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Semprun e i campi di concentramento:testimone e scrittore militante

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Academic year: 2021

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SEMPRUN E I CAMPI DI CONCENTRAMENTO :

SCRITTORE E TESTIMONE MILITANTE

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INDICE

SIGLE DELLE OPERE ………...……….1

INTRODUZIONE ………...………..2

CAPITOLO 1: VITA E OPERA DI JORGE SEMPRUN ……….9

1. 1. Biografia ………...9

1 . 2 . L ’ o p e r a s e m p r u n i a n a … … … . . . 2 7 1. 2.1. La lingua di scrittura ……….30

1. 3. Autobiografia necessaria, autobiografia impossibile ……….37

1.3.1. Il tempo dell’opera sempruniana: una cronologia della memoria…..39

1 . 3 . 2 . V i a g g i o i n t r o s p e t t i v o … … … . . . 4 3 1.3.3. La rievocazione del paradiso perduto dell’infanzia ……48

1 . 3 . 4 . L ’ i d e n t i t à c e l a t a … … … 5 5 CAPITOLO 2 : LE OPERE DEL CICLO DEI CAMPI……… 60

2. 1. Introduzione alla letteratura della deportazione ……….60

2. 2. Sinossi delle opere del ciclo dei campi ………..67

2 . 2 . 1 . L e g r a n d v o y a g e … … … . . . 6 7 2.2.2. L’évanouissement ………...68

2.2.3. Quel beau dimanche! ……….69

2.2.4. L’écriture ou la vie ……….70

2.2.5. Le mort qu’il faut ………...72

CAPITOLO 3 : PARLARE E’ IMPOSSIBILE ………..74

3. 1. La dolorosa scelta tra la scrittura o la vita ………..74

3. 2 La testimonianza contestata ………...78

3. 3. Sigrid : la presa di coscienza ……….82

CAPITOLO 4 : L’ORA DELLA TESTIMONIANZA, TRA IL M E S T I E R E D I R A C C O N T A R E E I L D O V E R E D I RICORDARE… ……… ………… ………… ………… . .. ……… ……84

4. 1. La vocazione di scrittore ………84

4. 2. La conquista del potere di scrivere: Le grand voyage…...88

4. 3. Il cattivo testimone: la rivendicazione dell’arte………..91

4. 3.1. Il Dio della creazione……….………….95

4. 3.2. Raccontare una domenica ………100 4 . 3 . 3 . L ’ o p e r a c o m e c o s t r u z i o n e m u s i c a l e 1 0 3

(3)

4. 4. Il rapporto con la verità ……….112

4. 4.1. Il dovere di memoria ………..………113

4. 4.2. Il viaggio ………..115

4. 4.3. La questione ebraica ……….118

4. 4.4. L’arrivo e lo sbarco al campo ………...121

4. 4.5. Krematorium, ausmachen ………127

CAPITOLO 5 : LA CONDIZIONE UMANA ………131

5. 1. La riflessione sul male radicale ………..…131

5. 1.1. Le forze rassicuranti della fraternità ………...136

5. 2. L’esperienza della morte ………..137

5. 3. La lotta per la vita ……….…141

5. 3.1. Il potere della parola ………...144

5. 4. La riflessione sulla società………..……148

C O N C L U S I O N I : T E S T I M O N I A N Z A I M P O S S I B I L E , TESTIMONIANZA NECESSARIA………...152

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SIGLE DELLE OPERE DI JORGE SEMPRUN:

Le grand voyage: GV L'évanouissement: ÉVN Quel beau dimanche!: QBD L'écriture ou la vie: ÉV Le mort qu'il faut: LMQF

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INTRODUZIONE

La scelta di indirizzare il mio interesse verso la letteratura del novecento, e ad un autore contemporaneo come Jorge Semprun, nasce come risposta ad un’interrogazione personale: qual è il ruolo della letteratura e dell’intellettuale oggi? Porsi questa domanda non è certamente avere la presunzione di situarsi nella posizione di un Sartre, ad esempio, che, nel 1947, davanti agli avvenimenti tragici di questo secolo, si chiedeva nella rivista Les temps modernes: « Qu’est-ce que la

littérature ?». Egli arrivò ad una vera e propria teoricità della letteratura impegnata,

che rivendicava l’intervento diretto dell’artista sul e nel mondo e si poneva come azione e trasformazione agente nella politica e nel sociale. In questo caso si tratta di una semplice interrogazione nata nella coscienza di una lettrice “esigente”, che non cerca solo l’effimero piacere della narrazione d’intrattenimento, ma che crede che la letteratura debba avere, non solo una funzione conoscitiva, ma anche un certo valore etico, e in qualche misura politico. Il binomio letteratura e politica sembra essere però, da sempre, un connubio se non inconciliabile almeno spinoso, e appare difficile e arduo per uno scrittore intraprendere questa strada. Il mercato letterario oggi si mostra, infatti, stereotipato, e volto a rispondere ad un pubblico globale e apatico, che preferisce una letteratura media, e cerca l’ultima tendenza che fa notizia, piuttosto che un lavoro narrativo di spessore, disdegnando, in questo modo, quelle opere culturali impegnate a confrontarsi con la realtà sociale in mezzo alle quale viviamo. Si nota così un’eccessiva produzione letteraria mediocre, figlia di un’assenza, quella del diffuso disinteresse civile nel mercato letterario, che ha portato ad uno sviluppo senza cultura, e ad un discorso che non è più di qualità, bensì di marketing. Quello che si crea è un circolo vizioso basato sul business, che vede da una parte editori che pubblicano solo preoccupati dalla vendibilità delle opere, e dall’altro autori che, con i loro scritti, sembrano rispondere alle leggi di questo mercato di massa. In questo terzo millennio, sempre più all’insegna dell’omologazione, i libri proposti, facili da leggere, sembrano decretare la fine della letteratura d’impegno, come se il naufragio di questo secolo folle, fosse

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lontano, mentre esso è, invece, sempre più che mai attuale, se si pensa che la guerra è ancora una realtà presente, sebbene non diretta e lontana da noi.

Partendo da questa riflessione sull’attuale letteratura, sulla sua funzione o produzione indotta dall’industria culturale, e davanti ad un secolo che mai come oggi ha bisogno di voci acute e penne attente pronte mettere nero su bianco laddove c’è qualcosa che necessita chiarezza, è doveroso chiedersi: dove sono gli scrittori oggi? A chi parlano o perché non parlano per niente? Dove sta l’impegno? La letteratura dovrebbe significare impegnarsi a dire qualcosa di forte e coraggioso, porsi contro i poteri e l’opinione dominante, sia essa di destra o di sinistra, anche a costo di scioccare o rischiare la censura. Nessuno chiede di risolvere né tanto meno chiarire, ma solo di raccontare quello che accade; allo scrittore non viene chiesto, infatti, di rispondere, o di rivelare agli uomini, come un profeta, verità di cui sarebbe depositario, ma porsi domande e cercare di fare chiarezza attraverso quelle stesse domande. Il compito dell’intellettuale moderno non può, e non dovrebbe, essere quindi quello di chiudersi nella sua torre d’avorio, esiliandosi da una società che rifiuta e rinnega, ma quello di usare la scrittura, e credere nell’efficacia dello strumento che egli possiede: il potere della parola. Certo, alcuni intervengono, ma sono voci isolate e troppo spesso messe a tacere, da chi le etichetta come sovversive e nocive per la società. Tali generi di pubblicazioni si trovano, così, solo in librerie sconosciute o in bancarelle e sono spesso auto-pubblicate.

Dopo questi interrogativi, è stato quasi una rivelazione, incontrare un autore come Semprun, che non è solo uno scrittore che il destino ha messo nella posizione di scrivere sull’olocausto, ma è soprattutto attore della storia del XX secolo. Semprun appartiene, infatti, a quella generazione di uomini ostinati da ragioni immense che hanno partecipato attivamente e con ardore alla costruzione di un mondo migliore. Una vita avventurosa come la sua, che ha il carattere di un’epopea moderna, e lo slancio verso quell’ideale di libertà che lo contraddistingue, e che lo fa critico contro ogni apparato di potere, mi ha indotta a pensare che la sua opera sarebbe stata una aperta denuncia a quello che si presenta come il più atroce dei mali del nostro secolo. Questo studio, tuttavia, si rivela nato da una sfida scaturita da una delusione iniziale provata nell’accostarmi a questa opera. Delusione per non aver trovato riscontro tra la vita dell’autore e la sua testimonianza, delusione di chi aveva

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il preconcetto che denunciare voglia dire puntare il dito, e di chi si aspettava, quindi, di trovare una voce singolare di disturbo nella corrente letteraria contemporanea. Delusione, infine e soprattutto, scaturita da una lettura che a posteriori è possibile definire superficiale. Leggere per la prima volta Semprun, che raramente si abbandona a giudizi severi verso quel sistema che voleva negarlo e distruggere la sua dignità di essere umano, lascia infatti perplessi; così come leggere un libro dedicato alla testimonianza dell’olocausto e non trovare quella pedagogia dell’orrore che ci si attende. Com’è possibile scrivere e aver vissuto direttamente tale ingiustizia senza denunciare? La sua riflessione, però, si caratterizza da una gran moderazione; il testo sempruniano è, infatti, differente dalle opere di testimonianza sull'olocausto, e l’autore non descrive in lungo e in largo gli orrori, ma essi sono commentati e inseriti in riflessioni più ampie. Certo il tempo passato che divide l’esperienza vissuta dalla stesura del suo primo libro, Le grand voyage del 1963, ha lasciato l’autore libero di affrontare l’argomento tralasciando la cronologia o un racconto puramente informativo, ma il motivo non si limita a questo: in Semprun ci troviamo, infatti, davanti ad una lettura che suscita piacere. Chiedersi allora come sia possibile restare conquistati leggendo il resoconto e la testimonianza dell’olocausto sorge spontaneo. Chi si aspettasse quindi una testimonianza stereotipata o uno scrittore provocatorio rimarrebbe deluso. Di fronte a noi abbiamo uno scrittore che ama la fantasia, che ha senso dell’humour, e che riesce abilmente ad inserire la poesia e il suo gran bagaglio culturale, all’interno di quella che dovrebbe essere un’opera di testimonianza. Solo lasciando alle spalle questi preconcetti è possibile allora scoprire la grandezza dell’opera sempruniana e scoprire che essa sta proprio là dove sembra essere negata. Scoprire, inoltre, che denunciare non è solo puntare il dito, o limitarsi a intraprendere il cammino di testimonianza che ci si attende, ma invitare il lettore alla riflessione personale, senza dare risposte bensì indirizzarlo e condurlo alla rivelazione e alla presa di coscienza autonoma e personale. Semprun, in stato di perenne esilio sia politico che personale, trova nel linguaggio e nella scrittura una terra d’esilio e un luogo d’interrogazione senza fine. È per questo che nel titolo è stato possibile affermare che egli è testimone pur dichiarando di non aver mai scritto per testimoniare. Questo studio cercherà di addentrarsi nell’opera sempruniana, affrontando un’analisi che tenterà di

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rintracciare la particolarità e l’originalità dell’opera e, proponendosi di descrivere come la testimonianza s’iscrive nella narrazione, cercherà di rispondere al perché sia possibile affermare che l’opera sempruniana costituisce un importante contributo alla testimonianza sull’olocausto, pur essendo essa sapientemente costruita e armonizzata dallo scrittore che non esita a dichiararsi il dio onnipotente della narrazione. Questo studio, che si caratterizza da un approccio globale dell’opera che Semprun dedica alla testimonianza, e che non si limiterà ad un solo romanzo, ma prenderà in esame l’intero ciclo delle opere dei campi, si articolerà in cinque tempi.

Il punto di partenza è stato quello di introdurre l’autore e la sua opera. Narrare la biografia di uno scrittore già largamente diffusa dai media, e la cui opera è in buona parte autobiografica, può apparire come un lavoro superfluo, ma ripercorrere le tappe della storia di un uomo come Semprun, portavoce di una intera generazione, si è rivelato un percorso tutt’altro che banale. Raccontare infatti una vita come la sua, significa trovarsi al centro della storia europea del XX secolo, e aprire un ventaglio di immagini che sottolineano il suo militantismo, il suo impegno nel combattimento contro l’oppressore. Rintracciare il contesto familiare e socio-politico in cui cresce, ci permetterà di andare alla ricerca dei fatti che hanno svegliato in lui la coscienza politica, indirizzando la sua vita verso l’impegno attivo e la partecipazione nella storia del secolo.

Passeremo poi a delineare una presentazione generale dell’opera sempruniana, che sebbene tardiva, appare varia e aperta alla sperimentazione; essa ricopre, infatti, un vasto campo di indagine che non si limita alla narrativa, ma include, sempre sotto un impronta impegnata, l’attività di scenarista con alcuni dei più grandi registi del nostro tempo. Sarà necessario porre l’accento sul fatto che la posizione che riveste Semprun come testimone dell’olocausto, e la gran portata morale della sua opera, non devono indurci a pensare che essa si riduca ad un semplice monumento alla memoria. Per la sua opera, Semprun, sembra rivendicare quel concetto di libertà a cui ha aspirato tutta la sua vita. Essa si rivela, infatti, ibrida, polimorfa, e appare come un gran mosaico di luoghi e tempi differenti dove autobiografia, testimonianza e finzione, sono accostati armoniosamente dalla sapiente mano dello scrittore. Soffermeremo la nostra attenzione sulla scelta dello scrittore della lingua

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di scrittura per la sua opera, scelta che come vedremo, è scaturita principalmente da necessità letterarie.

Alla luce di questa introduzione sulla figura dell’autore e sulla sua opera passeremo ad analizzare un aspetto di questa ultima: la portata autobiografica. Ci chiederemo in quale misura il carattere ossessivo di un’epopea moderna alla quale egli ha preso parte, è all’origine dell’opera e in che modo l’autore cerca ispirazione dal materiale preso in prestito dalla propria esperienza personale. Per questa analisi ci rifaremo alla definizione che Philippe Lejeune offre per Le pacte autobiographique, quella condizione che sembra essere necessaria alla definizione del genere: racconto retrospettivo in prosa che un personaggio reale fa della propria esistenza, quando pone l’accento sulla sua vita individuale e sulla storia della sua personalità. Vedremo, infatti, che i suoi testi sono segnati da un irregolare tracciato autobiografico, utilizzato con la più gran libertà, che non impedisce però di identificare la figura dell’autore tra finzione ed esistenza.

Ci avvicineremo, in seguito, a quello che è il centro della nostra analisi: le opere del ciclo dei campi. Per facilitare la comprensione del contesto nel quale si inscrive l’opera sempruniana, faremo una presentazione sommaria della letteratura nata dai campi di concentramento, e dal dibattito che essa ha sin dall’inizio sollevato dietro di sé. Una volta che avremo acquisito una visione panoramica di questo genere, vedremo come l’opera di Semprun vi s’iscrive. Forniremo la sinossi d’ogni opera, sebbene per i romanzi sempruniani sia di solito impossibile riassumere l’intrigo in qualche frase, poiché essi offrono spesso una trama oscura. L’opera sempruniana, infatti, non racconta proprio una storia, ma si presenta come un enorme volume di riflessioni differenti sulla guerra, la natura dell’uomo, la politica, ma, prima di tutto, la letteratura e la relazione tra l’autore e il romanzo.

A partire da queste constatazioni, dopo aver portato alla luce che l’opera sempruniana ha un certo numero di qualità che la differenziano nettamente da tutte le altre opere che costituiscono questo genere, ci interesseremo più da vicino al rapporto di Semprun con la scrittura dell’esperienza della deportazione. Se Semprun infatti riveste oggi il ruolo di testimone a lui richiesto, e le sue opere rappresentano

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un contributo vasto alla memoria dell’olocausto, vedremo che il cammino verso questa strada è stato lento e faticoso. Affronteremo i motivi che portano Semprun a tacere per un lungo periodo prima di poter scrivere sull’esperienza, motivi che vedremo essere dettati tanto da necessità personali quanto sociali.

Dopo concentreremo la nostra attenzione sulla scrittura della testimonianza e sul rapporto che l’autore ha con essa. Pur avendo scritto molti anni dopo, non sembra essersi sottratto, infatti, agli interrogativi, concernenti la forma da dare alla testimonianza di tale atrocità, che si posero molti testimoni prima di lui e che costituiscono l’oggetto della questione letteraria che interessò il periodo immediatamente successivo alla guerra, come abbiamo visto al capitolo due di questo studio. Vedere in Semprun un semplice riscappato dell’olocausto che prende la penna per denunciare le atrocità subite, sarebbe riduttivo; la scrittura, infatti, se da un lato non ha per fine quello di intrattenere il lettore raccontando belle storie, dall’altro non si vuole neanche limitata e confinata alla testimonianza. La sua volontà va ben oltre e già col suo primo libro dedicato all’esperienza della deportazione dimostra di volersi allontanare da questa prospettiva. L’analisi dei testi ci condurrà a determinare se nell’autore l’abominevole passato si scrive classicamente o se ci troviamo davanti ad una nuova poetica dell’indicibile. Vedremo come lo scrittore affronta i momenti attesi in modo originale, mettendoli in relazione con episodi e situazioni, in modo da trasformarli in immagini a forte valore simbolico che corrono lungo tutta l’opera. Ne emergerà un’opera depositaria di una continua interrogazione sul come raccontare, una scrittura che procede per tentativi volta alla conquista di una parola possibile, come se il peso della memoria dell’autore cercasse la sua strada estetica per venir esorcizzata. Una scrittura che considera al tempo stesso le ragioni della sua vocazione di scrittore e il difficile cammino che egli intraprende nel conciliare il desiderio di scrivere col dovere di ricordare.

Nell’ultimo punto di questo studio passeremo poi all’analisi dei maggiori temi sempruniani chiedendoci in che modo uno scrittore che non esita a dichiarare di non essere un vero testimone per aver eluso la testimonianza, attraverso la legge estetica

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dell’arte. Egli, infatti, non esita a dichiarare non solo di sentirsi stretto in questo ruolo, ma anche di non aver mai scritto per testimoniare, fornisce invece un’opera che è tra le più intense e dolorose testimonianze della storia della nostra epoca. Ne emergerà che lo scopo dell’autore sembra allora essere più alto. Egli si rende conto, infatti, che per portare gli spiriti critici alla riflessione e alla presa di coscienza è necessario associare una meditazione più ampia alla volta filosofica, sociale e morale, ma soprattutto sulla natura dell’uomo di fronte alle forze oscure del male. Solo così egli riuscirà a trascendere la propria esperienza e iscriverla nell’universalità, e di conseguenza a trascendere lo stadio di una semplice testimonianza per raggiungere il suo scopo principale: l’invito alla riflessione.

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CAPITOLO 1: VITA E OPERA DI JORGE SEMPRUN

Raccontare una vita come quella di Jorge Semprun,1 ripercorrerne le tappe e le esperienze principali, significa trovarsi al centro della Storia europea del XX secolo. Segnato sulla propria pelle dalle guerre e dagli orrori di un secolo barbaro, egli diviene portavoce delle tragedie di cui è stato testimone: la guerra civile spagnola, la seconda guerra mondiale, il nazismo, la menzogna comunista, la sofferenza dei deboli e degli oppressi. In uno stato di perenne esilio, sia politico sia personale, Semprun trova nella scrittura, e nel linguaggio, una terra d’esilio e un luogo di riflessione senza fine. L’opera, infatti, attingendo dalla materia inesauribile della propria esperienza, strettamente legata con quella del secolo, diviene una delle espressioni della profonda crisi, individuale e collettiva, prodotta nella coscienza moderna dopo che l’ombra dell’olocausto ha oscurato la nostra epoca. Sempre critico contro ogni apparato di potere, Semprun appartiene a quella generazione di uomini ostinati da ragioni immense che hanno partecipato e lottato con ardore alla costruzione di un mondo migliore. Narrare questa storia, al fine di delineare una biografia completa di Jorge Semprun, significa tener conto della storia del secolo e dell’opera con cui essa si vuole strettamente legata.

1.1. BIOGRAFIA

Le origini di Jorge Semprun ci portano in Spagna, negli anni 20-30, e più precisamente a Madrid, la capitale di un paese in piena mutazione. La monarchia di Alphonse XIII (1902-1931), a seguito della disfatta economica dovuta alla questione del Marocco, e immemore forse della precedente perdita di Cuba, si trova a dover affrontare una grave crisi economica; ciò porta all’esasperazione la popolazione, che dà vita, così, a rivolte e insurrezioni. La situazione peggiora nel 1923, quando le crescenti tensioni sociali inducono il re ad intervenire sempre più pesantemente

1

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avvalendosi dell’appoggio militare. Si giunge in seguito al colpo di stato e alla nascita della dittatura militare impersonata dal generale Miguel Primo de Rivera (1923-1930), governatore militare della Catalogna e cattiva caricatura di Mussolini1. Jorge Semprun nasce il 10 dicembre dello stesso anno, al numero 12 di calle Alfonso XI, nel barrio di Salamanca. Situato tra il Retiro e il Paseo del Prado, questo quartiere, costituisce un angolo privilegiato di calma e quiete per l’alta borghesia madrilena. È qui che Jorge Semprun cresce con i suoi fratelli2, in un seno ad una famiglia borghese, unita e comunicativa, nonostante l’attiva vita mondana che i genitori conducono. Il padre, José María Semprun y Gurrea, di nobili origini, è un giovane avvocato, cattolico e repubblicano. Egli scrive, e pubblica, saggi e articoli, ma soprattutto ama la poesia romantica. Divide lo studio e gli ideali politici con Miguel Maura, fratello della moglie, Susana. La famiglia materna gioca un ruolo importante nella storia politica della Spagna dell’epoca; il nonno di Jorge Semprun, Antonio Maura, è, infatti, un grande esponente del partito conservatore, e primo ministro del re Alphonse XII. E anche lo zio Miguel è politicamente impegnato e darà un contributo notevole alla nascita della Seconda Repubblica spagnola, di cui diviene poi ministro degli Interni. Il sogno politico di questa famiglia così “ferocemente” repubblicana, si realizza nel 1931 quando il regime dittatoriale, rivelatosi fragile e incapace di risolvere i problemi del paese, va in pezzi ed alle elezioni di aprile viene spazzato via dalla Repubblica. La Spagna sembra ora avviarsi sulla strada della rinascita.

Nous étions le 14 avril 1945. Le matin, j’avais pensé que c’était une date marquante de mon enfance : la république a été proclamé en Espagne, ce jour-là, en 1931. La foule des faubourgs déferlait vers le centre de Madrid, surmontée d’une forêt ondoyante de drapeaux. « Nous avons changé de régime sans briser une seule vitre! » s'exclamaient, radieux, quelque peu surpris aussi, les chefs des partis républicains. (ÉV, 43)

Crescere in tempo di guerra, rende Semprun, prematuramente, partecipe dei disordini e degli avvenimenti che sconvolgono la società spagnola dell’epoca. Le immagini gioiose del popolo madrileno in piazza che festeggia la nascita della

1

Riferimenti storici da Antonio Desideri, Storia e storiografia, Firenze, G. D’Anna, 1995, pp. 638-640.

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Repubblica, restano impresse nella sua memoria, ma, poiché difficili da decifrare e da comprendere se guardate con gli occhi di un bambino, sarà l’uomo maturo che le analizzerà a posteriori.

[..] Et ce jour d’avril – en 1931− où nous avions trouvé tous les rois de pierre renversés, certains décapités, bien proprement, et d’autres avec leurs membres éparpillés autour d’eux, parce que la République venait d’être proclamée et que cette destruction systématique, et joyeuse, je présume, des rois de pierre, avait été pour la foule en liesse une matérialisation très évidente de sa victoire, parmi les chants, je suppose, et les chants, je suppose, et les grands rires [..] (ÉVN, 127)

È soprattutto a casa che Semprun riceve l’ingiunzione e lo stimolo al gusto per la problematica politica, nel senso letterario del termine, ossia del rapporto che l’uomo ha con la vita pubblica: le riunioni bizzarre, i colpi di stato, le repressioni, lo zio entra ed esce di prigione, e la madre, che ne segue l’avventura con entusiasmo, chiede ai bambini di montare il grammofono per ascoltare La Marseillaise, inno della repubblica. Uno dei suoi primi ricordi è, infatti, quello della madre che espone dal balcone l’orifiamma repubblicano dopo la vittoria delle elezioni. La loro, è la sola casa del quartiere a farlo, e i vicini indignati si affrettano a chiudere le finestre. Ecco la sua prima lezione di politica: il piccolo Jorge è traumatizzato ed è messo al bando dai bambini del quartiere, ma il coraggio della madre e del suo gesto simbolico lo riempiono d’orgoglio e fierezza.

José María Semprun riveste un ruolo importante all’interno della famiglia, senza imporre in ogni modo la propria autorità patriarcale; egli, infatti, si rivela un buon punto di riferimento per i figli, e riesce a trasmettere loro l’amore per la poesia e la pittura. Stabilisce, inoltre, le regole della loro educazione: i bambini studiano a casa e divisi in gruppi per classi d’età sono seguiti da un precettore e da istitutrici1 ed alla fine dell’anno il lavoro è convalidato dall’Institutos de Enseñanzos. Il sistema riposa sull’apprendimento delle lingue: dapprima il tedesco, poi l’inglese ed infine il francese. Ad eccezione dei due più piccoli i bambini parlano tutti perfettamente il tedesco e ne leggono i classici della letteratura infantile. La figura dell’istitutrice tedesca e gli studi con i fratelli, appariranno spesso nell’opera:

1

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Ensuite, la gouvernante les attendait, pour la leçon d’Allemand. Ainsi, c’était Fraülein Grabner, ou peut-être était-ce l’époque de Fraülein Kaltenbach, qui leur faisait lire et traduire le gros roman suisse-alémanique racontant les aventures de Heidi. (ÉVN, 122). Assis sous la lampe, à tour de rôle, mes frères et moi, nous lisions à haute voix les aventures de Heidi. La gouvernante allemande surveillait la lecture, corrigeant la prononciation d’un mot, de temps en temps. Ensuite, une fois la page finie, il fallait traduire. (ÉVN, 126)

Nell’appartamento di calle Alfonso XI, in questo ambiente plurilingue, vivace e ricco d’incontri1 importanti e scoperte, si delinea il futuro del piccolo Jorge e la madre sembra presagirlo quando dichiara: « Jorge, lui, il sera écrivain ». L’infanzia trascorre serena, la famiglia è unita ed in casa regna armonia: le passeggiate, le visite con il padre al Museo del Prado, le domeniche a Guadarrama e le vacanze estive en

route vers les plages du Nord (ÉVN, 141), nella casa di Santander.

La neige des dimanches, ailleurs, à Guadarrama. La grosse Oldsmobile rouge avait suivi les boulevards, comme d’habitude. Son père l’avait arrêtée à la même station-service, pour faire le plein d’essence. C’était après San Bernardo, à droite. [..] Plus tard, la cérémonie terminée, c’était la corse vers la neige, parmi les chênes gris argenté de la plaine, les sapins noirs des hauteurs, jusqu’à la crête des monts du Guadarrama. (ÉVN, 146-147)

Ma l’incanto si chiude nel 1932: la madre muore di setticemia. Jorge Semprun ha nove anni. Due anni dopo il padre si risposa con la quarta istitutrice tedesca, quella che i bambini hanno soprannominato la “suisseuse”. I figli, sconvolti, a stento comprendono il gesto del padre, e finiscono per rifiutare questa nuova presenza femminile. Per Semprun è questa una ferita mai rimarginata e lui stesso ammette : « Mon père avait trompé ma mère, avait commis le crime de lui survivre, d'en épouser une autre.»2

Intanto la situazione politica della Spagna si aggrava. La Repubblica dopo il respiro iniziale, svela l’altra faccia della medaglia: la propria inefficienza. Il nuovo governo, promettendo, infatti, più di quanto potesse realizzare e offendendo i sentimenti religiosi col suo rabbioso anticlericalismo, finì, in poco tempo, per scontentare tutti.

1

Ne Le mort qu’il faut (p.155), Semprun fa riferimento alla visita del poeta Lorca a casa propria.

2

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Le elezioni del 1933 si risolvono con una brusca e inaspettata sbandata a destra. L’opposizione si getta, allora, in avventure folli: ovunque si sollevano le insurrezioni. Il governo centrale, terrorizzato dagli eccessi di tali sommosse, è costretto ad intervenire con dure repressioni militari. A Madrid si crea un clima di quasi guerra civile. In un pomeriggio d'ottobre del 1934, in Plaza de la Cybèle, Semprun assiste a tali soppressioni con il padre, che si pone da interprete e sollecita i figli a coglierne il senso, spiegando che le insurrezioni operaie sono legittime nella causa ma illecite nei mezzi. Ne nasce un imperativo morale: il dovere di rifiutare la violenza e di tenersi accanto agli umili e gli oppressi. Queste parole e la vicenda dell’operaio ucciso, che s’imprimono vividamente nella memoria del piccolo Jorge, sono frequentemente evocate nell’opera, e chiariscono l’educazione politica impartita dalla famiglia.

Vingt-deux ans auparavant, dans le soleil déclinant d’un après−midi d’octobre, un homme avait essayé de traverser cette place en courant. On n’entendait pas le bruit de sa course, car il était chaussé d’espadrilles. L’homme vêtu d’un bleu travail, essayait de s’enfuir. Était-ce à cause du soleil d’automne qui dorait les vieilles pierres ? Ou bien à cause de la beauté policée, à peine baroque, du décor de cette place ? [..] Puis une camionnette de la Garde Civile est apparue à l’orée de la rue Alcala, au coin du palais Godoy. C’était un véhicule découvert et les gardes se tenaient debout sur la plate-forme, accrochés aux ridelles. Ils ont commencé à tirer sur la silhouette du petit homme en bleu qui s’enfuyait. Aux premiers coups de feu tirés en rafale, tous les pigeons habituellement posés sur les épaules de la déesse Cybèle, sur ses mains, sur les crinières de ses lions, tous les pigeons se sont envolés d’un seul coup. (QBD, 358)

Nel 1936 la famiglia parte come sempre per le vacanze: direzione Leikito, piccolo porto dei Paesi Baschi. È là che incontrano la guerre d’Espagne [qui] avait éclaté

sur [s]on enfance (ÉV, 43), una longue et sanglante guerre civile (QDB, 56), che

costituirà, per la famiglia Semprun, il tragico punto di svolta della loro vita: la strada dell’esilio. Il Fronte Popolare, infatti, indebolitosi sempre più, conduce i nemici della Repubblica a trovare espressione in un movimento di stampo fascista, a capo del quale si pone Antonio Primo de Rivera, figlio dell’ex dittatore. Ciò rafforza l’opposizione, che dopo la sconfitta sul terreno della legalità alle elezioni del 1936, passa alla lotta armata guidata dal generale Francisco Franco. La già critica

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situazione socio-politica sfocia nell’estate nella guerra civile, che si annuncia come una lotta impari all’ultimo sangue tra la resistenza del popolo e la milizia, che può contare sul consistente appoggio della Germania e dell’Italia di Mussolini. La famiglia Semprun non rientrerà più a Madrid e Jorge non rivedrà più l’appartamento di calle Alfonso XI: le loro cose andranno perdute nel disordine di quegli anni.

À la fin du dernier été, celui de la guerre civile, nous n'étions pas revenus à Madrid, les événements nous ayant jetés dans l’exil, l’arrachement. Je n’avais pas revu, je ne reverrais plus les grandes pièces aux meubles fantomatiques, recouverts de draps blancs comme des linceuls [..] (ÉV, 197-198)

Il vero engagement di Semprun ha inizio da questo momento, egli infatti non solo diviene consapevole della necessità di non lasciarsi dominare dalle situazioni, ma realizza anche l’importanza di una militanza attiva, e di una lotta personale, per la realizzazione dei propri valori. Allontanarsi dalla resistenza davanti al fuoco nemico, dagli uomini che alzano inutili barricate, per unirsi all’esodo dei villaggi in marcia nella notte, crea nel pre-adolescente un senso di colpevolezza e rammarico. Non poter restare a combattere accanto a quegli uomini, a causa della sua giovane età, lo porta a promettere a se stesso di recuperare il tempo perso, e di combattere per cambiare il corso della storia: la sua coscienza politica si è definitivamente svegliata.

[..] s’écarter d’eux, les laisser derrière cette barricade inutile, face aux blindés de Gambara, c’était trancher les liens les plus essentiels, c’était s’engager sur la route de l’exil, on aurait voulu grandir de quelques années, tout à coup, pour rester avec eux, on s’est promis, confusément, dans un terrible désespoir enfantin, de combler ce retard, de rattraper ce temps perdu, de quelque façon que ce fût ; mais on s’éloignait déjà, on partait à la dérive, dans le flot nocturne de cette foule glissant sur ses espadrilles au bruit rugueux sur l’asphalte de la route en corniche, au-dessus de la mer et des rumeurs du ressac ; on s’éloignait, voilà, on était partis, il faudrait attendre des années, une longue nuit d’années trouées d’incendies, de coups de feu, avant de prendre sa place, de pouvoir tenir sa place, à côté d’autres hommes, les mêmes hommes, derrière d’autres barricades, les mêmes barricades, le même combat non encore terminé. (GV, 240)

Pochi giorni dopo il Pronunciamento di Franco, la famiglia Semprun raggiunge Bilbao perchè costretta a lasciare il paese. Sbarcati da un peschereccio in Francia,

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nel porto Bayonne, essi si disperdono tra i Paesi Bassi e la Svizzera. È l’inizio del lungo e penoso esilio.

Je me souviens vaguement du port du Bayonne, de l’arrivée du chalutier dans le port de Bayonne. Le chalutier avait accosté juste à côté de la grande place, il y avait des massifs de fleurs, des estivants. Nous regardions ces images de la vie d’avant. C’est à Bayonne que j’ai entendu dire pour la première fois qu’on était des rouges espagnols. (GV,122)

Nel gennaio del 1937 la famiglia si riunisce e raggiunge il padre a La Haye, nei Paesi Bassi, dove ha un impiego per la légation di Spagna. In questo periodo di relativa stabilità, Semprun compone le sue prime poesie, ispirate alla guerra civile spagnola. L’adolescente assiste impotente alla disfatta del proprio paese e ne conserva una profonda ferita morale che sarà alla base del suo impegno politico.

Chez Martinus Nijhoff, ces longues séances de lecture n’étaient qu’une halte, et le pressentiment m’en tourmentait déjà, sur la longue route de l’exil, commencée à Bayonne, mais non, en réalité commencée déjà avant, cette nuit de réveil en sursaut, dans la maison des dernières vacances, au pied des pinèdes, tout le village se mettant en marche, dans le silence haletant, lorsque le brusque embrasement des collines et l’arrivée des réfugiés du village le plus proche, vers l’est, ont annoncé l’approche des troupes italiennes de Gambara piétinant le pays basque. (GV, 239)

Nel 1939 la guerra civile ormai è persa: la caduta di Madrid in mano ai franchisti segna l’inizio di una lunga dittatura. Per precauzione Jorge è mandato, col fratello Gonzalo, a Parigi. L’impatto con una cultura differente ed un lingua nuova è forte. Semprun deve dire addio all’infanzia, alla lingua madre, e alla sua terra natale.

[..] lieu sacrificiel, naguère, celui de ma deuxième coupure ombilicale [..] asile initiatique où les internes, internés, étions guéris, par amputation et mutilation sanglantes, des maux troubles de l’adolescence, de sa folie violente et sournoise, où nous étions préparés par dressage culturel à la folie douce et résignée de l’âge d’homme, H-IV hache pour trancher l’ombilic de limbes, les racines du langage maternel, les couleurs du ciel enfantin, les filaments végétaux des verbes et des chiffres, à cette époque trouble d’ après la guerre de mon enfance, d’entre-deux-guerres, d’entre toutes les guerres. Je, te disais-tu, j’habite cette chambre habitable, lieu d’exil clos dans les désert sans fin d’exil [..] (QBD, 274-275)

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A sedici anni, egli deve contare su se stesso e per vivere da lezioni private, ma al liceo Henry-IV, dove studia, si dimostra un soggetto brillante, e si distingue al concorso di filosofia del 1941, ottenendo il secondo premio. È questo l’inizio di una nuova vita, dove Semprun si avvia a diventare un uomo. A questo punto, egli non è più sottomesso alla decisione dei genitori, e può contare sulla natura del suo impegno in ragione delle sue posizioni filosofiche. La storia continua però a presidiare la vita di Semprun, e nel giugno 1940 trova, sulla strada dell’esodo francese, il nazismo di Hitler, che già ha conosciuto in Spagna.

Peut-être parce que j’ai une plus longue habitude de la mort sur les routes, des foules en marche sur les routes, avec la mort aux trousses. Peut-être que je n’arrive pas à m’étonner parce que je ne vois que ça, depuis le juillet 36. [..] Peut-être parce que j’ai vu les avions de chasse italiens et allemands survoler les routes à basse altitude et mitrailler la foule, bien tranquillement, sur les routes de mon pays. [..] Peut-être qu'ils m'énervent, tous ces étonnés, à cause des villages en marche sur les routes de mon pays, fuyant ces mêmes S.S., ou leurs semblables, leurs frères [..] (GV, 79)

Nel 1939 infatti, con l’invasione della Polonia, Hitler comincia la sua corsa alla guerra di totale tendenza imperialistica. Nel secondo anno del conflitto, il 14 giugno, le truppe tedesche entrano a Parigi, e in quello sgomento si fanno avanti le forze di destra, che a nome della nazione scendono a patti col nemico: il maresciallo Pétain chiede la capitolazione e ottiene il controllo del territorio meridionale, dando vita alla cosiddetta Francia di Vichy, dal nome della città dove Pétain fisso la sua sede. Per la Francia è l’inizio di un doloroso periodo di disfacimento morale e di offuscamento democratico1. Cosciente delle proprie esperienze primordiali, sulle strade dell’infanzia, Semprun riconosce e identifica la natura del regime di Vichy. Profondamente antifascista, egli cerca di partecipare alla lotta contro l’occupante. Il suo primo segno pubblico di engagement è simbolico: la marcia studentesca sull’Étoile, il giorno 11 novembre 1940, dove il giovane emigrato internazionalista si raggruppa non per patriottismo, ma per antifascismo.

[..] nous emmerdons la guerre impérialiste, donc les impérialistes, et parmi eux nous emmerdons particulièrement les impérialistes les plus particulièrement agressifs, virulents, et triomphants, les nazis; donc,

1

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pratiquement, nous allons participer à une manifestation patriotique sur la tombe du soldat inconnu, moi Breton, et toi, métèque, sale Espagnol rouge de mes fesses, parce qu’aujourd’hui, concrètement, c’est ça qui peut emmerder davantage les nazis et tous leur petits amis dans la place, c’est-à-dire justement ceux qui ont installé ce tombeau du soldat inconnu; et voilà, la boucle était bouclée, méthodiquement, et dialectiquement [..] (GV, 216-217)

In Europa, nel frattempo, prende piede e si diffonde, la brutale aggressività del programma razzista di Rosenberg e la feroce campagna antisemita. Il popolo Ebreo diviene simbolo d’esclusione, esilio, erranza, e l’emblema della diversità e della persecuzione.1 La sola risposta possibile a questo crimine è farne un crimine di tutti e, solo condividendolo in un ideale di uguaglianza e fratellanza, è possibile renderlo più sopportabile e insieme negarlo. L’importanza di stare dalla parte degli umili e oppressi, il bisogno di darsi da fare davanti alle ingiustizie, è ben presente nella mente del giovane Semprun.

Au prochain cours de mathématiques, donc, quand Rablon est entré sans regarder personne [..] nous avions tous, sauf Pinel, cousu sur notre poitrine une étoile jaune, avec les quatre lettre de « juif », zébrant en noir le fond jaune de l’étoile. [..] Cette marée d’étoiles jaunes, déferlant sur lui, s’étalant comme une vague avant de se briser, tout en hauteur, sur les gradins de la classe. (GV, 218-219)

Terminati gli studi secondari, Jorge si iscrive alla Sorbonne, dove studia filosofia. Gli anni da studente al Quartiere Latino costituiscono un periodo molto importante, fatto d’aperture intellettuali, di prese di coscienza e di incontri capitali, che cambiano il suo destino. Importante è l’incontro con Michel Herr, giovane normalista e accanto a lui in molte opere. È nella biblioteca della famiglia Herr che Semprun scopre il socialismo francese e l’opera di Léon Blum, ma soprattutto vi fa la conoscenza di numerosi militanti d’Europa che trovano là un rifugio sicuro.

Boulevard de Port Royal, au numéro 39, se trouvait le pavillon où avait vécu Lucien Herr, à la fin de sa vie. [..] J’allais souvent, en 1941 et 1942 [..] La maison de Lucien Herr était un lieu d’asile pour les persécutés. (QBD, 307-311)

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Importanti in questi anni sono gli studi filosofici che si dimostrano fondamentali per la sua formazione teorica. Luogo testimone, della presa di coscienza di Semprun, è la sua stanza, quella che, nella fiction, situa in rue Blainville: è là che si compie il percorso che lo conduce all’azione: « C’est là que j’ai commencé à devenir un homme, je lui fais. » (GV, 98). Nella Parigi occupata del 1941, dove ogni francese è sospettato di resistenza, Semprun risponde al richiamo della libertà. Nella sua coscienza echeggiano le parole di Hegel con l’invito a metter in gioco la propria vita per i propri valori,1 e l'esempio del magistero di una delle personalità più combattive della cultura comunista e antifascista europea: André Malraux. Malraux, come tutti gli scrittori importanti degli anni trenta, ha finito di essere un “maestro di pensiero” e diviene un “maestro di vita”. Per molti giovani dell'epoca l'opera di Malaraux, depositaria delle lotte a cui l'autore ha partecipato personalmente, è iniziatrice alla vita letteraria e, al tempo stesso, al mondo. Essa, infatti, non conduce solo alla presa di coscienza, ma, e soprattutto, all'azione permanente e all'assunzione del dovere politico. Non è da stupirsi, quindi, che molti di loro, tra cui Semprun, hanno scelto, per la loro entrata nella Resistenza, per nome di guerra quello di Manuel, eroe di Malraux ne L'Espoir.2 Sono, tuttavia, soprattutto gli esistenzialisti, e Sartre in particolar modo, a segnare l’epoca. Questo ultimo, infatti, dopo l'esperienza della guerra e della prigionia, dimostra un'apertura ai problemi storici e culturali del suo tempo, dando una svolta alla propria esistenza trascorsa, finora, nel distacco dalla storia, come individuo relegato alla propria morale di uomo solo. Dopo gli anni quaranta, così, la scrittura diviene, per lui, modalità di azione politica, scelta che lo consacra un fondamentale punto di riferimento culturale e morale per le nuove generazioni.3 L'esistenzialismo, ponendo, quindi, al centro della propria speculazione l’esistenza si intravede un uomo, aperto a costante trasformazione, caratterizzato dal continuo essere chiamato in causa, a compiere scelte libere e responsabili. Ciò conduce l’individuo alla rivolta e al rifiuto dei vari conformismi sociali. La sola via

1

Nicola Abbagnano, Giovanni Fornero, Filosofi e filosofie nella storia, Torino, Paravia, 1986, vol. 3, pp.107-157.

2

Giovanni Macchia, Il novecento, fa parte de La letteratura francese, Milano, Rizzoli, 1996, vol. 5, pp. 261-274 e pp. 354-365.

3

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per uscire dall’alienazione è il divenire libero dell’eroe sartriano, affermando la propria indipendenza e autonomia.

[..] époque où l'on allait en bande voir Les Mouches de Sartre, écouter cette appel à la liberté du héros tragique, où, ayant lu tous les livres, fleurissait soudain dans nos âmes le besoin d’une prise d’armes. (LMQF, 126)

Ma è con la scoperta di Karl Marx e del “mito rivoluzionario del marxismo,1 che le

cose cambiano veramente per il giovane Semprun. Tra le parole de Il Capitale egli trova il richiamo alla libertà che già si agitava in lui: l'esigenza della rivoluzione del mondo come premessa alla vera realizzazione dell'uomo libero contro ogni alienazione. In Marx la libertà ha il carattere di liberare l’uomo dalle alienazioni provocate dalle leggi economiche del capitale e dal predominio politico sociale di una sola classe: la libertà del comunismo può restituire all’uomo la sua dignità.2 Esemplare è, per il pensiero dell’epoca, la battaglia di Stalingrado (1941) : la resistenza accanitissima e la difesa strada dopo strada della città da parte del popolo, contro le truppe naziste. Anche quando l’illusione comunista sarà spazzata via dalla scoperta dei goulag, i campi sovietici di lavoro forzato, e Semprun si distanzierà dal comunismo, egli riconoscerà sempre l’importanza che Marx ha avuto nella sua vita di adolescente.

[..] Quelle tornade, quelle chance donnée à l’esprit d’invention et de responsabilité, quel renversement de toutes les valeurs quand on tombait sur Marx après avoir lu (un peu) Nietzsche [..] Merde, quel coup de vieux ! Quelle joie de vivre, de risquer, de brûler ses vaisseaux, de chanter dans la nuit des phrases du Manifeste ! (LMQF, 126)

Da quel momento, Semprun, deciso ad esercitare la propria libertà, e ad opporsi al nazismo, intraprende la sua militanza nella Resistenza. Grazie al contatto col Partito Comunista Spagnolo, egli raggiunge, in qualità di apolide, la FTP3 e la MOI4, le organizzazioni di lotta armata che raggruppano comunisti stranieri che resistono in Francia all’occupazione tedesca. Con Michel Herr entra, poi, in Jean-Marie Action,

1

Macchia, G., op. cit., p. 532.

2

Abbagnano, N., Fornero, G., op. cit., pp. 235-241.

3

Francs Tireurs et Partisans.

4

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il ramo francese della resistenza inglese chiamata Buckmaster. Ciò lo porta all’azione effettiva: il suo compito è ricevere armi e distribuirle nel maquis1 di Borgogna.

Nous ne nous sommes plus retrouvés rue Blainville. Nous voyagions dans les trains de nuit pour aller faire dérailler les trains de nuit. Nous allions dans la forêt d’Othe, au maquis du « Tabou », les parachutes s’ouvraient soyeusement dans les nuits de Bourgogne. (GV, 37)

Forte della sua vitalità, la Resistenza Francese si pronuncia in favore di un’immediata azione di sabotaggi, attentati e lotte localizzate. Semprun diviene militante a tempo pieno e si consacra al lavoro clandestino con tutto l’entusiasmo dei suoi diciannove anni: « En ce printemps 43, j’étais certain d’être immortel.» (LMQF, 120). Si proietta così in un nuovo mondo fatto di azione, dove può finalmente mantenere la promessa infantile pronunciata nella strada dell’esilio: combattere dietro le barricate contro l’oppressore. Rue Blainville è cambiata con la foresta, i libri con le armi, l’idea con la pratica.

Ensuite, Michel et moi, ayant provisoirement réglé nos comptes avec notre conscience philosophique, avions basculé dans le travail clandestin. Ensuite, il y avait eu les trains de nuit, les valises d’armes, les parachutages, les maquis de la forêt d’Othe, les beaux Smith-and-Wesson au long canon peint au minium, ces superbes 11,43 que nous portions toujours sur nous, glissés dans la ceinture, entre nos jambes, comme un signe supplémentaire de notre virilité. (QBD, 310-311)

Convinto della giusta causa della lotta antifascista, Semprun, col nome di guerra Gérard, è pronto ad assumersi i rischi e gli imprevisti in cui può incorrere. Nell'opera i ricordi della Resistenza sono pieni di nostalgia e quello che ne traspare è l’entusiasmo e la solidarietà che unisce giovani così diversi ma uniti in un solo ideale: la libertà.

«Warum sind sie verhaftet?»2 demande le soldat. [..] Répondre à cette question, c’est non seulement dire qui je suis, mais aussi qui sont tous ceux qui en ce moment se font arrêter. Quelle est la ressemblance entre tous ces

1

Luogo poco accessibile, dove si radunavano le organizzazioni partigiane durante la II Guerra mondiale. In questo caso la regione interessata è quella a nord di Semur en Auxois.

2

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gens dissemblables qui se font arrêter? [..] Parce que l’essence historique commune à nous tous qui nous faisons arrêter en cette année 43, c’est la liberté. (GV, 50-53)

Nel rimembrare l’universo geografico dei maquisards, i nascondigli, gli agguati, i sabotaggi, l’odore del plastico che impregna i libri, traspare tutta l’emozione del memorialista: c’è la felicità del combattente e la poetica della lotta.

C’était beau, Semur en automne. Nous sommes restés deux jours avec les gars, sur la colline. Il faisait beau, c’était septembre d’un bout à l’autre du paysage. (GV, 27) [..] Julien était mon copain de randonnée dans les maquis de la région, où nous distribuions les armes parachutées pour le compte de « Jean-Marie Action », le réseau d’Henri Frager pour lequel je travaillais. Julien conduisait les tractions avant et les motocyclettes à tombeau ouvert sur les routes de l’Yonne et la Côte d’or, et c’était une joie de partager avec lui l’émotion des courses nocturnes. (ÉV, 53)

Tutto termina con il brutale arresto. Il mattino del 3 ottobre del 1943 il gruppo di Irène Chiot organizza un’azione di sabotaggio ferroviario a Pontigny. Uno degli autori dell’azione è arrestato e qualche ora più tardi, Hass e i suoi agenti della Gestapo, fanno irruzione a Joigny, a casa di Irène Chiot, intrepida e coraggiosa figura della Resistenza. Semprun è là, e, tradito dall’arma che ha su di lui, è arrestato insieme all’amica: « Je me souvenais qu’à Epizy, aux portes de Joigny, lorsque le grand connard de la Gestapo m’avait ouvert le crâne d’un coup de crosse de son pistolet automatique [..] » (ÉV, 104). Condotto alla Feldgendarmerie di Auxerre, viene interrogato e imprigionato. Il 27 gennaio dell’anno seguente è inserito in qualità di detenuto politico, in un convoglio di tremila deportati in partenza per Buchenwald, campo di sterminio nazista. La vicenda dell’arresto, dell’interrogatorio e della tortura costituiscono un’importante parte dell’opera sempruniana, e quello che ne emerge è sempre la volontà di mantenere alta la propria dignità anche durante la prigionia e la tortura subita, com'è possibile vedere ne Le grand voyage, dove vi è la descrizione della colonna dei prigionieri. Essi, incatenati e diretti verso morte certa, attraversano la città di Compiègne, ma la loro colonna, costituita da uomini che hanno impegnato la loro vita liberamente per i loro ideali, non dà l’idea di una marcia appesantita dalla disfatta, bensì di una marcia dignitosa e onorevole.

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[..] Gérard a observé, à travers le regard que lui avait prêté cet inconnu, que leur colonne en marche était composée, dans son immense majorité, de jeunes, et que ces jeunes, ça se voyait à leurs grosses chaussures, à leur blousons de cuir ou leurs canadiennes doublées, à leurs pantalons déchirés par les ronces, étaient des maquisards. Ce n’étaient pas des êtres gris, raflés au hasard dans quelque ville, mais des combattants. Leur colonne, c’est-à-dire, dégageait une impression de force, elle permettait d’y lire à livre ouvert une vérité dense et complexe de destinées engagées dans une lutte librement acceptée, bien qu’ inégale. Pour cette raison le regard qu’il fallait poser sur eux n’était pas cette lumière vague et fuyante des yeux terrorisés mais un regard calme, comme celui de cet homme, un regard d’égal à égaux. Et le regard de cet homme [..] faisait de leur marche non pas celle d’une armée en déroute, mais bien plutôt une marche conquérante. (GV, 271-272)

È, tuttavia, soprattutto durante la deportazione che Semprun ha ricevuto l’iniziazione alla politica, e che gli darà modo, una volta tornato libero, di voltare pagina e puntare

sull’avvenire. All’interno del campo, infatti, egli entra a far parte

dell’organizzazione comunista clandestina, grazie al cui appoggio, e alla conoscenza della lingua tedesca, riesce ad essere inserito all’Arbeitsstatistik, l’ufficio di statistica del lavoro. Egli ha l’incarico di rappresentare gli interessi della collettività comunista spagnola e, approfittando della propria posizione, giocherà un ruolo importante nella protezione di molti resistenti. A Buchenwald, Semprun trascorrerà diciotto mesi di detenzione, ed esattamente: « Soixante-douze dimanches à Buchenwald » (QBD, 374).

Con l’anno 1945 la Seconda Guerra mondiale volge al termine e l’esercito di Hitler cede ormai al nemico. Le truppe del generale Patton liberano il campo di Buchenwald nell’aprile dello stesso anno. Solo qualche ora prima, Semprun partecipa, con il gruppo d'autodifesa clandestina del campo, ad una presa di potere: con le armi sottratte al campo durante gli anni di prigionia, in vista di un giorno improbabile come quello, i detenuti prendono possesso del campo. L’insurrezione è simbolica e supera la debole portata militare, essa vuole significare il rifiuto assoluto e la negazione dei soprusi e delle umiliazioni lungamente subite durante la prigionia: «C’est la dignité qui était au bout de nos fusils.» (QBD, 374). Segue, poi, la marcia dei detenuti su Weimar, città di Goethe e culla della cultura tedesca, che per tanti anni ha vissuto, complice o indifferente, vicino al campo di concentramento,

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respirando l’odore acre del crematorio. L’entusiasmo per la libertà ritrovata è il sentimento che muoveva quegli uomini verso la città, e Semprun non può non pensare che: « nul d’entre nous n’aurait osé faire ce rêve jusqu’au bout : une nuit, en armes, marchant sur Weimar. » (ÉV, 21).

La fine della guerra segna tuttavia anche la fine dell’illusione che il mondo non sapeva. Il ritorno al mondo avviene in un’indifferenza generale, e tutti sembrano voler dimenticare il più velocemente possibile l’orrore. Per Semprun non però è possibile tornare a vivere, ignorando tutto ciò: la prigionia ha segnato profondamente la sua vita e lo convince della necessità dell’attivismo politico. A Buchenwald egli è, infatti, entrato in contatto con i comunisti spagnoli, e ha ritrovato le sue radici ed ascoltato i racconti dei militanti antifranchisti nella guerra di Spagna. Per non tradire la memoria dei compagni morti al campo, privati di morte eroica, prende la ferma decisione di continuare la sua lotta accanto agli spagnoli contro Franco.

[..] Je ne veux pas devenir un ancien combattant. Je ne suis pas un ancien combattant. Je suis autre chose, je suis un futur combattant. Cette idée subite me remplit de joie, et le grand salon d’hôtel, aux lustres de cristal, devient moins absurde. C’est un endroit où passe par hasard un futur combattant. (GV, 97)

Alla fine di aprile, Jorge Semprun rientra a Parigi. Per guadagnarsi da vivere lavora

come traduttore all’UNESCO1, per conto del quale redige anche qualche articolo ma

resta ancora uno scrittore potenziale. L’esperienza lo ha lasciato silenzioso, adesso ha solo bisogno di dimenticare, poiché scrivere mantiene vivo il ricordo di tanto orrore. Quello che adesso vuole è tornare in Spagna e combattere con la guérilla nella lotta contro Franco. È ormai consapevole che la fine del fascismo non segna necessariamente la fine del franchismo, e che gli Americani sosterranno fino alla fine il regime di Franco. Decide quindi di continuare la sua militanza nel Partito Comunista Spagnolo. Nel 1953 questa collaborazione, gli offre la possibilità di tornare in Spagna. Dopo diciassette anni rientra a Madrid, la città della sua infanzia in qualità di coordinatore dell’attività clandestina della resistenza al regime di Franco ed offre un contributo notevole alla ricostruzione del Partito Comunista in

1

Lascia l’impiego nel 1952, per manifestare contro l’entrata della Spagna nell’ONU; cosa che avviene nel 1956.

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Spagna. Inizia un periodo di clandestinità che fino al 1963, lo costringe a vivere in uno stato di permanente erranza e tensione, con il continuo rischio di arresti. Sono gli anni delle camere prese in affitto sotto falsi nomi e ogni volta egli deve inventarsi un nuovo mestiere o una differente occupazione. Semprun si chiama Salignac, Gérard Sorel, Federico Sanchez, Rafael Artigas, Juan Larrea. Questa mobilità continua, porta il giovane militante a lunghe ed erranti passeggiate per la città: è il momento in cui scopre veramente Madrid, la città dell’infanzia felice.

Quinze ans plus tard, vers 1960 [..] J’étais membre du Bureau politique du parti communiste d’Espagne, à cette époque. J’avais un nom de guerre qui me plaisait bien, par sa banalité. Je m’appelais Sanchez [..] Je ne sais plus qui m’avait choisi ce nom, en 54, lorsque j’avais été coopté au Comité central, sans doute Carillo lui-même. (QDB, 45)

Nel 1961 il P.C.S., dopo sei anni di alberghi, gli procura un appartamento, calle Concepción-Bahamonde. E’ là che scrive buona parte del suo primo libro, Le grand

voyage, ispirato all’esperienza vissuta nel campo di concentramento. Nel 1963 il

libro è accettato, dalla casa editrice Gallimard: ciò cambia le carte in tavola.

Depuis le mois de décembre 1962, j’avais cessé de travailler clandestinement en Espagne. J’avais tout bonnement cessé d’être clandestin [..] (QBD, 155)

Nel 1964 le lunghe divergenze d’opinione col PCS, si risolvono con l’esclusione di Jorge Semprun. L’ideologia comunista macchiata di sangue dal regime staliniano, lo lascia pieno d’amarezza e lo convince che la politica non ha più niente da offrirgli. A questo punto della sua vita la promessa della fedeltà all’impegno è stata tenuta. La Spagna si allontana di nuovo dal suo orizzonte: senza i documenti ed i legami forniti dal partito, non può più tornare. Ha inizio adesso il suo secondo esilio dalla terra natale.

À cette époque-là, je n’avais plus rien à regretter, plus rien à espérer non plus. J’étais allé jusqu’au bout de ma bataille personnelle [..] Quoi qu’il en soit, le 3 septembre 1964, une délégation du P.C.E. m’a communiqué que le Comité central avait ratifié mon exclusion du Comité exécutif [..] Ainsi, cette nuit de l’automne 1964 [..] j’étais déjà de l’autre côté. Je ne regrettais plus rien, je n’espérais plus rien. (QBD, 189-191)

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Lasciatosi alle spalle le armi Semprun decide di continuare il suo impegno con la letteratura. Tornato a Parigi, dopo la notorietà portata dal premio Formentor, attribuitagli per Le grand voyage, si dedica completamente alla scrittura. Inizia un periodo lavorativo molto intenso e pieno di riconoscimenti letterari.

[..] assis à la table d’un dîner de gala, à Salzbourg, en 1964, juste avant la remise du prix Formentor [..] Le silence s’est fait dans la salle où se déroule le dîner de gala du prix Formentor. Rowolht prononce quelques mots aimables à mon égard, puis il vient vers moi pour me remettre un exemplaire de la traduction allemande du Grand Voyage. Je devrais être ému, c’est un instant historique. Je veux dire : pour moi, dans mon histoire à moi, c’est un instant privilégié. Mais je suis distrait, je pense à des tas d’autres choses [..] (ÉV, 328-334)

Parallelamente alla scrittura, sono questi gli anni in cui per Semprun si susseguono gli inviti e le partecipazioni ai colloqui, alle trasmissioni, e agli incontri incentrati sul tema dell’olocausto; sintomo questo che ha definitivamente accettato quello scomodo ruolo di testimone che riveste con la sua stessa esistenza.

Beaucoup plus tard, au printemps 1965, j’ai collaboré à une série d’émissions radiophoniques sur Le monde concentrationnaire. C’était Alain Trutat qui dirigeait l’ensemble de cette série, pour France-Culture. Moi, j’avais à préparer une émission sur le Système économique S.S. [..] (QBD, 402)

Nel 1966 il padre muore, in esilio a Roma, ma Semprun non partecipa ai funerali: la presentazione del film La guerre est finie, dove egli collabora allo scenario con Alain Resnais, gli impedisce di essere presente. Egli è, infatti, nella repubblica Ceca per cercar di presentare il film, già vietato a Cannes; alla fine, nonostante la pressione del Partito Comunista che lo ritira dal festival di Karlovy Vary, riesce ad essere proiettato fuori concorso e ad ottenere un premio speciale.

[..] je suis à New York, toute une vie plus tard [..] nous étions venus ensemble, Montand, Gravas et moi, pour présenter l’Aveu, à l’université de Yale. (QBD, 409)

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Nel 1967 pubblica L’évanouissement e due anni dopo il romanzo La deuxième mort

de Ramón Marcader, a cui viene attribuito il premio Fémina. In questi anni inizia la

sua attività di scenarista e la lunga e feconda collaborazione col regista greco Costa Gravas, con cui scrive lo scenario del film Z, L’orgia del potere, che, rifiutato da numerosi produttori riesce ad essere prodotto solo dopo il maggio del 1968. Dopo ciò che è successo al padre, morto in esilio senza aver più rivisto la sua terra natale, Semprun vive male la sua separazione con la Spagna. Nel 1967, egli riesce ad ottenere un passaporto in modo legale presso le autorità spagnole, e nonostante ciò non lo salvaguardi da eventuali controlli, torna nello stesso anno a Madrid. Tra il 1967 al 1975 viaggia regolarmente in Spagna, ma si tratta di viaggi strettamente privati. Smette di essere clandestino nella sua terra madre, egli adesso è solo un turista, uno straniero che vive all’estero e che torna in Spagna per respirare l’aria del proprio paese.. Nonostante non intervenga più nella vita pubblica spagnola, Semprun non smette comunque di interessarsi a questa, visto che collabora a Parigi con

Cuadernos de Ruedo Ibérico, con Pepe Martinez. Sono anni questi in cui si dedica

ad un’intensa attività letteraria, portando avanti la propria militanza e il proprio interesse per le vicende pubbliche che investono questo secolo, con l’arma più efficace: quella della penna. Ricordiamo, accanto alla pubblicazione di Quel beau

dimanche! nel 1980, e La montagne blanche nel 1986, che il suo nome compare a

sottoscrivere diverse petizioni, come quella per un appello di pace in medio oriente1, o ancora quella per la richiesta di scarcerazione di uno scrittore spagnolo, Luciano Rincon, arrestato a Bilbao per aver pubblicato a Parigi, nello stesso giornale dove collabora Semprun, Cuadernos de Ruedo Ibérico, degli articoli contro Franco sotto lo pseudonimo di Luis Raminez2.

Quelque mois auparavant, à la fin de janvier 1979, tu avais participé à une réunion organisée par le Comité international pour la libération d’Eduard Kouznetsov. [..] Tu étais donc à la tribune d’une salle de réunion, au Centre culturel juif de boulevard de Port-Royal, le 29 janvier 1979. (QBD, 294-295)

1

The New York Review of Books, Vol.20, N°10, 14 giugno 1973, in http://www.nybooks.articles/9812.

2

(30)

Nel 1988 la politica e la Spagna si riaffacciano nel suo destino; riceve, infatti, l’offerta di divenire Ministro della cultura del governo di Felipe Gonzales. Il giorno dopo è a Madrid. L’esilio e la clandestinità sono lontani, e quello che torna è un uomo in veste ministeriale che viaggia con la scorta, ma l’esperienza del potere ed i limiti che esso impone convincono Jorge Semprun a lasciare l’incarico. Nel 1991 torna a Parigi e si dedica completamente all’attività di scrittore. Dal 1993 le pubblicazioni e le riconoscenze letterarie si susseguono. Nel 1994 riceve il premio Vacaresco per L’écriture ou la vie. All’opera sono attribuiti anche il premio letterario per i diritti dell’uomo e il premio della città di Weimar nel 1995 e il premio Nonino (Italia) nel 1999.

In questi ultimi anni la presenza di Semprun ai colloqui sull’olocausto è quasi d’obbligo, come in occasione del premio della Guilde del libro tedesco, nel 1994 a Francoforte, dove legge il discorso «…Vous avez une tombe au creux des nuages, ma forse la testimonianza più bella della sua posizione di testimone dell’olocausto, è raccolta in Se taire est impossibile, e si tratta del dialogo tra due testimoni d’eccezione, Jorge Semprun ed Elsie Wiesel, organizzato nel 1995 dalla trasmissione ARTE, per il cinquantenario della liberazione dei campi di concentramento e di sterminio nazisti.

Oggi, Jorge Semprun, membro dell’Académie Gouncourt, dal 1996, è considerato uno degli scrittori più innovatori del suo tempo. Attualmente vive a Parigi.

1.2. L’ OPERA SEMPRUNIANA

Jorge Semprun si affaccia sulla scena letteraria nel 1963, con Le grand voyage, l’opera in cui affronta per la prima volta la sua esperienza nel campo di concentramento nazista di Buchenwald, e per cui ottiene il premio Formentor l’anno seguente a Salisburgo. Le tematiche affrontate in questo primo libro troveranno eco nella maggioranza dei romanzi futuri, che Semprun dedica alla testimonianza della deportazione e che costituiscono quello che si chiama il “ciclo dei campi”.1 Per quattro decenni Semprun, infatti, non ha mai smesso, parallelamente alle altre opere,

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