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Trattamento interventistico percutaneo in un raro caso di anomalia coronarica

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Academic year: 2021

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1 INDICE

1. Le anomalie coronariche: definizione ed epidemiologia………..……..…pag. 2 2. Classificazione………..………..pag. 2 3. Presentazione clinica e prognosi..……….…..pag. 7 4. Diagnosi………pag. 7 5. Caso clinico……….………pag. 9

5.1 Introduzione……….…..pag. 9 5.2 Spunti di riflessione………..…..pag.11 5.3 La procedura di rivascolarizzazione percutanea……….pag. 13 5.4 Decorso clinico e follow-up……….pag. 15 5.5 Conclusioni………..pag. 16 6. Bibliografia………..……….pag. 17

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1. Le anomalie coronariche: definizione ed epidemiologia

Una possibile definizione di anomalia coronarica è quella proposta da Angelini et al.1, secondo la quale l’anomalia coronarica rappresenta “un pattern coronarico con una caratteristica (origine, numero, numero di osti, decorso, etc.), che viene raramente riscontrata nella popolazione generale”.

Nella maggior parte dei casi le anomalie coronariche non si manifestano clinicamente ed il più delle volte vengono riscontrate occasionalmente durante esame coronarografico nei pazienti con sospetta malattia coronarica ostruttiva. Nell’85% dei casi descritti in letteratura si tratta di anomalie benigne. Talvolta possono presentarsi in associazione con altre malattie congenite del cuore (tetralogia di Fallot, trasposizione completa dei grossi vasi, atresia della polmonare con setto interventricolare intatto, sindrome della Rubeola, sindrome di Hurler e sindrome di Friedrich). Le anomalie che risultano emodinamicamente “significative” possono indurre: angina pectoris, sincope, aritmia, infarto miocardico, morte improvvisa e favorire l’insorgenza e la progressione della malattia aterosclerotica coronarica2,3.

Le anomalie coronariche congenite o acquisite sono piuttosto rare e hanno una incidenza che va dallo 0,7% nei casi autoptici all’1,2% nei casi documentati angiograficamente4. Nonostante l’importanza e la potenziale rilevanza delle implicazioni cliniche lo sviluppo delle arterie coronarie e le anomalie sono state poco attenzionate.

2. Classificazione

Negli anni sono state proposte da diversi autori molte classificazioni anatomo-cliniche; tra queste, sebbene datata, di più semplice utilizzo nella pratica clinica è quella proposta da Rigatelli et al.5. Questa classificazione, infatti, suddivide le anomalie coronariche in 4 classi sulla base della loro rilevanza clinica (tabella 1).

La prima classe comprende le anomalie coronariche definite “benigne”, in genere clinicamente silenti e non correlate a morte cardiaca improvvisa, sebbene sia stata riscontrata una associazione con l’aterosclerosi. La più frequente tra le anomalie coronariche in generale, e tra quelle benigne in particolare, è l’origine ectopica dell’arteria circonflessa dall’arteria coronaria destra o dal seno di Valsalva destro6.

Alla seconda classe appartengono le anomalie coronariche clinicamente rilevanti che, generalmente, provocano ischemia miocardica in assenza di malattia coronarica. Ricordiamo, ad esempio, la fistola coronarica, malformazione in grado di determinare o predisporre ad un

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3 evento ischemico ed a scompenso cardiaco in quanto può indurre, drenando nelle sezioni destre, shunt sinistro-destro con conseguente sovraccarico di volume.

L’origine ectopica della coronaria sinistra dall’arteria polmonare influenza la sopravvivenza dei bambini e spesso è necessaria la correzione chirurgica precoce; nell’adulto questa anomalia si associa ad ischemia, ad un più elevato rischio di malattia coronarica ed a sovraccarico. Inoltre citiamo l’arteria coronarica unica che può associarsi ad ischemia per inadeguata capacità di sostenere la normale circolazione coronarica, ed infine, l’atresia coronarica che spesso si associa ad altre malformazioni congenite7.

La terza classe comprende le anomalie coronariche associate a morte cardiaca improvvisa; questa associazione è stata riscontrata nel 5-35% dei casi di morte cardiaca improvvisa tra i giovani. Il 19% delle morti improvvise tra i giovani atleti sono da considerare imputabili alla presenza di una anomalia coronarica, infatti, in presenza di quest’ultima un intenso sforzo fisico può essere causa di morte improvvisa8. I sottotipi di arterie coronarie uniche rappresentano una rara condizione nella quale la perfusione cardiaca è totalmente affidata ad una arteria coronaria destra che origina da una coronaria sinistra, passando, generalmente, tra arteria polmonare ed aorta; quando ciò accade il rischio di un evento fatale è elevato. Il significato clinico dell’origine ectopica della coronaria sinistra dal seno di Valsalva destro, dipende dalla sua posizione e dal decorso anatomico rispetto all’aorta ed all’arteria polmonare; tra queste il sottotipo “settale” è quello di più comune riscontro, mentre quello “interposto” tra arteria polmonare ed aorta è raro, ma molto più pericoloso. Nei casi in cui la coronaria destra ha un’origine ectopica dal seno di Valsalva sinistro, il vaso decorre tra aorta ed arteria polmonare. La possibilità di una occlusione coronarica durante l’espansione sistolica aortica, rappresenta un evento potenzialmente pericoloso; i pazienti con tale anomalia hanno un alto rischio di aritmie ventricolari maligne e devono essere trattati tempestivamente. L’origine anomala della coronaria destra dall’arteria polmonare è una evenienza rara, più frequentemente a decorso clinico benigno, ma, talvolta, associato a morte improvvisa, soprattutto da sforzo fisico.

La quarta classe raggruppa l’associazione tra anomalia coronarica e malattia coronarica: non esistono studi che dimostrano quali anomalie coronariche determinino una incidenza preferenziale della malattia coronarica2.

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Tabella 1. Classificazione delle anomalie coronariche nella popolazione adulta sulla base

della loro rilevanza clinica5.

Un’altra classificazione è presentata nella tabella 2, in cui si aggiungono informazioni forniteci dai lavori di Angelini el al.11.

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3. Presentazione clinica e prognosi

In base al decorso anatomico della coronaria anomala, la prognosi dei pazienti varia da eccellente, senza riduzione dell’aspettativa di vita, al rischio di morte improvvisa anche in età pediatrica e giovanile.

L’esatta eziologia ed i meccanismi della morte improvvisa da sforzo e quelli dell’ischemia miocardica non sono attualmente ben definiti. Vi sono numerose controversie in merito; le due ipotesi più plausibili sono: 1) decorso interarterioso tra aorta e polmonare; 2) decorso intramurale. Nel primo caso alcuni autori considerano determinante la compressione coronarica estrinseca nel tratto tra l’aorta e l’arteria polmonare, determinata dai due vasi che si dilatano in seguito all’iperafflusso durante sforzo fisico. Altri autori ipotizzano che l’aumento del flusso sanguigno attraverso l’aorta e l’arteria polmonare durante stress fisico determini una distensione dell’aorta con conseguente kinking del segmento coronarico localizzato tra aorta ed arteria polmonare, che provoca insufficienza coronarica acuta ed ischemia miocardica fatale. Nel secondo caso il segmento iniziale della coronaria anomala risulterebbe inglobato all’interno della tunica media dell’aorta, per cui l’espansione aortica durante lo sforzo comprimerebbe la porzione intramurale della coronaria8.

È stato comunque riportato in letteratura un aumento di manifestazioni cliniche (angina, sincope, infarto miocardico, aritmie fatali e morte improvvisa) in assenza di aterosclerosi coronarica nei casi di coronaria con iniziale decorso tra aorta ed arteria polmonare.

In alcuni casi, come già precisato, le anomalie coronariche possono rimanere del tutto asintomatiche per decenni ma alcuni elementi sono predittivi del rischio di futuri eventi: la presenza di sintomi come sincope o angina, la giovane età, l’ischemia inducibile, documentata con ecostress o con scintigrafia miocardica da sforzo.

Le coronarie anomale, infine, possono andare incontro ai processi degenerativi dell’età9. Nella pratica clinica, a causa delle comorbilità cardiovascolari, è particolarmente arduo stabilire un rapporto di causalità tra la sintomatologia e l’anomalia d’origine visualizzata angiograficamente.

4. Diagnosi

Una tempestiva identificazione dell’anomalia sarebbe importante per pianificare adeguate strategie preventive e terapeutiche, ma è di fatto resa problematica dai suoi elusivi aspetti diagnostici. È infatti normale l’esame fisico così come l’elettrocardiogramma basale, a meno che non coesistano cardiopatie. Il test da sforzo può risultare negativo (anche in pazienti in seguito deceduti per morte improvvisa) e poco significativi sono i dati ottenuti dalla

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8 scintigrafia miocardica perfusionale. L’ecocardiogramma transtoracico e transesofageo è risultato un’affidabile metodica di screening, ma è richiesta alta competenza dell’operatore e l’acquisizione di immagini di alta qualità. Il gold standard diagnostico rimane l’angiografia coronarica. La risonanza magnetica e la TC coronarica sono le tecniche di imaging non invasivo in grado di definire in modo preciso e senza rischi queste anomalie, anche se gravate da costi non trascurabili. È comunque di fondamentale importanza ricercare ed escludere la presenza di eventuali compressioni coronariche generate dall’anomalia stessa10.

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5. Caso Clinico 5.1 Introduzione

Le anomalie coronariche sono riportate in letteratura intorno al 1% delle serie autoptiche e tra lo 0,3 e il 5,6% di quelle angiografiche. Questo ampio range è giustificato dalla mancata uniformità di definizione tra normale variante e vera anomalia.

L’assenza di un vero ostio del tronco comune, salvo la origine separata di IVA e Cx, può essere attribuito a coronaria unica (spesso associata a cardiopatie congenite complesse) ovvero ad atresia dell’ostio della coronaria sinistra e/o del tronco comune, patologia estremamente rara. In letteratura una review del 1997 riportava 28 casi di atresia del tronco comune con soli 12 casi in età adulta.

Presento un caso che ha manifestato segni e sintomi di cardiopatia ischemica in età adulta, con patologia aterosclerotica associata e con una anatomia complessa, finora, a mia conoscenza, inedita. Si tratta di un uomo di 41 anni in buone condizioni cliniche generali, scolarità media superiore, impiegato e con stile di vita attivo. Riferisce consumo di alcool in piccole quantità. Possiede i seguenti fattori di rischio per malattie cardiovascolari: tabagismo (fumatore di circa 15-20 sigarette al giorno), ipertensione arteriosa in terapia farmacologica con riferito buon controllo dei valori tensivi, familiarità per cardiopatia ischemica, sovrappeso (BMI 29). Il paziente riferisce la comparsa, da circa un mese, di dolore toracico avente caratteristiche sospette per angina pectoris (correlato a sforzi fisici di medio-alta intensità, della durata di qualche minuto ed autorisolventesi con il riposo). Tali episodi sono divenuti via via più frequenti e dunque ha deciso di sottoporsi a visita cardiologica di controllo. Nulla di rilevante è stato documentato all’esame obiettivo ed all’ECG; l’esame ecocardiografico ha mostrato un quadro complessivo nei limiti della norma. Viene dunque proposta l’esecuzione di un test ergometrico, che il paziente esegue dopo circa 15 giorni e che risulta essere dubbio per sintomi e negativo per segni elettrocardiografici. Viene posta pertanto l’indicazione ad eseguire scintigrafia miocardica da sforzo, che conclude per un lieve difetto di perfusione, parzialmente reversibile, a carico del segmento medio-basale della parete anteriore. Viene dunque riferito presso la nostra istituzione dal cardiologo di fiducia per ricovero elettivo con l’indicazione ad eseguire coronarografia.

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10 Al momento del ricovero presso il nostro reparto il paziente nega sintomi anginosi e/o equivalenti; è soddisfacente il compenso emodinamico, negativo l’esame obiettivo, normali l’ECG, l’ecocardiogramma ed i principali esami ematochimici. Da segnalare il riferito favismo ed un episodio di shock anafilattico in età pediatrica dopo assunzione di acido acetilsalicilico (non abbiamo ricevuto nessuna documentazione in merito).

Il paziente, il giorno successivo, in assenza di “preparazione” farmacologica, è stato sottoposto, da accesso radiale destro, a coronarografia.

La coronarografia ha mostrato l’opacizzazione della coronaria sinistra attraverso un lungo “collettore” che origina nel seno di Valsalva coronarico sinistro e sfocia alla “confluenza” tra arteria discendente anteriore ed arteria circonflessa. Detto collettore presenta calibro ridotto rispetto a quello di un “abituale” tronco comune ed un decorso severamente tortuoso. La cannulazione selettiva con catetere diagnostico JL 3.5 5 F determina immediata e significativa caduta pressoria per dumping. Il “tronco comune/collettore” di per sé non ha diretta continuità con l'aorta. Dal “tronco comune/collettore” si dipartono l'interventricolare anteriore, che presenta una lesione angiograficamente critica (riduzione di calibro dell’80%) appena a valle di un precoce e sviluppato diagonale ed una subocclusione poco più a valle, appena prossimalmente alla comunicazione a pieno canale dell'IVA con uno sviluppato ramo conale della coronaria destra. Poco più distalmente è presente una ulteriore stenosi angiograficamente critica (70% circa) dell'IVA, mentre la distalità è indenne. Il diagonale principale presenta una lesione subocclusiva della branca mediale, l’arteria circonflessa è esente da lesioni angiograficamente significative (fig.1).

Figura 1: le frecce nere indicano

le 3 lesioni su IVA e la lesione sul diagonale, la freccia azzurra indica il “collettore”.

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11 La cannulazione selettiva destra con catetere diagnostico JR 4 5 F documenta un vaso sviluppato ed esente da lesioni angiograficamente significative. Si conferma uno sviluppato ed esteso ramo conale che presenta una connessione diretta a pieno canale con l'IVA media. L’iniezione selettiva nell'albero coronarico sinistro e nel destro determinano una opacizzazione caratterizzata da evidente flusso competitivo in entrambe le direzioni destro-sinistro e viceversa.

Figura 2: le frecce mostrano la comunicazione diretta tra la coronaria destra e l’arteria interventricolare anteriore.

Di fronte ad un quadro anatomico di tale complessità ed in considerazione della stabilità clinica del paziente si è deciso di interrompere la procedura diagnostica per pianificare la strategia di trattamento a nostro avviso più opportuna.

5.2 Spunti di riflessione

Siamo di fronte ad un paziente di giovane età, al quale abbiamo il dovere di provare a garantire una vita attiva in assenza di sintomi anginosi. I sintomi da lui descritti possono essere definiti «sfumati» e la scintigrafia miocardica eseguita è positiva seppur con limitata estensione del territorio ischemico. Certamente l’anatomia coronarica è estremamente

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12 complessa e siamo consapevoli della impossibilità tecnica di una rivascolarizzazione percutanea completa, che includa il ramo diagonale, e dei rischi connessi con il trattamento percutaneo.

Abbiamo riflettuto anche sul riferito anamnestico di favismo e su quanto questo dovesse pesare sul bilancio delle nostre scelte (DAPT a lungo termine vs. singolo antiaggregante post-eventuale BAC).

Ci siamo chiesti quale fosse il ruolo del “collettore” che dal seno di Valsalva coronarico sinistro, con decorso lungo e molto tortuoso, sbocca alla confluenza di IVA e Cx; questo elemento anatomico risulta, a nostra conoscenza, del tutto inedito e verosimilmente ha favorito la comparsa del quadro clinico solo in età adulta. Infatti attraverso il ramo conale ed il collettore è stata assicurata fino a questo momento la normale perfusione miocardica. Infine ci siamo chiesti quale fosse il ruolo della patologia aterosclerotica acquisita nel determinare sintomi e segni di cardiopatia ischemica e quale dovesse essere il ruolo del paziente nella scelta del trattamento.

Abbiamo considerato tre opzioni terapeutiche: 1) trattamento interventistico, 2) trattamento chirurgico, 3) terapia medica massimale.

Nell’attesa di prendere una decisione è stata confutata la diagnosi di favismo attraverso il dosaggio della G6FD, risultato nei limiti di norma e si è intrapreso con successo il protocollo di desensibilizzazione all’ASA. Il paziente è stato sottoposto a coro-TC che ha confermato il quadro anatomico senza fornire alcun elemento aggiuntivo (fig. 3). È stato ampiamente discusso il caso in Heart Team ed è stato reso edotto il paziente ed i familiari sulle varie possibilità di trattamento.

Abbiamo dunque deciso, in accordo con il paziente che aveva mostrato forti riserve per la rivascolarizzazione chirurgica, la strategia percutanea, essendo fermamente convinti che il nostro intervento, seppur incompleto (“impossibilità” tecnica di rivascolarizzare la branca mediale del ramo diagonale principale), non avrebbe precluso una eventuale e successiva rivascolarizzazione chirurgica, motivati dalla giovane età del paziente e confortati dalla scarsa estensione del territorio ischemico alla scintigrafia.

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Figura 3: ricostruzione coro-TC.

5.3 La procedura di rivascolarizzazione percutanea

La PCI è stata condotta in anestesia locale, previo inizio di DAPT con ASA e Ticagrelor, con doppio approccio radiale (JL 3.5 5 F diagnostico per la coronaria sinistra, e AL 0.75 6 F guida per la coronaria destra) al fine di ottimizzare la visualizzazione dell'intera circolazione coronarica.

Sono state utilizzate due guide coronariche 0.014”, delle quali una di stabilizzazione su coronaria destra ed una attraverso il ramo conale posizionata nella porzione prossimale dell’albero coronarico sinistro. Si è proceduto dunque al trattamento della lesione più prossimale dell’IVA mediante pre-dilatazioni multiple (palloni semi-complianti di calibro crescente) e rilascio di farmaco con DCB al sirolimus 3 x 20 mm. È stata effettuata successivamente una pre-dilatazione anche della subocclusione del tratto medio seguita dall’impianto di un DES (zotarolimus) 2.75 x 15 mm a 14 atmosfere. Successivo posizionamento di filo guida in IVA distale e trattamento della stenosi a valle della confluenza con il ramo conale, con pre-dilatazione e DCB al paclitaxel 2 x 15 mm (fig.4-8).

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Figura 4: Guida di stabilizzazione in CDx

(in basso a sinistra), guida attraverso il ramo conale che ha superato in via retrograda la subocclusione su IVA media (freccia)

Figura 5: pre-dilatazione su lesione prossimale di IVA e successivo trattamento con DCB 3.0-20 mm.

Figura 6: posizionamento del DES in IVA media.

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Figura 8: ottimo risultato angiografico sulla lesione trattata con DES, discreto il risultato

sulle altre lesioni, flusso TIMI 3.

5.4 Decorso clinico e follow-up

Il successivo decorso clinico è stato regolare e privo di complicanze. Il paziente è stato dimesso a domicilio in buone condizioni cliniche generali, asintomatico per angor e/o equivalenti ischemici ed in terapia medica ottimale. Dopo circa 3 mesi è stato sottoposto ad

Figura 7: pre-dilatazione su IVA distale e successivo trattamento con DCB 2.5-15 mm

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16 ecocardiogramma da stress fisico massimale risultato negativo per segni elettrocardiografici, ecografici e sintomi.

5.5 Conclusioni

È stato riportato in letteratura un aumento di manifestazioni cliniche (angina, sincope, infarto miocardico, aritmie fatali e morte improvvisa) in assenza di aterosclerosi coronarica nei casi di coronaria con iniziale decorso tra aorta ed arteria polmonare.

In alcuni casi, come il nostro, le anomalie coronariche possono rimanere del tutto asintomatiche per decenni ma alcuni elementi sono predittivi del rischio di futuri eventi: la presenza di sintomi come sincope o angina, la giovane età, l’ischemia inducibile, documentata con ecostress o con scintigrafia miocardica da sforzo.

Siamo convinti che la patologia aterosclerotica nel caso presentato sia la causa principale della comparsa dei sintomi nel nostro paziente.

Non siamo stati in grado di risalire ad una vera definizione dell’anomalia coronarica riscontrata: “occlusione (acquisita e in quale epoca) del tronco comune vs atresia del tronco comune (e/o del suo ostio)”. Non abbiamo trovato casi analoghi per presentazione clinica, anatomica e modalità di trattamento in letteratura. Non esistono linee guida alle quali fare riferimento e, a nostro avviso, la scelta del trattamento deve sempre essere individualizzata facendo riferimento alle condizioni anatomo-cliniche di presentazione, all’esperienza del centro ed alle caratteristiche del paziente.

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Bibliografia

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11 Angelini P, Velasco JA, Flamm S (2002) Coronary anomalies: incidence, pathophysiology, and clinical relevance. Circulation 105:2449–2454.

Figura

Tabella  1.  Classificazione  delle  anomalie  coronariche  nella  popolazione  adulta  sulla  base
Tabella 2: anomalie coronariche di origine e di decorso 11 .
Figura  1:  le  frecce  nere  indicano
Figura  5: pre-dilatazione  su  lesione  prossimale  di IVA e successivo trattamento con DCB 3.0-20  mm.
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