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La politica estera della Lega

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Academic year: 2021

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Classe Accademica di Scienze Sociali

Settore di Scienze Politiche

Tra populismo e pragmatismo. La politica estera della Lega dalle

origini agli sviluppi recenti

Relatore: Prof.ssa Bruna Bagnato

Candidato: Francesco Ceravolo

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Indice

Introduzione ... 2

1. Uno sguardo regionalista sull’Europa ... 3

1.1 Europa virtuale, Europa reale ... 3

1.2 Dal primo governo Berlusconi alla strategia indipendentista ... 9

2. Euroscetticismo, antiamericanismo, Islam ... 13

2.1 “Eurominaccia” ... 13

2.2 Critica all’egemonia americana ... 14

2.3 Lo spettro dell’Islam ... 17

3. Dopo l’11 settembre... 20

3.1 Un nuovo scenario... 17

3.2 La guerra in Iraq ... 17

3.3 “Dibattito a più voci” sull’Europa ... 17

4. Da Bossi a Salvini ... 31

4.1 L’espansione e la crisi ... 31

4.2 L’intervento in Libia ... 34

4.3 La politica estera secondo Salvini ... 36

5. Conclusioni ... 42

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Introduzione

Questo lavoro costituisce un tentativo di analizzare, da una prospettiva prettamente storica, la politica estera della Lega Nord, uno dei principali partiti riconducibili alla categoria del populismo. Il tema trattato rappresenta un argomento forse ancora non troppo esplorato, ma di crescente rilevanza se si considera il peso e l’avanzata del partito nello scenario politico italiano ed europeo. L’obiettivo è di individuare le fasi principali in cui si articola la politica estera leghista, inserendola in un contesto che tenga conto tanto della dimensione interna che del quadro internazionale. Il lavoro è suddiviso in quattro capitoli.

Il primo capitolo offre una ricognizione delle posizioni in materia di politica estera espresse dalla Lega Nord nell’arco dei primi dieci anni della sua attività politica. In questa fase, il fulcro del suo discorso è costituito da un approccio regionalista e antistatalista alla questione dell’integrazione europea, che si pone in un’ottica di apertura e non adotta toni euroscettici. Nel secondo capitolo si prende in esame il cambio di prospettiva adottato dalla Lega Nord in seguito all’adozione di una strategia indipendentista e isolazionista. Alla insoddisfazione nei confronti dello sviluppo dell’Unione Europea, descritta come un superstato burocratico, si uniscono un radicale inasprimento della posizione leghista rispetto agli Stati Uniti che sconfina nell’antiamericanismo e una diffidenza verso il multiculturalismo che si traduce nella lotta contro l’immigrazione e nell’avversione in merito alla religione islamica.

Il terzo capitolo analizza il nuovo corso della politica leghista determinato sia da fattori interni, ossia l’alleanza con il centrodestra, che internazionali, vale a dire l’11 settembre. Emerge un profilo alquanto contraddittorio, determinato dalla duplice esigenza di smussare gli elementi di potenziale attrito con gli alleati duramente criticati nella fase isolazionista e di preservare i tratti salienti dell’identità politica del partito delineatasi nel corso degli anni.

Infine, l’ultimo capitolo si interroga sull’evoluzione del discorso politico leghista determinato dalla fine dell’era Bossi e dalla svolta impressa da Salvini, con particolare riferimento ai temi dell’integrazione europea, delle relazioni transatlantiche e dei rapporti con la Russia.

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1. Uno sguardo regionalista sull’Europa

1.1 Europa virtuale, Europa reale

La rivendicazione del regionalismo in chiave populista1, tratto distintivo dell’esperienza leghista, ha prodotto un’agenda di politica estera mutevole e cangiante. Se si prendono in esame le posizioni in materia di politica estera assunte dalla Lega Nord nei primi anni della sua attività politica emerge un profilo caratterizzato soprattutto dal tema dell’integrazione europea, affrontato sposando un approccio non imbevuto di toni euroscettici2. Individuando una molteplicità di fasi nell’articolazione della visione internazionale del partito, Tarchi sottolinea infatti che

For almost a decade, the Lega Nord defined and followed a line that was strategically coherent, although expressed with varying intensity and tone according to the different circumstances in which the party found itself: from radical opposition in the early 1990s, to political partnership of conservative-moderate parties in the first Berlusconi government in 1994, and to the opposition again in 1995 but in an opposite position in respect to right and left, resulting from secessionist aspirations. During this period, pro-European feelings were emphasized,

1 Il dibattito sull’inquadramento del fenomeno leghista all’interno della categoria concettuale del populismo è

complesso e non facilmente riassumibile in poche righe. In breve, mentre Betz fa rientrare la Lega tra i partiti che incarnano un populismo della destra radicale (cfr. H. Betz, Radical Right – Wing Populism in Western Europe, St. Martin’s Press, New York, 1994), Tarchi rileva che tale etichetta rischia di non adattarsi bene al caso leghista, che si caratterizza per un nucleo ideologico piuttosto oscillante (in generale, il rimando in questo caso è a M. Tarchi,

Italia populista. Dal qualunquismo a Beppe Grillo, Il Mulino, Bologna, 2015). Da ultimo, sul nesso tra Lega e

estrema destra si veda G. Passarelli e D. Tuorto, La Lega di Salvini. Estrema destra di governo, Il Mulino, Bologna, 2018). In linea generale, si può dire che la Lega sembra costituire un caso paradigmatico, quasi idealtipico, di populismo, rappresentandone appieno la mentalità contrassegnata dalla capacità camaleontica di cui parla Taggart (citato in M. Tarchi, Italia populista, cit., p. 20), come testimonia la sua “adattabilità a situazioni politiche molto diverse” (Ivi, p. 252), indice di una debolezza, o forse si potrebbe dire plasticità, ideologica e di una tendenza ad assumere posizioni e strategie sulla base dell’aprirsi di nuove opportunità, e non seguendo un rigido impianto valoriale. In questo senso, con la Lega si assiste al dispiegarsi di tutto il repertorio di moduli stilistici, strumenti retorici, impianti concettuali propri del populismo, come indicato, anche, dalla rappresentazione del popolo padano partorita dall’immaginario leghista. Infatti, seguendo la tipologia di Taguieff (si veda P. Taguieff, L’illusione

populista, Mondadori, Milano, 2006, pp. 131 – 140), il popolo leghista contiene una dimensione sia identitaria che

protestataria, essendo “un’entità unitaria, […] ethnos e demos insieme, una comunità idealizzata nella quale le distinzioni di classe non hanno la benché minima rilevanza […]. Ma è anche, nel fondo, un’entità genuina, sana, naturale, indenne dai vizi che contaminano le classi dirigenti, un aggregato di gente onesta e lavoratrice, in tutto e per tutto diversa da chi illegittimamente le impone la propria volontà […]” (M. Tarchi, Italia populista, cit., p. 262).

2 Sommariamente, per la definizione di euroscetticismo si rimanda all’analisi di Taggart e Szczerbiak, che operano

una distinzione tra due tipi di euroscetticismo: da un lato si colloca l’hard euroscepticism, che rappresenta una sorta di opposizione di principio al progetto di integrazione e spinge dunque per un ritiro della membership; dall’altro lato si pone il soft euroscepticism, che non basa la sua azione politica su un totale rifiuto dell’Unione Europea, ma si oppone con vigore, in relazione a determinate aree, alle modalità tramite cui il processo di integrazione si sta sviluppando (Cfr. P. Taggart e A. Szczerbiak, Introduction: Opposing Europe? The Politics of

Euroscepticism in Europe, in P. Taggart e A. Szczerbiak (eds.), Opposing Europe? The Comparative Party Politics of Euroscepticism, Oxford University Press, Oxford, 2008, pp. 7 – 8).

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4 although the recognition of the importance of European integration alternated with calls for the building of the European Union (EU) on different ground than that of the nation-state3.

Questa posizione, che si tenterà di articolare più dettagliatamente nel prosieguo del capitolo, si colloca all’interno di un disegno politico sviluppatosi sulla scia di due processi principali: da un lato, il vigore della mobilitazione regionalista nelle zone settentrionali dell’Italia; dall’altro, l’insofferenza, preludio al successivo crollo del sistema politico, covata da un numero crescente di elettori nei confronti dei partiti italiani che erano stati protagonisti della stagione della Prima Repubblica4.

Secondo Ilvo Diamanti, i primi dieci anni di vita dell’esperienza leghista possono articolarsi in quattro fasi principali, che riflettono mutamenti in relazione alla penetrazione elettorale e all’offerta politica. Nella prima fase, che va dal 1983 al 1987, si assiste all’emersione della Liga in Veneto, che si infila nella crisi di consenso della DC tramite rivendicazioni di matrice etno – regionalista ma si rivela incapace di coagulare consenso intorno alle sue proposte. Successivamente, il cuore del movimento si sposta in Lombardia, attraverso l’azione della Lega Lombarda di Bossi che si concentra soprattutto sull’idea di regione come centro di interessi socio – economici, riducendo l’enfasi sull’idea di “regione come nazione” e spingendo sul pedale della contrapposizione tra Nord produttore e Stato centrale parassitario e assistenzialista. La terza fase è imperniata sulla nascita della Lega Nord, avvenuta grazie alla riunione di una serie di leghe5. Con il collasso del sistema politico italiano, la Lega, riuscendo “a canalizzare i consensi e a catturare i dissensi di ampi settori della società”, diviene alle elezioni politiche del 1992 “il primo partito nelle aree più industrializzate del Nord”. L’ultimo periodo riguarda il processo di consolidamento, sia organizzativo che sociale, del partito, che si propone come motore del cambiamento del sistema politico e soggetto in grado di guidare la transizione verso il recupero dell’” egemonia sullo stato” a opera delle regioni settentrionali6.

3 M. Tarchi, Recalcitrant Allies: The Conflicting Foreign Policy Agenda of the Alleanza Nazionale and the Lega

Nord, in C. Schori Liang, Europe for the Europeans, . The Foreign and Security Policy of the Populist Radical Right, Ashgate, Aldershot, 2007, p. 189.

4 R. Biorcio, La rivincita del Nord. La Lega dalla contestazione al governo, Laterza, Bari, 2010, p. 3.

5 Nella definizione di Diamanti, le leghe sono “formazioni politiche emerse nel corso degli anni ottanta nei contesti

regionali a statuto ordinario del Nord le quali esprimono rivendicazioni ispirate all’autonomia territoriale e all’antagonismo verso il sistema politico tradizionale” (I. Diamanti, La Lega. Geografia, storia e sociologia di un

nuovo soggetto politico, Donzelli, Roma, 1993, p. 4). Per un quadro più dettagliato sulle leghe si rinvia anche a G.

Passarelli e D. Tuorto, Lega & Padania. Storie e luoghi delle camicie verdi, Il Mulino, Bologna, 2012, pp. 21 – 31.

6 Cfr. I. Diamanti, La Lega. Geografia, storia e sociologia di un nuovo soggetto politico, Donzelli, Roma, 1993,

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Nell’arco di questa evoluzione del partito occorre sottolineare il fatto che la crescita della Lega, oltre a essere determinata dallo scombussolamento politico provocato dal collasso del comunismo sovietico e dalla inchieste sulla corruzione sistemica dei partiti, risente anche dell’” accelerazione del processo di integrazione europea […] che, in presenza di un’economia settentrionale dinamica dà un’ulteriore spinta ai risentimenti e ai fermenti in questa area del paese”7. La questione dell’integrazione europea si rintraccia nel discorso politico e

nell’evoluzione storica della Lega sin dalle prime manifestazioni di vitalità del movimento regionalista. Già in occasione delle prime elezioni europee, svoltesi nel corso del 1979, il cartello di ispirazione regionalista promosso dall’Union valdotaine includeva la Società filologica veneta, una organizzazione che, anche grazie agli ottomila voti ottenuti, contribuisce poco dopo alla costituzione della Liga veneta. Cinque anni dopo, nel corso delle successive elezioni europee, Liga veneta, Lega autonomista lombarda, Rinascita piemontese, Partito popolare trentino – tirolese e Partito federalista europeo si presentano uniti sotto la sigla “Unione per l’Europa federalista”. Nel 1983 la Lega autonomista lombarda delinea il suo programma politico affermando di aspirare a costituire la “socialità federalista, per l’autonomia lombarda nel quadro dell’unità federale dell’Europa”8. Pur rilevandone le ambiguità e le

contraddizioni nello sforzo di elaborare una visione del processo di integrazione, Diamanti sottolinea che “l’Europa, al di là di ogni altro motivo di ordine storico-culturale, rappresenta un contesto istituzionale idoneo a legittimare l’istanza regionalista, in quanto risulta, in qualche misura, diverso, se non alternativo, rispetto a quello nazionale”9. L’Europa, quindi, come

riferimento politico che indica la volontà di allontanarsi dal centralismo oppressivo dello Stato italiano10.

La posizione originaria della Lega in relazione alla dimensione europea, letto soprattutto da una prospettiva economica, rivela l’esigenza di mantenere un equilibrio tra l’avversione a modelli debitori di una concezione centralista e favorevoli alla creazione di una sorta di superstato

l’Italia settentrionale, superando i limiti dell’esperienza delle leghe regionali. Con il successo nelle elezioni del 1992 si affermava un nuovo progetto politico che andava oltre la semplice rivendicazione dell’autonomia regionale e si presentava come alternativa generale rispetto alla politica tradizionale” (R. Biorcio, La rivincita, cit., p.13).

7 S. Colarizi, Storia politica della Repubblica. 1943 – 2006: Partiti, movimenti e istituzioni, Laterza, Bari, 2007,

p. 193.

8 La dichiarazione è contenuta nel primo numero della rivista Lombardia Autonomista (Lombardia Autonomista,

marzo 1982, N.U., supplemento a Rinascita piemontese). In generale, per una descrizione del quadro dei rapporti tra le leghe e l’Europa si rinvia a I. Diamanti, L’Europa secondo la Lega, Limes, n. 4, 1993).

9 Ibidem.

10 Come rilevato anche in M. A. Confalonieri, La Lega Nord e l’Unione Europea: un’analisi del discorso politico,

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europeo burocratico e scarsamente trasparente e il riconoscimento del ruolo svolto dalla Comunità Economica Europea alla fine degli anni cinquanta, interpretata come una tappa fondamentale nella costruzione di un’Europa federale, e dell’importanza di proseguire lungo la strada dell’integrazione economica al fine di modernizzare il tessuto industriale delle regioni settentrionali e di abbandonare il pernicioso centralismo dello Stato italiano11. Già in questa fase, però, emerge la distanza che separa la visione di un’Europa “virtuale” promossa dalla Lega e l’effettivo sviluppo politico e istituzionale dell’Europa “reale”12.

In una intervista rilasciata a Giorgio Bocca qualche giorno dopo lo svolgimento delle elezioni europee del 1989, Bossi delinea i tratti della sua visione in merito all’Europa. Nelle parole del leader lombardo:

Noi abbiamo chiesto agli elettori di votare per una Europa diversa da quella centralistica che piace ai nostri partiti, per una Europa bicamerale con una camera delle rappresentanze nazionali e una di quelle regionali. Noi non crediamo a un europeismo governato da rappresentanze ideologiche o di classe, che sarebbe spazzato via alla prima seria crisi economica. Noi crediamo che l'unico collante serio sia quello di tipo svizzero, regionale, cantonale, dove ogni comunità omogenea può far valere i suoi diritti e presentare i suoi interessi. E' chiaro che i partiti tradizionali non vogliono l'Europa bicamerale, la Camera delle regioni. Sanno benissimo che una Camera delle regioni potrebbe intervenire nei rapporti italiani fra regioni e stati, sanno benissimo che le regioni potrebbero trovarvi una leva per le loro rivendicazioni di autonomia13.

I pilastri della concezione leghista dell’Europa sono due: “la centralità della regione rispetto allo Stato, quale riferimento istituzionale; l’identificazione delle regioni con le nazioni e con i popoli, i quali ultimi costituiscono il riferimento socio – culturale privilegiato”14. È sulla base di questo approccio che il partito modella le sue posizioni in relazione agli sviluppi del processo di integrazione. In occasione del referendum consultivo (o di indirizzo) in merito

11 Cfr. M. Tarchi, Recalcitrant Allies, cit., pp. 189 – 190.

12 La distinzione è evidenziata da Diamanti (I. Diamanti, L’Europa secondo la Lega, cit.). Diamanti, inoltre, rileva,

analizzando le visioni dell’Europa espresse da Franco Rocchetta, leader della Liga Veneta, e Gianfranco Miglio, che “neppure l’’idealtipo europeo’ risulta eccessivamente strutturato. Vi convergono, anzi, posizioni piuttosto diverse. Gli stessi Miglio e Rocchetta rivelano dell’Europa un’idea non propriamente coincidente. Rocchetta sostiene la centralità dell’identità etnica quale fattore fondativo della nazione-regione, quindi ha in mente un’Europa dai molti confini interni. Per Miglio, invece, ‘quello che importa non è la razza, l’etnia’, in quanto a dettare le relazioni fra paesi sarà, anzitutto, ‘il primato dell’economia, delle imprese, della moneta’. Su questa base egli concepisce un’Europa dai pochi confini interni e dai confini esterni sbiaditi: un sistema di macroregioni omogenee sul piano dell’identità economica più ancora che politico-culturale, tenuto assieme dal ruolo egemone della Germania. O meglio, delle ‘Germanie’” (Ibidem).

13 G. Bocca, Quei lombardi in guerra con Roma, La Repubblica, 21 giugno 1989. Bossi articola la sua posizione

in merito al referendum anche su Lombardia Autonomista (U. Bossi, No! Al referendum mistificatore, Lombardia Autonomista, 29 maggio 1989).

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all’attribuzione di un mandato costituente al parlamento europeo tenutosi il 18 giugno 198915,

la leadership leghista manifesta una netta contrarietà, proprio in virtù del timore covato nei confronti di una costruzione europea improntata al centralismo16. Alle elezioni europee, svoltesi in concomitanza del referendum, il movimento leghista si presenta con la lista elettorale Lega Lombarda – Alleanza Nord che, ottenendo l’1,83% (oltre 600 mila voti)17, riesce a eleggere due europarlamentari, Luigi Moretti18 e Francesco Speroni. Nelle regioni del Nord, la lista raggiunge il 10% a Varese, Como e Sondrio e oltre il 14% a Bergamo19. Su La Repubblica compare un articolo dedicato al “boom della Lega Lombarda”. Luigi Moretti, per spiegare le ragioni del voto, pone l’enfasi sulla critica al sistema partitocratico: “noi lombardi non vogliamo essere a vita animali da soma usati dal centralismo romano per lavorare e pagare le tasse. Siamo uomini con la spina dorsale e abbiamo diritto al rispetto. La Lombardia non è una vacca da mungere, deve essere gestita e amministrata dai lombardi”20.

Negli anni immediatamente successivi la Lega si dimostra in grado di accrescere i consensi e le elezioni politiche del 1992 consegnano al partito “più di 3 milioni di voti e l’8,6% a livello nazionale, che significa un risultato di oltre il 14% in tutte le circoscrizioni settentrionali (ad esclusione del Trentino e di Trieste)”. Si assiste, dunque, a un “ulteriore balzo in avanti”21.

Subito dopo il voto Bossi traccia con estrema chiarezza la netta linea di demarcazione che divide l’Italia: "Il Nord ha scelto il federalismo e l'Europa, il Sud ha scelto l'Africa e il fascismo"22.

Di fronte al Trattato di Maastricht la Lega mantiene un atteggiamento di apertura, in parte frenato dal paventato rischio di un nuovo centralismo23. Secondo Marco Formentini, infatti,

15 Il quesito del referendum, indetto con la legge costituzionale del 3 aprile 1989, n. 2, così recitava: "Ritenete voi

che si debba procedere alla trasformazione delle Comunità europee in una effettiva Unione, dotata di un Governo responsabile di fronte al Parlamento, affidando allo stesso Parlamento europeo il mandato di redigere un progetto di Costituzione europea da sottoporre direttamente alla ratifica degli organi competenti degli Stati membri della Comunità?" (Legge costituzionale 3 aprile 1989, n. 2, www.gazzettaufficiale.it/home).

16 M. Tarchi, Recalcitrant Allies, cit., p. 189.

17 Europee 18/06/1989, https://elezionistorico.interno.gov.it.

18 Nella relazione preparata in occasione del primo congresso della Lega Nord, Moretti afferma che il disegno

istituzionale dell’Unione Europea avrebbe dovuto incardinarsi su quattro livelli, ossia Comunità, Stati membri, Regioni e Comuni, organizzati funzionalmente sulla base del principio di sussidiarietà (L. Moretti, Le Regioni in

Europa, I Congresso Lega Nord, Pieve Sant’Emanuele, 8 – 10 febbraio 1991).

19 S. Colarizi, Storia politica, cit., p. 192.

20 G. Passalacqua, Il boom della Lega Lombarda, La Repubblica, 20 giugno 1989. 21 S. Colarizi, Storia politica, cit., p. 194.

22 Citato in G. Vergani, Bossi re del Nord: ‘Ho vinto solo io’, La Repubblica, 7 aprile 1992.

23 Inoltre, la Lega sottolinea l’esigenza di promuovere lo sviluppo delle regioni mantenendo i confini interni (Cfr.

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8 L’Europa si è fin qui fatta per volontà degli stati nazionali e difficilmente, giunti al momento delle decisioni cruciali, questi Stati vorranno o potranno rinunciare ai propri poteri sacrificandoli ad un ideale superiore. Solo la spinta proveniente dalle forze della autonomia e della libertà potrà assicurare il conseguimento del risultato. È su questo terreno che il federalismo lancia al centralismo la sfida decisiva24.

La previsione dell’istituzione di un Comitato delle Regioni, sebbene connotato da un carattere meramente consultivo, è salutata dalla Lega come “un primo passo verso un vero e proprio sistema bicamerale, tipico delle federazioni”25, preludio alla creazione di una sorta di Camera

regionale del Parlamento europeo, dotata di potere legislativo, concepita come architrave di un disegno istituzionale improntato al regionalismo. Come osserva Tarchi, la Lega ritiene che l’orizzonte dell’integrazione europea sia costituito dall’idea di una super – regione fondata principalmente su meccanismi di integrazione economica e investita di competenze specifiche soltanto in materia di politica estera26. Per Bossi “sarebbe davvero una beffa se la grande speranza dei federalisti – l’unità continentale – diventasse realtà riaffermando un principio opposto a quello dell’autonomia: un centralismo mostruoso perché ancora più lontano e incontrollabile di quello odierno”27. In più, la Lega rileva la contraddizione dello Stato italiano,

che da un lato firma un trattato fondato sul principio di sussidiarietà e dall’altro, rimanendo ancorato a un’idea ormai superata di organizzazione statale, rifiuta di riconoscere maggiori poteri alle articolazioni territoriali regionali28.

Le elezioni comunali di Milano offrono alla Lega una nuova occasione di sfruttare la questione dell’unificazione europea per rimarcare il divario economico che separa le regioni settentrionali da quelle meridionali. Infatti,

During the campaign for Milan, the Lega toyed with the idea of the North entering into monetary unification, while the South waited until it was ready. The slogan of the campaign was in fact, ‘Portiamo Milano in Europa’ […]. The Lega also presented a candidate who had considerable experience with the EU, Marco Formentini, an

24 Marco Formentini, Maastricht apre al federalismo, Lombardia Autonomista, 4 settembre 1992.

25 Lega Nord, Un’Italia federale per l’Europa del 2000, a cura del settore Europa della segreteria politica,

Editoriale Lombarda, marzo 1993 (citato in I. Diamanti, L’Europa secondo la Lega, cit.).

26 M. Tarchi, Recalcitrant Allies, cit., p. 190.

27 U. Bossi e D. Vimercati, La rivoluzione. La Lega: storia e idee, Sperling & Kupfer, Milano, 1993, p. 209. 28 A. Cento Bull e M. Gilbert, The Lega Nord and the Northern Question in Italian Politics, Palgrave Macmillan,

Basingstoke, 2001, p. 125. Secondo Bossi “il mito della grande nazione sta crollando in ogni angolo del pianeta. In Europa, in Asia, in Africa, nel Nord-America i popoli, quelli che la retorica statalista chiama i piccoli popoli, prendono coscienza della propria individualità, rivendicano l’autonomia e, se questa non viene concessa, combattono per l’indipendenza” (U. Bossi e D. Vimercati, La rivoluzione, cit., p. 127).

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9 independent businessman, who, according to the electoral propaganda, had previously worked for the European Economic Community and had even participated in the drafting of the norms for the European Common Market29.

1.2 Dal primo governo Berlusconi alla strategia indipendentista

Nel 1994 la Lega Nord, dopo aver siglato l’alleanza di centrodestra, in cui, sotto la guida di Berlusconi e di Forza Italia, rientrano anche l’Unione Democratici Cristiani e di Centro (CCD) e i Radicali, ottiene per la prima volta l’accesso al governo30. Il raggiungimento di tale

traguardo, completato dall’alto numero di candidati eletti, è però bilanciato dal sorpasso di Forza Italia nelle regioni del Nord31. Intervenendo alla Camera durante il dibattito sulla fiducia al governo Berlusconi, Bossi ribadisce la dimensione europea del progetto politico disegnato dalla Lega:

Voglio qui ricordare – perché il tempo corre veloce – che nel 1996 l’Italia avrà la presidenza dell’Unione Europea, la quale si dovrà costituire come Unione federale. Ed è in questa visione che la lega ha reso operante l’immediato futuro del nostro paese, ossia un’Italia federale in un’Europa federale […]. Ho voluto in quest’aula, in tale specialissimo momento per la storia italiana, sottolineare la funzione insostituibile rispetto all’evoluzione del nostro paese del concetto federalistico e quindi eliminare ogni ulteriore allusione alle invenzioni separatistiche, sottolineando che per noi liberisti occorre cambiare una Costituzione nata a sostegno della giustizia molto più che a sostegno della libertà. Lo Stato deve garantire innanzitutto la libertà dei cittadini e quini noi sosteniamo che la Costituzione deve essere molto più garantista nei confronti della libertà dei cittadini. Non mi riferisco soltanto a Cattaneo, a D’Azeglio, a Tommaseo, ma, sul piano europeo, mi richiamo a Salvemini, ad Altiero Spinelli, ai fondatori del nucleo federale immediatamente dopo il secondo conflitto mondiale, a De Gasperi, Schuman, Adenauer. Certo il cammino è stato difficile, ed è tuttora cosparso di ostacoli; i nazionalismi sono, come diceva De Gasperi, lo zoccolo duro che preme contro lo sviluppo federale dell’Europa. Tuttavia il nucleo basato sui trattati di Roma si è naturalmente e gradualmente allargato: oggi infatti abbiamo la Comunità Europea e, anche se in una posizione di attivismo politico e legislativo più emblematico che reale, abbiamo un Parlamento Europeo. Oggi il

29 T. W. Gold, The Lega Nord and Contemporary Politics in Italy, Palgrave Macmillan, Basingstoke, 2003, p. 96.

La Lega Nord vince le elezioni di Milano, all’interno di una tornata elettorale che, in generale, produce risultati “ambivalenti e ambigui”, proprio grazie alla “particolarità del candidato sindaco”, definito “un leghista atipico”, ex socialista e dalle posizioni politiche indipendenti (Cfr. G. Passarelli e D. Tuorto, Lega & Padania, cit., pp. 40 – 41).

30 Come spiegano Passarelli e Tuorto, “la nascita di Forza Italia, ampiamente imprevista, interruppe la potenziale

ascesa elettorale della Ln. L’atteggiamento di Bossi nei confronti di Berlusconi fu inizialmente centrato sulla diffidenza e addirittura sulla critica aspra, ma volse rapidamente al pragmatismo allorché il Senatùr riuscì a ottenere un significativo numero di candidature nei collegi uninominali nel Nord […]. La scelta di Bossi era dettata altresì, come verrà ribadito anche in altre occasioni simili nel futuro del movimento, da una deliberata strategia volta a ottenere le riforme federali alla base del programma di governo leghista attraverso un’alleanza con l’attore politico potenzialmente incline ad assecondarle” (Ivi, p. 42).

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10 destino federalistico europeo è approdato come prima tappa a Maastricht, che è quindi un simbolo, un punto di partenza, un catalizzatore, al quale la lega con la sua forza popolare e popolana cede energia. Indubbiamente, con l’avvento della lega quale forza di governo, oggi Maastricht e l’affermazione del principio di sussidiarietà sono molto più vicini di quanto non lo fossero nella passata legislatura; sotto certi aspetti la lega onora oggi, con la sua presenza nell’attuale governo, la memoria di un grande europeista italiano, Altiero Spinelli32.

La rappresentazione della Lega come un movimento politico che ambisce a riallacciarsi alla visione federalista di Altiero Spinelli riflette pienamente la postura europeista che caratterizza la prima fase della politica estera del partito. In un’altra occasione Bossi afferma di considerare la Lega come il partito più europeista tra tutti quelli presenti sulla scena politica italiana33. L’equilibrio su cui si basa l’alleanza tra Lega e Forza Italia si rivela però estremamente fragile e l’esperienza del primo governo Berlusconi si conclude nel giro di sei mesi34. La rottura è

determinata anche dall’emorragia di consensi sofferta dalla Lega, resa evidente, al di là dei risultati del voto nazionale, dalle elezioni europee tenutesi a giugno dello stesso anno, in occasione delle quali Forza Italia raggiunge il suo massimo storico (30,6%)35.

Dopo la breve esperienza del governo Dini, cui la Lega vota la fiducia assieme al centrosinistra per evitare di tornare immediatamente alle urne, il partito tenta di delineare una strategia finalizzata ad arginare la perdita di consensi e scombussolare un quadro politico che sembra tendere al bipolarismo, riaffermando “i caratteri originari del movimento, tentando di rafforzare la battaglia per l’autonomia delle regioni del Nord con l’invenzione della Padania e le minacce di secessione”36. La linea indipendentista, rimarcata dalla creazione di un “Parlamento del

Nord”, si spiega attraverso quattro motivazioni principali: l’esigenza di distanziarsi significativamente da tutti gli altri partiti, una volta riconosciuta l’inconsistenza della retorica federalista; riconquistare visibilità all’interno del circuito mediatico; riaffermare la centralità delle “questioni connesse all’organizzazione e all’identità territoriale”; avviare un processo di

32 Camera dei deputati, resoconto stenografico, seduta di giovedì 19 maggio 1994, pp. 110 – 111. 33 Citato in M. Tarchi, Recalcitrant allies, cit., p. 190.

34 Elisabetta Brighi così sintetizza la strategia del primo governo Berlusconi in termini di politica estera: “the

change of government coincided with a change in the style, if not always in the substance, of Italy’s role on the international stage: a greater assertiveness and frequent talk of ‘national interests’ characterised the action of the government and of its Foreign Minister, Antonio Martino (May 1994–January 1995). In Europe, Martino favoured a position of qualified integrationism and was critical of the logic underlying the then nascent European Monetary Union, all of which already stood in sharp contrast to Italy’s traditionally integrationist and rather acritical attitude” (E. Brighi, Foreign Policy, Domestic Politics and International Relations. The case of Italy, Routledge, Londra, 2013, p. 124).

35 S. Colarizi, Storia politica, cit., p. 216. 36 R, Biorcio, La rivincita del Nord, cit., p. 20.

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mobilitazione volto alla costruzione della nazione padana37. In questo modo, alle elezioni politiche del 1996, “proponendo questa strada indipendentista, disseminata di segni secessionisti, Bossi presenta il voto alla Lega come il Sì a un ipotetico referendum per l’indipendenza del Nord e come una scelta ‘contro’ tutti gli altri partiti e, al tempo stesso, ‘oltre’ lo Stato nazionale”38.

Il terzo congresso ordinario della Lega Nord, svoltosi a Milano dal 14 al 16 febbraio 1997, sancisce il mutamento di strategia, “sostituendo la denominazione ‘Lega Nord – Italia Federale’ con ‘Lega Nord per l’indipendenza della Padania’”39 e manifestando la volontà di lavorare per

l’affermazione del “progetto di ‘una Padania libera in una libera Europa’”40. Analizzando la

tesi congressuale si rileva che “l’idea-guida è la nascita di un’Europa delle Regioni, favorita dalla rinascita identitaria e dal ‘superamento della forma di Stato’”. In questo quadro, l’obiettivo della Lega è quello di riconoscere “la Padania quale ‘nazione sovranazionale, nazione di nazioni, nazione pluralista, seppure non priva di elementi comuni unificanti’”, lottando per “la rinascita di piccole patrie e di identità a lungo negate” e tracciando una linea di politica estera incardinata sui “princìpi dell’etno - federalismo, dottrina che indica nella federazione di Stati regionali monoetnici il modello istituzionale per favorire il diritto all’autodeterminazione dei popoli”41. Nel corso del congresso Roberto Maroni, Ministro dell’interno del governo

Berlusconi, afferma che l’Unione Europea rappresenta un’” opportunità storica” e auspica la costituzione di una confederazione retta da un premier direttamente eletto dai cittadini europei e responsabile della politica monetaria, della strategia in materia di politica estera e della politica di difesa42.

Nonostante la linea emersa dal terzo congresso sembri delineare un approccio benevolo nei confronti del processo di integrazione europea, nel giro di un anno la visione della Lega Nord

37 Cfr. I. Diamanti, Il male del Nord. Lega, localismo, secessione, Donzelli, Roma, 1996, pp. 75 – 76.

38 Ivi, p. 82. Alle elezioni la Lega ottiene circa quattro milioni di voti, superando il 10%, ma il risultato non basta

a rendere i parlamentari leghisti determinanti nella formazione del governo (Ivi, p. 83).

39 R. Biorcio, La rivincita del Nord, cit., p. 25.

40 B. Luverà, La politica estera della Lega, Limes, n. 2, 1997.

41 Ibidem. Questa linea presenta evidenti assonanze con l’analisi sviluppata in quegli anni da Gianfranco Miglio,

che propone “di costruire un modello di Padania neutrale, unita alla Confederazione elvetica nel tentativo di creare un’area di negoziazione e di freno alla costruzione centralista bruxellese, che si rivela sempre più come un novello Comecon” (A. Barbera e G. Miglio, Federalismo e secessione, Mondadori, Milano, 1997, p. 149). L’orizzonte è il medesimo: la costituzione di un’Europa delle regioni “che rappresenta la dimensione in cui il federalismo viene visto come un assetto universale dei rapporti in cui si diluiscono molti problemi e molte caratteristiche dello Stato e dell’assetto politico” (Ivi, p. 138).

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in relazione alla questione europea subisce una decisa virata verso posizioni intrise di euroscetticismo. È uno dei fattori che determina la transizione del partito verso una nuova fase della sua agenda di politica estera.

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2. Euroscetticismo, antiamericanismo e Islam

2.1 “Eurominaccia”

Enfatizzando lo scarto tra le sue posizioni e quelle assunte dagli altri partiti italiani, la Lega Nord inizia a manifestare un approccio fortemente critico in relazione allo sviluppo dell’Unione Europea, che si traduce nel voto contrario al Parlamento europeo in merito all’introduzione della moneta unica. Come spiega Biorcio, “questa presa di posizione consentiva al partito di Bossi di presentarsi come unica e reale opposizione ai progetti del governo italiano. Con l’opposizione all’euro la Lega Nord cercava di occupare lo spazio delle posizioni euroscettiche che si era dimostrato molto ampio in altri paesi europei e poteva crescere anche in Italia”43. Se

in precedenza lo scenario della formazione di un superstato europeo è evocato come uno spettro da evitare in un quadro di integrazione economica europea valutato nel complesso favorevolmente in vista della realizzazione del disegno federale e del definitivo tramonto dello Stato nazionale, in questa nuova fase il progetto di unificazione monetaria è bollato come una sorta di grimaldello adoperato per consentire l’emergere di una struttura centralizzata retta dall’asse franco – tedesco e caratterizzata dalla pervasività di una burocrazia parassitaria che avrebbe prodotto effetti nefasti sull’economia e sull’occupazione in Europa. Si assiste, dunque, a una decisa trasformazione del rapporto tra il partito e l’integrazione europea, concepita non più come storica opportunità ma come minaccia44. A proposito del Trattato di Amsterdam, entrato in vigore nel 1999, nel programma Per una Padania libera in una libera Europa pubblicato nello stesso anno si può leggere:

Nell’ambito della Repubblica italiana, la discussione sulla ratifica del Trattato di Amsterdam è apparsa quasi assente! Pare che tutto ciò che presenta una qualsiasi etichetta europea debba venire accettato quasi fideisticamente! Questo atteggiamento pone Roma, agli occhi dell’Europa, come ricettrice passiva e acritica di qualsiasivoglia percorso integrativo continentale. La Lega Nord per l’Indipendenza della Padania non si stanca di denunciare in ogni sede questa forma mentale. Anche in questo la Padania si conferma vicina alle altre aree più sviluppate di Europa45.

43 R. Biorcio, La rivincita del Nord, cit., p. 27.

44 Per un approfondimento di queste posizioni si rimanda, ad esempio, a G. Bonometti, Eurominaccia, Il Sole delle

Alpi, 1998, 2 (16), pp. 15 – 19.

45 Citato in N. Conti e L. Verzichelli, La dimensione europea del discorso politico. Un’analisi diacronica delle

preferenze partitiche in Italia (1950 – 2001), in M. Cotta, P. Isernia, L. Verzichelli (ed.), L’Europa in Italia. Élite, opinione pubblica e decisioni, Il Mulino, Bologna, 2005, p. 106.

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Ancora fuori dalla coalizione di centrodestra, nel 1998 la Lega sposa una visione strategica che manifesta un sentimento di insoddisfazione verso lo sviluppo del processo di unificazione europea in campo economico e monetario, rinunciando a proseguire sulla strada di quello che Conti e Verzichelli chiamano “europeismo funzionale”46, contrassegnato da un’adesione non

ideologica ma pragmatica all’Unione Europea. In questo senso, lo sviluppo di un nuovo approccio rivela

l’intuizione di un mutamento avvenuto nelle pre – condizioni necessarie per la realizzazione del principale obiettivo leghista, l’autodeterminazione delle regioni del Nord. In una fase precedente, il sostengo al processo di integrazione poteva essere infatti uno strumento al servizio di quelle regioni, al fine di realizzare una opzione di

exit dallo stato nazionale. Successivamente, i successi conseguiti dall’Italia come stato unitario, nell’ambito del

processo di integrazione, si rivoltano contro il partito e la Lega si oppone all’Ue con toni radicali. In definitiva, l’immagine che possiamo trarre è quella di un partito privo di una predisposizione ideologica verso il processo di integrazione, e con una forte sensibilità verso le opportunità offerte dal processo stesso per il perseguimento di altri interessi47.

Questa fase coincide con un deciso ripiegamento elettorale, culminato con il magro risultato ottenuto alle elezioni europee del 1999, in cui il partito non raggiunge neanche il 5% e registra una perdita di consensi in tutte le regioni del Nord. A livello di strategia elettorale si rende necessario un nuovo cambio di rotta, che equivale alla fine del periodo di intransigente isolamento48.

2.2 Critica all’egemonia americana

Sebbene nei primi anni dell’esperienza leghista l’attenzione rivolta alla questione europea risulti preponderante, Diamanti, in un testo del 1993, evidenzia che, alla luce dello iato tra l’Europa immaginata dalla Lega e l’Europa delineatasi effettivamente a seguito della fine della guerra fredda, in futuro si potrebbe assistere a una ridefinizione della “mappa geopolitica” leghista, determinata dalla decisione di reindirizzare la propria visione strategica verso “il ben più solido e definito riferimento degli Usa”49. In questo periodo, le osservazioni leghiste in

merito alle relazioni atlantiche sono molto rare. In quello che può essere considerato una sorta

46 Ibidem. 47 Ivi, p. 107.

48 Cfr. G. Passarelli e D. Tuorto, Lega & Padania, cit., pp. 45 – 46. 49 I. Diamanti, L’Europa secondo la Lega, cit.

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di manifesto ideologico, Bossi sostiene che gli Stati Uniti, dopo il collasso dell’Unione Sovietica, dovrebbero dismettere i panni del poliziotto mondiale, rinunciando alla centralizzazione del potere in nome di un ordine multipolare. Nella stagione federalista della politica leghista, anche la concentrazione del potere militare nelle mani degli Stati Uniti è vista con sospetto e le speranze si rivolgono allo sviluppo di una politica di difesa realmente europea50.

Qualche anno dopo, accanto alla decisa svolta euroscettica, si assiste a un radicale inasprimento della posizione leghista rispetto agli Stati Uniti, a tal punto da assumere la configurazione di una propaganda in chiave anti – americana. Si punta il dito contro il rischio di venir soffocati dall’imperialismo culturale ed economico di matrice statunitense, manifestatosi in maniera dirompente nel caso della guerra in Kosovo. È in questo momento, probabilmente, che l’anti – americanismo leghista raggiunge il suo culmine. Nella visione leghista, caratterizzata dal supporto alla Serbia in chiave anti – islamica, l’intervento in Kosovo è il segno dell’egemonia statunitense, che, come un burattinaio, disegna piani strategici volti al perseguimento dei suoi interessi economici, utilizzando la NATO come uno strumento di aggressione51. La guerra

contro la Federazione Jugoslava viene, pertanto, additata come un frutto dell’ideologia mondialista dominante, che rischia di distruggere l’Europa52. Su La Repubblica la visione di

Bossi, in cui la critica alla egemonia americana in campo politico e militare si intreccia ai timori legati alla subalternità culturale, è così sintetizzata:

Dunque sì all' Europa dei popoli e no all' Europa dei banchieri e dei massoni, pilotata da pochi personaggi di Oltreatlantico. No all' Europa che guarda agli Stati Uniti, sì all' Europa che guarda a Est, alla Russia. In molti aspetti l'antiamericanismo di Bossi è più radicale di quello tradizionale della estrema sinistra italiana, per chi si ricorda il passato diventa molto simile al "nazi-maoismo" sessantottesco, fatte salve le debite differenze. La Lega non solo rifiuta il modello politico proposto dagli Stati Uniti, potenza egemone, ma arriva a contestare apertamente il loro modello di vita. Non casuali sono i suoi attacchi alla libertà sessuale (la congiura della pornografia, decisa Oltre Atlantico destinata a distruggere le famiglie) oppure il suo disegno per presentare una legge che abolisca l'aborto, oppure l'immagine che Bossi dà della società americana come fatta di uomini senza radici, la "società dei

50 Cfr. U. Bossi e D. Vimercati, La rivoluzione, cit., pp. 128 – 40 e p. 212.

51 Sul settimanale leghista di riferimento Il Sole delle Alpi compaiono numerosi articoli a sostegno di tali posizioni.

Cfr. M. Ferrari, La crociata verso il Kosovo, Il Sole delle Alpi, 3 (5), 1999, pp. 16 – 19; M. Ferrari, Un conflitto

per distruggere l’Europa, Il Sole delle Alpi, 3 (14), 1999, p. 1; I.Garibaldi, Diciamo no alla guerra, Il Sole delle

Alpi, 3 (13), 1999, pp. 4 – 5; M. Gnocchi, ‘C’era una volta l’Onu’, Il Sole delle Alpi, 3 (16), 1999, pp. 10 – 13.

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16 camper". La Lega, partito italiano che voleva cambiare lo Stato e renderlo più moderno, libero e efficiente, diventa partito nazionalista che si muove in Europa per contestare gli Stati Uniti53.

In riferimento alla guerra in Kosovo, Bossi sostiene che gli americani, “dominati da frammassoni e banchieri”, hanno ordito l’attacco alla Federazione Jugoslava con l’obiettivo di far cadere la Russia nella trappola in un piano che prevede la costruzione di un “dominio mondiale per affermare un mercato mondiale”54. In questo quadro, il leader leghista giunge a

mettere in discussione la presenza e il numero delle basi Nato in Italia, ritenendo inaccettabile “il metodo di saltare a piè pari l’Onu e di usare la Nato come strumento di aggressione e non di difesa”, specie in un caso caratterizzato da un acceso scontro etnico tra “un grande popolo, solido e serio” come quello serbo e gli “immigrati albanesi”55. A fine aprile, Bossi si reca a

Belgrado per una “visita lampo” a Milosevic e in questa occasione ribadisce che “la nostra missione politico-diplomatica autonoma è l'unica condotta da una forza politica di opposizione di un paese della Nato. La Lega è contraria all' uso arbitrario della forza da parte della Nato perché esso esautora le Nazioni Unite dalle funzioni sancite dal diritto internazionale”56. Nelle

posizioni espresse dalla Lega nord in merito alla guerra in Kosovo si rintraccia un tratto che sembra accomunare i movimenti di ispirazione populista, ossia “un isolazionismo ostile al militarismo, seppure non pacifista in senso proprio”57.

Accanto alla decisa svolta antiamericana, la Lega dichiara il proprio supporto al rafforzamento della cooperazione tra Europa e Russia, stringendo una relazione piuttosto solida con il leader nazionalista Vladimir Zhirinovskij. Nel 1998, infatti, Bossi partecipa al congresso del partito liberaldemocratico guidato da Zhirinovskij con l’obiettivo di “far conoscere la verità sulla

53 G. Passalacqua, Bossi l’antiamericano, La Repubblica, 28 marzo 1999.

54 Kosovo: Bossi, serbi massacravano albanesi? Non mi risultava, https://www.adnkronos.com/, 25 marzo 1999. 55 Kosovo: Bossi – Fermare la guerra, governo faccia suo dovere, https://www.adnkronos.com/, 26 marzo 1999. 56 G. Rampoldi, Bossi incontra Milosevic. Chiamerà Kofi Annan, La Repubblica, 24 aprile 1999.

57 Cfr. M. Tarchi, Italia populista, cit., p. 30. Il richiamo è all’analisi svolta nel 1967 da Peter Wiles nel corso

dell’importante convegno sul populismo (“il primo sforzo di riflessione scientifica collettiva sul tema”, Ivi, p. 26) organizzato a Londra (si veda P. Wiles, A Syndrome, Not a Doctrine: Some Elementary Theses on Populism, in G. Ionescu e E. Gellner (a cura di), Populism: Its Meanings and National Characteristics, Weidenfeld and Nicolson, Londra, 1969, pp. 166 – 179). Più avanti Tarchi, analizzando le differenze tra estrema destra e populismo, osserva che, mentre nel primo caso il richiamo alla nazione costituisce “il perno di una predicazione espansiva e aggressiva”, nel caso del populismo esso si pone “baluardo difensivo verso le temute invasioni del capitale, delle merci e dei lavoratori stranieri e a caposaldo di una posizione rigidamente isolazionista” (M. Tarchi, Italia

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Causa padana contro la "desinformazjia" perpetrata dagli italiani, una missione di autopromozione con richiesta esplicita di sostegno e solidarietà”58.

2.3 Lo spettro dell’Islam

Contrassegnata sin dagli esordi da una esplicita diffidenza verso il multiculturalismo, e più in un generale da una decisa lotta contro l’immigrazione59, la Lega Nord, rinunciando a

manifestare appoggio nei confronti di una rivendicazione di autonomia da parte di un popolo collocato in uno Stato etnicamente eterogeneo, modella la sua posizione in merito al conflitto in Kosovo sulla base di un preciso filtro geopolitico: la difesa del confine orientale europeo dalla penetrazione islamica60. Come osservato da Biorcio, “l’espressione dell’ostilità verso gli immigrati ha sempre avuto un ruolo importante nell’azione politica della Lega Nord”, sebbene nel tempo siano mutati “i referenti privilegiati: prima i meridionali, poi gli extracomunitari e infine gli islamici”61. La Lega si pone, dunque, l’obiettivo di contenere la diffusione della

cultura e della religione islamica, inquadrandola come una minaccia alle radici cristiane dei popoli europei, e dirige le sue forze, già negli anni novanta, soprattutto contro la costruzione di moschee e luoghi di culto sul territorio italiano62. Sebbene la propaganda leghista sull’Islam si intensifichi verso la fine degli anni novanta, già nel 1993 Bossi desta un certo scalpore affermando, in un’intervista al settimanale Il Sabato, che i musulmani rappresentano “i nuovi barbari”, in opposizione all’Occidente che costituirebbe la civiltà63.

Nel corso della guerra in Kosovo la stampa leghista dedica al tema della penetrazione islamica una grande attenzione. I Quaderni Padani, rivista bimestrale ideata nel 1995 da Gilberto Oneto, storica figura dell’autonomismo padano64, incentrano un numero sull’esplorazione del “ruolo

58 A. Stabile, Bossi, blitz padano in Russia: qui si fidano solo di noi del nord, La Repubblica, 26 aprile 1998. Nel

1996 Zhirinovskij, in una lettera aperta diffusa a Mosca, dichiara il proprio sostegno “per le iniziative separatiste della Lega Nord e di Umberto Bossi”, perché ritiene che “prima scoppierà lo scontro sul separatismo in Italia, prima cambierà la politica estera italiana di appoggio alla politica americana di balcanizzazione del mondo e dell'Europa” (Zhirinovskij plaude al capo del Carroccio. ‘Italiani, ben vi sta’, La Repubblica, 18 settembre 1996). Un anno dopo, il leader russo visita a sorpresa la sede del Carroccio a Milano (Zhirinovskij, visita a sorpresa, La Repubblica, 9 novembre 1997).

59 Cfr. M. Tarchi, Italia populista, cit., p. 268. 60 Cfr. M. Tarchi, Recalcitrant Allies, cit., p. 193. 61 R. Biorcio, La rivincita del Nord, cit., p. 50. 62 Ivi, pp. 64 – 65).

63 Citato in T. Ben Jelloun, ‘Caro Bossi, le scrivo…lettera da un barbaro’, La Repubblica, 24 luglio 1993. 64 Candidato con la Lega Nord alle elezioni europee del 1999 (Morto nella notte a Verbania Gilberto Oneto: fu

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della Padania nell’eterna lotta tra l’Europa e l’Islam”, come recita il titolo dell’articolo scritto proprio da Oneto65. Nello scritto che introduce il volume si afferma che l’Islam, considerato come una delle “tre grandi sciagure inventate dagli uomini”, assieme a Roma e al comunismo, “da tredici secoli dimostra una incredibile vitalità che manifesta in aggressività e truculenza contro chiunque incontri sulla sua strada”, provocando la distruzione di antiche civiltà, trasformando con il suo fanatismo “masse enormi di gente fino ad allora ‘ normale’”, producendo morte, schiavitù, devastazione66. Il pericolo di un assoggettamento politico si unisce al timore della distruzione di un intero patrimonio culturale a opera della religione islamica. In una cronologia che mira a raccogliere i principali episodi che hanno scandito il millenario “incontro – scontro tra Europei e Islamici”, si cita, alla fine, anche “la rivolta islamica nel Kosovo contro la Serbia”, mettendo in evidenza l’appoggio americano67. È questo il tono

che attraversa l’articolo di Oneto, che aspira a tracciare la dinamica degli scontri tra Europa e Islam lungo molteplici fronti geografici, ricorrendo al paradigma dell’” aggressiva aspirazione al dominio e all’espansione, che è segno di inesausta esuberanza al tempo stesso vitale e mortifera” che caratterizzerebbe la cultura islamica68. Secondo Oneto in questo scontro

millenario “la Padania ha sempre giocato un ruolo di primissimo piano che ha avuto due caratteristiche fondamentali. La prima riguarda la presenza dei Padani con ruoli importanti, con funzioni di guida e di esempio, in quasi tutti i maggiori episodi di questa antica lotta contro l’Islam. La seconda si riferisce al fatto che la Padania è l’unica porzione di Europa meridionale che non è mai stata conquistata dagli Islamici”69. Le direttrici lungo le quali l’Islam rinnova,

alla fine del ventesimo secolo, la sua battaglia contro la civiltà occidentale vengono identificate nel terrorismo internazionale e nella strategia di “conquista morbida, subdola, quasi omeopatica ottenuta attraverso la migrazione di milioni di disperati, poverissimi, fuori dalla storia del mondo per religione - il Corano non prevede la ricerca scientifica e quindi il progresso -

che “questa rivista, formalmente indipendente del partito (viene pubblicata dalla Libera Compagnia Padana) riflette soprattutto l'intenzione degli intellettuali legati al partito di costruire e codificare l'identità padana, ed esprime lo sforzo più articolato di sviluppare un discorso coerente sulla nazione padana. Sporadicamente critica verso la Lega, la rivista è ideologicamente più pluralista dal partito, rimanendo tuttavia chiaramente legata a esso” (M. Huysseune, Come interpretare l’Altro. Il Mezzogiorno nel discorso della Lega Nord, in Meridiana, n. 63, 2008, p. 173).

65 G. Oneto, Il ruolo della Padania nell’eterna lotta tra l’Europa e l’Islam, Quaderni Padani, 22/23, Marzo –

Giugno 1999, pp. 16 – 33.

66 Cfr. Brenno, Contro i tre peggiori morbi della Storia, Quaderni Padani, 22/23, Marzo – Giugno 1999, pp. 1 –

2.

67 Cfr. Cronologia, Quaderni Padani, 22/23, Marzo – Giugno 1999, pp. 3 – 15. 68 G. Oneto, Il ruolo della Padania, cit., p. 16.

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catapultati nel cuore della civiltà occidentale”70. Sul finire degli anni novanta, si verifica dunque

l’accentuazione della retorica contro il pericolo di islamizzazione che minaccia il futuro dei popoli europei, facendo leva su una visione decisamente approssimativa e stereotipata della religione islamica. Come nota Huysseune, “la visione della Lega trova punti di riscontro con discorsi presenti nell’opinione pubblica e nella comunità intellettuale. Negli anni novanta, la Lega ha senza dubbio fatto proprio il teorema di Samuel Huntington dello scontro di civiltà, benché la Lega si interessi quasi esclusivamente allo scontro tra l’Europa cristiana e il mondo islamico”71.

70 R. De Anna, Europa – Islam. Le ragioni dell’incompatibilità per la difesa della cultura dell’occidente, in

Quaderni Padani, 22/23, Marzo – Giugno 1999, p. 96.

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3. Dopo l’11 settembre

3.1 Un nuovo scenario

Nel 2000 la Lega prosegue sulla strada della lotta alla diffusione dei luoghi di culto islamici. La “marcia di Lodi”72 rappresenta, in questa campagna, uno degli episodi più eclatanti.

Nell’analisi di Diamanti, apparsa in un’intervista su La Repubblica, “la Lega del minareto non vale la Lega dei piccoli produttori” e i leghisti “da fenomeno innovativo sono diventati fenomeno tradizionalista”73. In questo scenario caratterizzato da un acceso scontro culturale

contro l’Islam a difesa delle radici cristiane, intervengono due fattori, uno inerente alla dimensione interna, l’altro di matrice esterna, a mutare nuovamente la proiezione internazionale della Lega Nord e il suo orientamento nei confronti degli Stati Uniti.

Sul piano interno, la crisi dei consensi vissuti dal partito alla fine degli anni novante induce Bossi a rinunciare alla strategia di isolamento per ritornare lungo la strada dell’alleanza con il centrodestra guidato da Berlusconi. Il nuovo accordo si incardina su due punti programmatici principali, ossia “il blocco dell’immigrazione clandestina e la devoluzione dei poteri alle regioni”74. Si verifica, dunque, il “passo indietro” di Bossi, che sacrifica la battaglia per

l’indipendenza della Padania tornando a una più sobria richiesta di introduzione del sistema federale75. Alle elezioni politiche del 2001, vinte in maniera trionfale dal centrodestra, la Lega ottiene un risultato piuttosto deludente, che però, se da un lato certifica l’incapacità del partito di arrestare l’erosione dei consensi a vantaggio dell’alleato moderato, dall’altro permette comunque a Bossi di tornare al governo con la speranza di ottenere i risultati promessi e arginare

72 C. Fusani, La marcia di Lodi evoca vecchi mostri, La Repubblica, 17 ottobre 2000. La marcia non ottiene

l’appoggio del Polo di centrodestra (D. Gorni, Marcia anti – Islam, il Polo lascia sola la Lega. Berlusconi: Forza

Italia non ha aderito. Casini a Bossi: non si governa con le buffonate, Corriere della Sera, 17 ottobre 2000).

73 In questo senso, “oggi la Lega non si occupa più della modernizzazione ma della tradizione. Bossi era il Lutero

del Nord, oggi è solo il predicatore dei guasti, delle paure. Ieri la Lega era un fenomeno innovativo che parlava al popolo delle partite Iva, oggi è un soggetto tardo lefevbriano. Ieri rappresentava le speranze, oggi rappresenta le inquietudini. Ieri rappresentava la spinta di una parte della società, oggi sta cercando di sopravvivere alla trasformazione sociale, identificandosi con il tradizionalismo religioso e sociale. Ieri erano i produttori, oggi sono le fasce marginali e più esposte delle zone industrializzate, oggi sono i lavoratori dipendenti precari e i lavoratori autonomi più deboli” (G. Passalacqua, Ormai questa Lega predica solo paure, La Repubblica, 18 ottobre 2000).

74 G. Passarelli e D. Tuorto, Lega & Padania, cit., p. 46. Alle regionali del 2000, in cui la Lega presenta la propria

lista all’interno della coalizione del centrodestra nelle regioni settentrionali, “l’opzione leghista si dimostrò elettoralmente determinante per la vittoria della coalizione in Piemonte, Lombardia, Veneto e Liguria. I risultati non furono però eclatanti, e Fi rimase di gran lunga il partito maggiore del centrodestra Tuttavia, la Ln era tornata a contare nella politica dopo la lunga parentesi, un lustro, di isolamento volontario che ne aveva drasticamente ridotto la forza elettorale e di conseguenza il ruolo e l’influenza nel sistema politico” (Ibidem).

75 S. Colarizi e M. Gervasoni, La tela di Penelope. Storia della Seconda Repubblica, Laterza, Bari, 2015, pp. 136

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le insofferenze interne al partito che rischiano di determinarne il definitivo sfaldamento76. Questo nuovo corso leghista comporta l’adesione a un profilo alquanto contraddittorio, determinato dalla duplice esigenza di smussare gli elementi di potenziale attrito con gli alleati duramente criticati nella fase isolazionista e di preservare i tratti salienti dell’identità politica del partito delineatasi nel corso degli anni per non alienarsi il consenso guadagnato sino a questo punto. Sulla base di tali assunti, la Lega Nord mantiene una prospettiva fortemente critica in merito al progetto europeo, opponendosi con vigore a una possibile adesione della Turchia all’Unione Europea, percepita come una minaccia ai valori cristiani, e all’allargamento a est dell’integrazione europea, ritenendo i paesi orientali privi di istituzioni democratiche salde e mature e di una economia di mercato pienamente funzionante. Sugli Stati Uniti permangono osservazioni critiche, con riferimento alla strategia atlantica imperniata sull’indebolimento della Russia, ritenuta invece un potenziale alleato nel processo di autonomia da Washington. In questo quadro, i conflitti in Cecenia e in Macedonia sono interpretati come eventi fomentati dagli americani anche a costo di alimentare la propaganda islamica. Allo stesso tempo, l’elezione di George Bush alla Casa Bianca è salutata come il trionfo dell’America conservatrice e ostile al multiculturalismo77.

È a seguito dell’attentato alle Torri Gemelle e al Pentagono che si registra un chiaro mutamento di prospettiva in merito agli Stati Uniti, sempre attraverso l’adozione di un filtro che individua lo scontro di civiltà tra l’Occidente cristiano e un nemico rappresentato dall’equazione tra terrorismo, islamismo e immigrazione. Già all’indomani dell’attentato sul quotidiano La Padania si può leggere:

Il mondo da ieri è cambiato. La “guerra del terrore” […] è una realtà tragica al di sopra di qualsiasi più nera aspettativa. […] Per gli americani si apre […] una dolorosa stagione di riflessione anche sul loro ruolo nel mondo. […] Dell’America e della sua politica c’è stato e ci sarà molto da discutere, da criticare, da pacificamente contrastare: ma, pur nella difesa insistita e testarda della nostra identità di popoli (spesso minacciata dalla cultura mondialista come dall’integralismo islamico), non possiamo sottrarci al sentirci parte di un Occidente così crudelmente ferito78.

Per questa ragione, si ritiene che sia necessario

76 Cfr. S. Colarizi, Storia politica, cit., p. 247. 77 Cfr. M. Tarchi, Recalcitrant Allies, cit., p. 194.

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22 ritrovare con pienezza (come dolorosamente tentano adesso gli Stati Uniti, feriti per sempre nella loro inviolabilità) il senso del proprio orgoglio di popolo, della propria differente identità e, insieme, dell’appartenenza (anche se non acritica) a una comune e condivisa civiltà. Per questo, […] oggi non ci si sottrae alle responsabilità e alla sfida lanciata a tutto l’Occidente. Con la consapevolezza, da decenni pubblicamente ripetuta, che nell’acqua di una immigrazione sregolata nuotano gli squali delle cellule terroristiche […]79.

Le relazioni con gli Stati Uniti vengono, dunque, rilette alla luce della radicale ridefinizione dell’ordine geopolitico seguito ai fatti dell’11 settembre. Lo spauracchio mondialista viene ridimensionato e gli sforzi si dirigono verso la difesa dell’identità occidentale cristiana, minacciata dal nemico islamico. In questo senso, la Lega spinge per una collaborazione tra Europa e Stati Uniti, la cui invulnerabilità è stata per la prima volta scalfita, alla luce, comunque, di un paradigma multilaterale in sostituzione della strategia egemonica dispiegata dagli USA negli anni novanta.

Provando a spiegare l’evidente mitigazione dei toni antiamericani che hanno contrassegnato la fase isolazionista, Bossi afferma che “Clinton non mi piaceva, non mi piaceva la sua guerra nel Kosovo. Non mi piaceva il suo liberismo estremista sommato alle idee dei suoi amici comunisti italiani, e si è visto quanti e quali problemi ci hanno lasciato. Mi piace molto Bush, il Bush degli aiuti alla famiglia”, riscrivendo la critica all’egemonia americana come opposizione a una determinata linea governativa. In questo senso, il tragico scontro culturale in corso impone una precisa dichiarazione di appartenenza e Bossi non ha esitazioni a dichiarare: “io sono occidentale. Posso essere critico ma sono occidentale. Capisco gli Usa nel bene e nel male, ma oggi noi non faremo l'errore di dividere l'Occidente in due come fece D' Alema”. Il professore Ettore Albertoni, assessore alle Culture in Lombardia, chiarisce la linea di Bossi spiegando che “c'è una America che ci piace, quella del federalismo, del modello storico di autogoverno, in cui ci riconosciamo, poi c' è una America diversa, quella delle multinazionali del potere: il volto inquieto”80. Pur non assecondando i toni eccessivamente elogiativi dedicati all’azione

79 G. Baiocchi, Una civiltà alla prova, La Padania, 14 settembre 2001.

80 Citazioni tratte da G. Passalacqua, La metamorfosi di Bossi da antiamericano a filo Bush, La Repubblica, 21

ottobre 2001. Nella base permangono malumori e atteggiamenti più critici nei confronti degli Stati Uniti. “Bossi argomenta, distingue, ma nel corpo della Lega, l'antiamericanismo resta forte. Lo spiega bene Matteo Salvini, giovane capogruppo al Comune di Milano, direttore di Radio Padania, uno che il polso del militante medio lo sente ogni giorno nelle telefonate in diretta. ‘Avremo avuto almeno sessanta telefonate, durante un paio di microfoni aperti. Tutti erano contro il terrorismo, ma la maggioranza diceva: "Non dimentichiamo tutto il resto", tutti erano occidentali e filoeuropei più che filo Usa, molti vedevano negli Stati uniti lo sceriffo, il globalizzatore’. La base a radio Padania parla fuori dai denti, il quadro dirigente della Lega è più prudente, ma è concorde sulla posizione di Bossi. ‘Sì alla manifestazione dice Roberto Castelli, ministro della Giustizia, ‘ma questo non vuole dire necessariamente essere pro Usa, L' attacco non è agli Usa ma all' Occidente’. Roberto Maroni, ministro del Welfare, aggiunge: ‘Sì alla manifestazione se è contro il terrorismo, Ma non deve essere una manifestazione a

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dell’alleato americano, la Lega, rinunciando al suo tratto isolazionista, dichiara di essere a favore dell’intervento degli Stati Uniti in Afghanistan81. In un contesto che anche per

Berlusconi rappresenta “una prova politica insidiosa”, dato la sua lontananza “da un immaginario bellicista”82, il governo dichiara il suo pieno appoggio all’operazione Enduring

Freedom. Nelle parole del ministro degli Esteri Ruggiero:

L'Italia che, dall'indomani degli orrori dell'11 settembre, ha sempre svolto un ruolo attivo in seno all'ampia coalizione costituitasi per debellare il terrorismo internazionale, ha ribadito la sera stessa dell'inizio dell'operazione, attraverso una dichiarazione del Presidente del Consiglio, la sua solidarietà al popolo e al Governo americano. Il Presidente Berlusconi ha quindi dichiarato che il paese è pronto a prendere parte ad ogni iniziativa che si rendesse necessaria nei prossimi giorni a fianco dei paesi amici, inclusa l'eventuale partecipazione ad operazioni militari. Tale piena solidarietà verrà ribadita dal Presidente del Consiglio al Presidente Bush, nel corso della sua imminente visita negli Stati Uniti d'America del prossimo 15 ottobre. È importante ribadire che la lotta in corso è diretta soltanto contro il terrorismo internazionale e chi lo sostiene; non si tratta dunque di una guerra contro il mondo islamico o contro il popolo afghano. Siamo di fronte ad una vasta strategia internazionale, politico, diplomatica, giuridica e finanziaria di lungo periodo, di cui la componente militare non è certamente la più importante e significativa, ma che si rende in questa fase necessaria. Signor Presidente, onorevoli deputati, siamo certamente di fronte ad un passaggio storico difficile. I tragici eventi dell'11 settembre hanno aperto preoccupanti interrogativi e comprensibili incertezze. Tuttavia, la situazione deve indurre la comunità internazionale a ricercare e condividere nuove prospettive, in grado sia di consolidare la coesione nella lotta contro il terrorismo sia, su un piano più generale, di porre le basi di una nuova strategia globale per il governo di un mondo migliore83.

Mentre il ministro Ruggiero suggerisce di abbandonare lo schema dello scontro di civiltà, evidenziandone l’incapacità di cogliere la reale dinamica del processo in corso, la Lega Nord continua a usare toni incendiari contro i luoghi di culto e gli istituti di cultura islamici, giungendo a chiedere, per precauzione, di proibire ai musulmani l’ingresso in Europa84.

favore di un modello di società, il nostro faro non sono gli Usa ma l'Europa. Certo il nostro rapporto con gli Usa è cambiato da quando non c' è più Clinton. Non dobbiamo sottovalutare che l'11 settembre è stato importante anche perché Bush si è detto favorevole a una svolta nella situazione palestinese’” (Ibidem).

81 Ibidem.

82 S. Colarizi e M. Gervasoni, La tela di Penelope, cit., p. 154.

83 L’intervento si può leggere qui Enduring Freedom: intervento del Min. Ruggiero, http://www.studiperlapace.it/.

Le due risoluzioni che autorizzano l’azione militare italiana in Afghanistan ricevono il supporto di quasi tutto l’arco parlamentare, a eccezione di Rifondazione Comunista, dei Comunisti Italiani e dei Verdi (M. Giannini,

Nell’ora della guerra torna lo spirito bipartisan, La Repubblica, 8 novembre 2001).

84 M. Galluzzo, Scajola agli imam: perseguiremo proclami illeciti, Corriere della Sera, 17 ottobre 2001; E. Caiano,

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