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EMORRAGIE DEL TRATTO DIGERENTE PROSSIMALE IN PAZIENTI IN TERAPIA CON ANTICOAGULANTI ORALI: GESTIONE CLINICA ED ENDOSCOPICA

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Indice

Introduzione pag.4

Cap. 1 Cause di emorragia digestiva superiore pag.5

1.1 Ulcera peptica ed erosioni gastro-duodenali pag.5

1.2 Varici gastro-esofagee pag.6

1.3 Lacerazione di Mallory Weiss pag.6

1.4 Altre cause di emorragia del tratto digerente prossimale pag.7

Cap. 2 Farmaci antitrombotici pag.7

2.1 Antiaggreganti piastrinici pag.8

2.1.1. Aspirina pag.8

2.1.2. Tienopiridine pag.9

2.1.3. Doppia antiaggregazione pag.11

2.2 Anticoagulanti orali pag.11

2.2.1. Warfarin pag.12

2.2.2. Nuovi anticoagulanti orali (NAO) pag.12

Cap. 3 Emorragie digestive prossimali: gestione in emergenza e stratificazione

del rischio pag.13

3.1 Gestione iniziale pag.13

3.2 Reintegro di liquidi o emotrasfusione pag.14

3.3 Sondino naso-gastrico e gastrolusi pre-endoscopica pag.14

3.4 Correzione della diatesi emorragica pag.15

3.4.1. Emorragia in corso di terapia con anticoagulante

dicumarolico pag.16

3.4.2. Emorragia in corso di terapia con nuovi anticoagulanti orali pag.17 3.4.3. Sospensione dell'aspirina in corso di sanguinamento da

ulcera peptica pag.18

3.5 Stratificazione del rischio pag.19

3.5.1. Ulcera peptica pag.19

3.5.2. Varici gastro-esofagee pag.23

Cap. 4 Emorragia da ulcera peptica: diagnosi, terapia endoscopica e

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4.1 Timing dell'endoscopia pag.24 4.2 Trattamento farmacologico pre-endoscopico pag.26

4.2.1. Inibitori di pompa protonica pag.26

4.2.2. Procinetici pag.27

4.3 Procedura endoscopica pag.28

4.3.1. Emostasi con tecnica iniettiva pag.29

4.3.2. Emostasi termica pag.31

4.3.3. Emostasi con tecnica meccanica pag.32

4.3.4. Terapia combinata pag.32

4.3.5. Gestione dei coaguli adesi pag.33

4.4 Gestione post-endoscopica pag.33

4.4.1. Terapia con inibitori di pompa protonica pag.33

4.4.2. Follow up pag.34

Cap. 5 Emorragia da varici pag.36

5.1 Rischio di emorragia in un paziente con varici esofagee pag.36

5.1.1. Dimensione delle varici pag.37

5.1.2. Aspetto delle varici pag.37

5.2 Profilassi primaria pag.38

5.3 Gestione pre-endoscopica dell'emorragia da varici pag.39 5.4 Trattamento farmacologico pre-endoscopico pag.39

5.4.1. Antibioticoterapia pag.39

5.4.2. Agenti vasoattivi pag.40

5.4.3. Tamponamento meccanico con sonda pneumatica pag.41

5.5 Terapia endoscopica pag.41

5.5.1. Legatura endoscopica pag.42

5.5.2. Scleroterapia pag.42

Cap. 6 Altre cause di emorragie del tratto digerente prossimale pag.43

6.1 Malattie erosive pag.43

6.1.1. Erosioni da farmaci pag.44

6.1.2. Erosioni meccaniche pag.44

6.1.3. Erosioni infiammatorie pag.45

6.2 Angiodisplasie pag.45

6.3 Lesione di Dieulafoy pag.46

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6.5 Gastropatia ipertensiva portale pag.48

6.6 Ectasia vascolare dell'antro gastrico pag.49

6.7 Anomalie vascolari ereditarie pag.49

6.8 Vasculiti e disordini sistemici pag.50

6.9 Ischemia del tratto digerente pag.51

6.10 Lesioni neoplastiche pag.51

6.11 Lesioni traumatiche pag.53

6.11.1. Lacerazione di Mallory Weiss pag.53

6.11.2. Sindrome di Boerhaave pag.54

6.11.3. Ingestione di corpi estranei o di sostanze caustiche pag.54

Cap. 7 Parte sperimentale pag.55

7.1 Materiali e metodi pag.55

7.2 Analisi statistica pag.57

7.3 Risultati pag.57

7.3.1. Caratteristiche dei pazienti pag.57

7.3.2. Cause di emorragia pag.58

7.3.3. Trattamento endoscopico pag.59

7.4 Discussione pag.60

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Introduzione

Le emorragie del tratto digerente superiore sono sanguinamenti che originano nell'apparato digerente ad un livello prossimale al legamento del Treiz.

La prima descrizione attribuibile ad un'emorragia del tratto digerente prossimale è stata ritrovata nel papiro di Ebers (circa 1550 A.C.), in cui era descritto il ritrovamento di un “nido di sangue” in un paziente che improvvisamente era impallidito e deceduto in breve tempo1. Dell'epoca romana, circa nel primo secolo, è la descrizione di una familiarità per patologia ulcerativa2. Questo ci ha permesso di sapere che le emorragie digestive superiori sono una patologia che interessa il genere umano da almeno 2000 anni.

Al giorno d'oggi le emorragie del tratto digestivo superiore rappresentano un evento dal rilevante peso clinico ed economico, con un'incidenza che varia da 48 a 160 casi su 100.000 all'anno3-5. Il primo dato sulla mortalità da emorragia digestiva superiore risale al 1957, quando veniva riportata una mortalità intraospedaliera del 6%6. Negli anni novanta del secolo scorso, la mortalità per emorragia digestiva superiore si attestava su valori oscillanti tra il 9 e il 14%7. Ad oggi, nonostante il miglioramento delle tecniche endoscopiche emostatiche e l'estensione del loro campo di applicazione, e nonostante l'introduzione dei farmaci antiacidi, la mortalità per sanguinamento digestivo superiore rimane alta, con valori oscillanti tra il 3 e il 14,6%4. In Italia, un recente ampio studio policentrico su 1.020 pazienti con emorragia digestiva superiore non varicosa riporta una mortalità del 4,5%8. Questo dato va pero interpretato in modo critico, considerando l’aumento dell’età media della popolazione generale, con conseguente aumento delle comorbidità e delle polifarmacoterapie, e dunque l'aumentato rischio di complicanze derivanti da un sanguinamento severo, che puo incidere negativamente su condizioni patologiche preesistenti9. Un'emorragia digestiva superiore comunemente si manifesta con ematemesi e/o melena. Sebbene non sia un evento molto frequente, è possibile che in caso di emorragia

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severa, possa verificarsi inoltre ematochezia (presenza di sangue rosso vivo o lievemente scuro nelle feci). L'incidenza e la prevalenza delle ulcere peptiche non complicate si sono ridotte negli ultimi anni, soprattutto grazie alla disponibilità dei trattamenti eradicanti per l'Helicobacter Pylori [HP], ed alla ridotta prevalenza delle infezioni da parte di questo batterio. Un effetto inverso sull'incidenza di queste patologie viene pero registrato a causa dell'aumentato utilizzo dell'acido acetilsalicilico [ASA] e degli altri farmaci antinfiammatori non steroidei [FANS].

2. Cause di emorragia digestiva superiore

Tra le cause più comuni di emorragie gastroenteriche superiori l'ulcera peptica ne costituisce circa il 50%, le varici esofagogastriche il 15-20%. Altre cause importanti che possono determinare emorragia del tratto digerente prossimale sono la lacerazione di Mallory-Weiss, angiodisploasie ed ectasie vascolari, la lesione di Dieulafoy, tumori del tratto gastroenterico. Inoltre in circa il 20% dei pazienti non si riesce ad identificare una diagnosi, ed in circa il 10% dei pazienti viene identificata più di una fonte di sanguinamento.

1.1 Ulcera peptica ed erosioni gastro-duodenali

L'ulcera peptica e le erosioni sono delle soluzioni di continuo nella mucosa gastro-duodenale. La distinzione endoscopica tra ulcera ed erosione spesso avviene in base alle dimensioni (in genere l'ulcera è maggiore di 5 mm) ed alla presunta profondità della lesione. Entrambe le lesioni sono spesso causate dall'infezione da HP e dall'uso di FANS. Un caso a parte è costituito dalle ulcere da stress, che si sviluppano in pazienti ospedalizzati per patologie maggiori. In questi pazienti la mortalità in genere è più alta rispetto ai pazienti ammessi in ospedale per un'emorragia digestiva primitiva.

Nel 90% dei casi il sanguinamento da ulcera gastroduodenale si arresta spontaneamente già al momento dell'ingresso in ospedale. Tuttavia, nel 30-50% dei casi puo verificarsi un risanguinamento qualora non venga impostato un adeguato trattamento.

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le comorbidità, lo stato di shock, il sanguinamento ricorrente ed il ricorso alla chirurgia sono importanti fattori predittivi di mortalità, nonostante il trattamento endoscopico10.

Tuttavia non tutti i casi di mortalità sono strettamente connessi al mancato controllo dell'emorragia. In uno studio monocentrico di Hong Kong che includeva 10.428 casi di ulcera peptica sanguinante, solo per il 25% dei pazienti la causa del decesso è stata relativa all'emorragia11. Nei restanti pazienti le cause del decesso erano correlate a comorbidità cardiache, polmonari, cerebrovascolari, insufficienza multiorgano, sepsi, o neoplasie allo stadio terminale.

1.2 Varici gastro-esofagee

Le varici gastroesofagee si verificano spesso in conseguenza di un'ipertensione del circolo portale. Insorgono in genere quando la pressione del sistema portale supera i 20 mmHg e sono spesso associate al rischio di sanguinamento continuo o ricorrente. Il rischio emorragico è correlato alla dimensione delle varici ed alla pressione intravaricosa12-13. La presenza di segni rossi (cherry-red spots e red wale markings) è associata ad un rischio emorragico più elevato. Questi segni rappresentano loci minoris resistentiae nella parete della varice stessa. Depositi di fibrina (white nipple signs) vengono spesso visualizzati su varici che hanno recentemente sanguinato.

Sulla prognosi dei pazienti con varici esofagee incide inoltre il quadro clinico complessivo. I pazienti con compromissione della funzionalità epatica hanno una prognosi peggiore, così come quelli affetti da trombosi portale. Il rischio di sanguinamento da varici esofagee correla con il Child Pugh score, non solo a causa di una più severa ipertensione portale, ma anche a causa di altri fattori, come carenze nutrizionali e coagulopatie.

Le varici in diretta continuità con l'esofago, che si estendono lungo la piccola e la grande curva dello stomaco sono definite varici gastroesofagee (GOV) di tipo 1 e 2 rispettivamente. Le varici isolate del fondo (IGV1) sono meno frequenti delle GOV, ma sono più spesso causa di sanguinamento.

1.3 Lacerazione di Mallory Weiss

Costituisce una lacerazione della mucosa a livello dell'esofago distale e dello stomaco prossimale. Costituisce circa il 3-14 % delle cause di emorragia

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digestiva supriore14. La prognosi è generalmente buona, solo il 5% dei pazienti si presenta con segni di instabilità emodinamica. La lacerazione di Mallory Weiss puo coesistere con altre lesioni sanguinanti, come ulcere o varici. La genesi della lesione è associata al vomito. La lacerazione si verifica per un aumento transitorio del gradiente pressorio tra la porzione toracica ed addominale della giunzione esofago-gastrica. La storia clinica classica della lacerazione di Mallory Weiss è caratterizzata iniziali episodi di vomito chiaro, seguiti da ematemesi. Una percentuale significativa di questi pazienti sono alcolisti. Tuttavia questa lacerazione puo verificarsi in una serie di altri eventi che determinino un aumento della pressione intra-addominale, come un brusco trauma addominale, singhiozzo, conati durante un'endoscopia, tosse, parto, convulsioni epilettiche, ponzamento e persino durante la preparazione per una colonscopia. Condizioni predisponenti per questa condizione sono l'ernia iatale e l'età avanzata.

1.4 Altre cause di emorragia del tratto digerente prossimale

Altre cause, meno frequenti di emorragia del tratto digerente prossimale possono correlarsi all'ipertensione portale, come la gastropatia ipertensiva, o possono essere dovute a malformazioni vascolari congenite, come le angiodisplasie, la lesione di Dieulafoy, le anomalie vascolari ereditarie, o acquisite, come l'ectasia vascolare dell'antro gastrico (GAVE). Un'emorragia puo verificarsi come conseguenza di eventi traumatici, come l'ingestione di corpi estranei o di sostanze caustiche, puo essere la conseguenza di un'ischemia del tratto digerente. Anche la presenza di vasculiti o altri disordini sistemici è associata ad un rischio di eventi emorragici a carico dell'apparato digerente. Un sanguinamento massivo puo inoltre essere la conseguenza della formazione di una fistola vaso-enterica.

2. Farmaci antitrombotici

Con l'avanzare dell'età media della popolazione e l'aumento dell'utilizzo di farmaci antiaggreganti ed anticoagulanti per il trattamento e la prevenzione di

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patologie cardiovascolari, si è osservato un aumento dell'incidenza degli eventi emorragici. Gli antiaggreganti piastrinici possono causare un sanguinamento gastrointestinale prossimale e distale determinando ulcere ed erosioni a diversi livelli del tratto gastroenterico. D'altro canto i farmaci anticoagulanti possono precipitare un sanguinamento di una lesione preesistente. Inoltre entrambe le classi di farmaci complicano la messa in atto delle manovre per il controllo del sanguinamento gastrointestinale.

2.1 Antiaggreganti piastrinici

L'uso degli antiaggreganti piastrinici è in aumento per la prevenzione ed il trattamento delle patologie cardiovascolari e cerebrovascolari.

2.1.1 Aspirina

L'aspirina, acido acetil salicilico (ASA), produce il suo effetto antiaggregante attraverso l'acetilazione irreversibile della ciclossigenasi-1 piastrinica, inibendo in maniera irreversibile la produzione del trombossano A2 per l'intera vita della piastrina. La sua emivita è di circa 15-20 minuti, ma l'effetto antiaggregate è più lungo, a causa del legame irreversibile con la ciclossigenasi-1, che condiziona un prolungamento dell'effetto per tutta la durata di vita della piastrina (8-10 giorni). La dose di somministrazione per ottenere un effetto antitrombotico è di 50-100 mg. A 75 mg/die l'ASA ha dimostrato di ridurre il rischio di infarto del miocardio o morte in pazienti con angina instabile o stabile, ridurre il rischio di ictus ischemico o morte in pazienti con attacchi ischemici transitori.

Le sue indicazioni sono:

• Prevenzione degli eventi aterotrombotici maggiori ◦ dopo infarto del miocardio

◦ dopo ictus cerebrale o attacchi ischemici transitori ◦ in pazienti con angina pectoris instabile

◦ in pazienti con angina pectoris stabile cronica

• Prevenzione della riocclusione dei by-pass aortocoronarici e nell'angioplastica coronarica percutanea transluminale

• Prevenzione degli eventi cardiovascolari nei pazienti con malattia ateromasica conclamata, nella sindrome di Kawasaki, nei pazienti in

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emodialisi, nella prevenzione della trombosi nella circolazione extracorporea

• Prevenzione degli eventi cardiovascolari in pazienti ad elevato rischio Una metanalisi basata su 14 trial ha stabilito un rischio relativo di 2,07 di sanguinamento gastroenterico maggiore in pazienti in terapia con ASA a dosaggio antiaggregante15. Non tutti i pazienti che assumono ASA sviluppano un danno gastroenterico che conduce ad emorragia. La presenza in anamnesi di una patologia gastroenterica prossimale (es. storia di ulcera peptica o sanguinamento pregresso) è stata identificata come fattore di rischio importante per lo sviluppo di un'emorragia digestiva superiore16. I pazienti con un'anamnesi positiva per pregresso sanguinamento hanno un rischio aumentato di 6,5 volte, mentre quelli con una storia di pregressa ulcera di 2 volte.

Il danno gastroenterico da aspirina appare correlato alla dose ed alla durata di trattamento. Quando usata al di sopra del regime a bassa dose, il rischio di sanguinamento ed ospedalizzazione è significativamente aumentato17. L'aumento della dose da 100 mg/die a 1 g/die aumenta il rischio di sanguinamento gastroenterico da 2,4 a quasi 20. Viceversa la durata del trattamento presenta una relazione inversa. I pazienti che non hanno mai assunto ASA hanno il più alto rischio di sviluppare complicanze nei primi 30 giorni di trattamento, mentre quelli che l'hanno assunto per almeno un anno mostrano un rischio sostanzialmente ridotto16.

L'età avanzata è un fattore di rischio ampiamente riconosciuto per le complicanze gastroenteriche da assunzione di ASA a bassa dose18.

L'uso concomitante di altri farmaci come FANS, anticoagulanti, corticosteroidi aumenta il rischio di sanguinamento gastroenterico indotto da ASA.

L'infezione da HP aumenta il rischio di ulcera peptica da ASA e di ulcera peptica sanguinante. Studi randomizzati controllati hanno dimostrato che in questi pazienti, in terapia con ASA ed affetti da ulcera peptica sanguinante, l'eradicazione dell'HP riduceva il rischio di ulcera peptica sintomatica e di ulcera complicata19. Come l'ASA, altri farmaci agiscono inibendo la formazione del trombossano A2. Questi sono l'indobufene, la picotamide, il triflusal.

2.1.2 Tienopiridine

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legame dell'ADP al recettore piastrinico P2Y12, inibendo così l'aggregazione piasrtinica. Sono profarmaci e necessitano di essere attivati attraverso la metabolizzazione epatica ad opera del citocromo P450.

La ticlopidina viene utilizzata alla dose di 250 mg per due volte al giorno, come singola terapia in pazienti con ictus ischemico, TIA, angina instabile, infarto del miocardio, claudicatio intermittens; si è dimostrata più efficace dell'ASA nella riduzione dell'ictus ischemico in pazienti con TIA o “minor stroke”, efficace quanto l'aspirina in pazienti con infarto del miocardio recente. Viene utilizzata in terapia in associazione all'ASA nella prevenzione degli eventi ischemici in pazienti sottoposti ad impianto di stent coronarico. L'uso di questo farmaco tuttavia è limitato a causa di un importante effetto collaterale legato alla tossicità midollare, con conseguente neutropenia, piastrinopenia, anemia aplastica, porpora trombotica trombocitopenica. Queste complicanze si verificano in genere entro i primi tre mesi di terapia. Pertanto in tale periodo è importante effettuare controlli ematochimici quindicinali.

Il clopidogrel viene utilizzato alla dose di carico di 600 mg, seguito da 75 mg/die nella fase acuta delle sindromi coronariche, in pazienti con pregresso infarto del miocardio, pregresso ictus ischemico, arteriopatia periferica sintomatica. Viene usato in associazione con l'ASA in pazienti con sindrome coronarica acuta senza sopraslivellamento del tratto ST, che vengono trattati per circa 9 mesi. Esiste una potenziale interazione tra clopidogrel e farmaci metabolizzati dal citocromo P450. Questo aspetto è stato valutato per la prima volta dopo l'osservazione che l'omeprazolo si associava ad una riduzione dell'effetto di inibizione dell'aggregazione piastrinica. Studi ex vivo hanno dimostrato che il pantoprazolo, segue una via metabolica diversa, non interferendo con l'inibizione piastrinica del clopidogrel.

Sebbene sia considerato sicuro tra i pazienti a medio rischio, si ritiene che, usato in pazienti con una storia di ulcera peptica sanguinante, aumenti il rischio di complicanze emorragiche gastroenteriche.

Il prasugrel viene somministrato alla dose di carico di 60 mg, seguito da 10 mg/die nei pazienti con sindrome coronarica acuta indirizzati alla rivascolarizzazione coronarica percutanea. A confronto con il clopidogrel, ha ridotto gli eventi ischemici, ma non ha ridotto la mortalità totale ed ha aumentato i sanguinamenti maggiori e fatali. L'aumento dei sanguinamenti da prasugrel

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riflette la sua più rapida azione. È controindicato nei pazienti con storia di TIA/ictus ischemico. Non vi sono evidenze che l'uso concomitante di inibitori di pompa protonica interferiscano con il suo metabolismo.

Il ticagrelor è un inibitore reversibile del recettore P2Y12, non è un profarmaco e non richiede attivazione metabolica. Viene somministrato alla dose di carico di 180 mg, seguito da 90 mg per due volte al giorno. Il suo uso clinico è stato validato in associazione con il clopidogrel nei pazienti con sindrome coronarica acuta. È stato osservato tuttavia un aumento dell'incidenza dei sanguinamenti minori e maggiori e di emorragie intracraniche. Il suo metabolismo è quasi esclusivamente epatico. Per tale motivo è controindicato nei pazienti con insufficienza epatica.

2.1.3 Doppia antiaggregazione

La combinazione di due antiaggreganti viene spesso usata per la prevenzione dell'occlusione di stent coronarici medicati e non. Inoltre gli antiaggreganti vengono spesso combinati con gli anticoagulanti nei pazienti che presentino una duplice indicazione, per esempio pazienti con malattia coronarica e fibrillazione atriale. Studi caso-controllo hanno dimostrato che la combinazione dell'ASA con il clopidogrel o il dipiridamolo aumenta il rischio di emorragia digestiva superiore da 2 a 7 volte20.

L'American Heart Association ha proposto un algoritmo per stabilire il rischio di emorragia digestiva prossimale prima di intraprendere una terapia antiaggregante, in cui sono tenuti in considerazione l'età del paziente, la storia di ulcera o di pregresse emorragie digestive, l'uso concomitante di FANS o corticosteroidi, la presenza di infezione da HP21. L'uso di inibitori di pompa protonica (PPI) viene raccomandato nei pazienti ad alto rischio che richiedano una terapia antiaggregante. Secondo un recente aggiornamento la somministrazione di PPI non sarebbe raccomandata nei pazienti appartenenti alla categoria a basso rischio22.

2.2 Anticoagulanti orali

Le indicazioni alla somministrazione a lungo termine degli anticoagulanti sono la prevenzione ed il trattamento del tromboembolismo venoso e la prevenzione dell'embolizzazione associata a fibrillazione atriale o a protesi valvolari cardiache.

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2.2.1 Warfarin

Il warfarin è un dicumarolico che inibisce la vitamina K epossido reduttasi, determinando una riduzione della conversione della vitamina K-epossido a vitamina K. In questo modo viene impedita l'attivazione dei fattori vitamina K-dipendenti (II, VII, IX, X). L'effetto è proporzionale alla dose di farmaco assunto. Le principali complicanze relative al trattamento con warfarin sono le emorragie spontanee, oltre al rischio di sanguinamento difficile da controllare in seguito ad un trauma o a chirurgia. Il rischio emorragico correla con il valore di INR e non con la dose di warfarin assunta. La somministrazione di vitamina K determina una regressione dell'effetto anticoagulante più rapido della sola interruzione della somministrazione dell'anticoagulante. Puo essere somministrata per os o per via endovenosa, la seconda via più rapida della prima, ma che richiede comunque alcune ore prima di normalizzare il valore di INR. Pertanto in urgenza la sola somministrazione di vitamina K non risulta sufficiente in caso di emorragia maggiore. In tali condizioni risulta necessaria una terapia con concentrati complesso protrombinico o, in caso di indisponibilità, con plasma fresco congelato.

2.2.2 Nuovi anticoagulanti orali

Il dabigatran exilato agisce inibendo direttamente la trombina (fattore IIa). Il dabigatran non è assorbibile direttamente per via orale, pertanto è stato sviluppato un profarmaco lipofilo in grado di essere assorbito attraverso questa via. Viene rapidamente convertito nel farmaco attivo a livello delle cellule intestinali. Per ottenere un assorbimento ottimale, il dabigatran necessita di un ambiente acido. A tale scopo la capsula elaborata presenta uno strato di farmaco che contiene un nucleo di acido tartarico. Inoltre la contemporanea assunzione di PPI potrebbe aumentare il pH intragastrico, riducendone l'assorbimento. Pertanto si consiglia l'assunzione del dabigatran circa 2 ore prima dell'assunzione di farmaci antiacidi. Essendo eliminato per via renale, sono necessarie riduzioni della posologia in caso di insufficienza renale.

Il rivaroxaban e l'apixaban sono inibitori del fattore Xa. Si legano selettivamente e reversibilmente a questo ed impediscono il legame con il fattore V (formando la protrombinasi che converte la protrombina in trombina). Sono inoltre in grado di

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legarsi al FXa già incorporato nel complesso della protrombinasi, bloccandone l'azione. In questo modo la produzione della trombina viene bloccata attraverso entrambe le vie della coagulazione, intrinseca ed estrinseca, in quanto il FX è collocato all'intersezione di queste due vie. Agendo su un elemento che si colloca a monte della trombina nella cascata coagulativa, è richiesta una minore dose di farmaco. Inoltre il mantenimento di tracce di trombina attive potrebbe facilitare processi emostatici locali, riducendo gli eventi emorragici ed aumentando il profilo di sicurezza.

Il rivaroxaban viene escreto soprattutto per via renale, pertanto sono richieste modifiche della posologia in paziente affetti da insufficienza renale. L'apixaban viene escreto al 75% per via epatobiliare, pertanto è controindicato nei pazienti con grave epatopatia.

3. Emorragie digestive prossimali: gestione in

emergenza e stratificazione del rischio

3.1 Gestione iniziale

L'obiettivo primario della gestione di un paziente con emorragia acuta del tratto digerente superiore è la stabilizzazione, in secondo luogo il controllo del sanguinamento, da ultimo la prevenzione del risanguinamento.

Le presentazioni cliniche di un'emorragia digestiva superiore significativa sono sincope, ematemesi continua, tachicardia, caduta della pressione sistolica, ipotensione ortostatica e necessità di infusione di emoderivati o fluidi per sostenere la pressione arteriosa. I pazienti con età superiore ai 60 anni, con patologie multiple associate presentano un rischio più elevato di outcome negativo. I pazienti ammessi in ospedale per altri problemi clinici (es. insufficienza cardiaca o respiratoria, emorragia cerebrale) e che sviluppano emorragia digestiva durante l'ospedalizzazione presentano un rischio di mortalità aumentato.

È necessario uno stretto monitoraggio dei parametri vitali. In pazienti con shock emorragico, è utile un'osservazione della pressione venosa centrale, il monitoraggio della diuresi oraria, il reintegro di liquidi, la correzione della diatesi

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emorragica ed il posizionamento di un sondino naso-gastrico.

Sulla base della valutazione clinico-anamnestica, è indicato iniziare la terapia con inibitori di pompa protonica o con somatostatina o suoi analoghi prima della valutazione endoscopica.

3.2 Reintegro di liquidi o emotrasfusione

La priorità è correggere la perdita di liquidi ed ottenere una stabilità emodinamica. Il reintegro di liquidi dovrebbe essere iniziato mediante i cristalloidi per via endovenosa. Un ulteriore sostegno all'ossigenazione periferica puo essere ottenuto mediante trasfusioni di emazie concentrate, o la somministrazione di ossigeno. La decisione di effettuare un'emotrasfusione dovrebbe essere basata sul rischio del singolo paziente di sviluppare complicanze da ipossigenazione, piuttosto che su un valore prefissato di emoglobina. Raramente sono comunque indicate per valori di emoglobina superiori ai 10 g/dL, mentre vi è un'indicazione quando questo valore scende al di sotto di 7 g/dL. In un paziente non a rischio di ipoperfusione periferica, in assenza di malattia coronarica o cerebrovascolare nota, la somministrazione di emazie concentrate sarebbe da intraprendere quando l'emoglobina scende al di sotto di 7 g/dL, avendo come obiettivo un valore di emoglobina tra 7 e 9 g/dL23. Un eccesso di emotrasfusioni, in particolare in pazienti con patologie cardiopolmonari, puo esitare in scompenso cardiaco, sindrome da distress respiratorio, ed infezioni nosocomiali.

3.3 Sondino naso-gastrico e gastrolusi pre-endoscopica

Il posizionamento di un sondino naso-gastrico e l'aspirazione del contenuto gastrico è di fondamentale importanza nei pazienti con ematemesi. Ha il duplice scopo di proteggere le vie aeree dall'inalazione di materiale ematico, oltre a migliorare la visione endoscopica attraverso la rimozione del sangue e dei coaguli dalla cavità gastrica.

La gastrolusi è stata a lungo ampiamente usata nei pazienti con emorragie del tratto digerente prossimale sia a scopo diagnostico, che terapeutico, nell'ultimo caso ad esempio ritenendo che un lavaggio con acqua fredda potesse ridurre il flusso ematico e così aiutare ad interrompere un'emorragia in corso. Questa pratica risale in particolare all'era precedente l'introduzione dei PPI e dell'endoscopia terapeutica. La gastrolusi, prescindendo dallo storico ruolo

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terapeutico, presenterebbe comunque il beneficio di ripulire il campo endoscopico dalla presenza di materiale ematico. Questa valutazione è stata effettuata in un trial randomizzato su 39 pazienti in cui veniva confrontata la gastrolusi versus nessun trattamento prima dell'endoscopia24. Il lavaggio gastrico ha dimostrato un miglioramento nella visibilità del fondo gastrico, ma nessun beneficio per quanto riguardava gli altri campi di esplorazione. Quando l'aspirazione da SNG è positiva per materiale ematico, questo presidio si rivela utile nell'identificare una fonte di sanguinamento prossimale. La positività alla presenza di sangue nel sondino presenta una specificità del 91% per probabile sanguinamento prossimale (sensibilità del 42%). Tuttavia un'aspirazione naso-gastrica negativa si verifica in circa i tre quarti dei pazienti con emorragia digestiva prossimale attiva, fornendo così scarse informazioni25. Pertanto l'utilizzo di un sondino naso-gastrico con o senza lavaggio ad oggi non è raccomandato di routine.

3.4 Correzione della diatesi emorragica

Una diatesi emorragica puo derivare da un'insufficienza epatica in pazienti affetti da cirrosi, o dall'uso di anticoagulanti o antiaggreganti piastrinici per la prevenzione o il trattamento di stati trombofilici. La correzione della coagulopatia è necessaria nei pazienti in trattamento con anticoagulanti, tuttavia l'endoscopia non dovrebbe essere ritardata26.

Le evidenze suggeriscono che un intervento intensivo, volto a correggere la coagulopatia puo ridurre la mortalità.

Baradarian, attraverso uno studio retrospettivo di comparazione di coorti, ha rilevato che una correzione più aggressiva dell'INR fino ad un valore <1,8 determini una riduzione della mortalità e degli infarti del miocardio27. Non vi erano differenze in termini di giornate di ricovero, unità di sangue trasfuse o tempo di attesa per l'endoscopia. Un'analisi esplorativa basata sul registro RUGBE (Canadian Registry on Nonvariceal Upper Gastrointestinal Bleeding and Endoscopy) suggerisce il cut-off di un INR >= 1,5 come predittivo di mortalità nei pazienti con emorragia del tratto digerente superiore. La conta piastrinica non correlava significativamente con la mortalità, ma vi era una correlazione con il rischio di risanguinamento sia per la conta piastrinica che per il valore di INR. Un valore di INR >= 1,5 puo servire come valore soglia per la correzione di una coagulopatia al momento della gestione immediata del paziente sanguinante, ma

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non dovrebbe essere un motivo per rimandare la terapia emostatica. Infatti i dati suggeriscono che la terapia emostatica endoscopica possa essere eseguita in sicurezza nei pazienti con INR<2,5.

3.4.1 Emorragia in corso di terapia con anticoagulante orale dicumarolico

In caso di emorragia digestiva in corso di assunzione di anticoagulanti orali è indicata la sospensione del farmaco e la rapida e completa normalizzazione della competenza emostatica. I presidi terapeutici disponibili includono la vitamina K, il plasma fresco congelato, i concentrati di complesso protrombinico e il fattore VII attivato ricombinante.

La terapia con vitamina K è in grado di ridurre il valori dell'INR con una latenza minima di parecchie ore. Pertanto la sua somministrazione da sola trova impiego in caso di sanguinamenti minori (che non comprendono le emorragie digestive), qualora venga individuato un INR al di sopra del range terapeutico, alla dose di 2-3 mg, insieme alla sospensione della terapia anticoagulante.

Il plasma fresco congelato per ottenere una correzione completa della coagulazione necessita di grandi volumi di infusione, con conseguente sovraccarico di liquidi (circa 800-3500 mL per ottenere un INR<1,4). Inoltre, essendo un derivato umano, presenta un rischio infettivologico e richiede lunghi tempi di preparazione ed infusione.

I concentrati di complesso protrombinico sono derivati che contengono fattore II, IX, VII e X (preparati a quattro fattori) oppure II, IX e X (preparati a tre fattori), oltre a piccole quantità di anticoagulanti naturali come la proteina C e la proteina S. Evidenze indirette dimostrano come i concentrati di complesso protrombinico a tre fattori siano solitamente inadeguati nel garantire un rapido reverse dell'anticoagulazione quando l'INR è particolarmente elevato. È comunque possibile la combinazione di terapia con concentrati di complesso protrombinico, seguiti da plasma fresco congelato, al fine di incrementarne l'efficacia. Il sostanziale vantaggio dei concentrati di complesso protrombinico è la caratteristica di consentire un rapido rimpiazzo di fattori della coagulazione senza determinare un sovraccarico di liquidi.

L'uso del fattore VII attivato ricombinante è stato descritto in pochissimi studi. Pertanto non esistono ad oggi forti evidenze a favore del suo impiego, anche in considerazione della sua breve emivita (circa 2 ore) e del rischio trombotico

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associato.

Ad oggi le linee guida nazionali della Federazione Centri Sorveglianza Anticoagulanti28 ed internazionali29-30 raccomandano i concentrati di complesso protrombinico come trattamento di elezione, insieme alla vitamina K (vedi tabella 1). Tale trattamento è da preferire alla somministrazione di plasma fresco congelato.

Tabella 1: Trattamento delle emorragie maggiori in corso di terapia con anticoagulanti orali dicumarolici: linee guida FCSA

Sospensione della terapia anticoagulante orale, infusione di vitamina K 10 mg diluita in 100 ml di soluzione fisiologica in

almeno 30 minuti

Se INR 1,5-2 → Concentrato di complesso protrombinico 20 UI/Kg Se INR 2,1-3,9 → Concentrato di complesso protrombinico 30 UI/Kg Se INR 4.0-5,9 → Concentrato di complesso protrombinico 40 UI/Kg Se INR > 6 → Concentrato di complesso protrombinico 50 UI/Kg

La dose complessiva di concentrato di complesso protrombinico puo essere infusa in 15-20 minuti. Al termine, controllare INR; se >1,5 ripetere l'infusione di

concentrato di complesso protrombinico

3.4.2 Emorragia in corso di terapia con nuovi anticoagulanti orali

Il rischio di emorragie maggiori in corso di terapia con i nuovi anticoagulanti orali non è dissimile da quello riferito in corso di terapia con gli anticoagulanti dicurmarolici. Data la breve emivita di questi farmaci, in caso di emorragia minore, puo essere indicato il trattamento locale dell'emorragia e la semplice sospensione del farmaco o il ritardo nella somministrazione della dose successiva. In caso di sanguinamenti maggiori (es. emorragie digestive), oltre al supporto emodinamico e alle trasfusioni, puo essere indicata la correzione dell'anticoagulazione.

A differenza degli anticoagulanti dicumarolici o dell'eparina, per gli anticoagulanti orali non è disponibile un antidoto.

Se il farmaco è stato assunto entro le 4 ore precedenti l'episodio, si puo ricorrere alla somministrazione di carbone attivo, per ridurne l'assorbimento. La

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somministrazione di agenti emostatici, quali i concentrati di complesso protrombinico, e il fattore VII attivato ricombinante, dovrebbe essere valutata in caso di emorragie severe.

In un trial randomizzato su volontari sani, l'utilizzo di alte dosi di concentrato di complesso protrombinico a 4 fattori (50UI/kg) ha dimostrato di ridurre il prolungamento del tempo di protrombina ottenuto con rivaroxaban, ma non di correggere il prolungamento del tempo di tromboplastina parziale attivata determinato dal dabigatran31. Altri studi condotti sull'animale avrebbero dimostrato la capacità di alte dosi di concentrato di complesso protrombinico di correggere l'anticoagulazione indotta da rivaroxaban, ma anche da apixaban e dabigatran. In conclusione, la somministrazione di 50 UI/kg di concentrato di complesso protrombinico a 4 fattori sembra un approccio ragionevole.

L'impiego del fattore VII attivato non ha mostrato convincente efficacia in vitro e nell'animale. Per tale motivo e per l'elevato rischio trombotico, ad oggi il suo impiego non appare giustificato.

L'emodialisi in urgenza puo essere considerata per la rimozione del dabigatran in caso di emorragia severa, soprattutto se vi è concomitante insufficienza renale. Nè il rivaroxaban, né l'apixaban sono dializzabili.

Sono in corso di studio antidoti specifici. I più promettenti sono rappresentati da anticorpi monoclonali.

3.4.3 Sospensione dell'aspirina in corso di sanguinamento da ulcera peptica è pratica comune sospendere l'ASA quando un paziente che la assume per patologie cardiovascolari o cerebrovascolari sviluppi sanguinamento gastroenterico. In mancanza di un chiaro accordo sul timing corretto di reintroduzione dell'antiaggregante, si genera spesso tensione tra gastroenterologo e cardiologo o neurologo, sulla sicurezza/utilità/tossicità del farmaco. In uno studio randomizzato venivano valutate le complicanze insorte in pazienti che dopo un'ulcera peptica sanguinante riassumevano l'ASA dopo 1 giorno dall'evento rispetto a quelli in cui il farmaco veniva interrotto per 8 settimane (fino alla documentata completa guarigione dell'ulcera). I risultati dimostrano che la reintroduzione precoce del farmaco favorisce il sanguinamento ricorrente, d'altro canto, quando l'ASA veniva sospesa per un periodo prolungato si osservava un significativo incremento del rischio di mortalità per cause

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cardiovascolari e cerebrovascolari32. è pertanto comune raccomandazione sospendere l'aspirina o altri antiaggreganti per circa 3-5 giorni dopo l'insorgenza del sanguinamento.

3.5 Stratificazione del rischio

I pazienti con sanguinamento gastroenterico dovrebbero essere classificati in basso ed alto rischio in base a scores validati. L'identificazione precoce dei pazienti ad alto rischio è cruciale per consentire un intervento appropriato e per minimizzare morbidità e mortalità nei pazienti con emorragia digestiva superiore. Inoltre l'identificazione dei pazienti a basso rischio consente di decidere per una dimissione precoce o comunque per la non ospedalizzazione.

Uno score rapido, che consente di definire il timing per l'endoscopia d'urgenza è il T-score (vedi tabella 2). Fornisce essenzialmente un indice di instabilità emodinamica e dunque di sospetto di emorragia in corso. Tiene in considerazione variabili come la frequenza cardiaca, la pressione arteriosa sistolica e i valori di emoglobina, oltre che la presenza di comorbidità (scompenso cardiaco, epatopatia cronica, nefropatia, BPCO, patologia vascolare sistemica, patologia vascolare cerebrale, diabete mellito, neoplasia).

Tabella 2. T-score Punti Variabile 1 2 3 FC >110 bpm 90-110 bpm <90 bpm PAS <90 mmHg 90-110 mmHg >110 mmHg Hb <8 mg/dL 8-10 mg/dL >10 mg/dL Comorbidità > 3 2 < 1

Per T-score inferiori o uguali a 6 il rischio di sanguinamento è alto, tra 7 e 9 viene considerato intermedio, per valori uguali o superiori a 10 viene considerato basso.

3.5.1 Ulcera peptica

Vi sono vari tipi di stratificazione del paziente con ulcera peptica, sulla base dei rilievi clinici ed endoscopici. Quello di Rockall è probabilmente lo score più

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utilizzato per la predizione di mortalità nelle emorragie digestive superiori33. È costituito da due parti, lo score pre-endoscopico, che consiste di tre variabili non-endoscopiche (età, presenza di shock, comorbidità), e di due variabili endoscopiche (diagnosi endoscopica e stigmate di sanguinamento recente). L'aspetto dell'ulcera, specialmente la presenza di un vaso visibile sul fondo dell'ulcera, è un forte indicatore di rischio di risanguinamento.

Tabella 3: Score di Rockall

Criteri pre-endoscopici per lo Score di Rockall

0 1 2 3

Età < 60 anni 60-79 anni > 80 anni Segni di shock PAS > 100

mmHg FC < 100 bpm PAS > 100 mmHg FC > 100 bpm PAS < 100 mmHg

Comorbidità Nessuna Scompenso

cardiaco, altra comorbidità maggiore Insufficienza renale o epatica, neoplasia in stadio avanzato Criteri endoscopici per lo score di Rockall

Diagnosi Lacerazione di Mallory-Weiss o nessuna lesione identificata Tutte le altre diagnosi Neoplasia del tratto digerente Segni maggiori di emorragia digestiva Non segni di recente emorragia o solo base di ematina Presenza di sangue nel tratto digerente, coaguli adesi, vaso visibile o sanguinante

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Lo score di Rockall fornisce un rischio di mortalità: • 0,2% per score tra 0-2

• 6,8% per score tra 3-4 • 20% per score > 5 • 43% per score > 8

Le linee guida dello Scottish Intercollegiate Guidelines Network (SIGN) raccomandano di calcolare lo score pre-endoscopico in tutti i pazienti con sanguinamento gastroenterico acuto. Se lo score pre-endoscopico risulta uguale a 0, puo essere presa in considerazione la dimissione precoce del paziente e l'esecuzione dell'endoscopia in elezione. In presenza di uno score di Rockall pre-endoscopico > 0 è raccomandata l'esecuzione di un'endoscopia precoce.

Per quanto riguarda i criteri di dimissibilità di un paziente con emorragia digestiva, raccomandano una dimissione con follow up endoscopico in elezione in presenza di uno score post-endoscopico < 3, mentre per valori superiori è considerato il ricovero ospedaliero34.

Lo score di Blatchford (vedi tabella 4)35 si basa su elementi clinico-laboratoristici che precedono l'endoscopia ed ha lo scopo di identificare i pazienti con emorragia del tratto digerente prossimale (varicosa e non varicosa) che possano richiedere un intervento medico (trasfusioni, terapia endoscopica o chirurgica). È uno score clinico (non endoscopico) per la valutazione del rischio del paziente, che considera i valori di emoglobina, azotemia, frequenza cardiaca, pressione sistolica, la presenza di sincope o melena, l'evidenza di insufficienza epatica o cardiaca. Viene utilizzato in particolare per identificare i pazienti a basso rischio. In base ad esso vengono identificati i pazienti che possono essere dimessi al domicilio senza la necessità di essere sottoposti ad un'endoscopia in regime di urgenza36-37.

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Tabella 4: Score di Blatchford

Fattori di rischio Rilievi Punteggio

Azotemia

18,2-22,4 mg/dL

0

se non presente nella lista 2 22,4-28 mg/dL 4 28-70 mg/dL 5 >70 mg/dL 6 Emoglobina 12-13 g/dL in maschi 1 10-12 g/dL in maschi 3 10-12 g/dL in femmine 1 < 10 g/dL in femmine 6 PAS 100-109 mmHg 1 90-99 mmHg 2 < 90 mmHg 3 FC >100 bpm 1 Melena presente 1 Sincope presente 2

Malattia epatica presente 2

Scompenso cardiaco presente 2

Considerando un cutoff di 0, questo score ha presentato una sensibilità del 99,6% nell'identificare pazienti con necessità di endoscopia in urgenza, con una specificità del 15%; utilizzando un cutoff di 2 ha mostrato una sensibilità del 98% con una specificità del 27%.

Lo score di Baylor38 è stato sviluppato per predire il rischio di risanguinamento, in particolare da ulcera peptica. Lo score prevede parametri pre-endoscopici (età, numero di comorbidità e severità di queste) ed endoscopici (sede e segni di emorragia). I fattori endoscopici predittivi di alto rischio includono il sanguinamento in corso, le dimensioni dell'ulcera (maggiore di 1 o 2 cm), il sito di sanguinamento (es. la parete posteriore duodenale, la piccola curva gastrica). Lo score di Rockall è quello che ha dimostrato la capacità di indirizzare il procedimento diagnostico in maniera più precisa, consentendo così un'ospedalizzazione più breve, specialmente in pazienti a basso rischio,

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paragonati a quelli per i quali non era stato utilizzato uno score prognostico. I limiti di questo score si manifestano soprattutto nella sua scarsa capacità di predire il rischio di risanguinamento, in particolare nei pazienti ad alto rischio. Allo scopo di indagare l'aspetto del rischio di risanguinamento, uno studio effettuato ad Hong Kong ha riportato una serie di fattori che aiutano a predirlo39. Questi includono ipotensione, emoglobina < 10 g/dL, il rilievo endoscopico di sangue fresco in cavità gastrica, di ulcere con sanguinamento attivo o con largo cratere. Sulla base dello stesso database, è stato elaborato uno score per predire la mortalità nell'ulcera peptica40. Gli elementi predittivi sono età >70 anni, presenza di comorbidità, ematemesi alla presentazione, pressione arteriosa sistolica < 100 mmHg, sanguinamento intraospedalero, risanguinamento, ricorso alla chirurgia.

3.5.2 Varici gastro-esofagee

Numerosi sono gli score prognostici che sono stati elaborati per predire quali pazienti con varici esofagee presentavano una probabilità di sanguinamento. Quello più ampiamente diffuso è quello del North Italian Endoscopic Club Index (NIEC Index)12. Questo indice è basato su tre elementi: gravità di malattia epatica (secondo la classificazione di Child Pugh), le dimensioni delle varici e la presenza di segni rossi sulle varici. Sulla base di questo score, i pazienti cirrotici sono stati classificati in sei classi di rischio, ognuna con un tasso predittivo di sanguinamento. Il NIEC Index è stato validato in maniera prospettica su popolazioni indipendenti di pazienti. Tuttavia, anche con l'aiuto del miglior score predittivo di sanguinamento da varici gastro-esofagee, la capacità di predire realmente un sanguinamento si attesta al di sotto del 40%. Questo dimostra che molti fattori predisponenti al sanguinamento da varici restano ad oggi sconosciuti o non completamente valutabili. La maggioranza dei sanguinamenti da varici si arrestano prima che il paziente raggiunga l'ospedale. Senza adeguato trattamento, tuttavia, il sanguinamento si ripresenta nel 30-40% nei successivi 2-3 giorni e nel 60% entro una settimana. Il rischio di sanguinamento ricorrente è probabilmente correlato alle modifiche emodinamiche che avvengono nel circolo portale, come l'aumento delle resistenze nei circoli collaterali portali conseguente all'ipotensione, l'aumento del flusso ematico splancnico stimolato dalla presenza di sangue nell'apparato digerente, un aumento della pressione venosa portale come conseguenza dell'ipervolemia derivata dai tentativi di trattamento messi in

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atto dai sanitari. Secondo le statistiche, dopo un sanguinamento da varici il rischio di mortalità si presenta alto nei primi cinque giorni, e ritorna a livello basale dopo 3-4 mesi. Questa è la finestra critica per attuare i trattamenti ottimali per migliorare la sopravvivenza dopo un sanguinamento da varici esofagee41.

4. Emorragia da ulcera peptica: diagnosi, terapia

endoscopica e farmacologica

4.1 Timing dell'endoscopia

Un'endoscopia precoce puo consentire una rapida emostasi, tuttavia puo potenzialmente determinare complicanze, come la desaturazione di ossigeno e l'aspirazione in pazienti non stabili. Inoltre la presenza di grandi quantità di sangue nello stomaco e nel duodeno puo rendere meno agevole la diagnosi durante l'endoscopia e richiedere la ripetizione dell'esame. Questi elementi hanno aperto il dibattito sul timing adeguato per l'esecuzione dell'endoscopia in urgenza. Questo tema trova riscontro anche nell'organizzazione di molte unità endoscopiche, che non sono in grado di fornire un'assistenza endoscopica 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Inoltre l'introduzione degli inibitori di pompa protonica, che possono essere somministrati in dose elevata e/o in infusione continua, ha determinato nei medici che gestiscono le emorragie digestive in ambiente intra o extra-opedaliero, l'illusione di poter ritardare agevolmente l'endoscopia. La necessità di manovre di resuscitazione o di altro tipo, come la correzione dell'INR in pazienti in terapia con anticoagulanti, è stata spesso considerata come ulteriore motivazione per ritardare l'esecuzione dell'endoscopia.

Questi elementi sono stati ampiamente discussi ed attualmente le linee guida internazionali attestano l'endoscopia come tecnica di prima linea, non solo per la diagnosi, ma anche per il trattamento delle emorragie digestive acute. Attualmente viene raccomandata l'esecuzione dell'endoscopia entro 24 ore dalla prima presentazione nella maggior parte dei pazienti che presentino un'emorragia digestiva acuta. Secondo quanto elaborato dalle linee guida internazionali, le manovre di stabilizzazione iniziale o di correzione dell'INR non

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devono allungare questa finestra. Eccezioni sono consentite per pazienti a rischio molto basso di risanguinamento o di intervento chirurgico, individuati ad esempio mediante lo score di Blatchford.

Molti studi sono stati condotti per determinare se l'endoscopia precoce (condotta entro le prime 2-12 ore dopo la presentazione) potesse migliorare l'outcome, in confronto con l'endoscopia eseguita entro 24 ore. Non è stato dimostrato alcun beneficio in termini di necessità di emotrasfusioni, di ripetizione dell'endoscopia, di chirurgia, ricovero ospedaliero o mortalità42.

Sulla base di questi dati, l'endoscopia è richiesta entro le 24 ore dalla presentazione dell'emorragia e non è richiesto che venga anticipata di routine. Queste raccomandazioni sono valide per pazienti con emorragia digestiva superiore che rispondano precocemente alla terapia medica di supporto e che non mostrino segni di sanguinamento persistente o ricorrente.

In circa il 20% dei casi pero l'emorragia è persistente o ricorrente e l'EGDS in urgenza, in tempi più brevi, è obbligatoria. Pertanto l'obiettivo principale è individuare, al momento della prima valutazione medica, il sottogruppo di pazienti a maggiore rischio, nei quali la terapia endoscopica urgente possa migliorare significativamente l'esito dell'evento emorragico. L'utilizzo di scores pre-endoscopici risponde a questa necessità, che va comunque integrata con il giudizio clinico. I fattori principali da prendere in considerazione come indice di aumentato rischio di prognosi sfavorevole sono:

• età avanzata

• patologie concomitanti

• emorragie emodinamicamente significative (evidenza di sanguinamento massivo, ipotensione, tachicardia, anemia)

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4.2Trattamento farmacologico pre-endoscopico 4.2.1 Inibitori di pompa protonica

I PPI inibiscono la secrezione gastrica di acido cloridrico, legandosi in maniera irreversibile alla pompa protonica H+K+-ATPasi, bloccando lo step finale della produzione acida. Questo blocco, essendo irreversibile, viene mantenuto per tutto il tempo di sopravvivenza della pompa protonica, che dura circa tre giorni. Già dal 1953 si sa che un ambiente fortemente acido puo determinare la lisi del coagulo43. Ulteriori studi hanno dimostrato che l'abbassamento del pH ambientale al di sotto di 6 determina un'inibizione dell'aggregazione piastrinica44, e che un'ulteriore riduzione del pH a 5 ha effetti inibitori sulla coagulazione plasmatica 45-46. Questi dati hanno condotto all'ipotesi che la soppressione acida ed il conseguente aumento del pH intragastrico potessero contribuire al trattamento dei pazienti con ulcera gastrica sanguinante.

Durante la pianificazione dell'endoscopia in urgenza, è di uso comune la somministrazione di PPI ad alta dose in infusione endovenosa. Il beneficio potenziale di un simile approccio dipende prima di tutto dalla proporzione di emorragie digestive superiori dovute alla malattia peptica ulcerosa, che è la condizione che più verosimilmente beneficia di una profonda soppressione acida. La percentuale di emorragie del tratto digerente prossimale dovuta ad un ulcera varia dal 40 al 60%47.

I PPI per via endovenosa possono essere usati come terapia ponte in attesa dell'endoscopia. In uno studio di Hong Kong in cui i pazienti erano randomizzati per ricevere placebo o omeprazolo ad alte dosi per via endovenosa, l'infusione di PPI dimostrava di ridurre la frequenza di sanguinamento attivo da ulcera peptica e dunque la necessità che l'endoscopia fosse terapeutica48. Tuttavia non era stata osservata differenza in termini di outcomes clinici come risanguinamento, ricorso alla chirurgia o mortalità. Una successiva analisi costo-beneficio, basata sullo stesso studio ha suggerito che la terapia pre-endoscopica con PPI sia inoltre una strategia economicamente vantaggiosa, rispetto ad un approccio che preveda l'endoscopia come primo trattamento49.

Una metanalisi della Cochrane su 2233 pazienti ospedalizzati, che valutava uno studio in cui venivano somministrati PPI per os e cinque in cui venivano somministrati per via endovenosa, non ha mostrato significative differenze nei

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tassi di mortalità, risanguinamento, o ricorso alla chirurgia tra la somministrazione di PPI ed il trattamento di controllo. Tuttavia la terapia con PPI riduceva significativamente la proporzione dei pazienti con segni di sanguinamento recente (sanguinamento attivo, vaso visibile non sanguinante, coaguli adesi) all'endoscopia eseguita in urgenza, riducendo dunque la necessità di ricorrere a trattamento endoscopico di circa un terzo, rispetto ai pazienti del gruppo di controllo50. Sulla base di questi risultati, le linee guida internazionali raccomandano che la terapia con PPI pre-endoscopica possa essere usata per sotto-stadiare la lesione sanguinante e così ridurre la necessità di terapia endoscopica. Tuttavia la terapia con PPI non deve ritardare l'esecuzione dell'endoscopia stessa, in quanto la terapia farmacologica non ha dimostrato di ridurre il ricorso ad emotrasfusioni, l'ospedalizzazione, il ricorso alla chirurgia o la mortalità51.

4.2.2 Procinetici

Oltre al trattamento con PPI, un'altra farmacoterapia puo essere utile nelle emorragie digestive prossimali, l'uso di agenti procinetici, in particolare l'eritromicina e la metoclopramide. Questi farmaci possono aiutare a far progredire il materiale ematico presente in stomaco o duodeno e così migliorare il campo diagnostico dell'endoscopia e le sue risorse terapeutiche, verosimilmente riducendo inoltre il rischio di aspirazione in corso di procedura endoscopica. Una metanalisi di cinque studi contro placebo, comprendente un totale di 371 pazienti, ha dimostrato che l'uso di eritromicina o metoclopramide era associato ad una riduzione di almeno due volte della necessità di ripetere l'endoscopia (OR 0,51, 95% CI 0,30-0,88), ma che i procinetici non avevano alcun effetto sul tasso di ricorso ad emotrasfusioni o altri parametri di outcome52. Inoltre un'analisi costo-beneficio basata sui dati di tre trials sull'uso dell'eritromicina prima dell'endoscopia ne ha dimostrato il beneficio53. Sulla base di questi dati le linee guida internazionali non raccomandano l'uso di routine dei procinetici. Tuttavia essi dovrebbero essere presi in considerazione nei pazienti che hanno effettuato un pasto di recente ed in quelli in cui si prevede la presenza di abbondante materiale ematico in stomaco.

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4.3 Procedura endoscopica

L'endoscopia dovrebbe essere messa in atto durante un continuo monitoraggio dei parametri vitali del paziente, in particolare, pressione arteriosa, frequenza cardiaca e saturazione d'ossigeno. Sarebbe preferibile effettuare la procedura con un endoscopio con un canale operativo di grosso calibro, o se disponibile, a doppio canale. Un canale ampio aumenta la capacità di aspirare sangue e coaguli. L'uso del doppio canale consente la combinazione di aspirazione e procedura operativa. L'uso di un endoscopio a visione laterale puo essere utile per la diagnosi ed il trattamento di lesioni duodenali. Un sistema di pompa idraulica puo aiutare nel lavaggio della cavità gastrica o del duodeno in presenza di abbondanti quantità di sangue o per la rimozione di coaguli adesi alle pareti. Un secondo dispositivo di aspirazione deve essere disponibile per poter rimuovere sangue dalla cavità orale, in particolare nel caso in cui il paziente non presenti un dispositivo di protezione delle vie aeree.

L'intubazione del paziente prima dell'endoscopia puo facilitare la procedura e prevenire le complicanze aspirative, in particolare nel caso di sanguinamenti massivi. Se il paziente non è intubato, in alcuni casi si preferisce la somministrazione di benzodiazepine per una sedazione cosciente. Questo puo rendere la procedura più agevole per il paziente ma puo aumentare il rischio di aspirazione e potenzialmente compromettere le funzioni vitali in pazienti a rischio. In particolare nel caso di somministrazione di sedativi, è consigliabile un monitoraggio dei parametri vitali.

Dopo l'introduzione dell'endoscopio viene effettuata un'iniziale ispezione dell'intero tratto gastroenterico superiore. Questa non si deve interrompere con l'identificazione della presunta fonte di sanguinamento, siccome le fonti potrebbero essere multiple. Per un'ispezione adeguata, l'endoscopista tenterà di rimuovere la maggior parte del materiale ematico, se presente. Questo puo essere reso difficoltoso dalla presenza di grossi coaguli, che possono bloccare la visione o l'aspirazione dello strumento. Una volta identificata la fonte di sanguinamento, verrà valutato se questo è ancora in atto e se sia necessario mettere in atto procedure operative per arrestarlo.

Una volta identificata l'ulcera peptica, l'endoscopista deve valutarne l'aspetto e così stabilire il rischio di sanguinamento persistente o ricorrente, oltre che la necessità di terapia endoscopica. Questo viene effettuato attraverso la

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determinazione di segni di sanguinamento attivo, come il getto o il nappo, ed i segni di recente emorragia, in particolare la presenza di un vaso visibile o un coagulo adeso (vedi tabella 5)54.

Tabella 5: Classificazione di Forrest

Classe Rischio di risanguinamento %

Classe Ia: sanguinamento attivo a getto, arterioso

70 – 90

Classe Ib: sanguinamento attivo “a nappo” 10 – 20 Classe IIa: vaso visibile, non sanguinante 40 – 50

Classe IIb: coagulo adeso 10 – 20

Classe IIc: base coperta di ematina 1 – 2

Classe III: ulcera detersa 1 – 2

Le linee guida internazionali non raccomandano alcuna terapia endoscopia per le lesioni con segni di basso rischio (ulcera con fondo fibrinoso, o presenza di spot ematinici), a causa del loro scarso rischio di risanguinamento. Al contrario, la terapia endoscopica è indicata in presenza di lesioni ad alto rischio, in particolare quelle con sanguinamento in corso o con la presenza di vaso visibile.

Vi sono varie opzioni terapeutiche endoscopiche possibili:

• Emostasi con tecnica iniettiva con sostanze come l'adrenalina, l'etanolo, sclerosanti, soluzione fisiologica, trombina, colla di fibrina

• Emostasi termica con tecniche come la termocoagulazione, l'elettrocoagulazione, l'argon plasma, e la terapia laser

• Emostasi con tecnica meccanica con lacci per legatura ed emoclip Questi metodi possono essere usati anche in combinazione.

4.3.1 Emostasi con tecnica iniettiva

La terapia iniettiva con adrenalina è uno dei metodi più utilizzati per il primo trattamento delle ulcere peptiche sanguinanti, in quanto è efficace, relativamente economica e facile da praticare. Promuove l'emostasi attraverso una combinazione di tamponamento locale, vasospasmo ed induzione della coagulazione, inoltre ne risulta un campo più pulito permettendo ulteriori

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trattamenti mirati della lesione sanguinante. L'iniezione viene praticata con un ago standard per scleroterapia, introdotto tangenzialmente nella sottomucosa. L'iniezione viene iniziata in quadranti attorno la sede di sanguinamento, seguita da un'iniezione centrale. L'iniezione determina un rigonfiamento accompagnato da pallore della mucosa circostante. L'adrenalina tipicamente riduce o ferma il sanguinamento all'inizio, ma puo verificarsi un risanguinamento dopo 20 minuti dall'iniezione, quando l'adrenalina viene assorbita ed un coagulo permanente non si è ancora formato. Percio l'iniezione di adrenalina potrebbe essere combinata con una tecnica emostatica più duratura55.

Quale sia il volume di iniezione ottimale per il trattamento endoscopico di un'ulcera attivamente sanguinante è ancora materia di dibattito. Vi sono alcuni studi che supportano la raccomandazione dell'utilizzo di un alto volume di adrenalina (30 mL), ma forniscono scarsa evidenza per il suo utilizzo routinario, anche perchè alti volumi di adrenalina potrebbero determinare tachicardia, aritmie, ipertensione, e potenzialmente potrebbero determinare angina in pazienti predisposti, in particolare in presenza di anemia ed ipotensione. Questo rischio puo essere ridotto dall'uso di una diluizione più alta (1:20.000) rispetto a quella standard (1:10.000). La sola soluzione fisiologica è più sicura in pazienti con malattia coronarica nota, sebbene abbia dimostrato di essere meno efficace nel determinare un'emostasi iniziale, in quanto causa solo tamponamento meccanico, ma non vasospasmo o induzione dell'aggregazione piastrinica56. Sostanze sclerosanti (polidocanolo, etanolamina, etanolo) possono essere usati insieme o in alternativa all'adrenalina. Determinano infiammazione tissutale locale, fissazione chimica acuta ed edema, con conseguente tamponamento del sanguinamento e promozione della trombogenesi. Oggigiorno, comunque il loro utilizzo è limitato, in quanto gli effetti collaterali locali sono significativi ed i benefici rispetto all'adrenalina sono trascurabili. Inoltre le sostanze sclerosanti potrebbero determinare un aumento di dimensioni dell'ulcera, compromettendone la guarigione, favorendo il sanguinamento ricorrente, aumentando inoltre il rischio di perforazione. Un'alternativa è costituita dall'iniezione di trombina, usata sperimentalmente sia come monoterapia, sia come terapia combinata ma senza risultati eccezionali. La colla di fibrina è una sostanza a doppia componente che promuove la trombogenesi unendo localmente trombina e fibrina nella sede di sanguinamento. È stato verificato che iniezioni ripetute di colla di fibrina siano

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significativamente più efficaci nel prevenire il risanguinamento, rispetto a quelle di polidocanolo57, ma la scarsa tollerabilità da parte del paziente ed il costo significativamente più alto rispetto alle altre tecniche iniettive, fanno della colla di fibrina una sostanza lasciata ai margini delle possibili scelte per la terapia iniettiva.

4.3.2 Emostasi termica

L'emostasi termica puo essere ottenuta con due tipi di metodica: con tecniche da contatto (es. termocoagulazione ed elettrocoagulazione); e tecniche non a contatto (es. coagulazione con argon plasma, fotocoagulazione laser). Mediante queste tecniche, l'emostasi viene indotta dalla erogazione di alta energia, che causa la coagulazione delle proteine tissutali, edema e vasocostrizione. I devices da contatto richiedono il posizionamento della sonda direttamente nel sito di sanguinamento per ottenere un effetto ottimale ed un minimo danno da dispersione. Gli strumenti usati per la termocoagulazione più diffusi sono le heater probe, mentre per l'elettrocoagulazione la sonda Gold e la sonda BICAP. L'argon plasma coagulation (APC) offre un'elettrocoagulazione non da contatto, abbastanza controllata. Questa tecnica usa elettrocoagulazione monopolare per ionizzare il gas argon all'interno di un plasma che coagula i tessuti più vicini all'estremità della sonda. L'APC presenta alcuni vantaggi: è sicura e poco costosa, se paragonata alla coagulazione con laser, presenta una curva di apprendimento breve, è ripetibile ed induce un danno tissutale limitato. Inoltre puo essere utilizzata anche per lesioni localizzate tangenzialmente o difficili da visualizzare. D'altra parte, la profondità del danno è imprevedibile. Puo essere troppo superficiale per produrre sufficiente emostasi o troppo profonda, con conseguente rischio di perforazione58. Il primo utilizzo dell'APC è stato sulle angiodiplasie, sulle ecatise vascolari gastriche antrali e sulla proctite da radiazione.

La fotocoagulazione laser è divenuta obsoleta, in quanto presenta un rischio relativamente alto di perforazione (approssimativamente 3%), presenta un alto costo ed è meno efficace nel raggiungimento dell'emostasi, rispetto ad altre tecniche.

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4.3.3 Emostasi con tecnica meccanica

La terapia meccanica agisce mediante una compressione della fonte di sanguinamento attraverso il posizionamento di un device (es. emoclip, laccio da legatura). Il device determina emostasi in maniera simile alla legatura chirurgica. Le emoclip sono attualmente la terapia meccanica più utilizzata. Determinano la chiusura meccanica del vaso sanguinante in maniera immediata e sicura. Effetti collaterali sono stati riportati solo raramente. Le clip possono inoltre aiutare a trattare piccole lacerazioni gastrointestinali o perforazioni determinate da altre tecniche endoscopiche. Il posizionamento adeguato dell'emoclip puo essere complicato e richiede che l'endoscopista abbia una certa confidenza con la tecnica. Inoltre il posizionamento delle clip puo essere difficile per lesioni sanguinanti posizionate in sede tangenziale o quando un'emorragia massiva oscura la visuale. Le clip normalmente cadono 7-14 giorni dopo il loro posizionamento, quando la lesione è ormai in parte guarita ed il risanguinamento è poco verosimile. Raramente le clip si dislocano prematuramente, determinando un sanguinamento ricorrente.

La legatura endoscopica è la tecnica più usata per il trattamento delle varici esofagee, ma incidentalmente puo essere utilizzata anche per trattare l'ulcera peptica sanguinante. In uno studio condotto su undici pazienti con ulcera sanguinante, in cui almeno due tentativi di terapia iniettiva non avevano interrotto il sanguinamento, un'emostasi efficace e definitiva è stata infine ottenuta mediante legatura endoscopica sul 100% dei pazienti59.

4.3.4 Terapia combinata

È generalmente accettato che l'iniezione di adrenalina da sola sia meno efficace di tecniche meccaniche o ablative nell'ottenere un'emostasi definitiva e la prevenzione del risanguinamento e che dovrebbe essere utilizzata in combinazione con altre tecniche endoscopiche, in particolare nelle ulcere ad alto rischio51-60-61.

Tuttavia non è stato ancora definito quale sia la migliore combinazione di trattamenti. In una metanalisi di 20 trial clinici randomizzati, comprendenti 2472 pazienti con recente emorragia da ulcera peptica, con lesione ad alto rischio di risanguinamento, la terapia combinata si è dimostrata significativamente superiore alla sola terapia iniettiva con adrenalina62. Si ritiene in realtà che

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differenti sottogruppi di pazienti (es. grosso vaso visibile, lesione localizzata in sito tangenziale), possano beneficiarsi di differenti tecniche emostatiche. Gli endoscopisti possono scegliere il metodo in base alla loro personale esperienza, alla disponibilità dei devices ed alle caratteristiche dell'ulcera e del paziente. Inoltre lo sviluppo di nuove tecniche potrebbe aggiungere ulteriori strumenti a quelli attualmente disponibili.

4.3.5 Gestione dei coaguli adesi

Il rischio di risanguinamento delle ulcere con coaguli adesi dipende dalla presenza o meno di un vaso al di sotto di questi. Il rilevamento e l'emostasi applicata sul vaso stesso puo ridurre il rischio di risanguinamento63. Per questo motivo le linee guida internazionali consigliano la rimozione del coagulo mediante irrigazione massiva. Questa pratica favorisce l'asportazione del coagulo nel 26-43% dei casi. In caso di fallimento, puo essere preso in considerazione l'utilizzo di altre manovre endoscopiche. Queste generalmente consistono nell'iniezione di adrenalina alla base del coagulo, seguita da asportazione del coagulo mediante ansa, lasciando in sede la base del coagulo. Il rischio di di risanguinamento in coaguli non asportabili è stato descritto in alcuni studi e varia dallo 0 al 35%64-67. 4.4 Gestione post-endoscopica

4.4.1 Terapia con inibitori di pompa protonica

Nei pazienti in assenza di stigmate di alto rischio, lo scopo principale del trattamento con PPI è favorire la riepitelizzazione dell'ulcera. A questo scopo una singola somministrazione giornaliera di PPI puo essere sufficiente (es. omeprazolo 20-40 mg). Nei pazienti con stigmate di alto rischio, il trattamento ha invece l'obiettivo primario di favorire l'emostasi. A questo scopo è necessaria la somministrazione di PPI per via endovenosa e ad alta dose. Uno studio ha valutato il pH intragastrico in un campione di pazienti con ulcera gastrica sanguinante durante il trattamento con pantoprazolo per via endovenosa con un bolo di 80 mg, seguito da 6 o 8 mg/h in infusione continua. La dose di 8 mg/h ha determinato un pH tendenzialmente più alto, una minore variabilità di pH intra-indviduale, ed una maggiore proporzione di tempo con pH intragastrico superiore a 668.

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