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Tessuto adiposo, insulina e glucagone nel pancreas di soggetti con diabete di tipo 2, e impatto sulla secrezione insulinica

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

DIPARTIMENTO DI BIOLOGIA

Laurea magistrale in biologia applicata alla biomedicina

“Tessuto adiposo, insulina e glucagone nel pancreas

di soggetti con diabete di tipo 2, e impatto sulla

secrezione insulinica”.

CANDIDATO Carmela De Luca RELATORI Piero Marchetti Lorella Marselli Anno Accademico 2016/2017

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INDICE RIASSUNTO

INTRODUZIONE……….……1

IL DIABETE MELLITO………...……1

DIABETE MELLITO DI TIPO 2………...3

ISOLE DI LANGHERANS E CELLULE β………5

Funzione β-cellulare………6

Massa β-cellulare………8

Massa β-cellulare nel diabete di tipo 2………8

Morte e rigenerazione β-cellulare nel DMT2………...9

Alterazioni della funzione β-cellulare nel DMT2………...10

SCOPO TESI………...12

MATERIALI E METODI……….…....……..13

Processazione del tessuto pancreatico………..……...14

Preparazione dei campioni istologici……….14

Preparazione del tampone e della soluzione di Parafolmaldeide………...14

Preparazione della soluzione tampone……….………14

Preparazione della soluzione di PFA……….……….15

Deidratazione dei campioni e inclusione in paraffina……….15

Preparazione delle sezioni tessutali ……….………..16

Colorazione delle sezioni tessutali mediante la tecnica di immunoflorescenza………....17

Preparazione della soluzione di tampone fosfato (PBS)……….…….18

Analisi morfometrica……….18

Conteggio e classificazione del contenuto di adiposo……….21

Conteggio delle isole……….21

(3)

PREPARAZIONE DELLE ISOLE DI LANGERHANS……….………23

Digestione del tessuto pancreatico……….23

Purificazione………..………24

Preparazione del mezzo di coltura M199……….……..25

Preparazione delle soluzioni di Krebs-Ringer-Hepes………..………...26

STUDI FUNZIONALI IN VITRO………..26

Dosaggio immunoradiometrico dell’insulina……….……….27

Analisi del rilascio insulinico………28

Analisi statistica……….28

RISULTATI………..………..29

Analisi morfometrica………29

Caratteristiche del tessuto adiposo: numero degli adipociti, caratteristiche morfometriche e morfologiche………30

Conteggio delle isole……….30

Caratterizzazione morfometrica delle isole………31

Dati di funzione………..31

DISCUSSIONE………..34 BIBLIOGRAFIA

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Riassunto

Il diabete mellito di tipo 2 (DMT2) è una patologia caratterizzata da una riduzione della massa funzionale β-cellulare, rappresenta il 90-95% di tutti i casi di diabete, ed è frequentemente associato alla condizione di sovrappeso o obesità. Nel tentativo di stabilire il ruolo della massa e/o della funzione β-cellulare nella patogenesi del DMT2, diversi studi hanno valutato il contenuto di β-cellule in sezioni di tessuto pancreatico ottenuto da soggetti diabetici, mentre le caratteristiche della funzione sono state studiate su isole isolate. Ad ora risultano invece molto limitate le informazioni dirette disponibili sulla quantità di tessuto adiposo intra-acinare (TA) nel pancreas di soggetti DMT2 e le sue relazioni con la quantità e la funzione delle β-cellule.

Scopo del lavoro di tesi è stato quello di misurare il contenuto di tessuto adiposo intra-acinare in soggetti DMT2 e in controlli non-diabetici (ND), l’area insulino positiva, glucagone positiva, e le caratteristiche funzionali delle isole pancreatiche.

Lo studio è stato condotto su tessuto pancreatico e isole ottenuti da 13 donatori mul-tiorgano ND (età: 70±4 anni; 5 maschi e 8 femmine; indice di massa corporea (IMC): 31,3±0,4 Kg/m2; circonferenza addominale (CA):111±4), e da 15 soggetti DMT2 (età:

71±2 anni; 9 maschi e 6 femmine; IMC: 29,8±1; CA: 112±2 cm). Le sezioni di tessuto pancreatico sono state colorate con tecnica di immunofluorescenza utilizzando l’anti-corpo anti-insulina per l’identificazione delle β-cellule, l’antil’anti-corpo anti-glucagone per l’identificazione delle cellulle alfa e il colorante DAPI (4',6-diamidino-2-phenylindole) per l’identificazione dei nuclei. L’analisi morfometrica è stata condotta utilizzando il sistema MetaMorph v1.8.0 su microscopio Leica DM5500, il programma ha consen-tito di identificare le aree di tessuto corrispondenti alla presenza degli adipociti e di calcolare l’area insulino-positiva e glucagone-positiva su tutta la sezione. Inoltre sulle stesse sezioni è stata svolta l’analisi morfologica del TA andando a contare e valutare la loro distribuzione come: singoli adipociti (SA), gruppi di adipociti da 2-5 (GA 2-5),

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gruppi di adipociti da 6-10 (GA 6-10), gruppi di adipociti con numero >10 (GA>10); le dimensioni degli adipociti sono state ottenute facendo il rapporto tra superficie di tes-suto adiposo e il loro numero.

Lo studio funzionale è stato condotto su isole preparate mediante digestione enzima-tica e purificazione su gradiente di densità, successivamente stimolate con glucosio alle concentrazioni 3,3 e 16,7 mM, glibenclamide 100 µM, arginina 20 mM; l’indice di stimolo (IS) è stato calcolato come rapporto tra rilascio insulinico in risposta a glucosio 16,7 mM, glibenclamide 100 µM, arginina 20 mM, e glucosio 3.3 mM. Il TA non è risultato diverso nei soggetti DMT2 (6,8±1,2%) rispetto ai ND (5,4±1,9%p=0,387), così come non è stata riscontrata differenza tra i due gruppi per quanto riguarda l’area insulino-positiva (p=0,184), l’area glucagone-positiva (p=0,391), il numero di adipociti per unità di superficie e la loro distribuzione (p=0,856, p=0,547); mentre risultavano diverse le dimensioni degli adipociti, 5457±563 m2 nei ND e 8890±934 m2 nei DMT2

(p<0,01). Per quanto riguarda la funzionalità beta-cellulare è stata osservata una ri-duzione della risposta a glucosio 16,7 mM e glibenclamide 100 M (p<0,01 per en-trambe le condizioni) nei DMT2 rispetto ai ND.Questo studio ha consentito di quanti-ficare direttamente il contenuto di tessuto adiposo nel parenchima pancreatico.

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INTRODUZIONE

IL DIABETE MELLITO

Definizione

Il diabete mellito è una malattia metabolica caratterizzata da iperglicemia con associate alterazioni del metabolismo dei carboidrati, grassi e proteine, risultanti da difetti nella secrezione o nell’azione dell’insulina, o da una combinazione di questi (1). La prevalenza di questa patologia è progressivamente in aumento, tanto che l’IDF (International Dia-betes Federation) definisce il diabete un’emergenza mondiale (2). Oggi circa 415 milioni di adulti sono affetti da diabete diagnosticato, mentre circa 318 milioni sono gli adulti che hanno una tolleranza al glucosio compromessa, condizione quest’ultima che rappre-senta un fattore di rischio per lo sviluppo di diabete. Inoltre, l’IDF stima che nel 2040 il numero di persone con diabete di età compresa tra 20 e 79 anni raggiungerà i 642 milioni e solo in europa circa 71,1 milioni (2).

I fattori eziologici coinvolti nello sviluppo della malattia sono molteplici, e per talune forme, come per il diabete mellito di tipo 2, non ancora completamente noti (3). Comunque, sulla base dei meccanismi eziopatogenetici è stata elaborata una classificazione che ha consentito di suddividere le forme di diabete in:

Diabete mellito di tipo 1 (DMT1): caratterizzato da distruzione β-cellulare, spesso associata a un deficit assoluto di insulina; nell’ambito di questa forma si riconoscono due sottotipi: il diabete immuno-mediato, comprende il 5-10% di tutte le forme di diabete, è dovuto a distruzione autoimmune cellulo-mediata delle cellule-β pancreatiche; il diabete idiopatico si verifica in una minoranza dei casi, soprattutto in soggetti Africani e Asiatici, e ha un’eziologia sconosciuta.

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Diabete mellito di tipo 2 (DMT2): comprende il 90-95% di tutti i casi di diabete, è dovuto ad una progressiva compromissione della secrezione insulinica che si sviluppa su un substrato di insulino-resistenza.

Diabete gestazionale (GDM): comprende qualsiasi forma di diabete o alterata regolazione glicemica diagnosticata per la prima volta in corso di gravidanza

Forme specifiche di diabete:

 Sindromi di diabete monogenico dovuto a difetti genetici della cellula beta: rientrano in questa classe il diabete neonatale e tutte le forme di MODY (Maturity Onset Dia-betes Of The Young), queste forme sono caratterizzate da alterata secrezione insu-linica con difetti minimi o assenti nell’azione dell’insulina stessa.

 Diabete dovuto a difetti genetici nell’azione dell’insulina dovute a mutazioni del re-cettore dell’insulina.

 Diabete secondario a patologie del pancreas esocrino quali pancreatite, trauma, in-fezioni, pancreasectomia, carcinoma pancreatico.

 Diabete secondario a malattie endocrine quali acromegalia, sindrome di Cushing, glucagonoma, e feocromocitoma. L’eccesso di ormoni (ormone della crescita, corti-solo, glucagone, adrenalina) prodotti in queste patologie antagonizzano l’azione dell’insulina. Queste malattie si manifestano soprattutto in soggetti con deficit nella secrezione insulinica preesistenti.

 Diabete indotto da farmaci o da sostanze chimiche. Alcuni farmaci possono indurre una alterazione del metabolismo glucidico influenzando negativamente la secrezione insulinica, come gli agonisti-

-

adrenergici, o inducendo insulino-resistenza, come i glucocorticoidi.

 Diabete secondario a infezioni. Alcuni virus possono provocare una pancreatite con conseguente distruzione β-cellulare; questo può verificarsi in pazienti con rosolia

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congenita, infezione da coxsachievirus B, citomegalovirus, adenovirus e paramyxo-virus.

 Forme non comuni di diabete immuno-mediato comprendono la sindrome di “Stiff-man” e la forma di diabete associata alla produzione di anticorpi anti-recettore insu-linico.

 Diabete associato a sindromi genetiche quali la sindrome di Down, la sindrome di Klinefelter e la sindrome di Turner (3,4).

DIABETE MELLITO DI TIPO 2

Eziopatogenesi

Il DMT2 comprende il 90-95% di tutte le forme di diabete, per questa forma non è stata ancora individuata un’eziologia specifica ma un ruolo è stato riconosciuto a fattori ambientali, quali sovrappeso/obesità e sedentarietà, e a fattori genetici (5). Studi di linkage, di associazione di geni candidati, di associazione genomica su larga scala (Genome-Wide Assosation Studies, GWAS) e studi di sequenziamento hanno identificato più varianti geniche associate all’insorgenza di DMT2 (6). Quasi tutte regolano la secrezione insulinica e solo poche la sensibilità all’ insulina (6). Tuttavia, gli effetti sul rischio di sviluppare DMT2 e l’impatto sull’ereditarietà dello stesso sono piuttosto limitate. Studi di GWAS hanno identificato più di 80 varianti comuni, a cui si associa un rischio di sviluppare DMT2 del 5-40%, mentre l’impatto sull’ereditarietà del DMT2 è di solo il 10%, l’effetto delle forme a bassa frequenza e rare è ancora più limitato. La quota di ereditarietà di DMT2 non associata alle varianti identificate è verosimilmente riconducibile agli effetti delle interazioni gene-ambiente e gene-gene, e a fattori epigenetici, come metilazione del DNA e modificazioni istoniche, che potrebbero mediare gli effetti delle esposizioni ambientali sul rischio di DMT2 (6).

Nell’ambito dei fattori ambientali un ruolo importante è svolto dall’obesità, soprattutto la forma viscerale, caratterizzata dall’accumulo di grasso a livello di tessuti non adiposi quali fegato, muscolo scheletrico, pancreas, cuore e rene (7). Il deposito ectopico di

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grasso, si verifica quando il bilancio tra introito calorico e dispendio energetico supera la capacità di espansione del tessuto adiposo sottocutaneo. In conseguenza del sovraccarico lipidico gli adipociti sottocutanei diventano ipertrofici e risentono dei fenomeni ipossici che si verificano per la ridotta capacità angiogenica del tessuto stesso. Questo comporta un cambiamento del loro fenotipo biologico con sintesi e rilascio di citochine e adipochine pro-infiammatorie, che determinano a livello locale l’infiltrazione di cellule immunitarie pro-infiammatorie, quali macrofagi, e a livello sistemico l’insorgenza di uno stato infiammatorio cronico di basso grado (7). Lo stato infiammatorio sistemico, l’espansione del tessuto adiposo, l’infiltrazione di grasso a livello epatico e muscolare scheletrico, determinano l’insorgenza dell’insulino-resistenza (7,8). Al contempo, la disfunzione del tessuto adiposo comporta un’alterazione funzionale dell’enzima lipoprotein-lipasi, che nella condizione di obesità risulta essere più attiva durante il digiuno e meno soppressa nel periodo post-prandiale, con conseguente aumento di acidi grassi liberi in circolo (8).

Elevati livelli di acidi grassi circolanti sono associati ad una alterazione funzionale della β–cellula in vivo, soprattutto in soggetti geneticamente predisposti allo sviluppo del DMT2 (9). Analogamente studi in vitro, condotti su isole pancreatiche umane, hanno evidenziato che l’esposizione alla combinazione di acidi grassi, palmitato e oleato, si associava ad una riduzione della secrezione insulinica glucosio-stimolata, accompagnata da una riduzione dell’utilizzazione ed ossidazione del glucosio, e ad un aumento del contenuto insulare di trigliceridi (10,11). Nelle stesse condizione sperimentali è stato inoltre osservato un ‘aumento della morte β-cellulare dovuta all’attivazione di meccanismi apoptotici (10). Altri meccanismi molecolari potrebbero essere coinvolti nella determinazione del danno β–cellulare indotto da lipidi quali le alterazioni del metabolismo ossidativo degli acidi grassi (12) e lo stress del reticolo endoplasmico (13).

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Fisiopatologia

Il DMT2 è caratterizzato da due difetti fisiopatologici: l'insulino-resistenza, condizione dovuta a difetti dell’azione insulinica a livello del fegato, del tessuto muscolare scheletrico e tessuto adiposo, e la compromissione della funzione secretoria delle β-cellule pancreatiche. I due difetti possono variamente combinarsi tra loro (3). L’insulino-resistenza è talora il difetto che compare per primo e, nelle fasi iniziali, può essere compensato da un’ipersecrezione di insulina, tale da mantenere i livelli di glucosio nel sangue entro limiti fisiologici. Tuttavia nel tempo le β-cellule vanno incontro a un declino della funzione, questo porta alla comparsa delle prime alterazioni metaboliche, che progrediscono sino all’ insorgenza del diabete. Comunque, indipendentemente dalla presenza e dal grado di insulino-resistenza, l’insorgenza e la progressione della malattia diabetica di tipo 2 è determinata dalla disfunzione β-cellulare, che può essere sostenuta da una alterazione della secrezione insulinica, da una riduzione della massa β-cellulare, o da una combinazione di entrambe.

ISOLE DI LANGHERANS E CELLULE-β

Le β-cellule rappresentano circa l’80% della componente cellulare delle isole di Lange-rhans. Le isole di Langerhans rappresentano la componente endocrina del pancreas costituendo circa l’1-2% del parenchima pancreatico (14). Si tratta di aggregati cellulari formati fondamentalmente da quattro tipi di cellule: le cellule beta, le cellule alfa, le cellule delta e le PP (chiamate anche cellule gamma). Le diverse cellule endocrine differiscono tra loro per le caratteristiche citologiche e per la numerosità, oltre che per la funzione. Le β-cellule, secernono insulina in risposta al glucosio e alla stimolazione aminoacidica; hanno una forma poliedrica di piramide tronca, la β-cellula umana contiene da 4.000 a 10.000 granuli di insulina aventi un diametro compreso tra 250 e 300 nm (15). Le cellule alfa rappresentano circa il 15% della componente cellulare endocrina, hanno aspetto

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colonnare, sono generalmente più piccole delle cellule beta, contengono granuli secre-tori di glucagone, del diametro di 200-250 nm e aspetto elettropaco. Le cellule delta sono più piccole sia delle cellule alfa che delle beta, rappresentano circa l’1% delle cellule insulari, hanno un aspetto dendritico, possiedono granuli di somatostatina che sono più grandi e meno elettropachi dei granuli delle alfa cellule. Le cellule PP sono il tipo cellulare più variabile nelle diverse specie, producono polipeptide pancreatico contenuto in granuli allungati, elettrondensi, del diametro di 120-160 nm (16).All’interno dell’isola le cellule endocrine hanno una distribuzione variabile a seconda della specie; nella maggior parte dei mammiferi le cellule-β giacciono al centro dell’isola e sono circondate da un sottile strato di cellule alfa o PP, mentre le cellule delta hanno una distribuzione più casuale (17). Nell’uomo e negli altri primati, questa separazione cellulare è meno definita, e le cellule alfa, beta e gamma sembrano avere una distribuzione casuale all’interno dell’isola. Le isole possono avere dimensioni variabili, comprese tra 50 e 300 µm; tutta-via, il diametro medio di un’isola è di 100-150 µm; un’isola di queste dimensioni contiene circa 1.000 cellule beta. A seconda delle dimensioni, le isole possono presentare una composizione cellulare diversa; in particolare, le isole di piccole dimensioni contengono in prevalenza β-cellule e solo poche cellule non-beta, al contrario, nelle isole di dimen-sioni maggiori la componente non-β cellulare è ben rappresentata, soprattutto da cellule alfa (17). Il pancreas umano contiene un numero di isole variabile da 500.000 a 1.000.000 (18).Per quanto riguarda la loro distribuzione, è stata riportata una maggiore numerosità a livello della coda dell’organo rispetto al corpo e alla testa (18); altri studi hanno rilevato che le differenze topografiche tra testa, corpo e coda non sarebbero do-vute alla numerosità delle isole (18), bensì al loro volume (19). In particolare, la porzione di pancreas prossima al duodeno conterrebbe isole piuttosto piccole, mentre progre-dendo verso la estremità splenica dell’organo aumenterebbe la proporzione di isole più grandi; fatto questo che contribuirebbbe a determinare il gradiente insulare tra corpo e coda (19).

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Funzione β-cellulare

Le cellule β producono e secernono insulina in maniera controllata, così da mantenere i livelli plasmatici di glucosio in uno stretto intervallo fisiologico compreso tra 65 e 110 mg/dl. La normale funzione β-cellulare dipende sia dall’integrità dei meccanismi che re-golano la sintesi e il rilascio dell’insulina, sia dalla massa complessiva delle cellule beta. Il glucosio è l’unico zucchero d’importanza fisiologica per il controllo della secrezione insulinica. Il suo ingresso nelle β-cellule è mediato da specifici gluco-trasportatori (GLUT2 e nell’uomo anche GLUT1); una volta all’interno delle cellule, il glucosio viene fosforilato in posizione 6 ad opera della glucochinasi (GK, esochinasi IV), in questa forma entra nella via glicolitica. La molecola di piruvato che alla fine ne deriva entra nel mito-condrio, e parteciperà al ciclo di Krebs portando alla produzione di ATP. Con l’aumento della concentrazione ematica e, quindi, intracellulare del glucosio, aumenta anche il rap-porto tra ATP e ADP all’interno della β-cellula. Questo determina la chiusura, a livello della membrana plasmatica dei canali del potassio ATP-dipendenti, cui fa seguito la de-polarizzazione della membrana e l’apertura dei canali del calcio voltaggio-dipendenti, l’ingresso degli ioni calcio nella cellula induce l’esocitosi dei granuli di insulina (20,21) (figura. 1).

Figura 1- Meccanismo della secrezione insulinica in risposta al glucosio, arginina e

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Le cellule β sono in grado di rispondere anche a sostanze diverse dal glucosio come alcuni aminoacidi, tra cui l’arginina, e farmaci del gruppo delle sulfaniluree. A concentra-zioni fisiologiche i singoli aminoacidi sono inefficaci, ma la loro combinazione, in propor-zioni corrispondenti a quelle riscontrate nel circolo, ha un effetto stimolatorio (22,23). Tuttavia, la capacità degli aminoacidi di indurre la secrezione insulinica è dipendente dalla presenza di glucosio (24). Per quanto riguarda i farmaci, le sulfaniluree sono gli ipoglicemizzanti comunemente usati nel trattamento dei pazienti affetti da diabete mellito di tipo 2. Queste molecole, chiudendo i canali del potassio ATP-dipendenti, sono in grado di indurre un aumento del rilascio insulinico (figura. 1).

Massa β-cellulare

La massa pancreatica β-cellulare è regolata da quattro fattori: l’apoptosi (una particolare forma di morte cellulare programmata) (25,26,27), le dimensioni β-cellulari, la replica-zione β-cellulare (divisione mitotica di cellule-β preesistenti), la neogenesi (origine di nuove cellule-β da cellule epiteliali duttali) (28,29). Nei primi anni di vita, la massa β-cellulare aumenta grazie a fenomeni di replicazione e di neogenesi, raggiungendo poi un equilibrio, che viene mantenuto, durante la vita adulta. Con l’avanzare dell’età, i fe-nomeni apoptodici tendono a prevalere su quelli rigenerativi e la massa β-cellulare si riduce leggermente. In caso di necessità (ad esempio riduzione della sensibilità all’ insu-lina, gravidanza) le β-cellule sono in grado di adattarsi alle nuove circostanze. In parti-colare, in caso di sovrappeso/obesità, l’insulino-resistenza che ne deriva viene compen-sata da un accentuato tasso di replicazione e neogenesi e dall’aumento di dimensioni delle singole β-cellule (30).

Massa β-cellulare nel diabete di tipo 2

La quantità di β-cellule è stata descritta come significativamente ridotta nel pancreas di soggetti con diabete di tipo 2; sebbene i dati non siano univoci. I primi studi eseguiti per la valutazione del contenuto β-cellulare hanno riportato una riduzione del numero di isole

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del 30-50%, nel pancreas di soggetti con DMT2 rispetto ai controlli non-diabetici (31). Analogamente è stata descritta una riduzione del volume insulare in soggetti DMT2 ri-spetto ai controlli (32). Negli anni successivi alcuni autori non hanno rilevato differenze sostanziali nella quantità di β-cellule in campioni di soggetti diabetici rispetto agli non-diabetici, altri studi hanno invece evidenziato una riduzione della quantità di β-cellule, valutata come: area β-cellulare, volume β-cellulare o massa β-cellulare. In particolare, è stata descritta una riduzione dell’area β-cellulare del 24% (33), mentre il volume e la massa cellulare del 30% (34). Questi dati sono stati confermati da altri autori che hanno studiato il volume β-cellulare (35), il confronto è stato fatto in soggetti obesi e in soggetti magri con risultati sovrapponibili (36). Al contrario, uno studio più recente ha osservato che la massa β-cellulare era significativamente ridotta in soggetti diabetici rispetto ai controlli non diabetici (37) nell’ambito della popolazione obesa, mentre non è stata ri-scontrata nessuna differenza nel gruppo di soggetti magri (38).

Morte e rigenerazione β-cellulare nel DMT2

La perdita β-cellulare nel DMT2 sembra essere principalmente dovuta ad un aumento del tasso di morte cellulare β-cellulare (36,38,39) non adeguatamente compensato da fenomeni rigenerativi. I meccanismi implicati nella morte β-cellulare sono fondamental-mente due, l’apoptosi e l’autofagia. L’apoptosi è un tipo di morte cellulare programmata, morfologicamente caratterizzata da arrotondamento cellulare, formazione di vescicole e condensazione della cromatina. Il fenomeno sembra aumentato nel pancreas di soggetti diabetici sia obesi che magri rispetto ai casi controllo (36). I dati sono stati confermati da un altro studio in cui è stato osservato un incremento del processo apoptotico in soggetti diabetici obesi, mentre le condizioni di diabete non influenzano l’apoptosi negli individui magri (38). La presenza di β-cellule apoptotiche nella condizione diabetica è stata con-fermata da studi di microscopia elettronica (39); inoltre la valutazione del fenomeno apoptotico mediante misurazione di frammenti citoplasmatici di DNA istone-associati ha

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evidenziano un significativo aumento di morte cellulare nelle isole isolate da soggetti con DMT2 (40). Questi cambiamenti erano accompagnati da un maggior numero di cellule positive alla caspasi 3 attivata, nonchè da una maggior attività delle caspasi 3,8 (mole-cole chiave nella progressione dell’apoptosi) (40). Altre forme di morte cellulari, oltre l’apoptosi sono state descritte, tra queste l’autofagia sembra avere rilevante (41). Nelle isole DMT2, l’ aumentata morte cellulare, non è adeguatamente compensata da feno-meni rigenerativi. Analizzando campioni autoptici, è stato riportato che non esiste una differenza significativa nella frequenza di replicazione β-cellulare (staining con Ki67) tra soggetti obesi non diabetici e DMT2 o i magri non diabetici e i DMT2 (36).

Alterazioni della funzione β-cellulare nel DMT2

Diverse proprietà funzionali delle β-cellule pancreatiche nel DMT2 sono state chiarite tramite studi in vitro su isole ottenute dal pancreas umano. Inizialmente sembrava che il rilascio di insulina evocato dal glucosio fosse compromesso nelle isole ottenute da DMT2 rispetto a isole di controlli (42). Mentre, la risposta secretoria alla combinazione di L-Leucina e L-Glutammina appariva meno alterata (42). Sottoponendo isole di pazienti diabetici e di donatori non-diabetici a esperimenti di perifusione (44), è risultato che la secrezione basale di insulina era simile sia nelle isole normali che diabetiche. Tuttavia, le isole di donatori diabetici rilasciavano meno insulina in risposta a livelli crescenti di glucosio e esibivano una soglia elevata per la secrezione iniziale di insulina. Misurando la secrezione di insulina in risposta al glucosio, non si osservava alcuna differenza in risposta al glucosio 3,3 mM in isole di soggetti non diabetici e DMT2, mentre si osservava un difetto del rilascio insulinico in risposta al glucosio 16.7 mM nelle isole di soggetti con DMT2. Analogamente anche il rilascio di insulina in risposta a glibenclamide e arginina, era più bassa nelle isole di soggetti diabetici rispetto ai controlli, benchè la risposta fosse superiore rispetto a quanto osservato in seguito a stimolo con glucosio. La glibenclamide

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e l’arginina inducono la secrezione di insulina con due diversi meccanismi: la prima at-traverso il legame diretto ai canali potassio-ATP dipendenti cui segue la loro chiusura; la seconda mediante l’entrata nella cellula-β attraverso i trasportatori di aminoacidi cationici CAT2A, determinando una aumento di cariche positive nella cellula e successiva depo-larizzazione della membrana. Inoltre, è stato osservato che nelle isole DMT2 si ha una ridotta ossidazione di glucosio rispetto alle isole non diabetiche. (44). Ciò ha portato a ipotizzare che i mitocondri possano essere coinvolti nella disfunzione β-cellulare nel DMT2. La microscopia elettronica eseguita su isole isolate da soggetti con DMT2 ha evidenziato che questi organuli hanno una forma rotondeggiante e una ridotta densità; la loro funzione è stata valutata mediante misurazione dell’ATP, è stato visto le isole di soggetti diabetici non sono in grado di aumentare il loro contenuto in presenza di stimo-lazione di glucosio. Il rapporto ATP/ADP nei soggetti diabetici risulta inferiore del 40% rispetto ai controlli, ciò contribuirebbe al mancato rilascio di insulina in seguito a stimo-lazione con glucosio (46). Inoltre, sono state trovate compromissioni della iperpolarizza-zione della membrana mitocondriale e un aumentata espressione della proteina UCP-2 e dei complessi I, V della catena respiratoria. Tutti questi dati mostrano che la difettosa secrezione di insulina da parte delle β cellule è una caratteristica del diabete di tipo 2 e contribuisce allo sviluppo di iperglicemia indipendentemente, almeno in parte, dalla massa β cellulare.

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Scopo della tesi

Lo scopo del lavoro di tesi è stato quello di valutare la quantità e le caratteristiche del tessuto adiposo intra-acinare in campioni istologici pancreatici di donatori multiorgano affetti da diabete mellito di tipo 2 (DMT2) e di donatori non-diabetici (ND).

Nello specifico sono stati valutati:

 l’area del tessuto adiposo, il numero di adipociti e le loro caratteristiche morfologiche;

 l‘area insulino-positiva e glucagone-positiva;

il rilascio di insulina in risposta a glucosio 3,3 e 16,7 mM, glibenclamide 100 µM e arginina 20 mM.

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MATERIALI E METODI

Per lo studio sono stati utilizzati 28 pancreas ottenuti da donatori multiorgano, di cui 13 non-diabetici e 15 diabetici di tipo 2. I pancreas sono stati ottenuti e processati con l’approvazione del comitato etico locale. Il tempo di ischemia fredda era 172 (n=13) ore per i pancreas di donatori non-diabetici e 152 (n=11) ore per quelli dei donatori diabetici, senza alcuna differenza tra i due gruppi. Le caratteristiche cliniche sono riportate nella tabella 1. I due gruppi di soggetti non differivano per età, genere, indice di massa corporea (IMC), circonferenza addominale e causa di morte Per quanto riguarda i parametri metabolici, la glicemia media, rilevata durante il periodo di degenza nell’unità di terapia intensiva, era più alta nei soggetti diabetici, ma non significativamente diversa rispetto ai controlli .Nel gruppo dei diabetici la durata media del diabete era di 9±2 anni ed i soggetti erano stati trattati con dieta, 2 casi; metformina, 7 casi; secretagoghi, 5 casi; insulina solo un caso. Di questi pancreas una porzione di tessuto corrispondente al punto di passaggio tra testa e corpo è stata utilizzata per esperimenti di microscopia ottica e la porzione corrispondente al corpo-coda è stata utilizzata per l’isolamento delle isole di Langerhans.

Tabella 1-Caratteristiche cliniche dei donatori. IMC=indice di massa corporea

CA=circonferenza addominale MCV=malattia cardiovascolare

Casi Età (anni) Genere (M/F) IMC (kg/m2) CA (cm) Durata diabete (anni) Terapia anti-diabetica (n) Glicemia (mg/dl) Causa di morte (n) ND (n=13) 70±4 5M/8F 31,3±0,4 111±4 - - 150±13 10 MCV 2 Trauma 1 Altro DMT2 (n=15) 71±2 9M/6F 29,8±1 112±3 9±2 2 dieta 7 metformina 5 secretagoghi 1 insulina 182±13 12 MCV 3Trauma

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Processazione del tessuto pancreatico

La processazione del pancreas inizia con la rimozione del tessuto adiposo e dei vasi peripancreatici, della porzione di intestino tenue corrispondente alla “C” duodenale e della milza in modo da rendere l’organo quanto più possibile libero da strutture non parenchimali. Questa prima parte è seguita poi dalla preparazione dei campioni istologici e dalla procedura di isolamento (47).

Preparazione dei campioni istologici

I campioni istologici sono stati ottenuti da parenchima pancreatico corrispondente al punto di passaggio tra testa e corpo. Il tessuto è stato ripulito da strutture non parenchimali eventualmente ancora presenti. La procedura è stata effettuata tenendo il tessuto raffreddato a 4°C. Per questo è stata preparata una superficie di lavoro costituita da un foglio di carta alluminio rivestito di carta assorbente posto su una base di ghiaccio. Utilizzando pinzette e forbicine sterili, il tessuto è stato diviso in pezzetti di circa 200 mm3

che sono stati posti in 20 ml di una soluzione di Parafolmadeide (PFA) pura al 4% per la procedura di fissazione, che è avvenuta a 4°C per un tempo di 16-18 ore. Successivamente i campioni sono stati lavati tre volte per 5 minuti ciascuna; con una soluzione tampone utilizzata fresca ad ogni lavaggio. A questo punto i campioni sono stati conservati in etanolo al 70% a 4°C fino al momento della deidratazione e inclusione in paraffina.

Preparazione del tampone e della soluzione di Parafolmaldeide Preparazione della soluzione tampone

Il tampone utilizzato per i lavaggi e per la preparazione della soluzione di PFA è stato ottenuto dalla combinazione di tre soluzioni:

 Soluzione A: 27,6 gr di sodio fosfato monobasico [(NaH2PO4•H2O) Carlo Erba

Reagenti; MI, Italia] in 1 litro di H2O distillata;

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di H2O distillata;

 Soluzione C: 1 gr di calcio cloruro anidro [(CaCl2) Carlo Erba Reagenti] in 1 litro di

H2O distillata).

A 95 ml di soluzione A si aggiungono 405 ml di soluzione B e 2,3 ml di soluzione C, il tutto viene portato al volume finale di 1 litro aggiungendo 497,7 ml di acqua distillata. Il pH della soluzione viene valutato e aggiustato al valore di 7,4 con acido cloridrico (HCl) 5 M o idrossido di sodio (NaOH) 5 M. La soluzione ottenuta viene conservata a 4°C.

Preparazione della soluzione di PFA

La soluzione di PFA viene preparata sciogliendo 40 gr di PFA (Sigma-Aldrich, St, Louis, MO, USA) in 1 litro di soluzione tampone (descritta sopra), mediante agitazione su piastra riscaldata a 40°C, sotto cappa chimica. Il fissativo così ottenuto viene lasciato raffreddare a temperatura ambiente e portato ad un valore di pH di 7,4; successivamente viene filtrato su filtri di carta con pori di 0,22 µm (Whatman) di diametro, aliquotato in provette da 50 ml e conservato a -20°C.

Deidratazione dei campioni e inclusione in paraffina

La fase di deidratazione dei campioni è stata eseguita utilizzando un processatore automatico. I campioni sono stati posti all’interno di cassette di plastica per inclusione (Bio-Optica, MI, Italia), su cui è stata riportata la data della processazione dell’organo e una numerazione progressiva perla loro identificazione. Le cassette, contenenti il campione, sono state poste in etanolo al 70% e allocate nel cestello del processatore. La deidratazione alcolica è caratterizzata da sei passaggi in etanolo al 99%, i primi tre della durata di 60 minuti, il quarto e quinto di 90 minuti, il sesto di 180 minuti. Il processo è stato completato da tre passaggi in xilolo di 60, 90 e 180 minuti ciascuno, necessari per la chiarificazione. Tutta la procedura è avvenuta a temperatura ambiente e ha richiesto un tempo complessivo di dodici ore. Per preparare il tessuto all’inclusione sono stati eseguiti tre passaggi in cera della durata di 60, 90 e 180 minuti alla temperatura di 59°C. Per l’inclusione dei campioni in paraffina è stato utilizzato un apposito sistema

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(TES 88, Medite, VR, Italia) che consta di tre componenti. La prima è l’unità termica, riscaldata a 69°C, all’interno della quale vengono poste le formelle in acciaio e le cassette contenenti i campioni deidratati. La seconda componente è l’unità dispensatrice, costituita da un blocco riscaldato a 59°C in cui la paraffina è mantenuta in fase liquida. L‘ultima è l’unità raffreddante, la cui temperatura è settata a -14°C, sulla quale vengono fatti solidificare i blocchetti di paraffina. Avvalendosi di pinze, il campione è stato posto all’interno delle formelle in acciaio, nelle quali è stato in precedenza versato uno strato di circa 5 mm di paraffina, posizionandolo al centro e facendolo aderire alla base della formella. Sopra la formella è stata poi posta la cassetta in cui era precedentemente contenuto il campione, ed è stato versato un ulteriore strato di paraffina. La formella è stata spostata sull’unità di raffreddamento del sistema dove la paraffina è stata lasciata solidificare. Dopo circa 20 minuti il blocco di paraffina contenente il campione è stato staccato dalla formella e conservato per la successiva preparazione delle sezioni tessutali (48).

Preparazione delle sezioni tessutali

Le sezioni tessutali sono state preparate utilizzando una piastra refrigerante (Cop 20, Medite) settata alla temperatura di -15°C per il raffreddamento dei campioni, un microtomo (RM2255, Leica Microsystems, Wetzlar, Germany), e un bagnetto termostatato (1770 Bio-Optica) per il riscaldamento dell’acqua a 42°C. Prima del taglio i blocchetti sono stati raffreddati sulla piastra refrigerante per circa 20 minuti, è stata fissata la lama, ed è stato settato lo spessore delle sezioni a 20 µm per la sgrossatura del campione, necessaria per eliminare la paraffina in eccesso che ricopre il tessuto. Una volta arrivati al tessuto, lo spessore di taglio dei campioni è stato settato a 2,0 µm. Le fettine ottenute sono state poste sulla superficie dell’acqua riscaldata del bagnetto per favorire la loro distensione e sono state poi “catturate” su vetrini Superfrost Plus (Thermo Fisher Scientific Inc. Waltham, MA), carichi positivamente. Le sezioni sono state fatte asciugare all’aria a temperatura ambiente per 10 minuti circa, e i vetrini sono

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stati conservati, sempre a temperatura ambiente, in apposite scatole (48).

Colorazione delle sezioni tessutali mediante la tecnica di immunoflorescenza

L’immunofluorescenza è una tecnica di colorazione anticorpo-dipendente, che consente di individuare la presenza nel tessuto in esame, di una specifica proteina utilizzando un anticorpo diretto contro uno o più epitopi della stessa. Per l’identificazione di cellule insulino-positive e glucagone-positive nel tessuto pancreatico umano sono stati utilizzati: l’anticorpo policlonale anti-insulina preparato nella cavia (Abcam,Cambrige,UK) e l’anticorpo monoclonale anti-glucagone derivato dal topo (Sigma-Aldrich, St, Louis,MO, USA), e anticorpi secondari coniugati con i fluorofori. Le sezioni sono state deparaffinate in stufa a 68 °C per 1 h e reidratati mediante i seguenti passaggi: xilolo due passaggi di 7 minuti ciascuno, etanolo (EtOH) al 100% due passaggi di 5 e 3 minuti, EtOH al 95% due passaggi di 3 minuti ciascuno, un passaggio in EtOH al 70% per 10 minuti, in acqua distillata per 5 minuti. Dopo la reidratazione le sezioni sono state poste in soluzione di tampone fosfato specifico per l’immunoistochimica (Phosphate Buffered Solution, PBS); il primo passaggio, della durata di 5 minuti, è stato fatto in PBS senza siero, il secondo della durata di 5 minuti, è stato fatto in tampone contenente l’1% di siero di agnello (ThermoFisher Scientific), Durante i passaggi in PBS le sezioni sono state delimitate da un tratto idrofobico utilizzando una penna per istologia (Super PAP-PEN-Fine Tipe, Warrington), quindi il vetrino è stato riposto in PBS. Successivamente è stato effettuato lo smascheramento antigenico mediante tre passaggi di 5 minuti ciascuno in tampone citrato a pH 6 in forno a microonde a 750 W, cambiando tampone ad ogni passaggio. Le sezioni sono state raffreddate a temperatura ambiente per circa 30 minuti mantenendole nel tampone dell’ultimo passaggio. Sono seguiti due lavaggi senza e con siero di 5 minuti ciascuno in PBS. I vetrini sono stati messi nella camera umida, è stato eliminato l’eccesso di tampone dalla superficie delle sezioni e queste sono state incubate con 100 µl della soluzione di siero di asino (Normal Donkey Serum, Jackson ImmunoResearch, Baltimore,PA,USA) 1:50 su un agitatore settato a 400 rpm a temperature ambiente per

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30 minuti. Quindi il reagente è stato rimosso ed è stato applicato l’anticorpo primario anti-glucagone (Sigma-Aldrich) diluito 1:3000 e le sezioni sono state incubate per tutta la notte a 4°C. Il giorno successivo le sezioni sono state lavate, 5 minuti in PBS senza siero e 5 minuti in PBS con siero; e sono stati applicati 100 µl della soluzione di anticorpo secondario coniugato con il fluoroforo Alexa Fluor® 488 (Jackson ImmunoResearch)

diluito 1:200 e sono state incubate per 60 minuti a temperatura ambiente; le sezioni sono state lavate per 5 minuti in PBS senza e con siero. I vetrini sono stati posti nella camera umida e l’eccesso di PBS è stato rimosso mediante aspirazione. Le sezioni sono state incubate per 60 minuti a temperatura ambiente con 100 µl di anticorpo anti-insulina (Abcam) diluito 1:100. Le sezioni sono state nuovamente lavate con PBS senza e con siero per 5 minuti, e incubate per 60 minuti a temperatura ambiente con l’anticorpo secondario coniugato con il fluoroforo DyLightTM 594 (Jackson ImmunoResearch) diluito

1:200. Sono stati eseguiti nuovamente due lavaggi in PBS senza e con siero, e un passaggio veloce in acqua bidistillata. L’area intorno al tessuto è stata asciugata, è stato applicato il balsamo per fluorescenza contenente 4',6-diamidino-2-phenylindole DAPI, (VECTOR Laboratories, Burligame, CA, USA) e le sezioni sono state infine coperte con il vetrino copri oggetto (49).

Preparazione della soluzione di tampone fosfato (PBS)

Per la preparazione del tampone fosfato 8,5 gr di NaCl (Carlo Erba), 1,07 gr di Na2HPO4

(Carlo Erba) e 0,39 gr di NaH2PO4•H2O (Carlo Erba) sono stati disciolti in 1 litro di H2O

distillata a temperatura ambiente su agitatore. Il pH è stato aggiustato ad un valore di 7,4 con HCl 5 M o NaOH 5M.

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Analisi morfometrica

L’analisi morfometrica è stata fatta su sezioni di tessuto pancreatico, colorate con tecnica di immunofluorescenza utilizzando gli anticorpi anti-insulina e anti-glucagone, impie-gando il microscopio Leica 5500 (Leica Microyistents Wetzlar, Germany) ed il pro-gramma MetaMorph (v.1.8.0) ad esso correlato. Tale propro-gramma ha consentito di fare una scansione del vetrino e di ricostruire l’intera superfice della sezione tessutale ad un ingradimento 10x. Le scansioni sono state effetuate acquisendo le immagini con filtro tetrametilrodamina-5-isotiocianato (TRITC), che ha permesso di identificare in rosso le cellule secernenti insulina, e il filtro per la fluoresceina isotiocianato (FITC), che ha per-messo di identificare in verde le cellule secernenti glucagone. L’immagine dell’intera se-zione è stata acquisita utilizzando il filtro per il DAPI, che lega le regioni ricche in adenina-timina nella doppia elica del DNA, permettendo di identificare in blu i nuclei delle cellule (figura 2).

Figura 2. Immagine ottenuta dalla combinazione delle tre acquisizioni (TRITC, FITC e

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Utilizzando il software, su ciascuna immagine acquisita nei diversi filtri è stata applicata una maschera RGB in modo tale da poter evidenziare le rispettive aree insulino e gluca-gone positive, e l’area parenchimale totale. Tramite la costruzione di una griglia compo-sta da quadranti di 1000x1000 µm2 il sotfware ha permesso di quantificare l’area

delimi-natata dalla maschera (figura 3), consentendo così di calcolare sui vari filtri l’area insu-lino-positiva, l’area glucagone-positiva e l’area corrispondente al tessuto acinare.

Figura3. Immagine con maschera RGB e griglia.

Per poter quantificare l’area corrispondente al tessuto adiposo intra-acinare la stessa maschera, utilizzata per evidenziare l’intero tessuto (sull’immagine acquisita con il filtro per il DAPI), è stata applicata in negativo in modo che gli adipociti presenti come singole cellule o come aggregati venissero evidenziati (figura 4A). Tali adipociti sono stati evi-denziati dall’operatore e l’area è stata calcolata dal software con l’esclusione della su-perfice occupata dal lume dei dotti e dagli spazi inter-lobulari (figura 4B) (50). A questo punto la superfice corrispondente alle cellule insulino-positive e glucagone-positive è stata calcolata come rapporto percentuale: area insulino-positiva (mm2) o area

gluca-gone-positiva (mm2) /area della superficie parenchimale (mm2). Analogamente è stata

10x

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calcolata l’area corrispondente agli adipociti, come rapporto percentuale tra area di tes-suto adiposo (mm2) / area della superficie parenchimale (mm2).

Figura 4. Sezione di tessuto su cui è stata applicata la maschera per il calcolo del

tes-suto adiposo (A); area di testes-suto adiposo (in verde chiaro) individuata dall’operatore, quindi evidenziata e calcolata dal software (B).

Conteggio e classificazione del contenuto di adiposo

La conta degli adipociti è stata eseguita mediante analisi morfologica diretta svolta dall’operatore, e il conteggio finale è stato fatto mediante il programma MetaMorph (v.1.8.0). La distribuzione degli adipociti è stata analizzata valutando il loro raggruppa-mento. Sono state così individuati 4 gruppi: il gruppo composto da singoli adipociti (SA), il gruppo composto da raggruppamenti che vanno da un minimo di 2 ad un massimo di 5 adipociti (GA 2-5), il gruppo composto da 6 ad 10 adipociti (GA 6-10), infine il gruppo con un numero di adipociti maggiori di 10 (GA >10). La dimensione media degli adipociti sono state calcolate mediante rapporto tra l’area di tessuto adiposo e il numero di adi-pociti.

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Conteggio delle isole

Il conteggio delle isole è stato eseguito sell’ intera sezione di tessuto pancreatico acqui-sita all’ingrandimento 10x. Sono state considerate isole gli aggregati cellulari con un nu-mero di cellule endocrine maggiore o uguale a quattro.

Caratterizzazione morfologica delle isole

Sulle immagini delle sezioni pancreatiche acquisite per l’analisi morfometrica, con l’au-silio della griglia, sono state tracciate le diagonali. Prendendo come riferimento il punto di incontro delle stesse è stata individuata un’area di 4 mm2 composta da 4 quadranti

che contenesse almeno il 90%di tessuto pancreatico. Nei casi in cui tale requisito non fosse stato presente l’analisi è stata fatta su quadranti adiacenti, spostandosi in senso orario sulla sezione (figura 5).

Figura 5. Sezione di tessuto pancreatico in cui si evidenziano le cellule insulino-positive

(in rosso), le isole studiate risultano essere comprese nell’area di 4mm2 delimitata dal

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All’interno dell’area sono state acquisite le immagini delle isole all’ingrandimento micro-scopico 40x (figura 6), sulle stesse è stato disegnato il contorno dell’isola, e nell’ambito di queste il contorno delle singole aree insulino-positive e glucagone-positive. Il sistema di calcolo ha consentito di quantificare per ciascuna isola l’area insulare, l’area insulino-positiva, l’area glucagone positiva espresse in µm2. Il rapporto tra area insulino-positiva

o area glucagone-positiva relativamente all’area insulare è stato calcolato secondo la formula Area Insulino-positiva o Glucagone-positiva (µm2) / Area Insulare (µm2)] x 100.

Figura 6. Immagine di un’isola pancreatica, in rosso sono evidenziate le cellule

insulino-positive, in verde quelle glucagone-positive e la colorazione blu identifica i nuclei.

PREPARAZIONE DELLE ISOLE DI LANGERHANS

Le isole pancreatiche sono state preparate mediante digestione enzimatica del tessuto pancreatico e successiva purificazione su gradiente di densità. L’intera procedura è stata eseguita sotto cappa a flusso laminare per uso biologico, utilizzando materiale da labo-ratorio, strumenti chirurgici, e soluzioni sterili.

Digestione del tessuto pancreatico

Per la pulizia, il pancreas è stato posto in un’arcella sterile posizionata su un contenitore contenente ghiaccio, in modo da essere opportunamente raffreddata. Qui l’organo è stato ripulito di tutto quanto il tessuto non parenchimale presente ed è stata rimossa la

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testa, in modo da rendere accessibile il dotto pancreatico principale. Il dotto è stato in-canulato utilizzando un ago-canula di 18 nm di diametro, attraverso cui sono stati iniettati 150 ml della soluzione di digestione ottenuta sciogliendo 600 mg di collagenasi P (Ro-che, Mannheim, Germany) in 200 ml di soluzione di Hank’s, (Hank’s Balanced Salts So-lution, HBSS, Euro-Clone), completata con il 10% di siero bovino (Sigma-Aldrich) per ottenere una concentrazione di collagenasi di 3,0 mg/ ml. Il pancreas, completamente disteso dalla soluzione iniettata nel sistema duttale, è stato posto in un becher sterile assieme ai rimanenti 50 ml di soluzione di digestione; il tutto è stato posto in un bagnetto termostatato a 37°C. Questo ha consentito l’attivazione dell’enzima e la digestione della componente esocrina del pancreas che ha richiesto un tempo di circa 15 minuti, durante i quali il processo di digestione è stato monitorato saggiando le variazioni di consistenza dell’organo. Quindi l’organo è stato riportato a temperatura ambiente e la soluzione di digestione è stata filtrata attraverso due filtri di acciaio posti in sequenza, le cui maglie misurano rispettivamente 400 e 90 μm di diametro. Ad ogni filtrazione, il materiale depo-sitato sul filtro da 90 μm è stato raccolto in un becher, mediante lavaggio del filtro stesso con soluzione di HBSS contenente il 10% di siero bovino. Il pancreas è stato riposto nel becher dove è stato aggiunto HBSS raffreddato a 4°C, agitato con delle pinze in modo da favorire il rilascio in soluzione delle isole. Durante le filtrazioni il rilascio delle isole e il processo digestivo sono stati monitorati raccogliendo, una piccola aliquota di digestato, che è stata colorata con ditizone,un colorante che si lega agli atomi di zinco dei granuli di insulina e impartisce alle isole una colorazione rossa, e osservata al microscopio. La procedura di filtrazione è stata quindi fermata una volta che il tessuto si presentava ade-guatamente digerito e le isole sufficientemente libere, in genere dopo circa 40 minuti dall’inizio della procedura stessa (47).

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Purificazione

La procedura di purificazione ha avuto lo scopo di separare il tessuto pancreatico endo-crino da quello esoendo-crino. Per la purificazione il digestato è stato aliquotato in provette di polipropene da 50 ml (Sarstedt, Germany) e centrifugato a 1000 x g per 2 min a 4 °C; il surnatante è stato eliminato e si è proceduto con la prova di separazione per gradiente di densità. Per la prova il surnatante di due campioni è stato scartato e i pellet risospesi, uno in 15 ml di una soluzione contenente Lymphoprep (Cedarlane, Burlington, SU, Ca-nada) e HBSS completo con il 10% di siero bovino in rapporto 80:20, l’altro in 15 ml di una soluzione contenente Lymphoprep e HBSS completo in rapporto 70:30; sopra la sospensione sono stati stratificati 10 ml di HBSS. I campioni sono stati centrifugati a 1800 x g per 5 min a 4°C, l’anello formatosi all’interfaccia tra le due fasi è stato raccolto e la purezza del preparato è stata valutata mediante colorazione con ditizone) La scelta del gradiente da utilizzare per la purificazione è stata fatta in base alla quantità di isole e alla qualità del preparato in termini di purezza. Una volta scelto il gradiente da utilizzare i campioni sono stati purificati e il materiale separato è stato recuperato, passato in pro-vette da 50 ml e centrifugati a 1800 x g per 2 min a 4 °C. Il surnatante è stato scartato e il pellet contenente le isole aliquotato in fiasche per sospensione da 75 cm2 (Sarstedt,

Nümbrecht, Germany) con mezzo di coltura M199 completo. Le fiasche sono state quindi conservate in incubatore a 37 °C contenente il 5,0 % di CO2; il mezzo di coltura è stato

cambiato 24 h dopo l’isolamento (47).

Preparazione del mezzo di coltura M199

La preparazione del mezzo viene fatta sotto cappa biologica sterile. Per la preparazione di 1 l di mezzo a 857,6 ml di Medium 199 (Euroclone, Milano,Italia), sono stati aggiunti 100 ml di siero bovino adulto (Sigma-Aldrich), 25 ml di Acido 4-2 idrossietil - 1- piperazi-nil-etansolfonico (HEPES 5,958 mg/ ml, Sigma-Aldrich), 3,4 ml di L-glutammina (0,1 mg/ ml, Sigma-Aldrich), 10 ml di una soluzione di Penicillina-Streptomicina (100 UI/ m l- 0,1

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mg/ml, Sigma-Aldrich), 3,0 ml di Amfotericina B (0,75 µg/ml, Sigma-Aldrich) ed 1 ml di Gentamicina (0,05 mg/ ml, Sigma-Aldrich). Il pH della soluzione così ottenuta è stato aggiustato ad un valore compreso tra 7,35 e 7,40 mediante le soluzioni di HCl 5 M o NaOH 5M. La soluzione è stata filtrata attraverso sistemi filtranti costituiti da una mem-brana con pori di 0,22 µm (Millipore, Barloworld Scientific, Johannesburg, South Africa) e conservato a 4°C.

Preparazione delle soluzioni di Krebs-Ringer-Hepes

La soluzione di Krebs-Ringer-Hepes (KRH), utilizzata per gli studi funzionali, è stata pre-parata miscelando in parti uguali 4 soluzioni:

 Krebs I: 26,892 gr di cloruro di sodio [(NaCl) Sigma-Aldrich] in 1 litro di H2O

distil-lata;

 Krebs II: 1,490 gr di cloruro di potassio [(KCl) Carlo Erba Reagenti], 8,064 gr di bicarbonato di sodio [(NaHCO3) Sigma-Aldrich], 814 mg di magnesio cloruro 6

idrato [(MgCl2•6 H2O) Riedel-de Haen] in 1 litro di H2O distillata;

 Krebs III: 1,110 gr di CaCl2 (Carlo Erba Reagenti) in 1 lirto di H2O distillata;

 Krebs IV: 0,6 gr di albumina (Roche Diagnostics GmbH, Penzberg, Germany) in 30 ml di H2O distillata.

Alla soluzione salina ottenuta dalla combinazione delle quattro soluzioni di Krebs sono stati aggiunti 238,3 mg di Acido 4-2 - idrossietil–1 – piperazinil – etansolfonico (HEPES) per 100 ml di soluzione con lo scopo di stabilizzare il pH.

STUDI FUNZIONALI IN VITRO

Gli studi funzionali consistono nella valutazione del rilascio insulinico in risposta a gluco-sio 3,3 e 16,7 mM, glibenclamide 100 μM e arginina 20 mM. Gli esperimenti sono stati eseguiti 48 ore dopo l’isolamento. Le isole, poste in una piastra, sono state individuate sotto visione microscopica, raccolte e trasferite in provette di polipropene contenenti 2

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ml della soluzione di KRH e glucosio 3,3mM, ciascuna con 15 isole di dimensioni simili (da 70 a 120 μm). Per lo studio sono state raccolte tre triplette, una tripletta per ciascuna condizione sperimentale. Prima dello stimolo sono stati effettuati due lavaggi con KRH contenente glucosio 3,3 Mm, il primo di 45 minuti (lavaggio lungo) ed un lavaggio breve, al termine dei quali le sospensioni sono state centrifugata a 1200 rpm per 2 minuti a temperatura ambiente e il surnatante è stato eliminato. Lo stimolo è iniziato con l’incu-bazione delle isole per 45 minuti con la soluzione di KRH contenente glucosio 3,3 mM. Al termine le isole sono state centrifugate a 1200 rpm per 2 minuti e il surnatante è stato raccolto. Successivamente le tre triplette sono state incubate per 45 minuti a 37°C ri-spettivamente con la soluzione di KRH contenente glucosio 16,7 mM, con KRH conte-nente glibenclamide 100 μM e con KRH contenente arginina 20 mM, l’incubazione è avvenuta per 45 minuti, al termine le isole sono state centrifugate a 1200 rpm per 2 minuti ed il surnatante è stato raccolto. Infine le isole sono state incubate con una solu-zione etanolica acida costituita da etanolo puro, acido cloridrico al 36 % e acqua deio-nizzata per 12-14 ore a 4°C. Quindi le isole sono state sonicate per 3 minuti, centrifugate a 3000 rpm per 3 minuti e il surnatante è stato raccolto. Quest’ultimo trattamento ha permesso l’estrazione dell’insulina residua contenuta nei granuli delle β-cellule. I surna-tanti raccolti durante gli stimoli e le soluzioni di alcool-acido sono stati conservati a -20°C per il successivo dosaggio del contenuto insulinico (51, 52).

Dosaggio immunoradiometrico dell’insulina

Il dosaggio dell’insulina nei campioni di surnatante è stato fatto utilizzando il kit DIA source INS-IRMA (DIAsource ImmunoAssays S.A., Nivelles, Belgio) che impiega il me-todo immunoradiometrico basato sull’utilizzo di anticorpi monoclonali diretti contro gli epitopi dell’insulina. Il saggio ha previsto l’impiego di provette in polistirene rivestite sul fondo con anticorpi di cattura della molecola insulinica. Cinquanta µl di standard, ricosti-tuiti con acqua distillata, campioni e controlli sono stati dispensati nelle provette, nelle

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quali sono stati poi aggiunti 50 µl di anticorpi monoclonali anti-insulina marcati con I125.

Il sistema è stato incubato a temperatura ambiente per 2 ore, al termine della incuba-zione è stato aggiunto 1 ml di tampone di lavaggio. Il liquido è stato poi aspirato con una pompa a vuoto, sono stati ripetuti 2 lavaggi con 2 ml di tampone, dopo il secondo lavag-gio le provette sono state lasciate decantare in posizione verticale per 2 minuti, quindi è stata contata la radioattività residua utilizzando un contatore gamma. La lettura ha ri-chiesto 60 secondi per ciascun campione. I dati della lettura sono stati raccolti dal soft-ware collegato tramite computer alla macchina ed è stato tracciato un grafico delle con-centrazioni degli standard, sulle cui ordinate è stato riportato il numero dei colpi per mi-nuto (c.p.m) e sull’asse delle ascisse la concentrazione dello standard corrispondente; contro questa curva sono state valutate le concentrazioni di insulina nei campioni (51, 52).

Analisi del rilascio insulinico

Il dosaggio immunoradiometrico ha consentito di calcolare la concentrazione insulinica espressa come µU/ml. I valori ottenuti sono stati utilizzati per calcolare il rilascio di insu-lina espresso come µU/isola/minuto. L’indice di stimolo è stato calcolato facendo il rap-porto tra rilascio insulinico in risposta a glucosio 16,7 mM, glibenclamide 100 µM, argi-nina 20 mM con il rilascio insulinico basale, in risposta a glucosio 3,3 mM (51, 52).

Analisi statistica

I dati sono stati espressi come media ± errore standard della media (ESM) per tutti i parametri studiati eccetto che per dati funzionali, per i quali i valori sono espressi come media ± deviazione standard (DS). L’analisi comparativa tra i due gruppi è stata fatta utilizzando il test t di Student per dati non appaiati.

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RISULTATI Analisi morfometrica

La superficie di tessuto pancreatico studiata, una sezione per ciascun donatore, era comparabile nei due gruppi, aveva un’area di 21,32,2 mm2 (6,8-38,3 mm2) nei donatori

non-diabetici e 22,81,7 mm2 (9,1-33,8 mm2) nei soggetti con diabete di tipo 2. Il tessuto

adiposo intra-acinare aveva una superficie di 1,230,4 mm2, corrispondente al 5,41,9%

di tessuto pancreatico, nei controlli non-diabetici, e un’area di 1,540,31 mm2,

corrispon-dente al 6,81,2% della superficie studiata nei soggetti diabetici tipo 2. Nessuna diffe-renza è stata riscontrata tra i due gruppi, sia in termini di superficie di tessuto adiposo (p=0,387) che relativamente alla percentuale di tessuto adiposo intra-acinare (p=0,412) (tabella 2).

Tabella 2: Caratteristiche morfometriche delle sezioni pancreatiche studiate, e

propor-zione del contenuto di adiposo.

Superficie tessuto pancreatico (mm2)

Area tessuto adiposo (mm2)

Proporzione tessuto adiposo (%)

ND 21,3±2,2 1,23±0,4 5,4±1,9

DMT2 22,8±1,7 1,54±0,31 6,8±1,2

Valore di p 0,583 0,387 0,412

L’area insulino-positiva era 0,120,02 mm2 nei soggetti non-diabetici e 0,110,02 mm2

nei soggetti diabetici di tipo 2 (p=0,636); corrispondenti al 0,60,1 % e 0,50,1% di su-perficie di tessuto acinare, rispettivamente. Tra i due gruppi non è stata riscontrata al-cuna differenza (p=0,184).

L’area glucagone-positiva era 0,07±0,01 mm2, corrispondente al 0,3±0,1% di superficie

di tessuto acinare, nei soggetti non-diabetici e 0,06±0,01 mm2, corrispondente a

0,2±0,0% di superficie nei soggetti diabetici; anche in questo caso le differenze tra i gruppi non erano significative (p=0.391) per le aree glucagone-positive e per la percen-tuale di superficie glucagone-positiva (p=0.102). I rapporti tra le percenpercen-tuale dell’area

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insulino-positiva e glucagone-positiva, erano 2,1±0,3 nei soggetti non diabetici e 2,2±0,3 nei diabetici (p=0,476).

Caratteristiche del tessuto adiposo: numero degli adipociti, caratteristiche morfo-metriche e morfologiche

Il numero degli adipociti contati nel tessuto acinare era 198±56 nei soggetti non-diabetici e 183±39 nei soggetti diabetici (p=0,916); il loro numero per unità di superficie era 9±2 nei soggetti non diabetici e 8±1 nei diabetici (p=0,856). Le dimensioni degli adipociti, ottenute dal rapporto tra superficie di tessuto adiposo e numero di adipociti contati, sono risultati di 5457±563 m2 nei non-diabetici e 8890±934 m2 nei soggetti diabetici, la cui

differenza è risultata significativa (p<0,01).

Le caratteristiche morfologiche del tessuto adiposo sono state studiate valutando la di-stribuzione dei singoli adipociti e dei loro raggruppamenti, che è risultata essere 75±4% SA, 21±3% GA 2-5, 2±1% GA 6-10 e 2±1% GA >10 nei non-diabetici; e 74±2% SA, 21±2% GA 2-5, 2±1% GA 6-10 e 3±1% GA >10 nei soggetti diabetici, senza alcuna differenza tra i due gruppi. Anche la densità di distribuzione delle singole classi per mil-limetro quadro di tessuto non mostrava differenze: 2,7±0,5 per SA, 0,9±0,2 per GA 2-5 e 0,1±0,1 per GA 6-10 e per GA >10 nei soggetti non-diabetici; 2,9±0,5 SA, 0,9±0,2 GA 2-5 e 0,1±0,0 per GA 6-10 e GA >10 nei soggetti diabetici (tabella 3).

Tabella 3: Distribuzione delle quattro classi morfologiche in cui sono stati classificati i

raggruppamenti degli adipociti.

SA GA (2-5) GA (6-10) GA>10

n % n % n % n %

ND 2,7±0,5 75±4 0,9±0,2 21±3 0,1±0,1 2±1 0,1±0,1 2±1

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Conteggio delle isole

Il conteggio delle isole, eseguito sulle sezioni di tessuto pancreatico di 11 soggetti non-diabetici e 15 soggetti non-diabetici ha rilevato un numero di isole per unità di superficie di 3,5±0,3 nei controlli non-diabetici e 2,2±0,2 nei soggetti diabetici (p<0,01).

Caratterizzazione morfometrica delle isole

La caratterizzazione morfometrica delle isole è stata eseguita sulle sezioni pancreatiche di 3 controlli non-diabetici e tre soggetti con diabete, per lo studio sono state valutate da 6 a 11 isole per ciascun donatore. L’area insulare è risultata 2.483,4±502,6 μm2 nei

sog-getti non-diabetici e 10.716,6±5.145,5 μm2 nei soggetti diabetici (p=0,136). Le

percen-tuali di superficie insulare insulino-positiva e glucagone-positiva sono risultate 80,3±3,3% e 12,8±2,8% nei soggetti non-diabetici; e 56,7±4,3% e 21,4±3,6% nei sog-getti diabetici, con una differenza significativa tra i due gruppi per quanto riguarda la superficie insulare insulino-positiva (p<0.05), mentre per la superficie glucagone-positiva non è stata riscontrata alcuna una differenza (p=0.202).

Dati di funzione

La funzionalità β-cellulare è stata studiata valutando il rilascio insulinico in risposta a glucosio 3,3 e 16,7 mM, alla glibenclamide 100 M e all’arginina 20 mM. Lo studio ha evidenziato che i due gruppi non differivano tra loro per quanto riguarda il rilascio insuli-nico in risposta a glucosio 3,3 mM e 16,7 mM, e alla arginina 20 mM; mentre si osservava una significativa riduzione del rilascio insulinico in risposta a glibenclamide 100 M (p=0,046) (tabella 4)

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Tabella 4: Rilascio insulinico in risposta al glucosio 3,3 e 16,7 mM, glibenclamide 100

Me arginina 20 mM.

Rilascio insulinico (μU/isola /minuto) Valore di p Soggetti non-diabetici

(n=13)

Soggetti diabetici di tipo 2 (n=13)

Glucosio 3,3 mM 0,03±0,01 0,03±0,01 0,272

Glucosio 16,7 mM 0,11±0,05 0,07±0,04 0,088

Glibenclamide 100 M 0,10±0,04 0,07±0,03 0,046

Arginina 20 mM 0,07±0,04 0,07±0,03 0,706

L’indice di stimolo (IS), che fornisce informazioni circa la sensibilità della β-cellula ai di-versi secretagoghi, ha evidenziato una significativa riduzione della risposta a glucosio 16,7 mM e glibenclamide 100 M nel gruppo dei soggetti diabetici rispetto ai non-diabe-tici, con p<0,01 per entrambe le condizioni. Mentre non è stata riscontrata alcuna diffe-renza relativamente allo stimolo con all’arginina (tabella 5).

Tabella 5: Indice di stimolo in risposta al glucosio 16,7 mM, glibenclamide 100 µM e

arginina 20 mM.

Indice di stimolo Valore di p

Soggetti non-diabetici (n=13)

Soggetti diabetici di tipo 2 (n=13)

Glucosio 16,7 mM 3,6±1,1 2,1±0,8 <0,01

Glibenclamide 100 M 3,6±1,5 2,0±0,6 <0,01

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Discussione

Il DMT2 è una malattia complessa, caratterizzata da una riduzione della massa funzio-nale beta-cellulare (53) a cui risulta frequentemente associata la deposizione ectopica e la disfunzione del tessuto adiposo (8). Tra gli organi interessati dalla deposizione ecto-pica di grasso vi è il pancreas, osservazione documentata dalla analisi istologica del tessuto e caratterizzata dalla presenza di adipociti distribuiti tra le cellule esocrine (54-55). Studi autoptici condotti sul pancreas in toto hanno riportato che il grasso pancreatico si caratterizza anche per la presenza di aree di infiltrazione intralobulare o perilobulare (55), o per la presenza di grasso infiltrante e dissecante le isole (56).

Il nostro studio ha valutato, mediante analisi morfometrica (50) e morfologica, il conte-nuto e le caratteristiche del tessuto adiposo intra-acinare in sezioni di tessuto pancrea-tico ottenute da 13 soggetti non-diabetici e 15 soggetti con DMT2, i due gruppi erano comparabili per età, genere, IMC. L’analisi non ha evidenziato alcuna differenza nel con-tenuto di grasso tra soggetti con DMT2 e controlli non diabetici, sebbene il concon-tenuto di grasso fosse di poco superiore nei DMT2 (6,81,2%) rispetto ai non diabetici (5,41,9%); questo in accordo con quanto precedentemente rilevato mediante analisi istologica e strumentale in uno studio che, come il nostro, ha valutato popolazioni con caratteristiche cliniche (età, genere, IMC) omogenee (58). Analogamente al contenuto di tessuto adi-poso, i due gruppi non differivano per il numero di adipociti, espresso per unità di super-ficie. Entrambi i parametri mostravano però una notevole variabilità tra i vari soggetti nell’ambito di ciascun gruppo, interessando maggiormente i controlli e contrariamente a quanto riportato in uno studio in cui la variabilità del contenuto adiposo aumentava al decrescere della tolleranza glucidica (59). Nel nostro studio, omogenea tra i due gruppi è risultata anche la distribuzione degli adipociti nelle quattro classi morfologiche, in cui arbitrariamente sono stati suddivisi, allo scopo di individuare una qualche variante bio-logica che potesse correlare con la presenza o meno dello stato diabetico. La caratteri-stica morfologica risultata diversa tra i due gruppi è stata la dimensione dell’adipocita,

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significativamente più elevata nei DMT2 (8890±934 m2) rispetto ai non diabetici

(5457±563 m2; p<0,01). Questa sembra essere una caratteristica della condizione

dia-betica, osservata già nel tessuto adiposo viscerale e sottocutaneo di soggetti affetti da DMT2 rispetto ai controlli non diabetici (59), e confermata con questo studio nel tessuto pancreatico. L’ipertrofia dell’adipocita costituisce l’epifenomeno di un sovraccarico lipi-dico, si associa ad ipossia (60), è l’elemento caratterizzante la disfunzione del tessuto adiposo (8) e comporta un cambiamento del fenotipo biologico dell’adipocita stesso (61). Tutto questo potrebbe avere un effetto negativo sulla funzione beta cellulare con diversi possibili meccanismi, non esplorati nel nostro studio. Il rilascio di acidi grassi liberi e/o di adipochine regolatorie (leptina, apelina, resistina, RBP4), venendo rispettivamente cap-tati e metabolizzati dalle beta cellule (10), o agendo con meccanismo paracrino e/o en-docrino, potrebbe influenzare negativamente la funzione beta cellulare (62, 63). A questo potrebbe aggiungersi il rilascio di citochine infiammatorie e il richiamo di cellule pro-infiammatorie anche a livello pancreatico, con conseguente rilascio da parte di queste cellule di citochine e/o chemochine con effetto citostatico sulla funzione beta cellulare (64).

Il nostro studio, ha inoltre valutato le caratteristiche morfometriche delle isole pancreati-che e le caratteristipancreati-che funzionali delle beta cellule. Le aree insulino-positiva e gluca-gone-positiva erano comparabili nei due gruppi, contrariamente a quanto osservato da altri autori che hanno invece descritto una riduzione dell’area insulino-positiva nel pan-creas di soggetti DMT2 rispetto ai controlli non diabetici (33,65), e talora solo differenze minori tra i due gruppi (66-68). In accordo con altri studi (31,69), nei soggetti DMT2 è stata invece riscontrata una riduzione del numero di isole per unità di superficie, di circa il 40% rispetto ai controlli non diabetici, condizione che si associava ad un aumento di dimensioni delle stesse nella popolazione diabetica, sebbene la differenza non fosse

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statisticamente significatività. Di rilievo è il riscontro nei DMT2 di una percentuale di su-perficie insulare insulino-positiva (56,7±4,3%) significativamente ridotta rispetto a quella dei soggetti non diabetici (80,3±3,3%; p<0,05). La discrepanza tra i dati morfometrici ottenuti nel nostro studio e quelli di altri autori necessitano un approfondimento; tuttavia è interessante notare che nelle isole di soggetti diabetici la quota di cellule non-insulino positive e non-glucagone positive risulta essere superiore (circa 23%) rispetto alle isole di soggetti diabetici (circa 8%). Questa quota di cellule insulino positive e non-glucagone positive è verosimilmente in parte dovuta alla presenza di cellule endocrine (somatostatina-positive, PP-positive, che rappresentano rispettivamente l’1% e meno del 2% delle cellule insulari), per le quali non è stata fatta la colorazione specifica, ma in gran parte potrebbe trattarsi di cellule endocrine degranulate (48) o dediffrenziate (70). La valutazione della funzionalità beta cellulare ha evidenziato una compromissione del rilascio insulinico in risposta a glucosio e alla glibenclamide. E’ verosimile che nella con-dizione diabetica diversi fattori, oltre al danno da acidi grassi (10,11), possano intervenire nella determinazione del danno funzionale. D’altra parte, gli studi che hanno correlato il contenuto di grasso nel pancreas con la funzione della beta cellula in vivo, in un caso hanno evidenziato una correlazione negativa tra contenuto di grasso e i parametri della funzione beta cellulare in soggetti con alterazioni del metabolismo glucidico (71), e in un altro caso è stata invece riscontrata una correlazione negativa tra contenuto di grasso e funzione beta cellullare nei soggetti non diabetici, piuttosto che nel gruppo dei DMT2 (72).

Per una completa comprensione del possibile coinvolgimento del tessuto adiposo intra-parenchimale nella eziopatogenesi e/o evoluzione della malattia diabetica di tipo 2, ulte-riori approfondimenti sono necessari. La valutazione della presenza e del tipo di even-tuali cellule infiammatorie infiltranti potrebbe contribuire alla determinazione del danno funzionale beta cellulare, come anche e non meno rilevante, lo studio del secretoma degli adipociti (73), sia quelli presenti nel pancreas di soggetti non diabetici che quelli

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nel pancreas di soggetti con DMT2, allo scopo di identificare ed eventualmente contra-stare l’effetto di molecole specificatamente sintetizzate e rilasciate dagli adipociti pan-creatici ipertrofici.

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