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Andamento nel tempo delle performance cognitive in uno studio sperimentale: follow-up in pazienti affetti da specifiche tipologie di demenza.

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Sommario I

Sommario

S o m m a r i o Sommario ... I ABSTRACT ... III Introduzione ... III Metodi e strumenti ... IV Risultati ... IV Conclusioni ... V 1. Demenze ... 1

1.1 Epidemiologia delle demenze ... 4

1.2 Classificazioni delle demenze ... 7

1.3 Demenza Alzheimer ... 13

1.4 Demenza vascolare ... 16

1.5 Demenza fronto temporale ... 18

1.6 Demenza a corpi di Lewy ... 21

1.7 Mild Cognitive Impairment (MCI) ... 23

1.8 Subjective Cognitive Impairment (SCI) ... 25

2. Terapia farmacologica ... 27

2.1 Alzheimer ... 27

2.2 Demenza Vascolare ... 29

2.3 Demenza fronto temporale ... 30

2.4 Demenza a corpi di Lewy ... 31

2.5 Mild Cognitive Impairment (MCI) ... 31

3. Qualità di vita ... 33

3.1 Terapia di Riorientamento nella Realtà (ROT) ... 34

3.2 Terapia di Reminiscenza ... 35

3.3 Terapia di Rimotivazione ... 35

3.4 Memory training ... 35

3.5 La tecnica di spaced-retrieval ... 36

3.6 Ausili mnesici esterni ... 36

3.7 Terapia di validazione ... 36

4. Strumenti diagnostici di valutazione ... 37

(2)

Sommario

II

4.1.1 Severe Mini Mental State Examination (SMMSE) ... 41

4.2 Test delle matrici attentive (Spinnler e Tognoni, 1987) ... 41

4.3 Fluenza Verbale per categoria Fonemica e Semantica ... 44

4.4 Frontal Assessment Battery (FAB) ... 44

5. Ricerca sperimentale ... 47

5.1 Scopo dello studio ... 47

5.2 Partecipanti ... 48

5.3 Parte I: Studio delle correlazioni ... 52

5.3.1 Andamenti dei punteggi ... 58

5.3.2 Conclusioni parte I ... 60

5.4 Parte II: Confronto tra campioni ... 61

5.4.1 Conclusioni parte II ... 67

5.5 Discussione e conclusioni ... 68

Appendice A ... 72

Appendice B ... 92

(3)

Introduzione

III

ABSTRACT

Introduzione

I cambiamenti demografici, di alcune condizioni socio-culturali e il progressivo invecchiamento della popolazione, hanno contribuito a un‟ascesa di molte malattie dementigene. Le sindromi demenziali sono divenute uno dei maggiori problemi clinici e sociali in relazione al progressivo aumento della popolazione geriatrica. I dati d‟incidenza e prevalenza dei vari tipi di demenza sono molto preoccupanti. Numericamente, le più importanti cause di demenza sono di natura degenerativa a tutte le età, ma le cause reversibili sono relativamente più frequenti nei giovani.

Nel lavoro sperimentale di seguito esposto, è stata considerata una popolazione di soggetti con diverse tipologie di demenza: Alzheimer, demenza vascolare, demenza fronto-temporale, demenza a corpi di Lewy. Nello studio presentato sono stati utilizzati degli strumenti d‟indagine di rapida somministrazione, che hanno permesso di individuare ed analizzare il deterioramento cognitivo: Mini Mental State-Examination (MMSE) che valuta il deterioramento cognitivo da un punto di vista generale, il test delle matrici per valutare i diversi aspetti dell‟attenzione visiva, fluenza verbale per categoria fonemica e semantica per indagare la fluidità verbale, la velocità di produzione verbale e l‟organizzazione semantica e il Frontal Assessment Battery (FAB) per valutare le funzioni esecutive.

Scopo del lavoro di tesi è valutare l‟andamento nel tempo delle performance cognitive di pazienti affetti da specifiche tipologie di demenza, nonché se vi è, nel corso dei follow up, una regressione statisticamente significativa. Inoltre, si è voluto esaminare quale demenza decade più rapidamente rispetto alle altre, infine se il campione analizzato sia paragonabile nei punteggi e caratteristiche ad un altro campione utilizzando il test Kolmogorov-Smirnov e il Chi-quadrato.

(4)

Metodi e strumenti

IV Metodi e strumenti

È stato inizialmente preso in considerazione un campione di 36 soggetti ma a causa di drop-out dovuto a decessi o all‟abbandono spontaneo, si è ridotto a 23. Facciamo riferimento a pazienti con diverse tipologie di demenza (4 pazienti affetti da MCI, 13 pazienti affetti da Alzheimer, 3 pazienti con demenza vascolare, 2 con demenza fronto-temporale e 1 paziente affetto da demenza a corpi di Lewy); 9 uomini e 14 donne con età compresa tra 59 e 82 anni, hanno eseguito le batterie di test sopra citate. I punteggi sono stati utilizzati in questo studio.

È stata effettuata una correlazione tra i punteggi delle varie diagnosi e misurazioni per verificare se nel corso degli anni, vi sia stata una regressione statisticamente significativa.

È stato effettuato successivamente, un secondo studio, prendendo in considerazione un campione di dati riguardante un follow-up della durata di cinque anni (2000-2004). È costituito da 466 pazienti (285 femmine e 181 maschi) con un‟età compresa tra 50 e 90 anni.

Il confronto tra i due campioni verrà effettuato utilizzando il test Chi-quadrato e il Kolmogorov-Smirnov.

Risultati

È emerso come nei follow-up ci sia stata una regressione statisticamente significativa delle demenze in test diversi.

Nel corso dello studio, si è verificato un caso del tutto eccezionale, probabilmente per il numero ridotto di soggetti (un solo paziente). Nella demenza a corpi di Lewy si evidenzia una correlazione statisticamente significativa, ma a differenza delle altre diagnosi il coefficiente angolare è positivo. Il paziente in questione, infatti, nel corso del follow up, ottiene dei

(5)

Conclusioni

V

miglioramenti nel MMSE (probabilmente dovuto al numero ridotto dei soggetti).

Per verificare ulteriormente quali demenze sono statisticamente significative, sono state correlate le somme dei punteggi di ogni test ottenuti per ogni misurazione suddivisi per diagnosi. La somma, a differenza della media, è utile per evitare di perdere informazioni, utilizzando comunque un parametro di tendenza centrale. Le demenze che evidenziano una regressione statisticamente significativa, sono le stesse che abbiamo riscontrato precedentemente, prendendo in considerazione le medie per ogni misurazione di tutti i test.

Successivamente si è voluto analizzare, inoltre, quale tra le demenze studiate decadrà più velocemente rispetto alle altre (la demenza vascolare decade in maniera significativa, seguita dall‟Alzheimer).

Il confronto tra campioni ha reso necessario l‟utilizzo della statistica parametrica, prendendo in considerazione due tipi di test: Chi-quadrato e il test di Kolmogorov-Smirnov.

Stando ai dati normativi i soggetti si dividono per sesso, età, diagnosi e punteggi del MMSE alla prima misurazione.

Per quanto riguarda il genere età e diagnosi risulta una correlazione tra i due campioni, si distribuiscono allo stesso modo. I punteggi del MMSE, non sono distribuiti omogeneamente; si denotano differenze statisticamente significative.

Conclusioni

I dati analizzati dimostrano un esito positivo e soprattutto importante, in quanto ci permettono di pensare che nel corso degli anni, ci sia stato un rallentamento della progressione della patologia.

(6)

Conclusioni

VI

Da questi dati si potrebbe ipotizzare che i cambiamenti siano dovuti probabilmente ad un diverso approccio dei caregivers nei confronti dei soggetti affetti da demenza. Ciò potrebbe essere il risultato di una maggiore informazione ed educazione riguardo queste patologie, da uno stile di vita differente, dalle condizioni ambientali, dalla società che è più sensibile a questa patologia rispetto a circa un decennio fa.

(7)

Demenze

1

1. Demenze

Demenze

Con il termine demenza oggi si indicano numerosi disturbi di natura organica cerebrale ad eziopatogenesi diversa, caratterizzati dalla compromissione globale delle funzioni cognitive in precedenza acquisite, in specifico della memoria, che hanno una ricaduta quasi immediata sulle relazioni interpersonali e sul comportamento di una persona fino a quel momento efficiente. Il termine “demenza” è stato introdotto per la prima volta in ambito medico nel 20 d.c. da Aulo Cornelio Celso1, nel “De medicina” per indicare in modo generico, le condizioni di alterazione dell‟intelligenza e del comportamento. Nel 1797, Pinel2 utilizzò il termine per descrivere le malattie che conducono ad una abolizione delle capacità di pensiero. Fu, però, un suo allievo Esquirol3, che, nel 1838, diede al termine una primitiva identità clinica e introdusse la distinzione tra la Demenza, intesa come processo cerebrale acquisito, e il Ritardo Mentale congenito. Per tutto l‟800, tuttavia, il paziente demente venne genericamente confuso con l‟insano o il folle e solo all‟inizio del „900, per opera di Kraepelin4

e grazie allo sviluppo delle tecniche di

1 Celso, Aulo Cornelio, scrittore enciclopedico romano (prima metà del 1° sec. d.C.), autore di un vasto

rattato enciclopedico secondo le norme ippocratiche: fonte preziosa di conoscenza per la scienza medica alessandrina fino ad Asclepiade., Artes, del quale resta per intero il De medicina, completo riassunto della medicina e della chirurgia.

2 Philippe Pinel (Jonquières, 20 aprile 1745 – Parigi, 25 ottobre 1826) è stato uno psichiatra francese. È

considerato un innovatore della psichiatria per la nuova concezione che egli introdusse nei riguardi del malato mentale separandolo da altre figure di emarginati sociali con i quali veniva comunemente associato. Grazie alla sua preparazione multidisciplinare introdusse per primo l'analisi fisiologica della malattia mentale facendola emergere dal clima di mistero e superstizione che sino ad allora l'avvolgeva.

3

Esquirol ‹eskiròl›, Jean-Étienne-Dominique. - Psichiatra (Tolosa 1772 - Parigi 1840), il massimo rinnovatore della psichiatria nel sec. 19º. Allievo e continuatore di Ph. Pinel, dedicò tutte le sue energie a eliminare i pregiudizî di vario genere che tenevano gli alienati fuori di ogni legge umana, e per affermare il concetto che l'alienazione mentale è una vera e propria malattia, cui si deve far fronte con criterî scientifici e, in ogni caso, con metodi umani.

4 Emil Kraepelin (Neustrelitz, 15 febbraio 1856 – Monaco di Baviera, 7 ottobre 1926) è stato uno psichiatra e

psicologo tedesco. grazie all‟aiuto di numerosi altri psichiatri del tempo elaborò concetti quali parafrenia, demenza precoce, ebefrenia e catatonia, dando loro una valida spiegazione. Fu pioniere del concetto di malattia nella psichiatria basata su tre elementi quali: psicopatologia descrittiva, eziologia organica e storia naturale. Attraverso i suoi scritti mostrò una reale comprensione per le variabili psicologiche legate

all'ambiente ed elencò, tra i primi, situazioni cliniche in cui fattori sociali svolgevano un ruolo predominante. Attraverso i suoi studi e attraverso la pubblicazione delle sue opere determinerà una spaccatura generazionale

(8)

Demenze

2

osservazione di neuropatologia, si delinearono i primi aspetti di inquadramento moderno delle demenze. Kraepelin rivoluzionò il concetto di demenza introducendo il termine di demenze organiche, per definire le condizioni morbose, dovute a malattie del sistema nervoso centrale, che si caratterizzano per un preciso quadro neuropatologico e per la perdita

irreversibile delle capacità intellettuali. La chiave di volta nella storia delle

demenze data al 1906, quando il neuropatologo Aloise Alzheimer, e successivamente Perusini5 e Bonfiglio6 nel 1910 in una descrizione più dettagliata, dimostrarono inequivocabilmente la presenza di un quadro clinico dementigeno, in assenza di una significativa compromissione vascolare descrivendo quelle che più tardi furono chiamate placche senili, che rappresentano l‟accumulo di una specifica sostanza (proteina beta-amiloide) sulla corteccia cerebrale (Maurer e co., 1997). Oltre a ciò Alzheimer notò anche la condensazione di fibrille intracellulari, che chiamò “degenerazione neurofibrillare”. L‟introduzione di criteri clinici definiti che oggi fanno riferimento al DSM-IV TR del 20007 dell‟American Psychiatric Association e all‟ICD-10 del 19928

dell‟organizzazione mondiale della sanità (Tabella 1), permettono una più chiara e riproducibile differenziazione dalle altre condizioni patologiche nelle quali è possibile riscontrare un decadimento cognitivo.

all'interno della psichiatria italiana. Con le rinnovate edizioni dei suoi trattati lo psichiatra tedesco consoliderà l'impianto della psichiatria ad indirizzo clinico.

5 Gaetano Perusini (Udine, 24 febbraio 1879 – Cormons, 8 dicembre 1915) è stato un medico italiano, ebbe

un ruolo di rilievo nella definizione della malattia di Alzheimer.

6 Bonfìglio, Francesco. - Neuropsichiatra italiano (Lentini 1893 - Roma 1966). Direttore dell'ospedale

psichiatrico provinciale di Roma dal 1939 al 1954. Il B. ha legato il suo nome a ricerche di importanza fondamentale nel campo della patologia sperimentale (encefalite produttiva di B., encefalite protozoaria del coniglio), dell'istopatologia (paralisi progressiva), dell'anatomia clinica (demenze presenili) del sistema nervoso, e agli studî per una radicale riforma della legislazione riguardante la cura e l'assistenza ai malati di mente.

7 DSM-IV TR (Diagnostic and Statistical Manual of mental disorders Text Revision) dell‟American

Psychiatric Association

(9)

Demenze

3 DSM-IV TR

A) Sviluppo di molteplici deficit cognitivi

che comprendono:

1. Compromissione della memoria sia nell‟apprendere nuove informazioni che nel richiamare informazioni

precedentemente apprese; 2. Uno o più deficit cognitivi tra:

• afasia (disturbi del linguaggio) • agnosia (incapacità a riconoscere o

identificare oggetti in assenza di deficit sensoriali)

• aprassia (incapacità ad eseguire attività motorie)

• deficit del pensiero astratto e delle capacità di critica (pianificare, organizzare)

B) I deficit non si manifestano

esclusivamente nel corso del delirium

C) I deficit cognitivi sono

sufficientemente gravi da causare una compromissione del funzionamento lavorativo o sociale

D) Il deficit cognitivo deve rappresentare

un declino rispetto ad un precedente più elevato livello di funzionamento

E) È correlata eziologicamente ad una

patologia medica generale, all‟effetto persistente di sostanza (compreso tossine) o alla combinazione di questi fattori

ICD-10

A) Disturbo di molteplici funzioni

corticali

superiori che comprendono: • compromissione della memoria

particolarmente nell‟apprendimento di nuovo materiale, ma anche di quello precedentemente appreso soprattutto negli stadi avanzati

• pensiero

• elaborazione dell‟informazione

• capacità critica (pianificare, organizzare)

B) La coscienza resta lucida, tuttavia è

possibile la sovrapposizione di diagnosi di delirium

C) I deficit cognitivi sono accompagnati

(o anche preceduti) da compromissione del controllo emotivo, del comportamento o delle motivazioni, interferenza con le attività personali della vita

quotidiana (lavarsi, mangiare, vestirsi)

D) Apprezzabile declino delle funzioni

intellettive

E) Si manifesta nella malattia di

Alzheimer, nelle malattie cerebrovascolari e in altre condizioni che colpiscono primariamente o secondariamente il cervello

F) Presenza dei sintomi e delle alterazioni

da almeno 6 mesi

(10)

1.1 Epidemiologia delle demenze

4

I due sistemi diagnostici sono sostanzialmente sovrapponibili sebbene presentino piccole differenze ed evidenziano entrambi che la compromissione complessiva delle funzioni cognitive distingue le demenze da altri disturbi neuropsicologici, con compromissione isolata di singole funzioni, come i disturbi afasici, nei quali è compromesso solo il linguaggio; evidenziano inoltre che oltre ai sintomi cognitivi sono presenti anche sintomi non cognitivi che riguardano la sfera della personalità, l‟affettività, l‟ideazione e la percezione, le funzioni vegetative, e il comportamento e che la malattia è acquisita, ossia colpisce individui in seguito al loro sviluppo cognitivo, seppur non richiedendo uno sviluppo normale, dato che un declino rispetto ad un precedente livello, può complicare anche un quadro di ritardo mentale, tipo sindrome di Down. Inoltre la gravità delle modificazioni delle funzioni intellettive è tale da interferire con gli atti quotidiani della vita di un individuo, e provoca trasformazioni della personalità e dell„umore.

1.1 Epidemiologia delle demenze

Negli ultimi decenni, in tutto il mondo, si sta assistendo ad una vera e propria ascesa della demenza. I dati d‟incidenza e prevalenza dei vari tipi di demenza ci proiettano verso uno scenario demografico assai preoccupante. Fino al 2050, il numero di persone affette da demenza aumenterà notevolmente; se infatti nel 2013, era di 44.35 milioni, raggiungerà i 75.62 milioni nel 2030 e 135.46 milioni nel 20509.

In Asia, il fenomeno è particolarmente preoccupante poiché vi sono circa 13.5 milioni le persone affette da demenza (Trabucchi, 2001). Dall‟ultimo aggiornamento effettuato nel 2013 è emerso che i dati sono molto preoccupanti: nel 2013 le persone affette da demenza erano 21.87, nel 2030 39.79 fino a raggiungere nel 2050 71.84 milioni di persone.

9

Aggiornamento effettuato nel 2013 dall’Alzheimer Disease International “The Global Impact of Dementia

(11)

1.1 Epidemiologia delle demenze

5

Un gruppo internazionale di ricercatori ha pubblicato su “The Lancet”, un dato di prevalenza piuttosto preoccupante, in cui dichiara che in America ogni sette secondi viene fatta una diagnosi di demenza.10 Se, infatti, nel 2013 vi sono 8.77 milioni di persone con questa patologia, nel 2030 diventeranno 15.8, fino a raggiungere nel 2050 una stima di 30.51.

In Europa, secondo il Rapporto Demenza 2006, pubblicato da Alzheimer Europe, si calcola che le persone affette da demenza sono 6.4 milioni per poi raggiungere un valore di circa 10.93 milioni nel 2013. Lo studio effettuato “dall’Alzheimer Disease International” ha stimato che nel 2030 il numero di casi di demenza sarà di 14.8 per poi raggiungere un valore di 20.75 nel 2050. In Africa nel 2013 si stimano 2.78 milioni di persone affette da demenza, nel 2030 diventeranno 5.24, nel 2050 12.35.

Per quanto riguarda il nostro Paese, una recente indagine effettuata dalla Fondazione Censis, ha rivelato circa 520.000 malati di Alzheimer e ha stimato 80.000 nuovi casi l‟anno. Si tratta di un dato destinato ad aumentare e il conseguente invecchiamento della popolazione prevede che nel 2020 i nuovi casi di demenza saliranno a 213.000 l‟anno, di cui 113.000 saranno attribuibili all‟Alzheimer. Numericamente, le più importanti cause di demenza sono di natura degenerativa a tutte le età, ma le cause reversibili sono relativamente più frequenti nei giovani. Per i soggetti di età superiore a 65 anni, Roth (1978) ha calcolato un‟incidenza di 1,5-5 nuovi casi l‟anno ogni 1.000 soggetti di quella fascia d‟età. L‟incidenza tenderebbe a crescere con l‟aumento dell‟età, ed è stato calcolato che, a partire dai 70-75 anni, la probabilità di incontrare quadri demenziali raddoppi ogni 5 anni (Cohen, Dunner, 1980). Altri autori, invece, avrebbero osservato nelle coorti di soggetti con più di 75 anni una flessione del tasso di incidenza di demenza ed è comunque unanimemente

10

Ferri et Al. Global prevalence of dementia: a Delphi consensus study; “The Lancet” Volume 366, Issue 9503, 17 December 2005–6 January 2006, Pages 2112–2117

(12)

1.1 Epidemiologia delle demenze

6

ammesso che dopo i 90 anni tale incidenza va incontro ad un netto declino (Katzman, 1976). Regione 2013 2030 2050 Asia 21.87 39.79 71.84 Europa 10.93 14.8 20.75 America 8.77 15.8 30.51 Africa 2.78 5.24 12.35 Nel mondo 44.35 75.62 135.46

Tabella 1.2 Stima epidemiologica delle demenze. Valori in milioni.

Grafico 1.2. Stima della diffusione di demenze nel mondo.

Africa Europa America Asia 0 10 20 30 40 50 60 70 80 2013 2030 2050 Africa Europa America Asia

(13)

1.2 Classificazioni delle demenze

7

1.2 Classificazioni delle demenze

Le demenze possono essere considerate l‟espressione emblematica della neuropsichiatria in quanto malattie acquisite del cervello che si esprimono attraverso il declino delle capacità intellettive e la compromissione globale delle funzioni superiori (quali il linguaggio, le prassie, la capacità di astrazione), cui consegue la compromissione della vita di relazione per l‟incapacità di chi ne è affetto ad adattarsi alle molteplici esigenze della vita quotidiana, senza compromissione dello stato di coscienza.

È in quest‟ottica che si cercherà di affrontare la trattazione delle demenze, un gruppo eterogeneo e complesso di condizioni patologiche che per lunghi anni è rimasto in una sorta di limbo e che ha incominciato a ricevere un‟adeguata attenzione solo negli ultimi 25-30 anni, da quando cioè, quello delle demenze, è diventato un problema non solo medico, ma anche (e soprattutto) sociale. Essendo aumentata l‟aspettativa di vita nel corso di quest‟ultimo secolo, è aumentata di conseguenza anche la prevalenza dei quadri demenziali. Per dare un‟idea degli ordini di grandezza , l‟aspettativa di vita è passata dai 50 anni degli inizi del „900 agli oltre 75 anni attuali. Anche se il concetto di demenza non coincide necessariamente con quello di senilità, è vero che la demenza è molto più frequente nei soggetti anziani. La diagnosi di demenza, inoltre, non comporta fatalmente e automaticamente un giudizio di cronicità e irreversibilità, anche se la maggior parte dei quadri demenziali è di fatto irreversibile e cronica; in realtà l‟evoluzione e la prognosi della demenza dipendono esclusivamente dalla natura del disturbo, cerebrale o extracerebrale, responsabile del quadro demenziale; se tale disturbo è reversibile o almeno arrestabile, l‟evoluzione e la prognosi della demenza possono essere favorevoli o comunque meno severe. Nella tabella 1.2 sono state riportate otto categorie di disturbi per le quali è stata individuata una possibile correlazione con la demenza (degenerativa, vascolare, meccanica, neoplastica, infiammatoria, tossica e metabolica, oltre ad altre malattie non

(14)

1.2 Classificazioni delle demenze

8

classificabili tra le precedenti categorie) e tra quei disturbi alcuni sono reversibili e di altri può essere arrestata l‟evoluzione.

(15)

1.2 Classificazioni delle demenze

9

Demenze Primarie (o Demenze Degenerative)

Demenze Degenerativa Primaria tipo Alzheimer o malattia di Alzheimer (AD)

Demenza fronto-temporale (Malattia di Pick)

Malattia di Parkinson

Corea di Huntington

Paralisi Sopranucleare Progressiva Malattia di Lewy

Demenze Secondarie

Demenze Vascolari: Demenza multi-infartuale

Infarti cerebrali di grosse dimensioni in sedi strategiche

Malattia di Binswanger Vasculiti (periarterite, lupus sistemico)

Malformazioni artero-venose Demenze tossiche:

Atrofia cerebrale alcolica

Metalli pesanti: piombo, mercurio, manganese

Monossido di Carbonio

Intossicazione cronica da farmaci Composti organici (nitrobenzeni) Acido domoico

Demenze endocrino-metaboliche Ipotiroidismo

Deficienza di vitamina B, acido folico

Uremia

Alterazione delle paratiroidi Sindrome di Cushing

Ripetuti episodi di ipoglicemia

Encefalopatie mitocondriali (malattia di Wilson)

Effetti non metastatici del carcinoma (sindrome paraneoplastica) Demenze meccaniche: Demenza post-traumatica Idrocefalo normoteso Demenze infettivo-infiammatorie Encefalopatia da AIDS Sclerosi multipla

Paralisi progressiva (neurolue) Meningiti croniche Malattia di Creutzfeldt-Jakob Encefaliti Demenze neoplastiche: Meningioma Tumori ipofisari Glioma Tumori metastatici Demenze da altre cause: Distrofia muscolare

Calcificazione familiare dei nuclei della base

Malattia di Whipple

(16)

1.2 Classificazioni delle demenze

10

La demenza, dunque, in rapporto alla patologia cerebrale che ne è responsabile, può essere:

 Acuta, subacuta o cronica;

 Regolarmente o irregolarmente progressiva o non progressiva;

 Reversibile, parzialmente reversibile o irreversibile;

La diagnosi di demenza deve perciò essere presa in considerazione a qualsiasi età, dalla pubertà in poi, e soprattutto, una volta posta la diagnosi clinica di demenza, è necessario giungere anche ad una diagnosi eziologica in modo da individuare e trattare tempestivamente e adeguatamente le forme reversibili o quelle che comunque possono essere arrestate.

Le demenze sono molteplici, ma le forme più frequenti possiamo evidenziarle nella seguente tabella (1.4):

(17)

1.2 Classificazioni delle demenze

11 Tipo di

demenza

Caratteri clinici salienti Neuroimaging Freq. Malattia di

Alzheimer

Esordio insidioso con deficit mnesico e precoce coinvolgimento globale delle funzioni cognitive. Possibile coesistenza di alterazioni comportamentali all'esordio; più frequenti nelle fasi intermedie e avanzate. Progressione graduale.

Atrofia temporo-parietale, talora asimmetrica, alla TC e RM.

50-60%

Demenza vascolare

Esordio acuto spesso con sintomi "focali" e progressione "a gradini". Compromissione irregolare delle varie funzioni cognitive. Esame obiettivo neurologico con segni focali.

Infarti singoli in aree strategiche (ad esempio infarti talamici, lobo

temporale infero-mediale) o multipli in aree di confine o lacune gangli della base o lesioni estese della sostanza bianca periventricolare alla TC o RM. 15-20% Demenza fronto-temporale

Precoci disturbi comportamentali (disinibizione, perdita del controllo sociale, iperoralità, stereotipia), alterazioni dell'affettività (apatia, disinteresse, ipocondria,

somatizzazioni) e precoci disturbi del linguaggio (monotonia, ecolalia, perseverazioni).

Atrofia lobare (frontale o fronto temporale) alla TC o RM.

2-9%

Demenza a corpi di Lewy

Fluttuazione dei disturbi (sia cognitivi sia dello stato di veglia), presenza di allucinazioni visive ben strutturate, segni extra-piramidali e frequenti cadute.

Atrofia corticale aspecifica alla TC o RM. 7-25% Degenerazion e cortico-basale

Aprassia ideomotoria asimmetrica, afasia precoce, disinibizione e segni frontali, distonia di un arto e parkinsonismo

Atrofia corticale fronto temporale e sottocorticale striatale alla RM

Rara

Paralisi sopranucleare progressiva

Paralisi sopranucleare dello sguardo, instabilità posturale con cadute, disartria, deficit di attenzione e deficit cognitivo di tipo sottocorticale

Atrofia della porzione anteriore del corpo calloso alla RM

Rara

(18)

1.2 Classificazioni delle demenze

12

Grafico 1.5. Distribuzione in percentuale delle diverse tipologie di demenza

60,0% 17,0% 11,0% 8,0% 4,0%

Frequenza

Alzheimer Vascolare Fronto-temporale Corpi di Lewy Altro

(19)

1.3 Demenza Alzheimer

13

1.3 Demenza Alzheimer

La malattia (o morbo) di Alzheimer è classificata tra le demenze corticali e primarie ed è oggi definita come quel

“processo degenerativo invalidante che distrugge progressivamente le cellule cerebrali, rendendo a poco a poco l'individuo che ne è affetto incapace di una vita normale”.

La perdita di neuroni inizia

solitamente nella regione

dell‟ippocampo che, svolge il ruolo di “pannello di distribuzione centrale” della memoria. Sono conosciuti una serie di fattori genetici che possono causare o favorire la manifestazione della malattia: sono mutazioni o duplicazioni dei geni coinvolti nella produzione di beta-amiloide come APP, la proteina precursore dell'amiloide oppure le preseniline 1 e 2 (proteine di membrana strettamente correlate alla produzione di beta-amiloide). L'apolipoproteina E è una molecola che trasporta il colesterolo nel sangue e il 10% delle persone che ha una particolare forma di apolipoproteina E, il genotipo E4, ha un rischio maggiore di sviluppare la malattia. Altri fattori di rischio sono traumi cranici e un basso livello di educazione scolastica, probabilmente perché coincidono con una diminuita capacità del cervello a compensare un certo grado di deficit.

Ha un esordio prevalentemente senile ma può manifestarsi anche in epoca presenile ed esistono anche rare forme familiari d‟insorgenza precoce. Nelle fasi iniziali i sintomi sono quasi impercettibili e interessano principalmente la memoria; col progredire della malattia i cambiamenti divengono molto più evidenti finché, nelle ultime fasi, la persona diventa incapace di autosufficienza comportamentale. La malattia ha il tipico andamento

(20)

1.3 Demenza Alzheimer

14

progressivo delle demenze, suddiviso in 3 stadi e dura in media 7-10 anni. Il disturbo è essenzialmente episodico e anterogrado, nel senso che il paziente è incapace di apprendere nuove informazioni. Inizialmente si tratta di eventi di tutti i giorni, ma poi si estende a eventi complessi che normalmente sarebbero ricordati. Accanto al disturbo episodico anterogrado, vi è anche un deficit di memoria prospettica, cioè un‟incapacità di ricordarsi, al momento giusto e senza sollecitazioni, di fare qualcosa. Nella fase precoce si possono verificare i cosiddetti episodi demenziali amnesici o confusionali: l‟episodio è vissuto come un vuoto di memoria e rispecchia il fatto che un comportamento automatizzato è ora diventato controllato e richiede un enorme sforzo per essere richiamato: questi episodi sono vissuti criticamente dal soggetto che si accorge del suo fallimento in un‟attività banale.

Nell‟arco di 6-12 mesi si fanno comunque evidenti i deficit anche nelle altre aree cognitive: l‟orientamento è sempre compromesso, i disturbi del linguaggio sono un elemento centrale nella diagnosi, e anche i disturbi visuo – spaziali sono un evento comune. L‟afasia conclamata si verifica solo nelle fasi più avanzate. Sono abbastanza precoci i disordini della scrittura, probabilmente connessi all‟interessamento dei lobi parietali. Le prove di fluenza verbale sono compromesse già nelle prime fasi iniziali della malattia. Altro disturbo frequente è il disorientamento topografico che inizialmente si verifica nell‟apprendimento di nuovi percorsi, per poi interessare quelli conosciuti, fino addirittura a manifestarsi in ambito domestico. Un altro sintomo in fase avanzata è l‟agnosia, cioè la difficoltà d‟identificazione degli oggetti comuni, specialmente attraverso la modalità visiva. Sono presenti difficoltà aprassico – ideative nell‟esecuzione delle sequenze di gesti necessari per l‟uso di strumenti nella vita di tutti i giorni. Questi pazienti hanno difficoltà nel ragionamento astratto, non sono in grado di risolvere problemi e di far fronte a situazioni nuove. Nella fase iniziale della malattia, infatti, è presente il cosiddetto fenomeno della facciata: il paziente è in grado

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1.3 Demenza Alzheimer

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di fronteggiare le situazioni quotidiane, anche lavorative di un certo livello, ma stereotipate. In fase tardiva compaiono anche manifestazioni psichiatriche, salvo in rari pazienti in cui la componente psichiatrica ha una particolare preminenza nelle fasi precoci del processo demenziale.

Diversi studi hanno confrontato le prestazioni dei pazienti affetti da Alzheimer con un‟altra forma di demenza, quella vascolare (per una rassegna degli specifici studi, cfr. Almkvist, 1994; Looi & Sachdev,

1999). I pazienti con AD hanno prestazioni inferiori nei compiti di memoria episodica e, in misura minore, di linguaggio, di abilità spaziali e di prassia costruttiva; mentre i pazienti con demenza vascolare risultano più deficitari nei compiti di velocità psicomotoria e di funzioni esecutive.

La mortalità è fortemente dipendente dal sesso, età, gravità della compromissione cognitiva e funzionale del paziente, comorbilità e condizioni di vita del paziente.

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1.4 Demenza vascolare

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1.4 Demenza vascolare

La demenza vascolare (Vascular Disease, VaD) è un deterioramento delle capacità mentali causato da lesioni ischemiche del cervello. L‟inizio della demenza vascolare può essere relativamente improvviso, poiché possono verificarsi molti infarti prima che appaiano dei sintomi. Questi infarti possono danneggiare aree del cervello responsabili di una funzione specifica oppure produrre dei sintomi generalizzati di demenza.

Prevede tre caratteristiche:

a) Una patologia cerebrovascolare;

b) Andamento a gradini o comunque fluttuante (peggioramento in occasione di un evento cerebrovascolare, seguito da un lieve miglioramento e poi da un altro peggioramento in seguito ad un altro evento e così via);

c) La presenza di segni neurologici focali attribuibili a lesioni in aree ben delimitate dell‟encefalo.

Dal punto di vista comportamentale, a differenza dell‟AD, la demenza vascolare ha un esordio brusco, si manifesta con labilità emotiva, sintomatologia depressiva e incontinenza urinaria. Il linguaggio è disartrico e la prosodia è alterata.

Già da tempo McPherson, Cummings e Nussbaum (1997) hanno segnalato come la ricerca su questa sindrome è stata limitata dalla eterogeneità dei sintomi e dalla differenza di localizzazione nelle aree corticali e subcorticali, rendendo, pertanto, indispensabile un‟analisi articolata dei sotto-tipi.

Ad oggi sono infatti conosciute diverse forme di demenza vascolare (Bianchetti e Metitieri, 1999; Roman, 2004):

Demenza multi-infartuale (MID), la più frequente e originariamente considerata l‟unica forma di demenza vascolare, caratterizzata da infarti grandi, completi e multipli, in genere dovuti all‟occlusione di grossi vasi sottocorticali e corticali.

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1.4 Demenza vascolare

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Demenza da infarti singoli “strategici”, (SID) una forma abbastanza

rara caratterizzata da piccole lesioni ischemiche localizzate in aree corticali e sottocorticali funzionalmente importanti come il talamo e la regione temporale.

Demenza in corso di malattia dei piccoli vasi con lesioni provocate dalla malattia dei piccoli vasi corticali o sottocorticali. Queste ultime possono essere lacune (malattia di Binswanger) o lesioni della sostanza bianca che frequentemente si osservano anche in cervelli di soggetti anziani normali.

La malattia di Binswanger, si verifica come conseguenza di una patologia a carico dei piccoli vasi, accompagnata a ipertensione: è caratterizzata da un andamento ingravescente con disturbi motori, rallentamento, difficoltà di deambulazione, incontinenza urinaria e instabilità emotiva. In generale, comunque, il quadro delle demenze vascolari può essere vario, in relazione alla localizzazione degli infarti. I disturbi sono per lo più di tipo disesecutivo. Fattori di rischio (Bianchetti e Metitieri, 1999; Roman, 2005) per l‟insorgenza di una demenza vascolare sono: età avanzata, ictus, coronaropatie, ipertensione, fibrillazione atriale, diabete, fumo, iperlipemia, ematrocrito elevato, alterazioni emostasi, stress in età evolutiva, basso livello di scolarità ed esposizione a sostanze tossiche.

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1.5 Demenza fronto temporale

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1.5 Demenza fronto temporale

La demenza fronto temporale (Fronto Temporal Dementia FTD) è il prototipo di un disturbo del comportamento causato dall‟atrofia cerebrale fronto temporale. È una malattia rara; a seconda dell‟intervallo di età, la prevalenza è stata stimata tra 3,6 e 15 ogni 100.000 persone. La definizione clinica di FTD copre un gruppo eterogeneo di malattie neurodegenerative sporadiche e familiari, differenziate in base alla loro eziologia, la loro neuropatologia e le loro caratteristiche biochimiche. La presentazione clinica più frequente è un cambiamento di personalità, del comportamento sociale e una disfunzione del linguaggio, con conservazione relativa della funzione mnemonica. Può associarsi ai segni clinici del Parkinsonismo e alla forma amiotrofica della malattia dei motoneuroni. Essenzialmente esistono tre forme di demenza fronto temporale:

 Nelle demenze fronto temporali relativamente rare, si riscontrano nelle cellule nervose, depositi di proteine anomale detti corpi di Pick. Si parla allora di demenza di Pick (Il nome è quello del neuropsichiatra tedesco Arnold Pick11), che provoca problemi comportamentali e disturbi della personalità ;

 La demenza semantica che causa deficit di riconoscimento e di comprensione del linguaggio ;

 L‟afasia primaria progressiva che compromette la fluenza o la capacità di reperimento della parola.

Le cause di queste tre forme di demenza sono ancora ignote. Nel 50% dei casi è stata osservata una spiccata familiarità. La FTD colpisce indistintamente uomini e donne e insorge per lo più tra i 45 e i 60 anni.

I sintomi della FTD variano a seconda di quale parte della corteccia cerebrale è interessata al processo degenerativo. In quasi tutti i casi si manifestano

11 Arnold Pick, nel 1892, ha riferito la storia di un paziente il quale presentava un declino intellettivo con

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1.5 Demenza fronto temporale

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alterazioni della personalità e del comportamento interpersonale. Questi i sintomi più frequenti:

 Ridotto autocontrollo, disinibizione;

 Comportamento: aggressività, irritabilità, agitazione, disinibizione sessuale, trascuratezza dell‟igiene, personale, sfoghi emozionali eccessivi, comportamenti maniacali;

 Linguaggio: tendenza a parlare di continuo e a dire cose oscene o imbarazzanti;

 Smoderatezza nel bere e nel mangiare;

 Egocentrismo: scarsa empatia, appiattimento delle esternazioni emozionali, mancanza di tatto, irragionevolezza;

 Disturbo della capacità di programmazione, organizzazione e discernimento: scarsa concentrazione, distrazione, mancanza di uno scopo, apatia, manie di persecuzione, tendenza a compiere azioni rischiose e a prendere decisioni avventate, compulsione all‟acquisto, avarizia, inconsapevolezza della malattia.

Questi sintomi si manifestano, sebbene in misura più lieve, anche nelle forme più rare della demenza semantica e dell‟afasia primaria progressiva, maggiormente caratterizzate dai disturbi del linguaggio. Le persone affette da demenza semantica parlano, leggono e scrivono fluentemente e correttamente da un punto di vista grammaticale ma non sanno più chiamare le cose col loro nome, non afferrano il significato delle parole e non riconoscono più rumori e oggetti. Le persone affette da afasia primaria progressiva, invece, comprendono ciò che sentono o leggono, ma parlano in modo stentato e sgrammaticato, usano parole sbagliate, magari in assonanza con quelle che vorrebbero pronunciare, e si esprimono con un vocabolario ristretto.

Riguardo alle altre caratteristiche specifiche della sindrome, Meyniel, Rivaud-Pechoux, Damier, & Gaymard (2005) hanno messo in evidenza che i pazienti

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1.5 Demenza fronto temporale

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con FTD hanno un ridotta inibizione del riflesso saccadico. Come già detto precedentemente, la memoria appare preservata, in questi pazienti, almeno nelle prime fasi della patologia, che quindi si differenzia dalla amnesia comune nell‟AD.

A differenza dell‟AD in cui il basso livello d‟istruzione è considerato un fattore di rischio, il suo ruolo di questa variabile nella demenza fronto temporale non è ancora chiaro. Borroni, Alberici, Agosti, Premi e Padovani (2008) hanno trovato che l‟età, la storia familiare positiva per la patologia e il livello di istruzione sono variabili non associate alla diagnosi di FTD diversamente da quanto accade nell‟AD.

Ad oggi non esiste un trattamento curativo. La memantina aveva suscitato qualche speranza, ma ora questo farmaco è stato abbandonato. L‟evoluzione della FTD è più veloce dell‟AD, in particolare quando parliamo della malattia dei motoneuroni (15% dei casi) (Boutoleau-Bretonniere C., Lebouvier T., Vercelletto M.).12

12 Centro ressources mémoire et recherche, Hôpital Laennec, CHU de Nantes, Francia; Labo EMC, EA3082,

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1.6 Demenza a corpi di Lewy

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1.6 Demenza a corpi di Lewy

La demenza a corpi di Lewy (Dementia Lewy Body, DLB) è tra le cause più frequenti di declino cognitivo nell‟anziano (Kovari, Horvath, & Bouras, 2009).

I corpi di Lewy sono depositi di proteine anomale in certe parti del cervello, in particolare nella corteccia. È considerata la causa più frequente, dopo la malattia di Alzheimer, delle demenze degenerative negli anziani. Anche il nome di questa malattia è di uno scienziato tedesco, Frederic H. Lewy.13

La demenza con corpi di Lewy (DLB) è una malattia neurodegenerativa progressiva; è caratterizzata clinicamente da demenza, fluttuazione della funzione cognitiva e dello stato di vigilanza, allucinazioni (visive) e parkinsonismo.

Nelle fasi iniziali, la DLB non è facilmente distinguibile dalla malattia di Parkinson (PD) e raramente assomiglia alla malattia di Alzheimer (AD). All'esordio, contrariamente a quanto accade nella AD, i pazienti con DLB spesso non presentano un deterioramento della memoria, ma piuttosto un danneggiamento delle funzioni esecutive. I segni clinici cardinali consistono in: 1) un declino cognitivo fluttuante, fluttuazioni particolarmente marcate dell'attenzione, della coscienza, della vigilanza; 2) allucinazioni (visive, dettagliate, spesso ad esordio notturno, ricorrenti); 3) i sintomi della PD. Oltre alle allucinazioni, la DLB si associa ad una maggiore frequenza di deliri paranoidi e soprattutto deliri di misidentificazione con valori di prevalenza dal 13 al 75%. Questi possono manifestarsi sotto varie forme tra le quali le più frequenti sono la sindrome di Capgras (caratterizzata dal convincimento che una persona oppure l‟ambiente è stato sostituito da una replica), la misidentificazione di immagini visive (nella quale immagini televisive o fotografiche sono ritenute essere realmente presenti nel contesto), la

13 Frederic H. Lewy (neurologo): è stato il primo (1913) a descrivere i depositi di proteine anomale nel

cervello di individui affetti da malattie di Parkinson. È stato uno dei più brillanti collaboratori del Dottor Alzheimer nel suo laboratorio di Breslau (Germania).

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1.6 Demenza a corpi di Lewy

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misidentificazione di immagini riflesse (nella quale l‟immagine riflessa del paziente è ritenuta appartenere ad altra persona). Sono evocatori della diagnosi di DLB alcuni sintomi, come le cadute ricorrenti, la perdita transitoria di coscienza, la depressione, i deliri sistemici, i disturbi comportamentali del sonno REM e la grave disfunzione del sistema autonomo, con incontinenza urinaria.

Non conosciamo la causa di questa malattia, che rappresenta tra il 10 e il 30% delle demenze e colpisce lievemente più gli uomini che le donne. L‟età media dell‟esordio è di circa 60 anni.

Non esiste un trattamento curativo; è solo possibile trattare i sintomi, così come possiamo trattare i sintomi dell‟Alzheimer.

La progressione della malattia sembra più rapida rispetto a quella dell‟AD. La DLB è una demenza progressiva. L'aspettativa di vita stimata è di circa 8 anni dall'esordio, anche se può variare a seconda del fenotipo.

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1.7 Mild Cognitive Impairment (MCI)

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1.7 Mild Cognitive Impairment (MCI)

Il termine “Deterioramento Cognitivo Lieve” (Mild Cognitive Impairment, MCI) è stato introdotto nell‟International Classification of Diseases (ICD-10) dell‟OMS per definire il declino delle funzioni mentali che non soddisfa i criteri per la demenza e lascia preservate le principali attività di vita quotidiana (Flicker, Ferris, & Reisberg, 1991; Petersen, 1995).

Il concetto di Mild Cognitive Impairment (MCI) è stato introdotto per definire la transazione tra l‟invecchiamento normale e il quadro patologico di demenza. Fa riferimento ad un gruppo di popolazione di soggetti anziani, che a fronte di un deficit cognitivo, non sono compromessi nella loro funzionalità quotidiana, e che sono a rischio di sviluppare demenza .

Questa collocazione sfumata dell‟MCI rispondeva comunque all‟esigenza nuova di determinare un livello intermedio di declino cognitivo che fosse differenziabile dal normale invecchiamento, ma precedente allo sviluppo della demenza. Le caratteristiche del deficit di memoria riscontrato in questa categoria di pazienti sono, infatti, più simili a quelle riscontrate nei pazienti affetti da Malattia di Alzheimer (AD) che non negli anziani normali.

Con l‟avanzare della ricerca è apparso chiaro che la condizione di MCI poteva essere applicata anche a forme di demenza diverse dalla Malattia di Alzheimer, poiché non tutti i pazienti inquadrati sotto l‟etichetta di MCI dimostravano di sviluppare successivamente AD. Ciò rese possibile inserire sotto la definizione di deterioramento cognitivo lieve, anche deficit non appartenenti al dominio della memoria (Petersen 2004; 2008, Petersen & Morris, 2005).

I pazienti con MCI hanno un significativo deficit di memoria che si può accompagnare anche ad un lieve deficit in altre funzioni quali: linguaggio, funzioni esecutive, abilità visuo-spaziali, le capacità di ragionamento. Si possono riscontrare diverse forme di MCI a seconda di quante e quali aree cognitive sono coinvolte:

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1.7 Mild Cognitive Impairment (MCI)

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aMCI (amnesic MCI single domain) in cui è presente un solo deficit mnesico; aMCI md (amnesic MCI multiple domain) in cui è presente non solo un

deficit mnesico ma anche la lieve compromissione in un altro dominio cognitivo;

naMCI (non amnesic MCI single domain) in cui è presente un solo danno

cognitivo ma di tipo non mnesico (attentivo-esecutivo, prassico-costruttivo….);

naMCI md (non amnesic MCI multiple domain) in cui sono compromesse

più funzioni cognitive non mnesiche. Tabella 1.6. Le quattro forme di MCI

Questa ripartizione ha permesso a Petersen e colleghi di stabilire con maggiore accuratezza come il sottotipo a-MCI fosse quello con un tasso maggiore di progressione verso la Demenza di Alzheimer dal 10% al 15% per anno, permettendo inoltre di utilizzare le altre etichette diagnostiche come predittive per forme diverse di demenza. In particolare l‟MCI

Multiple Domain risulta predittivo per la Demenza Vascolare, mentre il

sottotipo Non-Amnestic MCI Multiple Domani per la Demenza dei corpi di Lewy (Petersen, 2008).

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1.8 Subjective Cognitive Impairment (SCI)

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1.8 Subjective Cognitive Impairment (SCI)

Un‟alta percentuale di soggetti anziani lamenta una diminuzione soggettiva delle proprie capacità cognitive legate principalmente alla memoria (es. dimenticanze di vario genere, difficoltà nel trovare le parole…). Tuttavia, i pazienti con Subjective Cognitive Impairment (SCI) non mostrano un declino cognitivo oggettivo ai test neuropsicologici, variabile che li differenzia dagli MCI, ed i loro problemi cognitivi non causano un declino funzionale. In realtà, le evidenze preliminari in letteratura mostrano che il SCI può essere un precursore di successivo declino cognitivo.

Ritchie e coll. (2000) hanno mostrato come il 48% dei soggetti che erano stati classificati come SCI presentavano, nell‟arco di un anno, un‟evidente

deterioramento cognitivo che interessava soprattutto attenzione,

linguaggio e working memory. Ancora, Prichep e coll. (2006), mediante un‟importante ricerca longitudinale che ha seguito 244 soggetti SCI, diagnosticati attraverso un punteggio pari a 2 alla GDS14 al follow-up a nove anni conclusero che lo SCI è una realtà molto frequente nella popolazione; inoltre, gli individui con SCI hanno un alto rischio di sviluppare nel tempo il MCI.

Il confronto effettuato nei primi studi specifici in letteratura tra soggetti SCI e MCI selezionati attraverso i punteggi ottenuti alla scala MMSE (in cui gli SCI erano classificati sopra i 24 punti, considerati cut-off per le prime fasi di demenza), dimostra come entrambi i gruppi siano comunque deficitari nelle prove di memoria e di ricerca di parole rispetto al gruppo di

14Global Deterioration Scale: La scala più usata per la stadiazione della Malattia di Alzheimer. Questa scala è

uno strumento di valutazione globale della gravità del deterioramento cognitivo ideato per monitorare nel tempo il decorso progressivo della Malattia di Alzheimer. La GDS è una scala a stadi distinti in 7 livelli di gravità crescente di deterioramento cognitivo (1=Nessun declino delle funzioni cognitive; 2=declino molto lieve delle funzioni cognitive; 3=declino lieve delle funzioni cognitive; 4=declino moderato delle funzioni cognitive; 5=declino moderatamente severo delle funzioni cognitive; 6=declino severo delle funzioni cognitive; 7=declino molto severo delle funzioni cognitive).

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1.8 Subjective Cognitive Impairment (SCI)

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controllo, avvalorando l‟ipotesi che in entrambi i casi vi sia una suscettibilità verso lo sviluppo di forme come l‟AD (Clarnette et al., 2001; Heun et al., 2006).

Il concetto di SCI differisce sensibilmente nel caso in cui venga descritto come un impairment, o come un complaint, ossia un dato riportato spontaneamente dal soggetto che si reca di propria iniziativa in un centro specializzato lamentando un calo delle proprie capacità cognitive. Difatti, la maggior parte delle ricerche effettuate prende in considerazione soggetti SCI che si dichiarano tali dopo aver risposto ad un accurato questionario sulle proprie 24 difficoltà nell‟ultimo anno.

I soggetti con SCI dovrebbero beneficiare di follow-up per monitorare, nel corso del tempo, l‟evoluzione del proprio status cognitivo.

Secondo Reisberg rimane fondamentale specificare che nello SCI sia presente una consapevolezza individuale dello scadimento cognitivo, elemento che spesso si indebolisce con lo sviluppo di MCI. Lo SCI deve inoltre avere consapevolezza e risultare più in difficoltà in un campo ristretto di funzioni (nella scala GDS al grado 2, si annovera soltanto una percezione di perdita di memoria), mentre i soggetti con Mild Cognitive Impairment nella definizione di Reisberg (già presente nella scala del 1985), possono verificare una pluralità di deficit in più aree neuropsicologiche.

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2.1 Alzheimer

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2. Terapia farmacologica

2.1 Alzheimer

Oggi per curare la malattia di Alzheimer ci sono due tipi di farmaci: gli

inibitori della colinesterasi e la Memantina, che rientrano nella categoria

dei classici farmaci antidementigeni. Gli inibitori della colinesterasi vengono somministrati negli stadi iniziali e medi della malattia di Alzheimer, la Memantina negli stadi medio-avanzati. Gli antidementigeni possono migliorare temporaneamente e stabilizzare le capacità cerebrali compromesse o ritardare un peggioramento.

Non possono tuttavia arrestare la malattia né tanto meno guarirla.

Nella malattia di Alzheimer, ma anche in altre forme di demenza, nel cervello si verifica uno scompenso chimico dovuto a una carenza di acetilcolina. L‟acetilcolina è una sostanza trasmettitrice impiegata dal cervello per molte delle sue funzioni, come ad esempio per ricordare o imparare. Quando manca l‟acetilcolina, il cervello accusa una perdita di efficienza. L‟enzima colinesterasi distrugge l‟acetilcolina nel cervello. Per frenare la progressiva diminuzione del tenore di acetilcolina in una persona affetta da Alzheimer, vengono impiegati medicamenti che contrastano l‟effetto distruttivo della colinesterasi.

In alcuni pazienti gli inibitori della colinesterasi stabilizzano le facoltà cognitive e la capacità di affrontare le situazioni di tutti i giorni per sei mesi circa. Inoltre, possono attenuare un‟eventuale apatia e i disturbi

neuropsichiatrici. I medicinali hanno effetto anche dopo questo periodo e ritardano la progressiva riduzione delle facoltà cerebrali. È comprovato che gli inibitori della colinesterasi migliorano la qualità della vita di molti malati di Alzheimer e di coloro che li assistono.

Attualmente sono in commercio tre diversi farmaci:

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2.1 Alzheimer

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Galantamina (es. Reminyl)

Rivastigmina (es. Rivastigmina Teva, Nimvastid, Prometax,

Rivastigmina Actavis). Il farmaco è indicato anche per la cura del morbo di Parkinson, altra malattia degenerativa incurabile.

Anche la Memantina agisce in caso di uno scompenso chimico nel cervello correlato alla demenza. A differenza degli inibitori della colinesterasi, questo farmaco non influenza l‟acetilcolina, ma contrasta le ripercussioni nocive dovute a un eccesso di glutammato

nel cervello. Il glutammato è una sostanza trasmettitrice che il cervello utilizza per lo svolgimento delle funzioni centrali.

La reazione a questi principi attivi è diversa da persona a persona. Non è possibile sapere anticipatamente quale di questi farmaci avrà effetto e se sarà tollerato dal paziente: bisogna prima provarli. A volte cambiando medicinale si ottengono i risultati auspicati. In una malattia di Alzheimer un trattamento con la Memantina può stabilizzare per un determinato periodo le capacità intellettive e le funzioni necessarie per l‟attività quotidiana. In alcuni casi, la Memantina migliora anche i disturbi comportamentali dovuti alla demenza come il nervosismo, l‟irrequietezza e l‟aggressività. Può dunque migliorare le condizioni di vita dei malati, dei loro famigliari e del personale curante specializzato, nonché ridurre o addirittura evitare l‟impiego di altri medicamenti (come gli psicofarmaci) dai seri effetti collaterali.

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2.2 Demenza Vascolare

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2.2 Demenza Vascolare

A differenza del deterioramento cognitivo vascolare, non è possibile guarire dalla demenza vascolare. Tuttavia, si può rallentarne la progressione e limitarne la sintomatologia.

Per ottenere questi risultati, però, bisogna ricorrere a diversi trattamenti terapeutici: dai farmaci per l'ipertensione o per l'Alzheimer alle terapie specifiche per la demenza.

Partendo da come evitare l'evoluzione negativa del deterioramento cognitivo vascolare, verranno riportate, di seguito, tutte le possibili cure per la demenza vascolare.

La cura della demenza vascolare non è affatto semplice e richiede il supporto di diversi esperti, come medici neurologi, psicologi, fisioterapisti e logopedisti.

Ricordando che ogni paziente è un caso a sé stante, ecco le terapie farmacologiche, quelle specifiche per la demenza:

Farmaci contro l‟ipertensione. L'ipertensione è uno dei fattori di

rischio più ricorrenti tra i pazienti con demenza vascolare. Ciò spiega perché è fondamentale pianificare una cura a base di farmaci in grado di abbassare la pressione del sangue, come gli ACE-inibitori e i betabloccanti.

Inibitori dell'acetilcolinesterasi e memantina. Gli inibitori

dell'acetilcolinesterasi, come il donepezil, la galantimina e la rivastigmina, vengono assunti da quei pazienti che mostrano confusione e sonnolenza. La memantina, invece, viene somministrata per rallentare il deterioramento cognitivo tipico delle demenze. Insieme, queste due categorie di farmaci rappresentano uno dei trattamenti farmacologici d‟elezione per il morbo di Alzehimer come sopra indicato.

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2.3 Demenza fronto temporale

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Farmaci contro le condizioni patologiche favorenti. Curare le

condizioni patologiche, che favoriscono o accompagnano la demenza vascolare, aiuta a rallentare la progressione di quest'ultima. Per esempio, si somministrano: statine se il paziente soffre di colesterolo alto; anticoagulanti se il malato è a rischio di ictus o di trombosi venosa; antidepressivi se il demente è depresso.

I pazienti di Demenza possono trarre giovamento da un trattamento nuovo di promessa chiamato Cerebrolysin, secondo i risultati di un esame sistematico pubblicato Nella Libreria di Cochrane. Questo preparato, ancora in fase di approvazione, è ricavato dalle cellule cerebrali del maiale e sembra avere un impatto positivo sulle funzioni cognitive (memoria e capacità di pensiero) dei pazienti affetti da demenza vascolare.

2.3 Demenza fronto temporale

Non vi è alcuna cura per FTD e nella maggior parte dei casi non può essere rallentata la sua progressione. Anche se non sono stati ancora identificati farmaci efficaci nel contrastare la FTD, si cerca fra farmaci e approcci terapeutici utilizzati in altri disordini simili allo scopo di sviluppare nuovi approcci terapeutici. Per esempio, alcuni pazienti FTD beneficiano degli inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI, utilizzati nel trattamento della depressione) e/o inibitori dell‟acetilcolinesterasi (usati nella malattia di Alzheimer), che prolunga l‟attività dei neurotrasmettitori.

Sebbene i sintomi specifici possono variare da paziente a paziente, la FTD è segnata da un inevitabile e progressivo deterioramento nel funzionamento. Essa può predisporre i pazienti a gravi complicazioni come la polmonite,

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2.4 Demenza a corpi di Lewy

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infezioni o lesioni da una caduta. La causa più comune di morte è la polmonite.

2.4 Demenza a corpi di Lewy

Secondo una revisione sistematica della Cochrane Collaboration (Wild2008) i pazienti con demenza a corpi di Lewy, con disturbi del comportamento o problemi psichiatrici, possono trarre vantaggio dal trattamento con rivastigmina, se questa è ben tollerata. Esistono deboli prove di efficacia anche sull‟utilizzo della galantamina e di donepezil15

. Anche la memantina è già stata utilizzata con modesti risultati. Il trattamento dei sintomi motori implica l‟utilizzo di L-dopa, con efficacia però assai minore che nella PD. Dati ancora non pubblicati (Bonuccelli et al.) sembrerebbero confermare una positiva risposta acuta alla levodopa in circa la metà dei pazienti, e mostrare in questi stessi anche un‟efficacia a lungo termine, durante un anno di follow-up, senza peggioramento dei disturbi psichici.

2.5 Mild Cognitive Impairment (MCI)

In presenza di una MCI, il medico tratta i fattori che provocano o peggiorano il disturbo prendendo le misure seguenti :

 sospendendo o cambiando i medicinali che disturbano le capacità intellettive, tra cui in particolare i calmanti;

 curando eventuali problemi di salute come pressione alta o bassa, diabete, colesterolemia alta, malattie cardiache, disturbi metabolici;

 curando le crisi emozionali e la depressione;

 sopperendo a un‟eventuale carenza di vitamine. Secondo lo stato attuale della conoscenza…

15

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2.5 Mild Cognitive Impairment (MCI)

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 …il ginkgo biloba e gli acidi grassi omega 3 possono avere un effetto positivo

 …non è sufficientemente dimostrato, invece, quale effetto abbiano i farmaci anti-Alzheimer sull‟MCI. Questi farmaci, infatti, non sono raccomandati.

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3. Qualità di vita

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3. Qualità di vita

3. Qualità di vita

Nel 1948 l‟Organizzazione Mondiale della Sanità definisce la salute come “uno stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice

assenza di malattia”.

Tale definizione ha portato ad una vera e propria rivoluzione, in quanto la salute non è riconducibile al solo dato biologico (assenza/presenza di malattia) ma anche al benessere psicologico e sociale.

Infatti, la malattia non incide solo sugli aspetti fisici e biologici dell‟organismo, ma molto spesso va a ripercuotersi sulla vita emotiva, sociale e lavorativa del soggetto.

Si passa, quindi ad una modello biomedico della salute incentrato sulla salute, ad un modello bio-psico-sociale incentrato sul soggetto.

Il miglioramento della qualità della vita è uno degli obiettivi del modello bio-psico-sociale; il focus non è più l‟allungamento della vita (quanto tempo il paziente sopravvivrà alla malattia), ma è importante focalizzarsi su come sarà la sua vita.

Il concetto di Qualità di Vita è diventato negli ultimi decenni fondamentale nella valutazione dell‟efficacia dei diversi interventi in ambito sanitario (Naglie, 2007).

Grant et al. (1990) definiscono la qualità della vita come “un‟affermazione

personale di attributi positivi o negativi che caratterizzano la propria vita”.

Per l‟Organizzazione Mondiale della Sanità, la qualità della vita è “la

percezione che ciascuna persona ha della propria posizione nella vita, nel contesto dei sistemi culturali e di valori nei quali è inserito e in relazione alle proprie finalità, aspettative, standard ed interessi. Si tratta di un concetto ampio, influenzato in modo complesso dalla salute fisica , dallo

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3.1 Terapia di Riorientamento nella Realtà (ROT)

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stato psicologico, dal livello d‟indipendenza e dalle relazioni con fenomeni rilevanti del proprio contesto”.

Campbell (1975) definisce la Quality of Life (QoL) come un “senso

soggettivo di benessere derivato dalla propria esperienza di vita globale…, in cui vanno presi in considerazione tutti i fattori rilevanti, tra cui primeggiano quelle spirituali, sociali, culturali, economici”,

definizione che sottolinea la soggettività della Qualità della vita, in cui entrano in gioco diverse determinanti sia individuali, sia sociali e ambientali, di cui la salute è solo un fattore, valore d‟interesse della medicina.

Per poter migliorare la Qualità della vita nei pazienti affetti da demenza alcuni studiosi hanno cercato di trovare delle tecniche per la riabilitazione come complementari o alternative ai trattamenti farmacologici.

I programmi terapeutici non farmacologici hanno lo scopo di sostenere ed attivare quelle funzioni mentali non completamente deteriorate, intervenendo sulle potenzialità residue. Nell'insieme queste terapie si caratterizzano per il coinvolgimento attivo della persona curata e si fondano sulla preliminare valutazione delle potenzialità residue su cui fondare l'intervento.

3.1 Terapia di Riorientamento nella Realtà (ROT)

La Terapia di Orientamento nella Realtà (ROT-Reality Orientation Therapy), nell'ambito degli interventi riabilitativi psicosociali rivolti alla persona, è la più diffusa terapia cognitiva impiegata nei pazienti con confusione mentale e deterioramento cognitivo (Taulbee, 1984; Woods and Britton, 1985; Edelson and Lyons, 1985; Donhaue, 1984). Tende a ridefinire la dimensione spazio-temporale della persona deteriorata nel tentativo di rinforzarne l‟identità,. Viene utilizzata per modificare i comportamenti scorretti, riduce l‟isolamento del soggetto e rinforza le informazioni del paziente rispetto alla propria

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3.2 Terapia di Reminiscenza

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identità, al contesto e alla propria storia. Può funzionare nei casi lievi o moderati.

3.2 Terapia di Reminiscenza

La Terapia della Reminiscenza o Life Review Therapy si fonda sulla naturale tendenza dell'anziano a rievocare il proprio passato; il ricordo e la nostalgia possono essere fonte di soddisfazione e idealizzazione. L'obiettivo consiste nel favorire questo processo spontaneo e renderlo più consapevole e deliberato.

3.3 Terapia di Rimotivazione

La Rimotivazione è una tecnica cognitivo-comportamentale (Janssen e Giberson, 1988) il cui scopo consiste nella rivitalizzazione degli interessi per gli stimoli esterni, nello stimolare gli anziani a relazionarsi con gli altri ed a affrontare e discutere argomenti contingenti della realtà circostante; è particolarmente indicata in pazienti con sintomi depressivi non gravi e deficit cognitivo lieve in grado di seguire una conversazione, anche se istituzionalizzati.

3.4 Memory training

Sono state recentemente proposte tecniche di stimolazione più specifiche e più mirate rispetto alla ROT (Josephsson et al. 1993; Ermini-Funfschilling and Meier, 1995; Hirono et al., 1997), finalizzate a stimolare l'apprendimento procedurale motorio, sensoriale e cognitivo.

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3.5 La tecnica di spaced-retrieval

36 3.5 La tecnica di spaced-retrieval

La tecnica di spaced-retrieval è caratterizzata dalla rievocazione di informazioni ad intervalli di tempo crescenti. Interventi riabilitativi che adottano questa tecnica si sono dimostrati efficaci nel paziente con AD nell'identificazione di oggetti, nell'associazione nome-faccia, nella collocazione spaziale di oggetti, nonchè nella programmazione di attività quotidiane (memoria prospettica) (Backman 1996). Si ipotizza che l'apprendimento tramite questa tecnica, con la quale sono stati ottenuti risultati particolarmente significativi, sia sostenuto principalmente dalla memoria procedurale.

3.6 Ausili mnesici esterni

Quali diari, segnaposto, suonerie, ed altri ausili mnesici. L'allenamento all'uso di ausili esterni si è dimostrato utile nel migliorare la programmazione delle attività quotidiane (memoria prospettica) (Backman, 1996).

3.7 Terapia di validazione

Proposta da Feil nel 1967: si basa su un rapporto empatico con il paziente. Tramite l'ascolto il terapista cerca di conoscere la visione della realtà da parte del paziente (la cui memoria può portarlo a vivere in periodi antecedenti della sua esperienza vitale), punta l‟attenzione sull‟affettività del soggetto al fine di creare contatti emotivi significativi. Il principale obiettivo non consiste nel ricondurre il paziente nella realtà attuale, ma, al contrario, è quello di immedesimarsi, in modo empatico, nel suo "mondo" per capirne comportamenti, sentimenti ed emozioni (Feil, 1967; Dietch et al, 1989; Day, 1997; Toseland et al.,1997).

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