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NON SACCHAROMYCES, LE TAPPE DELLA RICERCA

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VQ NUMERO TRE - GIUGNO DUEMILA14 VQ NUMERO TRE - GIUGNO DUEMILA14

20 21

CANTINA

FOCUS

LIEVITI

D

alle fermentazioni miste con ceppi selezionati

di lieviti non Saccharomyces, ai ceppi di

Sac-charomyces cerevisiae migliorati grazie alle

nuove tecniche messe a disposizione dalla

ge-nomica, le aziende del biotech enologico

se-guono da vicino il mondo della scienza,

met-tendo a disposizione prodotti sempre più

sicu-ri e specifici per ogni tipo di applicazione e stile enologico, nel

rispetto della tipicità e della biodiversità.

Nel rispetto della biodiversità:

non solo Saccharomyces

Negli ultimi decenni la ricerca e l’industria hanno concentrato i loro sforzi nella sele-zione di numerosi ceppi di Saccharomyces

cerevisiae con caratteristiche

tecnologi-che e qualitative molto diverse, risponden-do in molti casi anche all’esigenza di

carat-mento nella complessità dei vini rispetto a quanto avviene per effetto delle popolazioni miste naturalmente presenti nei mosti. L’at-tenzione si è quindi rivolta allo studio delle proprietà delle numerose specie di lieviti di generi diversi presenti nei mosti, detti nel loro complesso lieviti non Saccharomyces, con lo scopo di isolare i ceppi più interessan-ti per poter riprodurre nelle fermentazioni enologiche quanto avviene in natura, senza per questo assumersi i rischi connessi alla mancanza di gestione dei processi biologici di una fermentazione spontanea. Molti lieviti non Saccharomyces sono dotati di attività enzimatiche, come le glicosidasi, superiori e più attive di quelle presenti in cerevisiae, in grado di liberare gli aromi, terpeni e nori-soprenoidi, presenti nelle bucce e nei mosti.

Tra scienza e innovazione,

i lieviti enologici oggi

ALESSANDRA BIONDI BARTOLINI

NON SACCHAROMYCES,

LE TAPPE

DELLA RICERCA

La ricerca portata avanti da numerosi istituti italiani e stranieri ha permesso di descrivere le performance qualitative di molti lieviti non Saccharomyces e di studiare la variabilità esistente tra i diversi ceppi di una stessa specie. Avendo quindi verificato le proprietà che alcune di queste specie sono in grado di apportare al vino e selezionato i ceppi di maggior interesse, è stato necessario valutare le possibili modalità d’uso di questi microrganismi, la carica con la quale essi debbano essere inoculati in rapporto a quella di Saccharomyces cerevisiae, il momento di inoculo, contemporaneo o sequenziale, e la sensibilità ai diversi fattori della vinificazione come la temperatura e la presenza di anidride solforosa (Domizio et al., 2011).

terizzare con ceppi autoctoni i territori di provenienza. Alcuni studi recenti, nonché l’esperienza dei produttori interessati al-le fermentazioni spontanee, hanno porta-to alla constatazione che l’uso di un’unica specie, sebbene in grado di dare sicurez-za e pieno controllo del processo fermen-tativo, potrebbe comportare un

impoveri-Lieviti enologici al microscopio elettronico (foto gentilmente concessa da Lallemand).

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Torulaspora e Amarone

Per limitarci alle esperienze svolte nel no-stro Paese, un lavoro del Centro per la Sperimentazione in Vitivinicoltura del-la Provincia di Verona e del Dipartimento di Biotecnologie dell’Università di Verona (Azzolini et al., 2012) ha valutato la possi-bilità di utilizzo e le modalità di inoculo di un ceppo di Torulaspora delbruekii nella fermentazione di uve Amarone. I risultati hanno dimostrato come Torulaspora sia in grado, soprattutto nelle prove effettua-te con inoculo sequenziale, di colonizzare il mosto anche a gradazioni alcoliche parti-colarmente elevate, come quelle sviluppate nelle fermentazioni dell’Amarone. I risulta-ti aromarisulta-tici hanno evidenziato come nelle fermentazioni miste siano molti i composti aromatici sviluppati in modo significativa-mente diverso, a vantaggio di una maggio-re intensità e complessità dei vini ottenuti con l’inoculo sequenziale.

Metschnikowia, liberazione

degli aromi e tenore alcolico

Un altro lievito, Metschnikowia

pulcherri-ma, produce alfa arabinofuranosidasi,

enzi-ma che in combinazione con la beta D

glico-sidasi libera gli aromi glicosidati, rendendoli percepibili olfattivamente e incrementando così l’intensità e la complessità aromatica dei vini. Il ceppo MP346 di questo lievito è stato isolato dall’Università di Santiago del Cile per la fermentazione di mosti bianchi e rosati e la liberazione di aromi terpenici e tiolici. Il lievito, il cui nome commerciale è Flavia©, è prodotto in forma di lievito

sec-co attivo (avendo superato anche le prove di essiccabilità) da Lallemand e distribuito in Italia da Dal Cin. “Utilizzato in

combi-nazione con specifici ceppi di Saccha-romyces cereviasiae, come Rhone 4600 e Rhone 2056, Flavia favorisce l’espres-sione varietale dei vini bianchi e rosa-ti”, spiega Arianna Volpini di Dal Cin. “In

particolare, le attività enzimatiche pro-prie di questo lievito permettono la li-berazione dei terpeni (linalolo e gera-niolo) presenti in forma di precursori inodori nel mosto. In vini Sauvignon blanc è stata rilevata inoltre una mag-giore liberazione di 4 metil 4 mercapto 2 pentanone (4MMP) e 3-mercaptoesa-nolo (3MH), molecole tioliche dai descrit-tori tipici di bosso, ginestra, pompelmo e frutto della passione”.

In un’altra ricerca svolta da un gruppo di ri-cercatori australiani e spagnoli (Contreras et al., 2013) l’inoculo sequenziale di un cep-po selezionato di Metschnikowia

pulcher-rima con un ceppo di Saccharomyces ce-revisiae ha permesso di ridurre la resa in

etanolo, producendo vini con un contenu-to finale in alcol significativamente diverso da quello ottenuto con altri lieviti

Saccha-romyces e non SacchaSaccha-romyces.

Candida, alcol e glicerolo

Anche Candida zemplilina presen-ta aspetti interessanti relativamente alla possibilità di produrre fermentazioni con minori rese in alcol ed elevate quantità di glicerolo. Ceppi selezionati di questo lievi-to sono stati testati, in modo indipenden-te, dai ricercatori dell’Università di Sassari (Zara et al., 2012) e dall’Istituto Regionale del Vino e dell’Olio della Sicilia (Ponticello et al., 2013). I risultati dei due studi han-no messo in evidenza che la riduzione del-la resa in alcol è un carattere influenzato dal ceppo di Candida utilizzato, mentre il carattere legato all’arricchimento in glice-rolo si presenta in modo ripetibile nei cep-pi diversi della stessa specie.

I NON SACCHAROMYCES IN ENOLOGIA

Specie in coltura mista o con inoculo sequenziale Proprietà enologiche/ obiettivo dell'uso

con Saccharomyces cerevisiae Riferimento in letteratura scientifica

Candida zemplinina Fruttosofilo, consumo acido acetico, fermentazione vini dolci; basse rese in etanolo; elevata produzione di glicerolo

Ransiou K, et al, 2012; Comitini et al., 2101; Ponticello et al., 2013; Zara et al., 2012

Candida stellata Incremento del contenuto in glicerolo (cellule immobilizzate); incemento della componente aromatica Ciani e Ferrro, 1996; Ciani e Ferraro, 1998; Ferraro et al., 2000; Soden et al., 2000 Kluiveromyces thermotolerans Riduzione acido acetico, incremento acidità totale KapsopoulouK et al., 2005; Ciani et al., 2006

Kluyveromyces wickerhamii e

Wicheranomyces anomalus (Pichia anomala) Produzione di tossine anti-Brett Comitini et al. 2004; De Ingeniis et al., 2009; Comitini e Ciani, 2011

Metschnikowia pulcherrima riduzione di acidità volatile;Produzione di polisaccaridi;

liberazione di aromi glicosidati; riduzione resa in etanolo

Ganga et al., 2012; Comitini et al. 2011; Contreras et al., 2013

Pichia Klyverii Liberazione aromi tiolici da precursori aromatici in SB Anfang et al., 2009

Schizosaccharomyces pombe produzione acido acetico e off flavourDegradazione acido malico; Ciani et al., 1995; Silva et al., 2003; Benito et al., 2012 Torulaspora delbrueckii Riduzione di acido acetico, produzione composti aromatici positivi; incremento contenuto in glicerolo Comitini et al., 2011; Azzolini et al., 2012Ciani et al., 2006; Bely et al., 2008;

Proprietà di alcuni lieviti non Saccharomyces di interesse enologico, testati in fermentazioni miste o sequenziali con Saccharomyces

cerevisiae (e in alcuni casi in forma di cellule immobilizzate). I riferimenti bibliografici, così come la lista delle specie di interesse

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FOCUS

CANTINA LIEVITI

Kluyveromyces, Wicheranomyces

e il controllo del Brett

Dalla ricerca svolta da Maurizio Ciani e dai suoi collaboratori dell’Università Politec-nica delle Marche (Comitini et al. 2004; De Ingeniis et al., 2009; Comitini e Ciani, 2011) è emersa la capacità di alcuni cep-pi Kluyveromyces wickerhamii e di

Wi-cheranomyces anomalus (o Pichia ano-mala) di produrre una tossina di natura

proteica chiamata KWKT in grado di con-trollare la crescita e l’attività metabolica del lievito contaminante Brettanomyces

bru-xellensis, aprendo di fatto uno spiraglio su

una possibile lotta biologica nei confronti di questo organismo dannoso per la qua-lità dei vini.

I nuovi ceppi con proprietà anti-Brett so-no stati poi moltiplicati e testati in fer-mentazioni pure o in associazione tra loro e con Saccharomyces e vengono prodot-ti e distribuiprodot-ti con il nome commerciale di BrettOut K e BrettOut W in forma di lievi-to fresco attivo dalla società emiliana SG Biotech, che propone nella sua gamma an-che altri lieviti non Saccharomyces: “I

ri-sultati migliori nelle prove effettuate si

sono avuti utilizzando in associazione i due lieviti con capacità inibente nei confronti di Brettanomyces, nel rappor-to di una parte di Kluyveromyces wi-ckerhami e 3 parti di Wicheranomyces anomalus, e inoculando nelle successi-ve 24-48 ore il ceppo di Saccharomyces cereviasiae che completerà la fermenta-zione alcolica”, spiega Marcello Galetti

di SG Biotech.

Pichia e gli aromi fruttati

Ai ceppi selezionati di Torulaspora

delbruekii, in grado di dare

caratteristi-che interessanti a livello aromatico, e di

Kluiveromyes thermotolerans, grazie al

cui metabolismo si possono avere incre-menti anche considerevoli dell’acidità dei mosti, proposti già da qualche anno dal-la danese Christian Hansen, distribuita in esclusiva in Italia da Enologica Vason, si aggiunge quest’anno un ceppo di Pichia

kluyveri particolarmente efficiente nella

liberazione di aromi fruttati a partire dai precursori presenti nell’uva, che viene for-nito in forma congelata e adatta all’inocu-lo diretto.

Il miglioramento genetico

di S. Cerevisiae

I QTL

Le tecniche di mappatura genetica dei ca-ratteri quantitativi (QTL) sono state uti-lizzate nelle fasi preliminari dello scree-ning sulla selezione massale realizzata nel 2009 da diverse fermentazioni spontanee in Borgogna, che ha portato i ricercatori di Laffort che operano presso l’ISVV dell’Uni-versità di Bordeaux a selezionare il nuovo ceppo Zymaflore CH9. “Come è stato

di-mostrato nelle prove comparative su sca-la industriale svolte nelle stagioni suc-cessive alla sua selezione in entrambi gli emisferi – dice Antonio Grazietti di

Laffort Italia – il ceppo Zymaflore CH9

presenta una breve fase di latenza, una Vmax non eccessivamente elevata

(velo-cità massima di fermentazione correlabile in condizioni di stress al rischio di arresto fermentativo, ndr) e una cinetica rapida

e decisa in tutte le condizioni. Il nuovo ceppo è adatto alla fermentazione di mo-sti da uve Chardonnay, dei quali esal-ta le note di mandorla, nocciola fresca e pane tostato ed esprime vini caratte-rizzati da grande rotondità e grassezza”.

L’ibridazione intraspecifica

Oltre alla selezione massale, che identifica e seleziona da una popolazione naturale gli individui con i caratteri più interessanti dal punto di vista enologico, le tecniche di mi-glioramento genetico dei microrganismi, si-milmente a quanto avviene per le specie ve-getali, prevedono anche l’ibridazione intra e interspecifica e la tecnica del DNA ricom-binante (quest’ultima applicata per ottene-re i cosiddetti microrganismi transgenici o OGM, attualmente non commercializzati in Europa). Le tecniche di ibridazione consi-stono nel riprodurre fenomeni di incrocio che avvengono anche spontaneamente in natura, essendo il lievito un organismo in grado di riprodursi per via sessuata. I cep-pi che se ne ottengono non sono

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nismi geneticamente modifi cati.

Un’applicazione è quella realizzata nel-la colnel-laborazione tra SupAgro, INRA di Montpellier, ICV (Institute Cooperative du vin) e Lallemand per ottenere il ceppo Lalvin ICV OKAY©. “Nella selezione di ICV OKAY© le tecniche di selezione classiche

sono state combinate con la mappatura QTL (Quantitaive Trait Locus), tecnica che permette di identifi care le regioni del genoma correlate con l’espressione

dei caratteri quantitativi”, spiega Fran-cesco Loparo di Lallemand Italia. I

ricer-catori dell’INRA hanno trasferito i geni re-sponsabili della bassa produzione di H2S, SO2 e acetaldeide da un ceppo donatore ad un altro ceppo molto robusto e dotato di buone capacità fermentative. Una serie di reincroci con quest’ultimo ha permesso di recuperare la maggior parte del genoti-po parentale, rendendo il nuovo cepgenoti-po mi-gliorato diverso solo per i caratteri desi-derati introdotti. “OKAY© è una perfetta

sintesi che combina eccellenti capacità fermentative con una ridottissima pro-duzione di SO2, H2S e acetaldeide. Que-ste caratteristiche permettono di avere una maggiore frazione di solforosa pre-sente nella sua forma libera e attiva, ri-ducendo nel contempo il rischio di aro-mi solforati. Inoltre la bassa produzione di solforosa rende questo lievito partico-larmente compatibile con la fermenta-zione malolattica”, spiega ancora Loparo.

Grazie alla collaborazione con i

geneti-sti dell’Università di Bordeaux, la socie-tà francese Lamothe Abiet propone già da diversi anni una ricca gamma di lievi-ti ottenulievi-ti da ibridazione, alla quale si ag-giunge per la prossima vendemmia un nuo-vo ceppo adatto per i vini rossi: “Il nuonuo-vo

ceppo MK14 è stato sviluppato usando la tecnica dell’incrocio per migliorare un ceppo già leader di mercato per la produzione dei vini rossi”, spiega Ada Ciarla, responsabile per l’Italia

dell’azien-da francese. “Il risultato è stato un ceppo

con le ottime capacità fermentative già presenti in quello di partenza, combi-nate ad una bassissima produzione di acidità volatile, acidi grassi a catena media e anidride solforosa, anche in condizioni di elevate gradazioni alco-liche. MK4 accentua le note fruttate ed è in grado di apportare freschezza alle vendemmie più mature e concentrate. Inoltre è in grado di integrare la strut-tura tannica dando volume e lunghez-za in bocca”.

L’IBRIDAZIONE

TRA LIEVITI

La fi gura qui di fi anco (da Berlese-Noble et al., 2014; Blondin, 2013; modifi cata) mostra il procedimento adottato per ibridare due ceppi parentali di ibridi e i successivi cicli di reincrocio (backcrossing) per il recupero del genoma di uno dei due ceppi dopo il trasferimento assistito da marcatori molecolari di uno o più caratteri.

DAL SEQUENZIAMENTO

ALLA SELEZIONE

Lo studio della genomica e delle sue applicazioni (Saccharomyces cerevisiae è stato il primo eucariote il cui genoma sia stato sequenziato, nel 1996) ha permesso di identifi care cromosomi e geni nei quali vengono codifi cati i caratteri responsabili dei fenotipi più interessanti dal punto di vista enologico. Diversi sono stati negli ultimi anni i casi in cui queste acquisizioni hanno trovato applicazione nello sviluppo di nuovi prodotti, rendendo più selettivo e rapido lo studio delle popolazioni e della loro variabilità. P1 P1 P1 P1 P2

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FOCUS

CANTINA LIEVITI

L’ibridazione interspecifica

Anche l’ibridazione tra specie diverse del genere Saccharomyces è una tecnica di miglioramento utilizzata per ottenere cep-pi con caratteristiche intermedie o che combinano caratteri interessanti presenti nei due ceppi parentali. L’Istituto Sudafri-cano di Stellenbosch ha ottenuto con que-sta tecnica il primo ibrido interspecifico tra Saccharomyces cerevisiae e

Saccha-romyces paradoxus, una specie presente

nelle fermentazioni spontanee.

Il nuovo lievito ibrido, prodotto e distribu-ito da Anchor con il nome di Exotic SPH, è in grado di degradare parzialmente l’aci-do malico, favorenl’aci-do l’avvio della fermen-tazione malolattica e produrre alte quantità di glicerolo. “Saccharomyces paradoxus – spiega Enrico d’Andrea di Enologica

Vason, distributrice esclusiva di Anchor in Italia – è isolabile da diverse specie

di quercia in Europa ma sembra sia spesso presente anche nei vigneti cro-ati. I ricercatori che ne hanno valutato le performance in vinificazione hanno ottenuto buone cinetiche

fermentati-ve e vini con piacevoli profili aromati-ci. Inoltre Paradoxus possiede due trat-ti genetrat-tici non comuni a S. cerevisiae che possono risultare utili nel processo di vinificazione: l’attività pectolitica e la capacità demalicante, che sono sta-te entrambe trasferista-te nel nuovo ibrido Exotic SPH”.

I lieviti specifici

per il Sauvignon blanc

La peculiarità del profilo aromatico di Sau-vignon blanc, caratterizzato da composti di natura tiolica come il 3 MH (mercaptoesan-1-olo) con aroma di pompelmo, il 4MMP (4 mercapto-4 metil pentan one) con aroma di ribes nero, bosso o ginestra e il 4 MHA (4 mercaptoesil acetato) con aroma di frutto della passione, pone da anni le strutture di ricerca impegnate nella selezione e nel mi-glioramento dei lieviti di fronte alla neces-sità di individuare ceppi in grado di trasfor-mare efficacemente i precursori aromatici presenti nelle uve.

L’Università di Aukland in Nuova Zelanda, regione leader nella produzione di

Sauvi-gnon blanc di qualità con una marcata ca-ratterizzazione aromatica, ha sviluppato con la tecnica dell’ibridazione un nuovo ceppo di lievito, UOA Maxithiol, prodotto e commercializzato da Maurivin, distribu-ita in Italia da Tebaldi Srl. “Le diverse

ge-nerazioni del programma di ibridazio-ne sono state sottoposte ad una selezioibridazio-ne sulla base della capacità di fermentare a basse temperature in condizioni di scar-se disponibilità nutritive e in prescar-senza di solfiti”, racconta Nir Levav di

Tebal-di. “Da questo pool di nuovi ibridi è

sta-to selezionasta-to un nuovo ceppo di lievista-to in grado di fermentare vigorosamente a basse temperature e di produrre vini con aromi intensi e altamente fruttati. Per aumentare la produzione di aromi è stata applicata a questo ceppo una pro-cedura standard di reincrocio per intro-durre geni alla base di caratteri supple-mentari, come la capacità di produrre importanti quantità di 3MHA, oltre a quelle degli altri composti tiolici varie-tali, e il carattere POF negativo (Pheno-lic Off Flavour) che lo rende incapace di produrre aromi fenolici sgradevoli”.

Una soluzione diversa è quella identifica-ta da Perdomini IOC che, allo scopo di ga-rantire la massima espressione degli aromi tiolici del Sauvignon, punta non solo su un lievito adatto alla trasformazione dei pre-cursori dell’uva, ma anche su una strategia nutrizionale adatta alla loro rivelazione e conservazione. “Il kit ImpackThiols – spie-ga Davide Berti della ditta di San

Marti-no Buon Albergo (VR) – è composto da

un lievito, IOC Révélation Thiols, adat-to ad esprimere il suo potenziale e quel-lo delle uve Sauvignon, e da Prothiols, composto da nutrienti e antiossidanti, che stimola la rivelazione dei tioli e la produzione di glutatione tipica del lie-vito associato”.

La facilità d’uso

Un altro fronte di innovazione per i prodot-ti biotecnologici per l’enologia è quello

re-L’impianto In-Line Ready© (Oenobrands-Silverstone) per l’aggiunta diretta di lieviti senza

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lativo al processo di produzione e alla for-ma di lieviti e attivanti.

In alcuni casi è stato modificato il pro-cesso di produzione dei lieviti secchi atti-vi per proporre prodotti caratterizzati da una maggiore facilità d’uso.

Facilitare la reidratazione

I prodotti E2U (Easy To Use) dei lieviti in forma secca proposti da Springer Oenolo-gie, distribuita in Italia da HTS Enologia, possono essere utilizzati in mosto senza reidratazione o essere reidratati a tempe-rature basse, con acqua a 17-24°, più facil-mente disponibile in cantina: “Easy To Use

è il nuovo concetto proposto da Sprin-ger Oenologie, un innovativo approccio all’enologia che consente di semplificare e velocizzare alcune operazioni di canti-na per averne un diretto vantaggio tec-nico, pratico ed economico”, dice Diego De Filippi di HTS Enologia. “Questa

in-novazione si concretizza con la propo-sta di nuovi prodotti e strumenti “Easy to Use E2U”, cioè facili da usare, primi fra i quali il nuovo ceppo di lievito secco attivo SC 22 Easy to Use E2U e il prepa-rato di scorze di lievito in forma liqui-da ViniLiquid™”.

Aggiungere in linea

Oenobrands e Silverston (leader mondia-le nella miscelazione solido-liquido) hanno invece sviluppato la tecnologia brevettata In-Line Ready© nella quale i lieviti,

prodot-ti in modo adatto ad essere uprodot-tilizzaprodot-ti di-rettamente e senza reidratazione,

vengo-no dispersi dal dispositivo di miscelazione solido-liquido e aggiunti in pochi secondi direttamente, in modo omogeneo e nelle giuste condizioni fisiologiche nel serbatoio di fermentazione, indipendentemente dal-le sue dimensioni.

“I ceppi prodotti con tecnologia In-Line

Ready sono attualmente cinque tra quel-li disponibiquel-li nella gamma Fermicru e Fermivin ma l’obiettivo è quello di esten-dere la proposta di ceppi adatti a que-sta tecnologia a tutta la gamma di cep-pi Fermicru e Anchor”, scep-piega Donatella Petegolli di Oenobrands.

Liquidi o in crema

I lieviti in forma fresca, liquidi o in cre-ma, da utilizzare aggiungendoli diret-tamente al mosto, non sottopongono le cellule allo stress della disidratazione e non richiedono una fase di reidratazio-ne, che rappresenta un punto critico nel-la preparazione e nell’uso dei lieviti se-lezionati. Un vantaggio consiste inoltre nella possibilità di riprodurre anche cep-pi che, per quanto interessanti da punto di vista enologico, nei lavori di selezione vengono scartati perché non resistenti al processo di essiccazione. La shelf life di poche settimane e la necessità di man-tenere la catena del freddo nel corso dei trasporti e della conservazione in canti-na sono gli aspetti che limitano la diffu-sione di questo tipo di prodotto tecnolo-gicamente molto valido e che negli ultimi anni ha trovato conferme nella letteratu-ra scientifica (Maqueda et al. 2011) e in

alcune piccole realtà produttive, come la già citata SG Biotech e la veneta Bioeno-logia 2.0 di Oderzo (TV).

“I lieviti in crema sono già attivi e

questa caratteristica consente di eli-minare il processo di reidratazione”,

spiega Chiara Beraldo di Bioenologia

2.0. “Inoltre, hanno la caratteristica di

regolare il pH, aumentando natural-mente l’acidità totale ed evidenzian-do un’azione sinergica all’aggiunta dell’acido tartarico, e sono forti pro-duttori di sostanze antiossidanti, proprietà che prolungano l’integri-tà organolettica del vino nel corso del tempo di stoccaggio e conservazione, in modo assolutamente naturale”. n

www.vitevinoqualita.it/SYNDT

UN LIEVITO PER RISOLVERE IL PROBLEMA DELL’OCRATOSSINA

Quello di rendere i vini sempre più sani e genuini è uno degli obiettivi principali della ricerca enologica recente. Molte sono le proprietà adsorbenti e detossificanti messe in evidenza in Saccharomyces e non Saccharomyces, ma sino ad oggi nessuna soluzione è stata trovata per la riduzione per via biologica

dell’ocratossina. Una ricerca a questo riguardo è in corso presso la Chaplin School of Hospitality and Turism Management della Florida International University e ha lo scopo di sviluppare un lievito geneticamente ingegnerizzato in grado di consumare l’ocratossina dei mosti. Il professor Aron Welch ha recentemente

vinto un grant federale della National Science Foundation (i finanziamenti pubblici destinati, sulla base del merito e dell’importanza della ricerca svolta, ai diversi ricercatori negli USA) per completare le sue ricerche e confida nella possibilità di disporre del nuovo lievito, che sarà sottoposto a brevetto, in meno di un anno.

Starter freschi in forma liquida (foto SG Biotech).

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