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MELANOMA METASTATICO: MUTAZIONI ONCOGENICHE E RIPROGRAMMAZIONE METABOLICA

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Academic year: 2021

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1. INTRODUZIONE

1.1 EPIDERMIDE E COLORAZIONE………3

1.2 RADIAZIONI UV………...4

1.3 NEVI: ISTOLOGIA E CENNI CLINICI………....6

1.4 NEVO DISPLASTICO: ISTOLOGIA E CENNI CLINICI…………....8

1.5 MELANOMA: EPIDEMIOLOGIA, EZIOLOGIA E FATTORI DI RISCHIO………...12

1.6 MELANOMA: MALATTIA METABOLICA……….13

2. VIE DI SEGNALAZIONE COINVOLTI NEL MELANOMA………….17

2.1 MAPK………...………17

2.2 WNT………..18

2.3 PI3K………...22

2.4 EMT………...24

3. GENETICA DEL MELANOMA………27

3.1 BRAF……….27 3.2 CDKN2A………...28 3.2.1 p16INK4A……….28 3.2.2 p14ARF………....29 3.3 CDK4……….30 3.4 PTEN……….30 3.5 NRAS………31 3.6 C-KIT………31 3.7 P53……….31 3.8 MIR21………...32 4. RIPROGRAMMAZIONE METABOLICA………....36 4.1 GLICOLISI………...36 4.2 PIRUVATO………...40 4.3 GLUTAMMINA………...41 4.4 CHETOGENESI………...43 4.5 METABOLISMO OSSIDATIVO………44

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5. TERAPIA FARMACOLOGICA………49 5.1. INIBITORI BRAF………...49 5.2. IMMUNO-TERAPIA………..49 5.3. INIBITORI mTOR………...50 5.4. DI-2-PIRIDILCHETONE-TIOSEMICARBAZONE………..50 5.5. METFORMINA………...51 5.6. RADIOTERAPIA………51 CONCLUSIONI………53 BIBLIOGRAFIA

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1.1 EPIDERMIDE E COLORAZIONE

L’epidermide è l’epitelio di superficie dell’apparato tegumentario, che ricopre l’intera superficie corporea, con funzione sensoriale, termoregolatrice e protettiva da agenti esterni e disidratazione.

Composta da diverse tipologie di cellule con diverse funzioni:

• Cheratinociti: cellule più abbondanti, con funzione protettiva da agenti patogeni

• Melanociti: cellule con attività di sintesi della pigmentazione epidermica • Cellule di Merkel: cellule deputate alla percezione sensoriale

• Cellule di Langerhans: cellule fagocitarie con attività immunitaria contro antigeni patogeni e cellule epidermiche tumorali

L’epidermide è suddivisa in diversi strati ed ogni strato ha una diversa funzione e composizione:

• Strato germinativo o basale: strato più interno che poggia sulla lamina basale, che separa il derma dall’epidermide, composto da cellule staminali, melanociti e cellule di Merkel disposte in un'unica fila di cellule “a palizzata” con attività proliferativa, permettendo alla nuova cellula di spostarsi nello strato più esterno

• Strato spinoso: strato in cui inizia la differenziazione delle cellule staminali, provenienti dallo strato basale, in cheratinociti, e sono comuni cellule di Langerhans e melanociti.

• Strato granuloso: cheratinociti sintetizzano cheratina e cheratoialina, con continuo appiattimento cellulare e sviluppo di filamenti di cheratina che porta la cellula alla morte in seguito alla distruzione degli organelli e del nucleo.

• Strato corneo: strato più esterno, composto da diversi strati appiattiti di cheratinociti morti.

I melanociti, tramite un processo biochimico noto come melanogenesi, utilizzano tirosina e i suoi prodotti di ossidazione che, polimerizzandosi, sintetizzano la melanina, pigmento giallo-bruno (feomelanina) o bruno-nero

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(eumelanina). La melanina viene raccolta in granuli , melanosomi, che vengono trasferiti ai cheratinociti, colorati provvisoriamente fino a distruzione del melanosoma da parte dei lisosomi. In questo modo gli strati più superficiali della pelle assumono colorazione sempre meno intensa a causa della progressiva distruzione dei melanosomi.

In base alla localizzazione e grandezza dei melanosomi avremo distinzione di carnagione, infatti negli individui dalla pelle chiara i melanosomi sono piccoli e distribuiti negli strati più profondi dell’epidermide mentre nei soggetti con pelle scura i melanosomi sono grandi e facilmente trasferibili in strati più superficiali, permettendo colorazione più scura e duratura.

La melanina protegge le cellule epidermiche dalle radiazioni ultraviolette (UV) contenute nella luce solare (Martini/Timmons/Tallitsch, Anatomia Umana). I melanociti con l’esposizione al sole, aumentano la velocità di sintesi e di trasferimento della melanina agli strati superiori dell’epidermide causando inscurimento della pelle.

1.2 RADIAZIONI UV

Le radiazioni elettromagnetiche provenienti dal sole hanno diverse frequenze e lunghezze d’onda (λ), e l’insieme di tali λ costituisce lo spettro elettromagnetico, suddiviso in diverse regioni parzialmente sovrapposte.

Figura 1 Spettro elettromagnetico

La radiazione solare raggiunge la terra con raggi di diverse regioni dello spettro elettromagnetico: raggi infrarossi, spettro del visibile e raggi ultravioletti. • La radiazione infrarossa (IR) ha lunghezze d’onda comprese tra 780 nm e 1

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• La radiazione visibile ha lunghezza d’onda tra i 400 e i 780 nm. È emessa da corpi incandescenti ed è l’unica percepita dall’occhio umano. • La radiazione ultravioletta ha lunghezze d’onda comprese tra 100 e 400 nm

ed è invisibili all’occhio umano. È a sua volta suddivisa in tre regioni a seconda della lunghezza d’onda: UVA (315-400 nm), UVB (280-315 nm) e UVC (100-280 nm).

I raggi UV vengono assorbiti nei diversi strati della pelle in base alla loro lunghezza d’onda.

Figura 2: Assorbimento radiazioni UV

• RAGGI UVA: attraversano l’epidermide per poi disperdersi ed essere assorbiti nel derma, causando pigmentazione diretta temporanea dovuta alla maturazione di melanina già presente con reazioni foto-ossidative della melanina chiara nei cheratinociti e stimolazione della migrazione dei melanosomi verso i cheratinociti.

• RAGGI UVB: si arrestano all’epidermide causando pigmentazione ritardata coinvolgendo il processo melanogenico ex-novo a partire da melanociti dello strato basale causando sia un aumento del numero di melanosomi, velocità di sintesi e del trasferimento ai cheratinociti della melanina sia un aumento dell’attività tirosinasi e proliferazione melanocitaria.

Gli effetti negativi immediati dell’esposizione ai raggi solari portano eritemi, edemi ed ispessimento della pelle. Ripetute esposizioni possono provocare danni

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l’epidermide e quindi la comparsa precoce di rughe, mentre nell’epidermide il danneggiamento dei cromosomi delle cellule germinative o dei melanociti può causare lo sviluppo di tumori della pelle. Infatti, i raggi UV assorbiti dalla pelle possono innescare danni al DNA attraverso la produzione di specie reattive dell’ossigeno (ROS).

Le alterazioni genetiche, conseguenza del danneggiamento del DNA, sono principalmente causate dai raggi UVB per induzione alla formazione di dimeri di pirimidina ciclobutano (CPD), (6-4) pirimidina-pirimidone fotoprodotti (6-4 PP) e lo sviluppo di stress ossidativo, causato anche con l’assorbimento radiazioni UVA.

Attraverso la successione clonale e l’acquisizione delle alterazioni genomiche si ha la graduale trasformazione dei melanociti in cellule tumorali. Il processo di genesi del melanoma prevede una prima fase di crescita orizzontale o radiale, che varia le dimensioni della lesione cutanea, e successivamente la crescita diventa verticale, invadendo gli strati sotto l’epidermide, derma e ipoderma, fino a raggiungere l’endotelio dei capillari ed entrando così nel flusso sanguigno permettendo la formazione di metastasi a distanza.

1.3 NEVI: ISTOLOGIA E CENNI CLINICI

Con nevo melanocitario, nevo pigmentario, o semplicemente nevo si definisce qualsiasi iperplasia, aumento del numero di melanociti nello strato basale dell'epidermide associato a iperpigmentazione, circoscritta a livello cutaneo; si parla di tumori acquisiti monoclonali, ossia un’anomalia dell’embriogenesi, quando la comparsa si ha dalla nascita, nevo congenito, oppure tumori acquisiti, che si sviluppano dai melanociti epidermici.

Il polimorfismo dei nevi e la necessità di classificare tutti gli aspetti che possono assumere le lesioni benigne per distinguerle dal melanoma, hanno portato all’individuazione di un gran numero di forme cliniche e istologiche del nevo . I nevi comuni si presentano come macule brune o nere, arrotondate od ovalari. I più piccoli sono spesso definiti con il termine di lentiggini, accumulo permanente di pigmenti e cellule, e sono difficilmente distinguibili dalle efelidi, causate dall’accumulo di un solo pigmento che compaiono con la

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I nevi più irregolari per forma e colore sono detti “clinicamente atipici” come i papulonoduli, nevi che compaiono sul volto. Essi appaiono sia scuri, sia del colore della pelle e hanno la caratteristica di crescere in forma di cupola, e possono essere lisci o spugnosi. Sono molto comuni e si fanno notare soprattutto se crescono sul naso, sulla fronte o sul mento dove sporgendo o avendo peli provocano un vero e proprio inestetismo.

I nevi di Clark sono i più comuni, sono cioè quelle macchiette scure e rotondeggianti presenti su tutto il corpo, hanno però molte varianti, possono variare di dimensione, pigmentazione, e forma più o meno irregolare diventando quindi nevi di Clark atipici.

Nevi di Spitz-Reed compaiono nei bambini o adolescenti, si presentano come papule ben delimitate o placche rossastre sul volto, mentre negli arti inferiori come lesioni maculo-papulose o placche marrone-nerro. Sono anch’essi benigni ma data la crescita veloce e l’aspetto poco rassicurante vengono spesso asportati chirurgicamente nel timore che si tratti di un nevo displastico.

La lesione si struttura in due componenti, che possono essere presenti isolatamente o contemporaneamente: una è intraepidermica, o giunzionale, l’altra è dermica. Ciò si riflette sulla terminologia: infatti parleremo, rispettivamente, di nevi giunzionali o intraepidermici, di nevi dermici e di nevi composti o misti, a seconda della classifficazione istologica del nevo:

• lentigo: i melanociti aumentati ma sono limitati allo strato basale dell'epidermide

• nevo giunzionale: i melanociti formano aggregati al confine dermo-epidermico

• nevo composto: isolotti di melanociti si osservano nell'epidermide e nel derma

• nevo dermico: è cessata la proliferazione intra-epidermica (c’è soltanto la migrazione verso il basso)

• Nevo atipico: nevo melanocitario con differenziazione poiché non seguono il normale quadro di accrescimento, differenziazione e scomparsa. Tali lesioni persistono e assumono dimensioni superiori ai 0,5 cm

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A livello dermico, i melanociti possono disporsi tanto in teche, quanto diffusamente nell’ambito del tessuto connettivo.

Anche la citologia può variare notevolmente. Nella maggior parte dei casi le cellule

melanocitarie intraepidermiche presentano un aspetto “epiteloide” e sono pigmentate; le cellule dermiche più superficiali sono “linfocitoidi” e meno pigmentate; mentre le cellule più profonde “neuroidi”, sono scarsamente pigmentate o non lo sono del tutto. Questo gradiente morfologico, spesso denominato, “gradiente di maturazione”, può non essere riscontrato in tutti i casi, e le cellule neviche possono essere meno pigmentate in profondità, non pigmentate- comprese quelle superficiali- o fusiformi, oppure di grandi dimensioni, addirittura giganti multinuicleate, o dotate di citoplasma vacuolare. Alcune modificazioni superficiali dipendono da traumi, o anche da un exeresi incompleta, altre sono accidentali. Infine alcuni rimaneggiamenti sono interpretati nei termini di processi involutivi, come l’involuzione adiposa o la calcificazione.

Ogni tumore melanocitario può essere situato su una “scala a tre dimensioni” di simmetria, semplicità e regolarità espresse nella clinica in dermatoscopia e in istologia. La probabilità di malignità è tanto più elevata quanto più la lesione è lontana da ciascuna.

1.4 NEVO DISPLASTICO: ISTOLOGIA E CENNI CLINICI

Il nevo displastico è definito come un nevo melanocitico acquisito, dall'aspetto clinico atipico che presenta forma irregolare, bordi non netti, presenza di due o più colori e con caratteristiche istologiche, che lo distinguono dal nevo melanocitico

comune, normalmente con forma regolare e simmetrica, bordi netti, colore omogeneo e diametro inferiore a 0,5 cm.

Il nevo displastico è riscontrato sia nell'ambito della cosiddetta sindrome del nevo

displastico familiare, sia in forma sporadica.

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un'anamnesi di melanoma maligno in almeno un familiare di primo o secondo grado. Mentre, in pazienti con nevi displastici sporadici non vi è familiarità per melanomi o nevi displastici, il cui numero è limitato generalmente a meno di 10. Tuttavia diversi studi epidemiologici, clinici, istomorfologici e molecolari hanno permesso di concludere che il nevo displastico rappresenta un precursore potenziale nonché un fattore di rischio per il melanoma.

Nel melanoma, dopo una fase di crescita detta orizzontale o radiale, dentro lo spazio delimitato dalla membrana basale dell’epidermide si ha l’invasione del derma, preludio ad una potenziale metastatizzazione, con la crescita verticale; ma dato che tutti i nevi composti e dermici, comuni e atipici, mostrano cellule nel derma, senza che questo denoti un comportamento aggressivo, la differenziazione tra lesioni benigne e maligne risulta difficile. Non esiste quindi un singolo elemento o parametro che porti alla diagnosi istologica del nevo displastico, quindi si deve dare una valutazione delle lesioni melanocitarie analizzando diversi caratteri diagnostici.

Il semplice esame con il dermatoscopio può essere affiancato da una mappatura dell’intero corpo (total body photography), in caso di acquisire immagini per poter studiare gli strati più superficiali della pelle. Esistono criteri clinici per identificare un nevo come a rischio. La regola ABCDE facilita la diagnosi di melanoma, valutando se un nevo sospetto subisce delle modificazioni in forma (Asimmetria), margini (Bordi irregolari), pigmentazione (Colore scuro e/o irregolare), diametro (Dimensioni superiori a 5 mm) e se appare rapidamente evolutiva (Evoluzione). Una nuova lesione pigmentata che risponde a questi criteri, o una lesione pre-esistente che presenta una variazione in uno di questi criteri, deve essere asportata chirurgicamente a scopo bioptico per verifica istologica.

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Figura 3: Regola ABCDE

Per una valutazione istopatologica ottimale è necessario effettuare una escissione del tessuto da analizzare prelevando una losanga cutanea ed effettuare diverse analisi sul campione.

L’analisi macroscopica del campione prevede la valutazione di:

• dimensioni della losanga cutanea prelevata: spessore, lunghezza e larghezza • dimensioni della lesione

• caratteristiche della lesione: forma, colore, aspetto dei margini, presenza di ulcerazioni e di noduli satelliti

• distanza minima della lesione dai margini del tessuto asportato

In seguito si procede con una accurata analisi istopatologica della lesione, valutando i vari criteri morfologici con un’analisi microscopica del campione. I più frequenti parametri strutturali e citologici considerati nella valutazione microscopica del campione sono:

• dimensioni della lesione: viene suggerito come parametro diagnostico di melanoma una dimensione minima di 6 mm, il carattere dimensionale rappresenta quindi un primo parametro che esclude le lesioni neviche piccole e inoffensive.

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• Asimmetria nella distribuzione dei melanociti, nelle lesioni dermo-epidermiche: paragonando la densità e il modello distribuzione dei melanociti ai lati di una linea ideale che divide a metà la lesione, valutando quindi la simmetria della proliferazione melanocitaria nel caso di nevo melanocitico, mentre si ha una asimmetria nelle lesioni displastiche dovuta alla proliferazione incontrollata e disordinata dei melanociti in caso di melanoma.

• Circoscrizione: valutazione del margine delle nevi, definendo la proliferazione melanocitaria “ben circoscritta” se termina lateralmente con una teca di melanotici senza melanociti singoli portando quindi ad avere margini ben marcati, a differenza di nevi displastici che avranno margini indistinti, dovuti a proliferazione alterata.

• Asimmetria nella distribuzione del pigmento: valutando variazioni di colore all’interno del nevo.

• Crescita pagetoide, risalita di melanociti sopra la giunzione dermo-epidermica: in quanto i melanociti proliferano alla giunzione dove ostacolati verso il basso dalla membrana basale si dirigono verso l’alto ad infiltrare gli strati soprastanti (spinoso, granuloso e corneo). Si viene così a creare un quadro particolare, prodotto dalla infiltrazione neoplastica di un epitelio, caratteristico del melanoma.

• Configurazione dell’epidermide: alterazioni come l’atrofia è comunemente riscontrata nei campioni di melanoma.

• Citologia dei melanociti: con pleomorfismo, ipercromasia e nucleoli prominenti dei melanociti si riscontra atipia citosolica, causata da alterazione genetiche riscontrate nel melanoma.

• Assenza di maturazione: la maturazione è la progressiva diminuzione dei nuclei melanocitari nelle porzioni più profonde della lesione melanocitaria, tipica del nevo melanocitico e non presente in quello displatico.

• Attività mitotica: la presenza di mitosi in porzioni profonde di una proliferazione melanocitaria, soprattutto se si tratta di lesioni atipiche, viene riscontrata in campioni di melanoma.

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1.5 MELANOMA: EPIDEMIOLOGIA, EZIOLOGIA E FATTORI DI RISCHIO

Il melanoma, tra le patologie oncologiche più aggressive e resistenti al trattamento farmacologico, con un tasso di mortalità di circa il 20%, è responsabile del 80% dei decessi in pazienti con tumori cutanei in tutto il mondo, dovuto in gran parte alla rapida metastatizzazione. Nei paesi sviluppati, è stato riscontrato un incremento del tasso di incidenza tra il 3 e il 7 %, indicando un coinvolgimento ambientale e dello stile di vita. Infatti lo stile di vita occidentale caratterizzato da esposizione professionale, dieta, obesità, aumento dell’indice di massa corporea (BMI), esposizione al sole e ridotta attività fisica sono stati individuati come fattori di rischio nell’insorgenza della patologia.

Il melanoma può insorgere sia dove i melanociti sono normalmente localizzati, nello strato basale dell'epidermide, sia nell'ambito di un nevo preesistente. Questa neoplasia cutanea tende a distruggere progressivamente il nevo preesistente, determinandone la progressiva scomparsa, rendendo difficile l’identificazione di questi casi.

Le lesioni che possono rappresentare dei precursori del melanoma sono i nevi melanocitici congeniti con probabilità di trasformazione variabile in base alla grandezza. Il nevo displastico è considerato un premonitore del melanoma in quanto hanno un aspetto morfologico simile al melanoma.

I principali fattori di rischio associati alla neoplasia cutanea sono quindi: • Esposizione solare e radiazioni UV

80% dei melanomi sia causata dai danni provocati dai raggi ultravioletti, infatti esposizioni episodiche ed intense, specialmente per coloro che hanno una carnagione chiara rappresentano il fattore di rischio maggiore nello sviluppo del melanoma. Anche l’età, alla quale una persona è stata esposta ad un eccesso di radiazioni luminose, è un fattore discriminante nella comparsa della patologia, infatti se l'esposizione è avvenuta in età infantile il rischio associato è maggiore. • Elevato numero di elementi nevici

I nevi melanocitici sono oggetto di screening nella diagnosi del melanoma, in quanto il numero totale di nevi su di un individuo può essere collegato alle

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ereditario sembra essere la principale causa dell'aumentata suscettibilità individuale alla formazione di elementi nevici.

• Nevo displastico

La sindrome del nevo displastico è un disordine ereditario a trasmissione autosomica dominante, che porta un notevole aumento del rischio, se non la certezza, di sviluppare un melanoma nel corso della vita. Esiste inoltre una forma sporadica più comune di tale disordine. La varietà delle caratteristiche di un nevo displastico rende difficile dare una una definizione diagnostica standardizzata e riproducibile, dal punto di vista clinico. Infatti, il nevo displastico presenta aspetti qualitativamente simili al melanoma, ma quantitativamente non così elevati, mentre, dal punto di vista istologico mostra atipie strutturali e citologiche, che lo pongono in una posizione intermedia, almeno da un punto di vista morfologico, tra il melanoma ed il cosiddetto nevo comune.

• Predisposizione genetica

Il ruolo dell’ereditarietà nello sviluppo del melanoma oggetto di studio, cercando di individuare i geni che possono determinare una maggiore suscettibilità al melanoma. Il gene CDKN2A, che codifica per due proteine deputate al controllo negativo del ciclo cellulare (p14ARF e p16ARF), è stato riscontrato mutato nel 20%-30% delle famiglie con melanoma ereditario.

Una corretta classificazione molecolare del melanoma è utile per una adeguata strategia terapeutica del singolo paziente.

1.6 MELANOMA: MALATTIA METABOLICA

Gran parte della ricerca sul melanoma si è concentrata sullo studio dei geni e dei processi molecolari che guidano lo sviluppo del tumore, permettendo l’identificazione di mutazioni genetiche e della loro azione nei processi biochimici e cellulari. Infatti, molti geni driver del melanoma controllano il metabolismo cellulare, e la mutazione di questi geni permette alle cellule tumorali di generare sufficiente energia e elementi costruttivi per sostenere la vitalità e la crescita del tumore.

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di mutazioni, delezioni, amplificazioni, traslocazioni e metilazioni del DNA presenti nel genoma delle singole cellule tumorali rendono il profilo genetico del melanoma molto complesso.

Nella tabella, sono elencati i principali driver del melanoma che verranno approfonditi in questa tesi.

Geni Percorso di segnalazione Effetti sul metabolismo Tipo di alterazione e frequenza AKT1, AKT2, AKT3 PI3-AKT-mTOR Attivazione mTOR Mutazioni oncogeniche (<3%)

BRAF MAPK Migliora la

glicolisi, reprime ossidativo metabolismo e promuove la resistenza allo sforzo energico Mutazioni oncogeniche (∼50%) CDK4 p16INK4A-ciclina D/CDK4-RB checkpoint

Non conosciuti Mutazioni oncogeniche e amplificazioni (5-10%) CDKN2A (p14ARF) MDM2-p53 Riduce la produzione di superossido da mitocondri disfunzionali nei melanociti Delezioni omozigote e l'inattivazione mutazioni (∼50%)

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CDKN2A (p16INK4A)

p16INK4A-ciclina D/CDK4-RB checkpoint

Non conosciuti Delezioni omozigote, inattivanti delle

mutazioni e promotore ipermetilazione (50 – 80%)

GNAQ MAPK Non conosciuti Mutazioni oncogeniche nel melanoma uveale (∼30%)

GNA MAPK Non conosciuti Mutazioni oncogeniche

nel melanoma uveale (∼40%)

KIT MAPK

PI3-AKT-mTOR JAK-STAT

Non conosciuti Attivanti di mutazioni e amplificazioni nel melanoma delle mucose e acrale (10 – 20%), promotore dell’ipermetilazione in melanomi cutanei (25-40%)

LKB1 LKB1-AMPK Stress del checkpoint

energetico

Mutazioni inattivanti (∼5%)

MITF MITF-PGC1α Stimola la respirazione mitocondriale attraverso PGC1α Amplificazioni (15 – 20%) Mutazioni germinali nel melanoma familiare

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MYC Guida la glicolisi aerobica, la biogenesi mitocondriale e sopprime la respirazione mitocondriale Amplificazioni (5-17%) NRAS MAPK PI3-AKT-mTOR Colpisce il metabolismo attraverso l'attivazione di BRAF e della via di segnalazione PI3K-AKT-mTOR Mutazioni oncogeniche (15-20%) PIK3CA PI3-AKT-mTOR

Attiva mTOR Mutazioni oncogeniche (∼3%) PTEN PI3-AKT-mTOR Contrasta effetti mTOR Delezioni omozigote, inattivanti delle mutazioni e promotore ipermetilazione (40-70%) Riferimenti bibliografia 1-12

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2. VIE DI SEGNALAZIONE DEI DRIVER ONCOGENICI COINVOLTI NEL MELANOMA

Il melanoma, come ogni tumore, è il risultato della proliferazione e crescita cellulare incontrollata, causata dalla combinazione di modifiche genetiche ed epigenetiche che portano alla trasformazione neoplastica.

Sono stati scoperti diversi percorsi molecolari coinvolti nell’insorgenza, progressione e proliferazione della neoplasia, in particolare vie di segnalazione responsabili nell’embriogenesi risultano attivate nei casi di melanoma metastatico.

2.1 MAPK

La via MAPK di trasduzione del segnale regola la crescita, proliferazione, differenziazione, migrazione e apoptosi cellulare.

La via di segnalazione MAPK (Mitogen Activated Protein Kinases) comporta la trasmissione dell’attivazione dei segnali della via sarcoma Rat (RAS) GTPasi, associata al foglietto interno della membrana plasmatica, attraverso i recettori tirosin chinasi (RTKs), e il loro legame con ligandi affini, oppure attraverso l’adesione dell’integrina alla matrice extracellulare e alla membrana cellulare. Nello stato attivato, GTP-legato, RAS può legarsi e attivare RAF, e dato che sono legate alla superficie interna della membrana cellulare, portano le proteine RAF legate ad avvicinarsi favorendo la dimerizzazione, segnale di attivazione per RAF. Attraverso una complessa cascata di segnalazione, si arriva alla fosforilazione di MEK1/2, proteina chinasi a doppia specificità, e all’attivazione di ERK 1 e ERK 2, proteine chinasi MAP, che traslocano al nucleo e la regolano molti fattori di trascrizione. Il risultato è una modifica dell’espressione genica, aumentando fattori di trascrizione nucleari (ad esempio c-MYC e MITF) che portano alla proliferazione cellulare.

Altra azione della via di segnalazione MAPK è l’aumento dell’espressione della ciclina D1, che interagendo con CDK4/6, chinasi ciclina-dipendenti, promuovono la fosforilazione e l’inibizione della proteina RB, retinoblastoma, che porta all’aumento della trascrizione E2F-dipendente dei geni in fase S del ciclo cellulare; infatti E2F è il fattore di trascrizione che attiva la sintesi di

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Figura 4: Via di segnalazione MAPK

2.2 WNT

La via di segnalazione WNT la polarità delle cellule, la proliferazione e la migrazione.

La famiglia di proteine WNT, secrete da glicoproteine, legano al recettore Frizzled, a sette domini transmembrana, attivando tre possibili vie di segnalazione:

• canonica, β-catenina-dipendente

• non-canonica, β-catenina indipendente per la segnalazione di polarità delle cellule

• una WNT-dipendente e proteina chinasi-C (PKC)-dipendente.

I percorsi di segnalazione WNT, attraverso un’anomalia dell’attivazione, sono associati a diversi stadi della progressione tumorale, infatti la via canonica contribuisce alla formazione del melanoma, mentre la via non canonica è coinvolta nella metastatizzazione.

Il percorso canonico WNT permette l’accumulo e la traslocazione della β-catenina, molecola di aderenza giunzionale, nel nucleo dove interagisce con altri

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fattori di trascrizione per attivare l'espressione genica WNT, andando quindi ad agire sulla trascrizione genica.

La normale funzione della β-catenina è quella di legarsi all’actina del citoscheletro, attraverso il legame con il dominio intracellulare di una gliocoproteina transmembranale, E-caderina, caderina delle cellule epiteliali, tramite la α-catenina, entrando quindi a far parte del complesso di aderenza giunzionale.

L’assenza del ligando WNT porta alla distruzione di β-catenina, dissociata dalla E-caderina, attraverso il legame nel citoplasma con dei complessi Axin, Adenomatous Polyposis Coli (APC), glicogeno sintetasi chinasi 3β (GSK3β) e la casein chinasi 1α (CK1α).

Il legame con GSK3β e CK1α porta alla iper-fosforilazione della β-catenina, permettendo la degradazione attraverso i proteosomi.

La presenza e il legame di WNT al recettore FZD e al co-recettore associato a lipoproteine a bassa densità 5/6 (LRP5/6), porta al distaccamento dalla E-caderina della β-catenina, permettendone la stabilizzazione nel citoplasma. Di conseguenza, β-catenina si trasferisce nel nucleo dove agisce come co-attivatore del fattore T-cell/fattore rinforzatore del linfoide (TCF/LEF), andando ad aumentare i fattori di trascrizione per i geni WNT, come c-MYC, ciclina D1 e ZEB-1, responsabili della proliferazione, progressione del ciclo cellulare e dell’inibizione dell’espressione della E-caderina nel melanoma e altre neoplasie.

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Figura 5: Via di segnalazione WNT

Il percorso non-canonico può essere suddiviso in due diversi percorsi:

• percorso per la polarità planare delle cellule (PCP); gli epiteli hanno una polarità apicale-basolaterale ben definita, PCP agisce sulla regolazione del citoscheletro attraverso l’organizzazione delle strutture e la migrazione diretta per la polarizzazione, indipendentemente dai fattori di trascrizione; • percorso Wnt / Ca2+ o percorso β-catenina-indipendente; con l’attivazione

del recettore FZD si ha la dissociazione della proteina G eterotrimetrica, tra subunita α e β/γ, causando il rilascio di Ca2+ intracellulare dal reticolo endoplasmatico, promuovendo l’attivazione della protin chinasi C (PKC) e la chinasi IIcalcio/calmodulina-dipendente (CamKII), che va ad attivare il fattore nucleare associato al fattore di trascrizione T-Cell (NFAT) e altre chinasi che vanno ad antagonizzare la segnalazione β-catenina/TCF, del percorso canonico.

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Figura 6: Percorso Wnt / Ca2+

WNT è considerato una importante via di segnalazione nel processo di oncogenesi in diversi tipi di tumore, infatti la sua anormale attivazione è considerata come una delle cascate di segnalazione chiave nello sviluppo del melanoma, anche se il ruolo preciso rimane ancora poco chiaro e oggetto di studio.

La β-catenina nucleare, che permette l'attivazione della via canonica WNT/β-catenina, è stata rilevata in una sottoclasse di melanomi primari, suggerendo un ruolo di questo percorso per lo sviluppo del melanoma. Inoltre, è stata riscontrata una sinergia tra l’attivazione canonica WNT/β-catenina e la cascata di segnalazione MAPK, causando di conseguenza l’induzione e lo sviluppo nella formazione del melanoma.

La normale attivazione del percorso di segnalazione WNT è necessaria nello sviluppo dei melanociti dalle cellule multipotenti della cresta neurale. Attraverso l’aumento della regolazione β-catenina-dipendente dei fattori di trascrizione come, ad esempio, il gene omeobox MITF, che è una sequenza di DNA che dirige i vari geni coinvolti a procedere nello sviluppo codificando per il fattore di trascrizione MITF, si ha l’aumento della formazione dei melanociti. Il fattore

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di trascrizione MITF permette la modulazione dell’espressione di geni coinvolti nella progressione e differenziazione cellulare, come il gene CDK2, e di conseguenza anche nell’espressione di proteine melanogeniche; per questo viene riconosciuto come principale regolatore per lo sviluppo e funzionalità dei melanociti.

È stato trovato un collegamento funzionale tra la segnalazione WNT canonica e non canonica attraverso il legame con il ligando WNT5A con il recettore FZD4-LRP6, complesso recettoriale situato sulla superficie cellulare delle cellule del melanoma. Questo legame ligando-reccettore porta all’attivazione di una GTPasi, ARF6, che causa il rilascio di β-catenina dalla N-caderina, glicoproteina integrale delle cellule nervose, portando all’aumento della β-catenina libera e della trascrizione β-catenina-mediata e di conseguenza dell’invasività della cellula tumorale.

Inoltre, segnali attivati dal ligando WNT5A utilizzando la protein chinasi C (PKC) e gli enzimi calcio-dipendenti, indipendentemente dalla β-catenina ma attraverso la regolazione dei geni coinvolti nella transizione EMT (Epithelial-Mesenchymal Transition), approfondito in seguito, aumentano la migrazione e metastatizzazione delle cellule di melanoma.

Il ligando WNT5A induce anche il rilascio degli esosomi riempiti di fattori pro-angiogenici e immunosoppressori dalle cellule di melanoma. Infatti, con la diffusione di fattori oncogeni verranno modificate le vie di segnalazione, in modo da facilitare e sostenere la crescita tumorale e la metastatizzazione. Infatti, nei melanomi in metastasi c’è un’apprezzabile sovraespressione del gene che codifica per WNT5A.

2.3 PI3K

La fosfatidilinositolo-3-chinasi (PI3K) è uno dei percorsi di segnalazione chiave del melanoma.

La via PI3K, normalmente attivata dal fattore di crescita insulino-simile 1 (IGF-1), che lega per il recettore IGF-1, risulta coinvolta in diverse funzioni cellulari, come crescita, proliferazione e metabolismo cellulare.

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catalizza la reazione che converte il lipide di membrana fosfatidilinositolo-4,5-bisfosfato (PIP2) a fosfatidilinositolo-3,4,5-trifosfato (PIP3), substrato della fosfatidil-inositolo-chinasi 1 (PDK1), che permette la fosforilazione della chinasi serina-treonina-dipendente (AKT), nota anche come protein chinasi B. L’attivazione di AKT, permette la fosforilazione di molti substrati, tra cui GSK3β, che viene inibita permettendo l’accumulo e la traslocazione al nucleo della β-catenina, responsabile dell’espressione di geni oncogeni, come c-MYC e la ciclina D1. Altra fosforilazione, che promuove la progressione tumorale attraverso un forte effetto anti-apoptotico, è quella della protein chinasi MAP (ERK), che aumenta l’espressione di c-MYC attivando il bersaglio della rapamicina nei mammiferi (mTOR), protein-chinasi che fosforila serina e treonina che regola la crescita, la proliferazione, la motilità e la sopravvivenza delle cellule, la sintesi proteica e la trascrizione.

L’attivazione della trascrizione oncogene RAS, già trattato nella segnalazione MAPK, è un regolatore positivo a monte del percorso PI3K-AKT. La doppia azione comporta la proliferazione, diffusione e promozione della sopravvivenza cellulare, dove la via di segnalazione PI3K-AKT risulta anche attiva nel processo di biosintesi di molecole organiche (anabolismo), mentre la RAF-MEK-ERK risulta più attiva nella proliferazione e invasione cellulare.

La via di segnalazione PI3K viene inibita da PTEN (fosfatasi del cromosoma 10), proteina oncosoppressoria, che catalizza la defosforilazione del PIP3 a PIP2, attraverso la sua attività di fosfatasi lipidica, riducendo i livelli di AKT fosforilata.

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Figura 7: Via di segnalazione PI3K

2.4 EMT

Altro processo fondamentale, nello sviluppo e nella progressione del melanoma, è EMT (Epithelial–Mesenchymal Transition), processo che porta a cambiamenti biochmici della cellula con conseguente variazione del fenotipo, da epiteliale a mesenchimale. EMT svolge un ruolo chiave, in condizioni fisiologiche, nello sviluppo embrionale, permettendo lo sviluppo della cellula epiteliale, nel rimodellamento e riparazione tissutale, ma è anche coinvolto nella migrazione cellulare e nella resistenza all’apoptosi, caratteristiche che lo rendono un percorso pro melanoma.

Durante EMT le cellule epiteliali perdono le giunzioni intercellulari, riorganizzano il citoscheletro e variano la loro polarità, in questo modo ottengono caratteristiche mesenchimali con variazione nell’espressione del filamento, da cheratina a vimentina.

La vimetina è un filamento intermedio, espresso nel tessuto mesenchimale, che ha diversi ruoli nella motilità e invasività nelle cellule di melanoma, dove risulta

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in sovra espressione, in associazione con N-caderina.

L’aumento della motilità, associato alla perdita di polarità e alla riorganizzazione del citoscheletro, è associato all’invasività che la cellula tumorale assume in seguito alla mobilitazione dalla membrana basale. Dopo la migrazione, EMT-mediata, delle cellule tumorali metastatiche, associate tra loro in micro-metastasi, la cellula può tornare al fenotipo epiteliale attraverso il percorso opposto MET (Mesenchymal- Epithelial Transition), che porta alla formazione di macro-metastasi e quindi formando dei tumori secondari.

La E-caderina, glicoproteina transmembrana espressa in tutti gli epiteli, agisce come promotore dell’adesione intercellulare, favorendo il mantenimento del fenotipo epiteliale, attraverso il legame, in trans, con la E-caderina della cellula adiacente e la formazione di un complesso, con α-catenina, β-catenina e p120, che lega l’actina in modo da tenere unite le cellule tra loro.

La diminuizione della E-caderina, che porta quindi all’aumento della migrazione e invasività delle cellule, è accompagnata dall’aumento della N-caderina, caderina neurale tipica delle cellule mesenchimali, attraverso il processo di scambio delle caderine.

La N-caderina, espressa solo nei muscoli e nel tessuto nervoso, è legata al citoscheletro attraverso α-catenina e β-catenina con interazioni più deboli rispetto a quelle con E-caderina, facilitando ulteriormente la migrazione e invasione delle cellule tumorali.

Il gene CDH1, che codifica per E-caderina, subisce una diminuzione dell’espressione legandosi alla struttura a dita di zinco nella porzione carbossiterminale di fattori, come SNAIL1 e SNAIL2, che funzionano quindi da attivatori della EMT. Questa induzione della EMT, attraverso repressione CDH1, SNAIL1 e SNAIL2-mediata, è supportata dall’aumento nell’espressione di geni coinvolti nella promozione del fenotipo mesenchimale come MMP (metalloproteasi della matrice), fibronectina e vitronectina, glicoproteine per l’adesione cellulare di tipo mesenchimale. L’azione di MMP favorisce la EMT portando il rilascio della E-caderina, agendo a livello delle proteine transmembrana, con conseguente perdita della giunzione di aderenza cellulare.

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3. GENETICA DEL MELANOMA

Il processo di melanogenesi prevede l’interazione di diversi fattori riguardanti l’ambiente, la genetica e la predisposizione dell’ospite. Per l’insorgere e la progressione della patologia, è necessaria, ma non sufficiente, la presenza di mutazioni genetiche e fattori chiave del microambiente, che hanno il ruolo di modulazione del processo di trasformazione cellulare, aumentando o diminuendo la probabilità di insorgenza della patologia.

Lo studio sul sequenziamento del genoma ha portato alla rivelazione della grande complessità genetica del melanoma, riscontrando migliaia di mutazioni, delezioni, ipermetilazioni, ampliazioni e traslocazioni del DNA.

3.1 BRAF

La mutazione del BRAF (V-raf murine sarcoma viral oncogene homolog B1), della famiglia RAF (insieme a ARAF e CRAF), proteina chinasi che agisce nella via di segnalazione RAS-RAF-MEK-ERK (MAPK), è riscontrata in più del 50% dei casi di melanoma. La mutazione più comune nel melanoma, in circa 90% dei casi, consiste nella sostituzione valina-acido glutammico in posizione 600 del gene, si parla quindi di BRAFV600E. Questo tipo di mutazione porta all’attivazione non regolamentata delle chinasi, rendendo costitutiva l’attivazione di MEK viene promossa la crescita extracellulare attraverso l’attivazione di ERK, con il cambiamento conformazionale nel loop di attivazione tra i sottodomini VII e VIII delle chinasi.

Le altre mutazioni BRAF, wild-type, portano invece variazioni a monte della via di segnalazione MAPK, portando a mutazioni oncogeniche che codificano per diverse proteine:

• NRAS (neuro- blastoma RAS viral oncogene homolog)

• KIT (v-Kit Hardy– Zuckerman 4 feline sarcoma viral oncogene homolog)

• GNAQ (guanine nucleotide-binding protein, q polypeptide) • GNA11 (guanine nucleotide-binding protein, a11)

In entrambi i casi, abbiamo un’iperattivazione della via di segnalazione MAPK, rendendo il percorso centrale nel processo di patogenesi.

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Le mutazioni BRAF, attraverso il processo di senescenza oncogene indotta (OIS), sono responsabili dello sviluppo di nevi benigne e displastiche. Il processo di senescenza oncogene indotta (OIS) è il meccanismo di sicurezza cellulare che, inducendo l’arresto della proliferazione, impedisce la

trasformazione della della lesione melanocitaria da benigna a maligna. Nei nevi benigni, l’arresto del ciclo cellulare avviene attraverso l’induzione, da parte di BRAF mutato, della p16ink4A, chinasi ciclina-dipendente, regolatore negativo della proliferazione cellulare.

Infatti, le mutazioni genetiche BRAF sono fondamentali nella prima fase di cancerogenesi, risultando, da sole, insufficienti a causare il melanoma, ma in associazione con le altre alterazioni genetiche si ha lo sviluppo del fenotipo canceroso.

I melanomi con la più alta frequenza di mutazioni del gene BRAF, sono quelli che insorgono in aree cutanee con esposizione intermittente ai raggi

ultravioletti e non quelle con danno solare cronico. Infatti, le mutazioni oncogeniche, indotte da raggi UV, sono verificabili nei tessuti che non subiscono cambiamenti strutturali, tipici dell’esposizione cronica. 3.2 CDKN2A

La mutazione del gene CDKN2A, Cyclin-Dependent Kinase Inhibitor 2A, in cooperazione con mutazioni BRAF, rappresenta una delle alterazioni genetiche ad alta penetranza fondamentale nella nella patogenesi del melanoma. Il gene CDKN2A, localizzato sul cromosoma 9p21, codifica per due proteine

coinvolte nella soppressione tumorale, p16INK4A e p 14ARF, diverse per

modificazioni post-traduzionali, entrambe con la funzione di arrestare il ciclo cellulare, e quindi la proliferazione, delle cellule tumorali. Il gene risulta modificato nel 25% circa dei casi di melanoma familiare e inattivato,

attraverso, mutazione, eliminazione o ipermetilazione, nel 50-80% dei casi di melanoma sporadico.

3.2.1 p16INK4A

In condizioni fisiologiche, p16INK4A inibisce il sistema proteina chinasi ciclina-dipendente 4/ciclina D1 (CDK4/CCND1), che inibisce l’attività

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cellulare.

In caso di melanoma invece, la proteina p16INK4A lega e inibisce la CDK4 impedendo la fosforilazione, quindi attivando, della proteina retinoblastoma (RB) in modo da bloccare la progressione del ciclo cellulare al punto di controllo G1-S.

La p16INK4A,come già detto in precedenza, viene indotta dal BRAF mutato nel processo di senescenza oncogene indotta (OIS) nei melanociti, permettendo la formazione di nevi benigni attraverso la modulazione del sistema CDK4-CCND1-RB, in modo da controllare il ciclo cellulare.

Nei melanociti normali, l’induzione di p16INK4A attraverso MAPK, comporta l’attivazione del fattore di trascrizione della microftalmia (MITF), che ha ruolo nella regolazione dei geni che codificano per gli enzimi necessari alla

melanogenesi. Infatti, nei casi di melanoma MITF risulta amplificato del 20-30%, in associazione alle mutazioni BRAF e alla dimunuzione dell’espressione di p16INK4A, causando la perdita del controllo del ciclo cellulare e la

conseguente progressione del melanoma. 3.2.2 p14ARF

La proteina p14ARF, agisce come regolatore positivo della proteina p53 (approfondita in seguito). L’azione della p14ARF è quella di inibire la MDM2, ubiquitina ligasi E3 nucleare, murine double minute 2, che ne promuove la degradazione attraverso i proteosomi.

Inoltre, la p14ARF agisce nei melanociti per inattivare i mitocondri

disfunzionali, in modo da proteggere la cellula da processi degenerativi e tumorali mediati dalla formazione di ROS, specie reattive dell’ossigeno, modulatori di segnale nelle vie di trasduzione nelle cellule normali, che possono causare stress ossidativo e danni a componenti cellulari. Infatti, il DNA mitocondriale, a causa della mancanza di istoni protettivi, risulta

altamente vulnerabile al danno ossidativo in quanto si ha l’aumento dei livelli e della vicinanza di ROS. L’effetto collaterale del meccanismo è la senescenza cellulare, in quanto si ha la perdita progressiva della capacità mitocondriale per la produzione di energia.

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3.3 CDK4

Il gene CDK4, localizzato sul cromosoma 12q13, codifica per chinasi ciclina-dipendente 4 (CDK4), risulta ampliato o mutato nei casi di melanoma. Le mutazioni si trovano spesso sul dominio di legame con la p16INK4A, impedendo il legame che permette la regolazione del ciclo cellulare, (vedere 3.2.1). Il meccanismo d’azione della CDK4 risulta modificato a causa della iper-attivazione di ERK, dovuta a BRAF, e alla diminuzione dei livelli di p16INK4A. 3.4 PTEN

Il gene oncosoppressore PTEN, che codifica per la proteina PTEN (fosfatasi del cromosoma 10), si oppone alla via di segnalazione fosfatidilinositolo-3-chinasi (PI3K), quindi con la perdita o inattivazione del gene PTEN, la via di segnalazione PI3K risulterà incontrollata, con una frequenza del 30-60% nei casi di melanoma.

PTEN catalizza la defosforilazione del fosfatidilinositolo-3,4,5-trifosfato (PIP3) a fosfatidilinositolo-4,5-bisfosfato (PIP2), inibendo la fosforilazione e attivazione della chinasi serina-treonina-dipendente (AKT), permettendo l’inattivazione della via PI3K-AKT-mTor, una delle principali vie di segnalazione nella progressione tumorale (vedere 2.3).

PTEN è in grado di defosforilare altre proteine, come la chinasi di adesione focale (FAK) permettendo l’inibizione delle adesioni focali e la diminuzione della migrazione cellulare, in modo da limitare ulteriormente il processo di cancerogenesi.

Altro bersaglio, secondario, di PTEN è il percorso di segnalazione MAPK (vedere 2.1), attraverso la defosforilazione di proteine adattrici, si ha la diminuzione di MEK1/2 e ERK1/2, chinasi che regolano i fattori di trascrizione per la proliferazione cellulare.

Nelle cellule tumorali, in cui risulta diminuita la concentrazione di PTEN, risulta invece aumentata NEDD4-1, ubiquitina ligasi E3, codificata dal gene NEDD4 collocato sul cromosoma 15q21. Il ruolo di NEDD4-1 è quello di indicare quali elementi devono essere eliminati nella cellula, fondamentale nel processo di sopravvivenza cellulare. L’espressione dei due geni, e conseguenti

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regola negativamente PTEN, causando quindi la perdita del controllo sulla cellula tumorale.

3.5 NRAS

NRAS, che fa parte delle proteine RAS, della via sarcoma Rat GTPasi (vedere 2.1), coinvolte nella trasmissione di segnali all’interno della cellula.

La mutazione NRAS riguarda la sua attivazione, infatti attraverso la

sostituzione, in posizione 61 di una Glutamina con Arginina, Lisina o Leucina, la proteina risulta costituzionalmente attivata, rendendo stabile il legame con GTP.

Il gene NRAS, mutato nel 12-25% dei casi di melanoma, andando ad alterare la via di segnalazione RAS-RAF-MEK-ERK (MAPK), modula la crescita

cellulare e di conseguenza la proliferazione neoplastica, attraverso la sovraespressione dei fattori di trascrizione nucleari.

3.6 C-KIT

C-KIT è un recettore tirosina chinasi attivata dal fattore di StemCell (SCF), essenziale per lo sviluppo melanocitario e la differenziazione, sopravvivenza e migrazione cellulare. Infatti, l’attivazione dei domini tirosin-chinasici c-KIT causa la fosforilazione di molecole segnale a valle dei recettori coinvolti nelle vie di segnalazione MAPK e PI3K (vedere 2.1 e 2.3). SCF, risulta responsabile di un aumento della produzione di melanina nei melanociti normali e la loro sopravvivenza dipende segnalazione c-KIT.

La mutazione del gene c-KIT, causa l’attivazione costitutiva del dominio chinasico che porta all’attivazione continua della MAPK, causando proliferazione cellulare incontrollata.

Mutazioni patogene di c-KIT sono stati trovate in un gran numero di tumori, soprattutto in melanomi in cui sono riscontrati danni cutanei causati dal sole, suggerendo un ruolo attivo delle radiazioni UV.

3.7 P53

La p53, già citata come proteina regolata dalla p14ARF, codificata dal gene tp53 collocato sul cromosoma 17p11-13, è un fattore di trascrizione del ciclo

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raggi UV compromette la corretta replicazione del DNA, il sequenziamento genomico, la riparazione dei cromosomi e la divisione cellulare. Infatti, la p53, essendo un fattore di trascrizione, va ad aumentare l’espressione dei geni che accelerano la riparazione del DNA e inibiscono la progressione del ciclo cellulare, fino all’induzione della senescenza cellulare e l’apoptosi, nei casi di danneggiamento irreparabile del DNA.

Nella maggior parte dei tumori, in quasi il 90% dei casi di melanoma, p53 risulta essere inattivato, mutato, funzionalmente difettoso o ipo-espresso, attraverso diversi meccanismi ancora oggetto di studio. La funzione di p53 nel melanoma può essere ripristinata inibendo contemporaneamente la MDM2, ubiquitina ligasi E3 nucleare, che porta alla distruzione della p14ARF (vedere 3.2.2), e la iASPP, proteina con azione anti-apoptotica e proliferativa, che inibisce la p53.

3.8 MIR-21

MiRs, o oncomiR, sono microRNA associati alla progressione tumorale, importanti regolatori post-trascrizionali che controllano oltre il 30% dei mRNA, come il miR-21, uno dei principali oncogeni.

Gli oncomiR inflenzano, infatti, le sette caratteristiche delle cellule maligne del tumore:

1. Autosufficienza;

2. Insensibilità ai fattori anti-crescita; 3. Resistenza all’apoptosi;

4. Potenziale replicativo illimitato; 5. Angiogenesi;

6. Infiammazione;

7. Invasione e metastatizzazione.

MiR-21 ha come bersaglio le proteine oncosoppressorie, regolatori del ciclo cellulare e fattori pro-apoptosi.

Bersagli miR-21:

• HIF1α e HIF2α (hypoxia-inducible factor 1α e 2α): fattori di trascrizione attivati dall’ipossia, e la sua sovraespressione agisce sul VEGF, fattore di

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l’angiogenesi della cellula tumorale;

• APAF1 (apoptotic protease activating factor-1): con la diminuzione di APAF1, che va ad agire come mediatore dell’apoptosi p53-mediata, nelle cellule del melanoma andando quindi ad aumentare la resistenza

all’apoptosi;

• Proteine Sprouty: importanti regolatori nella via di segnalazione MAPK, infatti con la sua inibizione mediata da miR-21, promuove la segnalazione RAS-RAF mediata dalle altre mutazioni (BRAF e NRAS)

• PTEN: attraverso la sua inattivazione, si ha la iperattivazione della via di segnalazione PI3K-AKT, andando ad inattivare altre proteine

oncosoppressorie, come FOXO;

• FOXO: inattivato attraverso PTEN, ma anche direttamente, è una proteina oncosoppressoria, la cui diminuzione viene associata al fenotipo maligno delle cellule del melanoma, miR-21 ha influenza a monte della trascrizione, agendo attraverso l’espressione di geni bersaglio FOXO-dipendendi, andando quindi a diminuirne la disponibilità;

• PDCD4 (programmed cell death protein 4): proteina oncosoppressoria che regola negativamente la traduzione, che viene fosforilata attraverso S6K1, proteina ribosomiale S6 chinasi 1, sintetizzato attraverso la traduzione di mRNA stimolato da mTORC1, complesso composto da mTOR e la sua proteina G regolatoria, che ha la funzione di sensore per i nutrienti e di controllo della sintesi proteica;

• BTG2 (B-cell traslocation gene 2): gene che codifica per una proteina antiproliferativa, coinvolta nella transizione G1-S nel ciclo cellulare, importante nella risposta al danno del DNA, infatti nelle cellule B16 (cellule metastatiche), i livelli BTG2 risultano inversamente proporzionali ai livelli di miR-21;

• IGFBP3 (insulino-like grownth factor binding protein 3): fattore di crescita che regola la crescita e la sopravvivenza cellulare, attraverso la

modulazione degli altri fattori di crescita insulino dipendenti (IGF), è un inibitore specifico della crescita e diffusione del melanoma, dove risulta

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diminuito attraverso l’espressione di miR-21; ITGβ4 (integrine-β4): molecole di adesione, ruolo nella regolazione EMT (vedere 2.4), la sovraespressione di miR-21 porta alla diminuzione di ITGβ4, associato a cambiamenti delle proprietà di migrazione delle cellule tumorali, e facilitando il processo di EMT;

• MSH2 (DNA mismatch repair protein): importante soppressore tumorale, in quanto è una proteina che agisce nella riparazione del danno ossidativo al DNA causato dai raggi UVA, e il gene che codifica per MSH2 risulta mutato nella crescita radiale delle cellule di melanoma indotte da raggi UVB, l’espressione o la funzionalità ridotta del gene può essere causato sia da mutazioni direttamente sul gene che da miR-21 che agisce diminuendo mRNA che codifica per la proteina, la diminuzione di MSH2 è associata ad alta instabilità genomica e alta capacità di metastatizzazione del melanoma.

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Il miR-21 risulta quindi essere molto presente nello sviluppo, progressione e metastatizzazione del melanoma. MiR-21 risulta stimolato da STAT3 (Signal transducer and activator of transcription 3), fattore di trascrizione che media l'immunità, proliferazione, apoptosi e differenziazione cellulare, la cui attivazione è promossa da BRAFV600E, risultando attivato e necessario nella progressione del melanoma, infatti la segnalazione STAT3/miR-21 promuove la proliferazione e le metastasi nelle cellule B16 del melanoma. Inoltre, l’attivazione della segnalazione STAT3, e il conseguente aumento di miR-21, risulta essere stimolata dalle radiazioni (UVA e UVB).

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4.RIPROGRAMMAZIONE METABOLICA

La riprogrammazione cellulare, oncogene indotta, è l’adattamento delle cellule tumorali alla riduzione della quantità di nutrienti e di ossigeno, permettendo la iperproliferazione tipica del microambiente tumorale.

I cambiamenti genetici determinano l’espressione delle alterazioni metaboliche nelle diverse tipologie tumorali. Infatti, nel melanoma risulta di primaria importanza la modificazione della via di segnalazione MAPK (vedere 2.1) e di altri fattori che controllano l’equilibrio tra metabolismo ossidativo e non-ossidativo. Nel microambiente tumorale, poco vascolarizzato, le cellule risultano prive di ossigeno e nutrienti, risulta infatti modificato il metabolismo del carbonio centrale, principalmente mediante l’alterazione BRAF.

4.1 GLICOLISI

Il metabolismo dipende dalla disponibilità di substrati e ossigeno. Il principale substrato per la produzione di energia è il glucosio, che viene catabolizzato a piruvato rilasciando due molecole di ATP, attraverso la glicolisi nel

citoplasma. In presenza di ossigeno, il piruvato entra nei mitocondri, e attraverso la piruvato deidrogenasi, viene convertito a acetil-CoA, che viene ulteriormente catabolizzato dal ciclo degli acidi tricarbossilici (TCA) e dalla fosforilazione ossidativa (OXPHOS), portando la produzione di 30 molecole di ATP, a partire da una molecola di glucosio.

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In condizioni di ipossia, scarsa quantità di ossigeno, la produzione di energia da parte dei mitocondri diminuisce, rendendo le cellule più dipendendi dal processo di glicolisi. Infatti, il piruvato viene convertito in lattato per rigenerare NAD+, cofattore richiesto nella glicolisi anaerobica

L’effetto Warburg afferma che il fenotipo altamente proliferativo delle cellule tumorali, nonostante i bassi livelli di ossigeno, risulta altamente supportato della glicolisi aerobica che fornisce energia e blocchi di costruzione per biosintesi macromolecole. Infatti, la produzione di energia delle cellule di melanoma risulta prevalentemente rappresentata dalla glicolisi, mentre il contributo energetico proveniente dalla respirazione mitocondriale risulta limitato.

In normossia, le cellule di melanoma mostrano un metabolismo glicolitico in cui 60 – 80% di glucosio è convertito in lattato, mentre in ipossia l'attività risulta migliorata al 90%.

La disponibilità di ossigeno è uno dei fattori determinanti dello stato

metabolico delle cellule, infatti l’ipossia induce il fattore di trascrizione HIF che adatta il metabolismo cellulare allo stress ipossico.

L’accumulo di HIF1, indotto da ipossia, porta all’aumento del metabolismo glicolitico, con diminuzione dell’utilizzo di glucosio nel ciclo degli acidi tricarbossilici (TCA), a causa dell’aumento dell’espressione della piruvato deidrogenasi-chinasi 1 (PDK1), andando a diminuire la respirazione mitocondriale.

La stabilità di proteine HIF1α, in ipossia e normossia, risulta influenzata da oncogeni e dalla conseguente attivazione della via di segnalazione MAPK. Nelle cellule tumorali, HIF1α stimola la glicolisi andando ad aumentare l'espressione di geni coinvolti nell'assorbimento e utilizzazione del glucosio, e nelle cellule del melanoma la sua attività risulta costitutiva, quindi anche in caso di normossia. Inoltre, risulta aumentato il trasporto del glucosio attraverso l’espressione del gene SLC2A1, che codifica per la proteina trasportatrice del glucosio 1 (GLUT1).

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promuovendo la formazione delle isoforme 3, 4 e 5 della forma tetramerica LDH. Il gene codificante LDHA risulta essere bersaglio di HIF1α, quindi in condizioni di ipossia, il contributo di glucosio per il ciclo TCA diminuisce drasticamente, che utilizzerà principalmente glutammina come fonte di carbonio. Infatti, nelle cellule tumorali, in ipossia per la sintesi degli acidi grassi utilizza glutammina come fonte di carbonio, attraverso carbossilazione riduttiva della α-chetoglutarato (α-KG), attraverso l’inversione del segmento α-chetoglutarato a citrato nel ciclo TCA, grazie alla deidrogenasi isocitrato 1 e 2 (IDH1 e 2) predominante a bassi livelli di ossigeno.Entrambi gli isoenzimi IDH richiedono NADP +, IDH1 espressa nel citoplasma e IDH2 nei

mitocondri, e sostengono la carbossilazione riduttiva.

Mutazioni nelle posizioni R132 di IDH1 e R172 o R1402 di IDH2, riscontrate nel 10% dei casi di melanoma, rendono gli enzimi incapaci di generare α-KG, andando invece a sintetizzare, a partire da isocitrato, un oncometabolita il 2-idrossiglutarato. Il 2-idrossiglutarato agisce come un inibitore competitivo delle diossigenasi α-KG-dipendente, tra cui la 5-idrossilasi metilcitosina, che porta alla demetilazione dell’istone e l’idrossilazione della 5-metilcitosina, a causa della diminuzione di IDH2, ritenuto segno distintivo nell’epigenetica del melanoma.

Il percorso di biosintesi della serina e della glicina prendono parte al

ricablaggio metabolico in molti tumori. Nel melanoma, il gene che codifica per la fosfoglicerato deidrogenasi (PHGDH), primo enzima della biosintesi della serina, situato sul cromosoma 1p12 che risulta privo di altri oncogeni noti, risulta amplificato in una significativa percentuale, rendendo il gene uno dei pochi oncogeni putativi.

La serina, importante intermedio in diversi percorsi biosintetici, è sintetizzata, attraverso la ramificazione della glicolisi, in tre fasi:

• ossidazione del 3-fosfoglicerato a 3-fosfoidrossipiruvato, con una

riduzione nella forma di NADH da NAD + dovuta all’attività PHGDH; • transaminazione del 3- fosfoidrossipiruvato a fosfoserina;

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La transaminazione di 3 fosfoidrossipiruvato risulta inoltre importante nella formazione di α-KG per il ciclo TCA. Nelle cellule tumorali, con espressione amplificata del gene PHGDH, i livelli di serina, la sua attività e via

biosintetica, conferiscono benefici sulla crescita cellulare. Infatti, attraverso la generazione di NADH, dalla prima prima fase di biosintesi

PHGDH-dipendente, si ha alterazione dell’equilibrio redox citosolico e aumento della produzione di α-KG, importante in molti processi biochimici.

Inoltre, la serina contribuisce alla biosintesi di purine e pirimidine, attraverso il trasferimento delle unità di carbonio tetraidrofolato, che porta alla formazione di 5,10-metilene-tetraidrofolato, poi convertito in 10-formiltetraidrofolato. L'attività di controllo della serina avviene attraverso la piruvato chinasi M2 (PKM2), il più abbondante enzima metabolico nelle cellule proliferanti.

Quando ci sono livelli alti, la serina attiva allostericamente PKM2, accelerando il tasso di glicolisi aerobica, mentre se la serina è carente, l'attività PKM2 diminuisce consentendo agli intermedi glicolitici di provedere verso la biosintesi serina e la via pentoso fosfati, percorso metabolico parallelo alla glicolisi che genera NADPH e zuccheri pentosi.

Le cellule del melanoma possono reindirizzare il glucosio verso vie di serina e glicerolo-3-fosfato, aumentando l'espressione di fosfoenolpiruvato

carbossichinasi, enzima della gluconeogenesi, promuovendo la proliferazione delle cellule del tumore, attraverso proprietà simili alle cellule staminali senza però attivare la gluconeogenesi, ma rafforzando il processo glicolitico

aumentando l'assorbimento del glucosio e la produzione di lattato. Infatti, il silenziamento o l'inibizione di fosfoenolpiruvato carbossichinasi sopprime la tumorigenesi in vivo e la proliferazione delle cellule in vitro.

Alterazioni nelle vie biosintetiche del nucleotide possono modulare

aggressività del melanoma. Infatti, diminuendo l'espressione della guanosina monofosfato reduttasi viene promosso il fenotipo invasivo nelle cellule di melanoma. La guanosina monofosfato reduttasi, enzima che partecipa alla biosintesi ex-novo delle purine, converte guanosina monofosfato in inositolo mofosfato, in questo modo viene aumentata la sintesi di guanosina

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La diminuzione dei livelli di GTP limita l’invasività delle cellule del

melanoma, infatti nelle cellule di melanoma metastatico il livello di guanosina monofosfato reduttasi risulta sottoregolato.

4.2 PIRUVATO

Nel melanoma il piruvato, prodotto finale della glicolisi, è considerato un metabolita fondamentale nei tumori con mutazioni BRAFV600E. Infatti, viene utilizzato sia per promuovere il percorso di senescenza oncogene indotta (OIS), tramite uno spostamento verso metabolismo ossidativo, che nel processo tumorigenesi, alimentando la glicolisi aerobica.

Senza la presenza di ulteriori mutazioni oncogene, come già discusso, la mutazione BRAFV600E induce arresto della crescita e porta alla formazione di nevi.

Nel processo di senescenza oncogene indotta, BRAFV600E mediato, risulta una maggiore utilizzazione del piruvato nel ciclo TCA, attraverso l’azione del complesso piruvato deidrogenasi (PDH), regolato dalla piruvato deidrogenasi chinasi (PDK) e piruvato deidrogenasi fosfatasi (PDP). Infatti, nelle cellule senescenti si sposta l’equilibrio enzimatico, che aumentando l’attività di PDP e diminuendo quella di PDK, porta alla promozione dell’attività PDH,

aumentando di conseguenza il metabolismo ossidativo mediato dal piruvato. Risulta quindi necessaria l'attività PDH per mantenere la senescenza oncogene indotta, mentre per promuovere il processo tumorale, e abolire OIS, risulta necessaria la sovraespressione di PDK nei melanociti con mutazione

BRAFV600E. Infatti, il silenziamento di PDK porta alla regressione di tumori già formati e diminuisce il processo di cancerogenesi, rendendolo un possibile target terapeutico attraverso dicloroacetato, suo inibitore.

Le proteine MPC1 e MPC2 (mitochondrial pyruvate carrier 1 e 2), trasportatori del piruvato nei mitocondri, nelle cellule tumorali modulano il processo di ossidazione del piruvato. Infatti, è stata riscontrata la diminuzione di MPC1 nelle cellule di melanoma, e andando ad aumentare la sua espressione è stata notata l’inibizione significativa della crescita tumorale.

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consumo di glucosio e l’ossidazione del piruvato, ma non altera la crescita cellulare, l'attività del ciclo TCA e la respirazione mitocondriale. Infatti, i mitocondri si adattano a sintetizzare piruvato internamente, compensando l’assenza dei trasportatori.

L’utilizzo dei substrati per derivare il piruvato quando la sua disponibilità, derivata dalla glicolisi, risulta diminuita, risulta quindi particolarmente

flessibile, in modo da sostenere percorsi alternativi per generare acetil-CoA per sostenere l’attività del ciclo TCA.

4.3 GLUTAMMINA

Il metabolismo della glutammina, amminoacido proteinogenico, risulta modificato nel melanoma, infatti la dipendenza dalla glutammina è un segno distintivo della trasformazione oncogenica, e la sua diminuzione induce apoptosi delle cellule tumorali.

La glutammina è un substrato intermedio utilizzato per mantenere gli intermedi del ciclo TCA e per la biosintesi di glutammato, aspartato, prolina e

dell'asparagina.

La glutamina α-azotata è utilizzata nella transaminazione di α-chetoacidi, dopo la conversione della glutammina a glutammato, mentre la glutammina γ-azotata è usato per la biosintesi delle purine, dell'esosamina (amminozucchero) e asparagina.

Per essere utilizzata come substrato energetico nel ciclo TCA attraverso la glutaminolisi, la glutammina è deaminata a glutammato nei mitocondri dalla glutaminasi mitocondriale (GAC) variante del tipo renale (GLS), la cui espressione è essenziale per la crescita della cellula tumorale.

Il glutammato viene convertito α-KG attraverso deaminazione da glutammato deidrogenasi o transaminazione da alanina o aspartato aminotransferasi, rispettivamente GPT o GOT.

L’utilizzo di glutammina nelle linee cellulari di melanoma, ha rivelato la glutaminolisi come principale produttore di energia, per cui l’entrata e l’uscita del carbonio glutammico dal ciclo TCA attraverso l’intermedio, il glutammato. Il requisito della glutammina per avere la crescita ottimale delle cellule di

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melanoma è guidata dalla produzione di energia, attraverso il ciclo TCA e biosintesi di asparagina. Inoltre, l'asparagina gioca un ruolo fondamentale nella regolazione dell’adattamento cellulare alla carenza di glutammina,

principalmente bloccando il braccio apoptotico mediato da ATF4, Activating Transcription Factor 4, un fattore di trascrizione che promuove la risposta di sopravvivenza tramite la modulazione dell’espressione di geni coinvolti nel ripiegamento proteico, nella risposta antiossidante, nell’autofagia e nel metabolismo degli amminoacidi.

L’aspartato, che prende parte alla biosintesi di purine e pirimidine, viene sintetizzato all’interno delle cellule di melanoma, rendendo l’uso glutammina fondamentale per le cellule proliferative del melanoma.

Nelle cellule del melanoma, i geni che partecipano nella biosintesi di prolina da glutammato, risultano aumentati, con conseguente aumento di prolina. MYC è un oncogene che contribuisce alla cancerogenesi e risulta attivo nel

metabolismo, nelle cellule di melanoma si ha un’amplificazione del c-MYC, che porta all’aumento delle vie biosintetiche di glutammina e prolina.

Attraverso la pirrolina-5-carbossilato reduttasi (PYCR), enzima ossidoreduttasi con 3 diverse isoforme, si ha la formazione di. Infatti le diverse isoforme hanno diverse funzioni di derivazione per pirrolina-5-carbossilato:

• PYCR 1 e 2: catalizzano la biosintesi della prolina nei mitocondri, a partire da pirrolina-5-carpossilato, derivato da glutammina attraverso glutammato, utilizzando NADH come co-fattore

• PYCR 3: utilizza un intermedio derivato dall’arginina, attraverso ornitina, per generare prolina nel citoplasma utilizzando NADPH.

Le diverse isoforme risultano sensibili alla concentrazione di prolina, inibendo la loro attività a certe concentrazioni, nelle cellule del melanoma la sintesi di prolina risulta invece incontrollata, portando a livelli critici gli ossidanti equivalenti, nella forma di NAD+ nei mitocondri e NADP+ nel citoplasma.

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Figura 11: Riprogrammazione metabolica

4.4 CHETOGENESI

Nelle cellule di melanoma con mutazione BRAFV600E gli enzimi mitocondriali idrossimetilglutaril-CoA sintasi (HMG-CoA sintasi) e 3-idrossi-metilglutaril-CoA- liasi (HMGCL) risultano essere partner sintetici della mutazione, rendendo la via della chetogenesi, via sintetica che porta alla formazione dei corpi chetonici a partire dall'acetil-CoA, bersaglio delle cellule tumorali. A condizioni normali, la chetogenesi si verifica nel fegato, attivata da intenso,

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o prolungato, esercizio fisico e dalla fame. Mentre nelle cellule tumorali, con l’espressione dell’oncogene BRAFV600E, e non mutazioni wild-type, si ha la sovraespressione HMGCL, attraverso l’amplificazione del mRNA che codifica l’enzima, accompagnata dall’aumento della fosforilazione e attivazione di MEK1 ed ERK. Risulta quindi evidente il collegamento tra BRAFV600E e la sovraespressione HMGCL, che risulta necessaria per la trasformazione

cellulare indotta da BRAFV600E, infatti diminuendo i livelli di HMGCL si ha la riduzione della proliferazione tumorale, suggerendo un potenziamento selettivo di attivazione di MEK-ERK nella sovraespressione. Mentre nelle cellule con mutazione BRAF wild-type, che invece riscontrano un abbassamento dei livelli di HMGCL, accompagnato dalla perdita di fosforilazione di MEK1 e ERK 1/2. L’acetoacetato, corpo chetonico sintetizzato nella chetogenesi, è stato

individuato come fattore positivo nella segnalazione dell’oncogene BRAFV600E. Infatti, l’aggiunta di acetoacetato nel terreno di coltura delle cellule di

melanoma porta all’aumento della proliferazione delle cellule con mutazione BRAFV600E, attraverso l’aumento di fosforilazione selettiva di MEK1.

L’azione mirata dell’acetoacetato sulle cellule con mutazione BRAFV600E, e la mancanza di conseguenze su BRAF wild-type, suggerisce che l’induzione dell’espressione HMGCL è dipendente dall’attivazione diretta della via di segnalazione MAPK.

OCT1 (Organic Cation Transporter 1) è stato identificato come uno stimolatore della trascrizione di HMGCL, e risulta controllato dall'attività BRAFV600E. Infatti, BRAFV600E attiva OCT1, che porta all’aumento dell’espressione di HMGCL, che con la formazione del acetoacetato amplifica ulteriormente l’attività BRAFV600E attraverso la segnalazione MAPK.

4.5 METABOLISMO OSSIDATIVO

Attraverso le precedenti discussioni sulla riprogrammazione metabolica, risulta evidente come la mutazione BRAFV600E prenda parte nella regolazione. Infatti, andando a inibire la mutazione si riscontra l’aumento d’attività del ciclo TCA, della fosforilazione ossidativa e della sintesi di ATP. Attraverso PLX4720 (Raf Kinase Inhibitor V), inibitore BRAF, si riscontra l’aumento della densità

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