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Impiego di colture batteriche protettive in salsiccia di puro suino: evoluzione di parametri microbiologici, fisico-chimici e sensoriali in condizioni di abuso termico.

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! ! ! ! DIPARTIMENTO!DI!SCIENZE!AGRARIE,!ALIMENTARI!E!AGRO2AMBIENTALI! ! CORSO!DI!LAUREA!MAGISTRALE!INTERDIPARTIMENTALE!IN!! ! BIOSICUREZZA!E!QUALITA’!DEGLI!ALIMENTI! ! ! TESI!DI!LAUREA!! ! ! Titolo! ! IMPIEGO!DI!COLTURE!BATTERICHE!PROTETTIVE!IN!SALSICCIA!DI!PURO! SUINO:!EVOLUZIONE!DI!PARAMETRI!MICROBIOLOGICI,!FISICO2CHIMICI!E! SENSORIALI!IN!CONDIZIONI!DI!ABUSO!TERMICO! ! ! ! ! ! RELATORI!! ! ! ! ! ! ! ! CANDIDATA! ! ! ! ! ! ! ! Primo!relatore:!Dott.ssa!Francesca!Pedonese! ! !! !Sonia!Pisano! Secondo!relatore:!Dott.ssa!Barbara!Buonanno! Correlatore:!Prof.!Domenico!Cerri! !!!!! ! ! ! Anno!accademico!2012/2013! ! !

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! ! ! INDICE! ! ! ! I!

INDICE

PARTE COMPILATIVA

INTRODUZIONE...III CAPITOLO 1 - I prodotti di salumeria

1.1 Definizione di salume...1

1.2 La microflora degli impasti carnei degli insaccati...2

CAPITOLO 2 – La salsiccia 2.1 Definizione del prodotto e aspetti normativi...5

2.2 Caratteristiche del prodotto...7

2.2.1 La ricetta e gli ingredienti...8

2.3 Le fasi di produzione...9

2.3.1 Dalla preparazione dell’impasto al confezionamento delle salsicce...10

2.4 La produzione igienica di salsiccia e il Regolamento (CE) n. 2073/2005...13

2.4.1 Principali aspetti normativi per la produzione alimentare...13

2.4.2 Il Regolamento (CE) n. 2073/2005...14

2.5 Principali microrganismi patogeni isolati dagli insaccati freschi...18

2.5.1 Listeria monocytogenes...19

2.5.2 Salmonella spp. ...20

CAPITOLO 3 - La shelf-life della salsiccia 3.1 Shelf-life e conservabilità degli alimenti carnei: generalità ...23

3.1.1 Il ruolo svolto dal confezionamento...24

3.2 Shelf-life degli alimenti carnei: parametri microbiologici, fisico-chimici e sensoriali...27

3.2.1 Parametri microbiologici...27

3.2.2 Parametri fisici e chimici...29

3.2.3 Parametri sensoriali...34

3.3 Shelf-life della salsiccia: parametri microbiologici, fisico-chimici e sensoriali...36

3.3.1 Importanza delle modalità di confezionamento...36

(3)

! !

INDICE! !

! !

3.3.3 Parametri fisici e chimici...39

3.3.4 Parametri sensoriali...41

CAPITOLO 4 - L’utilizzo di colture batteriche protettive nella produzione di insaccati 4.1 Le colture starter e protettive come biopreservanti nella produzione di insaccati...42

4.2 Il genere Lactobacillus……...48

4.2.1 Lactobacillus sakei...49

!

PARTE SPERIMENTALE

SCOPO DELLA TESI...53

CAPITOLO 5 - Materiali e metodi 5.1 La coltura batterica in esame...54

5.2 Il prodotto in esame...54! 5.3 Piano analitico...58 5.3.1 Analisi microbiologiche...59 5.3.2 Analisi fisico-chimiche...60 5.3.3 Analisi sensoriale...62 5.4 Analisi statistica...65

CAPITOLO 6 – Risultati e discussione 6.1 Analisi microbiologiche...67 6.2 Analisi fisico-chimiche...73 6.3 Analisi sensoriale...79 CAPITOLO 7 - Conclusioni Conclusioni...84 Bibliografia...V Ringraziamenti...XI

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INTRODUZIONE

III

Introduzione

La contaminazione dei prodotti da parte di microrganismi sia patogeni che alteranti è uno degli aspetti più critici non solo nell’industria della carne, ma nel settore alimentare in generale. Per questo, l’utilizzo di additivi ad azione conservante è una pratica fortemente presente nei processi produttivi dei vari alimenti, ed in particolare in quelli carnei qui considerati, con il duplice scopo di ottenere shelf-life più prolungate e di garantire la sicurezza d’uso del prodotto richiesta dalla legge.

Con il termine shelf-life si intende il periodo di tempo, dopo la produzione e/o il confezionamento, durante il quale un prodotto alimentare rimane sicuro e adatto al consumo. Perciò per tutta la durata di tale periodo il prodotto dovrà mantenere caratteristiche idonee sotto il profilo chimico, fisico e sensoriale oltre che microbiologico. Nel determinare la velocità con cui un prodotto perde le proprie caratteristiche organolettiche e di sicurezza, intervengono numerosi fattori come lo stato iniziale della materia prima impiegata e il metodo di preparazione, ma anche il metodo di confezionamento utilizzato e le condizioni di conservazione. Nello specifico il mantenimento della catena del freddo, per quanto riguarda i prodotti refrigerati, come la salsiccia oggetto di questa tesi, ed è uno degli aspetti più trascurati, in particolare nella conservazione domestica. Attualmente è stato evidenziato che la maggior parte dei frigoriferi domestici mantiene temperature molto superiori ai 2°C, arrivando generalmente a valori medi di 6-7°C.

Oltre a questi aspetti sono da considerare le esigenze del consumatore, il quale gioca un ruolo fondamentale per la determinazione della shelf-life; le tendenze attuali sono quelle di acquistare alimenti che siano al tempo stesso prodotti con tecnologie poco invasive e dotati di caratteristiche nutrizionali ottimali, in modo da garantire non solo la sicurezza d’uso ma anche il periodo di conservazione più lungo possibile. Un ulteriore aspetto particolarmente ricercato è l’estetica stessa del prodotto, per cui gioca un ruolo fondamentale anche la presentazione dell’alimento.

Per l’ottenimento di tutte queste caratteristiche vengono condotti numerosi studi scientifici, per i diversi alimenti; per quanto riguarda in particolare le

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INTRODUZIONE

salsicce, alcuni sono stati incentrati su metodiche di produzione e confezionamento che permettessero l’utilizzo più ristretto possibile degli additivi consentiti, con approfondimento degli aspetti relativi agli effetti delle spezie per il controllo di batteri patogeni o alteranti, o all’utilizzo di diverse miscele di gas nel confezionamento in atmosfera protettiva. Un aspetto ulteriore che è stato studiato è la capacità di interazione tra microrganismi, inoculati ad hoc, e microflore naturalmente presenti nel prodotto. Queste interazioni possono sfavorire in particolare alcuni microrganismi di fondamentale interesse per il settore alimentare, come Listeria monocytogenes. L’utilizzo di tali colture protettive, da aggiungere al prodotto alimentare per limitare o inibire lo sviluppo di alteranti e patogeni, può rappresentare una pratica sia di facile applicazione sia positiva con riferimento al possibile minore impiego di additivi. Questo lavoro di tesi ha considerato, in particolare, fra i preparati di carne, salsicce di puro suino nazionale, a cui è stata addizionata durante le fasi di preparazione una coltura batterica protettiva. Le salsicce sono state prodotte dal Salumificio Sandri di Sandri Roberto, Antonio & Umberto S.n.c., uno stabilimento autorizzato CE per la commercializzazione di alimenti di origine animale sul territorio dell'Unione Europea. L’esigenza del salumificio è quella di garantire per tutta la durata della shelf-life, di sette giorni, non solo la stabilità delle caratteristiche sensoriali ma anche il più elevato livello di sicurezza per il consumatore, anche a fronte dell’evenienza di abusi termici.

La coltura protettiva, da quanto dichiarato dal produttore, sarebbe in grado di inibire Listeria monocytogenes e di controllare lo sviluppo dei microrganismi alteranti, stabilizzando contemporaneamente il prodotto dal punto di vista del colore, sapore e odore.

Il lavoro sperimentale di tesi è stato incentrato sulla verifica dell’attività della coltura batterica protettiva in esame sullo sviluppo dei microrganismi alteranti e sull’evoluzione dei principali parametri fisico-chimici e sensoriali di interesse per la shelf-life del prodotto, mentre non è stata presa in considerazione l’eventuale azione contro microrganismi patogeni.

In particolare le diverse analisi microbiologiche, fisico-chimiche e sensoriali sono state condotte sulle salsicce in esame in tempi diversi di conservazione. Il confronto è stato incentrato tra salsicce prodotte con la cultura protettiva in

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INTRODUZIONE

V esame e salsicce prodotte senza di essa, mantenendo entrambe le tipologie in condizioni di abuso termico durante lo stoccaggio.

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CAPITOLO 1

I prodotti di salumeria

1.1 Definizione di salume

Il termine salume definisce prodotti alimentari a base di carne, trattati e conservati per mezzo della salagione (Zambonelli et al., 1992).

Tutti i salumi, indipendentemente dalla tecnologia produttiva, hanno infatti in comune la salagione, la cui funzione è di aumentare e garantire la conservazione di prodotti altrimenti deteriorabili. L’utilizzo di sale per la conservazione della carne, in particolare quella suina, ha origini antichissime; il sale che veniva originariamente utilizzato era un sale grezzo naturale ricco di impurità, fra cui i nitrati, attualmente utilizzati insieme ai nitriti con fini tecnologici. Sono molteplici i prodotti di salumeria tradizionali, ciascuno con tecnologie produttive differenti e ricette in parte variabili; l’estrema varietà dipende in primo luogo dalla scelta delle materie prime, dagli aromi utilizzati e dalla conservazione. La classificazione dei prodotti di salumeria, ed in particolare degli insaccati, è rappresentata in Figura 1, in particolare nella produzione industriale moderna, le procedure di standardizzazione delle norme e delle tecnologie produttive consentono di ottenere prodotti molto standardizzati, e di avere pieno controllo del processo produttivo. In questo ambito, l’utilizzo, in particolare in impasti di salame fermentati, di colture di microrganismi esogeni, cioè di starter microbici, è una pratica largamente diffusa sia nelle produzioni artigianali che industriali.

La prima grande distinzione riguardante i salumi li suddivide in due categorie: 1. Salumi non insaccati;

2. Salumi insaccati;

I primi sono principalmente pezzi anatomici interi, i quali subiscono processi di salagione e aggiunta di spezie con eventuali affumicature o cotture; alcuni esempi sono il prosciutto crudo, la coppa, il prosciutto cotto, il lardo e la pancetta.

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CAPITOLO I

2 I salumi insaccati invece sono costituiti da carne cruda tritata, condita in diversi modi; anche questa categoria viene suddivisa fra quelli che subiranno il processo fermentativo (salami) e quelli pronti per il consumo, come le salsicce. Gli insaccati carnei fermentati sono prodotti la cui stabilizzazione nei confronti delle alterazioni è assicurata da una serie di eventi tecnologici che influenzano e modificano notevolmente la popolazione microbica presente nell’impasto.

Figura 1 Classificazione degli insaccati nell’ambito dei prodotti di salumeria (rielaborazione personale).

1.2 La microflora degli impasti carnei degli insaccati

Nella preparazione di un insaccato, la popolazione microbica dell’impasto sarà determinata dalla qualità delle materie prime, ovvero tagli di carne e grasso, e dall’aggiunta degli altri ingredienti che possono apportare ulteriore carica microbica non sempre desiderata. Saranno quindi presenti sia microrganismi utili per il processo fermentativo che alteranti, nonché eventuali patogeni per l’uomo. Pertanto avere il pieno controllo dei processi microbiologici è molto difficile, anche se l’aggiunta di alcuni additivi e altri ingredienti, come il cloruro di sodio, rappresenterà un punto cruciale in virtù della loro azione inibente sulla maggior parte dei microrganismi indesiderati. Di seguito viene descritta

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CAPITOLO I

l’evoluzione delle microflore in un generico insaccato fermentato (nelle salsicce fresche tale evoluzione sarà, in generale, molto più limitata).

Solitamente in un processo fermentativo controllato, nelle fasi successive all’insacco, hanno sviluppo prevalente i batteri alotolleranti; tra questi, i batteri del genere Micrococcus (fra cui le specie più frequenti sono Kocuria varians e K.

kristinae), grazie alla loro velocità di crescita, sono i primi a svilupparsi, ma

poiché necessitano di buone concentrazioni di ossigeno, non appena questo inizia a scarseggiare essi subiscono un decremento del processo moltiplicativo. Con la conseguente formazione dell’ambiente anaerobico, si creano le condizioni ottimali per lo sviluppo di batteri anaerobi facoltativi (con prevalenza in un primo tempo di stafilococchi coagulasi negativi come S. xylosus,

S. carnosus e S. simulans), i quali hanno una spinta fermentativa maggiore;

solitamente i batteri lattici sono più lenti nel loro sviluppo perciò non riescono a prendere subito il sopravvento nella prima fase a causa del buon vigore fermentativo delle Micrococcaceae. Trascorsa questa prima fase, i batteri lattici diventano la popolazione microbica dominante degli insaccati fermentati spontaneamente (Coppola et al. 1995; 1998) e, tra i più rilevanti, troviamo specie dei generi Lactobacillus e Pediococcus. Dalla letteratura emerge che fra le specie predominanti vi è sovente Lactobacillus sakei, insieme a ceppi riconducibili alla specie Lb. curvatus e ad altri appartenenti al genere

Carnobacterium (Gonzalez e Diez, 2002). I batteri lattici portano poi avanti il

processo fermentativo fino al suo termine, che coincide con l’assenza di zuccheri fermentescibili nell’impasto. In concomitanza a questi processi si assiste anche ad un cambiamento della consistenza della carne; infatti si ha non solo un abbassamento del pH dovuto all’azione microbica ma anche un processo di disidratazione dovuto all’abbassamento dell’attività dell’acqua per effetto dell’aggiunta di sale. Le microflore lattiche e non lattiche possono interagire fra di loro diversamente a seconda della peculiarità del prodotto e dei ceppi batterici presenti. Ad esempio, in salsicce fermentate tradizionali sono state evidenziate interazioni sia positive sia negative tra ceppi di S. xylosus, Lb. sakei e

Kocuria varians, in grado di condizionare sensibilmente lo sviluppo di uno o di

entrambi gli associati e quindi le caratteristiche del prodotto finito (Sorrentino et al., 2007). Un’altra componente molto importante per gli insaccati fermentati

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CAPITOLO I

4 è costituita dai miceli fungini; all’esterno del budello già dopo due o tre giorni inizieranno a svilupparsi le prime muffe superficiali, generalmente rappresentate da specie del genere Penicillium.

Le fasi analizzate descrivono un processo fermentativo ottimale a carico del prodotto, ma non sempre esse si susseguono in modo corretto e completo, consentendo di avere prodotti salubri e con le caratteristiche organolettiche desiderate. Pertanto una pratica molto diffusa è rappresentata dall’utilizzo di starter selezionati, in grado di potenziare i processi fermentativi e metabolici spontanei. Nella loro composizione entrano: batteri lattici, in grado di svolgere la fermentazione principale, micrococchi e stafilococchi utili nelle prime fasi del processo (oltre che per le loro attività proteolitiche e lipolitiche), e infine le muffe, che vengono distribuite superficialmente per ottenere l’ammuffimento uniforme del budello, ed evitare la formazione di colorazioni anomale da proliferazioni fungine non controllate.

L’attività degli starter non finisce al termine della fermentazione ma prosegue con le successive fasi di autolisi e liberazione degli enzimi dalle cellule microbiche morte; lo sviluppo di molecole aromatiche è principalmente da ricondurre a questi processi.

Negli insaccati freschi l’evoluzione microbiologica è condizionata dalla breve shelf-life e dalla conservazione a temperatura di refrigerazione. Anche in questi prodotti l’evoluzione microbica può comunque in certo grado essere controllata e guidata, attraverso l’utilizzo di colture batteriche specifiche.

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CAPITOLO 2

La salsiccia

2.1 Definizione del prodotto e aspetti normativi

La salsiccia appartiene alla categoria degli insaccati freschi e rappresenta un prodotto tipico di molte regioni italiane. E’ comunemente ottenuta da un impasto costituito da un trito di carne (di solo suino oppure da miscele di diversi tipi), successivamente impastato con grasso, spezie, aromi e additivi consentiti. Il suddetto impasto viene in seguito insaccato in budelli naturali o sintetici, di dimensioni variabili ed è consumato generalmente previa cottura. Storicamente l’idea di conservare le carni ha origini antichissime, e risulta difficile attribuire ad una popolazione precisa la sua ideazione; i Romani sicuramente apprezzavano molto la carne di maiale ed erano abili nel conservarla in budelli aggiungendo spezie e grasso.

Dal punto di vista legislativo, con l’introduzione dei nuovi regolamenti europei, sono sorti alcuni dubbi fra gli addetti ai lavori riguardo la categoria in cui far rientrare le varie tipologie di salsiccia e quindi riguardo agli additivi consentiti, proprio in seguito alla notevole varietà di prodotti denominati tali e presenti sul territorio europeo, ed alle caratteristiche intrinseche degli stessi. Il Ministero della Salute (DGISAN, Direzione Generale per l’Igiene e la Sicurezza degli Alimenti e la Nutrizione) ha recentemente trasmesso, con una nota del 28/11/2012 alle Associazioni di categoria, una definizione più precisa di salsiccia e specifica l’utilizzo dei nitriti nei prodotti a base di carne. Secondo questa nota, la salsiccia fresca non avendo subito alcun trattamento di conservazione, ad eccezione del freddo, rientrerà fra le “preparazioni di carne” definite come: “carni disossate, incluse le carni ridotte in frammenti che hanno subito un’aggiunta di prodotti alimentari, condimenti o additivi non sufficienti a modificare la struttura muscolo-fibrosa interna della carne e ad eliminare le caratteristiche delle carni fresche”; pertanto per le salsicce che rientrano in questa categoria è escluso l’impiego di nitriti. Viceversa, se le salsiccia ha subito un processo di conservazione, come l’asciugatura, che causi la diminuzione dell’ aw fino al raggiungimento di valori inferiori a 0.97, essa non sarà più definibile

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CAPITOLO II

6 fresca e rientrerà in una definizione diversa del Regolamento (CE) n. 853/2004, cioè fra i “prodotti a base di carne”, definiti come “prodotti trasformati risultanti dalla trasformazione di carne o dall’ulteriore trasformazione di tali prodotti trasformati in modo tale che la superficie di taglio permette di constatare la scomparsa delle caratteristiche della carni fresche”. Queste definizioni sono in linea con quanto era affermato dalla vecchia normativa italiana (D.M. n. 209 del 27/02/1996; D.M. n. 537 del 20/12/1992) antecedente al Pacchetto Igiene, e con quanto era specificato attraverso la Circolare Ministeriale n.2 del 08/02/1999. Per quanto riguarda gli additivi consentiti, per essi si fa riferimento al Regolamento (CE) n. 1333/2008 “relativo agli additivi alimentari”, e al Regolamento (CE) n. 1129/2011, “che modifica l'allegato II del Regolamento (CE) n. 1333/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, istituendo un elenco dell'Unione di additivi alimentari”. Se si considerano le salsicce fresche, che per quanto detto sopra rientrano fra le preparazioni di carne, il Regolamento e le nuove linee guida pubblicate sul sito della Commissione europea (Guidance document describing the food categories in Part E of Annex II to Regulation (EC) n. 1333/2008 on Food Additives) stabiliscono che possono essere aggiunti gli additivi visualizzati in Tabella 1, principalmente appartenenti alla categoria degli antiossidanti, i quali sono autorizzati per le “preparazioni preconfezionate di carne fresca macinata”. Per le salsicce che rientrano fra i “prodotti a base di carne”, gli additivi impiegabili sono diversi e fra questi troviamo, tra gli altri, nitrati e nitriti (Tabella 1).

ADDITIVI CONSENTITI

Salsicce fresche (preparazioni di carne) Salsicce (prodotti a base di carne)

• E 261 Acetato di potassio • E 262 Acetati di sodio • E 300 Acido ascorbico • E 301 Ascorbato di sodio • E 325 Lattato di sodio • E 326 Lattato di potassio • E 330 Acido citrico • E 331 Citrati di sodio • E 332 Citrati di potassio • E 333 Citrati di calcio • E 100 Curcumina

• E 120 Cocciniglia, acido carminico, vari tipi di carminio

• E 150a-d Caramelli • E 160a Caroteni

• E 160c Estratto di paprica, capsantina, capsorubina

• E 162 Rosso di barbabietola, betanina • E 249-250 Nitriti

• E 251-252 Nitrati

• E 338-452 Acido fosforico– fosfati–di tri-e polifosfati

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CAPITOLO II

Da notare che additivi coloranti come cocciniglia e acido carminico, finora di utilizzo comune nelle salsicce fresche, sono invece consentiti solo nei prodotti a base di carne, in merito gli addetti ai lavori sono in attesa di chiarimenti ed a causa di ciò, attualmente i produttori omettono in etichetta l’utilizzo dell’aggettivo “fresca”, anche se il prodotto, fra cui quello preso in esame in questa tesi, sarebbe di fatto ascrivibile a tale categoria.

In Toscana, dove viene prodotta la salsiccia presa in considerazione in questa tesi, sono numerose le tipologie di salsicce prodotte. Molto conosciuta, e presente nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali stilata dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (ultimo aggiornamento: tredicesima Revisione Ministeriale del 25/06/2013), è la salsiccia denominata “toscana”, la quale, pur essendo un prodotto apprezzato e largamente consumato, in realtà risulta essere non perfettamente studiata sul piano delle caratteristiche distintive.

2.2 Caratteristiche del prodotto

La salsiccia è un prodotto molto ricco in grassi (principalmente saturi) la cui percentuale può arrivare anche al 30%, anche se sulla base delle tendenze attuali si tende a produrla oggi con quantità più limitate di grasso. Come molti altri insaccati è ricca in colesterolo e sale e per questi motivi le linee guida redatte dall’INRAN (2013) consigliano un consumo non superiore a 100 g a settimana di questi prodotti. I valori medi nutrizionali per 100 grammi di prodotto sono indicati in Tabella 2.

Sa

ls

ic

ci

a Parte

edibile Energia Acqua Proteine Lipidi A.G. mono insaturi A.G. insaturi A.G. saturi Colesterolo % Kcal g g g g g g mg 100 304 53,6 15,4 26,7 8,3 4,9 12,2 70

Tabella 2 Valori nutrizionali medi della salsiccia (Tabelle di Composizione degli Alimenti INRAN, 2013)

(14)

CAPITOLO II

8 La temperatura ottimale di conservazione è compresa fra 0 e 2°C, anche se, non di rado, il prodotto subisce periodi di stoccaggio a temperature superiori sia durante il trasporto che nelle fasi successive, specialmente a livello di conservazione domestica. La salsiccia rappresenta un substrato ideale per la contaminazione microbica a causa principalmente dei valori di aw abbastanza elevati, solitamente di almeno 0,97, e dei valori di pH mediamente acidi. I microrganismi, vista la breve shelf-life, infatti, sono la maggior causa di danneggiamento del prodotto; in particolare Pseudomonadaceae ed

Enterobacteriaceae rappresentano in questo prodotto la prima causa di

alterazione microbica e derivano solitamente direttamente dalla materia prima oltre che da pratiche di produzione non corrette.

2.2.1 La ricetta e gli ingredienti

Gli ingredienti comunemente utilizzati per la preparazione della salsiccia oltre alla carne, sono: acqua (fino al 3%), sale, spezie, additivi, come acido ascorbico e ascorbati (fino allo 0,2%) e zuccheri (fino all’ 1,5%).

L’aggiunta di acqua come ingrediente (indicato in etichetta) durante la fase di impasto rappresenta una pratica importante perché consente di ottenere risultati migliori non solo durante il processo di insaccatura ma di migliorare l’omogenea distribuzione degli altri ingredienti durante la formazione dell’impasto stesso. Inoltre mantiene la consistenza voluta e rallenta i naturali processi di disidratazione, prolungando la lucentezza del prodotto durante la shelf-life. L’aggiunta di acqua ai prodotti alimentari quale ingrediente, secondo buone pratiche di lavorazione, non è vietata dalla normativa nazionale e comunitaria, ma è fondamentale che essa rispetti le caratteristiche fisico-chimiche e microbiologiche di potabilità previste dalla vigente normativa (D. Lgs. n.31 del 2/02/2001).

Benché negli impasti di salsiccia fresca non sia solitamente prevista l’aggiunta di starter o di altri microrganismi esogeni (che non è necessario indicare in etichetta in quanto coadiuvanti tecnologici), la scelta di adoperare un inoculo di microrganismi ad azione tecnologica (batteri lattici, stafilococchi) può essere fatta per garantire una migliore salubrità del prodotto, attraverso l’azione

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CAPITOLO II

inibente sui microrganismi patogeni, quali Listeria monocytogenes, e una migliore conservabilità, attraverso l’azione di competizione verso i microrganismi alteranti. In questi casi viene inoltre aggiunta all’impasto un’aliquota di zuccheri (per esempio destrosio e saccarosio) che consentono di migliorare e facilitare lo sviluppo delle microflore eventualmente addizionate. Fra gli altri ingredienti solitamente aggiunti nella preparazione dell’impasto di salsiccia vi sono gli antiossidanti, come, per esempio, l’acido L-ascorbico e i suoi sali, i quali grazie all’elevata affinità per l’ossigeno esplicano la loro azione limitando l’ossidazione a carico dei grassi. In prodotti carnei è frequentemente utilizzata la combinazione tra l’acido ascorbico (E330) e il suo sale sodico (E301), al fine di non addizionare eccessive quantità di sostanze acide che possono alterare le caratteristiche organolettiche del prodotto. Inoltre, l’acido ascorbico ha un importante ruolo tecnologico, in particolare negli insaccati, in quanto inibisce la formazione delle nitrosamine, interagendo con i nitriti eventualmente presenti nel prodotto (Cappelli e Vannucchi, 2005).

Per quanto riguarda le spezie, le miscele utilizzate possono variare notevolmente secondo la ricetta; fra le più utilizzate si ritrova il pepe nero (Piper nigrum), il pimento o pepe della Giamaica (Pimenta officinalis), l’aglio (Allium sativum). È da considerare che spesso le spezie possono essere una fonte di inquinamento microbico; d’altra parte alcuni studi hanno dimostrato che le spezie possono svolgere un’azione antimicrobica e determinare una maggiore stabilità del prodotto durante il periodo di conservazione. Kamdem et al. (2007), ad esempio, hanno evidenziato in salsicce “toscane” come il livello di ossidazione dei lipidi fosse notevolmente più contenuto e stabile nel tempo, grazie alle differenti miscele di spezie addizionate agli impasti, rispetto ai campioni di controllo privi di spezie.

2.3 Le fasi di produzione

Per le fasi di produzione si riporta lo schema tipo basato sul ciclo produttivo effettuato presso l’azienda in esame.

Come stabilito sulla base dei regolamenti del “Pacchetto Igiene”, le operazioni durante le fasi di produzione devono essere organizzate in modo da limitare il

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CAPITOLO II

10 più possibile le contaminazioni. Un elemento ricorrente in tali regolamenti del “Pacchetto Igiene”, introdotto inizialmente dal Regolamento (CE) n. 178/2002, è quello relativo alla responsabilità primaria degli operatori alimentari, i quali sono tenuti a rispettare tutte le buone pratiche produttive e ad applicare l’autocontrollo secondo i principi dell’HACCP, al fine di garantire l’ottenimento di prodotti sicuri.

Nel caso pratico della produzione delle salsicce, gli operatori devono porre attenzione non solo che la temperatura delle materie prime non superi i 4°C, ma devono anche escludere accumuli di materie prime dal reparto di produzione al fine non solo di non determinare innalzamenti di temperatura o possibili contaminazioni della carne, ma anche per non determinare la formazione di ostacoli e barriere che possono intralciare le operazioni degli OSA.

2.3.1 Dalla preparazione dell’impasto al confezionamento delle salsicce

Le caratteristiche della materia prima, cioè la carne, sono fondamentali per ottenere un prodotto il più salubre possibile e che consenta di mantenere bassa la componente microbica, durante tutta la shelf-life della salsiccia, che generalmente si aggira intorno ai 7-8 giorni, nel caso di confezionamento tradizionale. Di seguito sono decritti i passaggi nella produzione delle salsicce e vengono riportate alcune foto scattate durante il processo produttivo in salumificio.

La tecnologia di produzione prevede inizialmente lo stoccaggio dei pezzi carnei (spalle, vedi Figura 2) in cella frigorifera ad una temperatura compresa fra 0 e 2°C.

I tagli vengono preliminarmente rifilati dalle parti non idonee al fine di ottenere successivamente un impasto omogeneo e liscio. Prima di essere macinati vengono controllati visivamente e ne viene misurata la temperatura al cuore.

(17)

CAPITOLO II

Figura 2 Spalle di suino pronte per essere tritate

La fase successiva avviene nel tritacarne, in cui i tagli magri, costituiti da spalle di suino, e grassi, principalmente pancette suine, vengono triturati al fine di ottenere un impasto non troppo fine, quindi a grana media, nel caso della salsiccia di tradizione toscana. La fase successiva svolta nell’impastatrice meccanica consente di amalgamare tutti gli ingredienti; questa macchina consente di avere una perfetta miscelazione dell’impasto senza surriscaldare il prodotto. Per raggirare il problema dell’eventuale innalzamento della temperatura dell’impasto viene comunque aggiunta, secondo le buone pratiche di lavorazione, una quantità di ghiaccio secco, il quale consente di mantenere la temperatura al di sotto dei 2°C. Completata la fase di produzione dell’impasto di salsiccia, questo è caricato nell’insaccatrice meccanica: per l’insacco (vedi Figura 3) possono essere utilizzati budelli naturali o sintetici. I budelli naturali sono conservati in salamoia e prima dell’utilizzo si procede a sciacquarli accuratamente con acqua. È necessario valutarne la completa integrità e l’assenza di alterazioni; il budello è una parte fondamentale per il prodotto finito perché fornisce una protezione dai fattori esterni e consente di facilitarne il mantenimento delle caratteristiche ottimali fino al termine della shelf-life.

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CAPITOLO II

12 Figura 3 Fase di insacco in budelli

Figura 4 Fase di legatura meccanica

Si procede infine alla legatura (Figura 4), eseguita anch’essa meccanicamente: in questa fase è fondamentale mantenere costantemente inumidite le salsicce, con aggiunta di acqua, poiché, qualora queste risultino esternamente troppo asciutte, si può avere un danneggiamento del budello con conseguente maggiore esposizione della salsiccia alle alterazioni oltre che un risultato visivo non idoneo.

Completata la fase di legatura delle salsicce, queste sono appese in carrelli e poste in cella refrigerata (temperatura 0-2°C) per consentirne la sgocciolatura. La fase successiva consiste nel confezionamento, che può avvenire in semplice

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CAPITOLO II

film plastico o facendo ricorso ad atmosfere protettive. Le vaschette che vengono utilizzate possono avere una dimensione variabile in funzione del numero di salsicce che devono contenere.

2.4 La produzione igienica di salsiccia e il Regolamento

(CE) n. 2073/2005

2.4.1 Principali aspetti normativi per la produzione alimentare

Il cosiddetto Pacchetto Igiene, entrato in vigore in Italia il 1 gennaio 2006, è costituito da un gruppo di regolamenti e direttive che hanno lo scopo di riordinare la normativa comunitaria in materia di igiene e di controlli sugli alimenti e pertanto porre chiarezza sulle tematiche della sicurezza alimentare e le modalità di applicazione del sistema HACCP.

Il Regolamento (CE) n. 178/02, entrato in vigore nel 2005, è stato il primo ad essere introdotto e “stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare”. Questo regolamento ha introdotto, inoltre, il concetto di responsabilità primaria dell’operatore del settore alimentare (OSA).

Gli altri regolamenti che costituiscono l’impalcatura fondamentale del “Pacchetto Igiene” sono:

• Reg. (CE) n. 852/2004, “sull’igiene dei prodotti alimentari”;

• Reg. (CE) n. 853/2004, “che stabilisce norme specifiche in materia d’igiene per gli alimenti di origine animale”;

• Reg. (CE) n. 854/2004, “che stabilisce norme specifiche per l’organizzazione dei controlli ufficiali sui prodotti di origine animale destinati al consumo umano”;

• Reg. (CE) n. 882/2004, “relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali”;

(20)

CAPITOLO II

14 • Reg. (CE) n. 2073/2005, “sui criteri microbiologici applicabili ai prodotti

alimentari, modificato dal Reg. (CE) n. 1441/2007.

• Reg. (CE) n. 2074/2005, “recante modalità di attuazione relative a taluni prodotti di cui al Regolamento (CE) n. 853/2004 e all’organizzazione di controlli ufficiali a norma dei Regolamenti (CE) n. 854/2004 e n. 852/2004, deroga al Regolamento (CE) n. 852/2004 e modifica dei Regolamenti (CE) n. 853/2004 e n. 854/2004”;

• Reg. (CE) n. 2075/2005, “che definisce norme specifiche applicabili ai controlli ufficiali relativi alla presenza di trichine nelle carni”;

• Reg. (CE) n. 2076/2005, “che fissa disposizioni transitorie per l’attuazione dei Regolamenti (CE) n. 853/2004, n. 854/2004 e n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio e che modifica i Regolamenti (CE) n. 853/2004 e n. 854/2004”.

2.4.2 Il Regolamento (CE) n. 2073/2005

La sicurezza dei prodotti alimentari è garantita principalmente dalle misure di prevenzione, cioè da pratiche corrette in materia d’igiene e procedure basate sui principi dell’analisi dei rischi e dei punti critici di controllo (procedure HACCP). Le elevate contaminazioni microbiche dei prodotti alimentari costituiscono una delle principali cause di malattie umane veicolate dagli alimenti, pertanto questo regolamento è uno dei punti focali per l’industria alimentare. Un ruolo fondamentale è svolto proprio dall’identificazione delle procedure di gestione della produzione e dell’igiene, rispettivamente GMP (Good Manufacturing Practices), e GHP (Good Hygiene Practices); ne deriva una forte responsabilità attribuita all’operatore del settore alimentare che è quindi responsabile del prodotto durante tutte le fasi di produzione.

I criteri microbiologici stabiliti nel Regolamento (CE) n. 2073/2005 non vengono applicati solo dagli operatori del settore alimentare (OSA) durante le procedure produttive, ma sono gli stessi applicati anche ai campioni prelevati durante i controlli ufficiali.

Proprio perché la sicurezza dei prodotti alimentari parte dalla prevenzione, la valutazione dei criteri microbiologici è uno strumento importante per la verifica

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CAPITOLO II

della funzionalità delle procedure HACCP scelte per la tipologia produttiva. È pertanto risultato opportuno fissare per i diversi alimenti criteri microbiologici in grado di definire l’accettabilità o meno del processo (criteri d’igiene di processo o CIP) e criteri microbiologici correlati direttamente con la sicurezza del prodotto alimentare (criteri di sicurezza alimentare o CSA), in grado di individuare la soglia oltre la quale un alimento non risulta idoneo per la commercializzazione. I CIP, quindi, sono finalizzati alla verifica dell’accettabilità dal punto di vista igienico della lavorazione effettuata; devono pertanto essere applicati ai semilavorati o al prodotto durante la lavorazione e al termine di questa; i CSA, invece, sono applicati al prodotto per tutta la durata della sua vita commerciale, a salvaguardia della salute della consumatore (Tabella 3).

Criteri di sicurezza alimentare Criteri d’igiene di processo

Listeria monocytogenes Microrganismi aerobi

Salmonella Salmonella

Enterotossina stafilococcica Stafilococchi coagulasi positivi

Enterobacter sakazakii Enterobacteriaceae

E. coli E. coli

Istamina -

Tabella 3 Criteri generali d'igiene di processo e di sicurezza alimentare riportati dal Reg. (CE) n. 2073/05 per i diversi alimenti.

Gli OSA sono pertanto tenuti a rispettare i criteri microbiologici previsti per un dato prodotto e per adempiere a questo compito devono eseguire prelievi di campioni e tamponi lungo tutta la linea produttiva secondo gli schemi analitici previsti nell’ambito del piano di autocontrollo. Il Regolamento (CE) n. 2073/2005 riporta, nello specifico, per le preparazioni di carne, fra i criteri di igiene di processo solamente E. coli, mentre per i criteri di sicurezza alimentare sono indicate Salmonella e Listeria monocytogenes (vedi Figura 5 e 6).

(22)

CAPITOLO II

16 Figura 5 Criteri di igiene di processo (CIP) nel Reg. (CE) n. 2073/2005 applicabili alle preparazioni

di carne.

Figura 6 Criteri di sicurezza alimentare (CSA) nel Reg. (CE) n. 2073/2005 applicabili alle preparazioni di carne.

Questo Regolamento pone una differenza fra gli alimenti che consentono o non consentono la crescita di Listeria monocytogenes; le condizioni grazie alle quali l’OSA può classificare il suo prodotto nella prima categoria o nella seconda, sono fornite dallo stesso Regolamento (CE) n. 2073/2005.

Gli alimenti che “non costituiscono terreno favorevole per la crescita” del batterio comprendono generalmente gli alimenti pronti che presentino almeno una delle caratteristiche elencate di seguito:

• valore di pH inferiore o uguale 4,4; • valore di aw inferiore o uguale 0,92;

• in associazione, un valore di pH inferiore o uguale 5,0 e un’aw inferiore o uguale 0,94;

• shelf-life inferiore a 5 giorni;

• l’OSA fornisce una giustificazione scientifica che autorizza tale classificazione.

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CAPITOLO II

Sulle basi di quanto riportato sopra la salsiccia rientra fra i prodotti che consentono lo sviluppo di Listeria monocytogenes, in quanto presenta non solo valori di pH e aw superiori a quelli indicati, ma inoltre la sua shelf-life solitamente è superiore ai 5 giorni.

La motivazione per cui si può escludere un alimento che abbia shelf-life inferiore a 5 giorni dalla lista dei prodotti che consentono lo sviluppo di Listeria

monocytogenes è dovuta al fatto che si ammette che in quel breve lasso di tempo

e a temperatura di refrigerazione, sia ben poco probabile che il batterio riesca a superare, durante il periodo di durabilità commerciale, la soglia delle 100 ufc/g, considerata come limite del criterio di sicurezza per il prodotto immesso sul mercato.

Per arrivare all’ottenimento di prodotti che rispettino le caratteristiche di igiene e sicurezza precisate dalla legge è fondamentale non solo partire da materie prime di ottima qualità, ma anche rispettare le pratiche di igiene personale e di produzione in filiera. Tramite l’individuazione degli specifici punti critici di controllo, si potrà stabilire quali siano le più delicate fasi tecnologiche a cui andrà rivolta particolare attenzione.

In Tabella 4, si riporta uno schema che indica le misure di controllo e monitoraggio per le singole fasi di produzione della salsiccia.

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CAPITOLO II

18 FASE PERICOLO AZIONE

PREVENTIVA CONTROLLO E MISURE DI MONITORAGGIO CCP AZIONE CORRETTIVA 1-Prelievo e sosta materia prima dalle celle refrigerate. Contaminazione e sviluppo di microrganismi Scelta delle temperature di conservazione; pulizia delle celle. Misurazione delle temperature al cuore del prodotto. SI Eliminazione della carne non idonea o riposizionamento in cella. 2- Selezione e pesatura tagli; addizione degli altri ingredienti. 3-Impastatura Contaminazione microbica dalle attrezzature e dal personale. Contaminazione da residui di pulizia. Errori nei dosaggi. Formazione del personale che esegue le pulizie e di produzione. Taratura delle bilance. Controllo visivo delle attrezzature e superfici. NO Ripetere eventuali pulizie e pesature. 4- Insacco. Contaminazione microbica dalle attrezzature e dal personale. Contaminazione da residui di pulizia o derivante dal budello Formazione del personale. Lavaggio budelli. Controllo visivo delle attrezzature e superfici. Controllo specifico dei budelli. NO Eliminazione budelli non idonei. Ripetere pulizie. 5- Stoccaggio del prodotto finito in cella refrigerata prima di essere confezionato. Contaminazione e sviluppo di microrganismi Scelta delle temperature di conservazione; pulizia delle celle. Monitoraggio delle temperatura delle celle. Non stoccare troppo prodotto in ciascuna cella. SI Confezionamento immediato del prodotto e stoccaggio nelle celle adibite ai prodotti confezionati.

Tabella 4 Misure di controllo durante le fasi di produzione di insaccati freschi.

2.5 Principali microrganismi patogeni isolati dagli

insaccati freschi

I microrganismi patogeni che maggiormente si ritrovano sulla carne sono principalmente da ricondurre a Salmonella, Staphylococcus aureus, Yersinia

enterocolitica, Clostridium perfringens, Listeria monocytogenes e virus enterici

(Galli Volonterio, 2005). Generalmente il livello di contaminazione risulta essere più elevato nelle carni derivanti da suini, polli e vitelli, rispetto alla carne di bovino.

La contaminazione delle carcasse appena abbattute è principalmente di origine animale, mentre nei prodotti che sono stati lavorati, come le carni macinate o i preparati a base di carne, si ritrovano facilmente stafilococchi e altri

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CAPITOLO II

microrganismi di origine umana. La carne macinata in particolare presenta una contaminazione maggiore e di conseguenza è più velocemente deperibile, a causa dell’aumento della superficie contaminabile, della liberazione dei succhi cellulari, dell’aumento dell’aw e dell’umidità.

Di seguito verranno analizzati più nel dettaglio due patogeni, Listeria

monocytogenes e Salmonella, frequentemente isolati nella carne di suino e che

sono soggetto di numerosi studi, in particolare nei prodotti di salumeria. Essi rappresentano i due criteri di sicurezza alimentare (CSA) previsti dal Regolamento 2073/2005 per le preparazioni di carne.

2.5.1 Listeria monocytogenes

Listeria monocytogenes è un microrganismo ubiquitario, che ha assunto, sempre

di più, importanza rilevante nell’industria alimentare, in seguito alle sue caratteristiche di resistenza e pericolosità. I prodotti maggiormente contaminati sono principalmente da ricondurre a formaggi molli, latte crudo, prodotti della pesca affumicati. Per quanto riguarda i prodotti di salumeria, uno studio condotto in Veneto nel 2003 ha valutato i livelli di contaminazione da L.

monocytogenes in insaccati freschi e stagionati, campionati sia dalla grande

distribuzione sia in negozi al dettaglio. Su 325 campioni di insaccati freschi il 40,3% era positivo per presenza di L. monocytogenes, mentre in 250 prodotti stagionati era positivo il 15,4%, tuttavia in quest’ultimo caso le cariche erano piuttosto contenute (De Cesare et al., 2004). Per raggiungere le cariche necessarie per scatenare la listeriosi, è necessario che la carica infettante iniziale, solitamente contenuta, riesca a moltiplicarsi e pertanto a trovare le condizioni ottimali per il suo sviluppo. Questo aspetto dipenderà dalle caratteristiche intrinseche dell’alimento, come il pH, l’aw e la temperatura di conservazione. L. monocytogenes è un batterio Gram positivo, bastoncellare, mobile, anaerobio facoltativo. Non produce spore, è nettamente psicrotrofo; ha una spiccata resistenza a condizioni ambientali sfavorevoli. La resistenza di

Listeria monocytogenes varia sensibilmente secondo lo stadio vitale in cui il

batterio si trova: se i batteri sono in fase di attiva duplicazione, la loro sensibilità verso gli stress in generale è elevata, mentre in fase di crescita

(26)

CAPITOLO II

20 stazionaria manifestano una notevole resistenza alle condizioni subletali di pH, aw e temperatura.

Il germe ha un optimum di temperatura di sviluppo tra i 30 e i 37°C, e intervalli di pH compresi tra 4,0 e 9,5. L. monocytogenes è emolitica, catalasi positiva e ossidasi negativa. Fermenta diversi zuccheri fra cui: glucosio, fruttosio, mannosio, galattosio, trealosio e saccarosio, con conseguente produzione di acidi. L. monocytogenes può essere inserita fra gli “evolving pathogens” poiché sempre più frequentemente riesce ad adattarsi e moltiplicarsi in condizioni ambientali avverse, dimostrando una sempre più crescente antibiotico-resistenza.

Il genere Listeria, attualmente, comprende sette differenti specie: L.

monocytogenes, L. innocua, L. ivanovii, L. seeligeri, L. welshimeri, L. grayi, L. murrayi (Farber et al. 1991).

La virulenza di L. monocytogenes è connessa alla capacità di sintetizzare una serie di sostanze, sotto il controllo di uno specifico regolatore trascrizionale, il PrfA, una proteina di 233 aminoacidi, che le permette di invadere le cellule dell’ospite. Fra queste sostanze vi sono due proteine di invasione, un’emolisina e due fosfolipasi (Johansson et al., 2002). L’espressione di questi geni è massima a 37° C, mentre viene inibita a temperature ambientali inferiori ai 30°C.

La listeriosi può manifestarsi con due diverse forme; la forma non invasiva o diarroica, molto simile alle tossinfezioni alimentari e con sintomi gastroenterici tipici, si manifesta dopo poche ore dall’ingestione di alimenti con alta carica di listerie. L’altra forma è invasiva o sistemica, presenta un periodo di incubazione molto lungo, da due o tre settimane, occasionalmente alcuni mesi, e richiede dosi infettanti non molto alte. In quest’ultimo caso il batterio riesce a penetrare nella mucosa intestinale, diffondendosi per via linfatica fino al fegato, all’utero e al sistema nervoso centrale.

2.5.2 Salmonella spp.

Il genere Salmonella, appartenente alla famiglia delle Enterobacteriaceae, comprende microrganismi bastoncellari, Gram negativi, asporigeni, generalmente mobili per la presenza di flagelli peritrichi, aerobi-anaerobi facoltativi, catalasi positivi, ossidasi negativi. All’interno del genere vi sono

(27)

CAPITOLO II

numerosi sierotipi, distinti sulla base della diversa composizione degli antigeni somatici e flagellari e in base ad alcuni caratteri biochimici. La classificazione su base sierologica di White, tramite lo studio degli antigeni somatici O e di quelli flagellari H, è stata successivamente ripresa da Kauffmann e nel corso degli anni ha subito numerose modifiche. Anche Le Minor ha condotto studi sul genere

Salmonella, arrivando a suddividerle in sottospecie.

L’attuale classificazione, derivante da quelle di Kauffmann-White e di Le Minor è soggetta ad aggiornamenti annuali curati dal WHO Collaborating Centre for Reference and Research on Salmonella (Rapporto ISTISAN 05/27, 2005). La più recente classificazione suddivide il genere Salmonella in due specie: Salmonella

enterica e Salmonella bongori; mentre la classificazione legata ai patotipi le

suddivide in: • S. abortus ovis; • S. abortus equi; • S. cholerae suis; • S. pullorum; • S. gallinarum; • S. dublin; • S. thyphi; • S. parathyphi A e C.

In questo genere troviamo anche le cosiddette salmonelle minori, cioè meno patogene per l’uomo ma spesso responsabili di infezioni alimentari. Le salmonelle rappresentano uno dei più comuni agenti eziologici di enteriti a trasmissione oro-fecale. In soggetti immunodepressi vi può essere, nei casi più gravi, il passaggio da una forma enterica ad una forma sistemica. In Italia si contano in media circa 20 decessi associati a salmonellosi all’anno generalmente in fasce d’età superiori ai 55 anni (Rapporto ISTISAN 05/27, 2005). Nel 2012 in Italia i casi confermati di salmonellosi sono stati 1453, in forte diminuzione rispetto agli anni precedenti; nel 2011 per esempio i casi confermati sono stati 3334 (Rapporto EFSA, 2014).

Nel caso di infezione da salmonelle minori, generalmente si ha la comparsa di gastroenteriti dopo poche ore dall’ingestione dell’alimento. Le salmonelle

(28)

CAPITOLO II

22 raggiungono il lume intestinale, si replicano invadendo la mucosa, penetrano nelle cellule e vengono inglobate dal fagosoma. Da questo momento possono portare, in seguito alla liberazione del lipopolisaccaride da parte dei batteri, inizialmente ai sintomi classici con febbre, nausea, vomito, dolori addominali ed infine a diarrea.

Le forme sistemiche, che possono presentarsi come batteriemie, setticemie e infezioni localizzate, sono generalmente più frequenti nei bambini e anziani; il passaggio dall’enterite a una forma sistemica avviene grazie alle resistenze delle Salmonelle e alle capacità difensive ridotte dell’ospite. Le malattie di origine alimentare causate da Salmonella spp. rappresentano un notevole problema per la salute pubblica; tuttavia i casi accertati di salmonellosi in Europa, così come in Italia, sono in diminuzione (Rapporto EFSA, 2014. Dati del 2012).

Fra i prodotti alimentari che maggiormente sono veicolo di Salmonella spp., sicuramente la carne di suino, il pollame e le uova rappresentano la principale fonte. In uno studio del 2004, Giovannini et al. hanno esaminato 595 campioni di carne di suino, riscontrando una percentuale di contaminazione da parte di

Salmonella spp. del 9,7%, ed inoltre il 17.6% delle salsicce fresche analizzate

risultavano contaminate.

Le buone pratiche di lavorazione e di igiene sono indispensabili per mantenere un efficace controllo di questo microrganismo. La distribuzione delle salmonelle resta comunque abbastanza diversificata, a seconda del prodotto analizzato e della tecnologia di conservazione. Ad incidere significativamente sono sicuramente le pratiche di lavorazione e manipolazione.

(29)

CAPITOLO(3((

La(shelf0life(della(salsiccia((

3.1( Shelf0life( e( conservabilità( degli( alimenti( carnei:(

generalità(

La#shelf+life#può#essere#definita#come#“quel#periodo#di#tempo#che#corrisponde,#in# determinate# condizioni# di# conservazione,# ad# una# tollerabile# diminuzione# della# qualità#dell’alimento”#(Lawrie,#1991;#Norma#UNI#10534#–#12/1995).#

La#shelf+life,#letteralmente#definita#“vita#di#scaffale”,#non#sempre#coincide#con#la# vita#commerciale#del#prodotto,#pertanto#non#deve#essere#confusa#con#il#termine# minimo# di# conservazione# o# con# la# data# di# scadenza# di# un# alimento,# ma# rappresenta# piuttosto# la# reale# durata# e# stabilità# del# prodotto# durante# la# conservazione.#Le#variabili#che#influenzano#in#modo#incisivo#la#shelf+life#sono:##

• caratteristiche# intrinseche# dell’alimento,# come# pH,# aw,# carica# microbica# iniziale#e#concentrazione#salina;#

• caratteristiche# dell’ambiente# in# cui# avviene# la# conservazione,# per# esempio#temperatura,#umidità,#esposizione#diretta#alla#luce;#

• tipologia# di# confezionamento# impiegata,# per# esempio# atmosfera# modificata#(MAP)#e#controllata#(CAP),#sottovuoto.#

Il# Regolamento# (CE)# n.# 2073/2005,# all’allegato# II,# precisa# che# gli# OSA# possono# effettuare# studi# di# shelf+life# per# valutare# il# rispetto# dei# criteri# microbiologici# fissati# dall’allegato# I# e# afferma:# “possono# essere# effettuate# prove# per# determinare# le# caratteristiche# fisico+chimiche# del# prodotto# quali# pH,# aw,# contenuto# salino,# concentrazione# di# conservanti# e# tipo# di# sistema# di# confezionamento”,# tenendo# conto# delle# condizioni# di# lavorazione# e# di# conservazione,# di# eventuali# # contaminazioni# e# della# conservabilità# prevista;# inoltre#si#può#fare#riferimento#alla#letteratura#scientifica#disponibile.#

Se#necessario,#in#base#agli#studi#precedenti,#l’OSA#può#approfondire#con#ulteriori# studi:##

• applicando# modelli# matematici# predittivi,# utilizzando# fattori# critici# di# sviluppo#o#di#sopravvivenza#per#i#microrganismi#presenti#nel#prodotto;# • effettuando# prove# per# determinare# la# capacità# dei# microrganismi,#

(30)

# # ( CAPITOLO#III# ( ( ( 24# diverse#condizioni#di#conservazione;#

• svolgere# studi# per# valutare# lo# sviluppo# o# la# sopravvivenza# dei# microrganismi#in#questione.##

I#microrganismi#indicatori#che#possono#essere#utilizzati#per#la#realizzazione#di# uno# studio# di# shelf+life# variano# in# funzione# del# tipo# di# alimento# oggetto# dell‘indagine.# In# prodotti# a# base# di# carne,# ad# esempio,# può# essere# utile# monitorare# oltre# alla# carica# microbica# totale# anche# Pseudomonas* spp.,# batteri# lattici#e#Brochotrix*thermosphacta.##

Tra# i# determinanti# microbiologici# monitorati# non# vengono# inclusi# batteri# potenzialmente#patogeni,#ma#solamente#batteri#alteranti,#che,#attraverso#la#loro# proliferazione,#determinano,#insieme#ad#altri#fattori,#lo#scadimento#della#qualità# del#prodotto.#Per#determinare#la#shelf+life,#la#sicurezza#d’uso#del#prodotto#è#un# pre+requisito.#

3.1.1(Il(ruolo(svolto(dal(confezionamento(

Come# precedentemente# accennato,# un# ruolo# fondamentale# per# garantire# un’adeguata# conservazione# e# durata# dei# prodotti# alimentari# è# svolto# dalla# tipologia#di#confezionamento#impiegata.#

Le#tecnologie#conservative#devono#contrastare#non#solo#le#microflore#alteranti,# ma# anche# il# deperimento# abiotico# del# prodotto,# definito# come# il# cambiamento# fisico# o# chimico,# causati# da# fattori# quali# temperatura,# ossigeno,# umidità# e# luce# (Porretta,# 2008).# Nell’imballaggio# della# carne# di# maiale,# per# esempio,# i# fattori# critici# sono# il# mantenimento# del# colore# e# il# controllo# microbiologico,# i# quali# solitamente#sono#le#principali#cause#di#diminuzione#della#shelf+life#(Viana#et#al.,# 2005).# Per# ottenere# la# tipica# colorazione# rossa# della# carne,# è# necessaria# la# presenza# dell’ossigeno,# poiché# esso# determina# la# formazione# dell’ossimioglobina.# Tuttavia# è# da# considerare# che# concentrazioni# di# ossigeno# elevate# non# sono# solo# favorevoli# allo# sviluppo# della# maggior# parte# dei# microrganismi,# ma# causano# anche# la# trasformazione# dell’ossimioglobina# a# metamioglobina,# di# colore# rosso# bruno.# E’# quindi# necessario# che# il# materiale# utilizzato#per#l’imballaggio#abbia#la#capacità#di#consentire#il#passaggio#di#ridotte# quantità# di# ossigeno,# e# che# presenti# inoltre# scarsa# permeabilità# al# vapore# acqueo,# il# quale# è# preferibile# non# venga# disperso# per# non# determinare#

(31)

# (

CAPITOLO#III# (

( (

un’eccessiva# disidratazione# del# prodotto.# Le# tipologie# di# confezionamento# più# utilizzate# in# generale# nell’industria# alimentare,# oltre# al# semplice# avvolgimento# in#film#plastico#protettivo,#sono#rappresentate#in#Tabella#5.#

#

Tipologia(di(

confezionamento( Gas(presenti(( Permeabilità(del(film( Atmosfera( Note(

Sottovuoto# Aria#residua# Bassa# Anaerobica# O

2#residuo#consumato#da# reazione#enzimatica#o#

respirazione# Alta#%#O2#MAP# O2,#CO2,#N2# Bassa# Aerobica# O2#diminuisce#nel#tempo# Bassa#%#O2#MAP# OCO2,#N2,##

2#residuo# Bassa# Anaerobica#

O2#residuo#consumato#da# reazione#enzimatica#o#

respirazione# Confezionamento#

ad#atmosfera#

controllata#(CAP)# CO2,#N2# Impermeabile# Anaerobica#

Atmosfera#stabile,#può# essere#utilizzato#un# assorbitore#di#ossigeno# ( Tabella(5(Principali(tipologie(di(confezionamento(applicabili(ai(prodotti(alimentari((Rielaborata(da( Gill(and(Gill,(2005)( #

Nel# confezionamento# sottovuoto# (Vacuum*Packaging,# VP),# si# ha# la# più# o# meno# completa# asportazione# dell’aria# contenuta# nell’imballaggio.# Sono# utilizzati# materiali#d’imballaggio#molto#resistenti#e#ad#alta#barriera,#con#l’effetto#di#ridurre# la# pressione# atmosferica# residua# da# 1# bar# a# 0,3+0,4# bar.# Questa# tecnica# nel# settore# della# carne# è# frequentemente# applicata# ai# tagli# anatomici# interi,# per# la# loro# conservazione# prima# di# essere# sottoposti# a# successive# fasi# di# trasformazione# oppure# essere# direttamente# commercializzati;# presenta# alcuni# aspetti#negativi#in#questo# caso,#poiché#può#determinare,#dopo#brevi#periodi#di# tempo,#un#incupimento#del#prodotto,#il#quale#assume#un#colore#rosso#mattone# spento# particolarmente# sgradito.# # Il# confezionamento# VP# trova# largo# impiego# anche#nel#settore#dei#prodotti#ittici#(Šcetar#et#al.,#2010).##

La#tipologia#di#confezionamento#più#utilizzata#per#i#preparati#a#base#di#carne#è# sicuramente# la# tecnologia# MAP# (Modified* Atmosphere* Packaging),# che# si# basa# sulla# già# citata# atmosfera# protettiva.# La# tecnologia# MAP# sostituisce# la# naturale# composizione# dell’aria# (78,1%# di# N2,# 20,95%# di# O2,# 0,93%# di# argon,# 0,03%# di# CO2,#e#altri#gas#in#tracce)#con#una#miscela#di#gas#in#differenti#proporzioni;#sono# principalmente#tre#le#tipologie#di#atmosfere#impiegabili:#

(32)

# # ( CAPITOLO#III# ( ( ( 26# • Atmosfere# a# ridotte# concentrazioni# di# ossigeno# e# ad# alto# contenuto# di#

anidride#carbonica#(la#quale#esplica#l’effettivo#potere#batteriostatico);# • Atmosfera#controllata#(CAP).#

#I# gas# che# al# momento# vengono# maggiormente# impiegati# per# condizionare# gli# alimenti#in#atmosfera#protettiva#sono#essenzialmente#tre:# • Ossigeno;# • Azoto;# • Anidride#carbonica.## Ossigeno:(l'ossigeno#è#usato#quasi#esclusivamente#per#il#confezionamento#della# carne#rossa;#percentuali#piuttosto#elevate,#intorno#al#40+60%,#di#O2#sono#quelle# più# frequentemente# impiegate.# In# alcuni# casi# l'ossigeno# viene# solamente# addizionato#alla#miscela#di#confezionamento#in#piccole#percentuali#per#evitare#lo# sviluppo# di# batteri# anaerobi.# Generalmente# la# presenza# di# ossigeno# all'interno# della#confezione#viene#evitata#il#più#possibile#in#quanto#essendo#molto#reattivo# determina# cambiamenti# nelle# caratteristiche# fisico+chimiche# dell’alimento.# Il# confezionamento#con#alti#livelli#di#ossigeno#(80%#O2#e#20%#CO2)#può#ridurre#il# deterioramento#del#colore#in#tagli#di#carne#fresca,#ma#l’incremento#di#shelf+life#è# piuttosto# ridotto# se# confrontato# con# il# confezionamento# tradizionale# (Borch# et# al.,#1996).#

Azoto:( gas#inerte,#molto#utilizzato#nelle#miscele#di#gas.#Rallenta#i#cambiamenti#

negativi# determinati# da# attività# enzimatiche# o# microbiologiche# e# consente# di# bilanciare# la# percentuale# degli# altri# gas# inseriti# in# miscela.# Poco# permeabile# ai# film# alimentari# utilizzati,# rende# molto# stabile# il# confezionamento# e# di# conseguenza#la#durata#del#prodotto.(

Anidride( carbonica:( ha# un'alta# azione# batteriostatica.# In# presenza# di#

percentuali#di#CO2#intorno#al#15+40%,#la#moltiplicazione#dei#batteri#e#delle#muffe# è# fortemente# inibita.# L'anidride# carbonica# non# agisce# come# un# battericida# a# queste# percentuali,# ma# è# in# grado# di# fermare# la# crescita# e# la# proliferazione# microbica.# In# carne# bovina# confezionata# in# atmosfera# modificata# è# stato# evidenziato# che# una# concentrazione# di# CO2# del# 40%,# può# determinare# una# migliore#inibizione#della#carica#microbica#totale#rispetto#ad#una#concentrazione# del#20%,#e#inoltre#che#le#Pseudomonadaceae##risultano#il#gruppo#microbico#più# vulnerabile# a# questo# gas# (Djenane# et# al.,# 2007).# La# CO2# esplica# naturalmente#

(33)

# (

CAPITOLO#III# (

( (

anche#un#effetto#sulle#caratteristiche#chimiche#del#prodotto,#in#quanto#sviluppa# una# blanda# azione# acida# sulla# superficie# del# prodotto# stesso,# in# grado# di# denaturare#alcuni#enzimi#coinvolti#nella#modificazione#delle#sue#caratteristiche# organolettiche.#Questa#azione#irreversibile#è#spiegata#in#virtù#della#sua#elevata# solubilità# sia# in# acqua# sia# nei# grassi.# Come# per# qualsiasi# altro# gas,# le# basse# temperature# favoriscono# la# solubilità# dell'anidride# carbonica,# infatti,# prodotti# confezionati#in#atmosfera#modificata#e#posti#a#temperature#di#refrigerazione#si# conservano# meglio.# Fra# le# tecnologie# di# confezionamento# impiegabili# per# la# carne# di# suino# sono# possibili# il# confezionamento# in# condizioni# aerobie,# il# confezionamento# in# atmosfera# modificata# e# il# sottovuoto.# In# relazione# alle# caratteristiche# intrinseche# della# di# carne# di# suino,# in# realtà,# le# tecniche# di# confezionamento# maggiormente# impiegate# sono# da# ricondurre# principalmente# al#confezionamento#in#atmosfera#protettiva#e#al#sottovuoto#(Borch#et#al.,#1996).# #

3.2( Shelf0life( degli( alimenti( carnei:( parametri(

microbiologici,(fisico0chimici(e(sensoriali((

I#parametri#rilevanti#al#fine#di#valutare#l’evoluzione#di#un#alimento#in#generale,#e# in#particolare#di#un#alimento#carneo,#durante#la#shelf+life#sono# principalmente# riconducibili# a# tre# categorie# generali,# in# grado# di# descrivere# le# modificazioni# a# carico#delle#diverse#componenti#di#un#alimento:# • Parametri#microbiologici;# • Parametri#fisici#e#chimici;# • Parametri#sensoriali.# #

3.2.1(Parametri(microbiologici(

Al# momento# della# macellazione# dell’animale,# per# quanto# sano# e# in# perfette# condizioni#di#salute,#si#ha#la#perdita#della#sterilità#del#muscolo.#Pertanto#questo# risulterà# contaminato# superficialmente# da# una# microflora# estrinseca,# riconducibile#maggiormente#ad#Enterobacteriaceae.#A#questa#potrà#aggiungersi# anche#una#contaminazione#intrinseca,#solitamente#derivante#da#microrganismi# che# colonizzano# il# tratto# intestinale# dell’animale# e# che,# al# momento#

(34)

# # ( CAPITOLO#III# ( ( ( 28# dell’abbattimento#e#con#le#successive#fasi#di#eviscerazione,#possono#raggiungere# i#tessuti#muscolari#diffondendosi.#

Pertanto# l’inquinamento# microbico# dei# vari# alimenti# carnei# deriva# in# primo# luogo# dalla# materia# prima,# ed# è# correlato# principalmente# con# la# qualità# della# carne# e# della# frazione# grassa# eventualmente# utilizzata.# Anche# le# pratiche# di# lavorazione# sono# decisive# per# limitare# questa# contaminazione# e# consentire# quindi#la#produzione#di#prodotti#con#caratteristiche#microbiologiche#idonee.#La# conta# iniziale# dei# microrganismi# mesofili# in# carni# di# buona# qualità# è# di# solito# intorno# a# 102+103# ufc/g;# solitamente# solo# il# 10%# di# questa# concentrazione# iniziale# sarà# in# grado# di# svilupparsi# a# temperature# di# refrigerazione# dando# quindi#un#contributo#alle#possibili#alterazioni#del#prodotto#(Borch#et#al.,#1996).# L’alterazione# della# carne# conduce# a# modificazioni# organolettiche# in# alcuni# casi# evidenti,#come#la#formazione#di#patine#batteriche#e#proliferazioni#fungine,#ed#in# alcuni#casi#meno#evidenti,#con#modificazione#strutturale#del#prodotto#e#sviluppo# di#odori#anomali.#

I# fattori# che# influenzano# la# crescita# microbica# sono# principalmente# la# temperatura,# l’aw,# il# potenziale# di# ossido+riduzione,# il# pH,# e# la# concentrazione# salina,# che# nei# prodotti# carnei# si# aggirano# su# valori# in# grado# di# favorire# la# proliferazione# di# determinate# tipologie# microbiche.# Fra# esse,# i# batteri# lattici# svolgono#spesso#un#ruolo#importante#(Zambonelli#et#al.,#1992).#

I# batteri# lattici,# un# gruppo# molto# ampio# di# batteri# Gram# positivi,# ampiamente# distribuiti#in#molti#alimenti,#rappresentano#infatti#nei#prodotti#carnei#una#delle# principali#cause#di#alterazione#e#diminuzione#della#shelf+life#(Borch#et#al.,#1996);## fra#i#più#frequenti#vi#sono#specie#afferenti#ai#generi#Lactobacillus,*Pediococcus*e*

Leuconostoc.# Dal# punto# di# vista# tecnologico# essi# hanno# in# generale#

un’importanza# rilevante,# in# particolare# per# la# produzione# di# cibi# e# bevande# fermentate#e#sono#ampiamente#studiati.#In#alcuni#alimenti,#fra#cui#quelli#carnei,# rappresentano#un#problema,#poiché#possono#effettuare#fermentazioni#e#portare# allo#sviluppo#di#acidità#e#di#sostanze#e#gas#non#desiderati;#in#altri#casi#i#prodotti# derivanti# dal# loro# metabolismo# sono# invece# utilizzati# a# fine# tecnologici.#

Brochothrix* thermosphacta* è# un# microrganismo# bastoncellare# Gram# positivo,#

con#caratteristiche#affini#a#quelle#dei#citati#batteri#lattici,#anche#se#si#differenzia# per#alcuni#aspetti.##Si#tratta#di#un#bastoncino#pleomorfo,#anaerobio#facoltativo,#

(35)

# (

CAPITOLO#III# (

( (

catalasi# positivo.# E’# considerato# uno# dei# principali# microrganismi# alterativi# di# carni#conservate#sia#aerobicamente#sia#in#MAP.#Può#portare#alla#produzione#di# sostanze# indesiderate# che# sono# causa# di# alterazioni# dell’odore# e# del# sapore.# Rappresenta#uno#dei#microrganismi#alteranti#più#frequenti#nella#carne,#giacché# questa# ne# rappresenta# la# nicchia# ecologica.# Alcuni# studi,# inoltre,# hanno# dimostrato# che# Brochothrix* thermosphacta# cresce# bene# in# condizioni# di# anaerobiosi# sulla# carne# fresca# con# pH# maggiore# di# 5,8,# ed# in# questi# stati,# in# presenza#di#basse#concentrazioni#di#glucosio,#è#in#grado#di#produrre#butanolo#ed# acido#isovalerico,#causando#odori#putridi#e#fecali.#Al#contrario,#in#condizioni#di# pH# basso# e# con# alta# concentrazione# di# glucosio,# si# ha# la# produzione# di# altre# sostanze,#fra#cui#acetoino,#acido#acetico,#butandiolo#(Gardner,#1981).#La#famiglia# delle#Enterobacteriaceae#riveste#anch’essa#un#ruolo#fondamentale#negli#alimenti# carnei;#morfologicamente#si#tratta#di#bastoncini#mobili#e#spesso#capsulati,#Gram# negativi,# ossidasi# negativi# e# catalasi# positivi,# anaerobi# facoltativi.# La# loro# quantificazione# è# utile# come# indicatore# di# processo;# concentrazioni# elevate# infatti# sono# solitamente# indice# di# scarsa# igiene# nella# fasi# di# produzione# e# di# contaminazione#fecale#(coliformi#ed#E.*coli);#possono#essere#classificabili#in#due# gruppi# a# seconda# se# fermentano# il# lattosio# o# no.# Nel# gruppo# dei# lattosio# fermentanti# troviamo# il# genere# Klebsiella# ed# Escherichia;# mentre# fra# i# non# fermentanti#il#lattosio#vi#sono#i#generi#Salmonella,#Yersinia#e#Proteus.#*

Il# genere* Pseudomonas# comprende# microrganismi# aerobi# molto# presenti# nella# carne;# hanno# la# capacità# di# produrre# lipasi# e# proteasi# che# sono# la# causa# di# degradazione#rispettivamente#di#lipidi#e#proteine.#Sono#Gram#negativi,#a#forma# bastoncellare#o#leggermente#ricurva,#ossidasi#e#catalasi#positivi.#In#presenza#di# cariche# di# circa# 107#ufc/g# cominciano# ad# essere# evidenti# i# fenomeni# di# alterazione#della#carne#con#comparsa#di#odori#sgradevoli,#dovuti#alla#produzione# di# composti# contenenti# solfuri# e# di# putrescine# da# aminoacidi# come# arginina# e# ornitina.#In#particolare,#Pseudomonas*fragi#è#comunemente#considerata#la#specie# più#frequentemente#isolata#dalla#carne#cruda.#

3.2.2(Parametri(fisici(e(chimici(

Durante# il# periodo# di# conservazione,# il# prodotto# subisce# delle# modificazioni# significative# riconducibili# principalmente# a# cambiamenti# dei# caratteri#

(36)

# # ( CAPITOLO#III# ( ( ( 30# organolettici,#quali#variazioni#di#consistenza,#colore#e#odore.#Questi#fattori#sono# valutabili# con# tecniche# di# analisi# sensoriale# ma# sono# misurabili# anche# strumentalmente# attraverso# la# determinazione# dell’evoluzione# di# alcuni# specifici#parametri.#

pH#

Subito# dopo# la# macellazione,# avviene# un’evoluzione# fisiologica# del# pH# del# muscolo.# Generalmente,# nell’animale# vivo,# il# pH# è# intorno# a# 7,# per# poi# calare# dopo#l’abbattimento,#in#seguito#al#metabolismo#anaerobico#del#glicogeno#ed#alla# produzione#di#acido#lattico,#con#un#abbassamento#del#pH#a#valori#tra#5,8#e#5,3#in# 24#ore.#Il#contenuto#di#glicogeno#nei#muscoli#inizia#a#diminuire#già#in#seguito#allo# stress,# dovuto# alle# fasi# di# pre+macellazione;# viene# pertanto# prodotto# acido# lattico#attraverso#la#glicolisi#anaerobia.#Una#volta#terminato#tutto#il#glicogeno#si# abbassa#anche#il#contenuto#di#ATP#e#si#va#incontro#al#rigor*mortis,#cui#segue#la# fase# di# frollatura,# la# quale# consente# di# ottenere# un# miglioramento# nelle# caratteristiche# di# consistenza# e# sapore# del# muscolo,# con# la# trasformazione# di# questo#in#carne#(Galli#Volonterio,#2005).#In#seguito#alla#maturazione#a#+1/+2°C#e# al# verificarsi# dei# processi# proteolitici# che# fanno# risalire# il# pH# intorno# a# 6,0,# si# avrà#una#variazione#della#consistenza#e#l’acquisizione#del#definitivo#aroma.#Dopo# due#o#tre#giorni#la#carne#di#suino#avrà#già#acquisito#morbidezza,#mentre#la#carne# bovina# impiegherà# più# tempo.# La# trasformazione# del# muscolo# in# carne# è# un# fenomeno# delicato,# che# può# subire# alterazioni,# ad# esempio,# a# causa# di# stress# dell’animale# durante# le# fasi# della# macellazione,# con# conseguente# eccessiva# acidificazione#muscolare#o#viceversa#con#acidificazione#parziale#o#rallentata.#Nel# primo#caso,#l’eccessiva#acidificazione#del#muscolo#causa#la#denaturazione#delle# proteine# miofibrillari# e# la# perdita# di# ritenzione# idrica,# determinando# le# tipiche# carni#PSE#(pale,#soft#and#exudative),#utilizzabili#per#la#preparazione#di#prodotti# di# salumeria# solo# per# salumi# a# rapida# acidificazione.# Al# contrario,# nel# secondo# caso,# se# il# pH# rimane# eccessivamente# alto,# si# ha# un# maggior# quantitativo# di# acqua# che# permane# nel# muscolo,# l’attività# respiratoria# mitocondriale# è# più# veloce# e# l’ossigeno# viene# consumato# troppo# velocemente.# Non# essendo# più# disponibile#per#l’ossidazione#della#mioglobina#si#hanno#effetti#anche#sul#colore# della#carne,#oltre#che#sulla#consistenza,#portando#alla#formazione#di#carni#DFD#

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