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Le relazioni tra gli Stati Uniti e l'Egitto: da Sadat all'intervento militare in Iraq nel 2003

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Capitolo 1

DA SADAT AGLI ACCORDI DI CAMP DAVID

1.1 Gli interessi americani in Egitto

La politica americana di fronte al conflitto in Medio Oriente, in particolar modo dopo le elezioni presidenziali del 1976, che videro vittorioso il democratico Carter, segnò un improvviso acceleramento del processo politico-negoziale, in politica estera e soprattutto nei rapporti fra Egitto e Israele.

Questa situazione portò alla firma degli Accordi di Camp David del 17 settembre 1978. L’ amministrazione democratica si distinse per un approccio completamente nuovo, finalizzato a ricercare un accordo globale, a differenza dell’approccio “ step by step” precedentemente adottato dal Segretario di Stato Henry Kissinger. Il programma di Carter per il Medio Oriente, esposto in un documento noto come “Rapporto Brookings”1

, attribuiva un ruolo decisivo alla questione palestinese.2 . Il conflitto in Medio Oriente era ritenuto la priorità assoluta della politica estera statunitense.

Il neoeletto presidente, un convinto idealista che intendeva fare dei diritti umani il punto di riferimento di tutta la sua politica, svelò da subito le sue ambizioni.

I tempi sembravano maturi3 per un avanzamento nel percorso negoziale ed i principali paesi arabi coinvolti ( l’Arabia Saudita, Kuwait, ecc.,) erano in buoni rapporti con gli Stati Uniti. Uno di questi era l’Egitto di Sadat, il cui arrivo al potere ha fatto sì che Washington potesse considerare il Cairo la sua testa di ponte

1 Rapporto Brookings: dal nome della Brookings Institution, ovvero il più importante centro studi

liberal democratico di Washington. Questo Rapporto esprimeva con chiarezza la necessità per gli Stati Uniti di perseguire una politica più equilibrata nel Medio Oriente.

2 Caparrini R., Il Medio Oriente contemporaneo, 1914-2005: da Lowrence d’Arabia a Bin Laden,

Masso delle Fate, Firenze, 2005, p. 163

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araba in Medio Oriente e Nord Africa. Si deve altresì riconoscere che, a dimostrazione del legame esistente, l’alleanza tra Stati Uniti ed Egitto è riuscita ad andare oltre Sadat, e soprattutto a resistere a vere e proprie scosse telluriche che avrebbero potuto mettere in gioco non solo la stabilità dell’alleanza, ma gli stessi fondamenti delle relazioni tra Cairo e Washington. L’amministrazione Carter utilizzò in Medio Oriente una politica definibile di distensione, utilizzando le relazione diplomatiche come rete di sicurezza, e riducendo nel contempo l’influenza dell’Unione Sovietica4

, che spesso si faceva portavoce delle posizioni arabe nelle sedi internazionali.5 Il governo degli Stati Uniti, insistette perché tutti, e non solo i suoi alleati si dichiarassero disposti a fare sacrifici prima che l’America s’impegnasse nel processo di pace6

.

In questa fase storica sembrava che la chiave per la pace in Medio Oriente fosse in mano a Washington e non a Mosca7. Se gli Stati Uniti avessero giocato bene le loro carte, l’Unione Sovietica sarebbe stata costretta a contribuire a una sincera soluzione, oppure i suoi alleati arabi avrebbero rivisto le loro posizioni avvicinandosi agli Stati Uniti. La soluzione del contenzioso arabo-israeliano era ritenuta fondamentale per mantenere la stabilità nell’area. A conferma di questa convinzione, si ebbero alcune manifestazioni ufficiali di sostegno alla causa palestinese:

Particolarmente significativo fu il discorso pronunciato da Carter il 16 marzo 1977 nella cittadina di Clinton nel Massachusetts8. In quell’occasione il capo della Casa Bianca affermò che si doveva creare una patria per i rifugiati palestinesi. L’intenzione di Carter era di coinvolgere Stati arabi nelle trattative nella convinzione che fosse necessaria una più ampia partecipazione a livello

4 che negli anni settanta riforniva di armi Siria ed Egitto. 5

Kissinger H., L’arte della diplomazia, Sperling & Kupfer , Washington, 1996, p. 570

6

Ivi, p. 573

7

Ibidem,

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diplomatico in modo da avere il massimo della condivisione intorno al risultato conseguito. Era infatti chiaro che data la natura del contenzioso, solo col coinvolgimento di molti soggetti di rilievo si poteva giungere ad un accordo globale. A tale fine, venne fatta un’apertura di credito, nei negoziati, nei confronti dell’Unione Sovietica, estromessa fino ad allora nella politica di Kissinger 9. Alla luce di quanto era avvenuto in base alla logica dei blocchi, era infatti difficilmente ipotizzabile una collaborazione tra le due potenze egemoni.

Carter pensava che il coinvolgimento di Mosca, alla luce delle relazioni diplomatiche intessute10, potesse essere utile per esercitare pressioni nei confronti di certi paesi arabi ad essa vicini. Nelle intenzioni americane si puntava a mettere in agenda una grande Conferenza internazionale da tenersi a Ginevra e che sembrava destinata a scrivere una nuova pagina di storia. Secondo le intenzioni di Carter tutti i paesi arabi avrebbero accettato la risoluzione 24211, sancendo quindi il diritto ad esistere di Israele in cambio del ritiro dello Stato ebraico dai territori occupati nel 196712. Un’idea quantomeno ammirevole ma che presentava un grave limite: mancavano completamente le condizioni politiche per realizzare un progetto così ambizioso. Volendo inseguire solo il massimo traguardo, senza considerare l’ipotesi di intese di minor contenuto (e maggiormente legate alla situazione sul terreno) si rischiava un nuovo stallo del processo negoziale.

I motivi per cui Washington scelse di trattare con Sadat furono legati anche a esigenze relative alla politica interna dell’Egitto.

9 Kissinger H., L’arte della diplomazia, Sperling & Kupfer , Washington, 1996, p. 572

10 Paesi non allineati un’organizzazione internazionale di 120 Stati fondata nel 1956. Si formò su

iniziativa di Tito, presidente della Repubblica della Iugoslavia insieme a Nasser per legare gli Stati che non volevano schierarsi con le potenze della Guerra Fredda.

11 La risoluzione 242 votata il 22 novembre 1967 dal Consiglio di sicurezza dell’ Onu dopo la

guerra dei sei giorni. La risoluzione ribadiva uno dei principi chiave del diritto internazionale; l’impossibilità dell’ acquisizione territoriale in conseguenza dell’uso della forza. Ma soprattutto stabiliva due condizioni necessarie per il raggiungimento di una pace nella regione del Vicino Oriente.

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Quando Anwar al Sadat, divenne presidente dell’Egitto, alla morte di Nasser13 nel settembre 1970 era relativamente poco conosciuto, scarsamente accreditato presso le cancellerie internazionali. Egli rovesciò completamente tutte le scelte della politica tradizionale nasseriana14

Quanto al suo programma presidenziale, in un discorso al congresso dell’ Unione Socialista Araba, Sadat legittimava la sua azione alla luce del fallimento dei programmi precedenti, sia per quanto concerneva la riforma economica sia quella sociale, nonché nella conduzione della politica dello Stato15. Era sua intenzione smarcarsi dall’Unione socialista araba16 riducendone peso e influenza. Proponeva una democrazia più simile a quelle parlamentari dell’Occidente in contrapposizione a quella nasseriana. La graduale apertura economica ed il progressivo abbandono delle opzioni socialiste risultarono, nei fatti, una grande scelta di denasserizzazione17.

Furono create enclave extraterritoriali per favorire la presenza di investitori europei ed americani. Il punto di svolta di Sadat in politica interna consistette nel tentativo di passare a un sistema pluripartitico, che assunse alla fine ed in modo abbastanza palese, le caratteristiche di un allargamento dell’autocrazia presidenziale18. Dal momento in cui la legge che sanciva la nascita dei partiti prevedeva che non vi fossero partiti che fossero emanazioni di organizzazioni religiose, i Fratelli musulmani19, non ebbero l’autorizzazione a ricostruirsi in

13 Campanini M, Storia dell’Egitto contemporaneo, Roma, Edizioni Lavoro, 2005, p. 209

14

La politica di Nasser aveva l’Unione Sovietica, il blocco dei Paesi non allineati e il panarabismo come tre pilastri fondamentali della politica estera egiziana.

15 Campanini M, Storia dell’Egitto… op., cit, p. 211

16 Partito politico egiziano fondato da Gamal Nasser nel 1962.

17 L’apertura economica ( infitah) una strategia di riavvicinamento ai paesi occidentali intesa a

incoraggiare gli investimenti esteri nel paese.

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I Fratelli Musulmani costituiscono una delle più importanti organizzazioni islamiste internazionali, fondata nel 1928 in Egitto, da Hassan Al Banna, mirante a ricondurre l’islam al centro della vita politica e sociale della comunità musulmana.

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proprio partito. Erano illegali ma tollerati fin dalla metà degli anni settanta, al punto di mandare regolarmente deputati al Parlamento.

Sadat in politica estera abbandonò l’allineamento filo-sovietico del suo predecessore mostrando maggiore interessamento verso le posizioni americane. E’ noto che già nel novembre del 1971 Sadat scrisse una lettera20

al presidente americano Nixon auspicando più stretti rapporti tra l’Egitto e gli Stati Uniti. Nel marzo e nell’aprile dell’anno successivo furono moltiplicati i contatti diplomatici. Il primo segnale che la strategia americana stava funzionando arrivo nel 1972. In virtù del suddetto cambiamento di posizioni il presidente egiziano Anwar Sadat licenziò i consiglieri militari sovietici e chiese ai tecnici russi di lasciare il paese smarcandosi nei fatti dall’appoggio sovietico21. Dal 1967 il suo predecessore aveva ospitato un gran numero di consiglieri perché lo aiutassero nella guerra dei “Sei giorni” e lo sostenessero nelle sue mosse diplomatico-militari.

Sadat si era recato a Mosca nel febbraio del 1972, i rapporti tra l’Egitto e URSS non stavano andando al meglio. Sadat aveva chiesto armi progredite e un appoggio sovietico, diplomatico e militare, compresi aiuti tali da consentire all’Egitto di costruire le proprie armi. Gli erano state date assicurazioni per quanto concerneva le armi, ma non aveva ricevuto alcun assegno in bianco per l’appoggio diplomatico o militare22.

All’inizio di aprile 1972 l’Egitto aveva aperto un canale segreto con la Casa Bianca. Un alto funzionario egiziano disse a un funzionario americano al Cairo che l’Egitto era insoddisfatto degli esistenti canali diplomatici con gli Stati Uniti. Gli egiziani proponevano che Holms o Kissinger si recasse al Cairo, d’altro canto,

20

Campanini M, Storia dell’Egitto… op., cit., p. 222

21 L’espulsione dei consiglieri russi nel luglio 1972 parve superato dai massici rifornimenti inviati

dall’Urss durante la guerra dello Yom Kippur, ma già nell’aprile successivo il Presidente egiziano muoveva grosse accuse al governo di Mosca per la mancata rifornitura di aerei.

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Hafiz Ismail il consigliere di Sadat per la sicurezza nazionale sarebbe potuto andare a Washington23. Sadat stava puntando su poste più alte e nel giugno inviò un messaggio per il tramite del canale segreto, confermava la volontà di inviare un alto rappresentante a Washington, purchè gli americani avessero qualcosa di nuovo da proporre. In mancanza di un iniziativa diversa, il Cairo non vedeva alcuno scopo nell’incontro. Il corollario era, naturalmente, che gli americani avevano potuto far giungere un rappresentante egiziano ad alto livello con il semplice espediente di lasciar capire che erano disposti a esplorare nuove soluzioni.

Il 18 luglio Sadat annuncia che aveva posto termine alla missione degli oltre quindicimila consiglieri militari ed esperti sovietici in Egitto, avrebbero lasciato il paese entro una settimana, le installazioni militari e gli equipaggiamenti inviati in Egitto a partire dal 1967 sarebbero divenuti di proprietà egiziana. La decisione colse Washington completamente di sorpresa24.

In un discorso Sadat si appello indirettamente ai russi affinchè imparassero la lezione e consentissero al Cairo un’adeguata opzione militare. L’Egitto proclamò Sadat, non voleva che soldati sovietici combattessero le sue battaglie. L’Egitto non aveva nessun interesse a causare un confronto tra le superpotenze, ma Mosca doveva capire che per l’Egitto, il problema del Medio Oriente aveva la precedenza assoluta. Qualche giorno più tardi il capo dello spionaggio egiziano mediante il canale segreto rapportò agli americani, che erano particolarmente interessati a un accordo provvisorio lungo il canale di Suez25.

Infine il Cairo invio un messaggio lungo e informava che l’espulsione dei consiglieri sovietici era stata una decisione puramente nazionale, in altri termini l’Egitto non chiedeva alcuna particolare considerazione. Era tutta la tattica di

23

Ibidem.

24 Kissinger H., Gli anni della Casa Bianca...op.,cit, p.1006 25

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Sadat, che non consisteva mai nel mercanteggiare sui particolari, ma nel creare un’atmosfera che rendesse il disaccordo psicologico difficile. Egli poneva l’accento su un’intesa filosofica, riconoscendo che l’attuazione degli accordi fra Stati sovrani non può essere imposta; richiede la volontà di entrambe le parti. Contemporaneamente iniziarono contatti diplomatici segreti fra Sadat e la Casa Bianca, ostacolati però in un primo momento dalle elezioni presidenziali americane e poi dal caso Watergate26.

Nonostante il segretario di Stato americano avesse affermato con chiarezza che gli Stati Uniti non erano in alcun modo disposti ad aiutare l’Egitto a recuperare il Sinai, Sadat affermò più volte che questi ultimi detenevano il 90 per cento delle carte per vincere la partita del Medio Oriente, per cui l’alleanza con loro era funzionale fin da subito per la riscossa contro Israele sia, in prospettiva, dopo la soluzione del contezioso israeliano (ed in quest’ottica era iniziato lo sganciamento dai russi) Terminata la guerra dello Yom Kippur, furono firmati due accordi che prevedevano la rinuncia da parte dell’Egitto a una nuova opzione militare in cambio di un limitato arretramento di Israele dal Sinai27. Fu inoltre decisa la creazione di una zona demilitarizzata sulle alture del Golan, sorvegliata dalle Nazioni Unite, e il disimpegno delle forze israeliane ed egiziane dal Sinai, separate da una zona cuscinetto sotto il controllo Onu.

Anwar Al-Sadat si era presentato sin da subito come fautore della democratizzazione, sperava che gli Stati Uniti diventassero un partner importante per l’Egitto. Aveva ragione di crederlo visto che fu grazie alla mediazione americana che nel 1975 Egitto e Israele firmarono un accordo di disimpegno nel

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Lo scandalo Watergate scoppiato negli USA nel 1972, che portò alle dimissioni del Presidente Nixon

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Sinai28. Tale disposizione era possibile grazie alle garanzie fornite dagli Stati Uniti ai due contraenti. Il segretario di Stato americano dell’epoca Henry Kissinger, condusse per molti mesi negoziati segreti per convincere il primo ministro israeliano Golda Meir e il Presidente egiziano Sadat a concludere l’accordo. Il patto sottoscritto rappresentò anche l’ultimo negoziato per Kissinger. Il presidente egiziano inoltre annunciò ufficialmente che il suo paese non sarebbe più entrato in guerra con Israele e che cercava di stabilire con questo rapporti di buon vicinato, al fine di rafforzare le sue relazioni con Washington. In questo modo Sadat si legò a doppio filo con la politica statunitense. La firma e l’attuazione di Sinai II29

, rappresentò un ulteriore passo in avanti nei rapporti tra gli Stati Uniti ed Egitto. La strategia americana era basata sulla premessa che l’Unione Sovietica si sarebbe trovata a dover scegliere fra dissociarsi dai paesi arabi a lei vicini o accettare la riduzione della propria sfera d’influenza nell’area. Gli Stati Uniti si trovarono così in posizione chiave nella diplomazia mediorientale. Dal 1973 in poi, la politica americana si allontanò dalle sue posizioni tradizionali, che non prevedevano un coinvolgimento esplicito nel contezioso arabo-israeliano. Questo grazie anche alla nuova relazione che stava prendendo forma con l’Egitto.

Stati Uniti ed Egitto passarono da antagonisti a partner, sia per quanto riguarda il processo diplomatico che per l’assistenza economica e militare. Di contro l’Egitto divenne strettamente dipendente dall’aiuto economico esterno, soprattutto dalla Banca mondiale e dal Fondo monetario internazionale, per riequilibrare il proprio

28 Accordo di disimpegno fra Egitto e Israele 1 settembre 1975. Il conflitto fra di loro nel Vicino

Oriente non deve essere risolto con la forza ma con mezzi pacifici. Le parti in causa s’impegnano a non far ricorso alla forza.

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Gli accordi Sinai II siglati a Ginevra il 4 settembre 1975, tra Egitto ed Israele:

“The agreement provided for a limited forces zone, a UN supervised buffer zone, an Israeli and an Egyptian electronic surveillance station and an additional station to be manned by 200 American civilian technicians as part of an early warning system. Egypt also regained access to the Abu Rudeis oil fields. The duration of the agreement was to be at least three years with an annual

extension of the mandate of the UN Emergency

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debito. Queste istituzioni garantivano prestiti e investimenti ma vincolavano il Paese al mercato capitalistico.30 Sadat si recò in visita a Washington, prima volta per un presidente egiziano nell’ottobre 1975, con l’intenzione di chiedere aiuti economici e militari31. All’interno del panorama politico d’oltre oceano era evidente una differenza di posizioni. Nonostante il Presidente Ford avesse preso la decisione di consegnare sei aerei da trasporto c-130 Hercules32, alcuni oppositori del Congresso americano si dimostrarono contrari alla vendita di armi all’Egitto. Il governo americano si impegnò nel fornire assistenza.

Nel 1976 l’amministrazione Usa versò all’Egitto quasi un miliardo di dollari, in massima parte per sovvenzioni alimentari33. L’assistenza economica e quella militare erano le componenti fondamentali di una strategia politica, e col tempo sarebbero diventate sempre più importanti per capire il rapporto tra l’Egitto e gli Stati Uniti.

L’economia egiziana era in grave crisi e solo ponendo fine allo stato di guerra perenne poteva sperare in un rilancio dell’economia. Per dipiù la dipendenza economica non poté che risolversi in dipendenza politica. In Egitto il livello di tensione era ormai altissimo. Il Presidente Sadat si trovava di fronte a disordini sociali a causa della sua decisione di aumentare i prezzi di alcuni beni di prima necessità. Si ebbero manifestazioni e scontri nel gennaio 1977, che causarono la morte di centinaia di persone. Occorreva un’inversione di rotta nella politica egiziana. Per quanto riguarda le percezioni americane, all’inizio del 1977 gli Stati Uniti erano stati abili ad interpretare le aperture al dialogo nel mondo arabo. In realtà Carter era profondamente impegnato nella politica del Medio Oriente e nella definizione della politica americana nella regione fin da quando era divenuto membro del Consiglio Nazionale di Sicurezza. L’avvio del processo negoziale fu

30 A. Hussein, L’economia egiziana dall’indipendenza alla dipendenza, Il Cairo, 1982. 31 Campanini M, Storia dell’Egitto.., op., cit., p. 223

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Quandt W. B., Camp David, Washington, The Brookings Institution Press, 1986, p. 171

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possibile grazie alla convergenza di interessi comuni. Carter insisté nella sua strategia finalizzata a concentrare le maggiori attenzioni sulla questione palestinese.

Il 4 febbraio il Segretario di Stato Vance si recò in Medio Oriente, in modo da intavolare al meglio le trattative. Secondo il consigliere per la sicurezza Brezinski, il primo passo consisteva nel raggiungere un accordo su principi generali che avrebbero potuto essere attuati in fasi successive34.

Il Segretario di Stato visitò il Cairo, Damasco, Amman e Riad le principali città del Medioriente. Tornato a Washington riportò di un clima positivo circa la convocazione di una conferenza dedicata da tenersi a Ginevra. Altri problemi emersero in relazione alle procedure e circa la rappresentanza della componente araba a Ginevra. Il Presidente Carter contava su Sadat come un partner prezioso nel raggiungimento dei suoi obiettivi nella regione, come dimostrato da una lettera inviata al leader egiziano il 14 febbraio 1977, nella quale affermava:

“Conto molto sul vostro consiglio, cosi si comincia a trovare il modo di compiere progressi significativi quest’anno verso una pace giusta e duratura in Medio Oriente.[ ] La visita delsegretario Vance sarà il primo passo di quello che sono sicuro che sarà un minuzioso e profondo dialogo. La crescente amicizia e cooperazione tra Egitto e gli Stati Uniti hanno già fatto alcuni passi in avanti lungo il cammino della pace. Sono ansioso di partecipare personalmente e trovare il modo a muovermi nei mesi a venire”35.

La soluzione avrebbe visto gli arabi impegnarsi per la pace in modo inequivocabile e attraverso azioni concrete, come lo stabilire relazioni diplomatiche ed economiche, mentre gli israeliani dalla loro avrebbero dovuto rientrare nei confini del 1967.

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Quandt W. B. Camp David.., op. cit., p. 38

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Lettera del Presidente Carter a Sadat, 14 Febbraio 1977,

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Per ciò che concerne la conferenza, questa, risultava il contesto più appropriato in cui condurre i negoziati, ma per il momento l’attenzione era sugli accordi pre-Ginevra, incardinati su contatti diplomatici bilaterali.

Dopo i colloqui preliminari di Vance, il presidente Carter venne sempre più incluso in prima persona nella trattativa diplomatica36. Il 7-8 marzo incontrò Rabin a Washington con il quale passò in rassegna i principali punti da negoziare. Dall’incontro tra i presidenti emerse che Rabin era più incline al dialogo sul lato egiziano ( dove la formula “ pace per terra” sembrava applicabile) mentre sul fronte del Golan e la Cisgiordania la situazione era più difficile da gestire.

Se la posizione del Primo Ministro era delineata, non lo stesso si poteva dire per il Presidente Carter. Il quale dichiarò pubblicamente che lì erano “ confini definibili” che Israele avrebbe dovuto mantenere. I successivi incontri tra Carter e i principali leader arabi rafforzarono l’impressione sulle forze filoisraeliane che il presidente si era dimostrato in qualche modo pro arabo e anti israeliano nella sua politica

Nel suo incontro con Sadat il 4 aprile apparse chiaro fin dall’inizio che i due erano animati da sincere intenzioni. Sadat sembrava pronto a raggiungere un accordo di pace. Si dichiarò disponibile a riconoscere Israele, ma sottolineò anche che l’instaurazione di relazioni diplomatiche, normali e pacifiche era una questione di sovranità e non doveva essere legata al raggiungimento della pace. Inoltre affermò che Israele doveva ritirare quanto prima i suoi soldati in territorio egiziano, e nel caso in cui Israele avesse avuto bisogno di garanzie dagli Stati Uniti per la difesa, non ci sarebbero state obiezioni37 da parte egiziana.

Sadat si mostrò favorevole all’idea di una conferenza di Ginevra. Il leader egiziano si dichiarò favorevole alla creazione di uno Stato palestinese legato alla

36 Quandt W. B., Camp David.., op., cit., p. 45 37

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Giordania, anche se non era chiaro in che misura. Il giorno successivo le discussioni in sede di trattativa si spostarono sull’assistenza militare all’Egitto38. Il presidente americano offrì il suo sostegno per mantenere l’arsenale militare egiziano aggiornato. Sadat riconobbe come la fornitura di armi sarebbe stata funzionale al raggiungimento di un’ accordo scatenando polemiche tra le forze pro Israele all’interno del Congresso americano. Dopo il successo questa prima visita di Carter continuò il proprio tour nelle cancellerie mediorientali incontrandosi con il Re di Giordania Hussein Ibn Talal, Fahd il Re dell’Arabia Saudita e Hafiz Al- Assad Presidente della Siria, nei mesi successivi39.

Nel maggio 1977 si ebbero le elezioni generali in Israele, dalle quali uscì vincitore il partito di destra Likud guidato da Menachem Begin, ex capo dell’Irgun40. Begin sin dall’inizio decise che era giunto il momento di iniziare negoziati diretti con l’Egitto. Si può ritenere che Begin intendesse giungere a un accordo con l’Egitto al fine di eliminare il rischio di una guerra con l’avversario più forte e pericoloso.

Quando Carter incontrò per la prima volta Begin il 19 luglio 1977, chiarì fin da subito la posizione americana sui tre concetti chiave riguardanti la natura della pace, il territorio e la questione palestinese41. Il capo della Casa Bianca puntava a un accordo globale tra Israele ed Egitto, insisteva nell’idea di convocare una conferenza internazionale. A tal fine venne coinvolta anche l’Unione Sovietica, nella speranza che ciò potesse indurre Siria e OLP42 ad accettare il negoziato.

38

Ibidem,

39

Ivi, p.50

40 IRGUN ZWAI LEUMI (ebraico: "Organizzazione militare nazionale"). Nucleo terroristico

ebraico, segreto e illegale, formato nel 1935 da membri dissidenti della Haganah. Secondo il Comitato anglo-americano d'inchiesta, contava da 3000 a 5000 uomini. Ha organizzato, specie dopo il 1944, una serie di atti terroristici contro gli Inglesi in Palestina, culminati nell'attentato al Quartier generale nell'albergo King David a Gerusalemme, il 22 luglio 1946.

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La posizione americana comprendeva la creazione di una patria per il popolo palestinese.

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L’organizzazione per la liberazione della Palestina è stata fondata a Gerusalemme Est il 2 giugno 1964 per iniziativa della Lega araba, come espressione politico-militare della resistenza palestinese. Presieduta fino al 1967 da A. Shuqairī, quindi da Y. Ḥammūda, assunse rilevanza

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Mosca e Washington trovarono un’intesa sui problemi da risolvere, al punto che il 1 ottobre 1977 le due superpotenze emisero un comunicato congiunto, in cui si impegnavano a riconvocare entro un anno la Conferenza di Ginevra per una soluzione globale del conflitto arabo-israeliano.

Il documento che concedeva ampio spazio al problema palestinese auspicava l’accettazione delle risoluzioni 242 e 338, richiedenti il ritiro di Israele dai territori in cambio del riconoscimento del diritto di esistere per lo Stato ebraico43.

A tale idea si opposero entrambi i governi dell’Cairo e di Gerusalemme, contrari a una conferenza internazionale per motivi differenti, l’Egitto non intendeva intavolare un negoziato con l’OLP, che non accettava la risoluzione 24244

.

Il presidente egiziano era consapevole che nonostante la crescente amicizia tra Stati Uniti e il suo paese, il Presidente Carter non poteva ignorare le pressioni interne provenienti da gruppi pro Israele. Nel momento di maggiore impasse, un gesto diradò le nubi di guerra che si ammassavano sull’orizzonte mediorientale. Il presidente egiziano Sadat annunciò il 9 novembre 1977, che era pronto a recarsi a Gerusalemme.

La dichiarazione sensazionale e inattesa, fu pronunciata in un discorso davanti al parlamento egiziano. Il Presidente egiziano si rivolse all’Assemblea popolare dicendo:

“sono pronto ad andare sino in capo al mondo se questo potrà in qualche modo

proteggere un ragazzo, un soldato o un ufficiale egiziano dall’essere ammazzato o ferito. Dico di essere pronto ad andare sino in capo al mondo. Sono pronto ad

internazionale dopo il conflitto del 1967. Passata sotto la direzione di al-Fatàh, il cui leader Y. Arafat subentrò a Ḥammūda nel 1969, l’OLP acquistò, con gli anni 1970, il ruolo di rappresentante politico della nazione palestinese anche in sede internazionale, ruolo accentuatosi dopo la proclamazione dello Stato di Palestina nel 1988, l’avvio dei negoziati arabo-israeliani nel 1991 e il riconoscimento reciproco tra OLP e Israele nel 1993.

43 Quandt W. B., Camp David,.. op., cit., p. 71 44

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andare nella loro nazione, anche davanti alla stessa Knesset e parlare con loro45”.

Un gesto audace era stato richiesto da parte di Carter, in una lettera inviata al presidente egiziano in ottobre, ma mai si sarebbe pensato ad un esito di tal genere. La capacità di compiere mosse di carattere spettacolare apparteneva alla personalità di Sadat. Alcuni fra i più alti responsabili della diplomazia fra i quali il ministro degli esteri Fahmi furono colti di sorpresa dall’annuncio e per questo rassegnarono le dimissioni. L’iniziativa venne preparata da un’intensa attività diplomatica segreta con la mediazione del governo della Romania46. In un primo momento l’esecutivo americano non venne neppure informato delle mosse diplomatiche di Cairo e Gerusalemme.

Casa Bianca e Dipartimento di Stato cercarono di riprendere la situazione in mano, contattando tramite i loro diplomatici entrambi i governi. Le reazioni iniziali di Washington, alla notizia che Sadat sarebbe effettivamente andato in Israele furono positive, anche se esisteva un certo grado di preoccupazione , che una tale mossa avrebbero potuto causare malcontento nel mondo arabo, in tal modo da annullare la possibilità della tanto auspicata conferenza di Ginevra. Il 19 novembre 1977 Sadat, accompagnato dal suo nuovo ministro degli esteri Boutrus Ghali, atterrò all’aeroporto di Tel Aviv47

. Questo gesto avrebbe cambiato per sempre la storia del Medio Oriente. A riceverlo erano tutti i maggiori esponenti politici israeliani, del governo e dell’opposizione. La visita ufficiale nello Stato ebraico significava che da quel momento l’Egitto riconosceva il diritto di esistere dello Stato di Israele. Il giorno successivo il presidente egiziano tenne un discorso alla Knesset, il parlamento israeliano48. Il discorso fu senza dubbio

45 Discorso di Sadat in G. Valberenga, Il Medio Oriente, aspetti e problemi, cit., p.268-275 46

Campanini M, Storia dell’Egitto.., op., cit., p. 225

47

Ivi, p. 226

48 Per la lettura integrale del discorso tenuto da Sadat consultare all’indirizzo

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abile, teso a toccare le corde della necessità della pace così come delle comuni radici abramitiche delle due religioni, senza derogare alla dignità dell’Egitto. Tra le altre cose Sadat disse:

“Pace a tutti coloro che si trovano sulla terra araba, in Israele e in ogni parte di questo vasto mondo, un mondo sconvolto da cruenti conflitti, traboccante di acute contraddizioni, minacciato periodicamente dalle guerre devastatrici che l’uomo intraprende per distruggere i propri simili49”.

Sadat affermò che quello era l’inizio di una nuova epoca per le relazioni fra Israele e l’Egitto. Dopo aver ribadito l’intenzione di stabilire una pace permanente, fondata sulla giustizia, il Presidente egiziano sottolineò come il nodo cruciale del problema fosse la questione palestinese.

Menachiem Begin prese la parola subito dopo Sadat, con tono severo ribadì le note posizioni israeliane, specie riguardo ai confini, non fece promesse, bensì chiese al Presidente egiziano di avviare le negoziazioni senza porre delle precondizioni. Ignorando del tutto la questione palestinese, Begin lasciò intendere di non aver intenzione di cedere sul controllo dell’intera Gerusalemme.

Secondo Moshe Dayan, la svolta avvenne durante un breve colloquio tra Begin e Sadat, dopo il banchetto di stato, quando i due leader giunsero a un accordo su tre principi: nessun’ altra guerra tra i due Paesi, sovranità formale dell’Egitto sulla penisola del Sinai, demilitarizzazione di gran parte del Sinai. Di questi tre accordi l’unico ad essere reso noto nel comunicato stampa congiunto fu il primo, reso poi celebre da Sadat. Intanto Buotros Ghali e Weizman, il ministro della difesa israeliano, avevano deciso di stabilire un contatto telefonico a Parigi attraverso il quale Egitto e Israele avrebbe potuto scambiarsi messaggi senza l’intermediazione di terzi.

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Il gesto di Sadat spianò la strada a ulteriori traguardi di portata storica. Oltre a scatenare una serie di critiche dagli altri paesi arabi, la conseguenza più immediata della visita di Sadat a Gerusalemme è stata la rivalutazione della politica americana.

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1.2 La trattativa diplomatica

Sul finire degli anni settanta, con la fine della distensione la politica degli Stati Uniti si era modificata portando all’accettazione dell’Egitto come “Stato cliente” nell’ambito del loro sistema regionale. L’Unione Sovietica era “alleata” dell’Egitto governato da Nasser. Dal 1956 al 1970 questo rapporto fu incarnato da legami culturali, militari ed economici e dalla diga di Assuan,50 creando un solido

monumento fisico all’amicizia storica tra i due Paesi.

Nonostante ciò, il corteggiamento degli Stati Uniti di Sadat, successore di Nasser, capovolse l’equazione geopolitica regionale, trasformando l’Egitto da alleato sovietico a Stato cliente degli Stati Uniti.51 In quanto basata sul denaro, non era un

vera alleanza ed era destinata a essere rovesciata, in un modo o nell’altro. Fu proprio la nuova politica estera degli Stati Uniti che respinse l’Egitto da tale relazione politica neo-coloniale verso il sistema multipolare.

Prima di tutto Carter ha chiesto a Sadat a ritardare la conferenza preparatoria di pace che aveva proposto di svolgere a Cairo, in modo da poter consultare gli altri paesi arabi coinvolti. Poi mandò il Segretario di Stato Vance in Medio Oriente nel mese di dicembre per affermare che l’obbiettivo americano era una soluzione

50Fornisce molta energia elettrica all’Egitto, fu costruita con l’assistenza sovietica.

51 Su interferenza della Guerra Fredda in Egitto e nel Medio Oriente si veda P. Sluglett, The Cold War

in the Middle East, in L. Fawcett (ed.), International Relations of the Middle East, Oxford and

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18

globale, e per vedere se i paesi arabi moderati potevano essere coinvolti nei colloqui di pace52. Dopo la visita a Gerusalemme, Sadat annunciò all’Assemblea Popolare la volontà di indire un incontro al Cairo in preparazione alla Conferenza di Ginevra. Un incontro informale, che doveva sottolineare l’intenzione di raggiungere una soluzione complessiva e non un accordo di pace separato tra Egitto e Israele. Furono invitati gli Stati Uniti, l’Unione Sovietica, Siria, Giordania e l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP). La Conferenza del Cairo rappresentava la prima tappa in previsione della stipula di un accordo bilaterale. Infatti venne denominata la “ Conferenza Preparatoria per la ricerca della pace in Medio Oriente”53 .

Il Segretario di Stato Cyrus Vance54, impegnato in un tour diplomatico nella

regione, ebbe il compito di tradurre in pratica gli ambiziosi progetti enunciati da Brezinski55.

Successivamente gli Stati Uniti si proposero di cooptare all’interno dei negoziati le forze arabe moderate (Giordania, Libano e i rappresentanti palestinesi) per poi passare alla terza fase, la vera e propria Conferenza di Ginevra con il coinvolgimento di Siria e l’Unione Sovietica.

52

Quandt W. B., Camp David.., op., cit.,p. 101

53

La civiltà Cattolica, volume primo, Edizioni 3061-3066, Anno 129, 1978, p. 185.

54 Chiamato a Washington dal presidente Jimmy Carter, che lo nominò segretario di Stato, ricoprì

l'incarico dal 1977 fino alle dimissioni, nel 1980. Si ricorda per il suo contributo agli accordi di Camp David: quando fu chiaro che non esistevano possibilità di giungere a un accordo, una formula accettabile per entrambe le parti venne trovata dal Segretario di Stato che propose di sostituire ogni riferimento a Gerusalemme nel testo finale degli accordi con due lettere di Sadat e Begin al presidente Carter, in cui i due statisti chiarissero le rispettive posizioni sul destino della città. La proposta venne accolta con favore, perché in tal modo ciascuno avrebbe potuto tornare dalla propria opinione pubblica affermando di non aver ceduto su Gerusalemme.

55

Consigliere per la sicurezza nazionale durante la presidenza di Jimmy Carter, dal 1977 al 1981. Brezinski spiegò in

una conferenza stampa, che la posizione americana consisteva nella ricerca per tappe di un accordo globale.

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19

Nella seduta inaugurale presso la Mena House 56 solo quattro delle nove poltrone

erano occupate. Le delegazioni di Israele, Egitto, Stati Uniti e Onu sedettero intorno a un tavolo lasciato semivuoto dagli altri cinque invitati ( Siria , Libano, OLP, la Giordania e l’Urss57). Tutti i leader del mondo arabo rifiutarono l’invito.

Mentre si teneva la conferenza del Cairo, il 13-15 dicembre del 1977, si verificò un fatto nuovo e inatteso. Il Primo Ministro Begin si recò a Washington per presentare una nuova proposta, secondo la quale Israele si sarebbe ritirato del tutto dai territori occupati in cambio di un trattato di pace58.

La visita di Begin a Washington sembrò accreditare l’esistenza di un piano di Pace del governo di Tel Aviv, ipotesi che già circolava dall’incontro con il premier egiziano Sadat59. L’evenienza avrebbe previsto il ritiro totale delle truppe

israeliane dal Sinai60 e dalle alture del Golan (al confine con la Siria). La proposta

di pace, per quanto riguarda la Cisgiordania61, si limitava alla previsione della sola

autonomia amministrativa, avocando ad Israele il controllo politico e militare. Sull’effettiva utilità di tali accordi molte e distinte furono le prese di posizioni, sia in Israele che negli Stati Uniti. Da parte israeliana, tale posizione permetteva di accerchiare il problema palestinese. Israele aveva cercato da sempre di arrivare a questo obiettivo, evitando in qualsiasi modo di riconoscere legittimità all'OLP.

56

Albergo situato a Cairo, Egitto.

57 Consultato sul sito http://fondazionerrideluca.com/download/1977/12_1977/ 58

Quandt W. B., Camp David…op., cit, p. 147

59 La visita avvenne tra il 19 e il 21 novembre del 1977.

60 Nel 1973 ci fu la guerra del Kippur, in cui Sadat ebbe la meglio sull’esercito israeliano preso di

sorpresa dal fulmineo attacco degli egiziani che occuparono la maggior parte del territorio del Sinai. (al cui confine erano stanziati i caschi blu delle Nazioni Unite equipaggiati con armi leggere, prevalentemente con compiti di pattugliamento)

61 Giudea e Samaria, corrispondenti alla Cisgiordania rientrano nel territorio di Israele secondo

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Quando Sadat e Begin si incontrarono a Ismailia il 25 dicembre 1977 il Primo ministro israeliano ripropose l’idea che aveva avanzato a Washington, con piccole modifiche che vennero raccolte in due documenti, uno relativo ad un accordo di pace tra Egitto e Israele, l’altro per l’autogoverno dei palestinesi. Tuttavia le parti misero in atto la formazione di due comitati, uno a Gerusalemme e uno al Cairo, sulle questioni politico militare discusse bilateralmente.

Il bilancio del vertice non fu del tutto positivo; intanto non produsse la dichiarazione congiunta prevista e non permise ad Egitto e Israele di superare le loro profonde divergenze sui problemi chiave del Medio Oriente. Sadat e Begin del resto affermavano che rimanevano serie divergenze sulla questione palestinese, questione che il primo definì cruciale62.

Il risultato dei colloqui a Ismailia portò l’amministrazione Carter ad assumere ancora una volta un ruolo attivo nel proseguimento dei negoziati.

Il governo israeliano decise che si doveva riunire a metà gennaio a Gerusalemme per discutere della questione. Erano invitati anche gli Stati Uniti. I Ministri degli Esteri di Egitto e Israele aprirono i colloqui in un clima di tensione. Entrambe le parti avevano preparato delle proposte per una dichiarazione di principi e anche se le loro posizioni erano ancora abbastanza lontane, la delegazione statunitense ricoprì il ruolo di mediatore tra le due parti cercando dei compromessi.

I colloqui vennero in breve interrotti. Durante una cena il Primo Ministro Begin implicitamente insultò il Ministro degli Esteri egiziano63. Il presidente Carter e

Brenzinski cominciarono ben presto a riflettere sulla possibilità di convocare entrambi i leader a Camp David e spingere verso un negoziato che portasse alla conclusione di un accordo. Il leader egiziano era la chiave di svolta nel processo

62 Consultato sul sito, Cronologia.leonardo.it/storia/mondiale.htm 63 Quandt W. B., Camp David,..op., cit., p. 162.

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di pace, e Carter credeva che il rapporto tra Stati Uniti ed Egitto fosse una buona base da cui partire.

Mentre in un primo momento sembrava che Washington puntasse alla creazione di un ampio accordo sui principi, con l’obiettivo di una pace globale, salvo poi spostarsi su una diversa formula, un nuovo approccio più limitato nella sua capacità ed incentrato principalmente sull'idea di una pace separata tra Israele ed Egitto. L’amministrazione Carter vedeva l’avvicinarsi delle due parti come un punto di forza della politica estera. Quello che sembrava mancare era però la coesione, una condivisione delle priorità e la fiducia nel successo a livello operativo.

Dal punto di vista degli egiziani una pace fatta sotto l’egida degli Stati Uniti avrebbe assicurato preziosi aiuti economici, in cambio della nascita, attorno al canale di Suez, di un’area pacificata sotto la loro egemonia64.

Gli interessi israeliani erano riassunti nella figura di Begin, il quale aveva buone ragioni per non respingere l’iniziativa di matrice egiziana. Israele era circondato da Paesi nemici, doveva alleggerire la pressione che interrottamente condizionava la sua esistenza e che metteva in pericolo la sua sicurezza nazionale, specialmente nel Sinai65. Per queste ragioni Begin era aperto alla possibilità di portare il

negoziato fino alla stipula di un trattato di pace in cambio della restituzione dei territori occupati nel 1967, ad esclusione della striscia di Gaza mai appartenuta all’Egitto e nella quale erano ammassati miglia di profughi palestinesi. Il cuore del negoziato era però la questione che nessuna delle due parti poteva risolvere, appunto quella del futuro dei Palestinesi.

64 Di Nolfo E. Storia delle relazioni internazionali. Dal 1918-1999. Roma-Bari, Laterza, 2006, p.

1233.

65

Con la guerra dello Yom Kippur, l’Egitto e Siria lanciarono un attacco a sorpresa rispettivamente nel Sinai e nelle alture del Golan. Il Sinai era stato conquistato da Israele nella guerra dei sei giorni.

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Il 3 febbraio Sadat arrivò a Camp David per quello che sarebbe stata una visita molto importante nel percorso che avrebbe portato a delineare una collaborazione efficace tra gli Stati Uniti ed Egitto. Quanto affermato da Quandt 66 rende la cifra

delle aspettative connesse a quella specifica fase della politica estera americana:

“ questo incontro sfociato in una vera amicizia tra i due uomini, ha inoltre segnato un importante passo verso una strategia americano-egiziana progettato per cominciare a cambiare alcune delle sue posizioni profondamente radicate su come affrontare la questione palestinese67.”

L'iniziativa diplomatica presentò comunque notevoli ostacoli: nei colloqui con il presidente Carter, il 4 febbraio di quell'anno, Sadat espresse tutto il suo disappunto verso il leader israeliano che non intendeva rinunciare ai insediamenti israeliani nel Sinai, minacciando addirittura di abbandonare il processo negoziale. La diplomazia americana insistette e riuscì a condurre oltre il negoziato convincendo il premier egiziano a considerare la proposta di Begin relativa all' autonomia per la Cisgiordania e Gaza come un buon punto di partenza. Su richiesta di Sadat, gli americani presentarono una proposta prendendo così parte attiva nei negoziati, Carter acconsentì, nonostante il richiamo ad un maggiore impegno di Sadat nelle relazioni con gli israeliani, dal momento che non era infondato un rischio implicito per la politica americana, la disaffezione della popolazione americana, che difficilmente avrebbe accettato un abbraccio ancora più stretto con l'Egitto.

Venne deciso un incontro del Presidente americano con Begin, mentre nel frattempo l’Egitto avrebbe dovuto preparare un regolamento per la Cisgiordania e la Striscia di Gaza68. La decisione di Carter di tenere un vertice a Camp David era

quindi una strategia ad alto rischio. Si trattava di un allontanamento della sua

66

William B. Quandt consigliere del Consiglio Nazionale di Sicurezza sotto l’amministrazione Nixon e Carter. Negoziatore degli accordi di Camp David.

67 Quandt W. B., Camp David,..op., cit., p. 164 68

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precedente politica e si trattava nei fatti di provare a collaborare con l’Unione Sovietica nella risoluzione sulle questioni mediorientali. Il fallimento avrebbe irrimediabilmente compromesso la reputazione politica di Carter e la possibilità di vincere un secondo mandato, nelle elezioni previste nel dicembre del 1980.

Il 20 luglio del 1978 Carter informò i suoi consiglieri che stava prendendo realmente in considerazione un vertice con Sadat e Begin69. In altre parole Sadat

aveva bisogno di una prospettiva incoraggiante per poter prender parte a un altra trattativa trilaterale, ed era esattamente ciò che Vance gli offrì.

Alcuni giorni dopo, il 5 agosto, il Segretario di Stato Cyrus Vance rese pubblica la decisione di indire una riunione ad alto livello a Camp David sulla questione mediorientale tra Begin e Sadat. Al suo ritorno negli Stati Uniti, Vance incontrò l’ambasciatore americano incaricato per i negoziati in Medio Oriente Roy Atherton,(date dei loro incarichi per lui e quello sotto) l’assistente del Segretarito di Stato per gli Affari in Medio Oriente Harold Saunders, e l’esperto del Consiglio Nazionale di Sicurezza William Quandt. Partendo dal lavoro precedente fatto da Saunders nel Castello di Leeds70, progettarono una rapporto per Carter. Passerà

alla storia come “The Pivotal issue: The Sinai/ West Bank Relationship”71.

Saunders iniziò a lavorare su una proposta americana per affrontare lo status della Cisgiordania, Gaza e il Sinai. Fu concepito per poter essere un quadro generale di negoziati e per incorporare le richieste che avevano proposto entrambe le delegazioni, così come anche alcuni punti emersi dalla discussione nel castello di Leeds.72

69

Ivi p. 144

70 Dal 17-19 luglio 1978, Mr Mohammed Ibranim Karmel, General Moshe Dayan e Cyrus Vance

rispettivamente i ministri degli esteri dell’Egitto, Israele e Stati Uniti si riunirono per i colloqui preparatori che portò alla firma degli accordi di Camp David. Da allora il castello ha ospitato alcuni dei più prestigiosi incontri governativi.

71

Betty G., An outsider in…,op. cit, p.145

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Al Castello di Leeds si è parlato della West Bank, Striscia di Gaza si discusse inoltre della sovranità dopo cinque anni di autogoverno. Alla conferenza nel castello sia il piano israeliano che quello egiziano sono stati discussi, e sono emersi alcuni punti di contatto (several points of contact).

I punti di contatto nella trattativa: il primo era la fine del controllo militare di Israele sulla West Bank , la creazione di una qualche forma di autorità locale in Palestina e nella Striscia di Gaza, un periodo di prova di cinque anni una discussione di lungo temine su questi territori dopo cinque anni, i negoziati comuni sul problema dei rifugiati ( la discussione si concentrava su tre gruppi, i primi rifugiati palestinesi del 1948 poi quelli del ‘67 e poi i rifugiati ebrei caciati dalle altre nazioni arabe) e relazioni libere tra arabi e ebrei dopo lo stabilimento della pace73. La posizione egiziana sulla questione palestinese era di appoggiare uno stato indipendente e l’auto determinazione dei popoli ma viste le circostanze (la necessità di arrivare alla pace con Israele ) erano disposti ad accettare il riconoscimento di una sola (entità politica palestinese un entità connessa alla Giordania che avrebbe rappresentato i palestinesi nella negoziazione degli accordi di pace). L’amministrazione avrebbe dovuto includere non soltanto i residente nella West Bank e Gaza ma anche quelli che abitavano fuori.

Uno status speciale per i luoghi di culto a Gerusalemme, ( gli egiziani non cambiarono la loro posizione alla conferenza e chiedevano l’abbandono israeliano di Gerusalemme Est e il ritorno alla linea stabilita prima del 1967 senza alcuna limitazione di movimento tra i vari settori della città), una non ridivisione di Gerusalemme e la necessità di prevenire il terrorismo.

L’opposizione di Vance era che Israele avrebbe dovuto accettare il principio del abbandono della West Bank come una condizione per continuare i negoziati. Come disse Vance a un intervista alla tv ABC:

73

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25

“Issues and Answers” program yesterday said in reply to a question that Israel must accept the principle of withdrawal from the West Bank as a precondition for continued negotiations. “I have always believed that the basic principle underlying the peace negotiations is (UN) Resolution 242…which very clearly talks about withdrawal from occupied territories,” he said. Vance said the foreign ministers’ meeting in England did not narrow the fundamental differences

between Israel and Egypt.)74

Alla Conferenza di Leeds le posizioni americane non coincidevano del tutto con quella israeliana il presidente Carter insisteva il ritiro dalla Giudea e Samaria. Sul problema centrale del abbandono dei territori ed il ritorno dei confini del 1967 cera la consapevolezza da parte americana del problema dei villaggi attraversati dalla linea del cessate il fuoco.

Tre erano i problemi principali, la sovranità permanente di West Bank che gli egiziani consideravano un territorio arabo mentre Begin la considerava un territorio ebreo liberato. Un altro punto la questione della sicurezza e il processo di decision making nella West Bank .

La posizione egiziana sulle misure di sicurezza da adottare erano caratterizzate dalla richiesta di una supervisione Onu, mutua demilitarizzazione75 e libero

74

Consultato sul sito, http://www.jta.org/1978/07/25/archive/dayan-israel-prepared-to-discuss-territorial-compromise-on-west-bank-viewed-as-softening-of-israel#ixzz3Hohx2rHf

75

The first measure is demilitarization and this must be mutual i.e. on both sides: The Israeli side and the second side, which for the sake of discussion we will call the Palestinian side because this was the term they used. Security measure number one is that there is demilitarized zones on both sides of the borders, as I described it previously.

The second measure is a limitation of forces: i.e. both sides would agree that on both sides the border limited forces only would be permitted to be stationed; i.e. one regiment, or no armour. This is to be agreed upon by the two sides -but this is a security measure intended to guarantee Israel's defence.

The third means: U.N. presence, primarily for the purpose of supervision, and in numbers agreed upon by the parties.

Fourth means: Warning stations, similar to those in the Sinai at present, which, possibly, would be manned by Americans, or perhaps by the U.N. There as well the presence of Israeli civilians would

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accesso alle acque internazionali incluso il canale si Suez. Gli israeliani avanzavano la proposta del cosiddetto “piano Alone” che, creato nel 1967, mai adottato da Israele stabiliva una partizione della West Bank con un mantenimento di un confine di sicurezza Israeliano sulla riva del fiume Giordano76.

Il piano adottato dal partito laburista era inviso all’Likud perché non adatto al raggiungimento “Great Israele”. Per quanto Begin e Sadat avessero differenti posizioni circa i territori del Sinai in mano all’Egitto, e fosse ancora sul tavolo il problema degli insediamenti Israeliani nel Sinai, lo scopo specifico di Camp David fu quello di assicurare un accordo Egitto- Israele nel quadro dei futuri negoziati e per lo status degli abitanti di Gaza e Cisgiordania.

Altri si aggregarono ai lavori preparatori della conferenza: Hamilton Jordan Segretario della Stampa, il Vice Presidente Walter Mondale e il Segretario della Sicurezza Nazionale Zbiegniew Brezinski77. La Conferenza di Leeds fu molto

importante in quanto getto le basi per la seconda fase, quella di Camp David. Di ritorno a Washinton Carter riunì tutti i suoi consiglieri, insistendo che i colloqui avrebbero dovuto essere diretti verso la conclusione di un accordo in un quadro di pace tra Egitto ed Israele. Riguardo alla questione dell’ autonomia Palestinese e l’amministrazione della Cisgiordania e la Striscia di Gaza e il ritorno del Sinai avrebbe costituito un inutile ostacolo al raggiungimento di qualsiasi accordo a Camp David.

not be permitted. The fifth measure concerns the Gulf of Eilat and this is the one point which does not bear on the Palestinian issue. The Egyptians are prepared to agree that they be supervised by a third party - the Americans or the U.N. - but under Egyptian sovereignty, and this is one of the measures intended to maintain the security of their areas. That is to say, no Israelis there, but Egyptian sovereignty and freedom of navigation to be overseen either by American or U.N. forces, or some other third party.

The sixth and final measure is the very establishment of peace: The peace agreement itself, peaceful relations, good, neighbourly relations, and the normalization of relations. These in and of themselves will ensure Israel's security more than any other military measure could.

76 Betty G., An outsider in...,op., cit., p. 145 77

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Nella presa di posizione Carter non si impegnò in una pazzesca missione. Veramente c’era un rischio vero da intraprendere. Lo scopo principale di Sadat fu di avere il territori del Sinai indietro più un quadro specifico che a che fare con la Cisgiordania la Striscia Gaza e Gerusalemme. Per Begin lo status quo era più preferibile per qualsiasi compromesso per il controllo della Giudea e Samaria, i nomi i quali gli usava per i territori controllati da Israele78.

Il trattato di pace tra Israele e l’Egitto poteva essere visto come una pugnalata alle spalle dagli altri paesi arabi, che non accettavano la legittimità di Israele. Un accordo a Camp David era una possibilità che portava con sé grosse incognite. Il Presidente Carter nutriva poca fiducia verso i protagonisti dell'accordo, come dichiarò prima della Conferenza:

“Lasciatemi dire cosa succederà a Camp David. Ho invitato Sadat e Begin qui per superare un problema reale, e questa è la ragione per cui loro non hanno fiducia reciproca. Ricevendoli a Camp David lontano dalla stampa e dall’occhio pubblico e lontano dall’influenza politica. E cercherò di spingerli loro a un compromesso, ad una posizione unica. Entro due, tre giorni di convincere loro per raggiungere ad un accordo di massima. Dopo daremo istruzioni agli rispettivi Ministri degli Esteri per l’inizio delle trattative. Ecco cosa faremo noi a Camp David79.”

La speranza era che a Camp David i partecipanti potessero isolarsi dalle pressioni esterne e dalle sirene della stampa che portavano entrambe le parti ad

78 Ivi, p. 146 79

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atteggiamenti convulsi e legati alle esigenze del momento80. Carter e i suoi

collaboratori trattarono all’inizio con il Presidente Sadat e la sua delegazione e poi con Dayan e la delegazione israeliana. Fu l’inizio di una lunga e impegnativa trattativa che alla fine si risolse in un vero accordo di pace.

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1.3 Gli accordi di Camp David

Il 17 settembre 1978 a Camp David, Carter riuscì a riunire attorno al medesimo tavolo una delegazione egiziana, guidata dal Presidente Sadat e dal suo ministro degli esteri Butros Ghali 81, e una delegazione israeliana, guidata dal Primo Ministro Begin, di cui faceva parte il generale Moshe Dayan, eroe della guerra dei Sei giorni, colui il quale risultò il "motore diplomatico" delle trattative di Camp

David82. Dall’essere semplicemente una residenza presidenziale,83

da quel momento in poi, Camp David rappresentò uno spartiacque nella storia contemporanea del Medio Oriente. La costruì appunto la Us Navy per Franklyn Roosevelt che la battezzò Shangri-La, come la città immaginaria di Frank Capra nell' Himalaya. Il generale Eisenhower la ribattezzò Camp David, come suo figlio. Carolyn Kennedy ci galoppava con la mamma84, Carter la glorificò con il miracolo tra Sadat e Begin, nel 1978. Il suo ruolo di punto di riferimento fisico per la risoluzione delle

81 Ministro degli esteri egiziano sotto la presidenza di Sadat. Segretario Generale delle Nazioni

Unite 1992-1996.

82

Agli Esteri, il suo ruolo fu basilare per giungere agli Accordi di Camp David, con cui si stabilì la pace con l'Egitto. Dayan si dimise nel 1979 (assieme ad Ezer Weizman, che in seguito entrò nel partito laburista), a causa di disaccordi con Begin riguardo alla questione palestinese. Gli accordi di pace con l'Egitto includevano clausole riguardanti futuri negoziati con i palestinesi, ma Begin, contrario all'ipotesi, non inserì Dayan tra gli incaricati delle trattative. Era considerato uno dei più esperti militari israeliani. Disobbedendo a Moshe Dayan, Ariel Sharon, conquistò con una battaglia sanguinosa lo strategico passo di Mitla nel Sinai ponendo le basi per la sua personale ascesa militarere e politica

83 Il mito di Camp David consultato su sito

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2000/07/12/il-mito-di-camp-david-costruito-per.html

84

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controversie internazionali sembra confermarsi nel tempo85. Sadat insistette perché i rapporti tra Israele ed Egitto fossero inquadrati in un più ampio contesto legato all’esigenza di risoluzione dei problemi meridionali, in particolare dello spinoso nodo palestinese.

Gli accordi firmati il 17 settembre 1978 furono relativamente generici per non scontentare nessuno, ma non furono funzionali alla risoluzione di alcunché dal punto di vista pratico86. Inoltre le analisi delle prospettive di una pace duratura tra Egitto e Israele risultavano fortemente viziate dalla possibilità che altri attori arabi (palestinesi, il fronte orientale, gli arabi sauditi) potessero guastarla e troppo poco consapevoli dei fattori di disturbo esistenti proprio in seno a Egitto e Israele. La base per una profittevole trattativa diplomatica sembrava quindi lo stabilimento di una reciproca fiducia tra le parti.

La conferenza di Camp David si aprì martedì 5 settembre del 197887. Carter coadiuvato da Cyrus Vance guidava la delegazione americana. Di questa faceva parte il Vice Presidente Mondale, consigliere per la sicurezza Brezinski, il consigliere politico Jordan, il sottosegretario di Stato per gli affari nel Vicino Oriente Harold Saunders , un membro del Consiglio di Sicurezza Nazionale William Quandt e tre diplomatici di alto livello.

Un secondo gruppo di esperti era riunito tra cui il Generale Avrahm Tamir direttore per i piani d’azione dell’esercito Israeliano, Dan Pattir incaricato per gli affari pubblici del Primo Ministro e Dinitz l’ambasciatore israeliano presso gli Stati Uniti. La delegazione egiziana era guidata dal suo Presidente Anwar

85

Clinton tentò di trasportare Barak e Arafat verso un accordo.

86 Campanini M, Storia dell’Egitto…op., cit., p. 226 87

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Sadat, accompagnato dal Ministro degli Affari Esteri Boutros Ghali e dal sottosegretario Osama el-Baz88.

Su suggerimento di Rosalynn Carter la conferenza cominciò con una preghiera comune nella speranza di arrivare ad un successo. Il presidente Carter si interessava e interveniva frequentemente in prima persona. Quando mercoledì il 6 settembre 1978 Begin, Sadat e Carter cominciarono il primo round degli incontri dei “Tre Grandi”, Sadat propose un documento con delle richieste dettagliate. Gli egiziani insistevano nell’utilizzo del linguaggio delle Nazioni Unite usato nella risoluzione 242, la quale stabiliva la non validità dell’ acquisizione di territorio tramite lo strumento della guerra89.

Una sorpresa fu per Israele la richiesta egiziana di riparazioni per la Guerra d’Ottobre, nonché per il greggio pompato dal Sinai durante il periodo di occupazione.

Venuta a conoscenza della proposta egiziana, la delegazione israeliana non nascose il suo disappunto. Quando Sadat fini il discorso fu necessario l'intervento del Presidente americano che chiese a Begin di riflettere con calma, di non reagire ad un discorso che certo conteneva delle posizioni “estreme” e sembrava fatto apposta per raccogliere consensi nel mondo arabo90.

Più tardi Carter rassicurò il ministro della difesa israeliana Weizman, dell’inaccettabilità del piano per gli Stati Uniti. Una presa di posizione importante per gli Stati Uniti che avevano vagliato le posizioni espresse dagli egiziani nel primo meeting tenutosi tra i due Presidenti.

88

Ibidem

89

In base a ciò sarebbero stati considerati illegittimi i possedimenti israeliani a Gaza nel West Bank e nel Sinai.

90

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Sadat nel suo primo incontro privato tra le montagne di Camp David, inviò al Presidente una memoria informandolo delle concessioni che gli americani avrebbero potuto avanzare in un momento appropriato.

Nel secondo incontro la mattina di giovedì, Begin rispose con un rifiuto brutale per qualsiasi argomento avanzato da Sadat. I due cominciarono a discutere su chi avesse occupato i territori altrui e solo l’intervento di Carter riportò i protagonisti nel solco negoziale come il presidente più tardi affermò: "c’era più rivalità tra i due”91

.

Dopo i primi tre incontri trilaterali sembrava chiaro che le possibilità di giungere ad una profittevole composizione degli interessi in campo erano minime. In questo impasse Carter decise di cambiare la struttura delle trattative. Gli Stati Uniti volevano proporre una loro soluzione per i negoziati così da poter ricoprire un ruolo chiave. Il pomeriggio del venerdì Harold Saunders partendo dai suoi progetti avanzò un terzo documento che optava per una soluzione più completa. Vance e Brezinski insistettero per mantenere la seguente posizione: l’autonomia palestinese era legata alla conclusione di una pace tra Israele ed Egitto. Quando Carter affrontò personalmente il progetto decise per la separazione della questione dell’autonomia palestinese dal ritiro delle truppe israeliane dal Sinai. Una svolta diplomatica che permise poi di portare avanti le trattative su due binari distinti. Il presidente si impegnò preparando un suo progetto per la questione del Sinai. Il 10 settembre Carter lesse un documento di 17 pagine alla delegazione israeliana92. La proposta americana fissava una scadenza trimestrale per la conclusione degli Accordi di Pace tra Israele ed Egitto, assicurava la sovranità dell’Egitto sui territori del Sinai, e impegnava i due Stati ad una soluzione pacifica dei conflitti assicurando il libero passaggio delle navi israeliane in tutte le acque

91 Betty G., An outsider in.., op., cit., p. 150 92

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internazionali. Teneva banco, inoltre, la questione relativa alla preparazione di un calendario per la ritirata delle forze israeliane.

Il quid delle trattative era il ritiro di Israele dalla Cisgiordania e Gaza e la sovranità su questi territori, nonché il ritorno ai confini del 1967. L’incontro tra la delegazione americana e quella israeliana durò tutta la notte, ma con scarsi risultati. Il progetto di revisione venne sottoposto a Sadat. L’attenzione di Carter si era spostata sul Sinai ma su richiesta di Dayan, iniziò a lavorare sui termini di un trattato israeliano-egiziano93. La risposta egiziana al progetto di revisione americana non fu positiva. Sadat fece sapere che se Israele non avesse abbandonato le sue posizione avrebbe abbandonato il vertice. Eppure Carter aveva precedentemente ottenuto la sua totale approvazione sulla proposta per il Sinai. I negoziati procedevano su due binari paralleli, uno sul Sinai guidato da Carter, e uno più generale sulla questione palestinese guidato da Vance. Il 13 settembre il testo con la proposta su un quadro generale fu esaminato in dettaglio dai rappresentanti di tutte le tre delegazioni94. Tuttavia, il giorno dopo fu evidente che gli insediamenti nel Sinai erano un ostacolo inamovibile e che anche altre questioni minori si ponevano in modo complicato.

A questo punto i negoziati sembravano destinati al fallimento. Carter di fronte a una tale situazione decise di cambiare la sua strategia spingendo “Sadat a ottenere ciò che più desiderava, la rimozione degli insediamenti israeliani e i campi d’aviazione dal Sinai al prezzo di un vago progetto in Cisgiordania e a Gaza”95

. Il 15 settembre, Carter esortò le parti ad esporre le loro posizioni finali e di redigere una dichiarazione congiunta da presentare davanti alla stampa due giorni dopo, quando il vertice sarebbe giunto al termine96. La situazione sembrò

93

Ivi, p. 151

94

Quandt W. B., Camp David.., op cit., p. 232

95 Ivi, p. 234 96

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precipitare quando Sadat informò gli americani che se ne sarebbe andato con tutta la delegazione, non credendo più in una possibile soluzione. Carter lasciò intendere che una tale mossa avrebbe avuto gravi ripercussioni nei rapporti tra Stati Uniti ed Egitto, mettendone a dura prova il mantenimento. Inoltre, si andava configurando certamente come un duro colpo per la sua Presidenza e per la loro personale amicizia e fiducia.

Dopo esser stato rassicurato che non si sarebbe vincolato alle concessioni fatte in caso di fallimento dei negoziati, Sadat decise di rimanere. Inoltre accettò di scambiare gli ambasciatori con Israele entro nove mesi dalla firma del Trattato di Pace, e dialogò nuovamente con Carter sul ritiro dal Sinai e dagli altri fronti. Venne fatta pressione su Begin e la sua delegazione, ad abbandonare gli insediamenti sul monte del Sinai in virtù di un accordo con Washington per la compensazione della perdita dei campi d’aviazione israeliani sul Sinai97.

L'impasse si risolse ricorrendo alla formulazione e suddivisione dei negoziati in due documenti: una avrebbe dovuto velocizzare il trattato di pace tra Israele e Giordania e l’altra la discussione tra Israele e gli Arabi Palestinesi sullo status della Cisgiordania e la Striscia di Gaza. Il contesto della Risoluzione 242 delle Nazioni Unite sarebbe stato de facto applicato soltanto al primo documento. Begin accettò il ritiro dei coloni dal Sinai come soluzione alle altre questioni ad esso legate.

Il 17 settembre, l’ultimo giorno dei colloqui Carter riportò a Sadat l’esito profittevole della discussione con Begin. Riguardo lo status di Gerusalemme l’unico problema ancora da risolvere., Dato che le due parti erano irriconciliabili su questo punto, Carter propose che avrebbe dovuto ometterlo nel trattato finale, e Sadat accettò.

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