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Cellule staminali tra realta' e utopia: esempi di possibili applicazioni in ambito neurologico

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Ai miei nonni Marina e Silvano, luci della mia anima.

Senza di voi non sarei mai diventata la persona che sono.

A me stessa, perché di sogni, quelli veri, ne ho ben pochi

e questo è il primo di essi che realizzo.

(2)

2

“I sogni veri si costruiscono con gli ostacoli.

Altrimenti non si trasformano in progetti, ma restano sogni.

La differenza fra un sogno e un progetto è proprio questa: le bastonate.

I sogni non sono già, si rivelano a poco a poco, magari in modo diverso

da come li avevamo sognati.”

(Alessandro D’Avenia)

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3

INDICE

Premessa 5

CAPITOLO 1 – PARTE GENERALE 6

1.1 INTRODUZIONE 6

1.2 LA CELLULA STAMINALE 7

1.3 TAPPE PRINCIPALI DELLA RICERCA 10

1.4 LA POTENZA DIFFERENZIATIVA 13

1.5 CLASSIFICAZIONE IN BASE ALL’ORIGINE 15

1.5.1 CELLULE STAMINALI EMBRIONALI 15

1.5.2 CELLULE STAMINALI ADULTE 20

1.5.3 CELLULE STAMINALI PLACENTARI E AMNIOTICHE 27

1.5.4 RIPROGRAMMAZIONE CELLULARE E CELLULE STAMINALI PLURIPOTENTI INDOTTE 31

1.6 MEDICINA RIGENERATIVA E POSSIBILI APPLICAZIONI TERAPEUTICHE 36

CAPITOLO 2 - PARTE SPECIALE 45

2.1 PATOLOGIE NEUROLOGICHE 45

2.2 CELLULE STAMINALI: MECCANISMO D’AZIONE E STRATEGIE TERAPEUTICHE 48

2.3 ESEMPI DI POSSIBILI UTILIZZI IN AMBITO NEUROLOGICO 51

2.3.1 Cellule staminali neurali come speranza per il trattamento di bambini affetti da idrocefalo 51

(4)

4

2.3.2 Il potenziale delle cellule staminali neurali nel trattamento della

sindrome alcolica fetale 58 2.3.3 Cellule staminali mesenchimali come vettori cellulari nelle malattie da accumulo lisosomiale 64 2.3.4 Cellule staminali mesenchimali migliorano le funzioni neurologiche in caso di trauma cranico: un esempio di trial clinico 73 2.3.5 Prospettive dell’utilizzo di cellule staminali per il trattamento

dell’autismo 82

CAPITOLO 3 – CONCLUSIONE 88 Bibliografia 91

(5)

5

Premessa

I motivi che mi hanno portata a scegliere un argomento così ampio e

delicato sono principalmente due.

In primis perché troppo spesso si sente parlare di cellule staminali in

termini errati: i media, da cui la maggior parte delle persone attinge per

informarsi, si concentrano purtroppo quasi esclusivamente sugli aspetti

negativi della questione andando così ad offuscare tutto ciò che di buono

è stato fatto dai ricercatori in questo campo.

In secondo luogo perché sono portata, per carattere, a guardare al futuro

con ottimismo cercando con trepidazione ed emozione nuovi orizzonti.

Ho cercato quindi di basare questo lavoro su due principi fondamentali:

chiarezza e novità; con la speranza che venga letto con la stessa curiosità

con la quale mi sono approcciata a questa materia affascinante e

(6)

6

CAPITOLO 1 - PARTE GENERALE

1.1 INTRODUZIONE

La cellula è l’unità fondamentale della vita.

Partendo da una migliore comprensione delle cellule, della loro struttura,

delle loro funzioni e del loro comportamento, si possono affrontare i

grandi problemi della storia della vita sulla Terra, dalle sue origini, alla

sua diversificazione e alla sua presenza in qualunque habitat.

Troveremo anche alcune risposte a molti interrogativi riguardanti la

specie umana: perché nessun individuo è uguale a un altro? Cosa sono le

malattie, la vecchiaia, la morte?

Ma le cellule non sono tutte uguali: ogni cellula avrà caratteristiche

morfologiche e funzionali diverse a seconda del tessuto di cui farà parte

e, al momento della sua morte, dovrà essere sostituita da una cellula

dello stesso tipo.

Qui entrano in gioco le cellule staminali e il loro ruolo cruciale di

(7)

7

1.2 LA CELLULA STAMINALE

Una cellula staminale è definita come una cellula progenitrice

clonogenica e autorinnovante che può generare uno o più tipi di cellule

specializzate.(1)

La cellula staminale possiede la proprietà di poter entrare ed uscire dalla

fase G0 del ciclo cellulare; tale proprietà le assicura di poter permanere

in uno stato di quiescenza a tempo indeterminato e di poter mantenere

così il proprio stato indifferenziato.

A seconda dei segnali ambientali che la cellula riceve essa potrà andare

incontro a una replicazione simmetrica, tipica dello stadio embrionale,

che aumenta il numero delle cellule staminali, oppure potrà andare

incontro alla modalità di divisione non simmetrica, tipica della fase

adulta, che produce due diverse cellule figlie: una cellula progenitrice, che andrà poi incontro a differenziazione, e un’altra cellula staminale

(8)

8

Le cellule staminali sono quindi cellule che non hanno raggiunto lo

stadio finale del differenziamento e possono dividersi senza limiti;

tuttavia ogni cellula figlia derivata per divisione può scegliere se

rimanere staminale o imboccare la via del differenziamento terminale

irreversibile. Il compito di una cellula staminale non consiste quindi nell’espletare una certa funzione, ma piuttosto nel produrre cellule che lo

facciano e, sebbene non differenziate, le cellule staminali dei tessuti

adulti, in condizioni normali, esprimono stabilmente gruppi di proteine

regolatrici di geni a garanzia che la progenie differenziata appartenga a

Figura 1. Divisione delle cellule staminali: A) cellule staminali; B) cellule

progenitrici; C) cellule differenziate; 1) divisione simmetrica delle cellule staminali; 2) divisione asimmetrica delle cellule staminali; 3) divisione del progenitore; 4) terminale di differenziazione.

(9)

9

una ben precisa classe di cellule.(3) Il differenziamento cellulare prevede

infatti cambiamenti che riguardano prevalentemente l’aumento dell’espressione di fattori trascrizionali che promuovono l’espressione

genica specifica per ogni cellula differenziata portando alla produzione

di proteine strutturali e funzionali peculiari del tessuto di appartenenza.(4)

Le cellule staminali provvedono quindi alla manutenzione ordinaria e

fisiologica dei tessuti normali e riparano i tessuti danneggiati con

modalità diverse a seconda del tessuto in cui si trovano.

Possiamo quindi definire i requisiti fondamentali per la staminalità:

Autorinnovamento (self-renewal): capacità di andare incontro a molteplici e sequenziali divisioni cellulari di auto-mantenimento;

Potenza (potency): capacità di differenziarsi in uno o più tipi cellulari diversi tra loro.

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1.3 TAPPE PRINCIPALI DELLA RICERCA

1909: Alexander Maximov introduce per la prima volta il termine

“cellule staminali” ipotizzando l’esistenza di cellule staminali

emopoietiche.

1960: Joseph Altman e Gopal Das presentano prove di neurogenesi

nell’adulto contraddicendo la credenza comune che escludeva la

possibilità di formazione di nuovi neuroni.

1968: il trapianto di midollo osseo tra due fratelli risolve un caso di

SCID (Severe Combined Immunodeficiency).

1978: individuate cellule staminali emopoietiche nel sangue di

cordone ombelicale umano.

1981: Martin Evans, Matthew Kaufman e Gail R. Martin isolano

cellule staminali dalla massa cellulare interna della blastocisti di topo. Si iniziò così a parlare di “cellule staminali embrionali”.

1997: dimostrazione che la leucemia ha origine da cellule staminali

emopoietiche: prima prova diretta dell’esistenza di un nesso tra

(11)

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1997: al Roslin Institute in Scozia viene prodotta la pecora Dolly,

primo mammifero ad essere stato clonato da una cellula somatica

con successo. Si capisce così che il nucleo di cellule mature può

essere riattivato per creare un nuovo organismo se inserito in un

ovulo e fecondato.

1998: James Thomson e collaboratori derivano la prima linea di

cellule staminali embrionali umane.

2001: scienziati dell’ “Advanced Cell Technology” clonano i primi

embrioni umani (il cui sviluppo viene bloccato allo stadio di sole

sei cellule) allo scopo di generare cellule staminali embrionali.

2006: la rivista “Cell” pubblica il lavoro di Kazutoshi Takahashi e

Shinya Yamanaka “Induction of pluripotent stem cells from mouse

embryonic and adult fibroblast cultures by defined factors”. Si

inizia così a parlare di “cellule staminali pluripotenti indotte”.

2007: un gruppo di scienziati, tra cui l’italiano Paolo De Coppi,

(12)

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2007: due lavori, uno di Kazutoshi Takahashi e Shinya Yamanaka

pubblicato sulla rivista “Cell” e l’altro di Junying Yu et al. del

gruppo di ricerca di James Thomson, trattano della generazione di

cellule staminali pluripotenti a partire da fibroblasti umani adulti.

2008: Robert Lanza e colleghi dell’ “Advanced Cell Technology”

ottengono le prime cellule staminali embrionali umane senza

distruzione dell’embrione.

2012: descritta la generazione di cellule beta pancreatiche a partire

da cellule staminali pluripotenti umane indotte.

2012: Shinya Yamanaka è insignito del Premio Nobel per la

Medicina, assieme a John Gurdon, per il lavoro sulle cellule

(13)

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1.4 LA POTENZA DIFFERENZIATIVA

Il fatto che ogni cellula staminale, per poter essere considerata tale,

debba rispondere ai requisiti fondamentali per la staminalità visti in

precedenza non implica che esse siano tutte uguali tra di loro.

Le cellule staminali sono infatti le uniche popolazioni cellulari che, in

base allo stadio di sviluppo, mostrano differenti capacità di

autorinnovamento e di differenziamento.

Si distinguono quindi diversi stadi di potenza delle cellule staminali:

Totipotenza: capacità di generare tutti i tessuti embrionali (tutte le cellule dell’individuo) ed extraembrionali (placenta e annessi) al

fine di formare un intero organismo. Questa caratteristica è tipica

dello zigote (derivante dalla fecondazione di un oocita da parte di

uno spermatozoo) e viene meno già tra la terza e quarta divisione

cellulare.

Pluripotenza: capacità di differenziarsi in tutti i tessuti o foglietti embrionali (endoderma, mesoderma, ectoderma) ma non di

(14)

14

formare un intero organismo vivente. Questa caratteristica è tipica

delle cellule della massa cellulare interna della blastocisti.

Multipotenza: capacità di differenziare in un numero limitato di linee cellulari appartenenti allo stesso foglietto germinativo.

Queste cellule, dette anche cellule progenitrici, sono in realtà

cellule staminali adulte. Le prime ad essere state studiate nell’uomo sono le cellule staminali del sangue (ematopoietiche),

capaci di generare globuli bianchi, globuli rossi, piastrine, tutte

cellule con una derivazione embrionale simile.

Unipotenza: capacità di differenziarsi in un unico tipo cellulare, tipica di cellule definite precursori. Un esempio classico è dato

dagli epatociti che costituiscono la maggior parte del fegato che conferiscono all’organo la possibilità di rigenerarsi da un minimo

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1.5 CLASSIFICAZIONE IN BASE ALL’ORIGINE

1.5.1 Cellule staminali embrionali (Embryonic Stem

Cells, ESCs)

Nell’embriogenesi dei mammiferi la fusione del nucleo maschile

(portato dallo spermatozoo) e di quello femminile (portato dall’oocita)

forma lo zigote, cellula in grado di formare un intero organismo e quindi

totipotente. Inizialmente lo zigote si divide formando due cellule

chiamate blastomeri. Ciascun blastomero si divide altre due volte fino a

dare 8 cellule (fino a questo stadio i blastomeri sono totipotenti, anche se

alcuni ricercatori ritengono che solo i primi 4 blastomeri lo siano

realmente).

A questo punto gli 8 blastomeri si raggruppano e ogni cellula si divide

altre tre volte per formare una struttura globulare composta da 64 cellule

chiamata morula. Le cellule esterne della morula formeranno il

trofoblasto e daranno origine alla placenta, mentre quelle interne

daranno origine all’embrione. Le cellule del trofoblasto iniziano poi a

(16)

16

lato di questa cavità andranno a posizionarsi le cellule della massa

cellulare interna. La struttura così formata prende il nome di blastocisti

(figura 2) ed è da qui che derivano le ESCs. Le cellule della massa

cellulare interna della blastocisti sono infatti pluripotenti (possono

generare tutti i tipi cellulari di ogni tessuto).

Una volta isolate dalla blastocisti, le ESCs vengono poste su uno strato

di cellule nutrici (feeders) incapaci di riprodursi ma che producono

Figura 2. Blastocisti umana: si nota chiaramente lo strato cellulare

più esterno (trofoectoderma o trofoblasto), subito sotto la zona

pellucida, che va a formare la cavità interna (blastocele) dove troviamo raggruppate le cellule della massa cellulare interna.

(17)

17

elementi essenziali per la crescita delle ESCs. Vengono aggiunti

vitamine, Sali minerali, fattori di crescita, citochine, agenti antiossidanti per permettere l’espansione delle cellule che vanno a formare dei

raggruppamenti tridimensionali definiti corpi embrioidi. Le cellule

vengono poi nuovamente isolate e trasferite su un altro strato di cellule

nutrici. Ripetendo questi passaggi più volte si arriva a ottenere milioni di

ESCs partendo da una sola blastocisti. Le cellule che non vengono

utilizzate possono essere gradualmente congelate fino a -80 °C e poi

conservate in azoto liquido a circa -150 °C per anni senza che perdano le

loro capacità staminali.

Le ESCs coltivate in vitro riattivano, seppur in piccola percentuale, i

geni chiave coinvolti nei meccanismi di proliferazione e

autorinnovamento perpetuando se stesse in quella che viene definita una

linea cellulare. In particolare è stata identificata una famiglia di geni

nota come Oct4-like implicata nel meccanismo di autorinnovamento:

oct4 è un fattore di trascrizione espresso dallo zigote durante la

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18

spento nei tessuti adulti. Per questi motivi è considerato il principale

marcatore delle ESCs.

Le ESCs si mantengono indefinitamente in coltura mostrando un’elevata

attività telomerasica e conservando un cariotipo diploide stabile se si

eccettuano alcuni casi osservati di trisomie dei cromosomi 12 e 17, correlati probabilmente all’espansione in coltura.(6)

Potenzialmente le ESCs possono differenziarsi, in vitro, in tutti i tessuti

ma si conoscono i protocolli solo per alcuni: è sufficiente eliminare o

aggiungere specifici fattori di crescita per ottenere il tipo di cellula desiderato. L’indirizzo delle ESCs verso un determinato destino è quindi

associato all’espressione di specifici geni e quando le ESCs cominciano

a sintetizzare i prodotti specifici di un determinato tessuto, diminuisce la

produzione dei fattori tipici delle cellule indifferenziate.

Le ESCs presentano quindi caratteristiche che le rendono promettenti per

un eventuale utilizzo clinico, tra cui la facilità di isolamento e espansione in coltura e l’elevata capacità differenziativa. Tralasciando le questioni

etiche riguardanti l’utilizzo di ESCs derivanti da embrioni umani,

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espandersi il problema di queste cellule. Studi condotti negli animali

hanno evidenziato una crescita incontrollata delle ESCs nei diversi

tessuti in cui sono state trapiantate portando allo sviluppo di tumori

(teratomi: tumori dei tessuti embrionali composti da tessuti derivanti da

tutti e tre i foglietti embrionali). Il secondo punto importante è la

possibilità di rigetto se trapiantate in individui diversi da quelli da cui

provengono: il sistema immunitario del ricevente individua le ESCs

trapiantate come estranee e le elimina rendendo vano il trapianto. Diversi

studi sono in corso in modo da evitare la crescita incontrollata che porta alla formazione di tumori e l’identificazione delle proteine specifiche

delle cellule differenziate permetterà l’isolamento solo delle cellule di

interesse riducendo la presenza di cellule indifferenziate e

potenzialmente tumorigeniche. Per quanto riguarda invece la possibilità di rigetto, è necessario ricorrere all’utilizzo di farmaci in grado di ridurre

la risposta immunitaria permettendo la terapia. Sono necessari quindi

ulteriori studi e controlli sulla potenzialità neoplastica prima di poter auspicare un utilizzo di tali cellule nell’uomo.

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20

1.5.2 Cellule staminali adulte (Adult Stem Cells, ASCs)

Una cellula staminale adulta è una cellula indifferenziata contenuta in un

tessuto o organo terminalmente differenziato.

Si ritiene che queste cellule risiedano in aree specifiche, dalla

citoarchitettura definita, che garantiscono un microambiente controllato

biochimicamente, detto nicchia di staminalità dove le ASCs rimangono

relativamente quiescenti fino a che non vengono riattivate da un danno o

da uno stato patologico.(4)

Il ruolo delle ASCs è quindi quello di mantenere il normale turnover e

riparare il tessuto in cui si trovano, oltre a contribuire allo sviluppo postnatale dell’individuo. Sono infatti cellule tipicamente multipotenti in

quanto possiedono la capacità di generare tutti i tipi cellulari specializzati del tessuto d’appartenenza.

I tessuti per cui è stata dimostrata l’esistenza delle ASCs sono molti, ad

esempio:

Epidermide: nello strato basale o germinativo sono distribuite uniformemente delle cellule chiamate olocloni, un particolare tipo

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generare tutti i tipi cellulari del tessuto e di recuperare in modo

permanente l’epitelio in caso di danni e difetti estesi. Queste cellule sono localizzate anche nell’epitelio del limbus oculare

(compreso tra la cornea e la congiuntiva bulbare).

Muscolo scheletrico: nello spazio compreso tra la lamina basale e la membrana plasmatica delle fibre muscolari troviamo la cellule

staminali proprie del muscolo, le cellule satelliti, che durante lo

sviluppo si dividono lentamente contribuendo alla crescita e alla rigenerazione muscolare mentre nell’adulto sono normalmente

quiescenti.

Cuore: fino a pochi anni fa il cuore adulto era considerato un organo costituito da cellule adulte differenziate (cardiomiociti)

incapaci di rigenerare il tessuto cardiaco. Recentemente è stata invece dimostrata l’esistenza di cellule plastiche residenti nel

cuore (cellule staminali cardiache). Queste cellule sono

localizzate in nicchie del tessuto cardiaco e ne sono stati

identificati diversi tipi, a seconda delle proteine di superficie

(22)

22

In particolare, due gruppi di ricercatori italiani hanno identificato

due differenti popolazioni di cellule staminali cardiache,

denominate rispettivamente cardiosfere e mesoangioblasti

cardiaci.(7) Le cardiosfere sono una popolazione eterogenea,

ottenuta da biopsie cardiache atriali e ventricolari, che in coltura

formano aggregati cellulari simili ai corpi embrioidi. Le

cardiosfere hanno attività contrattile anche se solo una modesta

percentuale delle cellule presenti in ogni cardiosfera si differenzia

in vitro in cardiomiociti funzionali in grado di contrarsi

spontaneamente. I mesoangioblasti cardiaci sembrano invece

differenziarsi con elevate percentuali in cardiomiociti e cellule

muscolari lisce migliorando la funzionalità del miocardio

ischemico.

Sistema nervoso centrale: per molto tempo il tessuto nervoso è stato considerato incapace di rigenerarsi. Si è dimostrato invece, a partire dagli anni ’90 del XX secolo, che la neurogenesi ha luogo

in alcune regioni del cervello nel periodo postnatale e continua

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nell’ippocampo e nel sistema olfattivo.(8)

Le cellule staminali

neurali (Neural Stem Cells, NSCs) sono cellule multipotenti in

grado di autorinnovarsi e di generare la maggior parte dei tipi

cellulari del sistema nervoso centrale cioè neuroni, astrociti e

oligodendrociti. In coltura, le NSCs, proliferano aggregandosi in

gruppi cellulari chiamati neurosfere, costituiti prevalentemente da

progenitori commissionati mescolati a neuroni e astrociti

differenziati.

Midollo osseo: questo tessuto contiene almeno due tipi di cellule staminali. La prima popolazione scoperta è rappresentata dalle

cellule staminali emopoietiche (Hemopoietic Stem Cells, HSCs)

dalle quali hanno origine tutte le cellule del sangue.

Successivamente sono state scoperte le cellule stromali del

midollo osseo, dette cellule staminali mesenchimali

(Mesenchymal Stem Cells, MSCs) dalle quali derivano diversi tipi

di cellule. Le HSCs sono cellule staminali multipotenti che

proliferano in maniera asimmetrica portando alla formazione di

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cellule staminali) e una cellula progenitrice parzialmente

differenziata dotata di ampio potenziale replicativo che può dare

origine a due diverse categorie cellulari: quelle della linea

mieloide (monociti, granulociti neutrofili, basofili ed eosinofili,

eritrociti, megacariociti) e quelle della linea linfoide (linfociti T e

linfociti B). (figura 3)

Figura 3. Cellula staminale ematopoietica come esempio di cellula staminale adulta.

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Le MSCs derivano invece dal tessuto connettivo embrionale e

formano il supporto funzionale e strutturale del midollo osseo nell’adulto. Queste cellule hanno una morfologia simile a quella

dei fibroblasti e presentano un potenziale differenziativo verso

almeno sette tipi cellulari: osteociti, condrociti, miociti, cellule

tendinee, astrociti, adipociti e cellule stromali.

Cordone ombelicale: il cordone che collega il feto alla placenta, e quindi alla madre, contiene cellule staminali adulte multipotenti

(emopoietiche e mesenchimali), immature e facili da isolare. Durante l’embriogenesi, l’emopoiesi avviene nel sacco vitellino.

Con il progredire dello sviluppo embrionale, la sede principale dell’emopoiesi si sposta nel fegato del feto. Dopo la ventesima

settimana di gestazione le cellule staminali emopoietiche iniziano

a migrare dal fegato al midollo osseo. La migrazione delle cellule

staminali emopoietiche continua durante la gravidanza e diventa

abbondante appena prima della nascita. Questo fa sì che tali

cellule si possano ritrovare nel sangue contenuto nel cordone

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26

parto spontaneo che di taglio cesareo, facendo un prelievo in

circuito chiuso sterile dalla vena ombelicale. Tale tecnica è

indolore e priva di rischi sia per la madre che per il bambino.

Tumori: recentemente sono state individuate anche nei tumori, cellule in grado di soddisfare i criteri si staminalità e definite

cellule staminali tumorali (Cancer Stem Cells, CSCs). Tali cellule

sembrano essere responsabili delle recidive e delle metastasi e

rappresentano, per questo motivo, un importante target ai fini

dello sviluppo di possibili terapie antitumorali.

Nonostante questa distinzione, molti esperimenti hanno recentemente

dimostrato che alcune cellule staminali adulte, oltre a differenziarsi nei

tipi cellulari specializzati derivanti dal foglietto embrionale d’appartenenza (differenziamento ortodosso), possiedono la capacità di

generare cellule specializzate di tessuti diversi. Questa proprietà è nota

come transdifferenziamento o differenziamento non ortodosso.

I ricercatori si stanno quindi interrogando su quali siano i meccanismi

responsabili della plasticità delle ASCs e sul loro reale potenziale di

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27

Attualmente comunque le ASCs sono utilizzate nella pratica clinica per

pochissime patologie: trapianti di epidermide, di cornea e di midollo

osseo per la cura di alcune leucemie.

1.5.3 Cellule staminali placentari e amniotiche

La placenta è un organo di forma discoidale che si sviluppa durante la

gravidanza e che si affaccia, da una parte, sulla cavità amniotica mentre, dall’altra parte, prende contatto diretto con la parete uterina. Dal lato

materno del disco si estendono i villi coriali che ancorano la placenta all’endometrio attraverso le cellule del trofoblasto e che svolgono

funzioni fondamentali per lo scambio di nutrienti e gas tra madre e feto.

Sul lato fetale si trovano invece due membrane: la membrana amniotica

e il corion o membrana coriale. La prima è la membrana rivolta verso il

feto e direttamente a contatto con il liquido amniotico. Essa è costituita

da un tessuto epiteliale monostratificato (a contatto con il liquido

amniotico) che poggia su una lamina basale al di sotto della quale si

trova uno strato di tessuto connettivo che rappresenta la componente

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mesenchimale della membrana amniotica si trova l’altra membrana, il

corion, costituita internamente da uno strato di mesoderma simile a

quello presente nella membrana amniotica.

Negli ultimi anni, diversi gruppi di ricerca hanno rivolto la loro

attenzione sulla placenta umana come possibile fonte di cellule

staminali.(6) Attualmente è possibile estrarre cellule staminali

Figura 4. Sezione istologica di membrana amniotica colorata con metodo Mallory: le cellule epiteliali, colorate in rosso, si dispongono a

formare un monostrato rivolto virtualmente verso la cavità amniotica. Le cellule mesenchimali sono contenute invece nella porzione stromale colorata in blu.

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29

mesenchimali ed epiteliali dalle membrane placentari e dai villi coriali.

Queste cellule staminali presentano caratteristiche intermedie tra le

cellule staminali embrionali e quelle adulte: il fatto che i tessuti

placentari derivino da uno stadio di sviluppo embrionale precoce va a sostegno dell’ipotesi che le cellule in essi contenute abbiano mantenuto

la plasticità tipica delle cellule embrionali da cui derivano. Inoltre,

rispetto ai tessuti adulti, placenta e annessi embrionali sono considerati

tessuti giovani che potrebbero essere caratterizzati da un ridotto rischio

di sviluppare danni al DNA. Infine, è importante ricordare che la placenta svolge un ruolo fondamentale nell’evitare che il sistema

immunitario materno reagisca al feto allogenico durante la gravidanza.

Questa caratteristica suggerisce che le cellule derivate dalla placenta

possano mantenere proprietà immunomodulatorie che le rendano in grado di controllare l’attivazione del sistema immunitario facilitando

possibili applicazioni terapeutiche.

Il liquido amniotico è contenuto nel sacco amniotico o Amnios e deriva

principalmente dalla secrezione attiva da parte della membrana amniotica. Esso costituisce l’ambiente nel quale il feto cresce, si

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30

sviluppa e matura e la sua funzione principale è quella di proteggere l’embrione da traumi di natura meccanica. Il liquido amniotico si

modifica continuamente durante la gravidanza in rapporto anche alle condizioni del feto. Per questo motivo l’analisi del liquido amniotico,

prelevato tramite amniocentesi, riveste un importante ruolo dal punto di

vista diagnostico. Questo semplice esame permette infatti di valutare lo

stadio di sviluppo fetale e il suo stato di benessere o sofferenza

endouterina.

Oltre ad essere costituito da acqua (99%), proteine, lipidi, zuccheri,

ormoni, minerali (sodio, potassio, calcio, ferro) e cristalli (soprattutto ossalati e urati), numerose ricerche hanno dimostrato l’esistenza di

cellule staminali all’interno del liquido amniotico. Tali cellule sono

cellule staminali mesenchimali con elevato potenziale proliferativo che

possono essere facilmente prelevate e conservate (così come quelle

derivanti da strutture placentari) e che potrebbero rappresentare una

valida alternativa per ovviare ai problemi, soprattutto di carattere etico, derivanti dall’utilizzo di cellule staminali embrionali.

(31)

31

1.5.4 Riprogrammazione cellulare e cellule staminali

pluripotenti indotte (Induced Pluripotent Stem Cells,

iPSCs)

Attraverso la riprogrammazione cellulare è possibile far acquisire a

cellule terminalmente differenziate proprietà di multi o pluripotenza

ovvero generare cellule staminali partendo da cellule somatiche.

In questo settore è di fondamentale importanza l’epigenetica, la scienza

che studia gli arrangiamenti del DNA come la regolazione dell’espressione genica.

La riprogrammazione del DNA può essere indotta mediante diverse

metodiche:

1) Clonazione terapeutica: permette di ottenere cellule staminali

pluripotenti a partire da blastocisti generate mediante il

trasferimento di un nucleo somatico in oociti enucleati. L’oocita deve essere fecondato in vitro, dopo di che il nucleo

dello zigote viene sostituito con il nucleo di una cellula somatica. L’informazione genetica sotto forma di RNA

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32

messaggeri, proteine, microRNA è in grado di riprogrammare

il nucleo e iniziare le divisioni mitotiche che porteranno alla

formazione di una blastocisti.(4) Qualora queste cellule

venissero iniettate nel paziente donatore del nucleo somatico,

il risultato sarebbe uguale a quello di un trapianto autologo di

cellule staminali adulte. Nonostante questo vantaggio, che

mette al riparo da eventuali fenomeni di rigetto, la metodica

presenta due forti limitazioni: una ridotta capacità di ottenere

linee cellulari stabili e il rischio di sviluppare tumori dovuto

alla pluripotenza (così come accade per le cellule staminali

embrionali).

2) Manipolazione genetica: nel 2006 il gruppo di ricercatori di

Shinya Yamanaka riesce, inserendo quattro geni in una cellula

somatica, a portarla indietro ricreando in essa la pluripotenza

tipica delle cellule staminali embrionali. Le nuove cellule così

generate vennero denominate cellule staminali pluripotenti

indotte. L’esperimento consisteva nella trasduzione (passaggio

(33)

33

virali dei geni Oct-3/4, Sox2, c-Myc e Klf4 all’interno di

fibroblasti di ratto (figura 5).

La linea di iPSCs così ottenuta mostrò errori nella metilazione del DNA e l’esperimento fallì. Nel 2007 lo stesso gruppo di

ricercatori condusse un esperimento analogo selezionando

Figura 5. Riprogrammazione cellulare tramite

manipolazione genetica: attraverso l’utilizzo di quattro geni

(Klf-4, Sox2, Oct4 e Myc) si ottengono colonie di cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC) a partire da fibroblasti adulti. Le cellule staminali così ottenute potranno dare poi origine alle cellule di tutti i tessuti.

(34)

34

come marcatore il gene Nanog e dimostrando così la sua

importanza per la pluripotenzialità. Il 20% dei ratti con

impianti di iPSCs create con questa metodica sviluppò

teratomi cancerosi dovuti alla presenza di c-Myc; la sua

iperespressione o mutazione in senso attivante può infatti

renderlo un oncogene. Di nuovo l’esperimento non portò ai

risultati attesi. Sempre nel 2007, con lo stesso principio

applicato ai ratti, due gruppi di ricercatori indipendenti (quello

di Shinya Yamanaka e quello di James Thomson) sono

riusciti con successo a trasformare fibroblasti umani in cellule

staminali pluripotenti utilizzando sequenze genetiche diverse:

il gruppo di Yamanaka utilizzò le quattro sequenze usate nei

precedenti esperimenti mentre il gruppo di Thomson utilizzò i

geni Oct-4, Sox2, Nanog e Lin28 riuscendo così ad evitare l’utilizzo di c-Myc.

3) Utilizzo di molecole sintetiche: alcune molecole sono in grado

di indurre la riprogrammazione cellulare. Tra queste molecole c’è la reversina, capace di aumentare la plasticità di diversi

(35)

35

tipi cellulari di mammiferi.(9) Un recente studio ha individuato

due molecole: Bix-01.294 e BayK8644 che consentono la

riprogrammazione di fibroblasti di topo trasdotti solo con

Oct-4 e Klf. Questo studio dimostra che le piccole molecole

individuate possono compensare la trasduzione virale di Sox2

e ottenere una migliore efficienza di riprogrammazione.

Nonostante attraverso queste metodiche sembra essere possibile creare in

laboratorio cellule staminali pluripotenti indotte ovviando ai problemi

riguardanti le cellule staminali embrionali, soprattutto di natura etici ma

anche di carattere medico come la possibilità di rigetto o di sviluppare

tumori, i ricercatori in questo campo sono d’accordo sul continuare le

ricerche sulle cellule staminali embrionali umane fino a quando le iPSCs

(36)

36

1.6 MEDICINA RIGENERATIVA E POSSIBILI

APPLICAZIONI TERAPEUTICHE

La medicina rigenerativa presenta un nuovo approccio terapeutico

finalizzato alla ricostruzione biologica di un tessuto o di un organo

piuttosto che alla sua sostituzione; adattandosi al profilo genetico e

molecolare del paziente, creando una sorta di medicina personalizzata.(4)

La parte danneggiata di un tessuto potrebbe quindi essere rigenerata

sostituendo le cellule lesionate con cellule staminali differenziate.

Attualmente non è ancora stato individuato il tipo di cellula staminale

più adatto per ogni protocollo applicativo. Infatti le cellule staminali

embrionali crescono più velocemente in vitro, hanno maggiore potenza

differenziativa ma sono ancora difficili da controllare mentre le cellule

staminali adulte hanno una ridotta capacità differenziativa che le rende

più facilmente controllabili, ma crescono con maggiore difficoltà e

vanno incontro a senescenza molto prima rispetto alle cellule staminali embrionali. Ogni tipo di cellula staminale presenta quindi dei “punti di

(37)

37

che i ricercatori non sono riusciti ancora a superare, se non in parte. Deriva quindi da qui una parte delle problematiche relative all’utilizzo di

queste cellule.

Nonostante questo, le cellule staminali sono utilizzate in molteplici

modelli animali di malattie umane, in diversi trials clinici e sono già una

realtà nella cura di alcune patologie:

Patologie ematiche: in questo campo trovano applicazione le cellule staminali ematopoietiche ricavate dal midollo osseo, dal

sangue periferico, dal sangue del cordone ombelicale

(quest’ultimo indicato principalmente per patologie pediatriche) e

dalle cellule staminali embrionali. Dal 1995 ad oggi, il trapianto di

cellule staminali ematopoietiche viene effettuato nel caso di

tumori emopoietici come alcune leucemie e linfomi, ma anche in caso di patologie genetiche o acquisite come l’anemia aplastica, la

talassemia e malattie autoimmuni.

Patologie osteoarticolari: le cellule staminali più usate per la ricostruzione di ossa, tendini e cartilagini sono le cellule staminali

(38)

38

L’approccio più comune si basa sulla generazione di un complesso

cellula-substrato. Tale complesso è composto dalle cellule ottenute

attraverso la coltura in vitro delle cellule staminali mesenchimali

combinate a un materiale di supporto al quale le cellule aderiscono

facilitando la deposizione di nuovo tessuto osseo. Si vengono così

a formare delle vere e proprie strutture tridimensionali chiamate

scaffolds che vengono trapiantate localmente. Le possibili

applicazioni vanno dalla cura delle osteoartriti alla sostituzione di

tessuto cartilagineo danneggiato, a gran parte delle patologie ossee

come traumi, tumori, osteoporosi, osteogenesi imperfetta. Diversi

studi preclinici hanno già avuto successo, soprattutto su modelli

animali.

Diabete: al momento il trapianto allogenico di isole pancreatiche da donatore cadavere rappresenta l’unico tipo di terapia cellulare

applicabile e che ha dato buoni risultati. Questa soluzione presenta

però due forti limitazioni: la necessità di una terapia

immunosoppressiva dopo il trapianto e la scarsità di donatori

(39)

39

della malattia. Per questi motivi sono state individuate possibili

fonti alternative di cellule beta. Cellule con la stessa origine

endodermica del pancreas, come quelle del fegato, della cistifellea

e del dotto biliare, indotte a differenziare sembrano essere molto

promettenti. Studi recenti hanno dimostrato che le cellule della

cistifellea, così come le cellule epiteliali del dotto biliare,

contengono materiale cellulare secernente ormoni pancreatici

endocrini. Anche le cellule staminali mesenchimali sono state

studiate per la loro capacità di transdifferenziare in cellule

secernenti insulina e alcuni trial clinici sono attualmente in atto.

Patologie dell’epidermide: i cheratinociti hanno due importanti

caratteristiche: l’elevata capacità replicativa e la facile

reperibilità.(10) A partire da cheratinociti autologhi è possibile produrre in vitro l’epitelio stratificato della pelle e,

successivamente, innestarlo in un paziente ustionato. Le cellule

progenitrici della cornea si possono isolare e coltivare per generare l’epitelio corneale da trapiantare. Le cellule staminali

(40)

40

cura di alcune malattie degli epiteli, come l’epidermolisi bullosa

che comprende un gruppo di gravi malattie ereditarie della pelle

causate da una mutazione genetica. Sono state quindi prelevate, coltivate e corrette geneticamente cellule staminali dell’epitelio

umano. Tali cellule riacquistano in questo modo le proprietà

adesive tipiche delle cellule sane, esprimono il transgene per lungo

tempo e se trapiantate, sotto anestesia locale, danno luogo a

risultati incoraggianti.(11)

Patologie neurodegenerative: attualmente i tipi cellulari che potrebbero essere utilizzati nel trattamento di queste patologie

sono le cellule staminali embrionali e le cellule staminali adulte,

soprattutto le cellule staminali neurali. Trapianti di cellule

staminali neurali sono già stati testati su modelli animali di morbo

di Parkinson, corea di Huntington, ictus e danni alla colonna

vertebrale ottenendo buoni risultati. Altri tipi cellulari promettenti

per la cura delle patologie del sistema nervoso sono i progenitori

neurali. I risultati degli studi condotti su queste cellule mostrano la

(41)

41

maturi e di formare sinapsi con i circuiti neuronali ospiti. Un’ulteriore alternativa è rappresentata dalle cellule staminali

mesenchimali isolate dal midollo osseo, che presentano ottime

proprietà plastiche. La loro applicazione nel trattamento delle malattie neurodegenerative dipende dall’abilità di controllare il

loro differenziamento verso specifici tipi cellulari e l’efficienza di

impianto.

Patologie cardiache: l’utilizzo di cellule staminali embrionali per la cura di danni cardiaci è stato testato in alcuni modelli preclinici

con risultati incoraggianti. I benefici della terapia cellulare sono

comunque finora modesti e la formazione di nuove cellule

cardiache è bassa. Tra le cellule staminali adulte, i mioblasti

scheletrici o cellule satelliti possono essere utilizzati nel trapianto

autologo. Studi su modelli animali presentano dati incoraggianti

nella funzionalità ventricolare, tuttavia non tutti i mioblasti

trapiantati riescono a transdifferenziare in cardiomiociti e

presentano difficoltà ad accoppiarsi elettricamente con le cellule

(42)

42

maligne nei pazienti trapiantati. Cellule staminali ematopoietiche e

mesenchimali trapiantate in modelli animali e in alcuni pazienti

post-infartuati hanno dato risultati positivi per quanto riguarda la

funzionalità del ventricolo sinistro e la riduzione della zona infartuata. Infine, l’utilizzo delle cellule staminali cardiache ha

mostrato un certo grado di rigenerazione cardiaca dopo

ischemia.(4) L’impiego delle cellule staminali è in ogni caso ancora

ostacolato da questioni irrisolte, come il metodo di impianto (più

del 90% delle cellule trapiantate si perdono nella circolazione

ematica), la morte precoce delle cellule impiantate e l’adeguata

rigenerazione del tessuto malato.

Patologie muscolari: le malattie muscolari sono causate da alterazioni della struttura o della funzione della fibra muscolare, dell’innervazione o degli elementi che costituiscono il tessuto

connettivo dell’apparato muscolare. La maggior parte di queste

malattie è di origine genetica, come le distrofie muscolari

congenite e quella di Duchenne , mentre altre possono presentarsi

(43)

43

causate da mutazione nei geni codificanti per proteine importanti

per la funzionalità muscolare come ad esempio la distrofina,

proteina mancante nella distrofia muscolare di Duchenne. Le

cellule staminali del muscolo, definite cellule satelliti, possiedono

un fenotipo unipotente e una volta attivate seguono il

differenziamento mioblastico per formare nuove fibre muscolari.

Sono facilmente isolabili e possono essere utilizzate sia per

trapianti autologhi (dopo correzione genetica del gene difettoso)

che eterologhi. Le cellule satelliti non sono però in grado di

attraversare la parete dei vasi, quindi non possono essere

introdotte per via sistemica e, inoltre, non possono migrare dal sito dell’iniezione intramuscolare, quindi il loro utilizzo terapeutico

richiederebbe migliaia di iniezioni. Esperimenti condotti su modelli animali hanno dimostrato l’efficacia dell’utilizzo di

cellule staminali mesenchimali nella riparazione del muscolo

danneggiato. Sembra però che solo una piccola percentuale di esse

riesca a transdifferenziarsi in cellule muscolari. Infine, esperimenti

(44)

44

mesoangioblasti isolati dall’aorta dorsale e tramite biopsie

muscolari sono in grado di migrare, attraverso il circolo

sanguigno, nei tessuti infiammati o lesionati. Studi recenti hanno

inoltre dimostrato che mesoangioblasti umani possono

differenziare in miociti efficacemente in vitro e in vivo e il loro

potenziale terapeutico è stato dimostrato trapiantandoli in topi

(45)

45

CAPITOLO 2 - PARTE SPECIALE

2.1 PATOLOGIE NEUROLOGICHE

Il sistema nervoso ha come ruolo fondamentale quello di coordinare tutte

le attività del nostro organismo. Esso dirige, così come un maestro d’orchestra, le varie parti del nostro corpo per far sì che lavorino in

armonia. Regola le funzioni autonome come la digestione e la

respirazione, ma anche i movimenti volontari, da quelli più grossolani a

quelli più fini. Ci permette di mantenere la postura eretta e di percepire attraverso gli organi di senso le caratteristiche dell’ambiente che ci

circonda. Grazie ad esso possiamo pensare, parlare, provare emozioni,

imparare, immagazzinare ricordi dalle esperienze passate, sognare.

Data quindi la grande varietà delle funzioni da esso controllate, possiamo

riscontrare una gamma altrettanto vasta di patologie che possono

affliggere tale sistema. Infatti, tutti gli elementi costitutivi del sistema

nervoso possono essere compromessi anatomicamente e funzionalmente

(46)

46

Displasie: turbe della migrazione e della differenziazione cellulare durante lo sviluppo embrionale;

Affezioni vascolari: riduzione o completa privazione dell’apporto ematico alle cellule nervose;

Infiammazioni: infiltrazione di cellule di origine sanguigna nel sistema con comparsa di edema, emorragia e necrosi (es:

encefaliti, meningiti, nevriti);

Patologie degenerative: processo di morte cellulare a carico dei neuroni sulla base di meccanismi infiammatori, vascolari,

involutivi, immunitari e genetici (es: morbo di Alzheimer, morbo

di Parkinson, corea di Huntington, sclerosi multipla, sclerosi

laterale amiotrofica);

Alterazioni metaboliche: hanno basi genetiche; ad esempio alterazioni nelle funzioni dei lisosomi sono alla base di patologie

come la malattia di Tay-Sachs, la malattia di Niemann-Pick e la

malattia di Gaucher, mentre alterazioni nel metabolismo del rame

(47)

47

Tumori: possono svilupparsi dal tessuto nervoso, ma anche dagli organi ad esso correlato come le meningi o l’ipofisi; il 60% dei

tumori che colpiscono il sistema nervoso centrale è rappresentato

comunque dai gliomi che colpiscono le cellule gliali;

Lesioni traumatiche: comprendono traumi cranici che

determinano solitamente lesioni emorragiche e traumi spinali che comportano l’interruzione delle vie nervose ascendenti e

discendenti determinando paraplegie e tetraplegie accompagnate

da problemi viscerali;

Crisi epilettiche: condizioni neurologiche caratterizzate da alterazioni nella conduzione elettrica all’interno del sistema

nervoso e che si manifestano in diversi modi: da brevi episodi di

interruzione dello stato di coscienza fino a convulsioni che

coinvolgono tutto il corpo;

Malattie psichiatriche: correlate spesso a uno squilibrio dei neurotrasmettitori a livello del sistema nervoso centrale (es:

depressione, schizofrenia);

(48)

48

2.2

CELLULE

STAMINALI:

MECCANISMO

D’AZIONE E STRATEGIE TERAPEUTICHE

Le cellule staminali rivestono un ruolo fondamentale nel trattamento di

un ampio numero di malattie al momento ancora incurabili. Rientrano in

questo ambito anche le patologie neurologiche: le cellule staminali

hanno infatti trovato applicazione in patologie neurodegenerative come

la sclerosi multipla, la sclerosi laterale amiotrofica, il morbo di

Parkinson, la corea di Huntington ma anche ictus e malattie da accumulo

lisosomiale. La maggior parte delle terapie con cellule staminali è stata comunque sperimentata su modelli animali mentre gli studi sull’uomo

sono ancora in una fase abbastanza precoce. Nonostante questo, il

potenziale terapeutico delle cellule staminali è elevato e le terapie effettuate mediante l’uso di cellule staminali risultano estremamente

promettenti.(12)

Il meccanismo attraverso il quale le cellule staminali possono apportare

un beneficio alle funzioni dei tessuti da riparare è ancora poco chiaro ma

(49)

49

 La capacità di una cellula staminale di adottare le caratteristiche biologiche e fisiologiche di un certo tipo di cellula differenziata.

La possibilità di una fusione tra le cellule staminali trapiantate e quelle dell’ospite con conseguente trasferimento del contenuto

cellulare e delle informazioni necessarie per svolgere le funzioni

compromesse.

Il rilascio paracrino di fattori di crescita e di sopravvivenza per stimolare il differenziamento delle cellule staminali residenti e la

sopravvivenza delle cellule differenziate.

Questi tre meccanismi agiscono probabilmente in modo sinergico.

Le strategie terapeutiche che fanno uso di cellule staminali possono

quindi essere molteplici:

1) Le cellule staminali possono essere trapiantate non soltanto al fine

di sostituirsi alle cellule non funzionali o perdute, ma anche per

accelerare il processo di rigenerazione dei tessuti.

2) In terapia genica le cellule staminali possono fungere da vettori

(50)

50

3) La conoscenza dei pathways regolatori delle cellule staminali

potrebbe fornire un valido aiuto nella comprensione di quali

molecole potrebbero essere utilizzate per la stimolazione delle

cellule staminali endogene verso il riparo.(12)

Perché il trapianto di cellule staminali possa divenire terapeuticamente

efficace, tali cellule devono soddisfare specifiche condizioni:

1) devono essere isolate da un tessuto clinicamente accessibile;

2) devono essere isolate in numero sufficiente oppure espanse in

coltura senza perdita di staminalità e/o potenza differenziativa. Se

necessario, devono essere modificate geneticamente in vitro

mediante introduzione di una copia sana del gene affetto dalla

malattia.

3) devono essere veicolate nel tessuto danneggiato in modo selettivo

ed efficiente.

4) devono sopravvivere nel tessuto danneggiato e differenziarsi nel

tipo cellulare richiesto, così da ripristinare le funzioni danneggiate

(51)

51

2.3 ESEMPI DI POSSIBILI UTILIZZI IN AMBITO

NEUROLOGICO

2.3.1 Cellule staminali neurali come speranza per il

trattamento di bambini affetti da idrocefalo

L’idrocefalo è una patologia che presenta diverse cause: 1) perdita di

tessuto cerebrale; 2) eccessiva produzione di liquido cerebrospinale; 3)

ostruzione del percorso del liquido cerebrospinale dovuta a anomala

neuro/gliogenesi.(13) Ma l’idrocefalo non è solo un disordine nelle

dinamiche del liquido cerebrospinale.(14) Studi recenti hanno infatti dimostrato che l’idrocefalo e l’anomala neurogenesi, osservate sia in

modelli animali che in feti umani, condividono una storia comune: una

patologia delle cellule staminali neurali e delle cellule gliali radiali che

sono localizzate, durante lo sviluppo embrionale, nella zona

ventricolare.(15-18) Queste cellule sono normalmente legate da giunzioni

aderenti e giunzioni comunicanti. In caso di idrocefalo, le proteine di

(52)

52

delle cellule staminali neurali e delle cellule ependimali. In questo modo,

a seconda dello stadio di sviluppo del cervello, queste cellule si

distaccano dalla zona ventricolare.(16-18) Tale processo di distruzione

della zona ventricolare inizia precocemente nella vita embrionale e

finisce durante le prime settimane di vita dopo la nascita. Alla fine,

determinate regioni risultano essere denudate dalle cellule ependimali e

subependimali.(14) Vari studi hanno dimostrato, ad esempio, la

distruzione della zona ventricolare a livello della corteccia cerebrale,

delle eminenze gangliari(16-18) e dell’acquedotto di Silvio.(19-22) La distruzione della zona ventricolare a livello delle pareti dell’acquedotto

di Silvio porta a stenosi dell’acquedotto(19-22) mentre la distruzione della

zona ventricolare nella corteccia cerebrale e nelle eminenze gangliari

porta a disturbi della neuro/gliogenesi , come a un dislocamento dei

progenitori neurali attraverso il liquido cerebrospinale e una migrazione

anomala dei neuroblasti nella corteccia cerebrale. Il risultato è una

eterotopia periventricolare che distrugge la normale organizzazione e

funzione della corteccia cerebrale.(16-18) L’eterotopia periventricolare

(53)

53

noduli composti da neuroni posizionati ectopicamente lungo le pareti

laterali del ventricolo che si comportano anche come focolai

epilettogeni;(23) l’epilessia colpisce infatti il 6-30% dei pazienti affetti da

idrocefalo.(24,25)

Sono al momento disponibili trattamenti chirurgici come lo shunt del

liquido cerebrospinale e la ventricolostomia endoscopica del terzo

ventricolo.(14) Questi trattamenti non sono però sufficienti per risolvere il

problema: è stato stimato infatti che il 50% degli shunt fallisce entro 2

anni e che il 20-50% delle ventricolostomie fallisce in 5 anni.(26) Inoltre,

non conosciamo ancora le conseguenze della deviazione delle proteine

del liquido cerebrospinale in uno spazio come il peritoneo, ricco di cellule del sistema immunitario. Esiste infatti un’elevata possibilità che

gli shunt possano generare auto-anticorpi contro specifiche proteine del

liquido cerebrospinale.(14) Per quanto riguarda la ventricolostomia, non conosciamo le conseguenze della creazione di un’apertura nel pavimento

del terzo ventricolo per deviare il liquido cerebrospinale nello spazio

subaracnoideo. Il pavimento del terzo ventricolo è infatti una regione altamente specializzata per la secrezione di fattori che regolano l’attività

(54)

54

dell’ipofisi e la ventricolostomia può quindi produrre effetti avversi sulla

regolazione neuroendocrina.(14) Infine, studi recenti hanno evidenziato l’importanza di opportune proteine e sostanze non proteiche contenute

nel liquido cerebrospinale per lo sviluppo e il mantenimento della salute

cerebrale.(27-31) Quindi cambiamenti nella composizione del liquido

cerebrospinale possono avere profonde influenze nello sviluppo e nella

funzione cerebrale.(14)

Come alternativa a questi metodi, abbiamo oggi prove che forniscono la speranza di poter sviluppare terapie rigenerative basate sull’utilizzo di

cellule staminali neurali (Neural Stem Cells, NSCs).(14) Tali cellule

presentano diverse caratteristiche: 1) sono disponibili nel cervello dell’embrione e dell’adulto; 2) possono essere trapiantate; 3) possono

migrare; 4) possono differenziarsi; 5) possono integrarsi nelle aree danneggiate. Inoltre, alcuni studi hanno dimostrato che l’abilità delle

NSCs di migrare e differenziare nei tipi cellulari richiesti dipende dalle

aree danneggiate che rilasciano specifici fattori chemiotattici.(32,33) Le

NSCs possono quindi essere trapiantate nel liquido cerebrospinale per

(55)

55

durante il processo idrocefalico. Questa terapia rigenerativa potrebbe

riparare la zona ventricolare e/o invertire gli effetti della sua

distruzione.(14) In questo modo, le malformazioni della corteccia

cerebrale riscontrate in bambini affetti da idrocefalo e fino a ora

considerate incurabili, potrebbero avere un trattamento realistico e

promettente.(14) A tale scopo potrebbero essere utilizzate, come fonte di

NSCs, le cellule staminali embrionali umane. Tali cellule sono state

recentemente usate per generare cellule del plesso coroideo(36) le quali

rivestono ruoli omeostatici importanti in relazione al liquido

cerebrospinale. Cellule del plesso coroideo sono state innestate nel

ventricolo laterale di ratti normali e idrocefalici della stessa nidiata

(Rodrìguez et al., unpublished work). Una settimana dopo il trapianto il

plesso coroideo trapiantato ha mantenuto le caratteristiche cellulari e molecolari dei plessi coroidei viventi come l’espressione di transtiretina

nel citoplasma e di acquaporina 1 nella membrana plasmatica apicale.

Poiché queste cellule non sono state rivascolarizzate, non secerneranno

liquido cerebrospinale ma potrebbero essere una fonte extra di fattori trofici. L’uso delle cellule staminali embrionali umane rimane tuttavia

(56)

56

controverso a causa della loro derivazione. Una valida alternativa

potrebbe però essere rappresentata dalle cellule staminali mesenchimali

(Mesenchymal Stem Cells, MSCs). Tali cellule non presentano

controversie etiche e sono candidate promettenti per il trattamento della

malattia specialmente per il loro grado di plasticità, la loro ridotta

immunogenicità e l’alto potenziale anti-infiammatorio.(35-37)

L’incremento delle ricerche sui meccanismi molecolari che guidano la

differenziazione delle MSCs in NSCs(38,39) aumenta la possibilità che le

MSCs possano essere utili nel trattamento di malattie neurologiche.

Infatti, il trapianto di MSCs promuove la riparazione della mielina e il

recupero funzionale in diversi modelli animali di sclerosi multipla(40) e

conferisce effetti benefici se trapiantate in utero in feti di ratto affetti da

spina bifida.(41) Degna di nota è anche la notevole capacità delle NSCs e

dei progenitori neurali di rimodellare il sistema nervoso danneggiato.

Inoltre, uno studio recente ha dimostrato una reazione astrocitica nella

zona ventricolare distrutta nella quale gli astrociti acquisiscono

caratteristiche morfologiche e funzionali delle cellule ependimali

(57)

57

cerebrospinale e il cervello coinvolta nel trasporto di acqua e soluti.(42)

Tale rimodellamento aiuterebbe a ristabilire le funzioni perse all’interfaccia tra il parenchima cerebrale e il liquido cerebrospinale.

L’impianto di NSCs nel cervello idrocefalico potrebbe quindi risultare in

un ricambio di cellule e/o nella generazione di un microambiente capace

di prevenire la progressiva distruzione della zona ventricolare.(14) Poiché

la distruzione della zona ventricolare inizia circa al dodicesimo giorno di vita embrionale a livello dell’acquedotto cerebrale e termina alla fine

della seconda settimana postnatale nel telencefalo, il trapianto di NSCs

dovrebbe avvenire nei primi stadi dello sviluppo fetale.(43-46) Si ha quindi

la necessità di operare in utero, considerando che tali tecniche

chirurgiche sono possibili, per limitare i rischi, approssimativamente tra

la diciottesima e la trentesima settimana di gestazione.(47) Sarebbe

chiaramente preferibile operare ex utero, ma sebbene la procedura sia

tecnicamente impegnativa, si è visto che con la chirurgia fetale aperta si

ottengono risultati significativamente migliori. Rimane il fatto che per

poter utilizzare le NSCs nel trattamento di idrocefalo e spina bifida è

(58)

58

crescita delle cellule staminali, identificare i fattori che predispongono la

differenziazione in cellule neurali o gliali e implementare le tecniche

chirurgiche che permettono trapianti di NSCs sicuri.(14)

2.3.2 Il potenziale delle cellule staminali neurali nel

trattamento della sindrome alcolica fetale

L’esposizione intrauterina all’alcol causa seri difetti psicologici a lungo

termine dovuti a un’alterazione dello sviluppo del sistema nervoso

centrale del feto. Questa vasta gamma di disabilità prende

complessivamente il nome di disturbo dello spettro fetale alcolico (Fetal

Alcohol Spectrum Disorder, FASD).(48) Lo sviluppo embrionale

attraversa una rapida crescita durante le prime 8 settimane di gestazione.

A 12 settimane di gestazione, le suddivisioni premature del cervello sono

complete e segue un periodo di crescita estensiva del cervello durante l’ultimo trimestre di gravidanza.(48)

La gravità degli effetti deleteri dell’alcol sembra infatti dipendere dal momento di esposizione durante

lo sviluppo fetale. Ad esempio, l’alcol può alterare la qualità della cellula

(59)

59

spontanei.(48) Durante le prime 3 settimane di gestazione, l’alcol può

interferire con la neurulazione primaria causando difetti del tubo neurale

e anormalità nello sviluppo precoce del cervello.(48) Durante gli stadi

avanzati del primo trimestre, periodo critico a causa della rapida crescita neurale, l’alcol può rappresentare il rischio più alto per lo sviluppo di

possibili malformazioni neurali.(48) Per gravidanze che arrivano a termine, le anormalità indotte dall’alcol possono includere ridotto peso

del bambino e anormalità della faccia(49) e successivamente problemi di

coordinazione, iperattività, difficoltà di apprendimento, alterazioni comportamentali, problemi nell’articolazione del linguaggio, ritardi

mentali e ridotto QI.(50) Persone affette da FASD durante la vita vanno

incontro a problemi di salute mentale, interruzione della scuola, problemi

legali, disoccupazione e comportamenti sessuali inappropriati.(51)

L’alcol si comporta come agente teratogeno in diversi modi: comprime i

vasi sanguigni e interferisce con il flusso di sangue attraverso la placenta e il cordone ombelicale impedendo l’arrivo di nutrienti e ossigeno al

feto;(52) può innescare la formazione di radicali liberi tossici che possono causare un accumulo di ioni calcio all’interno dei neuroni e un aumento

(60)

60

improvviso di neurotrasmettitori che può interrompere la migrazione

delle cellule nervose in fase di sviluppo;(53) interferisce con la quantità di ossigeno legata all’emoglobina contribuendo all’ipossia; ha effetti

inibitori sull’assorbimento di glucosio e vitamina B6 dal tratto GI; è

possibile che interferisca con l’azione della proteina di trasporto L1, tipo

di CAM (Cellular Adhesion Molecule) espressa prevalentemente nel

sistema nervoso centrale e coinvolta nella migrazione neuronale, nell’adesione cellulare e nell’estensione dei neuriti.(54)

L’alcol interagisce

anche con il recettore GABA-A per il GABA (principale

neurotrasmettitore inibitorio del cervello). Tale recettore non gioca solo un ruolo importante nel metabolismo dell’alcol nel sistema nervoso

centrale, ma innesca anche una risposta neurodegenerativa.(55,56) I meccanismi esatti attraverso i quali l’esposizione prenatale all’alcol

influenzano lo sviluppo GABAergico non sono comunque ancora del

tutto chiari.(48) Sembra che l’alcol interferisca con gli interneuroni

GABAergici che esprimono parvalbumina (proteina legante il calcio) situati prevalentemente nell’ippocampo, nel talamo e in alcune aree della

(61)

61

ruolo importante nel normale funzionamento del sistema nervoso centrale. Si ritiene quindi che la disfunzione dell’inibizione GABAergica

e il conseguente squilibrio tra eccitazione e inibizione sia alla base di

almeno una parte dei processi fisiopatologici di schizofrenia, autismo e

FASD.(57) Infine, recenti scoperte implicano non solo il ruolo dei

recettori GABA-A, ma anche dei recettori NMDA per il glutammato, del

sistema endocannabinoide e dei meccanismi di metilazione del DNA nella neurodegenerazione indotta dall’alcol.(58)

Nonostante l’esatta

patogenesi della FASD non sia ancora chiara, le aree più colpite sono la corteccia frontale, il corpo calloso, l’ippocampo, il cervelletto e i gangli

della base.(48)

Al momento, i trattamenti disponibili per la FASD sono solo di natura

profilattici.(48) Alcuni studi hanno però dimostrato che problemi di

memoria e anomalie cognitive e comportamentali possono essere

corrette in ratti affetti da FASD con trapianto di cellule staminali neurali

(Neural Stem Cells, NSCs).(59) Recenti scoperte in modelli animali

suggeriscono infatti che le cellule trapiantate sopravvivono e possono

Figura

Figura 1. Divisione delle cellule staminali: A) cellule staminali; B) cellule  progenitrici; C) cellule differenziate; 1) divisione simmetrica delle cellule  staminali; 2) divisione asimmetrica delle cellule staminali; 3) divisione del  progenitore; 4) ter
Figura 2. Blastocisti umana: si nota chiaramente lo strato cellulare  più esterno (trofoectoderma o trofoblasto), subito sotto la zona
Figura 3. Cellula staminale ematopoietica come esempio di  cellula staminale adulta.
Figura 4. Sezione istologica di membrana amniotica colorata con  metodo Mallory: le cellule epiteliali, colorate in rosso, si dispongono a  formare un monostrato rivolto virtualmente verso la cavità amniotica
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