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Brunelleschi e l'invenzione della prospettiva

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Academic year: 2021

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Scienze e Tecnologie

Studi e Ricerche

Prospettive architettoniche

conservazione digitale, divulgazione e studio

VOLUME I

a cura di

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a cura di

Graziano Mario Valenti

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Copyright © 2014

Sapienza Università Editrice Piazzale Aldo Moro 5 – 00185 Roma www.editricesapienza.it

editrice.sapienza@uniroma1.it

Iscrizione Registro Operatori Comunicazione n. 11420 ISBN 978-88-98533-45-9

DOI 10.13133/ 978-88-98533-45-9

Quest’opera è distribuita con licenza Creative Commons 3.0 diffusa in modalità open access.

Distribuita su piattaforma digitale da:

Centro interdipartimentale di ricerca e servizi

Settore Publishing Digitale

In copertina: Matteo Flavio Mancini, Sala dei Cento Giorni, Palazzo della Cancelleria, Roma. Sovrapposi-zione del disegno di Vincenzo Fasolo con fotografia della sala.

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Maria Teresa Bartoli

Un compito per la storia del disegno

a prospeĴiva nacšue a Firenze, in virtù di un’intuizione speciale scaturita dalla mente creativa del Brunelleschi, che dall’esperienza di scienza e di tecnica dei secoli precedenti ǻoĴica geometrica e topogra-ęaǼ seppe far nascere un sapere nuovo, dotato di tangibile evidenza. sso orientá la tradizione del fare con arte in una direzione di straor-dinaria fecondità scientięca, tecnica, umanistica. In che cosa sia con-sistita l’intuizione del Brunelleschi è materia di discussione, poich· egli non lasciá testimonianze direĴeDz solo dalle testimonianze dei suoi contemporanei noi sappiamo che egli fu l’iniziatore del modo di rap-presentare che va soĴo il nome di prospeĴiva. a grata ammirazione che essi gli tributarono generá l’elogio incondizionato della storiogra-ęa successiva. ppure il racconto dell’allievo biografo devoto ManeĴi si svolge entro i conęni della descrizione pragmatica di due esperi-menti di cui non è rimasto il risultato, mentre la dedica entusiasta del De Pictura dell’Alberti1, pur nel pieno riconoscimento dell’autore del

fondamento teorico, si risolve, nel testo dell’opera ǻpriva di šualsiasi riferimento graęcoǼ, in spiegazioni il cui lessico è diĜcile rendere at-tuale. Ne restano chiaramente delineate due nozioni: la costruzione abbre-viata, esempio di eccellente soluzione leĴeraria a boccaŘ di un graęco di

1 In rapida sintesi, nel prologo al De pictura, Alberti dichiara che se in generale le opere

d’arte e di scienza degli antichi appaiono di gran lunga superiori a šuelle dei suoi contemporanei, fanno eccezione le opere realizzate in Firenze dall’ingegno di alcuni, prima di tuĴo di Filippo. Al šuale poi raccomanda: ȃse in tempo t’accade ozio, mi piacerà rivegga šuesta mia opereĴa de pictura šuale a tuo nome feci in lingua toscanaȄǯ

2 Filarete racconta che con un disegno e a bocca Brunelleschi descrisse il suo progeĴo

di Santo Spirito ai Frati Agostiniani. a parola, orale e scriĴa, era šuindi considerata potente strumento di descrizione delle costruzioni materiali.

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geometria ǻprobabile concezione albertianaǼ e il velo, strumento familia-re all’arte e šuindi di chiaro impiego, sia prima che dopo l’invenzione.

Si è šuindi diěusa una vulgata su ciá che Brunelleschi eěeĴivamen-te mostrá ai suoi discepoli, la cui costruzione ebbe inizio con la Vita del Vasari ǻ-15Ŝ8- il tempo in cui la ProspeĴiva, nell’Accademia delle Arti del Disegno, diveniva disciplinaǼ, che cosÈ ne dava sintesi: ȃtrová egli da se un modo che ella ǻprospeĴivaǼ potesse venir giusta e perfeĴa, che fu il levarla con la pianta e il proęlo e per via della intersegazioneȄ3.

Questa deęnizione è stata nel tempo deęnita la Œ˜œ›ž£’˜—Žȱ •Ž’Ĵ’–Š, non si sa più ad opera di chi. Il Vasari formulava con šueste parole non tanto l’insegnamento del Brunelleschi šuanto la sostanza del me-todo graęco di costruzione prospeĴica al suo tempo, dopo gli scriĴi e i disegni di Piero della Francesca, mentre scrivono Serlio, Vignola, Danti. Nel tempo successivo, i traĴati di prospeĴiva, sempre più nu-merosi e ricchi sia di teoremi che di costruzioni graęche, giungono a formulare un lessico nuovo e più adeguato alla cultura scientięca per gli elementi della costruzione prospeĴicaDz šueste nuove formule sop-piantano completamente le vecchie espressioniDz e la costruzione abbre-viata dell’Alberti, šuella •Ž’Ĵ’–Š del Brunelleschi, leĴe con parzialità le scarne parole dell’Alberti, assenti i documenti dell’invenzione di Filip-po, vennero reinterpretate e confermate nella accezione vasariana. Nel procedere della storia, la prospeĴiva divenne sempre più l’ambito di pensiero che stimolava lo sviluppo del pensiero scientięco, nell’inve-stigazione sulle trasformazioni della rappresentazione, non solo gra-ęca, ma sopraĴuĴo mentaleDz l’arte continuá ad esplorarla per rappre-sentare ęgure di realtà inesistenti sempre più acrobaticheDz il distacco dalle istanze di verità che avevano accompagnato la prima intuizione del Brunelleschi si andá accentuando, e la teoria necessaria per realiz-zare šuelle acrobazie ęgurative trová descrizione in traĴati ricchi sia di lessico formale preciso e puntuale che di graęci descriĴivi aěasci-nantiDz eppure, se andiamo a guardare i pochissimi esempi in cui era documentato il pensiero del Brunelleschi sulla prospeĴiva, possiamo comprendere che molto della scienza di poi era già contenuto nelle im-prese ęorentine a lui legate. e due tavoleĴe, la Trinità di Masaccio, la Sacrestia delle Messe, forse l’atrio di Palazzo Spinelli e le Annunciazioni del Beato Angelico anticipano šuasi tuĴi i temi messi successivamen-te in gioco. Ancor più che l’inventore della prospeĴiva, Brunelleschi

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fu l’ideatore di alcune cupole ǻcostruĴore di šuelle di Santa Maria del Fiore e della Sacrestia Vecchia di San orenzo, progeĴista di šuella della Cappella PazziǼ. Il tema della cupola è, dai tempi del Pantheon, nel šuale Filippo soggiorná a lungo per studiarne il disegno e la co-struzione, legato alle proiezioni centrali al pari e più della prospeĴiva. a sua conoscenza del tema era comprensiva dei teoremi esplorati dai cultori dell’astronomia.

a prima sęda in cui l’nità di ricerca si è impegnata è stata šuella di deęnire nella maniera più rigorosa possibile la natura dell’intuizio-ne del Brudell’intuizio-nelleschi, alla luce delle conoscenze acšuisite dell’intuizio-nel corso di ri-cerche precedenti dedicate da un lato agli esempi maggiori dell’archi-teĴura gotica ęorentina, dall’altro a celebri documenti di prospeĴive di architeĴura di piĴori di formazione ęorentina.

In ogni disciplina a caraĴere non puramente speculativo, ma ri-volta anche ad esiti pratici, coesistono due modi di trasmissione delle conoscenze. Il primo si compie aĴraverso la sistemazione formale nei generi leĴerari consacrati dalla tradizione ǻi traĴatiǼ, mentre il secondo si aĜda a canali precari e informali ǻla comunicazione orale o con ap-punti, la conservazione a memoria, il riferimento a modelliǼ, realizzati all’interno di gruppi legati da specięci rapporti di lavoro. e conoscen-ze trasmesse con il modo informale – struĴuralmente più labile – sono destinate a scomparire col venir meno delle situazioni che ne hanno giustięcato il sorgere. Ciá ostacola il lavoro di ricostruzione degli stori-ci, che non possono che rivolgersi ai canali formali della trasmissione. e loro descrizioni dell’asseĴo raggiunto dalle discipline in particolari momenti storici risentono delle zone d’ombra lasciate dalle traĴazioni uĜciali, che non trasmeĴono šuelle conoscenze che o sono di natura consuetudinaria e priva di trasmissione scriĴa o sono ancora carenti di un lessico leĴerario che le traduca in modo non ešuivoco. Del resto, anche l’interpretazione dei traĴati formali, nella distanza temporale e nella trasformazione della cultura, puá generare fraintendimenti. All’interno del corpo disciplinare, le conoscenze sono sempre streĴa-mente integrate tra di loro e la mancanza di riferimenti ad una parte di esse puá alterare profondamente la descrizione di un sistema, e ren-derla insoddisfacente. 2 šuesto il caso in cui vengono a trovarsi at-tualmente i tentativi di ricostruire l’asseĴo della prospeĴiva nel primo secolo dalla sua invenzione. e descrizioni che ne vengono faĴe, sulla base della rileĴura dei traĴati coevi, risentono più delle sistemazioni teoriche raggiunte nei secoli successivi che di una obbieĴiva ricerca del

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punto di vista del tempo, ed appaiono sopraĴuĴo insuĜcienti a spie-gare l’eccezionale šualità dei risultati concreti che la disciplina consen-tÈ di raggiungere.

Nel vivo delle opere si conserva la traccia della messa in aĴo di metodi e procedimenti geometrici di cui nei traĴati non si fa menzio-ne. ssi rivelano la forma della mente che li ha messi in opera. Gli interrogativi lasciati irrisolti dalle fonti leĴerarie possono trovare una risposta, aĴraverso nuove forme di approccio, rivolte direĴamente alle opere compiute, delle šuali oggi la tecnologia permeĴe l’acšuisizione digitale della šualità necessaria allo studio. Ci siamo šuindi rivolti alla ricerca di šueste conoscenze nascoste, nelle šuali era forse una parte vitale del pensiero prospeĴico.

Le testimonianze dei contemporanei

Brunelleschi fu l’indiscusso autore dell’invenzione della prospeĴi-vaDz ma nulla di essa ci è giunto direĴamente da lui, n· scriĴi n· disegni. Che cosa dunšue inventáǵ Secondo il biografo ManeĴi, allievo de-voto, egli inventá ȃla regola, che è parte della scienza delle diminuzio-ni e degli accrescimenti con cui appaiono alla vista le cose da lontano e da vicinoȄ4, deęnizione molto doĴa ma ermetica šuanto ai modi del

fare. Come fu spiegata la regolaǵ

Questo è l’interrogativo. Filarete descrisse l’invenzione del Bru-nelleschi come il modo di rappresentare lo scorciare delle cose che si vedono, šuale si puá rilevare osservando le cose in uno specchio5Dz

se-condo il Vasari, nel secolo seguente, la sostanza del suo insegnamento era stata la cosiddeĴa regola del taglio, spiegazione molto pratica, ma appartenente alla didaĴica accademica della disciplina. Questa versio-ne, che ha come premessa l’esecuzione di pianta e prospeĴo di ciá che si vuol meĴere in prospeĴiva, divenne l’opinione dominante presso la storiograęa critica. In šuesto studio si propone un’altra idea dell’in-venzione del Brunelleschi, idea cui è stato possibile conferire šualche fondamento sperimentale grazie ad alcune opportunità tecnologiche oěerte dal digitale.

4 ManeĴi 197Ŝ, pp. 55, 5Ŝ.

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e compositive

All’interno di un šuadrato di lato d è posto un triangolo isoscele con i lati uscenti dagli spigoli superiori del šuadrato e il vertice appoggiato sul centro del lato inferiore ǻFigura 1Ǽ. 2 indubbia la suggestione prospeĴica della ęgura. rasformando il triangolo in trapezio con una trasversale, la parte superiore viene facilmente leĴa come immagine di un soĜĴo piano.

a profondità del vano dipenderà sia dall’altezza del trapezio, sia dalla distanza dalla šuale si pensa di guardarlo. Possono esserci posizioni graęcamente privilegiate sia per l’una che per l’altra. na

Fig. 1. Schemi di signięcato prospeĴico, derivanti dal šuadrato associato ad un triangolo isoscele.

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costruzione appare come particolarmente aĴraente: šuella in cui un segmento ortogonale ad un cateto del triangolo esce dal vertice superiore opposto del šuadrato e prosegue verso la linea orizzontale appoggiata sulla base del šuadrato. Questo segmento incontra il lato del triangolo all’altezza di 3/5d dalla base del šuadrato, mentre incontra la linea orizzontale alla distanza di 1,5 d dal vertice del triangolo. Il trapezio di altezza 2/5 d ora rappresenta il soĜĴo piano di un vano che è immagine di un šuadrato, visto dalla distanza 1,5 d, per cui, tracciando le verticali dagli estremi della base minore del trapezio, si oĴiene l’immagine di un cubo ǻFigura 2, AǼ. Il šuadrato della parete di fondo del cubo dista 2,5 d dal punto di vista. Se šuel šuadrato diventa, per esempio, la faccia anteriore di un prisma oĴagonale, le reĴe inclinate di rapporto 2:1 uscenti dai vertici del primo šuadrato e ortogonali ai lati del triangolo ǻdiagonali del šuadrato in prospeĴivaǼ hanno la direzione dei lati sfuggenti dell’oĴagono ed è facile determinarne lo scorcio, mediante reĴe ortogonali al šuadro ǻFigura 2, BǼ. a prospeĴiva è presto determinata. o schema geometrico genera da solo prospeĴive di possibili schemi architeĴonici.

Fig. 2. Visualizzazione tridimensionale degli schemi di riferimento delle prospettive del Brunelleschi: A. TrinitàDz B. tavoletta del BattisteroDz C. tavoletta della Piazza della Signoria.

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Un disegno degli anni dell’invenzione

ȃOccorse ne’ tempi della sua giovanezza, che s’ebbe a murare nel Pala-gio de’ Priori l’uęcio e residenza degli uĜciali del Monte e la stanza de’ loro ministri che è in šuello luogo, dov’erano la maggior parte logge con colonne faĴe a pompa del palagio ed a bellezza, de’ loro tempi sti-mate, che vi si possono ancora vedere. ui ne fu richiesto e per archi-teĴo e per disegno e per conducerlo: e cosÈ fece.  šuivi si puá vedere ancora che, in šuanto a’ conci, šuello che s’usava a’ sua dÈ e’ non gli piaceva e non vi poteva stare suDz e perá gli usá altrimentiDz e šuel modo che prese poi non sapeva ancora, ch· lo prese poi ch’egli ebbe veduto e muramenti antichi de’ Romani. CosÈ ancora in šue’ tempi e’ mise in aĴo, lui proprio, šuello ch’e dipintori oggi dicono prospeĴivaȄŜ.

I lavori di cui si parla riguardano la zona del Palazzo alle spalle del cortile deĴo della Dogana. e grandi monofore alte più di m 4 che dan-no luce alla sala terrena retrostante, aperte sul lato dan-nord della piazza, sopra il barbacane, hanno un disegno veramente insolito, che rompe

con šuello delle precedenti. e bifore del palazzo gotico erano conte-nute in una cornice le cui spalle erano chiuse da un arco semicircolare nell’intradosso, ma acuto nell’estradosso ǻFigura 3Ǽ . Questa era proba-bilmente la ęgura contestata da Filippo.

6 Ivi, p. 55.

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Nelle monofore della stanza degli Ĝciali del Monte, gli archi di intradosso e di estradosso sono disegnati con due schemi geometrici in-soliti ǻFigura 4Ǽ.

Fig. 4. e monofore della stanza degli Ĝciali del Monte e lo schema.

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e linee degli archi di šueste monofore discendono in maniera neĴa dallo schema graęco del triangolo nel šuadrato ǻFigura 5Ǽ, il che puá suggerire una grande familiarità con esso e la tendenza a trovarvi la so-luzione di costruzioni graęche, in un certo periodo della vita di Filippo. o schema non era invenzione di Filippo, ma apparteneva alla scienza e alla tecnica gotiche, legate alla topograęa, familiari alla cultura dell’ar-chiteĴo ęorentino dal tempo di Arnolfo. ’OĴica della Scolastica aveva prodoĴo strumenti tra i šuali il baculo, il cui uso trovava fondamento nella ęgura del triangolo nel šuadrato per la sua spiegazione ǻFigura ŜǼ.

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ManeĴi descrive nella Vita gli elementi caraĴeristici della prospeĴiva del BaĴistero, primo felice esperimento di verięca dell’invenzione7:

1. la misura della tavoleĴa, ȃun šuadro di mezzo braccio di latoȄ, 2. la distanza da cui fu ritraĴo il BaĴistero, ȃšualche braccia tre dentro

la porta del DuomoȄ ǻFigura 7Ǽ,

3. l’estensione della scena ritraĴa, tra ȃla colonna di San anobi e il Canto alla PagliaȄ,

4. il meccanismo dell’immagine riĚessa, per cui lo speĴatore guarda-va in uno specchio tenuto con la mano, stando dietro la tavoleĴa, con l’occhio contro un foro piramidale, con il vertice ǻcome una len-teǼ nel punto principale.

7 Ivi, pp. 5Ŝ-59.

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a facciata del BaĴistero è larga m 13,55 ǻƽ braccia 23, ƜǼ. a sua di-stanza dall’aĴuale porta del Duomo è di m 33,21 ǻƽ braccia 57Ǽ. Quella antica non puá aver avuto distanza molto diversa. Sulla facciata del BaĴistero, uno stacco ben percepibile all’altezza di m 1Ŝ da terra deęni-sce il reĴangolo dell’aĴico, di proporzioni prossime al doppio šuadra-to. Il pavimento della chiesa è alto sul piano del BaĴistero m 0,90. n

occhio posto all’altezza di m 1,Ŝ0 su šuel pavimento avrebbe visto disegnato sopra l’orizzonte ǻm 0,90 Ƹ m 1,Ŝ0 ƽ m 2,50Ǽ un šuadrato di m 13.50 ǻƽ 1Ŝ - 2,50Ǽ, deęnito dagli spigoli dei costoloni dell’ot-tagono e dalla cornice che chiude il volume soĴo l’aĴico ǻFigura 8Ǽ. Ove si aggiungano braccia tre alla distanza di 57 braccia, si ha la distanza di Ŝ0 braccia. Se portiamo la lunghezza della facciata del BaĴistero a 24 braccia ǻdata la distanza, ciá non porterebbe grande diěerenza nell’immagine sul šuadro, distante Ɲ di braccio dall’oc-chio, sul šuale le grandezze sono ridoĴe a 1/120 del vero, e Ɲ di braccio valgono mm 3,ŜǼ, abbiamo due numeri ǻ24 e Ŝ0Ǽ nel rappor-to di 1: 2,5. Siamo nello schema del triangolo nel šuadrarappor-to e della prospeĴiva del prisma oĴagonale, in una situazione esemplare per

Fig. 7. Planimetria della situazione prospettica della avoletta nella piazza del Duomo di Giovan Battista Nelli, secolo VII.

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il disegno del contorno ǻorloǼ di un oggeĴo reale come l’occhio lo vede, nelle sue linee fondamentali ǻFigura 9Ǽ.

Il piĴore è alla distanza di Ŝ0 braccia dal fronte del BaĴisteroDz il šuadro di mezzo braccio di lato è a mezzo braccio di distanza da lui ǻFigura 10Ǽ.

Il rapporto tra grandezze reali e grandezze sul šuadro è 0,5 : Ŝ0, ovve-ro 1:120. a distanza tra l’occhio e il šuadovve-ro è 1/120 della distanza tra l’occhio e il BaĴistero. Sul šuadro, 24 braccia divengono 24/120 ƽ 1/5 di braccio, ovvero 48 denari ǻpoich· il braccio è diviso in 240 denariǼ, šuindi 2 denari del šuadro rappresentano un braccio del vero. Poich· 12 denari corrispondono ad un soldo ǻessendo il braccio diviso in 20 soldiǼ, il fronte del BaĴistero ǻfaĴo uguale a 24 bracciaǼ sulla tavoleĴa diviene lungo 4 soldi. Per la verięca dell’osservatore, lo specchio dove-va stare a 59,5 braccia dal BaĴistero, e la tavoleĴa a Ŝ0. ’approssima-zione delle qualche braccia tre del ManeĴi, date le dimensioni del BaĴi-stero e il forte rimpicciolimento della sua immagine ǻin cui 24 braccia, ovvero 14 metri, diventano cm 11,Ŝ7Dz 23,25 braccia sarebbero divenute cm 11,29Ǽ, signięcava la necessità di compensare con lo spostamento anche di un metro in avanti o indietro possibili fuor di regola dovuti

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alle misure ęsiche dei soggeĴi coinvoltiDz šuesti comunšue non avreb-bero inciso sensibilmente sulla corrispondenza del contorno e non avrebbero compromesso la verosimiglianza dell’immagine.

Fig. 9. ’orlo digitale del Battistero visto dalla distanza uguale a due volte e mezzo la larghezza della faccia.

Fig. 10. ’orlo sovrapposto alla fotografia del Battistero scattata dall’interno del Duomo, attraverso la porta centrale, con cavalletto ad altezza d’uomo, 3 braccia dentro la porta.

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a seconda tavoleĴa applica la prospeĴiva d’angolo, nella šuale nes-sun piano dell’oggeĴo osservato è parallelo al šuadro8. n altro schema

deve essere immaginato. n cubo è guardato in vista d’angolo ǻFigura 2, CǼ. sso è collocato entro un parallelepipedo a base šuadrata, osservato da un occhio la cui distanza dallo spigolo verticale anteriore del cubo è misurata da multipli dello spigolo della base del parallelepipedo.

8 Ivi, pp. 59-Ŝ0.

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o scorciare dei lati più lontani del cubo è determinato da semplici proporzioni dedoĴe da triangoli simili ǻFigura 11Ǽ. ManeĴi descrive nella Vita gli elementi caraĴeristici della prospeĴiva della piazza il cui protagonista è il palazzo: 1. la posizione dell’osservatore, allo sbocco di via Calzaioli sulla piazza, sul piano che proseguiva il lato della piazza con la facciata di San Romolo, un po’ in avanti ǻFigura 12ǼDz 2. il šuadro più grande di šuello del BaĴistero, perch· la piazza era più ampia e con più cose, šuindi non si poteva ȃreggere con una mano al viso e l’altra allo specchioȄ.

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a sommità del dipinto era tagliata sul contorno delle case, e si guardava contro il cielo. Non ci sono altri rešuisiti. a distanza è l’u-nico dato rilevante della regola. Se poniamo un cubo di lato pari alla lunghezza del fronte corto del palazzo di Arnolfo ǻƽ 45 bracciaǼ sullo spigolo verticale di nord-ovest del palazzo, soĴo le mensole del balla-toio ǻalte 48 braccia dal suo piano terraǼ, la sua base è appoggiata su un ragionevole piano dell’orizzonte ǻ3 braccia sul piano dell’arengario, che è alto braccia 1,5 sul piano della piazzaǼ e il lato della base šuadra-ta del parallelepipedo che lo puá contenere ǻƽ Ŝ3,Ŝ3 bracciaǼ entra 2 volte esaĴe ǻ127 braccia ƽ m 74Ǽ nello spazio della piazza tra il palazzo e l’inizio di via Calzaioli. Siamo nella situazione dello schema ǻFigu-ra13Ǽ. ’orlo che, secondo l’Alberti, serve a bloccare l’occhio del piĴore che ritrae dal vero la scena esistente, è ora disegnabile.

Fig. 13. a piazza fotografata dall’imbocco di via dei Calzaiuoli, sul ęlo del fronte delle case.

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La Trinità di Masaccio

’aěresco, dipinto sulla parete occidentale di Santa Maria Novel-la, puá essere considerato ȃcome il più antico esempio conosciuto di ęgurazione prospeĴica rigorosa dell’architeĴuraȄ9ǯȱa critica ha

spes-so ipotizzato che tale ęgurazione si dovesse al Brunelleschi. Anche se manca šualsiasi puntello documentale all’ipotesi, resta il riconosci-mento, nella Vita del Vasari, che comunšue Masaccio apprese la regola dal Brunelleschi e ne fu discepolo scrupoloso10 ǻFigura 14Ǽ. ’aěresco è

una ęnta architeĴura a pieno titolo, perch· simula con verosimiglianza uno spazio illusorio, che inganna l’osservatore. ’occhio che guarda la scena si trova ad altezza d’uomo, a 3 braccia da terra. ’altare dipinto soĴo la scena ha misure realistiche. Sopra l’altare due gradini intro-ducono alla cappella, il cui pavimento resta sopra la testa del risguar-dante. a discussione di emp sulle interpretazioni prospeĴiche della rinità lo porta a concludere che ȃla costruzione di Masaccio non è proprio coerente e regolare in ogni deĴaglio e nessun sistema di rico-struzione puá risolvere interamente tuĴi i problemiȄ11. Perch· dunšue

il Vasari, oĴimo prospeĴico, ne ammira con parole entusiaste l’eěeĴo di verosimiglianzaǵ ȃMa šuello che vi è bellissimo, oltre alle ęgure, è una volta a mezza boĴe tirata in prospeĴiva, e spartita in šuadri pieni di rosoni che diminuiscono e scortano cosÈ bene, che pare che sia bu-cato šuel muroȄ12. a sęda è dunšue trovare gli elementi esaĴi della

regola e dimostrare che il dipinto rappresenta una struĴura architeĴo-nica non solo coerente, ma ammirevole.

Procedendo per punti, con riferimento alle Figure 15 e 1Ŝ:

1. la linea dell’orizzonte è appoggiata sulla sommità del gradino su cui sono inginocchiati i donatori. Il punto principale è sull’asse del-la composizioneDz

2. non esiste il piano di terraDz il piano di riferimento della prospeĴiva è appoggiato sopra i capitelli rossi delle šuaĴro colonne. Si assume come traccia ǻintersezione del šuadro con un piano orizzontaleǼ la reĴa appoggiata sul ęlo superiore dei capitelli di primo pianoDz

9 VagneĴi 1979, p. 202.

10 Nella Vita di Masaccio, Vasari ricorda come la notizia della sua morte commosse il

Brunelleschi: “e gli dolse inęnitamente, essendosi aěaticato gran pezzo in mostrargli molti termini di prospeĴiva di architeĴuraȄ. Vasari 1822, vol. II, p. 118.

11 emp 2005, p. 27.

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Fig. 15. Schema geometrico dell’architettura dipinta, vista dall’alto, di fronte e in assonometria.

Fig. 16. Prospettiva digitale dello schema 3D dalla distanza di una volta e mezzo il lato del šuadrato.

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Fig. 17. a prospettiva digitale appoggiata sul dipinto a verifica della corretta lettura della situazione spaziale.

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3. la distanza della traccia dall’orizzonte ǻm 3Ǽ è uguale alla larghezza del dipinto segnalata dalle due strisce nere. Dunšue un šuadrato si oěre sull’immagine. a senso ai ęni della costruzione prospeĴicaǵ 4. è supposizione generale che lo spazio coperto dalla boĴe debba es-sere šuadrato. Perch·ǵ a boĴe è formata da un casseĴonato la cui geometria è chiaramente costruita proieĴando dal punto principale della prospeĴiva 8 segmenti uguali in cui è divisa la traccia tra le due lesene. n reĴangolo di 8 ¡ 7 segmenti uguali è il campo coper-to dalla boĴe. Non c’è motivo di pensare che i šuadrati piani da cui provengono i casseĴi non siano uguali;

5. la distanza dalla šuale il dipinto va guardato non è facilmente ri-conoscibile. Non ci sono elementi palesi da cui ricostruirlaDz eppure essa deve essere deducibile dagli elementi datiDz

Ŝ. disegniamo il šuadrato del punto 3. Poniamo in esso il triangolo rovesciato descriĴo infra ǻp. 225Ǽ e tracciamo le ortogonali ai suoi lati dai vertici del šuadrato. sse entrano nello spigolo esterno dei capitelli delle colonne di fondo. Ora un šuadrato è chiaramente de-ęnito e messo in relazione con le membrature dell’architeĴura. a distanza da cui dobbiamo guardare il dipinto è ora esplicita: una volta e mezzo la larghezza all’interno delle strisce grigie. a chiave prospeĴica del dipinto e il disegno dell’architeĴura sono chiara-mente risolti. o schema, sovrapposto alla ęgura, conferma la coe-renza della ricostruzione.

Le prime applicazioni dell’insegnamento

o schema brunelleschiano aĜora in un’altra rilevante opera ascri-vibile al suo insegnamento: le tarsie della pannellatura lignea della Sa-crestia delle Messe del Duomo di Firenze, šui di seguito analizzate e interpretate da Carlo Biagini e Vincenzo Donato. Il passo successivo di šuesta ricerca ǻdedicata a meĴere in luce e descrivere il meccanismo immaginięco di formazione di una intuizione scientięca straordinaria-mente innovatrice e di successiva gemmazione delle deduzioniǼ sarà la verięca della presenza degli schemi che ispirarono le tavoleĴe nelle opere di altri celebri prospeĴici formati a Firenze dall’insegnamento di Brunelleschi e dei suoi allievi ǻGhiberti, Piero della Francesca, Raěael-loǼ. A šuesti si aĜancá poi a Firenze l’insegnamento albertiano del De piĴura, evidente negli esempi in cui il piano di riferimento si dispone a

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terra e permeĴe di dare applicazione alla costruzione della prospeĴiva di un pavimento di rišuadri. Come dice Alberti nel suo traĴato, molte altre furono le deduzioni che egli seppe trarre dall’assioma prospeĴi-co, ma solo ciá che poteva essere deĴo e compreso facilmente a parole era entrato nello scriĴo.

I risultati šui esposti hanno potuto avvantaggiarsi delle seguenti opportunità:

- apertura della porta centrale del Duomo di Firenze, consentita ec-cezionalmente dall’Opera del Duomo, per fotografare il BaĴistero dalla posizione descriĴa dal biografo ManeĴi in relazione alla pri-ma tavoleĴaDz

- foto digitale di Palazzo Vecchio ǻassemblaggio di due pose reso possibile dal suo rilievo metricoǼ dalla posizione esaĴa da cui fu disegnata la tavoleĴa della piazza della Signoria. a direzione del raggio principale è stata scelta a 45ǚ con le facce del palazzo, dispo-nendo l’obbieĴivo a collimare col ęlo esterno delle ęnestre della torre, ai limiti della distanza di 45 braccia dall’angolo del palazzoDz Quanto alla rinità, il saggio di Carlo BaĴini spiega šuello che è stato faĴo per acšuisirne l’immagine con fedeltà.

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