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Massimo il Greco, Firenze e l’umanesimo italiano (Firenze, 22-24 novembre 2007)
Nei giorni dal 22 al 24 novembre 2007 si è tenuto a Firenze il Seminario internazionale
Mas-simo il Greco, Firenze e l’umaneMas-simo italiano. L’incontro, organizzato dal Dipartimento di Linguistica
e dal Dipartimento di Dipartimento di Studi sul Medioevo e il Rinascimento con il patrocinio della Fondazione Romualdo Del Bianco e dell’Associazione Italiana degli Slavisti (AIS), è il primo congresso internazionale dedicato in Italia alla fi gura di Michele Trivolis, conosciuto in Russia col nome di Massimo il Greco. Per la prima volta si sono riuniti intorno a un medesimo tavolo sia studiosi dell’umanesimo e del rinascimento italiano, sia bizantinisti e slavisti, che hanno dialogato e dibattuto su questo importante protagonista della cultura europea fra la fi ne del Quattrocento e la prima metà del Cinquecento.
Si possono individuare alcuni punti chiave nelle relazioni e nella tavola rotonda che ha visto un ampio confronto fra i relatori. Il primo riguarda la ricostruzione dell’ambiente greco in Italia. Nella sua relazione sulla presenza greca nell’Italia alla fi ne del XV sec. C. Bianca ha messo in evidenza l’importanza dello studio sia dei manoscritti greci sia dei libri a stampa in greco, prodotti in Italia fra Quattrocento e Cinquecento, per ricostruire le relazioni della comu-nità greca in Italia e il suo ruolo nel rinnovamento delle lettere. Sulla base di numerosi mano-scritti greci D. Speranzi si è occupato in particolare dei rapporti fra il giovane Michele Trivolis e Giano Lascaris, suo primo protettore in Italia e a Firenze, modello di erudito e studioso per l’intera cerchia dei greci. P. Scapecchi si è concentrato invece sulla presenza di Michele Trivolis fra Bologna, Venezia e Milano e soprattutto dei suoi rapporti con Aldo Manuzio, la cui opera tipografi ca appare assai infl uenzata soprattutto nei primi anni dai savonaroliani, come dimostra la sua edizione degli scritti di santa Caterina.
All’infl uenza e al ruolo di Girolamo Savonarola nell’ambiente italiano e fi orentino sono dedicate altre importanti relazioni, che gettano una luce nuova sulla biografi a di Massimo. R. Fubini ha presentato Firenze al tempo di Savonarola, mentre L. Cinelli O.P. ha ricostruito la storia del convento di san Marco. In entrambe le relazioni appare evidente l’impossibilità di separare il rinnovamento degli studi umanistici dalla riforma religiosa, astraendoli dal contesto sociale e politico del tempo. Fubini in particolare ha messo in rilievo il ruolo di Savonarola nel processo di pacifi cazione di Firenze, che prese a modello il sistema veneziano. Cinelli ha riletto l’ascesa di Savonarola e dei savonaroliani nell’ordine domenicano e a san Marco, sottolineando la capacità di attrazione che il convento esercitava sui giovani intellettuali del tempo.
L’infl uenza del Savonarola appare particolarmente forte a Mirandola, presso Giovanni Pico, nipote del più famoso Giovanni. Michele era diventato suo segretario e lo coadiuvava nelle traduzioni dal greco. Qui ha inizio la fase di maturazione del giovane Trivolis. È apparso evidente a tutti che la scelta di Michele di entrare a san Marco sia stata dettata dall’infl uenza della vicenda savonaroliana e soprattutto dalla sua testimonianza di martire. Solo N.V. Sinicyna ha ancora espresso qualche dubbio sull’identifi cazione del Michele di Arta, entrato a san Mar-co, con Michele Trivolis (giugno 1502). Più complicata è la questione della ricostruzione del
lasso di tempo trascorso nel convento. Sinicyna nella sua relazione, Umanesimo e ascetismo nella
biografi a e nell’opera di Massimo il Greco, ha proposto di fi ssare nello spazio di dieci o al massimo
di venti mesi il soggiorno di Michele sulla base di una lettera del Forteguerri (aprile 1503?), mentre Cinelli ha fornito un dettaglio di estrema importanza per comprendere la sua decisione di abbandonare il convento. Nel medesimo anno in cui Trivolis entrava in convento il visitatore Bandelli emanava un decreto contro ogni forma di venerazione del frate ferrarese. Diventa allora plausibile che il soggiorno di Trivolis a san Marco sia stato breve e che soprattutto, come ritiene Sinicyna, il giovane non abbia mai fatto la professione. Sarebbe, dunque, inesatta la defi nizione di Denissoff che nel suo famoso saggio parla di Massimo come “domenicano a san Marco”.
Rimane ancor più misteriosa la sua scelta di abbandonare san Marco e diventare monaco a Vatopedi sul Monte Athos. Come giustamente ha osservato A.-E.N. Tachiaos nella sua re-lazione, The Greek Monk and Scholar Maximos between Eastern and Western Religious Tradition, non possediamo una sua confessione o una sua rifl essione su quegli anni. Si può, tuttavia, imma-ginare che sia proprio avvenuta una conversione, spinta dal desiderio di ritornare alle origini. Come è stato osservato nel corso della tavola rotonda la ragione va cercata nei suoi scritti e nei suoi severi giudizi sulla cultura umanistica e l’occidente. Non si deve dimenticare che siamo al tempo di papa Borgia e che appena qualche anno dopo con il papa Medici la cultura rinasci-mentale si afferma prepotentemente a Roma. Come giustamente ha osservato Hannick, sempre nella tavola rotonda, non ci dobbiamo immaginare che il mondo di allora fosse attraversato dalle medesime divisioni confessionali, che conosciamo a partire dal Concilio di Trento, ma piuttosto che fossero molto più forti reciproci infl ussi e pratiche forme di tolleranza.
Queste rifl essioni ci permettono di comprendere meglio i giudizi positivi, che Massimo il Greco formulò in Russia sull’eremitismo certosino, che come a proprosito ha osservato Scapecchi, rappresentava il modello fondamentale dell’eremitismo in Italia, insieme a quello camaldolese e vallombrosano. Si tratta, in ogni caso, della forma più vicina all’eremitismo orientale, che Massimo evidentemente preferisce, quando si lega in Russia ai discepoli di Nil Sorskij, entrando in confl itto con i sostenitori del cenobitismo di Volokolamsk.
Le relazioni di Hannick, Garzaniti e Kazimova hanno invece affrontato l’opera in sla-vo di Massimo, mettendo in evidenza le fonti ed il loro trattamento. Hannick parlando della
Réception de la culture antique dans les oeuvres de Maxime le Grec, si è soffermato in particolare su
una citazione di Platone, strettamente connessa ad argomenti scritturali in una prospettiva di cristianizzazione delle autorità antiche sulla scia dei padri della chiesa. Garzaniti ha sottolineato in particolare la gerarchia di valore delle fonti, dalle sacre scritture, ai padri della chiesa, fi no ai fi losofi antichi, il cui pensiero, defi nito “sapienza ellenica” continua a giocare un ruolo im-portante ma ormai solo sul piano della forma. Si applica in particolare questa rifl essione alla sua opera di traduzione, soprattutto delle sacre scritture. Kazimova, infi ne, nella sua rifl essione sulle Quotations from Psalter in the works by Maxim the Greek ha analizzato le forme e la funzione delle citazioni del libro biblico nell’opera di Massimo.
Durante la tavola rotonda, che ha chiuso il seminario, è stata presentato in prima assoluta il primo volume della nuova edizione di Massimo il Greco (Moskva 2008), atteso ormai da molti anni. Sinicyna, che ne è stata la maggior artefi ce, ha descritto le caratteristiche principali dell’edizione, che si avvale degli autografi identifi cati negli ultimi decenni. Questa edizione rappresenterà un nuovo importante stimolo agli studi sulla sua opera.
Le rifl essioni dei partecipanti al seminario sono continuate anche durante le visite pro-grammate e i pasti comuni. Il primo giorno il seminario si è tenuto nella splendida cornice del convento di san Marco e si è concluso con la visita alle celle e alla biblioteca di san Marco. Nella seconda giornata i partecipanti hanno visitato la galleria dell’Accademia, mentre i pranzi si sono svolti al Pitti Palace a Ponte vecchio, da cui si gode di una meravigliosa vista della città. Un ringraziamento particolare va alla Fondazione Romualdo del Bianco, che ha reso possibile questo seminario. Insieme alla pubblicazione degli atti si auspica la realizazione di eventi si-mili a Salonicco e a Mosca per affrontare nuovi ed importanti aspetti dell’opera di Massimo il Greco.
Marcello Garzaniti
Razvitie slavjanovedenija v evropejskich imperijach – Lo sviluppo della slavistica negli imperi
europei (Verona, 16-17 ottobre 2007)
L’università di Verona ha ospitato un convegno della Commissione permanente per la storia della slavistica dell’MKS1. Erano trascorsi 7 anni dall’ultimo convegno, svoltosi a Parigi
nel 20012; l’ultima riunione della commissione risale invece al Congresso degli slavisti di Lubiana
(2003), dove era emersa l’indicazione di dedicare un futuro incontro al tema dello sviluppo della slavistica negli imperi europei. Se n’è fatto carico Sergio Bonazza, uno dei membri storici della commissione.
Il termine ‘imperi’ è stato inteso in senso ampio, senza limitarsi al concetto storico comune, che avrebbe confi nato il tema al periodo compreso fra la fi ne del Settecento e la I guerra mondia-le: così, fra gli imperi multinazionali si è potuta includere anche l’URSS, per puntare l’attenzione su alcune particolarità della slavistica sovietica che hanno diretti rifl essi sulle situazioni odierne di Russia e Ucraina.
Hanno partecipato al convegno 19 studiosi in rappresentanza di 14 nazioni; con l’eccezione di due ricercatori dell’Università di Verona, tutti membri della Commissione. Temi cruciali del convegno sono stati la contrapposizione di tendenze imperiali e nazionali, il rapporto fra scienza e ideologie, il motivo dei ‘patriarchi’ delle cattedre di slavistica.
I patriarchi. Diverse relazioni hanno focalizzato fi gure di slavisti particolarmente autorevoli,
aventi ruoli guida nelle tendenze scientifi che e ideologiche della disciplina fra la seconda metà dell’800 e l’inizio del ’900, quelli che uno dei relatori, il ben noto specialista negli studi di storia della slavistica M.A. Robinson, ha, appunto, defi nito i ‘patriarchi’ di una certa fase della slavistica. Loro caratteristica comune è la commistione di attività scientifi ca e divulgazione; un’attività di mole gigantesca, spesso a scapito della reale qualità dei lavori, fatto che spiega la loro autorità in
1 Prima di Verona, la Commissione si era riunita in Italia solo nel 1992, ad Urbino: vedi gli atti del
convegno L’idea dell’unità e della reciprocità slava e il suo ruolo nello sviluppo della slavistica – Ideja slavjanskoj vzaim-nosti i ee rol’ v razvitii istorii slavistiki, a cura di S. Bonazza e G. Brogi Bercoff, Roma 1994.
2 Vedi il volume Histoire de la slavistique: le rôle des institutions – Istorija slavistiki: rol’ naučnych učreždenij,
vita e il repentino oblio che ha accompagnato molti di loro dopo la morte. Questa è stata la sorte di V.I. Lamanskij, ‘patriarca della slavistica russa’ secondo M.A. Robinson, che ne ha tracciato un profi lo critico e ha mostrato quanto radicalmente variassero le valutazioni dell’operato di Lamanskij nelle diverse fasi della slavistica sovietica.
Analoga fu la personalità del padre della slavistica francese, Louis Leger, analizzata da Antonia Bernard (Parigi). Ancora più di Lamanskij, Leger si divide fra un’attività scientifi ca ab-bastanza mediocre ed un contributo assai signifi cativo alla pubblicistica e alla divulgazione delle culture slave in Francia. Leger fu a lungo il consulente principale dei governi francesi per le relazioni con i paesi slavi: le sue opinioni sul mondo slavo rifl ettono e in parte determinano le tendenze politiche della Francia e un’ideologia a pieno titolo imperialistica a cavallo dei sec. XIX e XX. ‘Patriarca’ in senso diverso fu lo slavista polacco Andrzej Kucharski, come delineato nel-l’intervento di Tadeusz Lewaszkiewicz (Poznań). La sua attività è legata alla cattedra di fi lologia slava dell’università di Varsavia negli anni della sua dipendenza culturale e politica dall’impero russo. Non diversamente va interpretato il grande ruolo scientifi co dello slavista sloveno Matija Murko per la slavistica praghese. Già da alcuni anni un’équipe di studiosi cechi, sotto la direzione di I. Pospíšil e M. Zelenka, lavora alla pubblicazione dell’archivio e della corrispondenza di Mu-rko, come illustrato da Miloš Zelenka.
Alla storia delle cattedre e al ruolo e delle istituzioni culturali era stato dedicato il convegno di Parigi del 2001. A Verona Helmut Schaller (Marburg) ha analizzato la singolare situazione della slavistica all’università di Poznań negli anni della gestione nazista (1941-45). Barbara Kunz-mann-Müller (Berlino) si è concentrata sulla storia del seminario di lingue orientali dell’università di Berlino e sul suo ruolo per la fi lologia slava a cavallo del XIX e del XX sec; L’ubor Matejko (Bratislava) è intervenuto sulla storia della slavistica slovacca nel periodo di passaggio dall’im-pero asburgico alla nascita della Cecoslovacchia. Irena Orel (Lubiana) ha passato in rassegna i contributi alla linguistica slava da parte di studiosi di origine slovena alla fi ne del Settecento. Wolf Moskovich (Gerusalemme), ha analizzato le dinamiche degli studi slavistici nel periodo postsovietico in Russia e nei centri della diaspora russa sull’esempio, peraltro atipico, di Israele: una cattedra di slavistica di modeste dimensioni ma di livello altissimo che esporta specialisti in tutto il mondo.
Tre relazioni sono state dedicate alla storia della slavistica in Ucraina. Anche qui si è sot-tolineato il ruolo di cattedre e istituzioni scientifi che. V.Ju. Frančuk (Kiev) si è concentrata sulla scuola di I.I. Sreznevskij a Char’kiv. Giovanna Siedina (Verona), in un intervento costruttivamen-te polemico, ha descritto la situazione dei centri culturali dell’Ucraina odierna, contrapponendo al ristagno ancora ‘sovietico’ dell’Accademia delle scienze la moderna vitalità e indipendenza di riviste e circoli che non godono di riconoscimento uffi ciale.
La relazione di Giovanna Brogi Bercoff (Milano), presidente della Commissione, ha riper-corso i dibattiti sulla storia della Rus’ a Kiev nella seconda metà dell’800. In un’epoca di ambi-guità, si oscilla tra il conformismo con la propaganda zarista e posizioni che preannunziano la moderna coscienza nazionale ucraina agli albori dell’ucrainistica.
In più interventi è ricorso il tema del fondamento multinazionale degli imperi europei. Le relazioni fra nazioni all’interno degli imperi sono determinanti nelle dinamiche di promozione o freno degli studi slavistici: questi si sviluppano ora in antitesi alle tendenze sopranazionali degli imperi (antitesi Impero-Nazione), ora, al contrario, si inseriscono nella politica culturale di un impero nella prospettiva di acuire i confl itti fra singole nazioni. Le particolarità dello sviluppo
degli interessi slavistici in Italia sono state tema dell’intervento di Sergio Bonazza, che, parten-do dalla fi gura del fi lologo milanese C.O. Castiglione, ha osservato come nella parte asburgica dell’Italia l’infl usso germanico servisse da stimolo per un interesse circostanziato per la fi lologia slava, mentre nel resto del paese il mondo slavo rimaneva oggetto di studi episodici e scientifi ca-mente irrilevanti. La presenza di popoli slavi in tutti gli imperi determinò una serie di fondamen-tali questioni territoriali e culturali. Sulla complessa situazione della Dalmazia ha parlato Stefano Aloe (Verona) sull’esempio della pubblicistica dello scrittore serbo Marko Car.
Constantin Geambasu (Bucarest) ha descritto l’avvicinamento culturale di Bulgaria e Ro-mania nel periodo successivo alla loro indipendenza. Lo status multinazionale della storia lituana è stato ricordato nella rassegna di Oleg Poljakov (Vilnius).
Due interventi hanno toccato lati abbastanza insoliti della storia della slavistica: la Svezia dei tempi di Ivan il Terribile e l’impero bizantino dei tempi di Cirillo e Metodio. Ulla Birgegård (Uppsala) si occupa dello sviluppo degli interessi russi nella Svezia del XVI-XVII sec., analiz-zando il ruolo degli interpreti e delle traduzioni di testi sacri e tecnico-commerciali. Jana Malin-goudi (Salonicco) ha parlato della politica culturale bizantina nei confronti degli slavi nel IX sec., dimostrando che una sorta di ‘questione nazionale’ esisteva anche nella coscienza statale di un impero medievale.
Panajot Karagjozov (Sofi a) ha ripercorso le tappe del collettivismo slavo, dall’assolutismo al totalitarismo, mettendo in evidenza le trasformazioni dell’autocoscienza slava all’interno degli imperi.
Il convegno ha rappresentato una tappa signifi cativa verso il congresso di Ohrid. La com-missione giungerà in Macedonia con il volume degli atti, ora in preparazione, e con alcune indi-cazioni sulle prossime direttive di sviluppo. Verosimilmente, queste saranno:
• storia delle cattedre;
• comparazione diacronica degli sviluppi della slavistica nelle sue fasi imperiali, nazionali e transnazionali;
• storia della slavistica in paesi di minore tradizione, ma nei quali si sono formate specifi che scuole, personalità e tendenze originali.
Nel tirare le somme, si è osservato come nuove tendenze si stanno affermando nella slavi-stica odierna nei confronti delle ideologie. L’era degli imperi, quando la scienza si sottometteva alle esigenze ideologiche, nazionalistiche, imperiali o totalitarie che fossero, è terminata non troppo tempo fa. Tracce dell’ideologia sovietica si sono trasmesse anche agli stati formatisi dopo il crollo del sistema sovietico. Oggi sembrerebbe che la slavistica stia defi nitivamente uscendo dal ‘patrocinio’ delle ideologie, comprese le recenti mistifi cazioni nazionalistiche. Forse sta giun-gendo anche nei nuovi stati slavi il tempo dell’autonomia scientifi ca, che permetterà studi scevri da pregiudizi e mistifi cazioni. È la speranza emersa dal convegno.
Međunarodni znanstveni skup o Šimi Ljubiću (Zadar, 3 ottobre 2007 – Stari Grad,
04-06 ottobre 2007)
Dal 4 al 6 ottobre 2007, presso il Rettorato dell’Università di Zara e nella Biblioteca co-munale di Stari Grad sull’isola di Hvar, si è tenuto il convegno internazionale su Šime Ljubić, organizzato dallo Hrvatski studij dell’Università di Zagabria, con il patrocinio dell’Accademia Croata delle Scienze e delle Arti e il contributo organizzativo di numerose altre istituzioni, quali la Facoltà di Filosofi a di Osijek, di Rijeka, di Zagabria, le Società fi lologiche di Zara e di Zagabria e l’Università di Zara. Il comitato organizzatore, composto da Dunja Fališevac, Ernest Fišer, Ra-doslav Katičić, Nikica Kolumbić, Stanislav Marijanović, Miroslav Šicel, Ivo Škarić, Ante Uglešić e Marinko Šišak è stato presieduto da Tihomil Maštrović.
Šime Ljubić / Simeone Gliubich (Stari Grad, 1822-1896) fu non solo storico croato, ma anche archeologo e storico della letteratura. Studiò storia e slavistica a Vienna, fu direttore del Museo archeologico di Spalato, e, trascorsi alcuni anni presso l’Archivio di Venezia, fu suc-cessivamente nominato direttore del Museo archeologico di Zagabria. Fondatore della Società archeologica croata, Ljubić pubblicò studi in vari campi, compreso quello della numismatica. La sua opera oggi rimane in gran parte sconosciuta e ancora da studiare. Il convegno in questione, dunque, rappresenta una preziosa testimonianza di come il lavoro di Šime Ljubić ha suscitato l’interesse di alcuni studiosi e di come la ricerca su questo campo rimane ancora aperta.
Nella prima parte del convegno, svoltasi a Zara, dopo il saluto di apertura di Tihomil Maštrović e Ante Uglešić, la relazione iniziale è stata riservata all’accademico Radoslav Katičić che ha presentato una relazione su Široki istraživački zahvat Šime Ljubića, sottolineando il lavoro pionieristico di Šime Ljubić in qualità di storico, archeologo, storico della letteratura, numisma-tico. La sua attività – che, come ha ribadito lo stesso Katičić, è oggi in gran parte ancora sco-nosciuta – supera i confi ni dei settori umanistici, e può essere compresa solo adottando una prospettiva più ampia.
Nikša Stančić, della Facoltà di Filosofi a di Zagabria, nella sua relazione dal titolo Šime Ljubić
i hrvatska povijest ha discusso il ruolo di Šime Ljubić nella storiografi a croata, soprattutto per quel
che attiene alle fonti riportate dagli archivi veneziani, inesauribili e utilissimi ai fi ni della ricerca del passato della Dalmazia e della Croazia, così come dei territori slavi meridionali in generale. Stančić ha evidenziato la possibilità di seguire, attraverso le pubblicazioni di Ljubić, lo sviluppo delle sue concezioni e dei vari livelli dell’identità: il suo forte senso d’identità legato alla nativa Stari Grad, poi il senso di appartenenza all’identità slavo-dalmata, che col tempo si è allargato ad una più vasta identità croata e slavomeridionale.
Il direttore della Biblioteca nazionale e universitaria, Tihomil Maštrović ha invece analizza-to il contribuanalizza-to di Šime Ljubić alla redazione della rivista “Zora dalmatinska”, presentando una relazione dal titolo: Suradnja Šime Ljubića u “Zori dalmatinskoj”. A Zara, luogo di pubblicazione della rivista, Ljubić aveva terminato i suoi studi di teologia; nella “Zora dalmatinska” aveva pub-blicato i suoi contribuiti sin dalla nascita della rivista, ovvero dal 1844, mentre negli anni 1845 e 1846 collaborò con la “Glasnik dalmatinski”. Nella “Zora dalmatinska”, in linea con il carattere illirico della rivista, il suo contributo trovava modo di spaziare tra i numerosi suoi interessi, inclu-sa la partecipazione nel movimento illirico in Dalmazia.
Con la loro relazione, Hrvatski jezik i hrvatski jezikoslovci u Ljubićevu “Ogledalu jugoslavjanskom”, Sanda Ham e Jadranka Mlikota dell’Università di Filosofi a Josip Juraj Strossmayrer di Osijek
hanno esposto e descritto le caratteristiche della lingua di Ljubić di Ogledalo jugoslavjansko, con-siderando il termine “jugoslavo” del titolo della sua opera, con l’intento di discutere se queste caratteristiche appartenevano alla scuola linguistica di Zagabria o erano conseguenza delle teorie dei seguaci croati di Vuk. È stata inoltre descritta la posizione di Ljubić nei confronti della lingua croata, in considerazione delle lingue europee e della lingua serba.
Infi ne, a Zara sono state lette anche le relazioni di Mateo Bratanić, Razmatranje Šime Ljubića
o vezama povijesti s drugim znanostima i njenoj didaktičkoj aplikaciji e di Sanja Majer-Bobetko, Šime Ljubić i glazbena historiografi ja.
È nella città di don Šime Ljubić, Stari Grad, che sono state presentate la maggior parte delle relazioni. Prima fra tutte va menzionata quella dell’accademico Tomislav Raukar, il quale parlan-do del “Pregled hrvatske poviesti” Šime Ljubića (1864) i početci moderne hrvatske historiografi je ha rilevato come Ljubić appartiene alla prima generazione degli storiografi croati, insieme a Ivan Kukuljević, Matija Mesić e Franjo Rački, generazione che nella storiografi a croata agisce all’incirca dagli anni quaranta fi no agli anni novanta del XIX secolo. Proprio questa prima generazione degli storici croati ha posto le basi per uno studio scientifi co della storia croata. Il libro di Ljubić, Pregled
hr-vatske poviesti rappresenta quindi la prima sintesi della storia croata, scritta con metodi moderni,
basandosi sulle fonti d’archivio.
Coinvolgente e ricca di informazioni è stata la relazione di Ivan Pederin, Uloga Šime Ljubića
u ustroju Hrvata u suvremenu naciju, il quale ha rilevato come, secondo Ljubić, la Dalmazia ha
rap-presentato il centro culturale della Croazia, e come, sempre secondo Ljubić, la questione della lingua non fosse di importanza nazionale.
Dopo l’intervento di Ivan Pederin si sono susseguiti numerosi altri relatori, i quali hanno non solo confermato l’interesse che suscita l’opera di Šime Ljubić, ma hanno anche dato dimo-strazione della vasta gamma di interessi di Ljubić stesso: Tomislav Fabijanić, Ostavština Šime
Lju-bića u zadarskom Državnom arhivu, Vinko Brešić, Šime Ljubić i početci hrvatske književne historiografi je,
Ines Srdoč Konestra, Bio(biblio)grafski rad Šime Ljubića, Valnea Delbianco, Šime Ljubić u talijanskoj
leksikografi ji, Slobodan Prosperov Novak, Granice Ljubićeva kampanilizma, Nikša Petrić, Rad Šime Ljubića na pretpovijesti Hrvatske e Petar Nisiteo i Šime Ljubić, Ljiljana Kolenić, Pogled u leksik Ljubićeva “Ogledala”, Vlasta Rišner, Šime Ljubić o jeziku i o jeziku Šime Ljubića, Andrea Sapunar Knežević, Šime Ljubić o hrvatskim piscima zapadne Ugarske i doljnje Austrije, Antun Pavešković, Dubrovačka di-onica Ljubićeve povjesnice, Ernest Fišer, Ljubić o piscima sjeverozapadne Hrvatske, Vanda Babić, Stara slavonska književnost u djelu Šime Ljubića, Gorana Doliner, Hrvatska glazbena historiografi ja i glazbeni podatci u djelu Alberta Fortisa i Šime Ljubića, Persida Lazarević, “Spomenici o Šćepanu Malom” Šime Ljubića, Robert Bacalja, Šime Ljubić i Vatroslav Jagić, Martina Ćavar, Recepcija Šime Ljubića, Diana
Stolac, Riječke godine Šime Ljubića, Hrvojka Mihanović Salopek, Ljubićevi zapisi narodnih običaja u
komparaciji s Albertom Fortisom i Franom Ivaniševićem, Ružica Pšihistal, Ljubićeva zbirka “Narodnih pjesama s otoka Hvara”, Estela Banov, Ljubićev prinos proučavanju suodnosa usmene i pisane književnosti,
Jevgenij Paščenko, Šime Ljubić kao etnolog, Ana Batinić, Suradnja Šime Ljubića u “Nevenu”, “Viencu”
i “Obzoru” (“Pozoru”).
All’arrivo a Hvar è stata apposta una targa commemorativa di fronte al mausoleo di Šime Ljubić, mentre durante il convegno sono stati presentati gli Atti in due volumi del convegno su Vatroslav Jagić che si è tenuto nel 2005 a Vienna e Varaždin. È stata presentata anche la
Bibliografi ja: hrvatski književni povjesničari (1983)-1997-2007, a cura di Martina Ćavar, contenente
Slavko Ježić, Franja Fancev, Toma Matić, Albert Haler, Branko Vodnik, Ivan Milčetić, Dragutin Prohaska, Milan Rešetar e Vatroslav Jagić.
Persida Lazarević Di Giacomo
VIII Międ
zynarodowa Konferencja z cyklu Wielkie tematy kultury w literaturach
słowiań-skich. Pienądz (Wrocław, 22-24 novembre 2007).
Ogni due anni l’Istituto di fi lologia slava dell’Università di Wrocław organizza una confe-renza sulle “grandi tematiche slave” – Wielkie tematy kultury w literaturach słowiańskich. Per la prima volta quest’anno si è deciso di dare un taglio più preciso alla scelta del tema, in precedenza non ben defi nito, e la scelta è caduta sul tema del denaro, un tema che, data l’affl uenza e la diversità di titoli proposti, si è mostrato di grande interesse per gli studiosi. Le sezioni del convegno sono state divise in base delle aree linguistiche slave, e in questa sede intendiamo coprire quella slava meridionale.
La prima sessione plenaria ha avuto luogo nell’Aula Leopoldina dell’Università di Wrocław, e l’inaugurazione della sezione slavomeridionale è spettata a Per Jacobsen, il quale ha esposto su Gospođica – strast za novcem ili sublimirani eros. Rajka Radaković, protagonista del romanzo La
signorina di Ivo Andrić, ha spesso attirato l’attenzione per il suo desiderio di accumulare denaro,
e Jacobsen ha analizzato il desiderio della “Signorina” basandosi sulla teoria freudiana della su-blimazione: l’avarizia di Rajka Radaković emerge come qualcosa di imposto, non inerente alla sua personalità, mentre il risparmio compare come rifugio in cui sublimare l’eros, che Jacobsen collega con la fi gura dell’autore. La signorina di Andrić si è mostrata un terreno fertile per l’analisi ed è stata oggetto di studio da parte di altri studiosi nei giorni successivi. Si veda ad esempio la relazione di Milena Stojanović di Belgrado, su Uloga i motiv novca u strukturi romana “Gospođica”
Ive Andrića, ove si evidenzia come il tema del denaro compare quale elemento strutturale nel
romanzo in questione. Sull’aspetto psicoanalitico del romanzo di Andrić è tornato anche Miłosz Bukwalt con la relazione su Psychoanalityczne ujęcie problemu skąpstva w powieści “Panna” Ivo Andricia.
La seconda sessione plenaria, che ha avuto luogo nell’Oratorium Marianum, ha visto la par-tecipazione di Zlata Bojović dell’Università di Belgrado, la quale ha esposto una relazione su
No-vac kao motiNo-vacija književnog lika i društvenog morala u literaturi XVI veka, sottolineando come ai tempi
del Rinascimento tutto quello che nella vita quotidiana serviva all’affermazione dell’individuo, a rendere la sua vita migliore, più comoda e bella, assumeva una nuova dimensione. L’introduzione nella letteratura del tema del denaro ha suscitato molti dilemmi morali cui doveva far fronte l’uo-mo dell’epoca. Nell’intervento è stata dil’uo-mostrata la presenza del denaro nella letteratura ragusea e la funzione di tale tema su due piani: il primo costituito dall’aspetto psicologico dell’ossessione per il denaro che ha trovato rifl esso letterario in tante fi gure degli avari, il secondo incentrato sul ruolo negativo del denaro nel sistema delle norme sociali.
Il convegno si è poi spostato nell’Istituto di fi lologia slava, dove Anna Muszynska ha parla-to sul tema Kparla-to i dlaczego? Pisarze słoweńscy na pieniądzach (czyliu literatura i pieniądze trochę inaczej). La
Muszynska ha trattato il denaro dal punto di vista socio-culturale, nei casi dei due autori sloveni, France Prešern e Ivan Cankar, i quali proprio a causa della mancanza di denaro, vivevano una situazione particolare, una sorta di alienazione sociale.
Milica Jakobiec Semkówowa, titolare della cattedra di serbocroato dell’Università di Wrocław, in riferimento alla raccolta di Vuk si è posta la domanda Czy bohaterowie jugosłowiańskiej epiki rycerskiej mogli być bogaci?. In particolare ha descritto la ricchezza dei sovrani serbi e degli eroi
(soprattutto Marko Kraljević). Dalla relazione emerge che la vera ricchezza degli eroi della poesia epica è in sintonia con la morale medievale, e nelle poesie nate durante il giogo ottomano la ric-chezza degli eroi non rappresentava solo il sogno di ricric-chezza, ma anche il sogno di libertà.
Un taglio strettamente linguistico è stato dato da Dragana Mršević-Radović, con la relazio-ne Frazeologija društvenog statusa: siromašan/bogat u srpskom jeziku (lingvistički i kulturološki aspekt), in particolare con la componente šiš/šiša/šuša che signifi ca “la persona senza signifi cato, il nulla”.
La posizione sociale della donna scrittrice e la sua lotta per l’emancipazione nella Croazia del XIX secolo è stata affrontata da Anna Kochanowska con la relazione Czy pieniądze determinują proces twórczy? Pozycja kobiety-literatki w społeczeństwie chorwackiw XIX wieku na przykładzie “Dzienni-ka”(1833 -1874) Dragojli Jarnević. Nel Diario di Dragojla Jarnević sono stati messi in evidenza due
aspetti del denaro: il possesso del denaro come ricerca di un contatto intimo, e il denaro come mezzo di indipendenza personale nella società.
Rimanendo nell’ambito della letteratura croata, va menzionata anche Marta Chaszczewicz-Rydel con la relazione Kolonizatir współsczesnej kultury. O eseistyce Dubravki Ugrešić, ma anche Milan Orlić Poslednja stranica knjigovodstva: četiri značenja pojma novac. Il poeta ed editore, Orlić, con questa relazione ha collegato quattro opere, I signori Glembay di Krleža, Kir Janja di Jovan Sterija Popović,
La terra promessa di Wladislaw Stanislaw Reymont e Maestro e Margherita di Bulgakov, entrando
nella questione delle varie tradizioni storico-letterarie ed estetiche nei confronti del denaro. A Miloš Crnjanski, invece, ha dedicato spazio la studiosa Małgorzata Filipek con la rela-zione Od pieniędzy… do nędzy, czyli dzieje rosyjskiego arystokraty w świetle “Powieści o Londynie” Miloša Crnjanskiego in cui ha esposto l’analisi del destino del protagonista Roman o Londonu, il conte
Nikolaj Rodionovič Rjepin. La lotta quotidiana per la sopravvivenza ha infl uenzato la sua per-cezione della realtà: se è vero che la perdita dei possedimenti dopo la Rivoluzione d’Ottobre ha condotto alla separazione dalla donna amata, e fi nanche al suicidio, si deve riconoscere in fondo che il ruolo decisivo nelle scelte del protagonista sia dovuto soprattutto alla perdita della fede, della speranza e dell’amore.
Jolanta Dziuba ha invece presentato una relazione su “Sancta (?) Simplicitas” – Ontologiczny
status bohatera w opowidianiach Miroslava Josicia Višnjicia z tomu “Priče iz trapa” in cui ha trattato gli
“umiliati e offesi” dei racconti dello scrittore serbo, dove il principio della marginalizzazione non degrada i protagonisti i quali, malgrado tutto, conservano la fi ducia nei sentimenti e mantengono uno sguardo lucido.
Le altre relazioni confermano la varietà degli approcci degli studiosi: Vesna Malvaski-Pu-povac ha parlato di Novac u prepiskama Laze Kostića, Sava Damjanov, Novac i čitanje (pisanje) u istoriji
srpske književnosti, Persida Lazarević, Oko “Opisa jugoslavenskih novaca” Šime Ljubića: književno-naučna polemika povodom jedne numizmatičke mistifi kacije, Ołena Dzjuba Pogrebnjak, Opozicija bogataš-siromah u prozi o prvom svetskom ratu, Magdalena Karolczyk, Wszystko jest na sprzedaż. Dyktat pieniądza w “prozie życia” Aleksandra Tišmy, Sabina Giergiel, Być Arionem czy Njegovamen? Filozofi a posiadania w perspektywie “Złotego runa” Borislava Pekicia, Magdalena Grzymajło, Zdrada za 30 srebrników. Historia Judasza w powieści-apokkryfi e “Czas cudów” Borislava Pekicia. La pubblicazione degli atti del convegno
è prevista per l’anno 2009.
CIEURUS – L’Europa delle lingue e il russo. Certifi cazione, istituzioni e strumenti per una
nuova mediazione (Università di Bologna, Forlì, 26-27 febbraio 2008).
Dal 26 al 27 febbraio 2008 si è svolto a Forlì il convegno internazionale CIEURUS –
L’Eu-ropa delle lingue e il russo. Certifi cazione, istituzioni e strumenti per una nuova mediazione, che ha visto
ac-correre nell’accogliente cittadina docenti, dottorandi e addetti ai lavori da Italia, Russia, Polonia, Repubblica Ceca e da alcune delle repubbliche dell’ex-Unione sovietica.
Promotore dell’iniziativa il CLIRO – Centro Linguistico dei Poli Scientifi co-Didattici della Romagna che, grazie all’interessamento e all’indefesso lavoro di L. Buglakova, S. Berardi e V. Preti, già da alcuni anni orienta scelte e programmi nel segno di una sempre maggiore interna-zionalizzazione delle competenze linguistiche e culturali nell’insegnamento del russo.
Il convegno ha proposto all’attenzione dei partecipanti temi e argomenti di confronto e di discussione volti a evidenziare la posizione della lingua russa all’interno dell’Europa multilingue (cf.: Quadro comune di riferimento europeo per le lingue – CEFR).
Due giornate intense che hanno visto alternarsi più di trenta relazioni: un quadro variegato e composito relativo alle metodologie didattiche applicate e applicabili all’insegnamento/appren-dimento del russo dalla scuola primaria all’università, alla certifi cazione TORFL (Test of Russian
as a Foreign Languague), alla formazione linguistica di docenti e studenti. È emersa evidente la
presenza di problematiche comuni di fronte alle quali si è profi lata la potenziale possibilità di sforzi congiunti per un’offerta formativa qualitativamente e quantitativamente migliore e più rispondente alle attese del mondo del lavoro.
Riferire anche solo per punti l’argomentazione dei singoli relatori risulterebbe lungo. Pre-feriamo qui precisare piuttosto alcune linee guida che sono andate emergendo nel corso del convegno accanto a interventi specifi ci su determinati argomenti grammaticali (cf. ad esempio A. Cavazza, Università di Urbino) o sui processi di apprendimento e di traduzione (cf.: L. Salmon, Università di Genova):
1. Importanza di un corredo culturale a completamento dell’insegnamento linguistico.
È stata sottolineata una crescente attenzione per la necessità di affi ancare il raggiungimento della competenza comunicativa e culturale a quello della competenza linguistica, anche con ap-positi programmi che prevedano un più ampio utilizzo delle moderne tecnologie multimediali. In questo senso sono risultati molto interessanti l’esperienza riferita da G. Zietala (Università di Rzeszów, Polonia) sull’utilizzo di materiale riguardante la geografi a economica russa nella certifi cazione delle competenze linguistico-culturali degli apprendenti; gli interventi sulle diver-se problematiche legate alla traduzione, arte che solleva in genere diffi coltà proprio quando il testo contiene dei realia che non hanno un immediato corrispondente (lessicale, concettuale o addirittura culturale) nella lingua seconda (cf. ad esempio: R. Romagnoli, Università di Macerata; I. Mokletsova, Università statale di Mosca, A. Pstyga, Università di Gdańsk, Polonia). L’argo-mento è di particolare rilievo anche in Italia, dato che il sempre minore spazio previsto dalle riforme universitarie per le materie ‘di area’ di carattere storico-fi lologico – fi no a qualche anno fa bagaglio di tutti i laureati in Lingue e Letterature – riversa sui docenti di lingua la necessità di recuperare nelle le loro ore di lezione tutti quegli aspetti culturali e sociali indispensabili per un adeguato utilizzo del russo.
2. Ruolo della certifi cazione del russo. A questo proposito il dibattito risulta aperto su
livello universitario, ecc. All’unanimità è emersa la richiesta di uniformare i due attuali sistemi di certifi cazione della conoscenza del russo – quello elaborato dall’Institut russkogo jazyka im. A.S. Puškina (Mosca), articolato in 4 livelli, e quello conosciuto come TORFL o TRKI (Test po rus-skomu jazyku kak inostrannomu), che prevede 6 livelli omologabili, anche se non completamente
corrispondenti, ai livelli del CEFR (cf. relazione di T. Nesterova e E. Jurkov (Università statale di San Pietroburgo, Centro di Certifi cazione RKI) –; Jurij Cheban, del Centro della Certifi cazione internazionale TORFL-GCT (Mosca), ha assicurato che ci si sta già muovendo in questa direzio-ne. Inoltre, è stata discussa la possibilità che la certifi cazione sia inserita come possibilità facolta-tiva nel normale iter formativo universitario in Italia: ciò avrebbe fra il resto il vantaggio – come ha notato S. Nistratova (Università “Cà Foscari”, Venezia) – di facilitare molto le sinergie fra gli atenei italiani, che a seguito della riforma anche su questo argomento percorrono strade diverse, e agevolare il riconoscimento dei titoli negli scambi con altre università europee o comunque aderenti al protocollo di Bologna.
3. Importanza di soggiorni all’estero e dei tirocini. In Europa, grazie a i programmi
Socra-tes ed Erasmus, la mobilità studenSocra-tesca è oggi un’opportunità alla portata di tutti; per gli studenti di lingue essa rappresenta, poi, una maniera ottima di apprendimento linguistico e culturale che non può essere sostituita da nessuna prassi didattica alternativa. Non essendo parte dell’UE la Federazione Russa non usufruisce di questo tipo di scambi; di qui la necessità di aumentare i rapporti con quelle università europee (soprattutto nei paesi cosiddetti dell’est, e dell’Europa del nord) che prevedono l’insegnamento del russo, e di attivare programmi di collaborazione ad
hoc con università russe che non penalizzino gli studenti di questa lingua. Il progetto di tirocini
presso aziende e istituzioni italiane e non, attivato dall’Università di Bergamo, nella persona di M.C. Pesenti, si muove in questa stessa direzione: offrire agli studenti la possibilità di utilizzare attivamente la lingua, magari nel Paese in cui è parlata, e in più acquisire nuove conoscenze ne-cessarie in un probabile futuro ambiente di lavoro.
4. Tecnologia e insegnamento linguistico. Molti degli interventi hanno sottolineato come
il processo di insegnamento/apprendimento della lingua sia estremamente soggettivo; per questo la possibilità di personalizzare l’offerta didattica sulle necessità del singolo studente viene vista oggi come una nuova frontiera della linguistica applicata e delle didattica delle lingue. A questo scopo la tecnologia multimediale risulta una risorsa ancora troppo poco sfruttata che avrebbe invece grandi potenzialità: dal programma di autoapprendimento Kraski approntato da Buglako-va e Berardi e ormai ben noto in Italia, al più recente progetto Professor Higgins – illustrato da L. Krasnova (Università statale di Mosca) – che presta una particolare attenzione allo sviluppo delle abilità fonetiche e fonematiche dell’apprendente, agli espedienti escogitati nella Repubblica Ceca con l’ausilio delle tecnologie informatiche per supplire a defi cit di linguaggio (cf.: R. Grenarova, Università di Brno), è emersa chiara la necessità di investire risorse e idee nell’allestimento di nuovi programmi multimediali di supporto all’insegnamento in classe. Signifi cativo, poi, il ruolo che l’informatizzazione potrebbe svolgere anche nel facilitare le procedure di certifi cazione.
5. Centralità del testo nella pratica didattica. È questo un concetto ben conosciuto dagli
insegnanti di lingue, che non fi nisce però di suscitate interesse per le molteplici implicazioni che lo studio e la produzione di un testo comportano (dalla conoscenza del lessico, alla competenza grammaticale, a quella comunicativa, alle diffi coltà di traduzione, ecc.). Di qui l’importanza della scelta del materiale didattico (cf.: N. Žukova, Università di Firenze) come elemento determinante nell’organizzazione delle lezioni e come strumento privilegiato per l’acquisizione di una compe-tenza metalinguistica nei corsi di livello avanzato.
Un’iniziativa, dunque, quella di Forlì, positiva da ogni punto di vista, incastonata pienamen-te nell’attuale dibattito in corso in Europa sul multilinguismo e il multiculturalismo, e in quello che vede i docenti di lingua russa operanti in Italia interrogarsi sul proprio ruolo e sulle attese che il mondo del lavoro riversa sugli studenti (cf. in proposito le relazioni di I. Lysenko, rappresen-tante di RusInterCenter in Italia, e di C. Lasorsa Siedina, Università di Roma Tre). L’impostazio-ne principalmente fi lologico-letteraria, invece che tecnico-linguistica, dei corsi delle nostre uni-versità, infatti, risulta a volte inadeguata per rispondere alle istanze di una società che offre molte più chances a livello di inserimento aziendale che non nel campo della promozione culturale; allo stesso tempo abbracciare un approccio meramente tecnico e puramente linguistico è rischioso, proprio per la complessità sempre crescente con cui la stessa società deve misurarsi. Una sfi da, insomma, coniugare questi due importanti aspetti della conoscenza del russo, e di sfi de in effetti si è parlato ampiamente a Forlì: informatizzazione e modernizzazione sono infatti auspicabili, ma non sempre immediatamente realizzabili in un’Italia che vede alcuni atenei lottare ancora per l’allestimento di aule attrezzate e che, con la Riforma, ha diversifi cato a tal punto l’offerta forma-tiva delle diverse città da rendere spesso diffi cile una mobilità indolore per gli studenti.
Le soluzioni si conoscono e le persone preparate a metterle in atto certo non mancano – Forlì lo ha dimostrato – sarebbe auspicabile adesso qualche passo da parte delle istituzioni nel segno di un maggiore stanziamento di capitali e di più accorte e sistematiche scelte di collabora-zione con enti e aziende interessati alla formacollabora-zione di esperti linguistici.