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Caratterizzazione chimica di leghe d'acciaio mediante ICP-OES.

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Academic year: 2021

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Università di Pisa

Dipartimento di Chimica e Chimica

Industriale

Corso di Laurea Magistrale in

Chimica

curriculum chimico analitico

CARATTERIZZAZIONE CHIMICA

DI LEGHE D’ACCIAIO

MEDIANTE ICP-OES

Relatore interno: Dott. Alessio Ceccarini

Relatore esterno: Dott.ssa Antonia Emanuella Fornelli

Controrelatore: Dott. Giancarlo Galli

Tesi di LAUREA MAGISTRALE

di Michela Bonomi

Matricola 527354

(2)

Al nonno “Mi è sembrata una di quelle rarissime persone che fanno di questo mondo schifoso un posto che vale la pena visitare.”

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Sommario

1. INTRODUZIONE ... 6

1.1 L’AZIENDA e L’AREA LABs. ... 6

1.2 GLI OBIETTIVI DEL PROGETTO DI TESI ... 7

2. GLI ACCIAI ... 9

2.1 GENERALITÀ SULLE LEGHE Fe-C ... 9

2.2 PROPRIETÀ CHIMICHE, FISICHE E MECCANICHE DEGLI ACCIAI ... 11

2.3 GENERALITÀ SUI TRATTAMENTI TERMICI ... 12

2.4 EFFETTI DEGLI ELEMENTI AGGIUNTI IN LEGA ... 14

2.5 DENOMINAZIONE DEGLI ACCIAI... 16

3. ACCENNI DI STORIA E STATO DELL’ARTE DELL’ANALISI CHIMICA DEGLI ACCIAI ... 19

4. SPETTROSCOPIA ATOMICA DI EMISSIONE ... 24

4.1 NATURA DELLA RADIAZIONE DI EMISSIONE ... 24

4.2 LA STRUMENTAZIONE ... 26 4.2.1 IL QUANTOMETRO ... 26 4.2.1.1 La tecnica di eccitazione ... 27 4.2.1.2 Lo spettrofotometro... 27 4.2.1.3 I detector ... 28 4.2.1.4 Calibrazione e standardizzazione ... 29

4.2.2 ICP-OES: Inductively Coupled Plasma – Optical Emission Spectroscopy ... 29

4.2.2.1 La pompa peristaltica ... 30

4.2.2.2 Il nebulizzatore ... 30

4.2.2.3 La camera di nebulizzazione... 31

4.2.2.4 La torcia ... 31

4.2.2.5 Il generatore di radiofrequenze ... 33

4.2.2.6 Configurazione di lettura, ottica di trasferimento e monocromatore ... 33

4.2.2.7 Il rivelatore ... 35

5. IL PLASMA ... 37

5.1 LA ROBUSTEZZA DEL PLASMA ... 38

5.2 VALUTAZIONE DELL’INFLUENZA DELLE CONDIZIONI SPERIMENTALI SULLA ROBUSTEZZA E SULLA TEMPERATURA DEL PLASMA ... 40

6. SOLUBILIZZAZIONE DELLE LEGHE Fe-C ... 44

6.1 LE INFORMAZIONI PRESENTI IN LETTERATURA ... 44

6.2 SCELTA DELLA MISCELA DI DISSOLUZIONE ... 44

(4)

7. METODO DI IDENTIFICAZIONE DI ACCIAI E INOX ... 50

7.1 DEFINIZIONE DEGLI ANALITI E DEI RELATIVI INTERVALLI DI CONCENTRAZIONE ... 50

7.2 SCELTA DELLO STANDARD INTERNO ... 52

7.3 CURVE DI CALIBRAZIONE IN SOLUZIONE ACQUOSA ... 55

7.3.1 PREPARAZIONE DELLE SOLUZIONI ... 55

7.3.2 MODALITA’ DI CALCOLO DEI PARAMETRI DI LINEARITÀ PER LE CURVE DI CALIBRAZIONE IN SOLUZIONE ACQUOSA. ... 58

7.3.3 VALUTAZIONE PRELIMINARE DELLA LINEARITÀ STRUMENTALE DELLE SOLUZIONI MONOELEMENTO ... 59

7.3.3.1 Condizioni di analisi per le curve di calibrazione a partire da standard monoelemento ... 60

7.3.3.2 Dati sperimentali per la valutazione della linearità strumentale per ciascun analita ... 61

7.3.3.2.1 Esempio di valutazione della linearità mediante i dati ottenuti per il molibdeno ... 61

7.3.3.2.2 Parametri di linearità ottenuti per gli altri analiti ... 69

7.3.4 VALUTAZIONE PRELIMINARE DELLA LINEARITÀ STRUMENTALE DELLE SOLUZIONI MULTIELEMENTO E OTTIMIZZAZIONE DELLE CONDIZIONI DI LETTURA ... 73

7.3.4.1 Condizioni di analisi per le curve di calibrazione a partire da standard multielemento ... 73

7.3.4.2 Dati sperimentali per la valutazione della linearità strumentale e per l’ottimizzazione delle condizioni di lettura per ciascun analita mediante l’utilizzo di standard multielemento ... 74

7.3.4.2.1 Esempio di valutazione della linearità mediante i dati ottenuti per il molibdeno con le soluzioni multielemento relative ad entrambi i metodi. ... 75

7.3.4.2.2 Parametri di linearità e analisi del disegno fattoriale per gli altri analiti. ... 80

7.4 OTTIMIZZAZIONE DELLE CONDIZIONI SPERIMENTALI ... 85

7.5 RISULTATI DELLE SEDUTE ANALITICHE DEFINITIVE ... 87

7.6 VALIDAZIONE CON MATERIALI DI RIFERIMENTO CERTIFICATI ... 88

7.6.1 SCELTA DEI MATERIALI DI RIFERIMENTO CERTIFICATI ... 88

7.6.2 UTILIZZO DEI MATERIALI DI RIFERIMENTO CERTIFICATI ... 90

7.7 PROCEDURE OPERATIVE DEI METODI ANALITICI SVILUPPATI ... 92

8. METODO TRACCE ... 96

8.1 DEFINIZIONE DEGLI ANALITI E DEI RELATIVI INTERVALLI DI CONCENTRAZIONE ... 96

8.2 CURVE DI CALIBRAZIONE IN SOLUZIONE ACQUOSA ... 97

8.2.1 PREPARAZIONE DELLE SOLUZIONI ... 98

8.2.2 VALUTAZIONE PRELIMINARE DELLA LINEARITÀ STRUMENTALE DELLE SOLUZIONI MONOELEMENTO ... 101

8.2.2.1 Esempio di valutazione della linearità mediante i dati ottenuti per il boro e il cobalto a partire da soluzioni monoelemento ... 102

(5)

8.2.3 VALUTAZIONE PRELIMINARE DELLA LINEARITÀ STRUMENTALE DELLE SOLUZIONI

MULTIELEMENTO E OTTIMIZZAZIONE DELLE CONDIZIONI DI LETTURA ... 112

8.2.3.1 Condizioni di analisi per la realizzazione delle curve di calibrazione a partire da standard multielemento ... 113

8.2.3.2 Dati sperimentali per la valutazione della linearità strumentale e per l’ottimizzazione delle condizioni di lettura per ciascun analita mediante l’utilizzo di standard multielemento ... 114

8.2.3.2.1 Esempio di valutazione della linearità mediante i dati ottenuti per il boro ed il cobalto con le soluzioni multielemento in soluzione acquosa o con l’aggiunta della matrice. ... 114

8.2.3.2.2 Esempio di ottimizzazione mediante i dati ottenuti per il boro ed il cobalto con le soluzioni multielemento con l’aggiunta della matrice. ... 117

8.2.3.2.3 Parametri del disegno sperimentale ottenuti per i restanti analiti ... 121

8.2.4 OTTIMIZZAZIONE DELLE CONDIZIONI SPERIMENTALI ... 124

8.3 RISULTATI DELLE SEDUTE ANALITICHE DEFINITIVE ... 125

9. CASO REALE: ACCIAIO GKH ... 127

9.1 ANALISI METALLURGICHE, MECCANICHE E CHIMICHE E RELATIVI RISULTATI ... 127

10. CONCLUSIONI ... 134

11. MODELLI MATEMATICI E STATISTICI UTILIZZATI ... 135

11.1 MODELLI MATEMATICI E SPERIMENTALI ALLA BASE DELLA CALIBRAZIONE. ... 135

11.2 TEST STATISTICI UTILIZZATI ... 137

11.2.1 TEST F di Fischer ... 137

11.2.2 TEST T di Student ... 138

11.2.2.1 Applicazione Test T per la determinazione del parallelismo tra due rette ... 138

11.3 DISEGNI SPERIMENTALI ... 139

11.3.1 DISEGNO FATTORIALI COMPLETI ... 139

11.3.2 DISEGNO DI BOX-BEHNKEN ... 140

(6)

INTRODUZIONE

pag. 6

1. INTRODUZIONE

1.1 L’AZIENDA e L’AREA LABs.

Il progetto di tesi è stato sviluppato interamente all’interno dell’azienda “Fabbrica d’Armi Pietro Beretta S.p.A.” presso l’area LABs. Essa è costituita da due specifiche sottoaree: la

metrologia, polo di competenza della misura bidimensionale e tridimensionale, e il Laboratorio d’Analisi e Ricerca Applicata (L. A. R. A) la cui funzione primaria è la

caratterizzazione dei materiali. Le attività per lo svolgimento di questo lavoro di tesi sono state condotte in particolare presso il laboratorio L.A.R.A..

Beretta è un’azienda secolare, la cui attività già a partire dal XVI secolo è attestata da un

documento, datato 3 ottobre 1526 e conservato nel museo della famiglia, nel quale viene dichiarata la vendita di 185 canne di archibugio da parte di “Mastro Bartolomeo Beretta da Gardone” all’Arsenale di Venezia per un compenso di 296 ducati [1]. Dal XVI secolo la storia dell’azienda si fonde con il tessuto economico e sociale della Valle Trompia (provincia di Brescia), località nota per le attività di estrazione mineraria di siderite e di lavorazione delle leghe di ferro fin dal Medioevo. L’azienda, di proprietà della famiglia Beretta da più di 15 generazioni, copre nella sede di Gardone Val Trompia un’area di 110.000 m2 e conta più di 800 dipendenti. La produzione Beretta è costituita mediamente dal 90% di armi sportive, la cui esportazione in un centinaio di paesi assorbe il 75% della produzione. Da molti anni, inoltre, Beretta rifornisce le Forze Armate e le Forze di Polizia Italiane e di molti altri paesi (America, Francia, Spagna, …) [2].

L’area LABs svolge sia attività di supporto alla Produzione che alla Ricerca e Sviluppo e si occupa di Innovazione per quel che concerne i materiali e i processi di trasformazione degli stessi, soprattutto termici o di superficie. Fra le principali attività si possono annoverare: il controllo delle materie prime nelle diverse forme (principalmente acciai, leghe leggere a base alluminio e polimeri); la verifica delle prestazioni e dell’efficienza dei processi di trattamento (bonifica, cementazione, nitrurazione, cromatura, nichelatura, ossidazione anodica, … ) mediante la valutazione dei parametri di processo e l’analisi dei prodotti; il controllo metrologico dei diversi componenti mediante l’utilizzo di strumenti che valutano le dimensioni complessive dei manufatti, le variazioni di profilo e la geometria interna ed esterna. Nel laboratorio L.A.R.A. è presente una vasta gamma di strumenti adibita ad analisi chimiche e/o fisiche: un quantometro e un ICP-OES per l’analisi di campioni mediante spettroscopia di emissione, uno strumento LECO per la determinazione di carbonio e zolfo nelle matrici solide, uno spettrofotometro UV-VIS, uno spettrofotometro FT-IR e due strumenti dedicati alla caratterizzazione dei polimeri mediante analisi termo gravimetrica e determinazione dell’entalpia di fusione (rispettivamente Thermo gravimetric analysis, TGA, e Differential Scanning Calorimetry, DSC), un pendolo di Charpy per la misura della tenacità dei materiali, una macchina adibita alle prove di trazione, un microscopio ottico e uno stereomicroscopio per l’analisi visiva dei provini metallografici, un durometro e un microdurometro per le valutazioni riguardanti la durezza, una camera per le prove di invecchiamento accelerato o di simulazione di esposizione outdoor e una camera per i test di

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pag. 7

corrosione (nebbia salina neutra). La sala metrologica, invece, dispone della strumentazione necessaria per il controllo dimensionale dei manufatti: micrometri digitali per la valutazione delle misure lineari, altimetri manuali per la valutazione delle altezze, macchine di misura tridimensionale per le determinazioni complessive delle dimensioni del componente, un profilografo per lo studio dei profili dei prodotti ed una tomografia assiale computerizzata per la scansione a raggi X dei diversi componenti ai fini dei controlli delle dimensioni o di eventuali difetti interni al materiale.

1.2 GLI OBIETTIVI DEL PROGETTO DI TESI

Il presente lavoro di tesi, svolto presso il laboratorio L.A.R.A. della Fabbrica d’Armi Pietro Beretta S.p.A., si pone come obiettivo la creazione di un insieme di metodi analitici aventi

due finalità principali:

1. l’identificazione della tipologia di acciaio di particolari metallici di piccole dimensioni mediante la determinazione quantitativa degli elementi maggioritari presenti in lega; 2. la valutazione della composizione chimica degli elementi in tracce negli acciai per

valutare la convenienza di un cambio di fornitura di una specifica tipologia di acciaio. La creazione di un metodo di analisi di acciai tramite ICP-OES, finalizzata alla determinazione della concentrazione degli elementi presenti in lega per la successiva identificazione, si è presentata come necessaria per caratterizzare tutti i particolari di dimensioni troppo ridotte da poter fornire una superficie sufficientemente ampia per l’analisi tramite quantometro. Quest’ultimo, infatti, sfrutta l’ablazione di una porzione di campione mediante la generazione di un arco voltaico sulla superficie del materiale; se la superficie è di piccole dimensioni non si ha la possibilità di chiudere stabilmente il circuito preposto alla generazione dell’arco voltaico necessario al procedere dell’analisi, la scarica risulta così instabile e l’eccitazione non è completamente efficiente. L’identificazione della lega è possibile grazie al confronto della composizione chimica degli elementi maggioritari della lega riscontrata nell’analisi (escludendo il Fe che ne rappresenta l’elemento presente in maggiore quantità) con quanto definito da normative dedicate1. A tal fine sono stati creati due metodi analitici indipendenti in relazione alla presenza di due diverse categorie di leghe (acciai inossidabili e non) nell’ambito dei materiali di cui si rifornisce l’azienda.

La determinazione degli elementi in tracce, a valle dello sviluppo di un metodo analitico dedicato, ha dato la possibilità di approfondire aspetti chimico - analitici durante le attività correlate al cambio di fornitura per una particolare lega di acciaio. Si è presentata l’occasione di poter valutare l’acquisto ad un prezzo inferiore di una particolare lega di acciaio (32CrMoV12-9/GKH) da un’acciaieria diversa rispetto al fornitore usuale. Le due acciaierie produttrici della lega differiscono per i volumi di produzione totali: il fornitore usuale (d’ora in avanti indicato come fornitore A) lavora colate di modeste dimensioni (40 tonnellate) su commissione dell’acquirente, mentre il potenziale nuovo fornitore (fornitore

B) è un’acciaieria industriale caratterizzata da volumi di produzione molto più elevati

(almeno il doppio della precedente). Prima di procedere al cambio di fornitura, secondo le

1

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INTRODUZIONE

pag. 8

procedure interne all’azienda, è necessario valutare se le prestazioni dei due materiali appartenenti alla stessa tipologia risultino essere identiche. Sono state perciò valutate:

 la composizione chimica dei due acciai tramite spettroscopia di emissione da fase solida col quantometro;

 la concentrazione di elementi quali O e N mediante analizzatore LECO;

 la resilienza secondo direzione parallela (longitudinale) e perpendicolare (trasversale) al verso di laminazione mediante il pendolo di Charpy;

 la resistenza alla trazione mediante l’apposita macchina per prove di trazione;

 l’analisi dello stato inclusionale tramite microscopio ottico metallografico.

Per entrambe le leghe, il tenore degli elementi principali in lega determinato con il quantometro è compreso all’interno delle forcelle analitiche specificate della normativa; tuttavia i due materiali, sottoposti alle prove meccaniche, hanno manifestato comportamenti diversi. Una possibile causa dell’origine di tale diversità potrebbe essere data dalla differenza fra le concentrazioni degli elementi presenti solamente in tracce all’interno della lega, elementi per i quali l’analisi con il quantometro può non essere del tutto affidabile. A tal proposito è stato necessario creare un ulteriore metodo analitico mediante ICP-OES che permettesse di determinare la composizione chimica degli acciai relativa agli elementi in quantità dell’ordine delle parti per milione (ppm). È stata effettuata in letteratura una ricerca relativa agli elementi le cui concentrazioni non sono definite da norme specifiche, ma i cui tenori possono influenzare le caratteristiche fisico-meccaniche delle leghe ferrose. Il metodo è stato sviluppato ed ottimizzato indipendentemente dai precedenti per raggiungere i limiti di rilevabilità migliori per tutti e soli gli elementi risultati teoricamente influenti.

(9)

pag. 9

2. GLI ACCIAI

2.1 GENERALITÀ SULLE LEGHE Fe-C

Le leghe sono aggregati di atomi di due o più elementi chimici con caratteristiche metalliche; in fase liquida si presentano per lo più come soluzioni, ossia sistemi costituiti da un’unica fase dove gli atomi di soluto sono omogeneamente dispersi tra quelli del solvente, mentre in fase solida possono presentarsi come una o più soluzioni distinte. Si possono avere due tipologie diverse di soluzioni solide: soluzioni di sostituzione, dove gli atomi di soluto sostituiscono nel reticolo cristallino ospite gli atomi di solvente, e soluzioni interstiziali, nelle quali gli atomi di soluto si dispongono negli spazi vuoti del reticolo cristallino costituito dal solo solvente.

L’acciaio è una lega di ferro e carbonio avente come elemento principale il ferro che, in presenza di particolari elementi, modifica la sua struttura cristallina e, di conseguenza, le sue proprietà rispondendo ad un ampio numero di esigenze

industriali. L’elemento puro è caratterizzato da diverse forme allotropiche2 (rappresentate in Figura 2.1-1):

 ferro δ: struttura cristallina cubica a corpo centrato stabile tra i 1536 °C e i 1392°C,

 ferro γ: struttura cristallina cubica a facce centrate che si forma alla temperatura di 1392°C ed è stabile fino alla temperatura di 911°C,

 ferro β (noto anche come ferro α non magnetico):

struttura cristallina cubica a corpo centrato che si forma a temperature comprese tra i 911°C e 768°C con caratteristiche non magnetiche,

 ferro α: struttura cristallina cubica a corpo centrato che si forma a temperature inferiori a 768°C dalle caratteristiche magnetiche.

Alla trasformazione γ→α è associata una variazione di densità considerevole nel solido a causa della maggiore costipazione del reticolo cubico a facce centrate e di conseguenza una variazione di solubilità dei diversi elementi che si possono disporre all’interno del reticolo [3]. La solidificazione in condizioni di non equilibrio avviene durante il raffreddamento per disposizione casuale degli atomi nella configurazione del reticolo (nucleazione endogena), successivamente altri atomi cristallizzeranno sulle celle elementari appena formate tramite il processo dell’accrescimento del cristallo. Tanto più lentamente avviene il fenomeno, tanto più ordinata sarà la struttura complessiva del cristallo. Nella massa liquida sotto raffreddata è possibile che si sviluppino più nuclei dai quali si avvia la cristallizzazione che, una volta accresciuti, arrivano a toccarsi con l’esaurirsi del liquido; ognuno di essi è definito grano ed è separato da quello posizionato accanto dal “bordo o contorno del grano”. Si distingue tra grano fine, se il diametro è inferiore a 0,005 mm, e grano grosso, se il diametro è superiore a

2

Allotropi: fasi solide dello stesso elemento che differiscono per la simmetria della struttura cristallina a causa della solidificazione a temperature differenti. Il fenomeno prende il nome di polimorfismo.

Figura 2.1-1 - A destra la

schematizzazione di un reticolo cristallino cubico a corpo centrato (CCC) e a sinistra la schematizzazione di un reticolo cristallino cubico a facce centrate(CFC). [57]

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GLI ACCIAI

pag. 10

0,2 mm. All’interno del grano non si ha un’omogeneità completa tra i diversi microstati di accrescimento se la solidificazione non è avvenuta in condizioni di completo equilibrio: infatti nel nucleo del cristallo sarà maggiormente concentrato l’elemento più alto fondente mentre sull’esterno sarà maggiormente concentrato l’elemento più basso fondente; questo fenomeno è denominato microsegregazione. Inoltre il cristallo può accrescersi in modo non uniforme nello spazio, in questo caso si sviluppano strutture arborescenti denominate

dendriti, nel caso degli acciai esse si formano ad angolo retto le uno rispetto alle altre a

causa della simmetria cubica tra i reticoli. [3]

Il secondo elemento presente nella lega binaria è il carbonio che si dispone negli interstizi del reticolo cubico del ferro; il contenuto massimo di carbonio è del 2,1% all’interno degli acciai, sopra questo valore di soglia la lega prende il nome di ghisa. La solubilizzazione è favorita nel caso della presenza del reticolo cubico a facce centrate in quanto gli atomi di soluto si dispongono nello spazio vuoto all’interno della cella, mentre risulta sfavorita nel reticolo cubico a corpo centrato in quanto lo spazio vuoto è maggiormente frammentato. È possibile riassumere tutti gli stati in cui si può presentare la lega in condizioni di equilibrio attraverso il diagramma di stato Fe-C, un grafico che mostra le diverse fasi ottenute a temperature e a composizioni binarie differenti.

All’interno di esso si possono notare 3 punti caratteristici:

l’eutettico: punto di incontro tra le linee del liquido e quella del solido di due componenti completamente solubili allo stato liquido e completamente insolubili allo stato solido. Esso definisce la composizione della lega fusa che permette la solidificazione a temperatura più bassa;

il peritettico: punto del diagramma presente nel caso di completa solubilità allo stato liquido e di parziale solubilità allo stato solido che identifica il verificarsi di reazioni tra il solido già formato e il liquido ancora presente con la formazione di una ulteriore fase;

l’eutettoide: punto del diagramma che individua la temperatura di solidificazione un una miscela di due o più componenti eutettici, minore della temperatura di solubilizzazione delle singole fasi eutettiche.

Gli acciai che trovano maggiore impiego industriale hanno solitamente concentrazione percentuale di carbonio inferiore al 0,8%, quindi la parte di diagramma di stato più interessante è la porzione all’estrema sinistra.

Le strutture più importanti che si possono riscontrare in questa regione sono l’austenite, la ferrite, la perlite, la martensite. L’austenite è una struttura metastabile a temperatura

Figura 2.1-2 – Diagramma di stato della lega Fe – C. In ascissa è

rappresentata la percentuale di carbonio nella lega binaria, in ordinata è indicata la temperatura. Sono illustrate le principali strutture reticolari che può assumere la lega in condizioni di equilibrio a temperature e composizioni differenti.

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pag. 11

ambiente che si forma dalla compresenza di ferro γ e di gran parte degli elementi metallici e non metallici, i quali possono avere effetti diversi sulla stabilizzazione di questa particolare struttura. Questa fase non è perfettamente omogenea a causa delle tensioni che si originano durante il raffreddamento e della diffusione non uniforme degli elementi all’interno del grano, questo porta solitamente alla formazione di zone di segregazione o di arricchimento locale di un particolare elemento. La ferrite è invece la soluzione solida formata da molti metalli e metalloidi con il ferro α; essa è caratterizzata da dimensioni del grano inferiori rispetto a quelli dell’austenite dalla quale si forma mediante una trasformazione allotropica secondo il processo di nucleazione e di accrescimento. La perlite è la struttura che si origina dalla trasformazione isotermica dell’austenite omogenea di composizione eutettoidica ed è costituita da una alternanza di strati di soluzione solida α e di Fe3C che genera una

giustapposizione di strutture lamellari denominate colonie [4]. La martensite è la struttura che si origina per tempra nel caso dell’acciaio per distorsione del reticolo cubico a facce centrate dell’austenite a causa del raffreddamento repentino previsto nel processo. Gli atomi di carbonio che occupano il centro della cella del reticolo cubico a facce centrate non hanno tempo di diffondere e di occupare nuove posizioni di equilibrio, ciò induce la modifica del reticolo fino ad ottenere una struttura tetragonale. Le distorsioni reticolari originate dalla presenza di atomi di carbonio conferiscono a questa struttura un’elevata durezza e fragilità.

2.2 PROPRIETÀ CHIMICHE, FISICHE E MECCANICHE DEGLI ACCIAI

La composizione chimica è la fondamentale proprietà chimica che deve essere indagata per il controllo di una lega tramite metodiche anche molto diverse le une dalle altre. Come nel caso in oggetto, può essere necessario indagare solamente la percentuale di alcuni elementi fondamentali nella lega mediante i quali effettuare l’identificazione e la categorizzazione del materiale, oppure può essere richiesta la conoscenza della composizione chimica completa del materiale, anche delle quantità di elementi in tracce, per poter prevedere il comportamento del materiale se sottoposto a particolari trattamenti o prove. Il metodo di indagine viene scelto in funzione delle necessità pratiche a cui si deve rispondere: durante la fase di colata, sono necessarie tecniche veloci e immediate mentre durante il controllo qualità è possibile utilizzare metodi più precisi anche se più dispendiosi in termini di tempo, di energia e di reagenti. Oltre alla composizione, un’altra fondamentale proprietà chimica è la resistenza al contatto con agenti corrosivi (acidi concentrati organici o inorganici, soluzioni alcaline o saline, atmosfere particolari, …). È possibile effettuare prove di corrosione esponendo il materiale ai diversi agenti e valutando, per esempio, la perdita o l’incremento del peso in funzione del tempo di esposizione oppure determinando il potenziale elettrochimico.

Le principali caratteristiche fisiche, aventi ricadute tecnologiche, riguardanti le leghe metalliche sono: il peso specifico, la conducibilità termica, il coefficiente di dilatazione

lineare, il calore specifico, la resistività elettrica e la permeabilità magnetica. Una volta

identificata la tipologia di lega d’acciaio, reperire le informazioni relative a queste proprietà è spesso un lavoro di ricerca su certificati forniti dalla ditta produttrice o sulle norme relative all’identificazione del materiale, dove sono tabulati i valori relativi.

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GLI ACCIAI

pag. 12

Le proprietà meccaniche che caratterizzano le leghe sono molto diverse le une dalle altre: la

resistenza alle sollecitazioni come trazioni, compressioni, flessioni, torsioni, urti, fatica, …; la durezza, lo scorrimento a caldo, … . Queste caratteristiche vengono determinate dal

fornitore o dall’utilizzatore del materiale secondo procedure definite all’interno di normative condivise per verificare che i parametri siano compresi nei range di accettabilità prescritti. Spesso è possibile prevedere o determinare le effettive caratteristiche fisiche e meccaniche di un materiale mediante esami della struttura cristallina della lega denominati esami

metallografici. Essi vengono eseguiti a valle di una preparazione dedicata del campione: il

particolare viene sezionato e viene inglobato all’interno di una resina; il provino risultante viene lucidato mediante carte abrasive a grana sempre più fine per arrivare ad una lucidatura al panno. Successivamente, ad occhio nudo o attraverso microscopi a diverso potere di ingrandimento, è possibile osservare la presenza di inclusioni, di zone di deformazione della struttura cristallina o la giustapposizione di fasi solide diverse che possono influire su alcune proprietà macroscopiche del materiale.

2.3 GENERALITÀ SUI TRATTAMENTI TERMICI

Nella maggior parte dei casi gli acciai subiscono dei trattamenti termici che possono essere distinti in due categorie: trattamenti preliminari e trattamenti finali. I primi hanno la finalità di conferire alla lega le proprietà necessarie per poter facilitare la lavorazione successiva, gli ultimi invece permettono di garantire le migliori caratteristiche meccaniche e chimiche al pezzo finito. È importante sottolineare che nessuno dei trattamenti temici propriamente detti è responsabile della modifica della composizione chimica della lega; tuttavia sono presenti almeno due tipologie di processi, che prendono il nome di trattamenti termochimici di diffusione, che hanno come fine l’incremento non omogeneo della concentrazione di un elemento chimico all’interno della lega. Di seguito si illustrano brevemente alcuni dei trattamenti termici e termochimici più diffusi nelle lavorazioni di questi materiali.

La ricottura è una tipologia di trattamento termico che ha lo scopo di omogeneizzare la composizione chimica del materiale e di attenuare eventuali effetti indesiderati sulla struttura dovuti al processo di solidificazione o di deformazione plastica. Si procede nel riscaldare progressivamente il materiale e successivamente mantenere la temperatura fino alla completa trasformazione della struttura reticolare in ferro γ, successivamente viene effettuato un raffreddamento lento in forno che permette il mantenimento di condizioni prossime a quelle di equilibrio per la formazione della sola struttura perlitica che conferisce alla lega una migliore lavorabilità. Quello descritto è un processo dispendioso in termini di energia e di tempo, perciò viene spesso modificata la fase di raffreddamento dividendola in due stadi separati: un primo stadio di raffreddamento progressivo fino alla temperatura di austenitizzazione e una successiva diminuzione più repentina della temperatura per la formazione di una struttura ferritico-perlitica. Questa seconda versione del trattamento viene denominata ricottura isotermica.

Un trattamento molto simile alla ricottura è la normalizzazione, dove il pezzo viene riscaldato ad una temperatura che permetta la formazione della sola fase solida γ e il

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pag. 13

raffreddamento viene effettuato all’aria. Al termine di questo processo, la durezza, il carico di rottura e di snervamento sono maggiori rispetto a quanto si ottiene con la ricottura. La tempra, invece, consiste nel riscaldamento progressivo e il mantenimento della temperatura al fine di raggiungere la completa trasformazione del materiale nella fase solida γ seguite da un raffreddamento repentino in un mezzo (acqua, soluzioni saline, olio, metalli fusi, …) che consente la formazione della sola fase martensitica; essa è caratterizzata da una spiccata fragilità (a causa della formazione di tensioni interne) e da una maggiore durezza. La scelta del mezzo temprante dipende dalle caratteristiche di temprabilità della tipologia di acciaio che subisce la trasformazione, qualità che dipende fortemente dagli elementi presenti nella lega. Un parametro importante di ciascuna lega per il processo è la velocità

critica di tempra, ossia la velocità di raffreddamento che permette selettivamente di

ottenere la sola formazione di martensite. Spesso la tempra è seguita da un processo denominato rinvenimento: se questo viene effettuato ad una temperatura di circa 100-200°C viene denominato rinvenimento di distensione ed ha come obiettivo quello di eliminare le tensioni che si sono create all’interno della lega durante le prime fasi di lavorazione; se la temperatura del processo viene portata tra i 500 e i 700°C si parla di rinvenimento vero e proprio durante il quale viene modificata la struttura della lega al fine di ottenere particolari proprietà. Successivamente il raffreddamento può essere effettuato all’aria o attraverso un opportuno mezzo. L’insieme dei processi di tempra e di rinvenimento effettuati ad alta temperatura è noto come bonifica; esso riduce la dimensione del grano e conferisce alla lega buone caratteristiche di lavorabilità. [4]

I trattamenti termochimici di diffusione sono invece quei processi che permettono l’incremento della concentrazione di un elemento nell’acciaio mediante la formazione iniziale di un deposito esterno dell’elemento tramite delle reazioni chimiche superficiali e la successiva diffusione dal deposito a strati più interni del materiale. Essa interessa un piccolo strato superficiale del materiale che vede modificarsi la propria composizione chimica e le proprietà fisiche e meccaniche. I più utilizzati tra i trattamenti termochimici di diffusione sono la cementazione e la nitrurazione, che garantiscono un aumento della durezza superficiale della lega mediante rispettivamente l’aumento del tenore di carbonio e di azoto. La cementazione avviene ponendo i pezzi di acciaio in atmosfera di monossido di carbonio o di metano, oppure in presenza di carbonati di bario. La penetrazione del carbonio all’interno della lega dipende da diversi fattori, quali la composizione chimica dell’acciaio, la temperatura alla quale avviene il processo, la durata del trattamento e la tipologia di sostanza cementante. È possibile valutare la profondità di cementazione mediante la misurazione diretta dello strato cementato da un provino metallografico opportunamente trattato oppure mediante il calcolo della profondità efficace di cementazione attraverso misure di microdurezza. Anche nella nitrurazione si ha un aumento di durezza tuttavia il meccanismo per il quale viene conferita questa proprietà è differente da quello della cementazione: l’atomo di carbonio entra all’interno degli interstizi della struttura del reticolo cristallino (indurimento per alligazione) mentre l’atomo di azoto forma nitruri che si dispongono tra i vari reticoli (indurimento per precipitazione) e che riducono il libero movimento degli stessi. [4]

(14)

GLI ACCIAI

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2.4 EFFETTI DEGLI ELEMENTI AGGIUNTI IN LEGA

Oltre al carbonio, altri elementi possono essere introdotti all’interno della lega per migliorarne specifiche proprietà: nichel, manganese, cromo, molibdeno, silicio, alluminio, cobalto, rame, azoto, titanio, niobio, vanadio, tungsteno e boro; mentre la presenza di atomi quali ossigeno, fosforo e idrogeno risultano nocivi per la lega. La presenza dello zolfo, invece, può essere sia positiva che negativa in relazione all’impiego della lega stessa. Di seguito vengono illustrate le proprietà conferite agli acciai da ciascuno di essi.3

Il primo elemento preso in considerazione è il nichel: esso si discioglie completamente nella soluzione solida α o γ e conferisce alcune proprietà che migliorano le prestazioni dei trattamenti termici. Si riscontrano, infatti, la diminuzione della temperatura di ricottura e di tempra, la diminuzione della velocità critica che permette di temprare con mezzi meno energici e l’aumento di penetrazione della tempra. Inoltre la presenza del nichel aumenta la tenacità4 del pezzo a parità di resistenza alla trazione.

Anche il manganese è completamente solubile nella lega Fe-C e la sua presenza ha i medesimi effetti di quella del nichel sulle temperature critiche del materiale. Questo elemento è presente nella quasi totalità degli acciai in piccole quantità (0,3-0,4%) in quanto viene utilizzato durante la produzione come disossidante e desolforante, mentre gli acciai al manganese sono caratterizzati da una concentrazione di almeno 0,8%. Oltre agli altri effetti, il manganese migliora la resistenza alla trazione e le performance di deformabilità a caldo, tuttavia esistono alcune controindicazioni alla presenza di grandi quantità di questo elemento: diminuisce la conducibilità termica del materiale, diminuisce la deformabilità a freddo, aumenta la sensibilità al surriscaldamento, diminuisce la lavorabilità tramite utensili, peggiora le proprietà magnetiche e può essere causa di inconvenienti nel processo di cementazione.

Il cromo, all’interno di una lega Fe-C, ha la tendenza ad ossidarsi ed a formare carburi stabili biatomici o triatomici (C, Cr, Fe o altri elementi). Esso riduce la conducibilità termica, aumenta la resistività e stabilizza le proprietà magnetiche di particolari strutture. Con l’acciaio in fase perlitica aumenta la resistenza alla trazione, mentre alla presenza di carburi è associato un abbassamento della resilienza5. Diminuisce la velocità critica di tempra e conferisce stabilità al rinvenimento, inoltre induce una spiccata resistenza al logoramento per attrito e l’inossidabilità rispetto ad alcuni agenti corrosivi.

Il molibdeno, a concentrazioni superiori al 10%, non è solubile in fase α e si trasforma Fe3Mo2. La sua presenza ha svariati effetti: aumenta la temprabilità e ha un effetto

indurente maggiore di quello del cromo, migliora alcune caratteristiche meccaniche quali il limite di fatica6 e lo scorrimento a caldo, conferisce le caratteristiche magnetiche adatte per la costruzione di magneti permanenti, diminuisce gli effetti del surriscaldamento e riduce il pericolo dell’infragilimento dovuto al rinvenimento.

3

La maggior parte delle informazioni riportate nel paragrafo sono state reperite nel volume “Acciai e leghe non ferrose” di Walter Nicodemi [5].

4

La tenacità è la capacità di un materiale di assorbire energia prima della rottura.

5

La resilienza è la capacità di un corpo di resistere a sollecitazioni dinamiche.

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Il silicio, sempre presente in lega, conferisce all’acciaio migliori caratteristiche magnetiche ed elettriche e particolari proprietà chimiche, come la resistenza alla corrosione e all’ossidazione. Incrementa la tendenza al surriscaldamento ed ha effetti negativi sulla cementazione, in quanto riduce la velocità di diffusione alterando la profondità efficace di cementazione e il tenore di carbonio massimo ottenibile dal processo. Le caratteristiche meccaniche quali la resistenza, il limite di snervamento e la durezza migliorano con la presenza di questo elemento, tuttavia per tenori di silicio maggiori del 5% allungamento, strizione e resilienza si riducono drasticamente.

L’alluminio è aggiunto nelle leghe di acciaio che devono subire la nitrurazione in quanto favorisce la penetrazione dell’azoto tra i reticoli cristallini e forma con questo elemento dei nitruri dalla spiccata durezza (alluminio insolubile); utilizzando questo elemento è perciò possibile regolare a priori la profondità di nitrurazione. Favorisce la disossidazione in percentuale di 0,02-0,04% e ostacola l’ingrossamento del grano, ciò permette di evitare le cricche in fase di lavorazione.

Il cobalto ha spiccati effetti sulla struttura delle leghe in quanto permette la formazione di una struttura perlitica anche a tenori prossimi a 60% e stabilizza la struttura martensitica rendendola meno sensibile al rinvenimento e con una minore lavorabilità a caldo. Diminuisce la profondità della tempra in quanto aumenta la velocità critica e riduce il massimo tenore di carbonio ottenibile sulla superficie grazie alla cementazione, mentre aumenta la concentrazione di carbonio ottenibile ad una certa profondità.

Il rame migliora le caratteristiche di lavorabilità a caldo nella quasi totalità dei casi e una concentrazione e la sua presenza aumenta la resistenza dell’acciaio agli agenti atmosferici. Ad alcune temperature particolari può accadere che il rame si depositi al bordo dei grani provocando una riduzione della duttilità del materiale.

L’azoto ha la capacità di stabilizzare l’austenite e questa sua caratteristica viene soprattutto sfruttata per gli acciai inossidabili7; inoltre viene introdotto tramite la nitrurazione per aumentare la durezza superficiale dei pezzi.

Il titanio è un elemento con particolare affinità per ossigeno ed azoto perciò viene utilizzato come disossidante e deazoturante durante la produzione degli acciai; esso, inoltre, ha una spiccata tendenza a formare carburi se il suo tenore è almeno 5 volte quello del carbonio (questa caratteristica è propria anche di niobio e tantalio). Il titanio garantisce un particolare indurimento per precipitazione data la formazione della specie intermetallica Fe3Ti.

Il vanadio, appartenendo al gruppo di cromo e titanio, mutua tante delle loro prerogative: è un disossidante particolarmente efficiente, forma carburi stabili che diminuiscono la temprabilità (a meno che non si raggiungano temperature sufficientemente alte da solubilizzare i carburi stessi), aumenta la resistenza alle sollecitazioni ripetute, affina il grano e diminuisce la sensibilità al surriscaldamento.

Il tungsteno, invece, ripropone alcune proprietà conferite dal molibdeno: esso è solubile nel ferro fino ad una concentrazione massima del 10%, oltre la quale precipita come composto intermetallico Fe3W2 che indurisce la lega senza compromettere la tenacità; aumenta la

temprabilità dell’acciaio e conferisce buone caratteristiche magnetiche.

7

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GLI ACCIAI

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Il boro è un elemento che è stato introdotto nelle leghe di acciaio in un periodo abbastanza recente; le difficoltà tecnologiche della sua introduzione sono dovute alla reazione del boro con l’azoto che diminuisce il tenore del boro disponibile per la creazione di carburi. Tuttavia questo elemento, dal comportamento particolarmente problematico anche nelle analisi quantitative, incrementa la temprabilità degli acciai basso legati con dispendi economici contenuti e ha delle buone caratteristiche di plasticità soprattutto sfruttate nelle lavorazioni a freddo.

Esistono poi degli elementi la cui concentrazione nella maggior parte dei casi deve essere ridotta il più possibile in quanto risultano essere nocivi per la lega (in singoli casi possono essere richieste concentrazioni minime per questioni di lavorabilità). L’ossigeno è scarsamente solubile nel ferro allo stato solido e si presenta sotto forma di inclusioni non metalliche. Questo elemento influisce sul peggioramento delle proprietà meccaniche e fisiche, un aumento della sensibilità al surriscaldamento e un peggioramento della lavorabilità a caldo. L’idrogeno, anche in concentrazioni di 0,001%, influisce negativamente sulle caratteristiche meccaniche diminuendo allungamento, strizione e resilienza. La ragione di questa influenza risiede nel fatto che l’elemento può diffondere allo stato atomico all’interno della lega durante il raffreddamento della colata creando dei difetti dette fiocchi, le quali si presentano come un susseguirsi di fessure di andamento rettilineo raggruppate solitamente nella zona centrale del componente. Inoltre il fosforo causa la riduzione della resilienza, in particolar modo in leghe ad alto tenore di carbonio a concentrazioni anche inferiori al 0,02%.

Lo zolfo forma un eutettico tra ferro e solfuro di ferro che fonde a 988°C; questo elemento, data la sua scarsa miscibilità con il ferro, spesso si trova in lega sotto forma di inclusioni non metalliche8 riconoscibili per una morfologia caratteristica. Tuttavia i solfuri di manganese migliorano la lavorabilità alla macchina utensile perché aumentano la truciolabilità nonostante riducano la resilienza.

2.5 DENOMINAZIONE DEGLI ACCIAI

Secondo la norma UNI EU 10027, gli acciai possono essere suddivisi in due macrogruppi:

 “gruppo 1: acciai designati in base al loro impiego e alle loro caratteristiche meccaniche o fisiche;

 gruppo 2: acciai designati in base alla loro composizione chimica” [5].

La designazione degli acciai del gruppo 1 si basa sulla giustapposizione del simbolo che ne determina l’impiego e la caratteristica fisica più importante associata all’utilizzo. Alcuni esempi delle denominazioni sono: S per gli acciai per impieghi strutturali seguito dal numero relativo al carico unitario di snervamento9 in N/mm2, B per gli acciai utilizzati per il cemento armato seguiti dal un numero pari al carico unitario di snervamento in N/mm2, R per gli acciai sottoforma di rotaie seguito dal valore del carico di rottura in N/mm2.

8

Le inclusioni non metalliche sono tutte quelle disomogeneità nel materiale che ad un esame microscopico non presentano la lucentezza, l’aspetto metallico e le proprietà fisiche della lega [4].

9

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Gli acciai appartenenti al gruppo 2 sono divisi in 4 sottogruppi: acciai non legati con tenore di manganese medio inferiore all’1%, acciai bassolegati con tenore di manganese medio superiore all’1% e tenore massa per ciascun elemento inferiore al 5%, acciai altolegati in cui almeno un elemento almeno del 5% e acciai rapidi; tuttavia le indicazioni di base per quanto riguarda la denominazione sono comuni:

 un simbolo in relazione al sottogruppo di appartenenza,

 tenore di carbonio,

 elementi chimici in ordine decrescente di concentrazione la cui presenza è intenzionale,

 i tenori dei principali elementi chimici in lega.

Il primo sottogruppo ha come simbolo iniziale la lettera C e un numero pari a 100 volte il tenore percentuale medio di carbonio prescritto. Il secondo sottogruppo è identificato da un numero pari a 100 volte il tenore di carbonio medio prescritto seguito dai simboli chimici degli elementi chimici che caratterizzano l’acciaio in ordine di tenore decrescente (nel caso della medesima concentrazione vengono indicati in ordine alfabetico) e il numero indicante la concentrazione del primo elemento in lega diviso per un fattore proprio di ciascun elemento10 e arrotondato all’intero più vicino. Gli acciai altolegati vengono identificati con la lettera X seguita dal numero pari al tenore di carbonio medio nella lega moltiplicato per 100, dai simboli chimici degli elementi in lega e dal numero indicante la concentrazione del primo elemento in lega secondo i medesimi criteri espressi per il sottogruppo precedente. Gli acciai rapidi vengono designati mediante il simbolo HS e i numeri indicanti i valori dei tenori percentuali degli elementi in lega nel seguente ordine: tungsteno, molibdeno, vanadio e cobalto.

A fini pratici, tuttavia, è opportuno utilizzare una classificazione delle leghe d’acciaio in 5 grandi gruppi:

acciai da costruzione di uso generale, utilizzati per sopportare sollecitazioni statiche o

dinamiche di una prefissata entità;

acciai speciali da costruzione, sfruttati per applicazioni dove la lega è sottoposta a

maggiori sollecitazioni rispetto al caso precedente;

acciai da utensile, destinati alla creazione di parti di macchine adibite alla lavorazione

di diversi materiali;

acciai inossidabili, particolarmente resistenti alla corrosione;

acciai per usi particolari, giustificati da caratteristiche peculiari del materiale.

Per la denominazione degli acciai inossidabili è possibile riferirsi ad un ulteriore normativa, la normativa AISI, che pone le basi per un sistema numerico costituito da due cifre che identificano la classe di appartenenza dell’acciaio (ad esempio 2XX indica acciai austenitici Cr-Mn-Ni, 5XX gli acciai martensitici a tenore di cromo intermedio, XX-X PH

10

Alcuni esempi di fattori moltiplicativi:

 4x per elementi quali cromo, manganese, cobalto, nichel, silicio e tungsteno;

 10x per alluminio, berillio, rame, molibdeno, niobio, piombo, tallio, titanio, vanadio, zirconio

 100x per cerio, azoto, fosforo e zolfo

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GLI ACCIAI

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indica gli acciai indurenti per precipitazione) e da altre due o tre cifre che indicano il tenore di carbonio moltiplicato per 100. [6]

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3. ACCENNI DI STORIA E STATO DELL’ARTE DELL’ANALISI

CHIMICA DEGLI ACCIAI

Storicamente, una delle tecniche per la determinazione qualitativa della composizione chimica di un campione di lega d’acciaio era quella dei “saggi alla tocca”. Questi venivano eseguiti direttamente allo stato solido, i pezzi in esame venivano preparati mediante la creazione di una superficie pulita e lucida e successivamente su di essa veniva deposto una quantità di acido o di reattivo appropriato poi recuperato mediante adsorbimento su carta da filtro e analizzato separatamente. La determinazione quantitativa, invece, veniva effettuata quasi esclusivamente attraverso tecniche gravimetriche (tecniche che permettono di raccogliere un composto contenente l’elemento di interesse a seguito di precipitazione del materiale insolubile o per volatilizzazione del solvente) e tecniche volumetriche (metodi che consentono di risalire al titolo di un composto all’interno di una soluzione sfruttando la sua reattività con una soluzione di titolante a concentrazione nota). Ad esempio la determinazione del fosforo veniva effettuata mediante ossidazione del non metallo ad acido fosforico, seguita dalla precipitazione con fosfomolibdato di ammonio e la trasformazione in pirofosfato di magnesio utilizzando opportuni reagenti; il rame invece veniva determinato negli acciai comuni per titolazione iodometrica dell’acetato di rame, Cu(CH3COO)2, previa

dissoluzione acida del campione con H2SO4, pretrattamento con tiosolfato di sodio,

calcinazione del solfuro e acidificazione con acido acetico [7]. A partire dagli anni Sessanta, hanno cominciato a svilupparsi tecniche fotometriche per la determinazione quantitativa di alcuni elementi che, trattati con opportuni reattivi, creano soluzioni colorate. L’intensità del colore è proporzionale alla concentrazione dell’elemento e la determinazione quantitativa veniva effettuata mediante i primi colorimetri a prismi, che sfruttavano l’interazione della radiazione solare con la soluzione incognita e con una soluzione di confronto a titolo noto, o mediante i primi spettrofotometri, i quali sfruttavano il principio dell’assorbimento di radiazione monocromatica o appartenente ad una particolare banda di lunghezze d’onda secondo la legge di Lambert-Beer11.

Lo sviluppo tecnologico e la ricerca hanno permesso di ampliare il numero di tecniche a disposizione per poter effettuare la caratterizzazione chimica degli acciai permettendo di determinare sia la composizione di bulk, sia la composizione superficiale del campione. Nel campo dell’analisi chimica di bulk, il principio dell’assorbimento della radiazione elettromagnetica di una sorgente viene sfruttato soprattutto nella spettroscopia atomica di

assorbimento (AAS – Atomic Absorption Spectroscopy). Nel 1982 è stata tentata

l’applicazione della tecnica su piccolissime quantità di campione solido (inferiori a 500 µg) inserite all’interno di fornetti di grafite e sottoposte ad una atomizzazione elettrotermica per la determinazione di rame, manganese, piombo e argento [8]. L’ET-AAS, ossia l’electrothermal atomic absorption spectrometry, fornisce risultati più robusti nel caso di

11

La legge di Lambert Beer applicata a soluzioni diluite assume questa forma matematica: 𝐴 = log10( 𝐼1⁄ ) = 𝜀 ∗ 𝑙 ∗ 𝐶; 𝐼2

dove 𝐴 indica l’assorbanza della soluzione definita come il logaritmo in base dieci del rapporto fra l’intensità di luce incidente (𝐼1)e l’intensità di luce trasmessa (𝐼2); essa dipende dal coefficiente di assorbività molare (𝜀), dalla lunghezza del

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elementi quali oro, argento, selenio e tellurio la cui determinazione può essere effettuata a valle di un processo di co-precipitazione riduttiva mediante palladio [9]. L’atomizzazione mediante fornetto di grafite è stata sfruttata, insieme all’atomizzazione tramite fiamma, anche per l’analisi di campioni precedentemente disciolti in acido e preconcentrati mediante l’adsorbimento degli analiti di interesse su di una resina a scambio ionico (Amberlite XAD-1180) [10].

La spettroscopia di emissione è stata una delle prime tecniche sfruttate per l’analisi quantitativa multielementare di bulk degli acciai. Come testimonianza delle prestazioni agli albori di questa tecnica analitica, è stato riportato in Figura 3-1 un grafico relativo alle curve di calibrazione realizzate tramite ICP-OES del 1974 [11]; nello studio in questione era stata realizzata l’analisi di impurezze di alcuni elementi negli acciai (analogo dell’applicazione oggetto di questa tesi). Fin dai primi passi, i vantaggi dell’utilizzo di questa tecnica sono stati evidenti: un’analisi multielementare effettuata in tempi ridotti, sensibilità e limiti di rilevabilità migliori di quanto ottenuto con metodi gravimetrici o volumetrici e l’isolamento dell’effetto degli interferenti sono solamente alcuni esempi. Sebbene con il passare degli anni lo strumento si sia evoluto dal punto di vista tecnologico, nel suo assetto tradizionale esso richiede ancora un pretrattamento del campione per la necessità di passare dalla fase solida a quella liquida. Come descritto da Scheila Merson e Peter Evans [12], è possibile effettuare la determinazione di manganese, molibdeno, cromo e nichel negli acciai basso legati utilizzando un approccio analitico denominato exact matching, ossia “una versione modificata della calibrazione corretta per lo standard interno in cui viene preparato un solo standard di riferimento nel quale la concentrazione di ciascun analita è il più possibile simile a quella attesa nella soluzione incognita”. Il campione incognito viene dissolto mediante una digestione acida (utilizzando HNO3, HF e HCl) in microonde; come standard interno si utilizza

oro12 a concentrazione nota sia nello standard che nel campione incognito e la tecnica permette la quantificazione degli elementi sopracitati con un’incertezza dell’1% sulla concentrazione nel materiale al 95% di intervallo di confidenza. È possibile rimuovere selettivamente il ferro all’interno della soluzione durante la preparazione del campione attraverso una separazione preliminare, che può essere cromatografica o di diversa natura. Un tipo di Solid-Phase Micro Estraction (SPME) utilizza colonne di nano particelle di biossido di titanio [13], attraverso le quali la soluzione viene fatta eluire tramite l’utilizzo di una pompa peristaltica, che trattengono selettivamente il Mo (poi eluito con una aliquota di una

12

L’oro è un elemento noto per la persistenza a livello delle diverse porzioni strumentali tale da determinare un effetto memoria non trascurabile nel sistema ICP-OES.

Figura 3-1 – Grafico dell’articolo citato del 1974 [11]

che riporta le curve di calibrazione per la determinazione di impurezze di Ti, Ce, Nb, V negli acciai.

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soluzione di idrossido di sodio) e lasciano eluire il Fe(III) lavorando ad un opportuno valore di pH.

La spettroscopia di emissione viene applicata direttamente sul campione solido in strumenti quali il quantometro. Con queste tecniche, l’ablazione della massa dal campione e l’emissione di radiazione dei diversi elementi eccitati vengono indotte mediante la generazione di varie tipologie di scariche sulla superficie del campione; la radiazione viene analizzata mediante l’utilizzo di un cerchio di Roland per separare le diverse lunghezze d’onda e il detector è costituito da un insieme di fototubi disposti all’esterno del sistema di dispersione che trasformano i fotoni raccolti in corrente elettrica.

Un’altra tecnica che sfrutta la radiazione emessa dagli atomi del campione e che non necessita di pretrattamento del campione è l’analisi elementare di tipo LIBS (Laser Induced

Breakdown Spectroscopy) le cui applicazioni sono sconfinate nel campo siderurgico per

motivazioni diverse. Le caratteristiche di questa tecnica permettono di indagare la composizione elementare delle scorie degli impianti di colata degli acciai durante lo stoccaggio nelle siviere13 o mentre il materiale si muove sulla via-rulli (colata continua). L’utilizzo del laser come modalità di eccitazione della materia permette di lavorare a distanza direttamente sulla lega fusa, la velocità dell’analisi invece garantisce la misurazione in tempo reale della composizione. Nel caso dell’analisi in siviera, il sistema ottico della LIBS (laser e sonda per il recupero dell’emissione) può essere montato su una piattaforma mobile favorendo la misura in diversi punti della superficie della colata per verificarne l’omogeneità [14], mentre per l’analisi chimica in caso di colata continua la strumentazione è in una posizione fissa e campiona in tempi successivi il materiale che scorre sotto di essa sulla via-rulli [15]. Oltre all’analisi sull’impianto finalizzata al controllo a campione della composizione media della colata, la tecnica LIBS viene sfruttata sulle leghe d’acciaio per analisi chimiche superficiali, ad esempio per verificare l’efficacia di trattamenti galvanici nella deposizione di film superficiali mediante la valutazione della variazione della composizione chimica rispetto alla profondità di campionamento del laser [16].

Per l’analisi superficiale delle leghe di acciaio vengono applicate anche una serie di spettroscopie che sfruttano i raggi X. Prima fra tutti, la soft X-ray absorption spectroscopy (XAS) è “particolarmente utile per la determinazione dello stato d’ossidazione delle diverse specie presenti nello strato più esterno (20-40 Å) [17]” in quanto viene acquisito il segnale relativo all’emissione degli elettroni conseguente al passaggio di un elettrone, originariamente appartenente al core della configurazione elettronica, dal livello elettronico eccitato (raggiunto mediante assorbimento dei raggi X) al livello elettronico fondamentale. Questo tipo di spettroscopia è particolarmente utilizzata quando è necessario indagare la composizione e lo stato chimico di uno strato superficiale del materiale (ad es. lo strato di ossido di cromo passivante sulla superficie degli acciai inossidabili). L’XAFS (x-ray absorption

fine structure) è si basa sull’assorbimento di radiazione X e permette di indagare lo stato

chimico e la disposizione di un particolare elemento nella matrice della lega Fe-C (è possibile infatti determinare se l’elemento è entrato nel reticolo di una particolare forma allotropica del Fe o sia precipitato come carburo tra i reticoli [18]).

13

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ACCENNI DI STORIA E STATO DELL’ARTE DELL’ANALISI CHIMICA DEGLI ACCIAI

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La spettroscopia di fluorescenza a raggi X (ED-XRF, energy dispersive X-ray fluorescence) a dispersione di energia permette di determinare la composizione di bulk di prodotti in lega d’acciaio. L’analisi non è distruttiva e richiede una preparazione del campione limitata (se il campione è omogeneo è necessaria la preparazione con carte abrasive di opportuna grana); queste due prerogative la rendono una delle tecniche maggiormente utilizzate, insieme al quantometro, per il controllo immediato a monte o a valle di un processo produttivo [19]. Un altro particolare tipo di applicazione di questa porzione della radiazione elettromagnetica è l’X-ray photoelectron spectroscopy (XPS), che sfrutta il principio di emissione di radiazione dalla transizione di un elettrone da un stato eccitato (a cui è giunto mediante assorbimento di radiazione ad alta energia) a quello fondamentale. È possibile utilizzarlo per effettuare studi sulla composizione chimica superficiale del campione, per esempio nel caso di fenomeni di corrosione [20].

Il SEM (scanning electron microscopy) e il TEM (trasmission electron microscopy) invece sono due tipologie di microscopia elettronica che differiscono per la tipologia di segnale acquisito. In particolare, per una analisi TEM si raccoglie l’immagine generata dagli elettroni che sono riusciti ad attraversare un campione di circa 50 µm, mentre invece per una analisi SEM gli elettroni vengono focalizzati in punti diversi del campione in tempi successivi. Nel caso del SEM il segnale risultante dall’interazione degli elettroni con i campioni può essere di tipologia diversa: può essere sfruttata la determinazione del fascio di elettroni secondari, degli elettroni back scattered, la catodoluminescenza, … mentre per il TEM vengono rilevati le energie e le posizioni degli elettroni che hanno attraversato il campione. I due sistemi hanno un potere risolutivo di qualche nm [18] e possono essere utilizzati per l’analisi della morfologia superficiale o per l’analisi chimica attraverso l’utilizzo delle opportune sonde che permettono di raccogliere ed elaborare i diversi tipi di segnale [20].

La spettrometria di massa è un ulteriore tecnica con la quale viene effettuata l’analisi elementare delle leghe di acciaio grazie alla capacità di discriminazione dei diversi atomi in relazione al rapporto m/z14. Anche in questo caso vengono sfruttati al meglio alcuni dei vantaggi che la tecnica offre: l’analisi multielemento nella singola scansione, i bassi limiti di rilevabilità, di un ampio range dinamico lineare (anche 11 ordini di grandezza [21]) e la possibilità di applicare gli assetti di seguito proposti per l’analisi dal materiale allo stato solido. Infatti, è possibile interfacciare diversi analizzatori (i più utilizzati sono la doppia focalizzazione, il quadrupolo e il TOF15) con svariate tipologie di sorgenti: scarica (GD - glow discharge [22]), LA-ICP (Laser Ablation – Inductively Coupled Plasma [23]), ioni secondari (SI – secondary ion [24]), etc. L’analisi diretta allo stato solido permette di ottenere informazioni relative anche a gradienti di concentrazione che si sviluppano nella direzione della profondità del materiale o delle discontinuità dovute alla presenza di inclusioni non metalliche sulla superficie bidimensionale del campione. La scelta di quale degli assetti strumentali utilizzare è determinata dall’obiettivo che deve essere raggiunto. I maggiori problemi che devono essere risolti nell’applicazione della spettrometria di massa sono dovuti essenzialmente alla presenza di interferenze generate da ioni isobarici che possono

14

Rapporto m/z : rapporto tra la massa e la carica della singola particella determinata.

15

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crearsi nella sorgente (“isotopi con il medesimo rapporto m/z di altre specie a causa della presenza di ioni multi carica, cluster creati da elementi presenti nella matrice, specie gassose cariche generate durante la scarica, …” [22]).

Nell’ottica di snellire la procedura di preparazione del campione è possibile fare la determinazione del tenore di alcuni elementi quali carbonio, idrogeno, ossigeno, zolfo e azoto nelle matrici metalliche tramite un’analisi dei gas, liberatisi a seguito della combustione completa del campione, tramite rivelatore IR o a termoconducibilità [25]. Nel

determinatore carbonio-zolfo, il campione, pesato all’interno del crogiolo e previa l’aggiunta

di un opportuno catalizzatore, viene riscaldato ad una temperatura di 2000 °C sotto flusso di ossigeno puro; si liberano monossido di carbonio (CO), diossido di carbonio (CO2) e anidride

solforosa (SO2) che vengono trasportati dall’ossigeno stesso attraverso un filtro per le polveri

e un filtro per l’umidità. Il diossido di zolfo viene rilevato da una prima cella di rivelazione IR, successivamente avviene l’ossidazione di tutto il monossido di carbonio ad anidride carbonica e dell’anidride solforosa ad anidride solforica; quest’ultima viene rimossa attraverso il passaggio attraverso la lana di cellulosa e nella seconda cella di rivelazione IR viene quantificata la CO2. La normativa ASTM E1019-11 spiega nel dettaglio le procedure

d’analisi da seguire nell’utilizzo di questo strumento per ottenere dati analitici robusti. La stessa struttura di funzionamento viene riprodotta nei determinatori ossigeno-azoto o di

idrogeno; differiscono solamente per le temperature di riscaldamento, i gas di flusso e i

sistemi di purificazione dei gas prodotti. I limiti di rilevabilità che possono essere raggiunti con questi strumenti sono 20 µg/g per il carbonio, 10 µg/g per lo zolfo, 5 µg/g per l’azoto, 10 µg/g per l’ossigeno e 0,5 µg/g per l’idrogeno [25].

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SPETTROSCOPIA ATOMICA DI EMISSIONE

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4. SPETTROSCOPIA ATOMICA DI EMISSIONE

Con il termine spettroscopia si intende il processo di indagine scientifica che sfrutta l’interazione della radiazione elettromagnetica con la materia per poter raccogliere informazioni riguardanti la struttura molecolare (spettroscopia molecolare) o la composizione elementare (spettroscopia atomica) di una sostanza. Tra le spettroscopie molecolari si possono ricordare la spettroscopia IR, la spettroscopia UV-VIS, la spettroscopia NMR, … che forniscono segnali e informazioni differenti in relazione al range di lunghezze d’onda, e quindi in relazione alla quantità di energia utilizzata per l’eccitazione del sistema da studiare. Nella spettroscopia atomica i campioni vengono vaporizzati e decomposti all’interno di atomizzatori dedicati (come la fiamma, il fornetto di grafite e il plasma ad accoppiamento induttivo); la concentrazione degli atomi presenti nella fase gassosa viene determinata misurando l’assorbimento o l’emissione alle lunghezze d’onda caratteristiche dell’elemento. La determinazione quantitativa è possibile dal livello delle parti per milione (µg/g) a quello delle parti per trilione (pg/g) [26]. Nel caso dell’analisi di acciai è possibile utilizzare sia la spettroscopia atomica di emissione che quella di assorbimento; la differenza tra le due modalità di analisi non risiede solamente nella tipologia di radiazione determinata come segnale e nell’assetto strumentale, ma anche nella possibilità di effettuare l’analisi multielemento. Infatti, nella spettroscopia di assorbimento l’analisi multielemento è limitata dalla tipologia di lampade a disposizione del laboratorio in quanto l’eccitazione della lampada è selettiva sul relativo elemento; invece, nella spettroscopia di emissione, l’eccitazione agisce sulla totalità del campione e la discriminazione tra i diversi elementi viene effettuata mediante la scansione delle lunghezze d’onda a carico del detector, ciò permette di poter determinare tutti gli elementi presenti nel campione. Nel paragrafo seguente viene approfondito il principio chimico-fisico alla base della spettroscopia di emissione, tecnica tramite la quale sono stati effettuati gli esperimenti adatti per la risoluzione del problema analitico oggetto di questo studio.

4.1 NATURA DELLA RADIAZIONE DI EMISSIONE

Nella sua descrizione più semplice, l’atomo si presenta composto da una zona ad alta densità di carica positiva, denominata nucleo e contenente protoni e neutroni, attorno al quale gli elettroni si muovono su orbitali discreti, a ciascuno dei quali viene associato un livello energetico in relazione alla maggiore distanza dal nucleo: tanto più la particella orbita lontano dal nucleo, tanto più l’energia associata risulta essere elevata. Quando una radiazione elettromagnetica, di energia corrispondente a quella necessaria per effettuare il passaggio da un’orbitale a quello successivo, colpisce l’atomo, avviene un fenomeno detto

eccitazione: l’elettrone effettua uno spostamento dall’orbitale dello stato fondamentale ad

uno ad energia superiore (stato eccitato), incrementando l’energia complessiva dell’atomo e destabilizzando il sistema. Il fenomeno concorrenziale rispetto a quello appena descritto è la conversione del contributo energetico della radiazione in energia cinetica a disposizione dell’atomo. Data l’instabilità del sistema eccitato, esso tende a decadere ripristinando le

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condizioni iniziali ed emettendo il quantitativo esatto di energia assorbita sottoforma di nuova radiazione. In spettroscopia di emissione, le radiazioni prodotte dagli atomi neutri vengono designate con il numero romano I, per distinguerle da quelle prodotte da ioni eccitati, che viene indicato con II. In Figura 4.1-1 sono rappresentati i fenomeni dell’eccitazione e del decadimento radiativo a carico di un elettrone di un elemento avente Z pari a P+.

La differenza di energia tra i livelli energetici iniziale e finale coinvolti nel trasferimento elettronico definisce la frequenza, o alternativamente la lunghezza d’onda16, della radiazione prodotta dal sistema, secondo la relazione di Planck17: 𝐸 = ℎ ∗ 𝜈 . La rappresentazione

seguente schematizza i livelli energetici ionici ed elettronici coinvolti in una transizione radiativa.

Ciascun elemento possiede una propria gamma di livelli elettronici e, di conseguenza, una propria serie di lunghezze d’onda caratteristiche che ne costituiscono lo spettro. È possibile definire una relazione empirica che rappresenti simbolicamente il legame fra la lunghezza d’onda e l’atomo: 𝜆 = 𝑓(𝑍)18. Essa è di semplice derivazione nel caso di atomi a struttura

semplice (come la formula di Rydberg19 per l’idrogeno), mentre risulta più complessa all’aumentare del numero atomico. Nella pratica spettrochimica, vengono utilizzate delle tavole di lunghezze d’onda che riassumono le correlazioni fra gli elementi e le rispettive 𝜆.

16

Si ricorda che la relazione tra lunghezza d’onda (λ) e frequenza (𝜈) di una radiazione è di inversa proporzionalità; infatti il prodotto fra queste due grandezze è costante e fornisce come risultato la velocità della luce (𝑐).

17

Simboli utilizzati: E - l’energia della radiazione; h - costante di Planck, pari a 6,63*10-34 J*s, 𝜈 – frequenza della radiazione.

18

Simboli utilizzati: 𝑍 - numero atomico

19

Formula di Rydberg: 1 𝜆⁄ = 𝑅 ∗ (1 𝑛 12+ 1 𝑛 2 2

⁄ ) dove 𝑅 è la costante di Rydberg (1,097*107 m-1) e 𝑛1ed 𝑛2sono due

numeri positivi con 𝑛2> 𝑛1

Figura 4.1-1 - Schematizzazione, secondo il modello atomico d Bohr, del fenomeno di assorbimento e di emissione di

radiazione elettromagnetica [35].

Figura 4.1-2 - Rappresentazione grafica delle transizioni di assorbimento ed emissione: a,b - assorbimento; c –

ionizzazione; d – eccitazione dello ione; e – emissione ionica; f, g, h – emissioni atomiche [35].

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