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"Influenza del trattamento dopaminergico sulla corteccia motoria nella malattia di Parkinson: studio di risonanza magnetica con spettroscopia"

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÁ DI PISA

Facoltà di Medicina e Chirurgia

Dottorato di Ricerca: “Esplorazione molecolare, metabolica

e funzionale del sistema nervoso e degli organi di senso”

Presidente: Prof. Giovanni Ronca Titolo Tesi:

“Influenza del trattamento dopaminergico sulla

corteccia motoria nella Malattia di Parkinson:

studio di risonanza magnetica con spettroscopia”

Relatore:

Chiar.mo Prof. Luigi Murri Candidato:

Dott. Claudio Lucetti

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INDICE

RIASSUNTO pag. 2-6

LISTA ABBREVIAZIONI pag. 7-8

INTRODUZIONE pag. 9-23

PAZIENTI E METODI pag. 24-31

RISULTATI pag. 32-35

DISCUSSIONE pag. 36-46

BIBLIOGRAFIA pag. 47-62

TABELLA pag. I

FIGURE pag. II-V

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RIASSUNTO

La Malattia di Parkinson (MP) è caratterizzata, dal punto di vista clinico, dalla presenza di rigidità, tremore e bradicinesia. La fisiopatologia di questi segni e sintomi non è del tutto chiarita. L’organizzazione anatomo-funzionale dei nuclei della base prevede che, nella MP, si determini una minore attivazione delle aree corticali motorie da parte del talamo, eccessivamente inibito in conseguenza della deplezione dopaminergica nigro-striatale. La Spettroscopia con Risonanza Magnetica (1H-SRM) è una tecnica non invasiva che permette la valutazione in vivo di alcuni metaboliti cerebrali quali N-acetilaspartato (NAA), creatina (Cr) e colina (Cho). Sino ad oggi gli studi di 1H-SRM in pazienti con MP hanno fornito contrastanti risultati circa lo spettro di questi metaboliti nella sostanza nera, nello striato e

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nel globo pallido. Tuttavia le casistiche di questi studi erano spesso disomogenee sia per quanto riguarda lo stadio di malattia che per l’inclusione di pazienti con e senza terapia. Inoltre, sono pochi gli studi in cui è stata valutata la corteccia motoria.

In questo studio di 1H-SRM sono stati inclusi 11 pazienti parkinsoniani mai trattati precedentemente ed un gruppo di controllo costituito da 11 soggetti sani. Dopo una valutazione clinica effettuata utilizzando le scale Unified Parkinson Disease Rating Scale (UPDRS) e Hoehn & Yahr (H-Y) è stato acquisito, con tecnica single-voxel, lo spettro di N-acetilaspartato (NAA), colina (Cho), creatina (Cr) e mioinositolo (mI) a livello della corteccia motoria di ogni singolo paziente. Lo studio RM convenzionale e quello di spettroscopia erano condotti nella stessa seduta, utilizzando uno scanner total body da 1.5 Tesla, operante a 63.8 MHz (Signa 5.6, GE Medical System, Milwakee, Wis) e una bobina standard per la testa.

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Dopo l’esame di 1H-SRM, a ciascun paziente è stata somministrata pergolide fino al dosaggio di 1 mg t.i.d. Dopo 6 mesi di follow-up, tutti i pazienti sono stati valutati nuovamente dal punto di vista clinico (sempre utilizzando le scale UPDRS e H-Y) e sottoposti ad una nuovo esame con 1H-SRM.

Ridotti valori dei rapporti Cho/Cr e NAA/Cr sono stati osservati nella corteccia motoria dei pazienti parkinsoniani se comparati con quelli dei controlli (p<0.01). Dopo 6 mesi di terapia con pergolide (1 mg tid), nei pazienti con MP si registrava un miglioramento delle performances, misurato dale scale di valutazione motoria (UPDRS e H-Y) (p<0.001), e un incremento del rapporto Cho/Cr nella corteccia motoria valutato con il secondo studio 1H-SRM (p<0.05).

Sebbene nella MP il processo patologico coinvolga in maniera preminente la degenerazione dei neuroni dopaminergici della SN, studi anatomo-funzionali e studi di neuroimaging funzionale (PET ed RM

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funzionale) hanno dimostrato la presenza di alterazioni nell’attività della corteccia motoria e premotoria dei pazienti parkinsoniani. L’importanza di un coinvolgimento corticale nella MP trova conferma anche in studi neurofisiologici con stimolazione magnetica transcranica.

E’ possibile ipotizzare che le modificazioni neurochimiche dei nuclei della base, proprie della MP, comportino alterazioni funzionali a carico delle aree corticali motorie ad essi connesse, che si riflettono nelle alterazioni spettroscopiche osservate nel presente studio. D’altra parte la tendenza alla “normalizzazione” dei rapporti dei metaboliti riportato dopo trattamento farmacologico con pergolide appare supportare l’ipotesi che i dopaminoagonisti possano giocare un ruolo di modulatori dell’attività corticale probabilmente riducendo l’output eccitatorio dai gangli della base e di conseguenza l’eccessiva inibizione dei nuclei talamici.

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Riassumendo i dati del nostro studio indicano:

1) I rapporti Cho/Cr ed NAA/Cr possono risultare ridotti nella corteccia dei pazienti con MP de novo; 2) la terapia dopaminergica, oltre a migliorare le funzioni motorie, determina un aumento significativo del rapporto Cho/Cr nella corteccia motoria. Complessivamente questi risultati suggeriscono che la 1H-SRM costituisce un valido mezzo per la comprensione dell’evoluzione del processo patologico e degli effetti dei farmaci nei pazienti con MP.

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LISTA ABBREVIAZIONI

Cr = Creatina. Cho = colina

GPL = globo pallido laterale. GPM = globo pallido mediale.

1

H-SRM = Spettroscopia con Risonanza Magnetica. H-Y = Hoehn-Yahr.

mI = mioinositolo

MMSE = Mini Mental State Evaluation. MP = Malattia di Parkinson.

NAA = N-acetil-aspartato.

PET = Positrone emission tomography.

SE = Spin Echo.

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SNc = pars compacta sostanza nigra

STEAM = Stimulated Echo Acquisition Mode. TE = tempo di eco.

TR = tempo di rilasciamento.

UPDRS = Unified Parkinson’s Disease Rate Scale. VOI = volume di interesse.

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INTRODUZIONE

La Malattia di Parkinson (MP), descritta per la prima volta da James Parkinson nel 1817 come paralysis agitans, è una malattia neurodegenerativa ad andamento progressivo la cui incidenza aumenta con l’età e colpisce l’1% dei soggetti al di sopra dei 65 anni.

E’ stato ipotizzato che alla base della malattia potrebbe esserci una predisposizione genetica che rende alcuni soggetti più vulnerabili ad eventuali agenti tossici od infettivi.

La lesione anatomo-patologica caratteristica è rappresentata dalla degenerazione dei neuroni dopaminergici della pars compacta della sostanza nigra che proiettano allo striato e dalla presenza di inclusi, definiti corpi di Lewy, negli stessi neuroni.

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Il quadro clinico, caratterizzato principalmente da un disordine del sistema motorio, si rende manifesto solo quando la deplezione di dopamina nel putamen supera l’80%.

La perdita dei neuroni dopaminergici nella MP comporta una globale disorganizzazione dell’attività dei gangli della base, caratterizzata soprattutto da un incremento dell’attività eccitatoria del nucleo subtalamico e della pars reticulata della sostanza nigra (Albin e coll., 1989).

I sintomi cardinali della MP sono rappresentati da rigidità, tremore a riposo (frequenza 4-6 Hz), bradicinesia, perdita dei riflessi posturali. Il circuito neuronale maggiormente coinvolto dalla deplezione dopaminergica è quello dei gangli della base, fondamentalmente costituito da un proiezione afferente glutammatergica eccitatoria che dalle aree corticali motorie si dirige allo striato e da proiezioni efferenti inbitorie gabaergiche che dallo striato si portano al pallido,

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dal pallido al talamo e dal talamo di nuovo alla corteccia, in particolare quella motoria supplementare.

Negli anni ’60 Barbeau e coll. avevano formulato la teoria della bilancia striatale dopamina/acetilcolina, gli unici due neurotrasmettitori allora noti a livello dei gangli della base.

Nel modello proposto da Albin e coll. (1989), i neurotrasmettitori coinvolti nella fisiopatologia della MP sono molti di più e quasi tutte le strutture anatomiche dei gangli della base, cioè striato, globo pallido laterale (GPL), globo pallido mediale (GPM), pars reticulata della sostanza nigra (SNr) e pars compacta (SNc), nucleo subtalamico, nuclei del talamo, sono interessate.

Attualmente si ritiene che esistano due vie principali di connessione dello striato con il globo pallido, originanti da popolazioni cellulari striatali separate: un circuito “diretto” ed uno “indiretto” (Alexander e coll., 1986; DeLong, 1990; DeLong e coll., 2007).

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Il circuito diretto connette lo striato al GPM e alla SNr ed utilizza come mediatore chimico il GABA; l’attivazione di questo circuito tende pertanto ad inibire i neuroni del GPM e della SNr.

L’attivazione del circuito indiretto provoca l’effetto opposto sui neuroni del GPM per mezzo di una proiezione glutammatergica eccitatoria a provenienza dal nucleo subtalamico. Dal GPM e dalla SNr si dipartono le principali efferenze dal sistema dei nuclei della base, anch’esse GABAergiche inibitorie dirette al talamo (nuclei ventrale laterale, ventrale anteriore, centromediano) che a sua volta proietta alla corteccia motoria.

Normalmente la dopamina inibisce la trasmissione lungo la via indiretta attraverso la stimolazione dei recettori D2 e facilita quella lungo la via diretta per attivazione dei recettori D1. Pertanto la stimolazione glutammatergica striatale da parte delle afferenze corticali (così come la stimolazione acetilcolinergica da parte di

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interneuroni striatali) attiva la via striato-pallidomediale, GABAergica ed inibitoria, che di conseguenza riduce il tono inibitorio esercitato, tramite il GABA, dal pallido sul talamo; ne deriva una facilitazione della trasmissione eccitatoria talamo-corticale, che consente l’attivazione di programmi motori.

Quando questi stessi trasmettitori agiscono sulla via indiretta, l’effetto finale sulla corteccia motoria è di segno esattamente opposto, inibendo pertanto l’attività motoria. La via dopaminergica nigrostriatale, modulando l’attività delle due vie, fornisce alla corteccia motoria istruzioni facilitatorie circa l’esecuzione di programmi di tipo prevalentemente automatico.

La perdita di dopamina nigrostriatale, che si ha nella MP , altera l’equilibrio di questa bilancia riducendo la facilitazione D1-mediata lungo la via diretta e l’inibizione D2-mediata lungo la via indiretta. Il release di glutammato e acetilcolina a livello striatale risulta pertanto

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in un aumento di attività GABAergica inibitoria lungo la via striato-pallidale destinata al GPL .

La conseguente disinibizione dei neuroni glutammatergici del nucleo subtalamico attiva i neuroni del GPM, il cui output inibitorio riduce il feed-back del circuito talamo-corticale. Per quanto riguarda la via diretta, l’aumentato output dei neuroni del GPM, comporta lo stesso effetto finale di eccessiva inibizione dei neuroni talamo-corticali, che sul piano clinico si traduce in bradicinesia e rigidità.

La Spettroscopia con Risonanza Magnetica (1H-SRM) è una tecnica analitica non invasiva che consente la misurazione in vivo della concentrazione di alcuni metaboliti cerebrali (Frahm e coll., 1990). Le origini di questa metodica di indagine hanno radici pressochè contemporanee rispetto a quelle della RM per immagini. Se, infatti, i lavori basilari di Block e Purcell sulla RM sono datati 1946, il lavoro

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di Proctor e coll., in cui viene delineato il principio del chemical shift, alla base della Spettroscopia, è del 1950.

In quegli anni, fisici e biochimici utilizzarono le tecniche di RM eminentemente nel campo della ricerca di base. Dagli anni ’70 in poi, l’avanzamento delle tecnologie ne ha consentito l’ingresso in campo clinico come strumento utile sia alla formazione di immagini, che allo studio del metabolismo di organi e tessuti in vivo.

Nell’RM le immagini vengono prodotte utilizzando il protone dell’idrogeno quale nucleo soggetto al fenomeno di risonanza magnetica; esso è l’elemento numericamente più rappresentato nel nostro organismo e, perciò, quello in grado di fornire il maggior segnale per atomo. Con tale elemento è possibile ottenere immagini con risoluzione spaziale nell’ordine dei millimetri, senza operare, però, alcuna separazione spettroscopica.

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L’intensità di ogni pixel, cioè di ogni unità di superficie formante l’immagine digitale, non è altro che la somma dei segnali provenienti da tutti i complessi molecolari contenenti idrogeno, la maggior parte dei quali è costituita dall’acqua.

Nella 1H-SRM, al contrario, il segnale derivante da un dato elemento chimico viene separato nelle sue varie forme chimiche. La base di questo processo risiede nel fatto che il campo magnetico che agisce sul nucleo di un atomo viene minimamente, ma significativamente modificato dai campi elettromagnetici prodotti dagli elettroni presenti nella stessa molecola. Ne consegue il cosiddetto chemical shift o

spostamento chimico, cioè uno spostamento della frequenza di

risonanza del nucleo, dipendente dalla conformazione molecolare ed espresso in parti per milione (ppm).

Si viene così a delineare uno spettro, cioè una rappresentazione di un segnale di RM in funzione della frequenza di risonanza, in cui le varie

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molecole contenenti un determinato elemento (1H, 31P, per citare i più studiati) determinano un picco in posizioni caratteristiche e diverse tra loro.

La tecnica della 1H-SRM è stata applicata a molte patologie del sistema nervoso centrale, contribuendo ad aumentarne la conoscenza dei meccanismi fisiopatologici, quali sclerosi multipla (Gonzales-Toledo e coll., 2006), infarto cerebrale (Weber e coll., 2006), tumori cerebrali (Fayed-Miguel e coll., 2006), demenze (Jones RS, Waldman AD, 2004), epilessia (Hammen e coll., 2003) ed assumendo talora valore diagnostico.

I metaboliti cerebrali più studiati con la 1H-SRM sono:

- composti contenenti colina (Cho), quali i fosfolipidi costituenti di membrana (fosfocolina e glicerofosfocolina), ed i relativi prodotti di degradazione. Una loro alterazione è indicativa di un

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danneggiamento del metabolismo di membrana o di un processo di gliosi

- creatina e fosfocreatina (Cr, PCr); il picco di queste sostanze é relativamente costante e pertanto viene comunemente utilizzato come standard per il calcolo dei rapporti fra i vari metaboliti. Alterazioni spettroscopiche del picco Cr e PCr sono espressione di alterato metabolismo ossidativo cellulare (Barker e coll., 1994)

- lipidi (Lip) riscontrabili nelle distruzioni di membrana e nei tumori

- N-acetil-aspartato (NAA) e altri composti N-acetilati. Il picco relativo a queste sostanze non è visibile alle normali concentrazioni fisiologiche di 1 mM. L’NAA è un aminoacido contenuto quasi esclusivamente all’interno dei neuroni (Birken e coll., 1989; Vion-Dury e coll., 1994; Howe e coll., 1993); la sua

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presenza indica probabilmente un alterato metabolismo cellulare, come si verifica, ad esempio, in condizioni di ipossiemia.

- mioinositolo (mI), che è un metabolita contenuto nelle cellule gliali.

Un campo applicativo particolarmente interessante della 1H-SRM è rappresentato dalle malattie extrapiramidali ed, in particolare, dalla MP e dalle sindromi parkinsoniane. Gli studi condotti sino ad oggi sull’argomento non sono molto numerosi; inoltre, le casistiche sono spesso costituite da pazienti non omogeneamente selezionati per quanto riguarda lo stadio di malattia, il tipo e la durata dell’eventuale trattamento farmacologico.

Alcuni studi sono stati effettuati utilizzando la tecnica single-voxel, cioè acquisendo i dati a partire da una singola unità volumetrica

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localizzata in una specifica area cerebrale di interesse, altri hanno utilizzato la tecnica multi-voxel.

La tecnica single-voxel appare più vantaggiosa rispetto alla multi-voxel in quanto fornisce una qualità di spettri decisamente superiore, per la migliore omogeneità del campo magnetico in un volume di dimensioni ridotte (Frahm e coll., 1990).

Nella metodica a voxel multipli è presente una contaminazione del segnale di circa il 10%, dovuta alle interferenze date dai segnali dei voxel vicini e ciò rende meno accurata la localizzazione delle informazioni. Altro svantaggio non trascurabile della multi-voxel è costituito dal problema del post-processing: dato l’ingente numero di dati raccolti in ogni esame di questo tipo, l’elaborazione dei medesimi richiede un tempo notevolmente maggiore rispetto a quello della tecnica a volume singolo con un discreto incremento della possibilità di errore.

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Lo spettro dei diversi metaboliti cerebrali è stato acquisito posizionando l’area volumetrica di interesse sia a livello dei nuclei della base (striato e pallido), sia nella sostanza bianca profonda (Holshouser e coll., 1995; Ray-Chaudhuri e coll.,1996; Ellis e coll., 1997; Clarke e coll., 1997; Cruz e coll. 1997; Hu e coll., 1998; Clarke & Lowry, 2000); meno frequentemente, è stata studiata la sostanza grigia di determinate aree corticali (Tedeschi e coll., 1997; Hu e coll., 1999; Camicioli e coll., 2006).

E’ noto che nella MP il processo patologico coinvolge in maniera preminente la degenerazione dei neuroni dopaminergici della SN, ma è altrettanto vero che i corpi di Lewy, che rappresentano l’elemento anatomopatologico caratterizzante la MP, sono stati riportati anche a livello della corteccia soprattutto in pazienti con MP avanzata (Duyckaerts e coll., 2003; Wakabayashi e coll., 2003; Braak e coll., 2004).

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Secondo Braak e Braak (2004), il processo neurodegenerativo inizia a livello del nucleo anteriore e nel nucleo motore dorsale del vago e nei nervi glossofaringei; il processo ha poi uno sviluppo ascendente e si estenderebbe attraverso le connessioni anatomiche ai nuclei della formazione reticolare, al sistema del rafe, alla SNc, ai nuclei magnocellulari del diencefalo e poi ai nuclei del talamo, all'amigdala, al locus coeruleus ed infine alla corteccia con iniziale interessamento delle aree comprese nel sistema libico e successivamente alla neocorteccia.

Secondo tale ipotesi di sviluppo delle lesioni anatomopatologiche, il processo degenerativo nella MP potrebbe essere organizzato in 6 stadi: durante i primi due stadi al processo degenerativo non corrisponde alcuna sintomatologia clinica (questa fase di durata variabile rappresenterebbe la fase pre-clinica), che diventa manifesta nel

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passaggio dal 3° al 4° stadio quando il processo neurodegenerativo arriva ad interessare anche la corteccia.

Studi effettuati con metodiche di neuroimaging funzionale hanno evidenziato alterazioni nell’attività della corteccia motoria e premotoria in pazienti con MP (Samuel e coll., 1997; Sabatini e coll., 2000; Haslinger e coll., 2001).

In conseguenza di tali evidenze è ragionevole ipotizzare che la fisiologia e la biochimica della corteccia motoria nei pazienti parkinsoniani sia in qualche modo modificata.

Gli scopi di questo studio sono:

1. investigare la presenza di alterazioni neurochimiche in un gruppo di pazienti con MP “de novo” a livello delle aree

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corticali motorie, parte integrante del circuito neuronale maggiormente compromesso in tale patologia.

2. verificare se tali alterazioni della biochimica corticale possano essere modificate da un trattamento a lungo termine con dopaminoagonisti.

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PAZIENTI E METODI

Soggetti

Sono stati studiati 12 pazienti affetti da MP, reclutati consecutivamente tra i pazienti afferenti all’Ambulatorio per la

Malattia di Parkinson ed altri Disordini del Movimento del

Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Pisa.

Tutti i pazienti non erano stati sottoposti in precedenza ad alcun trattamento farmacologico antiparkinsoniano, ne’ avevano assunto terapia neurolettica e/o con farmaci ad azione antidopaminergica. La sintomatologia era di recente esordio e prevalentemente unilaterale. La diagnosi di MP è stata posta in accordo con i criteri diagnostici della

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Dodici soggetti di pari età e sesso sono stati reclutati come gruppo di controllo. Tutti i soggetti di controllo sono stati sottoposti ad un esame obiettivo generale ed a un approfondito esame neurologico per escludere la presenza di segni della serie extrapiramidale. E’ stato inoltre effettuato un Mental State Evaluation (MMSE); punteggi di MMSE < 24/30 rappresentavano un criterio di esclusione.

I dati clinici e demografici delle popolazioni studiate sono stati riportati in tabella. Tutti i pazienti ed i controlli hanno dato il loro consenso informato a partecipare allo studio in accordo con le linee guida della Dichiarazione di Helsinki.

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Disegno dello studio e valutazioni cliniche

Per escludere la diagnosi di parkinsonismi secondari e/o parkinsonismi atipici i pazienti sono stati sottoposti a tests neurovegetativi e ad una estensiva batteria neuropsicologica.

Sono stati inoltre effettuati tests di responsività dopaminergica con levodopa e apomorfina a supporto dei criteri diagnostici. La risposta al test farmacologico veniva considerata positiva quando i farmaci dopaminergici inducevano un miglioramento dei parametri motori (tapping, rigidità e walking) di almeno il 30%.

Lo stadio di malattia è stato valutato mediante scala di Hoehn-Yahr (H-Y), la severità dei disturbi motori mediante la Unified Parkinson’s Disease Rate Scale (UPDRS) e lo stato cognitivo mediante Mini Mental State Evaluation (MMSE) integrato da un’estesa batteria neuropsicologica ad hoc predisposta.

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Segni riferibili a disautonomia, Mini Mental Examination scores (MMSE) < 24/30, patologie significative a carico del cuore del fegato o dei reni, l’uso di precedenti terapie antiparkinsoniane rappresentavano criteri di esclusione.

Dopo l’approfondita valutazione clinica i pazienti che soddisfacevano i criteri di inclusione venivano sottoposti allo studio mediante 1H-SRM e successivamente veniva somministrata terapia con pergolide con una titolazione rapida fino al dosaggio di 3 mg/die:

la pergolide veniva somministrata ad una dose iniziale di 0.25 mg t.i.d. e aumentata fino al dosaggio di 1 mg t.i.d. entro un mese. Tre giorni prima di iniziare la pergolide, veniva somministrato domperidone (al dosaggio di 20 mg t.i.d.); era permesso di continuare l’assunzione del farmaco ad un dosaggio massimo di 30 mg t.i.d. non oltre il periodo di titolazione.

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I pazienti venivano valutati clinicamente dopo 1, 3 e 6 mesi dall’inizio della terapia con pergolide. Durante ciascuna visita venivano effettuate oltre all’esame neurologico standard anche le scale di valutazione motoria (UPDRS e H-Y). Durante la visita venivano inoltre registrati i parametri vitali (pressione arteriosa e frequenza cardiaca in clino ed ortostatismo) e venivano raccolte informazioni circa gli eventuali effetti collaterali.

Durante il periodo di follow-up di 6 mesi, non era permesso l’uso in cronico di altri farmaci eccetto la pergolide o il domperidone (durante il primo mese).

Dopo il periodo di follow-up clinico tutti i pazienti venivano nuovamente sottoposti ad un esame mediante 1H-SRM.

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Tecniche di RMI e

1

H-SRM

Lo studio RM convenzionale e quello di spettroscopia erano condotti utilizzando uno scanner total body da 1.5 Tesla, operante a 63.8 MHz (Signa 5.6, GE Medical System, Milwakee, Wis) e una bobina standard per la testa. Sono state acquisite immagini pesate in T1 (TR=600, TE=10 msec, NEX 2, ET 8, matrice 256x192, spessore 4 mm) e in T2 (TR=3500, TE=17-103 msec, NEX 2, matrice 256x256, spessore 4 mm) con sequenze Spin Echo (SE). L’indagine spettroscopica era eseguita utilizzando una immagine transassiale e posizionando il volume di interesse (VOI) a livello della scissura interemisferica, in modo da coinvolgere la corteccia motoria del lobulo quadrangolare dei due emisferi (figura 1).

La1H-SRM a volume singolo veniva eseguita usando il sistema PROBE/SV, apportando modifiche riguardo alla soppressione selettiva

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del segnale proveniente dall’acqua, utilizzando la tecnica STEAM (Stimulated Echo Acquisition Mode) (TR=2010 msec, TE=30 msec, 128-256 scansioni per segnale, dimensioni del VOI=3.4 cc).

Gli spettri erano acquisiti in 4.56-9.58 min, con una ampiezza di banda di 2500 Hz, corrispondente a 2048 punti. Sebbene il sistema PROBE/SV assicuri una analisi automatica dei dati e delle immagini, i dati “grezzi” venivano analizzati off-line con il SAGE/IDL (Spectral Analysis GE/Interactive Data Language) su una consolle Sun Ultra 1. La fase di post-processing, anch’essa automatica, comprendeva l’applicazione di una funzione esponenziale di apodizzazione con un filtro di 20 Hz per ridurre il rumore di fondo; la fase veniva regolata automaticamente utilizzando il segnale residuo dell’acqua.

Applicando la trasformata di Fourier era possibile ottenere informazioni spaziali (posizione degli n voxel). Con un’ulteriore

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trasformata di Fourier si ottenevano i segnali nel dominio della frequenza, cioè gli spettri.

Venivano misurati i seguenti metaboliti: N-acetil-aspartato (NAA, a 2.01 ppm), Creatina/Fosfocreatina (Cr, a 3.03 ppm), composti contenenti Colina (Cho, a 3.22 ppm) e il mioinositolo (mI).

Gli spettri erano valutati confrontando l’ampiezza dei segnali di risonanza; l’ampiezza di picco era determinata utilizzando una linea Lorentziana e calcolando la deviazione standard (DS) corrispondente al rumore di fondo.

Quindi veniva calcolato il rapporto tra l’ampiezza del segnale di ciascun metabolita e il segnale della Cr. Quest’ultimo era scelto arbitrariamente dato che sembrava essere stabile rispetto al rumore di fondo ed anche perché la sua ampiezza si modificava meno di altri metaboliti.

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Analisi statistica

I confronti sono stati effttuati utilizzando l’analisi della varianza (ANOVA) e ANOVA per misure ripetute per le variabili quantitative, e il chi-square test per le variabili qualitative. Le relazioni fra i rapporti dei metabolici e i dati clinici e demografici sono state effettuate utilizzando una correlazione lineare e l’analisi della varianza.

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RISULTATI

Valutazioni cliniche

Dei 12 pazienti arruolati nello studio, 11 (6 maschi e 5 femmine; con età media di 56.4 + 12.6 anni; durata media di malattia di 15.1+10.6 mesi) soddisfacevano i criteri di inclusione e completavano il periodo di up. Un caso è stato escluso per scarsa compliance e follow-up incompleto.

Al basale i punteggi della scala UPDRS erano 6.9 (DS, 3.04) per il subitem II e 13.0 (DS, 3.9) per il subitem III ; i punteggi alla scala H-Y erano 1.2 (DS, 0.3).

Tutti gli 11 pazienti che hanno completato il follow-up, hanno raggiunto il dosaggio prestabilito di pergolide (1 mg t.i.d.); 3 (27%) di questi pazienti hanno presentato effetti collaterali: 2 hanno avuto

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nausea ed 1 sonnolenza. Gli effetti collaterali non sono stati tuttavia di intensità tale da determinare la sospensione della terapia, sebbene in 2 casi un aumento posologico del domperidone si sia reso necessario (dosaggio massimo raggiunto 30 mg t.i.d.) nelle fasi iniziali della titolazione della pergolide.

Dopo 6 mesi di trattamento con pergolide, un significativo miglioramento nell’UPDRS è stato registrato in tutti i pazienti (p<0.001) (figura 2 ).

1

H-SRM

La media dei rapporti Cho/Cr, NAA/Cr e mI/Cr registrati a livello della corteccia motoria dei soggetti di controllo era 0.87 (DS,0.13), 1.40 (DS, 0.14) e 0.67 (DS, 0.13) rispettivamente. La media dei

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rapporti Cho/Cr, NAA/Cr e mI/Cr dei pazienti era 0.71 (DS, 0.13), 1.24 (DS, 0.15) e 0.67 (DS, 0.12) rispettivamente.

Il confronto dei rapporti dei metaboliti indicava che i pazienti presentavano valori ridotti rispetto a quanto riportato dai controlli sia per quanto riguarda il rapporto Cho/Cr sia per il rapporto NAA/Cr (p<0.01).

Nessuna correlazione è stata trovata fra i rapporti dei metaboliti indagati e l’età, il sesso, la disabilità motoria (misurata attraverso i punteggi alle scale UPDRS e H-Y) e la durata di malattia.

La media dei rapporti di Cho/Cr, NAA/Cr e mI/Cr registrati a livello della corteccia motoria dei pazienti parkinsoniani riportati alla seconda valutazione con 1H-MRS era 0.82 (DS, 0.13), 1.37 (DS, 0.14) e 0.67 (DS, 0.13) rispettivamente.

Un significativo aumento del rapporto Cho/Cr nella corteccia motoria dei pazienti è stato registrato al controllo con 1H-MRS se confrontato

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con il precedente dato registrato al basale (p<0.05); per quanto riguarda il rapporto NAA/Cr, sebbene sia stato osservato un “trend in aumento” (1.37 ± 0.14 vs 1.24 ± 0.15), l’incremento registrato non ha raggiunto la significatività statistica.

Nessuna correlazione è stata trovata nel confronto fra le differenze basale/follow-up dei rapporti dei due metaboliti e le valutazioni motorie effettute con le scale UPDRS ed H-Y.

I risultati del confronto basale/follow-up per quanto riguarda i metaboliti studiati sono riportati in figura 3.

Lo spettro di un paziente (M.C., ♂, 58 aa) prima e dopo terapia è riportato in figura 4.

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DISCUSSIONE

La maggior parte degli studi effettuati su pazienti parkinsoniani utilizzando la 1H-MRS hanno preso in esame le strutture dei gangli della base riportando risultati contrastanti (Holshouser e coll., 1995; Ray-Chaudhuri e coll., 1996; Ellis e coll., 1997; Hu e coll., 1998; Clarke & Lowry , 2000; Clarke & Lowry, 2001).

Infatti, solo Holshouser e coll. (1995) ed Ellis e coll. (1997) hanno evidenziato una riduzione di NAA, Cho e Cr e/o dei loro rispettivi rapporti nel putamen, nel caudato e/o nel globo pallido, in genere più evidente controlateralmente al lato dell’emisoma più compromesso. L’apparente discordanza dei dati ottenuti nei vari studi potrebbe essere attribuibile alle diverse caratteristiche cliniche dei soggetti studiati. Infatti, è interessante notare che negli studi di Holshouser e coll. (1995) e di Ellis e coll. (1997), solo i pazienti rispettivamente con età

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più avanzata e quelli de novo presentavano significative riduzioni del rapporto NAA/Cho, mentre i pazienti in terapia con levodopa non presentavano modificazioni rispetto a soggetti di controllo.

Pertanto sia la progressione della malattia che la terapia farmacologica possono influenzare il risultato dell’esame spettroscopico, alterando, in particolare, i livelli di NAA e Cho striatali. Poiché in questi studi non è stato misurato il valore assoluto dei vari metaboliti, non è stato possibile stabilire se le alterazioni del rapporto NAA/Cho erano dovute ad una riduzione di NAA o della Cho.

Ellis e coll. (1997) suggeriscono che la riduzione del rapporto NAA/Cho striatale nei parkinsoniani de novo e la sua normalizzazione nei pazienti cronicamente trattati con levodopa richiamano le modificazioni PET e SPECT dei recettori dopaminergici D2 striatali, aumentati nella MP iniziale e normali o ridotti in fase avanzata di malattia (Rinne e coll., 1993; Schwarz e coll., 1992). Poiché il segnale

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della Cho è espressione del metabolismo fosfolipidico e può essere considerato un indice dell’integrità delle membrane neuronali, è stato ipotizzato che la modificazione del rapporto NAA/Cho nei parkinsoniani de novo sia conseguenza di modificazioni della Cho in relazione alla up-regulation dei recettori dopaminergici D2.

La discrepanza tra i risultati degli studi presi in esame potrebbe essere ascrivibile, tuttavia, non solo alle diverse caratteristiche cliniche dei pazienti selezionati, ma anche alle diverse dimensioni del volume di interesse posizionato sui nuclei della base ed alle diverse tecniche di acquisizione dello spettro.

Solo pochi studi con 1H-SRM ad oggi hanno concentrato l’attenzione sulla corteccia motoria dei pazienti con MP, sebbene esista una significativa messe di dati estrapolati da studi neurofisiologici e di neuroimaging funzionale che evidenziano un interessamento della corteccia motoria nei pazienti parkinsoniani.

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L’importanza del coinvolgimento corticale nella fisiopatologia della MP trova conferma in studi PET, con 18FDG, che mostrano una riduzione assoluta nel metabolismo regionale del glucosio nella corteccia parietale di pazienti parkinsoniani (Piert e coll., 1996). Altri studi PET che hanno utilizzato l’inalazione di 15O, hanno documentato un deficit regionale del metabolismo ossidativo, soprattutto a carico della corteccia parietale del lato affetto (Lenzi e coll., 1979).

Modificazioni funzionali corticali in pazienti con MP sono confermate da studi anatomo-funzionali (Davis e coll., 1997; Smith e coll., 1998; Brown e coll., 1998), in cui si ipotizza che la deplezione dopaminergica nigro-striatale possa inibire il talamo che, a sua volta, inibirebbe le aree corticali motorie, in modo tale da rendere possibile la comparsa dei segni e sintomi cardinali della malattia.

Circuiti neuronali corticali sembrano, infatti, coinvolti nell’origine della rigidità: tramite studi condotti con potenziali evocati motori

(43)

(PEM), Cantello e coll. (1991) hanno dimostrato una ipereccitabilità della corteccia motoria in pazienti con MP. La rigidità deriverebbe dalla disinibizione di una via riflessa propriocettiva transcorticale. Per ciò che riguarda la bradicinesia, studi PEM con stimolazione transcranica hanno rilevato che, durante una contrazione volontaria, i periodi silenti post-stimolazione sono più brevi nei pazienti con MP rispetto ai controlli (Priori e coll., 1994) e che l’inibizione cortico-corticale è molto ridotta, suggerendo l’esistenza di anormalità nei meccanismi di inibizione esercitati dalla corteccia motoria (Berardelli e coll., 1996). E’ noto, inoltre, che in pazienti con MP è presente una compromissione dell’esecuzione automatica di programmi motori complessi, il cui svolgimento è regolato dall’area motoria supplementare .

Il complesso area motoria supplementare-nuclei della base è anche il substrato dell’organizzazione temporale dei movimenti sequenziali

(44)

volontari (Cunnington e coll., 1996), come dimostrato anche da studi PET (Jahanshahi e coll., 1995) e della scelta del movimento piú appropiato (Tourge e coll., 1995).

Per quanto riguarda la genesi del tremore, studi effettuati utilizzando microelettrodi impiantati nel talamo, hanno dimostrato la presenza di cellule pacemaker, ritmicamente attivate, localizzate a livello del nucleo ventrale intermedio, il quale proietta alla corteccia motoria (Lin e coll., 1994). Il ruolo prioritario della corteccia come sede di relè neuronali coinvolti nella genesi del tremore è supportato anche da studi di flusso cerebrale regionale, che sembra aumentare, durante il tremore, a livello dell’area motoria supplementare e della corteccia precentrale e paracentrale (Dietz e coll., 1974).

Un interessamento verso lo studio della corteccia attraverso l’utilizzo della 1H-SRM si manifesta alla fine degli anni ’90, quando per primi, Tedeschi e coll. (1997) hanno impiegato la 1H-SRM per studiare aree

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corticali a livello frontale, parietale, precentrale, temporale ed occipitale in pazienti con MP, senza riscontrare alcuna modificazione spettroscopica. Hanno, invece, trovato ridotti rapporti NAA/Cho e NAA/Cr nella corteccia frontale e precentrale nella PSP e nella corteccia parietale in pazienti affetti da degenerazione cortico-basale, probabile espressione di perdita neuronale.

Una riduzione del rapporto NAA/Cr nella corteccia temporo-parietale (con prevalente interessamento temporale) di 17 parkinsoniani non dementi ed in terapia con levodopa è stata riportata in un altro studio (Hu e coll., 1999). Questi Autori suggeriscono che tale alterazione metabolica di aree associative corticali, potrebbe predire una futura comparsa di deterioramento cognitivo, per la significativa correlazione tra pattern spettroscopico e compromissione di alcuni tests neuropsicologici osservata in questi pazienti

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Più recentemente una riduzione del rapporto NAA/Cr nell’area supplementare motoria è stato osservato in un gruppo di 28 pazienti con MP in assenza di alterazioni cognitive (Camicioli e coll., 2006). Un altro dato interessante emerso da questo studio è che è stata riportata una correlazione fra riduzione del rapporto NAA/Cr e gravità della malattia intesa con maggiore compromissione motoria registrata all’UPDRS.

Nel nostro studio è stata osservavata una riduzione delle medie dei rapporti Cho/Cr and NAA/Cr rilevati a livello della corteccia motoria in un gruppo di pazienti parkinsoniani non dementi e che non avevano mai assunto terapie antiparkinsoniane.

E’ verosimile, pertanto, che le modificazioni neurochimiche dei nuclei della base, proprie della MP, comportino alterazioni funzionali a carico delle aree corticali motorie ad essi connesse, che si riflettono nelle alterazioni spettroscopiche osservate nel presente studio.

(47)

Tuttavia i nostri risultati debbono essere valutati tenendo conto di alcune possibili fonti di errore. Un problema può insorgere infatti nell’esatta determinazione dell’area dalla quale è stato ricavato lo spettro dei metaboliti: il VOI è stato posizionato sulla faccia mediale della corteccia motoria che corrisponde grossolanamente all’area di rappresentazione del piede e della gamba (Broadman area 4), ma considerando le dimensioni del volume di interesse è possibile che alcuni data provenienti dall’area motoria supplementare possano essere stati inclusi nell’analisi. Un secondo punto di analisi origina dal fatto che il VOI è stato posizionato in maniera tale da comprendere sia parte della corteccia motoria dell’emisfero dx che di quello sin per cui non possono essere disponibili dati provenienti da un solo emisfero.

Il risultato più significativo che emerge da questo studio è rappresentato dall’aumento del rapporto Cho/Cr che è stato osservato nella corteccia motoria dei pazienti parkinsoniani dopo un trattamento

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di 6 mesi con il dopaminoagonista pergolide. L’aumento del rapporto Cho/Cr è tale che il valore si avvicina in maniera significativa a quanto osservato nei controlli (0.82 vs 0.87).

Questa tendenza alla “normalizzazione” del rapporto Cho/Cr riportato dopo trattamento farmacologico con pergolide appare in accordo con quanto già osservato in studi funzionali che utilizzavano la stimolazione magnetica transcranica continua (Mir e coll., 2005; Ziemann e coll., 1996). In uno di tali studi è stato osservato che la terapia con farmaci dopaminergici era in grado di ristabilizzare le interazioni fra le aree corticali premotoria e motoria (Mir e coll., 2005); nell’altro studio la pergolide si dimotrava efficace nel potenziare l’inibizione motoria corticale che è noto essere deficitaria nei pazienti con MP (Ziemann e coll., 1996).

E’ possibile pertanto ipotizzare che un alterato input dai gangli della base possa indurre modificazioni funzionali e della biochimica

(49)

corticale, e che i dopaminoagonisti possano modulare l’attività corticale probabilmente riducendo l’output eccitatorio dai gangli della base e di conseguenza l’eccessiva inibizione dei nuclei talamici.

Riassumendo i dati del nostro studio indicano:

1) I rapporti Cho/Cr ed NAA/Cr possono risultare ridotti nei pazienti con MP de novo; 2) la terapia dopaminergica, oltre a migliorare le funzioni motorie, determina un aumento significativo del rapporto Cho/Cr nella corteccia motoria; 3) la 1H-MRS applicata allo studio della MP rappresenta una valida metodica per una migliore comprensione gli effetti dei farmaci e dell’evoluzione del processo fisiopatologico.

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Tabella: Dati clinici e demografici delle popolazioni studiate

Età

(anni±DS)

Sesso

(M/F)

Durata Malattia

(mesi±DS)

Stadio

Hoehn-Yahr

Pazienti

56.4±12.6

6/5

15.1±10.6

1.2±0.3

Controlli

54.6±15.6

6/5

/

/

(69)

(a)

(b)

(70)

e

(71)

e

(72)
(73)

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