratiroidi rispetto all’adenoma paratiroideo. L’esame consente di localizzare paratiroidi patologiche ectopiche: in tutti i casi va eseguita una scansione completa della regione cervicale e toracica fino al miocardio. L’esame scintigrafico eseguito con tecnica SPECT (Single-proton-emission-tomography) permette un significativo miglioramento della definizione anatomica della paratiroide patologica (12)

La TC del collo e del mediastino infine rappresenta un esame di secondo livello da eseguire nel caso di una sospetta lesione ectopica e nel caso dei reinterventi, soprattutto se l’imaging preoperatorio risulta

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dubbio. Per valutare gli organi bersaglio della patologia sono utili: uno studio ecografico dell’addome, per valutare la presenza di litiasi e microlitiasi renale, talora asintomatiche, e una densitometria ossea a livello della colonna lombare, femore e terzo distale dell’osso radiale (sede ricca di osso corticale).

II.1e Terapia chirurgica

L’intervento chirurgico di paratiroidectomia (PTX) è sicuramente l’approccio terapeutico più razionale nel IPTP, dal momento che l’asportazione della/e ghiandole anomala/e è curativa. Tutti i pazienti con IPTP che presentano i segni e sintomi della malattia che abbiamo precedentemente discusso (IPTP sintomatico), dovrebbero dunque essere avviati alla chirurgia. (13)

Se da un lato esiste un unanime consenso alla chirurgia nei pazienti sintomatici, il sempre maggior numero di casi di IPTP asintomatico, ha posto la questione, più complessa e dibattuta, dell’opzione chirurgica in questi pazienti. Il razionale che deve guidare la terapia in questi pazienti è la conoscenza della storia naturale dell’IPTP asintomatico, che oggi è meglio compresa sulla base di studi osservazionali di follow-up della durata di molti anni. Sembra che nei pazienti con IPTP non sottoposti a PTX non si verifichi nei 10 anni successivi alla diagnosi un significativo cambiamento dei parametri biochimici, né del coinvolgimento renale ed osseo e da questi dati sembrerebbe che tale patologia sia

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sostanzialmente stabile nel tempo. Tuttavia una certa percentuale di pazienti con IPTP asintomatico, variabile a seconda dei vari studi e difficilmente identificabile sulla base di caratteristiche predittive, andrebbe incontro ad un peggioramento della malattia negli anni: in questi pazienti dunque l’approccio chirurgico potrebbe essere auspicabile (14).

Nel 1990 sono state redatte per la prima volta delle Linee Guida per la gestione del IPTP asintomatico durante la NIH Consensus Development Conference, poi revisionate nel 2002 ed infine nel 2008: secondo le ultime linee guida il paziente con IPTP asintomatico deve essere avviato all’intervento sulla base di specifiche caratteristiche cliniche e biochimiche

(Tabella 3) oppure se non è possibile effettuare in questo paziente un

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Le Linee Guida, in quanto tali, non devono essere intese in modo prescrittivo, ma il medico deve poterle interpretare ed adattare sulla base delle caratteristiche del singolo paziente, della presenza di comorbidità e di tutti gli altri fattori che possono modificare l’esito della PTX e, non ultima, della volontà del paziente.

L’intervento di PTX, a fronte dell’apparente semplicità, richiede l’esperienza di un team chirurgico specializzato, che effettua almeno un certo numero di interventi di questo tipo ogni anno (almeno 30). Fino a pochi anni fa l’approccio universalmente accettato era rappresentato dall’ esplorazione cervicale bilaterale, identificazione delle 4 ghiandole paratiroidi ed exeresi di quella/e patologiche. Negli ultimi anni la conoscenza che nella maggior parte dei pazienti la malattia è dovuta ad una sola ghiandola adenomatosa, la localizzazione preoperatoria sempre più accurata e la possibilità di utilizzare il dosaggio del paratormone intraoperatorio, hanno reso possibile l’esecuzione di una esplorazione “focale” con paratiroidectomia selettiva e dunque lo sviluppo di nuove tecniche mini-invasive, che consentono di ridurre i rischi peri e postoperatori. Esistono diversi tipi di PTX mini-invasiva che consentono sia l’esplorazione monolaterale, che quella bilaterale (MIVAP, PTX endoscopica con accesso laterale, a cielo aperto, radioguidata) e la scelta dipende dall’esperienza del chirurgo. E’ ancora oggetto di discussione

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l’utilizzo delle tecniche mini-invasive nelle malattie multighiandolari e nei reinterventi.

Il monitoraggio del PTH intraoperatorio, reso possibile dallo sviluppo di tecniche di dosaggio che consentono di ottenere i risultati in meno di 10 minuti, è di notevole ausilio durante la chirurgia. Tale metodo si basa sul concetto che il calo dei livelli del PTH dopo l’asportazione del tessuto iperfunzionante, è in grado di predire efficacemente il successo chirurgico e quindi di guidare la conclusione dell’intervento.

Nelle mani di chirurghi esperti si ottiene la guarigione nel 90-95% dei casi e le complicanze si riducono ad una percentuale del 1-3%.

Nell’immediato post-operatorio la calcemia deve essere dosata a 24 e 48 ore, per il rischio di ipocalcemia, che in genere è lieve e transitoria. In alcuni casi tuttavia si verifica quella che è chiamata “Hungry Bone Syndrome” caratterizzata da ipocalcemia prolungata, che si verifica nei pazienti che presentano una malattia più grave ed un maggior grado di compromissione scheletrica. In questi casi nell’immediato post-operatorio, può essere necessaria la somministrazione di calcio gluconato e.v. seguita da calcio per os e metaboliti attivi della vitamina D.

Quando l’intervento di PTX viene effettuato in modo ottimale, si verifica una riduzione dei livelli sierici di calcio e PTH che rientrano nel range di normalità, si ha un rapido decremento dei marcatori di riassorbimento osseo ed una più lenta riduzione (entro 6 mesi) dei marcatori di formazione dell’osso. Nel primo anno dopo l’intervento, si

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documenta inoltre un incremento della densità minerale ossea (BMD, valutata tramite DEXA), a livello femorale e vertebrale, che è legata al processo di rimineralizzazione. Anche a livello radiale si verifica un miglioramento della BMD, ma in modo più lento e graduale. Se tuttavia il miglioramento della BMD coincida con la riduzione del rischio di fratture ed incida quindi sulla riduzione di morbidità e mortalità, resta ancora piuttosto controverso.

La PTX è seguita da una riduzione della formazione di calcoli renali, anche se in una certa percentuale, la litiasi persiste. Alcuni studi documentano un miglioramento degli altri sintomi del IPTP dopo la PTX, in particolare della sintomatologia neuro-psichica e di alcune alterazioni cardiovascolari, ma sono necessari ulteriori studi per confermare tali conclusioni.

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III..22--IIPPEERRPPAARRAATTIIRROOIIDDIISSMMOOPPRRIIMMAARRIIOOGGIIOOVVAANNIILLEE

Il PHPT negli adolescenti e nei giovani adulti è una malattia poco comune e la reale incidenza non è nota (16-17) secondo alcuni studi si presenta in meno di 10 casi per 100000 abitanti l’anno (18) Nel 1930, Pemberton e Geddie, descrissero il primo caso di iperparatiroidismo primario in una ragazza di 14 anni (19) da allora, tuttavia, pochi studi sono stati pubblicati sul PHPT giovanile e la causa fisiopatologica e l'ottimale trattamento per questi pazienti non sono ancora ben noti.

Mentre negli adulti in sesta-settima decade di vita (fascia d’età tipica per l’insorgenza di PHPT) il rapporto femmine/maschi è di circa 3:1, contrastanti sono i pareri circa ciò che accade a tale rapporto nei pazienti più giovani. Secondo alcuni studi la percentuale di pazienti maschi affetti da iperparatiroidismo primario nella popolazione giovanile aumenta seppur leggermente; nei bambini, invece, il rapporto sembra diventare quasi di 1:1 (17,20). Per spiegare la differente distribuzione del PHPT nelle diverse fasce d’età, alcuni autori affermano che la causa risiede nel fatto che nei bambini, come negli adolescenti, e nei giovani adulti soprattutto se di sesso maschile non sia comune l’impiego di esami e test metabolici che possano svelare la presenza di un’ipercalcemia asintomatica (17,21).

D’altro canto, però, la recente tendenza verso una diagnosi in età più precoce potrebbe riflettere, invece, un maggiore impiego degli esami di

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laboratorio di routine nell’ambito di osservazioni che prendono in considerazione anche pazienti più giovani. E’ stato proposto che il PHPT nei pazienti giovani si presenti come una malattia maggiormente sintomatica rispetto a ciò che si osserva più comunemente nei pazienti in sesta e settima decade di vita (18,22). Alcuni studi affermano, infatti, che i pazienti più giovani con PHPT hanno una malattia diversa rispetto agli adulti che si presenta con più alti tassi di malattia multighiandolare (MGD), aumento della gravità dei sintomi, e una maggiore incidenza di recidive.

(17,23).

Pochi studi disponibili concordano nell’affermare che il PHPT nei bambini riconosce un’elevata frequenza di MGD e che nella grande maggioranza dei casi si inscrive in forme familiari (24); ciò che tutt’oggi rimane oggetto di discussione è il capire se quanto descritto nei bambini possa essere applicato anche ai giovani adulti. Questo risulta importante in quanto potrebbe cambiare l’ approccio terapeutico oggi comunemente impiegato e che consiste nell’ esecuzione di una esplorazione bilaterale del collo e di eventuale paratiroidectomia estesa o subtotale in tutti i pazienti più giovani.

Tale approccio, infatti, si basa sul presupposto che, in questi pazienti, ci siano diverse forme e gravità di iperparatiroidismo rispetto alla popolazione più adulta (16). Tuttavia, altre prove suggeriscono che questa correlazione età-gravità della malattia non esista, e che i pazienti di

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qualsiasi età con iperparatiroidismo debbano essere trattati con le stesse tecniche chirurgiche con cui sono trattati i pazienti adulti.

Queste differenze di approccio terapeutico nei pazienti più giovani probabilmente sono la conseguenza dell'inclusione, in numerosi studi sulle strategie di trattamento del PHPT nei giovani, di pazienti con iperparatiroidismo familiare o neoplasie endocrine multiple (MEN).

Questi giovani pazienti con modelli ereditari, infatti, possono comprensibilmente avere una più grave sintomatologia, alti tassi di MGD, e di recidive della malattia. Se questa popolazione di pazienti fosse selettivamente esclusa, tuttavia, i pazienti con s-PHPT sia giovani che adulti potrebbero non presentare più alcun apprezzabile differenza sia nella presentazione della malattia, che nel tipo di approccio al trattamento e nell’outcome post-chirurgico (25).

In ogni caso sono necessari nuovi dati per chiarire le caratteristiche cliniche dell’Iparparatiroidismo Primario Giovanile, dal momento che gli studi presenti in letteratura sono pochi, poco recenti, retrospettivi e su numerosità campionarie limitate (Fig. 6)

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Confronto tra una popolazione di pazienti con Iperparatiroidsmo Primario (IP) giovanile (≤40 anni) SPORADICO ed una popolazione di pazienti con IP giovanile FAMILIARE

- confronto dati clinici - confronto dati biochimici - confronto dati densitometrici - confronto dati anatomopatologici

- confronto parametri di “outcome” (guarigione clinica/biochimica o persistenza/recidiva)

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Confronto tra una popolazione di pazienti con IP giovanile sporadico e familiare con età ≤ 25 anni ed una popolazione analoga con età compresa tra 25 e 40 anni

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IV.1 Pazienti

Abbiamo condotto uno studio prospettico monocentrico ad un braccio su di una popolazione di pazienti con IP Giovanile, identificata negli anni compresi tra il 2006 (anno in cui la candidata ha iniziato a frequentare il Dipartimento di Endocrinologia dell’AOUP di Pisa) ed il 2014. In questo lasso di tempo sono stati valutati presso l’U.O. di Endocrinologia 2 circa 200 pazienti all’anno consecutivi con IP. Di questi sono stati presi in considerazione tutti i pazienti che al momento della diagnosi presentavano età ≤40 anni e sono stati seguiti in modo prospettico fino a Gennaio 2014. Sono stati identificati in totale 154 pazienti con età tra 12 e 40 anni.

La scelta del cut-off pari a 40 anni per la nostra popolazione, seppur arbitraria, è stata dettata da considerazioni legate alla storia naturale della malattia ed è stata guidata dai dati della letteratura. E’ infatti noto che la diagnosi di IP nelle forme familiari è più precoce e tipica del paziente giovane, con età compresa tra 25-45 anni ad esempio per la MEN1 e con età media di 32 anni nella HPT-JT; d’altro canto l’ IP dell’adulto ha un’incidenza che aumenta con l’età, soprattutto nella donna in post-menopausa (approssimativamente dopo 40-45 anni).

Al momento della diagnosi sono stati raccolti dati anamnestici, antropometrici, biochimici e densitometrici, che sono stati pi utilizzati per le analisi. In tutti i pazienti è stato possibile porre diagnosi di IP Sporadico

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oppure Familiare attraverso: i) lo studio anamnestico accurato, ii) ricerca obiettiva di caratteristiche tipiche delle forme familiari (es. manifestazioni cutanee tipo lipomi, fibromi etc..) iii) lo screening della calcemia nei familiari di I grado, iv) lo studio della funzione ipofisaria, v) lo studio dei marcatori neuroendocrini, vi) studi di imaging (RM ipofisi, TC con e senza mdc).

Dopo questa analisi accurata, sono stati individuati 112 pazienti con IP Sporadico e 42 pazienti con IP Familiare (in particolare 31 MEN1 e 11 FHIP); nell’ambito delle forme familiari sono stati identificati 31 casi di MEN1 e 11 di FIHP.

IV.2 Analisi biochimiche e strumentali

I pazienti sono stati seguiti nel corso degli anni in maniera omogenea eseguendo:

- visita endocrinologica annuale e semestrale dopo PTx

- valutazione biochimica metabolismo fosfo calcico annuale e semestrale dopo PTx

- valutazione ipofisaria annuale e nei casi familiari RM ipofisi con mdc - dosaggio ormoni neuroendocrini annuale e nei casi familiari TC addome/pancreas

- MOC vertebrale, femorale e radiale annuale e semestrale dopo PTx Al fine dell’analisi statistica, sono stati utilizzati i dati anamnestici, antropometrici, biochimici, densitometrici ed anatomopatologici disponibili fino al momento dell’ultima valutazione di follow-up.

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I dosaggi ormonali sono stati effettuati c/o il Laboratorio certificato di Endocrinologia con kit standard, da campioni di sangue periferico dei pazienti.

La DEXA è stata effettuata con macchinario Hologic per i tre siti vertebrale, femorale e radiale.

L’identificazione pre-chirurgica delle lesioni paratiroidee è stata effettuata con indagine ecografica del collo ed avvalorata o confermata da indagine scintigrafica con tecnezio-sestamibi. La diagnosi di lesione paratiroidea è stata confermata dall’esame istologico nei pazienti sottoposti a paratiroidectomia con successo.

IV.3 Analisi genetica

Nei pazienti con IP Familiare è stata condotta inoltre l’analisi genetica. In particolare nei pazienti con Sindrome MEN1 è stato eseguito il sequenziamento del gene MEN1, mentre nei pazienti con diagnosi di FIHP è stato eseguito il sequenziamento della regione codificante dei geni

MEN1, CASR, CDC73, CDKN1B e AIP.

Da campioni di sangue periferico è stato estratto il DNA e sottoposto ad amplificazione e sequenziamento dei geni.

Il DNA è stato estratto dai leucociti del sangue con metodica standard e purificato con un kit commerciale ed è stato sottoposto ad amplificazione con metodica PCR.

(35)

L’esito della PCR è stato saggiato poi tramite corsa elettroforetica su gel di agarosio nel quale i frammenti migrano a diversa velocità in base alla loro lunghezza. Le bande di DNA cosi ottenute nel gel sono state messe in evidenza tramite la colorazione con bromuro di etidio che, intercalandosi tra le basi del DNA, forma un legame che emette una fluorescenza maggiore rispetto al colorante libero.

I prodotti di PCR purificati sono stati sottoposti a sequenziamento diretto con sequenziatore automatico ABI PRISM 310.

IV. 4 Analisi statistica

Per effettuare le comparazioni tra valori rilevati prima e dopo il trattamento si è fatto ricorso al test di Kolmogorov-Smirnov per valutare l’andamento delle variabili. Le variabili normali sono state analizzate con il t-test per dati appaiati, le distribuzioni non gaussiane sono state invece studiate con il test di Wilcoxon. Per valutare le correlazioni tra le variabili indipendenti ed una variabile dipendente qualitativa è stata utilizzata la regressione logistica semplice; per le altre variabili dipendenti qualitative si è fatto ricorso alla regressione logistica multinomiale.

Si è fatto ricorso al test del Chi-quadrato con correzione di Bonferroni per effettuare un confronto tra pazienti guariti di sesso maschile e di sesso femminile, tra pazienti con diagnosi occasionale ed età ≤ 25 anni o > 25 anni e per valutare il comportamento del rapporto maschi/femmine nelle due fasce d’età.

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Sono stati effettuati dei test di potenza (ex post) per valutare la numerosità campionaria; la potenza relativa ai test delle variabili significative è risultata sempre superiore a 0,8 facendo emergere una sufficiente numerosità dei campioni. Per le analisi è stato utilizzato il software biometrico SPSS Statistics versione 17.0.1, Chicago, Illinios,USA.

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I pazienti con diagnosi di Iperparatiroidismo Primario giunti alla nostra osservazione sono stati circa 200 all’anno. Di questi sono stati individuati 154 pazienti con età ≤ 40 anni. Questi pazienti sono stati seguiti nel tempo con un follow-up annuale e sono stati analizzati i dati clinici, biochimici, anatomopatologici e densitometrici di tutti alla prima osservazione e all’ultima valutazione. E’ stato possibile suddividere i pazienti in due popolazioni: sporadica e familiare sulla base di:

- dati anamnestici

- screening della calcemia dei familiari di I grado

- screening degli altri organi bersaglio delle sindromi familiari (MEN1 e 2 dosaggio marcatori neuroendocrini, dosaggio ormoni ipofisari, dosaggio funzione tiroidea e dosaggio calcitonina, studio di imaging del pancreas con ecografia addome/TC con e senza mdc, studio di imaging ipofisi con RM ipofisi con e senza mdc; HPTJTS ortopantomagrafia della mandibola). Sulla base di queste valutazioni sono stati identificate due popolazioni: quella sporadica costituita da 112 pazienti (SPHPT) e quella familiare di 42 pazienti (FPHPT) ulteriormente suddivisi in 11 FHIP e 31 MEN1.

V.1 IPERPARATIROIDISMO PRIMARIO GIOVANILE SPORADICO (S-IPG)

In tutti i pazienti con diagnosi di S-IPG lo screening dei familiari di I grado non evidenziava alterazioni della calcemia corretta per albumina ed in tutti

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il dosaggio dei marcatori neuroendocrini, la funzione ipofisaria, la funzione tiroidea e la calcitonina erano nella norma.

I 112 pazienti sporadici erano suddivisi in 88 femmine e 24 maschi (rapporto F:M=3.6:1), presentavano un’età alla diagnosi pari a 33.3±6.65 anni (range 12-40 anni). Per quanto riguarda la sintomatologia correlata all’IP: 62 pazienti presentavano calcolosi renale sintomatica (69.44%), 4 pazienti presentavano fratture da fragilità (4.48%), 85 pazienti presentavano sintomi neuropsichici aspecifici (95.2%). Per quanto riguarda l’associazione con altre patologie: 2 pazienti presentavano fibroadenomi mammari, 4 pazienti presentavano fibromatosi uterina, 2 pazienti presentavano cisti epatiche multiple, 1 paziente presentava fibromi multipli degli arti superiori ed inferiori, 1 paziente un lipoma cervicale posteriore, la paziente più giovane della casistica (12 anni) presentava anche un astrocitoma a basso grado del talamo. 51 pazienti presentavano una concomitante patologia tiroidea benigna (57.12%). I dati biochimici al momento della diagnosi dei pazienti con S-IPG sono riportati nella Tabella 4.

(39)

Tabella 4: caratteristiche biochimiche dei pazienti con S-IPG

In particolare la calcemia totale era 11±0.96 mg/dl, la calcemia corretta per l’albumina era 10.56±1.06 (range 9-15 mg/dl), il calcio ionizzato era 1.49±0.13 mmol/l (range 1.26-2 mmol/l), il PTH 174.6±200.29 pg/ml (range 55-500 pg/ml)

I dati relativi alla densitometria ossea eseguita sui tre siti (vertebrale, femorale e radiale) al momento della diagnosi sono riportati nella Tab n 5

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E’ stato utilizzato per tutti i pazienti il valore della BMD e dello Z score (indice più appropriato per descrivere una popolazione giovanile). Prendendo in considerazione la densitometria ossea sul sito scheletrico vertebrale, era possibile osservare che il 14% dei pazienti presentava uno Z score sulla colonna ≤ -2.5 (osteoporosi), il 21% dei pazienti presentava uno Z score sulla colonna compreso tra < -2.5 e < -1.5 (osteopenia) ed il 65% uno Z score > -1.5. Considerando la densitometria a livello del collo del femore il 7.8% dei pazienti presentava Z score ≤ -2.5, il 22.5%, Z score compreso tra < -2.5 e < -1.5 ed il 69.6% Z score > -1.5. Considerando infine la densitometria a livello del terzo distale del radio: l’ l1.22% dei pazienti presentava uno Z score ≤ -2.5, il 10.2% Z score compreso tra < -2.5 e < -1.5 e 78.58% Z score > -1.5. Figura n 7

Fig. 7 Distribuzione per Z score dei pazienti con S-IPG, a livello dei tre siti scheletrici

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Stratificazione per maschi e femmine

Stratificando la popolazione con SPHPT per maschi (n=24) e femmine (n=88) si poteva notare che i maschi, pur essendo meno numerosi, presentavano una malattia più grave dal punto di vista biochimico e che questa differenza era statisticamente significativa considerando la calcemia totale, la calcemia corretta, il calcio ionizzato, ALP, BALP, OC, ma non il PTH (Tabella n. 6)

Tabella 6: stratificazione per maschi e femmine dei dati biochimici e densitometrici nei pazienti con S-IPG

Anche dal punto di vista densitometrico i maschi presentavano una malattia più grave, ovvero una minore densità minerale ossea ed un livello di Z score inferiore rispetto alle femmine. Questo dato tuttavia, risultava statisticamente significativa solo a livello del terzo distale del radio

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Correlazioni all’interno della popolazione S-IPG:

Eseguendo una matrice di correlazione tra tutte le variabili valutate in questo studio, era possibile evidenziare che:

- l’età nel gruppo dei pazienti con Iperparatiroidismo Sporadico non è correlata in modo statisticamente significativo alla gravità di malattia espressa come indici biochimici di malattia (Tab. 7A) - l’età nel gruppo dei pazienti con Iperparatiroidismo Sporadico non è

correlata in modo statisticamente significativo alla gravità di malattia considerando i valori densitometrici sui tre siti scheletrici.

(Tab. 7B)

- la calcemia totale è correlata in modo statisticamente significativo con il PTH (p<0.0001), con lo Z score della colonna (p=0.004), con lo Z score del collo del femore (p=0.007), con lo Z score del terzo distale del radio (p <0.0001) (Tab 7 A e B)

- il PTH è correlato in modo statisticamente significativo con la calcemia totale (p<0.0001), con lo Z score della colonna (p=0.027), con lo Z score del terzo distale del radio (p<0.0001) (Tab 7 A e B)

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Tabella 7 A e B: matrici di correlazione multipla tra le variabili età, indici biochimici e densitometrici di IP.

Pazienti sottoposti a PTX

Dei 112 pazienti con PHPT giovanile sporadico, 90 venivano sottoposti ad intervento chirurgico di paratiroidectomia e l’esame istologico era adenoma singolo nel 94.4% dei casi (n=85), carcinoma paratiroideo nel 2.2% dei casi (n=2), iperplasia ghiandolare nel 2.2% dei casi (n=2) ed nel 1.2% dei casi (n=1) veniva effettuata una cervicotomia bianca, senza asportazione di tessuto effettivamente paratiroideo (Figura 8)

Figura 8: distribuzione degli istotipi nei pazienti con S-IPG sottoposti a PTx

Dei 90 pazienti sottoposti ad intervento chirurgico 73 proseguivano il follow-up presso il nostro Centro (mediana del follow-up 2 anni). In questi pazienti era possibile evidenziare che il calcio ionizzato si riduceva in

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modo statisticamente significativo da 1.50±0.12 mmol/l, al momento della diagnosi, a 1.29±0.10 mmol/l (p value= <0.0001) all’ultima valutazione dopo la PTx; il PTH si riduceva in modo statisticamente significativo da 199.19±236.55 pg/ml a 52.32±23.82 pg/ml (p value =<0.0001). In 11 (15%) pazienti tuttavia si osservava la persistenza di valori di calcio ionizzato e di PTH superiori alla norma (rispettivamente Ca++ 1.46±0.061 mmol/l e PTH 75.45±25.22), al momento dell’ultima valutazione. Dei pazienti con persistenza/recidiva di malattia, un paziente maschio (9.1%) era stato sottoposto ad asportazione di tre ghiandole paratiroidi con istologia “iperplasia paratiroidea”, una paziente femmina (9.1%) era stata sottoposta a cervicotomia bianca con asportazione di un nodulo che all’istologico non conteneva tessuto paratiroideo, negli altri (81.8%) era stato asportato un adenoma singolo.

Pazienti non sottoposti a PTX

22 pazienti (19.64%) pazienti rifiutavano l’intervento chirurgico seppur consigliato e preferivano procrastinarlo. Questi pazienti avevano tuttavia una forma lieve di malattia con calcemia totale 10.5±0.9 mg/dl, Ca++ 1.42±0.1 mmol/l e PTH 93.25±57.29. In 11 di questi pazienti era disponibile il follow-up: presentavano una stazionarietà di malattia con calcio ionizzato 1.40 mmol/l (range 1.31-1.48) ed un PTH medio di 75.82 pg/ml (range 30-121). I valori densitometrici all’ultima osservazione mostravano un peggioramento lieve della massa ossea rispetto alla

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diagnosi (Z score L1-L4 -0.96±0.52; Z score femore -0.49±0.41; Z score terzo medio distale del radio -0.6±0.7).

V.2 IPERPARATIROIDISMO PRIMARIO GIOVANILE FAMILIARE (F-IPG)

I pazienti con Iperparatiroidismo Primario Familiare erano 42 in totale distinti in 11 FHIP (26.2%) e 31 MEN1 (73.8%). Erano suddivisi in 26 femmine (61.9%) e 16 maschi (38.1%), con un rapporto F:M=1.6:1 (Fig.9) L’età media alla diagnosi era 29±8.44 anni.

Figura 9: distribuzione tra MEN1 e FIHP e tra maschi e femmine nei pazienti con F-IPG

In 15 pazienti (35.7%) la diagnosi veniva effettuata a causa della litiasi renale sintomatica (coliche renali), in 20 pazienti (47.6%) la diagnosi veniva effettuata nell’ambito dello screening di familiari affetti da MEN1, nei restanti 7 (16.7%) il rilievo di ipercalcemia era occasionale nell’ambito di esami ematochimici eseguiti per altri motivi. Sei pazienti presentavano sintomi neuropsichici aspecifici e 7 pazienti avevano il rilievo anamnestico di osteoporosi/fratture da fragilità. La valutazione delle altre patologie

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associate di rilievo, evidenziava: un caso di melanoma maligno dorso-lombare, 5 casi di lesioni epatiche tra cui 2 emangiomi, 1 displasia cistica del fegato, un amartoma cistico del fegato, 1 microlesioni di ndd, 1 caso di concomitante Sindrome dell’Ovaio Policistico (PCOS), 1 caso di diatesi trombofilica su base autoimmune, 1 emangioma orbitario, 7 casi di tireopatia (tra cui 2 di carcinoma papillare) (Fig.10)

Figura 10: patologie associate nei pazienti con F-IPG

I dati biochimici dei pazienti con F-IPG, registrati al momento della diagnosi, sono riportati nella Tabella n. 8

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Tabella 8: dati biochimici al momento della diagnosi nei pazienti con F-IPG

I dati densitometrici dei pazienti con F-IPG, registrati al momento della diagnosi, sono riportati nella Tabella n.9

Tabella 9: dati densitometrici al momento della diagnosi dei pazienti con F-IPG

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eseguito al momento della diagnosi ed al momento dell’ultima valutazione: il dosaggio dei marcatori neuroendocrini, il dosaggio della calcitonina, la valutazione della funzione ipofisaria che risultavano negativi. Nei pazienti più giovani veniva eseguita inoltre ecografia addome/TC addome con e senza mdc del pancreas e RM ipofisi con e senza mdc, che erano negativi fino al momento dell’ultima valutazione del follow-up.

Nei pazienti con MEN1 (n=31): 8 pazienti presentavano lipomi, 1 paziente angiomi del volto, 1 paziente dermatofibrosi multipla, 1 paziente leiomioma gastrico (Figura 11)

Figura 11: lesioni cutanee nei pazienti con MEN1

Per quanto riguarda lo studio dell’ipofisi, erano presenti 5 casi di macroadenoma ipofisario di cui 3 non secernente, 1 macroprolattinoma, un macroadenoma a secrezione di GH+PRL; 8 microadenomi ipofisari di cui 3 secernenti PRL. L’età media di presentazione era 33.33±8.35 anni, 6 pazienti effettuavano terapia medica con cabergolina o bromocriptina e

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all’ultima osservazione si evidenziavano 2 remissioni mentre gli altri casi erano stazionari (Figura 12)

Figura 12: tipologia di lesioni ipofisarie nei pazienti con MEN1

Per quanto riguarda le lesioni neuroendocrine: 19 pazienti (61.29%) presentavano lesioni singole o multiple del pancreas non secernenti evidenziate per lo più con la TC addome con e senza mdc, 2 (6.45%) pazienti presentavano un tumore neuroendocrino ben differenziato del polmone, 2 (6.45%) gastrinomi di cui uno multifocale, 1 (3.22%) insulinoma, 1 (3.22%) carcinoma neuroendocrino pancreatico ben differenziato, 1 (3.22%) glucagonoma, mentre 5 pazienti (16.15%) non presentavano lesioni neuroendocrine al momento dell’ultimo follow-up

(Figura 13). L’età media di presentazione era 29.79±8.81, 6 pazienti

(50)

analoghi della somatostatina e 1 paziente era trattato con terapia radiometabolica con 177Lu-DOTATE 4 cicli (381 mCi in totale) e successivamente con 90Y-DOTATOC (3 cicli, 125 mCi in totale). Al momento dell’ultima valutazione del follow-up in 5 casi le lesioni pancreatiche risultavano lievemente aumentate di volume e si verificavano 2 recidive dopo terapia chirurgica.

Figura 13: distribuzione delle lesioni neuroendocrine nei pazienti con MEN1

Stratificazione per maschi e femmine

Stratificando il campione per maschi (n=16) e femmine (n=26) , si osservava che i maschi presentavano una calcemia significativamente più elevata, anche quando corretta per albumina, (p=0.015) rispetto alle femmine ed uno Z score del terzo distale del radio significativamente più basso rispetto alle femmine (p=0.002). Le due popolazioni non erano statisticamente diverse invece per gli altri parametri biochimici e densitometrici, anche se anche a livello dello Z score della colonna era

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