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Influenza di artrocentesi ripetute sulla composizione del liquido sinoviale in cavalli sani

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Academic year: 2021

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(1)

DIPARTIMENTO DI SCIENZE VETERINARIE

C

ORSO DI

L

AUREA

M

AGISTRALE IN

M

EDICINA

V

ETERINARIA

Influenza di artrocentesi ripetute sulla citologia del

liquido sinoviale in cavalli sani

Candidato: Relatore:

Claudia Gallo Dr Micaela Sgorbini

Correlatore:

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INDICE

PARTE GENERALE

Capitolo 1: Artrocentesi ... 5

1.1 Quando effettuare l’artrocentesi ... 6

1.2 Come effettuare l’artrocentesi ... 7

1.3 Complicanze dell’artrocentesi ... 10

Capitolo 2: Liquido sinoviale ... 12

2.1 Il liquido sinoviale ... 12

2.2 Preparazione dei vetrini ... 18

2.3 Analisi del liquido sinoviale... 22

2.4 Utilizzo dell’enzima ialuroidasi sul liquido sinoviale per aumentare l’attendibilità della conta cellulare ... 26

Capitolo 3: Alterazioni della composizione del liquido sinoviale in seguito a ripetute artrocentesi ... 28

3.1 Stato dell’arte delle modificazioni indotte da ripetuti accessi articolari sul liquido sinoviale nelle varie specie animali ... 28

PARTE SPERIMENTALE Capitolo 4 ... 37 4.1 Materiali e metodi ... 38 4.2 Analisi statistica ... 42 4.3 Risultati ... 43 4.4 Discussioni e conclusioni ... 45 BIBLIOGRAFIA ... 48

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RIASSUNTO

Introduzione. L’artrocentesi è una pratica comunemente usata per la diagnosi e la terapia di molte patologie articolari. Essendo una tecnica mininvasiva, un suo impiego frequente potrebbe stimolare un processo infiammatorio tale da rendere difficoltosa la discriminazione tra un problema pregresso e uno iatrogeno. Il nostro studio è stato, quindi, effettuato con lo scopo di valutare le alterazioni nella composizione del liquido sinoviale in seguito a prelievi articolari seriali.

Materiali e metodi. Un gruppo di 4 cavalle è stato sottoposto ad artrocentesi ripetute durante un periodo di osservazione di 60 giorni. In particolare i prelievi sono stati fatti dall’articolazione intercarpica (IC) destra a T0, T2, T7 e poi con cadenza settimanale fino a T28, e dall’articolazione IC sinistra a T0, T10, T20 e poi a T60 per entrambe. I campioni sono successivamente stati processati per la valutazione delle PT, della conta cellulare totale e della conta differenziale.

Risultati. Dai risultati è emerso che la conta cellulare totale non ha subito variazioni nel corso del tempo così come la conta percentuale di linfociti, eosinofili e neutrofili. Sono risultati, invece, variati nel tempo, la conta percentuale dei monociti e la concentrazione delle proteine totali. Infatti entrambi sono inizialmente diminuiti fino a T14 (IC destra) e T10 (IC sinistra) per poi tornare a una situazione simile a quella di partenza al T60.

Conclusioni. Il nostro lavoro ha permesso di dedurre che artrocentesi ripetute non determinano modificazioni della composizione fisica e cellulare nel liquido sinoviale, tali da risultare un ostacolo all’interpretazione corretta dei test diagnostici.

Parole chiave – Cavallo, artrocentesi, conta totale, conta differenziale. SUMMARY

Introduction. Arthrocentesis is a common practice used for the diagnosis and therapy of many articular pathologies. The aim of the present work was to evaluate the influence of repeated arthrocentesis on synovial fluid composition in healthy horses.

Procedure. Four horses not affected by muscoloskeletal doseases were submitted to repeated arthrocentesis during a 60 days observation period. The samples were taken from both the intercarpal (IC) joints. In particular, the right IC joint was sampled before arthrocentesis performed at 2, 7 days, and then every week for 3 times, while the left IC jojnt was sampled before and after arthrocentesis performed every 10 days for two times. An arthrocentesis was also performed on both IC joints after 60 days after the beginning of the experimental protocol to verify the follow-up. The synovial fluid samples were processed for the evaluation of the total proteins, total WBC count and differential cell count.

Results. The total WBC count did not change over time as well as the percentage of lymphocytes, eosinophils and neutrophils, while a variation over time was observed for monocytes total protein concentration..

Conclusions. Our study shows no consistent alteration of the synovial fluid composition that might cause a wrong diagnosis of joint disesases. .

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CAPITOLO 1

Artrocentesi

1 Introduzione

“Puntura del cavo articolare praticata per asportare il materiale liquido ivi contenuto.” (Treccani.it, 2010)

L’artrocentesi è una pratica medica moderatamente invasiva che permette di accedere alle articolazioni a scopo diagnostico/terapeutico.

Dal punto di vista diagnostico tramite questa tecnica è possibile prelevare il liquido sinoviale per effettuarne una valutazione fisica e citologica ed evidenziare eventuali condizioni patologiche dell’articolazione. Allo stesso modo si possono iniettare mezzi di contrasto per la diagnosi radiografica dello stato articolare mediante artrografia.

Il fine terapeutico è invece garantito dall’introduzione in articolazione di sostanze medicamentose, generalmente rappresentate da corticosteroidi e antinfiammatori non steroidei (FANS), in associazione o meno ad acido ialuronico. Inoltre tramite il prelievo del liquido sinoviale si può ottenere la decompressione di articolazioni distese e la rimozione di fibrina e essudati tramite lavaggio (Lipowitz, 1985).

Il prelievo del liquido sinoviale è consigliabile ogni qual volta si sospetta uno stato di sofferenza articolare la cui diagnosi non risulta immediata. Non ci sono infatti importanti controindicazioni nell’effettuare tale pratica, la quale “una volta osservate le adeguate precauzioni, risulta sicura, relativamente poco dolorosa, economica e estremamente benefica per il paziente” (Samuelson et al., 1985).

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1.1 Quando effettuare l’artrocentesi

Il prelievo articolare, seguito dall’analisi del liquido sinoviale, sembra essere il test più accurato da eseguire per la corretta diagnosi di molte patologie ortopediche (Mackie, 1987). Nello specifico le indicazioni per effettuare la raccolta e la valutazione quali-quantitativa del liquido sinoviale sono rappresentate da versamenti e tumefazioni articolari, zoppie croniche o periodiche, movimenti rigidi o alterati degli arti associati a febbre e deformità articolari accompagnate da zoppia (Lipowitz, 1985).

Nel cavallo come nel cane e nell’uomo questa pratica si è rivelata utile per la diagnosi di patologie di natura infettiva, traumatica, immuno-mediata, neoplastica e degenerativa e nel loro trattamento tramite l’inoculazione di sostanze medicamentose.

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1.2 Come effettuare l’artrocentesi

L’accesso in articolazione dovrebbe essere effettuato in modo sterile, dopo tricotomia e disinfezione della cute, in modo da evitare l’insorgenza di infezioni articolari iatrogene e la contaminazione batterica del campione di liquido sinoviale (Lipowitz, 1985; Mackie 1987).

1.2.1 Strumenti

Secondo quanto riportato in letteratura (Rose et Frauenfelder, 1982), per eseguire una corretta artrocentesi nel cavallo, sono necessari aghi ipodermici da 19-20 Gauge il cui diametro può comunque variare in base all’articolazione da sottoporre a prelievo. Ciò è ancor più vero nei piccoli animali in cui le dimensioni degli aghi cambiano non solo in base al tipo di articolazione, ma anche a seconda della razza e della taglia del paziente, passando da aghi di 18 ad aghi di 22 G per le articolazioni più piccole come il carpo e il tarso.

Le siringhe solitamente utilizzate per l’artrocentesi sono siringhe sterili monouso a capacità limitata (2,5-10 ml), per via della ridotta quantità di liquido prelevabile dalla maggior parte delle articolazioni. In questo modo infatti si riduce la perdita del liquido che aderisce alle pareti della siringa e al contempo si garantisce la formazione della pressione negativa necessaria ad un’adeguata raccolta del campione (Lipowitz, 1985).

Quest’ultimo dopo il prelievo può essere conservato in una provetta sterile contenente acido etilendiamminotetraacetico (EDTA), per un tempo non superiore a 48 ore, in ambiente refrigerato. Questo tipo di anticoagulante conserva l’integrità delle cellule, ma interferisce con l’identificazione di cristalli in sede articolare; per questo motivo, nel caso l’indagine sia mirata alla ricerca dei cristalli, bisogna raccogliere il campione in provette senza anticoagulante o contenenti litio eparina (Mackie, 1987).

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1.2.2 Tecnica

Prima di procedere al prelievo del liquido sinoviale è importante un’accurata preparazione e disinfezione della zona per evitare la contaminazione batterica del campione e soprattutto l’insorgenza di infezioni iatrogene. La principale complicanza di un’artrocentesi effettuata male è infatti la manifestazione di un’artrite settica. Per non incorrere in questo rilevante problema è quindi necessario procedere alla tricotomia dell’area interessata in modo da aver un buon margine di sicurezza; questa deve poi essere disinfettata con l’utilizzo di soluzioni apposite. Generalmente si preferiscono saponi a base di sostanze iodofore (iodopovidone 10%) o clorexidina gluconato che vengono applicate con andamento centrifugo alternandole all’applicazione di alcool denaturato sempre con la stessa metodica. Dopo aver effettuato almeno tre dei suddetti passaggi si può procedere con la raccolta del campione. La posizione dell’animale e la tecnica vera e propria variano in base all’articolazione in esame.  Articolazione del carpo. È costituita da tre piani articolari: uno prossimale tra l’estremità distale del radio e la prima fila di ossa carpali (articolazione

radio-carpica); uno centrale tra la fila prossimale e quella distale delle ossa carpali

(articolazione intercarpica) e un piano distale tra la seconda fila di ossa carpali e la porzione prossimale del metacarpo (articolazione carpo-metacarpica). Di queste articolazioni l’intercarpica e la carpo-metacarpica comunicano tra loro mentre la radio-carpica è indipendente (Baxter, 2011).

L’articolazione prossimale o antibrachio-carpica (radio-carpica) è una delle più frequenti sedi di artrocentesi mentre l’intercarpica e la carpo-metacarpica vengono prelevate più raramente.

L’artrocentesi del carpo può essere effettuata tramite un approccio dorsale e un approccio laterale(Moyer et al.,2007).

L’approccio dorsale prevede che il ginocchio dell’animale venga flesso in modo da poter individuare i recessi articolari che costituiscono i punti d’accesso all’articolazione. Per entrambe le articolazioni, radio-carpica ed inter-carpica, si evidenziano due recessi, lateralmente e medialmente al tendine del muscolo

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estensore radiale del carpo. Se si effettua il prelievo nel recesso laterale bisogna stare attenti a non perforare il tendine del muscolo estensore comune delle falangi (Dominguez et al., 2002). Il recesso dell’articolazione radio-carpica si localizza tra la faccia mediale dell’estremità distale del radio e l’estremità prossimale dell’osso radiale del carpo.

Il recesso dell’articolazione intercarpica invece è evidenziabile tra l’estremità distale dell’osso radiale del carpo e la faccia mediale dell’estremità prossimale del terzo osso carpale.

L’approccio laterale è preferito da alcuni a quello dorsale perché, non dovendo flettere il ginocchio dell’animale, si riduce il rischio di danneggiare la cartilagine articolare con l’ago. Inoltre questo approccio risulta più semplice se l’articolazione è distesa da un’effusione.

L’animale è in stazione quadrupedale e si individua il recesso dell’articolazione radio-carpica palpando i tendini del muscolo estensore ulnare laterale e del muscolo estensore laterale delle falangi, sulla faccia palmaro-laterale del carpo. In questo modo infatti si può apprezzare una depressione sottolineata dalla convergenza distale dei suddetti tendini a formare una “V”. Se si scorre con le dita distalmente di circa un pollice si riesce ad individuare anche il recesso articolare dell’articolazione intercarpica (Moyer et al., 2007).

A questo punto, per entrambe le tecniche, si inserisce l’ago perpendicolarmente alla depressione cercando di accompagnarlo con un movimento rotatorio per facilitarne l’ingresso e si controlla che fuoriesca una goccia di liquido sinoviale prima di aspirare. Quando si è sicuri di essere in articolazione si aspirano 1-2 ml di liquido e, una volta ottenuta la quantità di liquido desiderata, l’ago e la siringa devono essere ritirati dall’articolazione assicurandosi che lo stantuffo della siringa venga rilasciato. In questo modo la pressione negativa si interrompe prima di uscire dalla cavità articolare evitando la contaminazione indesiderata

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1.3 Complicanze dell’artrocentesi

Le potenziali complicanze di un prelievo o di un’iniezione articolare mal effettuata possono essere di natura traumatica ed infettiva. Questi problemi dovrebbero essere risolti tempestivamente poiché tendono ad aggravarsi rapidamente causando danni irreversibili.

1.3.1 Traumi

Raramente può verificarsi la rottura dell’ago all’interno dell’articolazione in sede di prelievo. Questa evenienza è poco frequente e può facilmente essere evitata contenendo il cavallo in modo adeguato e utilizzando aghi monouso flessibili. Per alcune articolazioni particolarmente a rischio, come ad esempio l’anca, la spalla e la grassella, è consigliabile l’uso di aghi spinali, i quali hanno una flessibilità maggiore e tendono più facilmente a piegarsi piuttosto che a rompersi. Nel caso in cui l’ago non si pieghi facilmente è meglio estrarlo delicatamente seguendo la direzione dello stesso in modo da evitare di spezzarlo; infatti nonostante gli aghi si rompano più frequentemente a livello cutaneo, risulta sempre complicato estrarre la punta dall’articolazione. In questi casi l’artroscopia effettuata in anestesia generale permette un’esplorazione e una manipolazione maggiore. Si può inoltre ricorrere alla diagnostica per immagini (radiografia, ecografia e fluoroscopia) per individuare l’esatta localizzazione dell’ago. Dopo aver rimosso la porzione di ago rotta l’articolazione dovrebbe essere accuratamente lavata con una soluzione sterile antibiotata in quanto, a questo punto, l’ambiente va considerato contaminato (Moyer et al., 2007).

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1.3.2 Reazioni post-iniezione

Nell’ambito di una risposta infiammatoria derivante da un prelievo/iniezione articolare risulta piuttosto difficile distinguere tra una reazione avversa ad un farmaco e un problema dovuto alla contaminazione batterica dell’articolazione. In entrambi i casi infatti i segni clinici iniziali sono simili e comprendono calore, tumefazione, dolore e zoppia così come sono simili i tempi di comparsa di questi. Anche i risultati dell’analisi citologica del liquido sinoviale spesso non permettono di differenziare tra le suddette condizioni, soprattutto se a questa non è associato un esame batteriologico (Moyer et al., 2007).

Diversi studi riportati in bibliografia hanno però dimostrato una più elevata correlazione tra l’insorgenza di un’artrite settica post-artrocentesi e un’inadeguata preparazione chirurgica dell’area in cui effettuare il prelievo. Come si evince dallo studio di Lapointe et al., datato 1992, infatti, tutti i batteri isolati dalle articolazioni di cavalli affetti da artrite settica dopo una puntura articolare, erano cocchi Gram-positivi ed in particolare l’86% di questi erano Stafilococchi che, come è noto, rappresentano i principali contaminanti ambientali. Nello stesso studio viene quindi suggerito che “gli antibiotici utilizzati all’inizio del trattamento dovrebbero essere attivi contro gli stafilococchi penicillino-resistenti”.

Nel 2013 uno studio di Steel et al. ha messo in evidenza come il rischio di artrite settica post-infiltrazione nel cavallo sia molto più elevato che nell’uomo, ponendo come principali fattori di rischio il tipo di farmaco iniettato in articolazione e l’esperienza del veterinario che effettua tale pratica.

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CAPITOLO 2

Valutazione del liquido articolare

2 Introduzione

Le patologie ortopediche rappresentano la maggioranza dei rilievi nella pratica clinica equina; molte di queste, soprattutto se associate a zoppia, coinvolgono le articolazioni, per cui l’analisi del liquido sinoviale rappresenta spesso uno step imprescindibile del processo diagnostico.

2.1 Il liquido sinoviale

Il liquido sinoviale di un’articolazione sana è un dializzato del plasma modificato dalla secrezione di acido ialuronico, glicoproteine, e altre macromolecole (Mahaffey, 2002).

Quasi tutte le proteine presenti nel liquido sinoviale derivano dal plasma. Il passaggio di queste dal comparto ematico a quello articolare è correlato comunque alla grandezza e alla configurazione delle molecole in quanto, solo quelle con peso inferiore a 100.000 dalton passano dal plasma alla sinovia. Le proteine della coagulazione non si ritrovano nel liquido sinoviale normale mentre possono essere presenti quelle della fibrinolisi in quantità variabile.

Inoltre nel liquido articolare dell’uomo e degli animali domestici sono stati evidenziati diversi enzimi quali la fosfatasi alcalina, la fosfatasi acida, la lattato deidrogenasi. Questi possono entrare nel liquido sinoviale direttamente dal plasma, essere prodotti localmente dalla membrana sinoviale, oppure essere rilasciati dai macrofagi del liquido stesso.

Il range di pH fisiologico è compreso tra 7 e 7.8. Lavori sperimentali sul cane hanno mostrato che il pH si abbassa durante l’esercizio fisico e torna a valori normali con il riposo (Lipowitz, 1985).

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Si ritiene che il liquido sinoviale abbia due funzioni principali: contribuire alla nutrizione della cartilagine articolare agendo come mezzo di trasporto per le sostanze nutritive (primo tra tutti il glucosio) e favorire la funzione meccanica articolare lubrificando le facce articolari.

Le cartilagini articolari non hanno vascolarizzazione, innervazione o approvvigionamento linfatico. Pertanto il glucosio, utilizzato come fonte di energia per i condrociti della cartilagine articolare, è trasportato dalla vascolarizzazione peri-articolare alla cartilagine, tramite il liquido sinoviale (Lipowitz, 1985).

La lubrificazione dell’articolazione pare sia dovuta alle glicoproteine presenti nel fluido in maniera maggiore rispetto all’acido ialuronico che comunque contribuisce a diminuire la frizione tra le cartilagini articolari a contatto. Quest’ultimo si pensa sia prodotto da un particolare tipo di cellule sinoviali. Infatti sono stati identificati due tipi di cellule nella guaina sinoviale; queste sono state designate come tipo A e tipo B. Le cellule di tipo A sono cellule molto numerose ad azione fagocitaria. Le cellule di tipo B sono invece deputate proprio alla secrezione di acido ialuronico.

Il volume di liquido normalmente presente in cavità dipende ovviamente dall’articolazione, dalla specie e dalla taglia dell’animale. Generalmente la capacità di raccogliere il liquido sinoviale in quantità sufficiente (almeno 1 ml) per l’esecuzione di test non rappresenta un problema nel cavallo, al contrario di quanto avviene per il cane e il gatto. Si ritiene infatti che il volume di liquido sinoviale aspirabile dall’articolazione femoro-tibio-rotulea di un cane di taglia grande sia all’incirca di 0,2-0.5 ml.

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2.1.1 Caratteristiche fisiche

Il liquido sinoviale normale equino è di colore giallo chiaro, limpido, senza materiale particolato in sospensione e viscoso. La viscosità deriva dalla presenza di acido ialuronico (mucina) e può essere apprezzata poggiando una goccia di liquido sinoviale tra il pollice e l’indice, separando delicatamente le dita e osservando il filo di liquido che si forma tra di esse. Il liquido sinoviale con viscosità normale forma un filamento di almeno 2.5 cm prima di rompersi (Mahaffey, 2002). Potrebbero essere anche effettuate misurazioni quantitative di questa caratteristica mediante l’uso di un viscosimetro, ma tale valutazione non si esegue di routine (Lipowitz, 1985).

Un’altra importante caratteristica fisiologica del liquido sinoviale è il tissotropismo, fenomeno per cui un sistema colloidale può passare dallo stato di sol a quello di gel quando da un’agitazione meccanica si arriva ad una situazione di quiete e viceversa.

2.1.2 Composizione cellulare

Una delle principali differenze interspecifiche del liquido sinoviale si ritrova nelle conte cellulari che variano ampiamente tra gli animali non solo in base alla specie, ma all’interno di questa anche a seconda dell’articolazione presa in esame. Tra i primi studi che hanno messo in relazione tali caratteristiche emerge quello di Davies datato 1945 nel quale viene confrontata la composizione cellulare del liquido articolare di un gran numero di vacche e pecore con quella di un numero ridotto di cavalli. In particolare le articolazioni studiate sono state l’atlanto-occipitale, l’atlanto-epistrofea, la temporo-mandibolare, la costo-vertebrale, la femoro-tibio-rotulea, l’astragalo-tibiale, l’omero-radio-ulnare e la radio-carpica. I risultati hanno evidenziato, per quanto riguarda i bovini, valori medi che variano dalle 194 alle 1338 cellule/mL a seconda dell’articolazione interessata; nelle pecore la media si aggirava tra le 158 e le 1110 cellule/mL, mentre nel cavallo la media era di 192-980 cellule/mL. Nello specifico dallo studio è emerso che esistono variazioni significative tra le conte cellulari di articolazioni dello scheletro assile e quelle dello scheletro appendicolare

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(soprattutto in vacche e pecore) e queste variazioni sono correlate alla frequenza, all’estensione e alla scorrevolezza del movimento che l’articolazione effettua. Per quanto riguarda i piccoli animali sono riportati in bibliografia per il cane range compresi tra le 0 e le 3000 cellule/µL (Lipowitz, 1985) mentre per il gatto si parla di 91 WBC/µL in media (Pacchiana et al., 2004).

Nell’uomo il range di tali valori è molto più ampio, potendo osservare conte cellulari di 20000 così come di 200000 cellule/µL (Mackie, 1987).

Infine nel cavallo, anche se sono state riportate conte superiori alle 2000 cellule/µL nel liquido sinoviale prelevato dall’articolazione temporo-mandibolare di animali clinicamente sani, i campioni di liquido raccolti a livello degli arti negli stessi animali, generalmente contengono meno di 500 cellule nucleate/µL (Duncan et al., 1994).

• Eritrociti: il liquido articolare fisiologicamente non presenta eritrociti se non in quantità molto ridotta; sono infatti riportati in letteratura (Van Pelt, 1967), per quanto riguarda l’articolazione del tarso, range di 0-16500 cellule/mL. Generalmente la loro presenza deriva da una contaminazione da parte del sangue periferico al momento del prelievo. Si possono anche ritrovare in corso di alcune patologie sotto forma di xantocromia (emorragia articolare precedente al prelievo) ma un attento esame fisico permette comunque di differenziare i due casi. Infatti, il sangue derivante dalla contaminazione si evidenzia nel liquido sinoviale come una sottile stria di colore rosso vivo che compare improvvisamente nella siringa. Al contrario, in caso di emartro il liquido prelevato sarà diffusamente e omogeneamente di color arancio più o meno scuro a seconda del grado di emorragia presente.

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• Conta differenziale: la maggior parte delle cellule nucleate riscontrate fisiologicamente nel liquido sinoviale è rappresentata da linfociti B e T e da grandi cellule mononucleate quali monociti/macrofagi e alcune cellule di rivestimento della sinovia classificate come “clasmatociti”. Gruppi intatti di queste cellule sono occasionalmente aspirati durante il prelievo (Mahaffey 2002).

I macrofagi sono generalmente in numero maggiore, sebbene le proporzioni di macrofagi e linfociti variano tra un’articolazione e l’altra (Mahaffey, 2002). Alcuni di questi hanno un citoplasma di colore blu relativamente scuro con pochi o nessun vacuolo. Altri, spesso i più grandi, hanno numerosi vacuoli citoplasmatici di colore chiaro che talvolta rappresentano artefatti causati dal ritardo nella processazione del campione dopo la raccolta. Altre volte i macrofagi possono presentare granuli citoplasmatici metacromatici (Mahaffey, 2002).

Si pensa che la funzione principale delle cellule mononucleate nel liquido sinoviale sia di rimuovere i detriti che si formano normalmente nell’articolazione in seguito al turn-over continuo a cui sono sottoposte le cellule e la matrice extracellulare (Fernandes, 2008).

Per quanto riguarda i polimorfonucleati è stata stabilita un’utile linea guida secondo la quale la proporzione di neutrofili nel liquido sinoviale normale non dovrebbe superare il 10 % dei WBC, con la possibile eccezione di alcuni campioni con conte cellulari totali molto basse o con una marcata contaminazione sanguigna.

Gli eosinofili si rilevano raramente e comunque in percentuali <1% delle cellule totali (Mahaffey, 2002).

Studi in umana (Ward e Steigbigel, 1978) hanno evidenziato una correlazione diretta tra la leucocitosi del liquido sinoviale e il suo pH, tale che in pazienti con diverse forme di artrite acuta e cronica all’aumento dei globuli bianchi nel liquido sinoviale corrispondeva una riduzione del valore del pH.

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Tutte queste cellule generalmente sono riscontrabili, nei preparati citologici, su uno sfondo di colore rosa finemente granulato rappresentato dal materiale proteico (mucina) che caratterizza il liquido sinoviale.

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2.2 Preparazione dei vetrini (Tyler et al., 2002)

I vetrini per l’esame citologico dovrebbero essere preparati subito dopo la raccolta direttamente dal liquido fresco ben omogeneizzato o dal sedimento post-centrifugazione, usando le tecniche dello striscio di sangue o dell’apposizione. E’ possibile anche approntare un vetrino utilizzando una citocentrifuga, in questo caso le cellule saranno concentrate al centro del vetrino e, poiché la cellularità del liquido sinoviale normale è scarsa, il preparato citologico sarà più facilmente leggibile ed interpretabile.

La cellularità, la viscosità e l’omogeneità del fluido influenzano la scelta del tipo di tecnica.

La preparazione per apposizione spesso distribuisce i campioni viscosi o contenenti flocculi di materiale meglio rispetto alla tecnica dello striscio di sangue. Quest’ultima generalmente produce risultati migliori dal punto di vista della cellularità, nella preparazione di vetrini da campioni omogenei contenenti ≥5000 cellule/µL, mentre dà vita a preparati con cellularità insufficiente per campioni contenenti <5000 cellule/µL. La tecnica dello striscio lineare può essere utilizzata per concentrare fluidi con bassa cellularità, ma di solito non distriuisce in modo adeguato le cellule provenienti da campioni con alta cellularità. Pertanto, di solito i liquidi trasparenti richiedono una concentrazione, e in questo caso la centrifugazione è da preferire alla tecnica dello striscio lineare.

Per preparare un vetrino tramite la metodica dello striscio di sangue occorre porre una piccola goccia di liquido sinoviale su un vetrino a circa 1-1.5 cm dal bordo; con un altro vetrino, inclinato di 30-40 gradi, bisogna scorrere caudalmente fino a toccare la goccia e quando questa si spande lungo il lato corto del vetrino inclinato, si deve strisciare lo stesso velocemente e delicatamente in avanti, fino a quando il secondo vetrino ha scaricato tutto il liquido. Questo porta alla formazione di uno striscio con un bordo sfumato.

La concentrazione tramite centrifugazione prevede appunto la centrifuga del fluido per 5 minuti a 165-360 rpm. In seguito alla centrifugazione, bisogna

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sospeso nuovamente il sedimento in poche gocce di surnatante picchiettando delicatamente il lato della provetta, occorre poggiare una goccia del fluido su un vetrino per fare un preparato mediante striscio o apposizione (se possibile fare più vetrini con entrambe le tecniche).

Quando non è possibile concentrare il campione mediante centrifugazione o il campione centrifugato presenta comunque bassa cellularità, è preferibile usare la tecnica dello striscio lineare diretto. Posizionare quindi una goccia di fluido su un vetrino pulito utilizzando la tecnica dello striscio di sangue, sollevando però il vetrino inclinato di circa ¾ rispetto alla suddetta tecnica, in modo da ottenere una linea che contiene una maggiore concentrazione di cellule rispetto al resto del vetrino.

A volte però può capitare che una quantità eccessiva di fluido resti sulla linea evitando che le cellule si distribuiscano in modo corretto.

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2.2.1 Colorazione (Tyler et al., 2002)

Diversi tipi di colorazione sono utilizzati per i preparati citologici.

I due tipi più comunemente impiegati sono la colorazione tipo Romanowsky (colorazione di Wright, di Giemsa e Diff-Quick) e la colorazione Papanicolaou e derivate.

Colorazione di Romanowsky: questo tipo di colorazioni tinge gli organuli e il citoplasma delle cellule in modo perfetto ma non definisce molto bene i dettagli di nuclei e nucleoli.

I vetrini, per essere colorati con queste, devono prima essere fatti asciugare all’aria in modo da fissare parzialmente le cellule facendole aderire al vetrino, così che non cadano durante il processo successivo.

In commercio sono presenti diverse colorazioni tipo Romanowsky, comprese il Diff-Quick®, il DipStat® e altre colorazioni rapide di Wright.

Una limitazione per l’utilizzo del Diff-Quick® è che questa non permette la reazione metacromatica dei granuli dei mastociti che, quindi, non si colorano. Ciò può indurre a classificare erroneamente queste cellule come macrofagi, portando ad un’interpretazione errata del preparato citologico.

Blu di metilene: Anche il nuovo blu di metilene può essere utilizzato ottenendo preparati soddisfacenti, soprattutto se i vetrini vengono fatti asciugare all’aria.

Colorazione Gram: può essere utile per individuare i batteri gram-positivi in caso si sospetti un’infezione articolare. I batteri Gram + infatti trattengono il colorante basico (viola), poiché l'alcol non danneggia a sufficienza la spessa parete cellulare idrofila, che non permette al colorante idrofobo di uscire.

I Gram- appaiono invece di colore rosato perché l'alcol scioglie i lipidi della membrana esterna, danneggiando la sottile parete cellulare che non è più in grado di trattenere il complesso e questo li rende difficilmente visibili sul fondo che si presenta anch’esso di colore rosa per la presenza della mucina (Wikipedia, 2014; Tyler et al., 2002).

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Ogni colorazione solitamente ha il proprio protocollo di utilizzazione che dovrebbe essere seguito adattandolo allo spessore dello striscio che bisogna colorare. Gli strisci più sottili e con una concentrazione delle proteine totali più bassa richiedono tempi più brevi rispetto agli strisci più spessi e con una concentrazione maggiore di proteine totali (Mahaffey, 2002).

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2.3 Analisi del liquido sinoviale

“L’analisi del liquido sinoviale inizia letteralmente nel momento in cui il liquido viene prelevato.” (Lipowitz, 1985)

2.3.1 Aspetto (Rakich e Kenneth, 2011)

Come suggerito precedentemente è molto importante valutare l’aspetto del liquido già al momento della raccolta per interpretare eventuali alterazioni di colore, torbidità e viscosità.

Il primo può modificarsi come conseguenza della presenza di sangue di natura patologica (emorragie) o dovuta ad errori al momento dell’artrocentesi.

La torbidità, essendo determinata dalla presenza di cellule, fibrina e altri detriti, generalmente aumenta in corso di fenomeni flogistici articolari, al contrario della viscosità che invece in questi casi diminuisce.

Per la valutazione di quest’ultima il più delle volte si ricorre al test di aggregazione della mucina, che fornisce un indice semi quantitativo del grado di polimerizzazione dell’acido ialuronico nel liquido sinoviale (Mahaffey, 2002). Per effettuare tale test il campione non dovrebbe essere raccolto in provette contenenti EDTA ma in provette con eparina o senza anticoagulante. Si mescola circa 1 parte di surnatante derivante dalla centrifugazione del liquido, con 4 parti di acido ghiacciato al 2.5%. L’acido causa la precipitazione o l’aggregazione della mucina contenuta nel liquido sinoviale. Dopo questa operazione si osservano gli aggregati di mucina che verranno classificati sulla base di uno schema di valutazione soggettivo su 4 livelli:

• Buono se si forma un unico coagulo compatto in una soluzione trasparente. • Discreto se si forma un aggregato soffice e unico in una soluzione leggermente torbida.

• Scarso se si forma un aggregato friabile che si rompe se si agita leggermente la provetta. Il liquido in cui si trova tale coagulo è nebuloso.

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• Molto scarso se nella provetta sono presenti solo macchie di mucina precipitata in una soluzione nebulosa.

Nelle patologie articolari immuno-mediate, si ritrovano più comunemente aggregati “discreti” o “scarsi”, mentre gli aggregati definiti “buoni” sono più facilmente riscontrabili nelle patologie di tipo degenerativo.

Coaguli “discreti” possono essere rinvenuti in alcuni artriti settiche in cui i batteri che le causano hanno la capacità di produrre ialuronidasi (Lipowitz, 1985).

2.3.2 Proteine totali (PT)

Le proteine plasmatiche che si ritrovano nel liquido sinoviale possono derivare dal plasma stesso, in base alla capacità filtrante della membrana sinoviale (non passano le proteine con peso molecolare >100.000 dalton), o essere secrete dalle cellule sinoviali direttamente nel liquido.

I valori riportati in letteratura riguardo la concentrazione delle PT nel liquido sinoviale di cavalli sani variano ampiamente. Secondo uno studio del 1974 (Van Pelt et al.) l’intervallo di riferimento sarebbe compreso tra 0,92 e 3,11 g/dL. In questo studio la concentrazione delle PT è stata dosata con la metodica al biureto, la quale prevede il riscaldamento del campione con conseguente condensazione di due molecole di urea che vanno a formare un composto detto biureto. Questo viene poi posto in una soluzione alcalina contenente ioni rameici, portando alla formazione di un complesso di colore violetto (reazione del biureto). L'intensità del colore sviluppato è proporzionale al numero di legami peptidici interessati nella reazione ed è quindi utilizzabile come metodo particolarmente rapido e

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gel di poliacrilammide con sodio dodecilsolfato (tecnica SDS-PAGE). Dopo aver immerso il gel nel colorante, si eluisce il colore in eccesso con un solvente (destaining), in modo da consentire la visualizzazione di bande, corrispondenti alle proteine, che hanno compiuto la corsa elettroforetica. Il gel normalmente contiene una serie di marker di peso molecolare noto, per la stima del peso della proteina sconosciuta oggetto dell'analisi (Wikipedia, 2014).

Un buon parametro di riferimento comunque considera i valori di PT >4 g/dL (Bertone e Cohen, 2011) indicativi di uno stato infettivo, soprattutto se associati a leucocitosi neutrofila e a segni clinici compatibili con artrite settica.

Per determinare la concentrazione delle PT nel liquido sinoviale si può ricorrere anche all’uso del refrattometro, tecnica di misurazione piuttosto controversa tra i vari autori (Davies, 1945; Tew, 1983) a causa della scarsa oggettività nell’interpretazione dei risultati.

2.3.3 Esame citologico

L’esame citologico del liquido sinoviale è simile a quello del sangue periferico per cui vengono effettuate una conta totale dei leucociti e degli eritrociti, ed una conta differenziale dei globuli bianchi. A tale scopo possono essere utilizzati emocitometri, per la conta manuale, oppure conta cellule elettronici, per la conta automatica. È stato osservato che queste due tecniche forniscono risultati simili per quanto riguarda il liquido sinoviale del cane (Atilola et al., 1986).

Avendo il liquido articolare del cavallo un numero minore di cellule nucleate rispetto alla conta nel cane e nel gatto, la validità della conta automatica su alcuni campioni equini è controversa (Mahaffey, 2002). Infatti, nel caso in cui la cellularità del liquido sinoviale fosse molto bassa (<500 cellule/µL), alla conta cellulare automatica andrebbe sempre affiancata una conta manuale, caricando la camera emocitometrica (di Burker) con liquido sinoviale non diluito. Il numero di cellule nucleate nei 4 quadrati principali agli angoli dovrebbe essere contato e poi moltiplicato per 2,5 per ottenere il numero di cellule per microlitro.

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al posto dell’acido acetico comunemente usato per i campioni di sangue. Questo infatti, a contatto con il liquido sinoviale, causa la precipitazione della mucina, alterando così la conta cellulare (Atilola et al., 1986).

Generalmente si impiega una pipetta standard da globuli bianchi che viene riempita fino allo 0,5 con liquido sinoviale e poi fino al segno 11 con soluzione fisiologica. Dopo la diluizione il liquido sinoviale va mischiato e le prime gocce scartate, caricando il restante in una camera emocitometrica per poter successivamente effettuare la conta (Mahaffey, 2002).

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2.4 Utilizzo dell’enzima ialuronidasi sul liquido sinoviale per aumentare l’attendibilità della conta cellulare

Una possibile difficoltà tecnica dell’esame citologico è rappresentata dal fatto che le conte cellulari di liquido sinoviale ad alta cellularità diluito potrebbero risultare falsamente basse, poiché il liquido sinoviale viscoso non si mescola bene con il diluente all’interno della pipetta. È riportato che un pretrattamento con ialuronidasi di questi campioni causa un aumento apparente di più del doppio nella conta cellulare (Palmer, 1968).

Secondo alcuni autori (Ekmann et al., 2009), il liquido sinoviale di cavallo ad alta viscosità potrebbe causare un flusso irregolare di cellule attraverso il contatore automatico, portando così ad errori nel calcolo della NCC (Nucleated

Cells Count). Basandosi su studi effettuati in medicina umana (Moreno et al.,

2000), l’autrice ha voluto paragonare i risultati delle ANCC (Automatic

Nucleated Cell Count) e delle ADCC (Automted Differential Cell Count) con

quelli delle conte manuali su campioni di liquido sinoviale precedentemente trattati e non con ialuronidasi.

Nel lavoro di Moreno et al. (2000) è riportato che il pretrattamento del liquido sinoviale con l’enzima ialuronidasi, diminuendo la viscosità del liquido sinoviale, favorisce l’aumento della coerenza e accuratezza della conta cellulare differenziale.

Secondo i risultati dello studio di Ekmann e collaboratori (2009), non esistono differenze sostanziali tra la conta manuale e quella automatica e l’aggiunta di ialuronidasi ai campioni di liquido sinoviale prima della conta è necessaria per ridurre al minimo i margini di errore. Inoltre dalle analisi è risultato che le conte cellulari differenziali automatiche non sono accurate per il liquido sinoviale.

Nel 2012 il pretrattamento del liquido sinoviale è stato utilizzato da Jayadev e collaboratori al fine di scoprire se si potesse aumentare la precisione dell’analisi per la ricerca di biomarker utilizzando piattaforme di immuno-dosaggio. I campioni, prelevati da pazienti umani affetti da osteoartrite del ginocchio, sono stati esaminati tal quali e dopo 2-4 diluizioni per valutare gli eventuali cambiamenti derivanti dall’impiego di diverse piattaforme di immuno-dosaggio. I risultati hanno tutti confermato che il trattamento del liquido sinoviale con

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ialuronidasi migliora la precisione delle analisi di immuno-dosaggio. Per questo motivo esso dovrebbe sempre essere effettuato prima di analizzare il liquido sinoviale per la ricerca di marker di infiammazione.

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CAPITOLO 3

Alterazioni della composizione del liquido sinoviale in seguito a

ripetute artrocentesi

3 Introduzione

La necessità di effettuare artrocentesi ripetute a scopo diagnostico, terapeutico e/o prognostico in corso di patologie articolari, risulta un argomento ampiamente dibattuto a causa delle diverse complicanze che la tecnica può determinare.

In letteratura sono riportati svariati studi che evidenziano le alterazioni che ripetute artrocentesi possono determinare sulla composizione del liquido articolare nelle diverse specie (White et al.,1989; Van den Boom et al., 2004, 2005; Dykgraaf et al., 2007; Francoz et al., 2007; Berg et al., 2009; Sanchez Teran et al., 2012).

3.1 Stato dell’arte delle modificazioni indotte da ripetuti accessi articolari sul liquido sinoviale nelle varie specie animali

3.1.1 Cavallo

Il primo studio riportato in letteratura (White et al., 1989) relativamente a questo tema, ha avuto lo scopo di indagare gli effetti di artrocentesi ripetute, associate all’infiltrazione di lidocaina o mepivacaina, sulla composizione del liquido sinoviale prelevato dall’articolazione inter-carpica di cavalli sani. I campioni sono stati prelevati all’inizio dello studio e 12, 24 e 48 ore post-trattamento, per poi essere processati e sottoposti a conta cellulare totale e differenziale. Gli autori hanno descritto un aumento della cellularità più marcato in seguito alla somministrazione dei due anestetici rispetto a quello che si è verificato in seguito alle artrocentesi ripetute. Non si sono invece dimostrate significative le alterazioni riscontrate nel mucin clot test, nel contenuto di acido ialuronico, nella viscosità del liquido e nella concentrazione delle PT e delle IgG. Dai risultati, quindi, è stato dedotto che accessi articolari ripetuti hanno avuto un netto effetto

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sulla composizione del liquido sinoviale, ma le alterazioni sembravano comunque decrescere con il ripetersi delle artrocentesi.

Diversi anni dopo, la pubblicazione di Van den Boom e collaboratori del 2004 ha approfondito i cambiamenti nei livelli di metalloproteinasi di matrice (MMPs) e l’attivita del Tumor Necrosis Factor α (TNF-α) nelle articolazioni di cavalli sani sottoposti ad artrocentesi ripetute e ad esercizio fisico. La decisione di intraprendere questo studio è derivata dal fatto che sia le MMPs che il TNF-α possono essere utilizzati come biomarker di patologie e flogosi articolari. Quindi un cambiamento della loro concentrazione nel liquido sinoviale, anche in caso di prelievi articolari ripetuti, dovrebbe essere tenuto in considerazione al fine di svelare un processo infiammatorio in atto. È perciò stato raccolto il liquido articolare dalle articolazioni metacarpo-falangea, radio-capica e tibio-tarsica sinistre di 16 cavalli. Otto di questi cavalli sono stati sottoposti ad un intenso programma di esercizio su treadmill mentre gli altri 8 animali, inclusi nel gruppo controllo, sono stati tenuti in box a riposo. Le artrocentesi sono state effettuate dopo 14, 14.5, 17 e 24 giorni dall’inizio dell’allenamento e l’attività del TNF-α e il livello di MMPs nel liquido sinoviale sono stati analizzati ad ogni tempo di prelievo. I risultati hanno permesso di concludere che artrocentesi ripetute causano un aumento graduale dei livelli di MMP al contrario di quanto determina l’esercizio fisico. L’attività del TNF-α, invece, sembra aumentare significativamente nel liquido raccolto 2 ore dopo la fine del programma di esercizio. Gli autori hanno quindi concluso che le MMPs possono essere considerate un marker di infiammazione articolare causata prettamente dalle artrocentesi ripetute e l’alterazione nella loro concentrazione non si evidenzia più almeno dopo 14 giorni dall’ultima artrocentesi. Inoltre hanno escluso l’esercizio fisico come fonte di errore nella valutazione dell’attività delle MMPs in quanto la loro alterazione non è da esso provocata.

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tarsica di 16 cavalli. Il gruppo dei cavalli trattati (N=8) è stato sottoposto ad esercizio fisico moderato ed in seguito sono state effettuate le artrocentesi 14, 14.5, 17 e 24 giorni dopo l’inizio del programma di esercizio. Il gruppo di controllo, costituito 8 soggetti, è stato sottoposto allo stesso protocollo di prelievi senza però essere sottoposto al preliminare periodo di esercizio fisico. La concentrazione di NO è stata valutata solamente per l’articolazione metacarpo-falangea, mentre quella di PGE2 e di GAG è stata analizzata per tutte le

articolazioni oggetto di studio. I risultati hanno mostrato un incremento della concentrazione di NO nell’articolazione metacarpo-falangea il giorno 14.5, della concentrazione di PGE2 nelle articolazioni radio-carpica e tibio-tarsica lo stesso

giorno e il rilascio di GAG nel liquido sinoviale delle articolazioni metacarpo-falangea e radio-carpica il giorno 17 post-esercizio. Dallo studio si può evincere che mentre l’esercizio fisico ha determinato un aumento soltanto dei valori di PGE2 in tutte le articolazioni senza influenzare gli altri parametri studiati, le artrocentesi ripetute possono relativamente influenzare le concentrazioni di NO, PGE2 e GAG del liquido sinoviale, rendendo difficile la discriminazione tra un processo infiammatorio pre-esistente ed uno indotto in corso di prelievo.

Un lavoro successivo (Dykgraaf et al., 2007) ha preso in considerazione i cambiamenti nei valori di TNCC e delle PT e le caratteristiche citologiche del liquido sinoviale della guaina del tendine flessore delle falangi (DFTS) in seguito alla somministrazione di amikacina e a a successive teno-centesi ripetute. Il liquido sinoviale è stato raccolto in maniera sterile dal DFTS di 8 cavalli adulti e 1 ml di amikacina solfato (250 mg/mL) (gruppo “trattati”) o di una soluzione di Ringer Lattato (gruppo “controllo”) è stata iniettata nella guaina tendinea. Sono poi stati raccolti campioni seriali di liquido sinoviale a 0, 12, 24, 48, e 72 ore post-inoculazione di antibiotico e del placebo. Nell’arto contro-laterale, dopo un periodo di riposo di 2 settimane, è stata somministrata la soluzione opposta, quindi amikacina se era stato iniettato Ringer Lattato e viceversa. La concentrazione di PT è risultata aumentata dopo il trattamento, così come i livelli di TNCC e la percentuale di neutrofili, mostrando un picco tra le 12 e le 24 ore dalla prima centesi, per poi diminuire fino ai valori basali dopo le 24 ore. Non sono state rilevate differenze statisticamente significative tra il trattamento con amikacina e quello con Ringer Lattato sia per quanto riguarda la

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concentrazione delle PT, che i risultati della TNCC e della conta cellulare differenziale.

Recentemente Sanchez Teran et al. (2012) hanno pubblicato un articolo riguardante l’effetto di somministrazioni intra-articolari ripetute di amikacina sulla proteina siero amiloide A (SAA), sulle PT e sulla TNCC nel liquido sinoviale di cavalli non affetti da patologie osteo-articolari. La SAA è una proteina di fase acuta sintetizzata soprattutto dal fegato in risposta ad un processo infiammatorio o infettivo. Essa, però, può anche essere prodotta, in misura inferiore, dalle cellule di rivestimento della capsula sinoviale in seguito ad uno stimolo flogistico/infettivo. La sua concentrazione nel liquido sinoviale, quindi, costituisce un’importante indicazione diagnostica per patologie articolari quali l’artrite settica e la teno-sinovite (Jacobsen et al., 2006).

Sei fattrici sono state sottoposte a 2 trattamenti ciascuna (uno di controllo e uno per lo studio effettivo) separati da un periodo di wash-out di 20 giorni. Per quanto riguarda il trattamento di controllo sono state effettuate, ogni 48 ore, delle artrocentesi dall’articolazione inter-carpica di uno dei due arti anteriori, scelto in modo casuale, per un totale di 5 volte, raccogliendo ogni volta 1,5 ml circa di liquido sinoviale. Dopo l’ultimo prelievo sono stati iniettati 2 ml (pari a 500 mg) di amikacina solfato. Passato il periodo di riposo di 20 giorni sono state ripetute le artrocentesi facendo seguire ad ognuna di queste l’inoculazione dello stesso quantitativo di farmaco. Sui campioni raccolti sono state dosate le PT, la SAA ed è stata valutata la NCC totale e differenziale.

Tale studio prende spunto da due lavori di Jacobsen et al., del 2006 in cui era stata valutata la concentrazione di SAA nelle articolazioni di cavalli sani e affetti da patologie articolari. Nel primo dei due studi era stata posta particolare attenzione sulle modificazioni del livello di SAA in corso di un’artrite infiammatoria indotta dall’inoculazione di lipopolisaccaridi nell’articolazione

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sistemico, suggerendo l’importanza del dosaggio della SAA nel liquido sinoviale come marker di un fenomeno infiammatorio acuto.

Nello stesso anno gli autori hanno condotto un altro studio che ha gettato le basi per l’approfondimento di Sanchez Teran e collaboratori. In questo studio sono stati indagati i cambiamenti sulla concentrazione di SAA in 5 cavalli sani sottoposti a 9 artrocentesi seriali e in 21 cavalli affetti da un processo artritico di origine infettiva. Dallo studio è risultato che la concentrazione di SAA non è influenzata da prelievi articolari ripetuti, mentre aumenta notevolmente in animali con sospetta contaminazione batterica della sinovia. Inoltre è stata dimostrata anche una correlazione tra la concentrazione di SAA e delle PT nel liquido sinoviale.

In contrasto con il secondo studio di Jacobsen e collaboratori (2006), i risultati del lavoro di Sanchez Teran non hanno mostrato un incremento del livello di PT in seguito ad artrocentesi ripetute, cosa che invece si è verificata dopo la somministrazione ripetuta di amikacina solfato successivamente alla seconda o terza artrocentesi. Le NCC sono risultate aumentate in entrambi i gruppi per via dell’infiammazione causata dalla continua stimolazione articolare, rimanendo comunque sempre sotto le 6,31x109 cellule/L. Per quanto riguarda la SAA, come

previsto dagli autori, sia i prelievi che le infiltrazioni ripetute non hanno indotto una risposta infiammatoria sufficientemente marcata da determinare la sintesi di questa proteina, che è rimasta sempre sotto il valore basale. Quindi, artrocentesi ripetute e somministrazione intra-articolare di amikacina ogni 48 h aumentano la concentrazione sinoviale di PT e la TNCC, supportando l’ipotesi di possibili errori diagnostici. Le concentrazioni di SAA, non essendo variate nel tempo, non possono invece essere considerate un marker utile di infezione articolare se valutati in seguito a campionamenti o trattamenti ripetuti con amikacina, in quanto non risulterebbe possibile differenziare un aumento dovuto alla somministrazione del farmaco da un aumento di natura flogistica.

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3.1.2 Altre specie

Studi sulla possibilità di determinare cambiamenti nella composizione del liquido sinoviale tramite accessi articolari ripetuti sono stati effettuati anche in altre specie (Francoz et al., 2007; Berg e collaboraori, 2009). Di seguito sono citati due articoli riportati in letteratura sull’influenza di artrocentesi ripetute sul liquido sinoviale nel bovino e nel cane.

Il primo studio del 2007 (Francoz et al., 2007) è stato condotto su 5 vitelli di razza Holstein non affetti da patologie osteo-articolari. Tutti i soggetti sono stati sottoposti a prelievi seriali del liquido sinoviale dell’articolazione tarso-crurale i giorni 1, 2, 3, 4, 8, 12, 16, 20, e 24. Al giorno 1 e 2 è stato effettuato un lavaggio articolare post-artrocentesi con 1 L di Ringer Lattato. Sul liquido sinoviale sono state dosate le PT mediante refrattometro, è stata eseguita la NCC totale e differenziale, e un esame batteriologico.

Dai risultati è emerso che le artrocentesi ripetute provocano un aumento nella concentrazione di PT e nella TNCC, soprattutto nel periodo successivo al primo prelievo, dopo il quale però i valori ritornano nella norma, in particolare tra il secondo e il terzo giorno, restando poi costanti nei giorni successivi. È stato ipotizzato che questo andamento possa derivare da un adeguamento della sinovia agli stimoli a cui essa viene sottoposta. Sebbene ci siano state delle alterazioni nei valori dei parametri studiati, il loro incremento non è stato tale da poter confondere il processo infiammatorio derivante dai frequenti prelievi con un fenomeno settico. Infatti, la TNCC ha mostrato valori più bassi (statisticamente significativi) rispetto a quelli riscontrati in un altro studio degli stessi autori (Francoz et al., 2005) in cui era stata però indotta sperimentalmente un’artrite settica in alcuni vitelli.

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hanno dedotto che la mancata alterazione era legata al fatto che i lavaggi erano stati effettuati su articolazioni affette già da un moderato grado di infiammazione, per cui il risultato era simile a quanto sarebbe accaduto se si fosse trattato di un’articolazione “patologica”, cioè una riduzione delle cellule mediatrici del processo flogistico. Con questo lavoro è stato quindi possibile dimostrare che l’artrocentesi induce una moderata risposta infiammatoria nell’articolazione, ma quest’ultima sviluppa rapidamente una tolleranza alla sollecitazione continua dei prelievi e dei lavaggi articolari.

Un lavoro sul cane, riguardante gli effetti di artrocentesi ripetute sull’analisi citologica del liquido sinoviale, è stato pubblicato da Berg e collaboratori nel 2009. Scopo di questo studio era quello di valutare il grado di infiammazione indotto da artrocentesi ripetute effettuate su cani non affetti da patologie osteo-articolari. Lo studio è stato in particolare eseguito per valutare l’utilizzo frequente dell’artrocentesi, necessaria nel monitoraggio dell’efficacia della terapia in corso di poliartrite immuno-mediata (IMPA). Nel lavoro sono stati inclusi 9 cani di peso >10 kg che non presentavano alcuna storia di patologie ortopediche pregresse. Gli animali sono stati sottoposti ad artrocentesi, ripetute ogni 21 giorni per 4 volte, su entrambe le articolazioni del carpo, su un’articolazione femoro-tibio-rotulea e su un’articolazione del tarso. Il campione prelevato dal ginocchio è stato mandato in laboratorio per una TNCC con conta-cellule automatico dopo essere stato trattato con ialuronidasi, mentre gli altri tre campioni non sono stati analizzati per la conta automatica a causa della scarsa quantità di liquido prelevata. Tutti i campioni poi sono stati utilizzati per allestire dei preparati citologici su cui è stata valutata la conta differenziale. Il numero di eritrociti e di TNCC è stato valutato basandosi su una scala numerica compresa tra 0 e 4. La conta cellulare differenziale è stata poi calcolata moltiplicando la media delle TNCC definite da ciascun punteggio per la percentuale attesa (fisiologicamente) di ogni tipo cellulare.

I risultati hanno tutti portato alla conclusione che artrocentesi seriali, effettuate a 21 giorni di distanza tra loro, non sono in grado di indurre un’imponente infiammazione articolare e un’alterazione nella conta cellulare totale e differenziale tali da falsare la lettura nel caso di utilizzo dell’analisi citologica

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del liquido articolare per la valutazione dell’efficacia di una terapia o come indagine diagnostica nel follow-up.

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CAPITOLO 4

4 Introduzione

L’artrocentesi è una tecnica diagnostica/terapeutica molto importante in ambito ortopedico in quanto permette una più completa valutazione del quadro patologico e spesso la risoluzione di problemi articolari quali versamenti ed emorragie.

Lo scopo del nostro lavoro era quello di valutare quanto questa metodica, se effettuata in modo seriale, possa influenzare la composizione cellulare del liquido sinoviale portando così ad errori d’interpretazione dei risultati dell’esame citologico.

Il presente studio è stato condotto nel biennio 2011-2013 presso l’ospedale didattico veterinario “Mario Modenato” a San Piero a Grado (PI).

Il protocollo sperimentale è stato approvato dal Comitato Etico di Ateneo ed inviato al Ministero della Sanità.

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4.1 Materiali e metodi

La popolazione su cui è stato effettuato lo studio era rappresentata da 3 cavalle femmine di razza Trottatore Italiano e 1 cavalla femmina da sella di età compresa tra i 3 e i 10 anni. Il peso degli animali andava dai 435 ai 563 kg (BCS medio 4).

Per poter essere inclusi nello studio gli animali dovevano essere tutti in buono stato di salute, non dovevano cioè presentare alcun segno di patologie sistemiche che potessero influenzare il protocollo sperimentale.

4.1.1 Gestione delle cavalle

Le fattrici erano alloggiate in stabulazione libera all’interno di paddock 30 x 40 m e per ogni paddock era previsto un numero massimo di 10 soggetti. L’alimentazione era a base di fieno polifita somministrato ad libitum e cereali fioccati. La dieta era bilanciata (INRA, 1990) in modo da mantenere peso corporeo e Body Condition Score per tutto il periodo di studio.

Tutti i soggetti erano sottoposti a profilassi vaccinale per influenza, tetano ed herpesvirus e trattati per parassitosi gastro-intestinali (ivermectina, 0,2 mg/kg PO) secondo le linee guida proposte in bibliografia (AAEP, 2010).

4.1.2 Protocollo sperimentale

Preparazione dei cavalli. Prima di ogni artrocentesi, tutti i soggetti sono stati sottoposti a tricotomia della regione del carpo al fine di ridurre i tempi di maneggiamento al momento del prelievo.

La sera precedente ad ogni artrocentesi si effettuava un primo lavaggio grossolano delle zampe con particolare riguardo per la zampa da sottoporre alla raccolta del campione. Il lavaggio si è reso necessario perché le cavalle vivevano in paddock e di conseguenza gli arti erano molto sporchi.

Gli animali, quindi, venivano alloggiati in box di 4x4 m, con lettiera in paglia, per evitare di sporcare nuovamente gli arti. La sera antecedente allo svolgimento delle artrocentesi l’alimentazione prevedeva fieno polifita bagnato (circa 4 kg), mentre la

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mattina in cui venivano eseguite le artrocentesi i soggetti erano mantenuti a digiuno con libero accesso all’acqua. Questa procedura si è resa necessaria per minimizzare i rischi legati all’effetto dei farmaci sulla motilità gastroenterica in previsione della sedazione.

Dopo l’esecuzione di ogni artrocentesi, poiché veniva eseguita sempre una sedazione, le cavalle venivano riportate in box e tenute sotto osservazione fino alla completa ripresa dell’attività dell’apparato gastro-enterico. La mattina successiva all’esecuzione dell’artrocentesi, le cavalle venivano alloggiate nuovamente in paddock fino alla seduta successiva.

Tutti i soggetti venivano sottoposti giornalmente ad esame obiettivo generale e particolare dell’apparato osteo-articolare durante i periodi di intervallo tra le sedute di prelievo. In particolare si eseguiva un esame ispettivo e palpatorio delle articolazioni sottoposte a centesi al fine di apprezzare precocemente eventuali modificazioni che suggerissero l’insorgenza di un fenomeno flogistico/infettivo (rubor, tumor, calor, dolor, functio laesa).

d.2 Tempi di raccolta

Il “gruppo sperimentazione” era composto da 8 articolazioni inter-carpiche (IC) su cui i prelievi sono stati eseguiti secondo lo schema sotto riportato:

 Articolazione IC destra: prelievo il giorno 0 (T0), dopo 2 giorni (T2), quindi a cadenza settimanale (T7, T14, T21, T28) fino ad 1 mese, infine l’ultimo prelievo era eseguito a 2 mesi dalla prima artrocentesi (T60).

 Articolazione IC sinistra: prelievo il giorno 0 (T0), quindi ogni 10 giorni per 3 volte (T10, T20), infine a 2 mesi dal primo prelievo (T60).

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d.4 Esecuzione artrocentesi

La zona da saggiare è stata preparata come un campo chirurgico, quindi è stata eseguita l’artrocentesi in modo asettico con approccio dorsale secondo la tecnica riportata in letteratura (Moyer et al., 2007).

d.5 Processazione dei campioni

Da ciascuna articolazione sono stati prelevati 2 ml di liquido sinoviale. Il campione è stato suddiviso in due aliquote:

A - 1ml di liquido è stato raccolto in provette in PVC con EDTA. Quest’ultimo è necessario per la conservazione della morfologia cellulare.

- Questo campione è stato utilizzato immediatamente per valutare la concentrazione delle PT con refrattometro (fig. 1) (Mahaffey, 2002). L’utilizzo del refrattometro prevede di apporre una goccia di liquido sinoviale sulla superficie del prisma e, dopo aver chiuso il piattello superiore sulla goccia per farla distribuire in maniera

uniforme, di direzionare lo strumento verso una fonte luminosa avendo l’accortezza di tenerlo in modo orizzontale. Osservando attraverso l’ottica è stato possibile registrare il valore delle proteine totali in g/dL riportato sulla scala come linea netta che separa la porzione azzurra da quella bianca.

- Successivamente alla valutazione delle PT, il campione è stato utilizzato per l’allestimento di un preparato citologico mediante citocentrifuga (Cytofuge 2, StatSpin, USA). Come riportato in letteratura (Moreno et al., 2000), la preparazione dei vetrini mediante citocentrifugazione del liquido sinoviale, concentrando un alto numero di cellule in un’area ridotta, migliora notevolmente la qualità della conta leucocitaria differenziale. Il campione è stato centrifugato a 1500 giri per 5 minuti.

- Il preparato citologico è stato quindi colorato con colorazione di Romanowsky modificata (Diff Quik®, Dade Spa, Milano, Italia) ed osservato a 40X e 100X per la valutazione della conta differenziale;

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B - 1ml è stato è stato raccolto sempre in provette in PVC con EDTA, ma specifiche per l’utilizzo con contacellule automatico Lasercyte® (Idexx, USA). A questo campione è stata aggiunta ialuronidasi secondo metodo proposto in letteratura (Palmer et al., 1986; Moreno e collaboratori, 2000; Ekmann et al., 2009) ed è stato quindi processato per la conta cellulare totale. I risultati sono espressi in k/µL.

Figura 1 Rifrattometro ottico.

(http://www.tecnafood.com/media/upload/image/categorie/rifrattometro.jpg)

d.6 Preparazione soluzione con ialuronidasi

I campioni di liquido sinoviale sono stati addizionati con 8 gocce/ml di una soluzione a base di ialuronidasi testicolare bovina disciolta in un buffer PBS alla concentrazione di 150 U/ml in modo da ridurne la viscosità e facilitare la ANCC. Come ricordato precedentemente infatti, in letteratura (Moreno et al., 2000; Ekmann et al., 2009) è riportato che il pretrattamento dei campioni da sottoporre a conta cellulare con una soluzione contenente ialuronidasi aumenta l’attendibilità del test in quanto, causando la disgregazione dell’acido ialuronico, riduce la vischiosità del liquido.

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4.2 Analisi statistica

Su tutti i risultati sono state calcolate media e deviazione standard. Sui dati relativi alle articolazioni IC destra e sinistra è stata valutata l’analisi della varianza mediante Anova ad una via per dati ripetuti e Bonferroni test come post hoc al fine di verificare differenze statisticamente significative in relazione alle tempistiche di prelievo. I risultati sono stati considerati statisticamente significativi per p<0,05.

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4.3 Risultati

I risultati sono stati espressi come media e deviazione standard. Le medie e le deviazioni standard relative sia all’articolazione IC destra che sinistra sono riportati in tabella 1 e 2.

Tutte le articolazioni all’inizio dello studio erano normali dal punto di vista citologico. Per quanto riguarda l’articolazione IC destra, esistono differenze statisticamente significative per la conta percentuale dei monociti (T0 vs T2, T7, T14, T21, T28; T2 vs T60; T14 vs T60; T21 vs T60; T28 vs T60) per p<0,0001 e per la concentrazione delle PT (T0 vs T14; T14 vs T60) per p<0,009.

Non sono state trovate differenze statisticamente significative in relazione al tempo per quanto riguarda la conta totale delle cellule infiammatorie (WBC totali) e la conta percentuale di neutrofili, eosinofili e linfociti.

Per quanto riguarda l’articolazione IC sinistra, esistono differenze statisticamente significative per la concentrazione delle PT (T0 vs T10, T20; T10 vs T60; T20 vs T60) per p<0,0001.

Non sono state trovate differenze statisticamente significative in relazione al tempo per quanto riguarda la conta totale delle cellule infiammatorie (WBC totali) e la conta percentuale di neutrofili, eosinofili e linfociti.

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IC dx T0 T2 T7 T14 T21 T28 T60 WBC 0.3±0.2 0.3±0.1 0.3±0.2 0.2±0.1 0.3±0.1 0.3±0.2 0.3±0.2 NS M 0.2±0.1a 0.10±0.07b 0.06±0.08b 0.05±0.01b 0.06±0.01b 0.08±0.03b 0.2±0.1a P<0.05 L 0.7±0.1 0.8±0.1 0.9±0.1 0.9±0.02 0.9±0.05 0.9±0.03 0.7±0.1 NS N 0.06±0.06 0.06±0.07 0.04±0.01 0.01±0.00 0.03±0.05 0.04±0.02 0.06±0.06 NS E 0.005±0.006 0.00±0.00 0.002±0.005 0.00±0.00 0.00±0.00 0.002±0.005 0.0±0.0 NS PT 6.2±1.6a 5.7±0.6a 4.6±0.2ab 4.2±0.6b 5.1±0.5ab 5.1±1.1a 6.2±1.7a P<0.05

Tab. 1 – Risultati relativi alla conta totale e differenziale dei WBC e alla concentrazione delle proteine totali (PT) sul liquido sinoviale prelevato dall’articolazione destra (dx) al tempo zero (T0), quindi a 2 (T2), 7 (T7), 14 (T14), 21 (T21), 28 (T28) e 60 (T60) giorni. Legenda – WBC: globuli bianchi totali; M: monociti; L: linfociti; N: neutrofili; E: eosinofili. Nella stessa riga a≠b. IC sn T0 T10 T20 T60 WBC 0.2±0.1 0.2±0.05 0.3±0.1 0.3±0.1 NS M 0.3±0.2a 0.05±0.02b 0.1±0.03ab 0.2±0.1a P<0.05 L 0.8±0.09 0.85±0.16 0.9±0.03 0.76±0.11 NS N 1.7±3.4 0.07±0.10 0.01±0.01 1.7±3.4 NS E 0.00±0.00 0.00±0.00 0.00±0.00 0.00±0.00 NS PT 6.5±0.7a 4.9±0.4b 5.1±0.6b 6.4±0.6a P<0.05

Tab. 2 – Risultati relativi alla conta totale e differenziale dei WBC e alla concentrazione delle proteine totali (PT) sul liquido sinoviale prelevato dall’articolazione sinistra (sn) al tempo zero (T0), quindi a 10 (T10), 20 (T20) e 60 (T60) giorni. Legenda – WBC: globuli bianchi totali; M: monociti; L: linfociti; N: neutrofili; E: eosinofili. Nella stessa riga a≠b.

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4.4 Discussione e conclusioni

L’obiettivo del nostro studio era quello di valutare le modificazioni della cellularità e della concentrazione di PT del liquido sinoviale in seguito ad artrocentesi ripetute.

Come è osservabile dai risultati, differenze statisticamente significative nella composizione del liquido sinoviale nel tempo sono evidenziabili soltanto per quanto riguarda la componente monocitaria e la concentrazione delle PT.

A differenza dei lavori eseguiti sul cavallo(White et al., 1989; Dykgraaf et al., 2007; Sanchez Teran et al., 2012), dove la conta cellulare totale aumentata già dopo le prime artrocentesi per poi stabilizzarsi nel tempo, nel nostro studio i WBC totali non hanno subito variazioni nel tempo ed i valori sono rimasti sempre nel range di riferimento (<500 cellule/µL) (Duncan et al., 1994), sia per quanto riguarda la tempistica applicata all’articolazione IC destra che sinistra. Questo potrebbe essere dovuto ad un precoce adattamento della sinovia a stimoli meccanici continui (Francoz et al., 2007).

Nel nostro studio abbiamo trovato una variazione nel tempo per quanto riguarda la conta percentuale dei monociti su entrambe le articolazioni saggiate. In particolare la popolazione monocitaria si è abbassata da T0 a T14 per l’articolazione IC destra e da T0 a T10 per l’articolazione sinistra, per tornare a T60 a valori simili a quelli ottenuti a T0, in entrambe le articolazioni. Contrariamente a quanto da noi evidenziato, i lavori riportati in bibliografia evidenziano un aumento più o meno importante della componente monocitaria nell’arco di tempo esaminato. In particolare nello studio di Francoz et al. del 2007 eseguito su vitelli, è stato riscontrato un andamento altalenante nel valore dei monociti la cui conta media è dapprima aumentata significativamente (giorno 2) per poi diminuire rapidamente tra il giorno 2 e il giorno 3 e in modo progressivo fino al giorno 8.

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