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la responsabilita sociale d'impresa: il nuovo orientamento economico

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Academic year: 2021

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Università di Pisa

-Dipartimento di Economia e Management-

Corso di Laurea Specialistica in

“Consulenza Professionale alle Aziende”

TESI DI LAUREA

La responsabilità sociale dell’impresa:

il nuovo orientamento economico

Relatrice:

Stefania Prosperi

Roberto Verona

Candidata:

Cazzato Erika

Anno Accademico 2015 – 2016

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(4)

4

“Quando l’ultimo albero sarà abbattuto,

l’ultimo fiume avvelenato,

l’ultimo pesce pescato,

vi accorgerete che non

si può mangiare il denaro”

(5)

5

INDICE:

Prefazione……… 7

CAPITOLO 1. Rapporto tra etica ed economia

1.1

Mutamento dello scenario socio economico………...10

1.2

Evoluzione del consumatore: consumo critico e

responsabile………. 22

1.2.1 I criteri di scelta del consumo……….. 25

1.3

Impresa da Soggetto Economico ad Attore Speciale. 30

CAPITOLO 2. La responsabilità Sociale

2.1

Che cos’è?... 39

2.2

Un approccio orientato agli stakeholder……… 50

2.3

Strumenti per il reporting agli stakeholder……… . 60

2.3.1 codice etico……….. 61

2.3.2 bilancio sociale………. 65

(6)

6

CAPITOLO 3.

Le conseguenze di una gestione

responsabile

3.1 I Vantaggi……… 71

3.1.2 Le Pmi e la responsabilità sociale d’impresa……… 84

3.1.3 Le motivazioni che portano alla rendicontazione. 90

3.2 Le Valenze……… 97

3.2.1 Valenze strategiche……… 99

3.2.2 Valenze interne……… 102

3.2.3 Valenze esterne……… 105

3.3 L’importanza assunta dagli Intangibles……… 109

CONCLUSIONI………. 115

(7)

7

Prefazione:

L’obiettivo di questa tesi è parlare della responsabilità sociale dell’impresa. Quest’ argomento ha trovato molti riscontri in questi ultimi anni e sempre più frequentemente sentiamo parlare di eco-sostenibilità, di biologico, di comportamenti responsabili. Il fine che si è posto questa tesi è cercare di comprendere e spiegare questi nuovi cambiamenti nel mondo della economia, quindi si parla proprio di ricercare cause e conseguenze di un comportamento responsabile ma di mettere anche in luce i cambiamenti nei comportamenti dei vari soggetti economici attivi, quindi imprese e consumatori. Nel primo capitolo si noterà come la libertà raggiunta tramite un mercato globale ha scatenato la necessità di rendere conto al mercato di come si è prodotto o se nel produrre si è andati a inquinare l’ambiente. .

Nasce , e in questi anni si sviluppa sempre di più, la figura del consumatore cittadino, un consumatore che ha un approccio critico verso il mercato, non cerca solo la massimizzazione dell’utilità, ma si pone delle domande e vuole essere a conoscenza di come si producano i prodotti che si accinge a comprare e di conseguenza modifichi le relazioni all’interno del mercato. .

Nel secondo capitolo si andrà dunque a spiegare il concetto di responsabilità sociale, si vedrà come le imprese, per cercare di rispondere a questo cambiamento del mercato, attuino una politica di cooperazione con tutti i

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8

soggetti, interni e esterni, che vantino un interesse all’interno dell’impresa (stakeholder). .

Per portare avanti questa cooperazione l’impresa deve essere il più trasparente possibile verso il mercato e dare una maggiore quantità di informazione, per meglio affrontare questa situazione si fa uso degli strumenti di reporting più

adeguati quali il bilancio sociale, codice etico e le certificazioni sociali.

.Nel terzo capitolo invece si cerca di motivare come mai, nonostante sia una procedura costosa, molte aziende tendono a operare in maniera responsabile: l’impatto delle attività immateriali di una azienda è molto positivo, sono tutte quelle attività che anche se difficilmente riscontrabili e tracciabili su un eventuale bilancio creano davvero molto valore, quali la fiducia che l’impresa si sia guadagnata da parte del mercato, la sua affidabilità che negli anni è stata provata, la sua immagine, il suo impegno verso il sociale e il suo sforzo nel produrre in maniera etica e ecosostenibile, sono tutte “qualità” che vengono ben viste dal mercato e che contribuiscono a creare un’immagine forte e duratura per l’impresa e ad attirare a loro volta anche investimenti esterni. Se la scelta di agire in maniera responsabile sia davvero per consapevolezza, per spinte esterne o per “moda” non sempre è chiaro all’inizio, ma qualunque sia la motivazione che porti una impresa ad avvicinarsi alla politica della responsabilità, potrà essere un punto di forza e un investimento se fatta con criterio e dedizione, altrimenti potrebbe rivelarsi un semplice costo.

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(10)

10

Capitolo 1 .

RAPPORTO TRA ETICA ED ECONOMIA

1.1 MUTAMENTO DELLO SCENARIO SOCIO ECONOMICO .

Negli ultimi decenni si sta formando una metamorfosi al livello di economia e di mercato molto importante, poiché andrà a mutare tutto lo scenario e le scelte sia del produttore che del consumatore. Si inizia a formare una consapevolezza e una voglia di critica negli acquisti che dirigerà tutta l’economia futura. Facciamo dunque una analisi di come questi aspetti scaturiscano e influenzino il mercato, notando sia i benefici che le criticità che si portano dietro. Il mercato ha subito numerosi cambiamenti nell’arco degli anni; un grosso cambiamento a livello mondiale è rappresentato dal concetto di globalizzazione1 che ha portato

ad una e propria perdita del radicamento spaziale.

Una metafora di Peter Drucker2 definiva le imprese fordiane come piramidi di

1 E’ un processo di interdipendenze economiche, sociali, culturali, politiche e tecnologiche i cui

effetti positivi e negativi hanno una rilevanza planetaria, tendendo ad uniformare il commercio, le culture, i costumi e il pensiero. Il termine "globalizzazione" è stato utilizzato dagli economisti per riferirsi prevalentemente agli aspetti economici delle relazioni fra popoli e aziende multinazionali. Il fenomeno, invece, va inquadrato anche nel contesto delle complesse interazioni su scala mondiale che, soprattutto a partire dagli anni ottanta, in questi ambiti hanno avuto una sensibile accelerazione. [https://it.wikipedia.org/wiki/Globalizzazione, 23-02-2016,11:57]

2 Peter Ferdinand Drucker (Vienna, 19 novembre 1909 – Claremont, 11 novembre 2005) è

stato un’economista e saggista austriaco naturalizzato statunitense, Autore di fama mondiale per le sue opere sulle teorie di gestione aziendale. Peter Drucker ha scritto oltre 30 libri e i suoi scritti sono apparsi sulle più celebri pubblicazioni economiche, come The Economist, The

Wall Street Journal e Harvard Business Review. L'elenco delle sue pubblicazioni comprende: Il grande cambiamento (1996, Sperling & Kupfer Editori), Le sfide del Management del XXI

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11

Egitto , al contrario delle aziende3 di oggi, che vengono viste come tende in un deserto che un giorno possono essere piantate in un posto e un giorno in un altro.4

A Dunlap5 ha scritto: “L’impresa appartiene alle persone che investono in essa;

non ai dipendenti, ai fornitori e neppure al luogo in cui è situata”.6

Secolo (1999, Franco Angeli Editrice), Il management, l'individuo, la società (2001, Franco

Angeli Editrice, Il management della società prossima ventura (2002, ETAS)

Il futuro che è già qui: la professione del dirigente nella societa postcapitalista" (1999, Etas)

3 << La visione dell’azienda può essere investigata passando in rassegna le definizioni che

quella visione sintetizzano […] Anche il neofita può intuire che di definizioni di azienda ne sono state elaborate molte e che, continuamente, se ne elaborano altre per le trasformazioni che le aziende subiscono. Sono tutte interpretazioni di un fenomeno identico e/o in continua evoluzione. Esempi di alcune definizioni di azienda sono: “L’azienda è un sistema di forze economiche che si sviluppa, nell’ambiente di cui è parte complementare, un processo di produzione o di consumo, o di produzione e consumo insieme…. [A. Amaduzzi, 1953]”

“Strutturalmente…. mezzi economici e forze di lavoro costituite in rapporto alla quantità di mezzi disponibili ed alla particolare attività che intendono svolgere; dinamicamente… complessi operanti nei quali l’attività di lavoro deliberativa ed esecutiva di una o più persone si applica ai beni che formano la dotazione dell’azienda per aumentarne l’utilità o il rendimento, per ottenere cioè un risultato economicamente utile [Ceccherelli,1955]” “L’ azienda può essere intesa come una unità elementare dell’ordine economico-generale, dotata di vita propria e riflessa, costituita da un sistema di operazioni, promanante dalla combinazione di particolari fattori e dalla composizione di forze interne ed esterne, nel quale i fenomeni della produzione, della distribuzione e del consumo vengono predisposti per il conseguimento di un determinato equilibrio economico, a valere nel tempo, suscettibile di offrire una rimunerazione adeguata ai fattori utilizzati e un compenso, proporzionale ai risultati raggiunti, al soggetto economico per conto del quale l’attività si svolge [Giannessi, 1960, p 46]>> L. Marchi, Introduzione all’economia aziendale,G.Giappichelli Editore- Torino sesta edizione, 2006, pp 9-11

4 Stefano Zamagni, L’impresa socialmente responsabile nell’epoca della globalizzazione

POLITEIA, XIX,72,2003, ISSN 1128-2401

5 Albert John Dunlap (nato il 26 luglio 1937 [1]) è un dirigente aziendale in pensione.

6 Albert J. Dunlap (con Bob Andelman), How I Saved Bad Companies and Made Good

Companies Great, Time Books, New York 1996, pp. 199-200, citato in Zygmunt Bauman nell’opera Dentro la globalizzazione. Le conseguenze sulle persone, p. 9.

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12

Tra gli stakeholders dell’impresa solo gli investitori, cioè gli azionisti, non sono legati allo spazio. Tutti gli altri portatori di interessi non possono liberarsi dai vincoli imposti dai processi di localizzazione7. È la mobilità acquisita dagli investitori a generare una netta divaricazione tra potere economico e obblighi sociali, una separazione senza precedenti nella storia, successiva a quando anche i “ricchi” non potevano sottrarsi ai condizionamenti territoriali. È come se il capitale, oggi, avesse acquisito una nuova libertà: quella di non ritenersi responsabile nei confronti dei luoghi in cui è presente, né di preoccuparsi delle conseguenze associate al suo modo di funzionare.8 Si va dunque segnalando una progressiva diminuzione della corrispondenza stretta tra territorio e azienda9, una corrispondenza che veniva alimentata da

7 “La localizzazione (o localismo) in economia è un insieme di filosofie politiche che danno

priorità alle realtà locali, sostenendo ad esempio la produzione locale e il consumo locale di beni, il controllo locale del governo, e la promozione della storia e cultura locale e dell'identità locale.” [Franco la Cleca] UnionPedia- la mappa concettuale 23-02-2016 17:21 Franco la Cleca Ha insegnato antropologia culturale all'Università di Bologna dove attualmente lavora al Laboratorio di ricerca sulle città, Istituto di Studi Superiori (DAMS), all'Università di Palermo (facoltà lettere e filosofia), IUAV di Venezia, Università della California a Berkeley, Università di Verona (Scienze dell'Educazione), all'École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi, alla Universidad Politecnica de Barcelona (UPC) al Università Vita-Salute San Raffaele di Cesano Maderno, all'École polytechnique fédérale de Lausanne (EPFL).

8 Stefano Zamagni,L’impresa socialmente responsabile nell’epoca della globalizzazione

POLITEIA,XIX,72,2003,ISSN 1128-2401

9Particolare branca della scienza economica che evidenzia il comportamento tenuto

dall'impresa quando deve assumere decisioni relative ai luoghi di insediamento delle proprie attività produttive. Le variabili che possono influire sulle decisioni dell'impresa sono molteplici: prossimità alle fonti di approvvigionamento di materie prime, esistenza di un'adeguata rete di collegamenti con i mercati di vendita e possibilità di poter reperire manodopera. Quest'ultima variabile deve essere strettamente collegata al tipo di produzione adottato. È chiaro che se il processo produttivo non richiede personale altamente specializzato è preferibile, per l'azienda, insediarsi in località in cui è possibile reperire manodopera a basso

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controlli informali e da forme di mutuo aiuto. L’imprenditore che si fosse “comportato male”10 si trovava a dover rispondere alla “sua gente”, la quale rappresentava anche, in non pochi casi, il mercato di sbocco dei suoi prodotti. In contesti del genere, la responsabilità sociale dell’azienda era, per così dire, in re ipsa: è forse per questo che non se ne parlava affatto. Si percepisce inoltre che la globalizzazione della dimensione economica, slegando il nesso tra territori e le unità produttive11, rischia di spingere queste

costo. Al contrario, un'impresa che investe molto in ricerca e sviluppo o che adotti processi produttivi che richiedono personale qualificato avrà vantaggi ad insediarsi in località in cui è più facilmente reperibile tale manodopera.”[23-02-2016 ore 17:41, Edizioni Giuridiche Simone] http://www.simone.it/newdiz/newdiz.php?action=view&dizionario=6&id=1876

Le decisioni assunte dalle imprese private sono generalmente influenzate unicamente dalla volontà di minimizzare i costi di trasporto e rendere più efficiente la distribuzione, a parità di costo di produzione.

10 La nostra sovracrescita economica si scontra con i limiti della finitezza della biosfera. La

capacità rigeneratrice della terra non riesce più a seguire la domanda: l’uomo trasforma le risorse in rifiuti più rapidamente di quanto la natura sia in grado di trasformare questi rifiuti in

nuove risorse. .

(Serge Latouche) S.Latouche (Vannes, 12 gennaio 1940) è un economista e filosofo francese. È tra gli avversari più noti dell'occidentalizzazione del pianeta e un sostenitore della decrescita conviviale e del localismo (o localizzazione).Conosciuto per i suoi lavori di antropologia economica, Serge Latouche critica il concetto di economia intesa in modo formale, ossia come attività di mera scelta tra mezzi scarsi per poter raggiungere un fine. Rifacendosi in tal senso al pensiero di Karl Polanyi egli mira a proporre nelle sue opere il concetto dell'economico, rifacendosi alla definizione di economia sostanziale, intesa come attività in grado di fornire i mezzi materiali per il soddisfacimento dei bisogni delle persone. Opere: Il mondo ridotto a

mercato, Roma, Edizioni Lavoro, 1998, Immaginare il nuovo. Mutamenti sociali, globalizzazione, interdipendenza Nord-Sud, con Antonio Torrenzano, Torino, L'Harmattan

Italia, 2000, Come sopravvivere allo sviluppo. Dalla decolonizzazione dell'immaginario

economico alla costruzione di una società alternativa, Torino, Bollati Boringhieri, 2005.

11 << Con la globalizzazione, probabilmente dopo la crisi monetaria dei primi anni ’70, le

barriere fisiche e di mercato, anche per effetto della finanziarizzazione dell’attività di impresa, sono cadute e tutti sono entrati in contatto con tutti, in una sorte di “torre di Babele” di norme e di comportamenti etici. […] ha determinato un’internazionalizzazione del confronto (o del

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14

ultime verso atteggiamenti predatori rispetto alle risorse dei primi senza alcuna attenzione per le conseguenze delle scelte e delle attività poste in essere. 12 Sulla base di queste premesse, ne deriva che le aziende, per preservare il proprio vantaggio competitivo13, devono assumere comportamenti responsabili, sostenendo i valori umani, gestendo le proprie attività in modo trasparente, corretto e attento alle aspettative del pubblico, e facendo in modo che i comportamenti organizzativi siano percepiti come tali dalla collettività.14 Si viene dunque a creare la figura del consumatore- cittadino, colui che non cerca solo di massimizzare la sua utilità ma si pone delle domande, conseguenza del fatto che la figura, ormai superata, del consumatore come ricettore

conflitto, secondo altri punti di vista) tra realtà diverse con riferimento ai sistemi giuridici e, di conseguenza, ai diversi comportamenti etici. >> Luciano Hinna, Come gestire la responsabilità sociale dell’impresa, il sole 24 ore, Milano , 2005, p 64

12 Vincenzo Freda, Economia Etica e impresa socialmente responsabile, 2009

http://www.vincenzofreda.it/primo_livello/chi_sono/saggi/responsabilita_sociale_impresa.ht ml

13 << La priorità di una impresa dovrebbe essere quella di trovare il proprio vantaggio

competitivo: quell’insieme di elementi dell’offerta di prodotti e servizi che ti mette nella

condizione per cui i clienti comperano da te e non dalla tua concorrenza. “Un vantaggio competitivo è sostenibile se non può essere copiato, non può essere sostituito, eroso dalle azioni dei concorrenti, oppure se la continua evoluzione del contesto economico non lo rende obsoleto.” [Michel Porter, il padre dello Strategic marketing] Se il vantaggio competitivo è davvero tale ed è innovativo rispetto a quello che si trova in circolazione, è anche in grado di creare un nuovo mercato e produrre una forte creazione di valore, spingendo chi è in grado di sfruttarlo in una posizione di leader.>> Giovanni Cappellotto [http://www.giovannicappellotto.it/4521-vantaggio-competitivo/

14 Vincenzo Freda, Economia Etica e impresa socialmente responsabile,2009

http://www.vincenzofreda.it/primo_livello/chi_sono/saggi/responsabilita_sociale_impresa.ht ml

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passivo15 delle proposte che gli vengono dal lato della produzione, va cedendo il passo ad un soggetto che vuole bensì consumare, ma in modo critico. Non gli basta più il celebrato rapporto qualità-prezzo; vuole sapere come quel bene è stato prodotto e se nel corso della sua produzione l’azienda ha violato, poniamo, i diritti fondamentali della persona che lavora oppure ha inquinato

l’ambiente in modo inaccettabile, e cosi via.16

Consumare nello spirito dello sviluppo sostenibile17 non significa rinunciare od opporsi a tutte le forme di consumo, ma significa anzitutto consumare meglio, privilegiando beni e servizi che tendono ad economizzare l‘energia ed a preservare le risorse naturali. .

Oggigiorno, se ogni persona della terra consumasse tanto quanto una persona residente in Italia o negli Stati Uniti, o in un qualsiasi paese di quello che viene definito come mondo industrialmente sviluppato18, sarebbero necessari diversi pianeti per rispondere ai bisogni di tutta l‘umanità. È per questo motivo che

15 “Lo scopo della teoria del consumatore è quello di individuare le condizioni in base alle quali

una scelta di consumo può essere definita ottimale, dati i prezzi, un certo reddito ed i gusti relativamente alle possibili alternative di consumo” P.M. Pacini, Introduzione alla teoria del comportamento del consumatore, Giappichelli editore, 2012

16 Stefano Zamagni,L’impresa socialmente responsabile nell’epoca della globalizzazione

POLITEIA,XIX,72,2003,ISSN 1128-2401

17 E’ una forma di sviluppo economico che sia compatibile con la salvaguardia dell'ambiente e

dei beni liberi per le generazioni future.. "lo sviluppo che è in grado di soddisfare i bisogni delle generazioni attuali senza compromettere la possibilità che le generazioni future riescano a soddisfare i propri" (Gro Harlem Brundtland, 1987).

18 E’ usata per indicare Paesi con economie avanzate, in cui sono preponderanti i settori

dell'industria e dei servizi. Questi paesi sono caratterizzati da elevati redditi pro capite e da un alto indice di sviluppo umano.. Karl Marx: “Il paese industrialmente più avanzato non fa che mostrare al paese meno sviluppato l’immagine del futuro che l’attende”.

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diventa importante modificare il nostro modo di consumare, privilegiando beni e servizi che economizzino energia e preservino le risorse naturali, in particolare quelle non rinnovabili. Si sceglieranno per esempio giocattoli per bambini senza batterie, visto che la fabbricazione di una pila alcalina necessita 50 volte più energia di quanto questa fornisce nella durata della sua breve esistenza. I prodotti e i servizi che nel loro prezzo di vendita integrano condizioni di lavoro dignitosi, processi di fabbricazione poco inquinanti o un migliore sfruttamento delle risorse energetiche possono rivelarsi più cari di quelli della concorrenza. Si deve però tener conto che il risparmio effettuato a scapito dei lavoratori o dell’ambiente implica prima o poi costi più elevati per la nostra società e per il nostro pianeta. Basti pensare alle conseguenze sociali dovute alle delocalizzazioni19, agli impatti sulla salute causati dall’utilizzo di alcune sostanze

19“Se il contesto da considerare è globale si corre il rischio di incontrare differenze sostanziali e

incolmabili: ciò che è etico in un paese può essere obbligatorio in un altro. Analogamente ciò che è vietato in un luogo può essere consentito in un altro. In che modo, dunque, è possibile rendicontare e veder riconosciuta “globalmente” la propria responsabilità sociale in contesti nettamente differenti? […] Ora, per effetto della globalizzazione, può capitare che una multinazionale, pur rispettando la normativa di un paese in via di sviluppo dove ha delocalizzato la produzione, non si trovi in “contrasto” con l’ordinamento giuridico del paese ospitante, ma con “i valori etici” del paese di origine, per esempio in materia di lavoro minorile o di inquinamento. […] [Esempi caso NIKE cfr “il mea culpa della Nike”, in la repubblica,14 aprile 2005] Un altro esempio è fornito da un grande azienda americana produttrice di jeans, che sempre su pressione dell’opinione pubblica, ha deciso di chiudere lo stabilimento in India, anche se consono alle norme legali del paese ospitante. In India l’opinione pubblica giudicava “non etico” l’aver privato le famiglie dell’unica fonte di reddito, sebbene basata sul lavoro di minori: questa costituiva di fatto l’unica alternativa alla fame, alla prostituzione o ancora alla microcriminalità. Negli USA, la reazione è stata opposta e positiva: si è applaudito al “ripensamento etico” dell’azienda e alla decisione di chiudere lo stabilimento. Quale pressione etica doveva assecondare l’impresa produttrice di jeans?” >> Luciano Hinna, Come gestire la responsabilità sociale dell’impresa, il sole 24 ore, Milano , 2005, p 64-68

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17

chimiche o al problema della deforestazione.20

Da ciò ne scaturisce anche il dibattito che coinvolge da un lato i fautori della cosiddetta stockholder view, per i quali i manager hanno il dovere morale di aumentare il ritorno finanziario degli investitori, e dall’altro i fautori della cosiddetta stakeholder view, per i quali i manager hanno il dovere morale di rispettare i diritti di tutti gli stakeholders21 dell’organismo economico, cioè quei soggetti (fornitori, clienti, dipendenti, azionisti, management, comunità locale) che possono essere influenzati dal conseguimento degli obiettivi aziendali22. Era importante porsi il problema del governo societario in quanto le tipiche grandi aziende moderne si trovavano ad affrontare una separazione tra proprietà e controllo, perciò era necessario distinguere portatori di interesse (stakeholder), dagli azionisti (shareholder), identificabili in qualsiasi persona che

20 Tratto da http://indebitati.it/il-consumo-responsabile-quali-conseguenze ,Giovanni

Napoletano, 30 luglio 2013, 15:00.

21 La prima definizione è data da Freeman “gli stakeholder primari, ovvero gli stakeholder in

senso stretto, sono tutti quegli individui e gruppi ben identificabili da cui l'impresa dipende per la sua sopravvivenza: azionisti, dipendenti, clienti, fornitori e agenzie governative chiave. In senso più ampio, tuttavia, stakeholder è ogni individuo ben identificabile che può influenzare o essere influenzato dall'attività dell'organizzazione in termini di prodotti, politiche e processi lavorativi. In questo più ampio significato, gruppi di interesse pubblico, movimenti di protesta, comunità locali, enti di governo, associazioni imprenditoriali, concorrenti, sindacati e la stampa, sono tutti da considerare stakeholder”. “gli stakeholder sono persone o gruppi che hanno pretese, titoli di proprietà, diritti, o interessi, relativi a un'impresa e alle sue attività, passate, presenti e future”. [Clarkson (1995)]

22Ogni azienda, quale che essa sia, ha sempre una sua precisa ragione d'essere (o “missione” in

questo “si riassume il fine economico di ogni processo di risparmio, di investimento, di produzione e di consumo di azienda” (Zappa 1957, II, p. 3). “L’equilibrio economico è conseguito quando vi è una remunerazione adeguata dei fattori utilizzati, si ottiene un compenso al soggetto economico proporzionale ai risultati raggiunti, le condizioni indicate debbono verificarsi in un intervallo soddisfacente” [Giannessi]

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18

venendo a contatto con l’azienda nutre nei suoi confronti aspettative non solo economiche, permettendo così di passare dal piano degli interessi a quello dei valori. Prende così piede la stakeholder theory23 la cui idea è che l'impresa abbia dei “doveri” nei confronti di una pluralità di soggetti o di istanze sociali, non riassumibili nel perseguimento del risultato reddituale. Il profitto non può e non deve essere percepito come unico indicatore dello stato di salute dell’azienda24; esso indica la capacità dell’impresa di stare sul mercato, ma non deve essere l’unico scopo.

Infine, la creazione del valore puramente economico (il profitto)25 non deve più essere considerato lo scopo principale del successo di un’impresa, in quanto il solo profitto non garantisce più la sopravvivenza nel lungo periodo26.

23<<[…] ognuno di questi gruppi di stakeholder ha il diritto di non essere trattato come un

mezzo per qualche fine, e pertanto deve partecipare alla determinazione della direzione futura dell’impresa in cui ha un interesse […]. Perciò, i diritti di proprietà non sono assoluti, in modo particolare quando confliggono con importanti diritti di altri. Il diritto di proprietà non implica quello di trattare gli altri come mezzi per un fine … e questo richiede il bilanciamento delle molteplici pretese confliggenti degli stakeholders. […] Quando le relazioni [tra gli stakeholders] sono squilibrate, la sopravvivenza dell’impresa è in pericolo… il dovere del management è di agire nell’interesse di lungo termine della corporation […] quando gli interessi del tutto prevalgono sugli interessi delle singole parti […]>> William M. Evan e Robert Edward Freeman 1988

24 L’impresa conferma la sua ragione di esistere generando un risultato ogni giorno, ogni mese,

ogni anno per gestire un business che funzioni è necessario acquisire la piena dimestichezza con la lettura e l’interpretazione degli indicatori di funzionamento dell’impresa.

25“L’equilibrio economico, che si ottiene quando i ricavi sono remunerativi di tutti i costi,

presenta un utile che soddisfa le esigenze di <<profitto>> del soggetto economico (<< il compenso proporzionale ai risultati raggiunti>> [Giannessi,1979,p.11]) a patto che altri costi, oltre quelli per fattori <<esplicitamente>> onerosi, siano coperti (remunerati) dai ricavi conseguiti. In altri termini, per realizzare le condizioni minime di equilibrio economico, è necessario ottenere la remunerazione anche dei fattori che non generano costi espliciti e precisamente: 1. La remunerazione per l’utilizzo di beni in uso gratuito, 2. La remunerazione del lavoro imprenditoriale, 3. La remunerazione del capitale proprio. Si tratta di costi non

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Il successo di lungo periodo può essere raggiunto con la contemporanea creazione di valore economico, sociale e competitivo.

La formula che permette all’impresa di creare valore comprende il profitto, il vantaggio competitivo e il benessere sociale27. . Ragionando in questo senso, si può parlare di “cambiamento della geometria del valore28”. . Questo cambiamento prevede il coinvolgimento della società che diventa destinataria della ricchezza e referente della rendicontazione sociale29 e si affianca

finanziariamente sostenuti (nella terminologia tradizionale gli oneri figurativi) ma <<relativi a rinunce che il soggetto economico compie svolgendo l’attività d’impresa>> [Giunta,1996, p.338]” Luciano Marchi, Introduzione all’economia aziendale, Giappichelli editore- torino,2006.

26 Si intende in macroeconomia una prospettiva temporale (generalmente dell'ordine di

decenni) nell'ambito della quale si porta a compimento il processo di aggiustamento dell'equilibrio economico nel corso del medio periodo.

27Relazione tesi di Laurea, relatore Prof. Massimo Cane, titolo: Strumenti della Responsabilità

Sociale d’Impresa: bilancio sociale e SA 8000 Il caso Tecnicart s.r.l., facoltà di Economia, Cuneo, Ac 2008-2009

28 Luciano Hinna (2005) Professore ordinario in Economia delle Aziende Pubbliche e Non Profit

presso l’Università di Roma “Tor Vergata, In materia di bilancio sociale e responsabilità sociale delle imprese ha pubblicato diversi libri ed articoli tra i quali si ricorda il volume edito dal Sole 24 Ore "Il bilancio sociale" considerato ad oggi l'opera più completa non solo a livello italiano, ma anche a livello europeo.

29 “La rendicontazione sociale rappresenta una delle principali frontiere di innovazione della

comunicazione pubblica. Il bilancio sociale, nelle sue varie accezioni (bilancio etico, ambientale, ecc...) costituisce, infatti, per le Amministrazioni Pubbliche un potente strumento di comunicazione bidirezionale con i propri stakeholders, favorendo, da un lato, la trasparenza dell’agire amministrativo e sollecitando, dall’altro, la partecipazione dei cittadini alla vita pubblica.

Il ruolo della comunicazione consiste dunque nel rendere possibile un dialogo aperto alle aspettative del contesto, all’ascolto delle ragioni e alle proposte delle parti in causa (azienda-collaboratori interni e azienda-stakeholders esterni) determinando così - nella gestione un incontro di posizioni dialettiche ma non contrapposte. Il bilancio sociale, dunque, rappresenta il veicolo attraverso il quale le Amministrazioni possono comunicare ai propri interlocutori gli impatti prodotti dalle proprie scelte politiche e gestionali sulla qualità della vita all’interno

(20)

20

alle relazioni tradizionali esistenti tra impresa, dipendenti e azionisti che definiscono, invece, il valore economico. .

Figura 1.1 30

della propria comunità, nonché valutare la coerenza tra quanto programmato e quanto, invece, operativamente realizzato. Il processo di rendicontazione sociale è un processo ciclico, le cui fasi fondamentali sono: 1.la definizione degli elementi di fondo, 2.principi di rendicontazione sociale all’interno dell’organizzazione, 3. la comunicazione dei risultati. Infine è importante sottolineare che esistono diverse forme di bilancio sociale: 1.bilancio sociale annuale-bilancio sociale di mandato,2.bilancio ambientale,3.bilancio di settore,4.bilancio di genere. Non esiste una modalità di rendere conto più corretta delle altre: va di volta in volta scelta la più idonea a seconda del soggetto, degli utenti, delle finalità che ha il processo di rendicontazione, del contesto sociale e politico di riferimento.”

http://qualitapa.gov.it/customer-satisfaction/ascolto-e-partecipazione-dellutenza/rendicontazione-sociale/aggiornato al 01-09-2015

30 Relazione tesi di Laurea,relatore Prof. Massimo Cane, titolo: Strumenti della Responsabilità

Sociale d’Impresa: bilancio sociale e SA 8000 Il caso Tecnicart s.r.l., facoltà di Economia, Cuneo, Ac 2008-2009

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21 Figura 1.2 31

31Luciano Hinna, Come gestire la responsabilità sociale dell’impresa, il sole 24 ore, Milano ,

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22

1.2

EVOLUZIONE DEL CONSUMATORE: CONSUMO CRITICO

E RESPONSABILE

.

Il consumo critico è una modalità di scelta di beni e servizi, che prende in considerazione gli effetti sociali e ambientali dell’intero ciclo di vita del prodotto32, e determina gli acquisti dando a tali aspetti un peso non inferiore a quello attribuito a prezzo e qualità. . Concretamente, il “consumatore critico” orienta i propri acquisti in base a criteri ambientali e sociali, che prendono in considerazione le modalità di produzione del bene, il suo trasporto, le sue modalità di smaltimento e le caratteristiche del

soggetto che lo produce. .

Tale atteggiamento nasce dalla considerazione che qualsiasi bene o servizio ha un “peso” sociale e ambientale in quanto per produrlo e farlo arrivare sul luogo in cui viene utilizzato sono state utilizzate materie prime, sono stati messi in atto processi produttivi che hanno delle conseguenze sull’ambiente, è stata consumata energia, e sono stati impiegati lavoratori.

32va dalla nascita al declino passando per lo sviluppo e la crescita. Il ciclo di vita del prodotto

ha quattro fasi principali, che rappresentano la sua evoluzione: introduzione, crescita,

maturità, declino. Via via che un prodotto percorre il proprio ciclo, le strategie riguardanti la

concorrenza, il pricing, la distribuzione, la promozione, e le informazioni sul mercato devono essere valutate periodicamente ed eventualmente modificate.” Fabrizio Gritta, Corso base di Marketing, sovera edizioni, 2014, p.71

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23

Lo scopo del consumo critico è quello di ridurre al minimo questo peso, attraverso un’azione che si muove su due livelli: da una parte riducendo l’impatto ambientale33 e sociale della propria spesa e dall’altro contribuendo con le proprie scelte ad indirizzare le politiche dei soggetti protagonisti del mercato.

Se per molti il consumo critico è solo una modalità di acquisto, per una fetta crescente di consumatori si sta trasformando in un vero e proprio stile di vita.34 La complessità degli argomenti che pesano nella decisione d’acquisto rispecchia

la complessità del sistema economico mondializzato.

L’unico approccio realistico è quindi quello della libertà individuale, informata, responsabile e rispettosa di quella altrui. . Consumare in modo “sostenibile” significa porre il concetto di rispetto al centro delle nostre azioni: rispetto degli altri, delle generazioni attuali e future che vivono accanto a noi o lontane dalla nostra quotidianità; rispetto della differenza e delle diversità; rispetto dell’ambiente e delle risorse che ci offre il

pianeta Terra, rispetto di noi stessi. .

33Alterazione da un punto di vista qualitativo e quantitativo dell’ambiente, considerato come

insieme delle risorse naturali e delle attività umane a esse collegate, conseguente a realizzazioni (installazioni industriali, tracciati ferroviari o autostradali, reti di distribuzione dell’energia ecc.) di rilevante entità.” http://www.treccani.it/enciclopedia/impatto-ambientale/

34 http://www.unimondo.org/Guide/Economia/Consumo-critico/(desc)/show - Scheda

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Non solo, ultimamente il commercio equo e solidale35 dalle botteghe è entrato di diritto all’interno della grande distribuzione e per sua stessa volontà.

«Il commercio equo è in crisi di crescita. L’impennata dei fatturati, in Paesi come l’Italia, impone grandi sforzi agli importatori.

Devono adeguare le strutture, assumere personale, accentuare l’apertura alle vendite nei supermercati senza scivolare in una logica puramente mercantile.

Le stesse botteghe del mondo sono sotto pressione. La tentazione di rallentare e dedicarsi alla cura dell’esistente è molto forte. Ma il fair trade sta vivendo una

fase storica molto speciale.

Ha aumentato i volumi, acquistato prestigio, guadagnato attenzione. Ha saputo individuare alcuni punti critici del sistema economico dominante, ha fornito sul campo delle risposte»36

35 “è una forma di commercio che garantisce al produttore e ai suoi dipendenti

un prezzo giusto e predeterminato, assicurando anche la tutela del territorio. Si oppone alla massimizzazione del profitto praticata dalle grandi catene di distribuzione organizzata e dai grandi produttori. Carattere tipico di questo commercio è di vendere direttamente al cliente finale i prodotti, eliminando qualsiasi catena di intermediari.” http://www.cpsette.it/il-commercio-equo-e-solidale-3256, 22/02/2016, 15:00.

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25

1.2.1 I CRITERI DI SCELTA 37

La pratica del consumo critico non consiste tanto nel rispetto di criteri predeterminati, quanto nell’abitudine di porsi delle domande prima di scegliere un prodotto. .

Esistono tuttavia dei criteri riconosciuti da tutti i “consumatori critici”, anche se il numero di quelli presi in considerazione e il grado di rigidità con cui sono

osservati varia moltissimo da persona a persona.

I criteri riguardano la dimensione etico - sociale e quella dell’impatto ambientale, e possono essere raggruppati in due categorie: quelli che riguardano il produttore o il venditore, e quelli che riguardano il prodotto. Per quanto riguarda il soggetto che produce o vende il prodotto sono presi in considerazione:

1) Condizioni dei lavoratori: sono evitate le aziende che delocalizzano la

produzione in Paesi in cui non sono garantiti i diritti dei lavoratori in termini di condizioni di lavoro, orari, salari. . Per i prodotti del sud del mondo, sono preferiti i prodotti del commercio equo e solidale, che assicurano un giusto compenso ai produttori

37 Tratti da http://www.unimondo.org/Guide/Economia/Consumo-critico/(desc)/show -Scheda

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delle materie prime e agli altri soggetti della filiera produttiva38. 2)Politiche ambientali: sono evitate aziende impegnate in progetti ritenuti

dannosi per l’ambiente sono preferite quelle hanno ottenuto certificazioni che attestano una

gestione aziendale39 a basso impatto ambientale.

3) Investimenti: sono evitate le aziende che investono in armamenti o in altri

settori ritenuti eticamente accettabili.

38“Da molti anni si discute come debba essere definito il termine “filiera”. Il termine filiera può

essere utilizzato per descrivere un processo che tende alla integrazione in sequenza, per portare un prodotto dal campo alla tavola del consumatore finale. E’ un processo che, partendo dalla decisione di produrre, arriva, attraverso un numero più o meno consistente di fasi, a vendere sul mercato un prodotto finito, che consente di remunerare al meglio i diversi fattori che apportano valore all’intero processo.[…] In termini operativi, le fasi di un processo in filiera sono:

1.la produzione della materia prima; 2. La lavorazione della materia prima per ricavare ed ottenere un prodotto adatto al consumo umano; 3. I servizi per qualificare il prodotto; 4. La ricerca scientifico-tecnologica che tende a migliorare la materia prima in varie forme e sotto vari aspetti; 5. La fase logistica per rendere il prodotto meglio e più rapidamente trasportabile verso i mercati; la più idonea conservazione del prodotto, soprattutto di quello sottoposto a lavorazione; 6. Le fasi di commercializzazione che individuano e scelgono i mercati, dove il prodotto può essere meglio apprezzato, e quindi, mirano a massimizzare il suo valore.” https://puntoponte.wordpress.com/2014/06/02/il-concetto-lorganizzazione-e-il-processo-di-filiera-produttiva/ 2 giugno 2014

39 Secondo Onida <<la gestione d’azienda è il sistema di operazioni simultanee e successive che

dinamicamente si dispiega, finchè l’azienda ha vita, per il raggiungimento dei fini della medesima>> G. Zappa, Le produzioni nell’economia delle imprese, tomi I,II,III, vol.1, Giuffrè,Milano, 1957,pag 93

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27

4) Dimensioni: sono evitate le aziende multinazionali, ritenute colpevoli di

strategie commerciali aggressive che portano alla scomparsa delle imprese medio - piccole, che invece sono preferite per il loro maggior legame con l’economia locale. .

5)Campagne di boicottaggio: sono evitate le aziende sottoposte a campagne

internazionali di boicottaggio che evidenziano comportamenti particolarmente gravi dal punto di

vista etico o ambientale. .

Per quanto riguarda il prodotto sono presi in considerazione i seguenti parametri:

1)Provenienza: sono preferiti i prodotti locali o comunque realizzati il più vicino

possibile, per ridurre il consumo di energia e l’emissione di gas di scarico causato dai trasporti.

2)Stagionalità: sono preferite frutta e verdura di stagione, per evitare il

consumo di energia dovuto alla coltivazione in serra, al surgelamento o al trasporto da altri Paesi. .

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28

3)Metodo di coltivazione: sono preferiti i prodotti da agricoltura biologica, che

garantiscono il rispetto del terreno dove sono coltivati.

4)Fonte energetica: sono preferiti i sistemi di riscaldamento e di produzione

dell’energia che utilizzano energie rinnovabili, come le biomasse, l’energia solare e quella eolica.

5)Materie prime: sono evitati prodotti fatti con materie prime altamente

inquinanti o rare (ad esempio legno tropicale da foreste primarie) e sono preferiti prodotti a base di materiali riciclati o di cui è garantita la rinnovabilità.

6)Ciclo produttivo: sono evitati prodotti la cui produzione richiede grandi

consumi di energia o risulta altamente inquinante. La valutazione riguarda anche gli imballaggi.

7)Consumo energetico: sono preferiti elettrodomestici, impianti di

illuminazione e altre attrezzature elettriche ad alta efficienza energetica per ridurre i consumi energetici.

8)Imballaggio: sono preferiti i prodotti alla spina, sfusi, o comunque con pochi

imballaggi, per ridurre il consumo di risorse utilizzate per produrli ed evitare la produzione di rifiuti.

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9)Impatto ambientale: sono preferiti prodotti biodegradabili o a basso impatto

ambientale, ad esempio per quanto riguarda i prodotti per l’igiene e la pulizia della casa.

10)Durabilità: sono preferiti prodotti che durano nel tempo e possono essere

riparati per ridurre l’impiego di materie prime e la produzione di rifiuti. .

In certi casi tali criteri possono anche entrare in conflitto: è preferibile la verdura non biologica locale o la verdura biologica che viene da lontano? É meglio un frutto di stagione locale o una banana del commercio equo e solidale? La risposta sarà diversa a seconda del peso che ciascun consumatore dà ai singoli criteri. .

(30)

30

1.3

Impresa da Soggetto Economico ad Attore Speciale

Nel 1927 G. Zappa afferma che “la scienza che studia le condizioni di esistenza e le manifestazioni di vita delle aziende, la scienza ossia dell’amministrazione

economica delle aziende” è l’economia aziendale.

“il momento logico generatore dell’economia aziendale si ritrova nell’idea di un’attività economico-aziendale volta al raggiungimento dei fini, per i quali necessariamente ogni azienda è istituita e retta”. .

Investigare sugli obiettivi e i fini che gli operatori economico “aziende” si pongono per il loro operare può sembrare semplice o pleonastico. Per accomunare tutti gli studiosi di economia il problema si potrebbe facilmente risolvere sostenendo che il fine ultimo di ogni azione economica è il soddisfacimento dei bisogni umani. Ma l’azienda, come fenomeno oggettivo che prescinde dagli individui che la conduce, può avere un fine di questo genere? E se, come alcuni sostengono, i fini di chi imposta e decide delle sorti aziendali prevalgono su tutto, non emergono forse fini a prevalente carattere soggettivo dove difficile è trovarne uno comune? Inoltre, è possibile individuare un fine

unico valido per tutte le categorie d’azienda??40

<< Il sistema d’azienda è comunque un sistema sociale profondamente diverso

40L Marchi, introduzione all’economia aziendale, il sistema delle operazioni e le condizioni di

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31

dai sistemi fisici e dai sistemi biologici. Non solo, costituisce l’espressione più elevata del comportamento umano in campo economico e, pur creata e composta da più individui (unità economica del sistema sociale) è diversa dalle altre istituzioni sociali quali la famiglia, le chiese, i partiti, i sindacati, le associazioni, gli stati, ecc. E’ stato sostenuto che tre sono i principali elementi di differenza >>41 .. 1. L’azienda, rispetto agli individui che la compongono, è priva del legame volontaristico, di tipo giuridico-morale, che, invece, caratterizza e unisce gli

individui degli altri sistemi sociali; .

2. L’azienda crea ricchezza nel senso che nel processo di trasformazione non si limita al consumo di elementi naturali ma crea nuovi beni non rivolti semplicemente ai propri stessi membri ma all’ambiente esterno; 3. L’azienda manca di unità d’interessi e di finalità comuni. Esiste cioè un legame complesso tra gli individui che è di tipo conflittuale: capitalisti (vale a dire portatori di denaro con vincolo di capitale) e lavoratori perseguono fini diversi (i primi si aspettano un risultato economico positivo dell’attività aziendale i secondi hanno un compenso svincolato dagli andamenti economici della gestione in quanto fattori produttivi) A diluire, o modificare, il conflitto esiste

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32

anche la categoria dei dirigenti che per funzioni svolte si colloca, a volte, anche nell’ambito della figura del soggetto economico.42

In particolare, è stata dimostrata l’infondatezza dell’asserto secondo il quale le azioni umane, oltre a essere sempre orientate alla razionalità e all’interesse personale, sarebbero poi prevedibili in virtù del fatto che una risposta corrisponde in modo univoco a uno specifico stimolo.

In verità, il funzionamento di un’azienda è condizionato fortemente dalla

componente umana. .

I membri di un’organizzazione, da un lato non sono mossi unicamente da motivazioni egoistiche e dal perseguimento del proprio tornaconto; dall’altro, non possono meccanicamente conformarsi alle regole imposte dalla struttura e

alle finalità istituzionali dell’azienda. .

Agendo in tal modo, essi alterano il funzionamento del sistema operativo introducendo elementi di imprevedibilità legati a fattori affettivi e psicologici. Ciò che preme rimarcare è che a ogni livello dell’organizzazione, dalla base sino al vertice, l’azione umana oltre che affettività e sentimenti apporta valori morali, quelli dettati dalla coscienza individuale, ed etici, quelli condivisi intersoggettivamente.

Quando non vi è compatibilità tra le finalità istituzionali dell’impresa e le

42 L Marchi, introduzione all’economia aziendale, il sistema delle operazioni e le condizioni di

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33

soggettività che vi operano sorge un conflitto: le motivazioni e le aspirazioni individuali tendono a contrapporsi alle regole, alle strutture formali e agli scopi

della razionalità economica. .

In un tale scenario, l’unità produttiva diviene un luogo fortemente conflittuale e turbolento, perdendo i caratteri di unitarietà e coerenza che gli si attribuiva. Accanto a una struttura formale se ne scopre una informale, dove convergono molteplici attori con razionalità e motivazioni all’azione non sempre coerenti. La presunta coesione interna dell’impresa, da caratteristica intrinseca, diviene un problema da analizzare. Anche gli scopi, non più definibili dall’esterno, sono analizzati in chiave dinamica, come frutto di un processo decisionale di natura negoziale tra diversi attori, che strutturano, e al medesimo tempo sono strutturati, dall’ambiente organizzativo.

Da tali presupposti, si perviene a una visione dell’impresa più complessa.

Si assume che l’organizzazione non è dotata di una personalità propria né ha obiettivi propri; ma è paragonabile a un contesto d’azione in cui si coordinano e si gestiscono rapporti di cooperazione, di scambio e di conflitto tra attori con interessi divergenti.

Accanto all’imperativo dell’efficienza economica e della massimizzazione dei profitti, coesistono anche altre finalità, giacché il conseguimento degli obiettivi operativi di produzione non è una condizione sufficiente a garantire la

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Nei casi estremi, quando è messa in pericolo la sua stessa esistenza, un’organizzazione può modificare o addirittura stravolgere gli obiettivi iniziali per abbracciarne di nuovi, sui quali convergono più interessi e che raccolgono maggiore consenso tra gli attori.

Difatti, la permanenza in vita di un’impresa non dipende solo dal raggiungimento di un equilibrio interno, ma è strettamente legata alla capacità di ottenere dall’ambiente esterno le risorse necessarie43.

Un’organizzazione, per poter avanzare delle pretese legittime rispetto alle risorse di una società, deve godere di un sostegno culturale, nel senso che le sue azioni devono essere reputate in modo generalizzato desiderabili o appropriate rispetto a un sistema di norme e valori costruito socialmente Sono numerosi i contributi che hanno analizzato l’influenza dell’ambiente esterno sulle strutture, sul funzionamento e sui risultati di un’impresa. .

Si è sottolineata l’importanza del fatto che i valori di un’organizzazione siano necessariamente coerenti con i valori più generali della società.

Secondo Selznick44 e i teorici delle contingenze, le imprese non possono operare indipendentemente dal contesto sociale di riferimento, ma devono

43 Come evidenzia il Bertini l’azienda è un sistema aperto e dinamico <<che si rinnova

continuamente per effetto del mutare dei vincli interni e delle condizioni ambientali>> e che instaura continue relazioni con il mercato in un <<processo di apertura>> verso l’esterno. Cfr U.bertini,Il sistema d’azienda.Schema di analisi, Giappichelli ,1990 cit p.29;p83

44 Philip Selznick (1919-2010), professore emerito di diritto e sociologia all’università

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35

necessariamente affrontare le pressioni ed i condizionamenti che questo esercita.

L’impresa per mantenersi in vita deve adattarsi all’ambiente esterno, rivedendo i propri scopi o adeguando la propria struttura45.

Al riguardo, ancora più articolata è la corrente di pensiero neoistituzionalista, che fa coesistere, accanto a un ambiente tecnico, un ambiente istituzionale Il primo premia le organizzazioni in grado di esercitare con più efficienza ed efficacia il pieno controllo del sistema produttivo; il secondo, elabora le regole e le caratteristiche necessarie affinché un’organizzazione possa ottenere

legittimazione e sostegno dall’esterno.

Il bilancio sociale e tutti gli strumenti di rendicontazione46 si inseriscono in un

dell’istituzionalismo nell’analisi organizzativa. Alcune opere: Selznick, Philip (1943). "An

Approach to a Theory of Bureaucracy". American Sociological Review 8 Selznick, Philip (1948). "Foundations of the Theory of Organization". American Sociological Review 13 ;Selznick, Philip (1949). TVA and the Grass Roots: a Study in the Sociology of Formal Organization. Berkeley: University of California Press.;Selznick, Philip (1957). Leadership in Administration: a Sociological Interpretation. Evanston, IL: Row, Peterson.

45 <<Considerando la dinamicità dell’ambiente, ne deriva che il rischio di crisi d’impresa è

determinato dalla incapacità o impossibilità dell’azienda di percepire ed interpretare tempestivamente i mutamenti delle forse esterne e dunque nel modificare opportunamente le proprie forze interne>> Stefania Migliori, crisi d’impresa e corporate governance,Collana di studi aziendali applicati. Economia e Gestione aziendale,2013 p 29 L’azienda riceve dall’ambiente l’influsso di forze negative (minacce) da contrastare con tempestività ed efficacia, e di forze positive (opportunità) da cogliere e sfruttare adeguatamente. ” F.Poddighe, La localizzazione, aspetti e riflessi economico-aziendali,Pacini Editore,Ospedaletto,PI,1990,p.35

46 “La rendicontazione sociale comprende una serie di informazioni e di report diversi per

oggetto e finalità. In questa sede esaminiamo le varie specie di reconditazione sociale fino ad ora sperimentate dalle amministrazioni pubbliche. Le variabili da considerare per classificare i documenti di rendicontazione sociale sono quattro: a) il periodo temporale di riferimento per il

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movimento sociale che cerca di rimettere in discussione alcuni presupposti economici e sociali che erano dati per acquisiti da molto tempo. L’attenzione a mettere in campo comportamenti rispettosi di tutti coloro che interagiscono con un’organizzazione e le pesanti conseguenze, anche economiche, che possono verificarsi con azioni non attente al mondo che sta attorno alla propria attività, hanno portato sul tavolo dei top-manager le problematiche della responsabilità sociale.

Ci si è resi conto che nessuno può operare focalizzandosi solo ed esclusivamente sul proprio business. Ogni organizzazione assume precise responsabilità nei confronti di tutta le persone coinvolte, anche soltanto indirettamente, dalla propria azione.

Sempre nel XX secolo inizia a crearsi un distinguo fra consumo e produzione: da una parte si crea un corto circuito, per cui non è solo il consumo che determina la produzione, ma è la stessa produzione che determina i consumi, come avviene nello specifico dei consumi di massa veicolati da messaggi pubblicitari coercitivi; dall’altra si crea un distinguo fra la società del consumo e la società

della produzione.

I processi di delocalizzazione, infatti, tendono a spostare la produzione di ciò

quale si utilizzano gli strumenti a.1 Bilancio di Mandato, a.2 Bilancio di metà mandato; b) l’area della rendicontazione per cui si usano b.1 Bilancio di genere, b.2Bilancio ambientale, b.3 Bilancio di settore ; c) il grado di coinvolgimento degli stakeholder per cui si usa il Bilancio Partecipativo; d) i confini istituzionali, per cui in consuetudine di usa d.1 Bilancio consolidato, d.2 Bilancio del territorio.” A. Romolini,Accountability e bilancio sociale negli enti locali, Economia ricerche,2007, p 49-53

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che normalmente consumiamo (e che un tempo producevamo) in altri contesti, spesso molto distanti (geograficamente e culturalmente) da dove viviamo e da

dove consumiamo. .

La produzione delocalizzata ormai non riguarda solo quelli che vengono definiti prodotti coloniali (per la loro provenienza dalle colonie, come il caffè, il cacao, il tè), ma quasi tutto ciò che mangiamo, che indossiamo, che quotidianamente utilizziamo (dal cellulare all’asciugacapelli, dall’auto al computer).47 Durante la metà degli anni ’50 alle scelte aziendali riguardanti solo il raggiungimento di accettabili risultati economici, si affianca anche l’analisi degli effetti consequenziali di natura sociale, facendo sì che le imprese considerassero le responsabilità sociali come “il dovere di perseguire quelle politiche che sono giudicate desiderabili, rispetto agli obiettivi ed ai valori riconosciuti dalla società”. Il welfare state è caratterizzato da una chiara ripartizione tra i ruoli dello stato e quello del mercato; da un nuovo concetto di governance d’impresa imperniata sul ruolo crescente riconosciuto al management; dall’approvazione di una legislazione innovativa e dalla definizione di organismi di controllo pubblici volti a tutelare il funzionamento delicato tra mercato e sistema finanziario. In tale ambito, l’impresa è ritenuta una componente core per

47 Relazione tesi di Laurea, relatore Prof. Massimo Cane, titolo: Strumenti della Responsabilità

Sociale d’Impresa: bilancio sociale e SA 8000 Il caso Tecnicart s.r.l., facoltà di Economia, Cuneo, Ac 2008-2009

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l’equilibrio sociale e, perciò, la responsabilità sociale riconducibile all’attività aziendale a livello internazionale necessita di nuove capacità di gestione, che separino le funzioni di governance dalle funzioni del management. Le imprese diventano sempre più internazionali, ma le case-madri continuano ad essere localizzate nei paesi d’origine e, conseguentemente, trova spazio una nuova idea di CSR, ovvero il simultaneo raggiungimento dei risultati economici e l’affermazione di valori aziendali riconosciuti a livello sociale (soddisfazione dei consumatori e tutela dei lavoratori), così che l’impresa si trova al centro di un sistema sociale. Le case madri fissano le regole di condotta per le sedi delocalizzate e, quindi, tutte le organizzazioni coinvolte si trovano ad agire rispettando norme comuni stabilite dal centro. 48

48 Responsabilità Sociale d’Impresa e Stakeholder View, UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO –

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39

CAPITOLO 2

. La responsabilità Sociale

2.1 Che cos’è?

Una delle teorie classiche più accreditate sul riconoscimento della responsabilità sociale dell’impresa è quella nota appunto come teoria del “contratto sociale”49. Secondo tale teoria, tra azienda e società si viene ad instaurare un rapporto contrattuale. La prima, difatti, utilizza risorse della collettività (infrastrutture, sistema formativo, attrezzature sanitarie, ecc.), per le quali sostiene, di regola, un’imposizione inferiore al costo delle risorse utilizzate; e, per questa ragione, è chiamata a fornire alla collettività un contributo per il miglioramento della qualità della vita. Da ciò l’idea di una sorta di contratto virtuale, fondato su un vero e proprio “status di cittadinanza”. In altri termini, la corporate citizenship equipara l’unità produttiva a qualsiasi cittadino e si traduce nell’obbligo

all’assolvimento della responsabilità sociale. n. 67/05

Secondo il World Business Council for Sustainable Development50, “la

49Questa teoria è stata costruita soprattutto con i contributi di STEINER G, “social policies for

business”, California Management Rewiew, winter 1972, e DONALDSON T., Corporation and morality, Prentice Hall, Englewood Cliffs,1982

35”è un’associazione internazionale che riunisce circa 190 società, impegnate esclusivamente

nel campo degli affari e dello sviluppo sostenibile. Costituisce una piattaforma fondamentale in grado di consentire ai partecipanti la condivisione delle esperienze e delle migliori pratiche relative allo sviluppo sostenibile e di interagire con Governi e associazioni non governative di

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responsabilità sociale dell’impresa è il continuo impegno dell’azienda a comportarsi in maniera etica e a contribuire allo sviluppo economico, migliorando la qualità della vita dei dipendenti e delle loro famiglie, della comunità locale e più in generale della società”.51

La terminologia attuale Responsabilità Sociale d’Impresa (RSI) è essenzialmente la traduzione del termine anglosassone Corporate Social Responsibility (CSR) che sta a significare che le imprese adottano di propria iniziativa un approccio che tenga conto dei valori di natura etica, sociale, ambientale, di sostenibilità in quanto si sentono “soggetto sociale”.

In realtà è molto difficile se non impossibile trovare una definizione che sia accettata universalmente a causa delle diverse formulazioni, che il concetto di responsabilità sociale, ha subito nel tempo.

Dalla letteratura si evincono varie interpretazioni52, ma nessuna può ritenersi

più significativa rispetto alle altre. .

[https://en.wikipedia.org/wiki/World_Business_Council_for_Sustainable_Development

25/03/2016 ,17 00]

51SERGIO SCIARELLI, L’ampliamento della responsabilità sociale dell’impresa, Sinergie,

maggio-agosto 2005

52 “la responsabilità sociale non è funzione residuale e secondaria dell’impresa: al contrario, la

responsabilità sociale diventa la missione principale dell’impresa, l’obiettivo che la costituisce e la giustifica.” Carrassi-Peragine, Responsabilità sociale d’impresa, fondamenti teorici e strumenti di comunicazione, Economie-Ricerche,2007 pag 8 “se si dovesse dare una definizione in pratica della RSI essa dovrebbe fondarsi almeno su tre elementi: oltre la

normativa perché il comportamento socialmente responsabile è adottato al di là delle

prescrizioni normative proprie di tutte le imprese; volontarietà perché l’adesione al contratto socialmente responsabile deve essere una scelta libera dell’impresa; sostenibilità perché le imprese nella loro attività devono considerare anche gli effetti sociali e ambientali. La RSI ha

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Nel suo Social Responsibilities of the Businessman53 del 1953, Howard Bowen54, sottolineava “l'obbligo per le aziende di mettere in atto quelle politiche, prendere quelle decisioni o seguire quelle determinate linee di azione che consentano loro di raggiungere risultati desiderabili in accordo con gli obiettivi e i valori della società”, punto di vista che si trovava in forte disaccordo con Milton Friedman55, premio Nobel per l'economia, per il quale la sola

attenzione alle necessità delle generazioni presenti operando anche per le generazioni future con un approccio secondo cui le prestazioni dell’impresa devono essere misurate attraverso una rendicontazione integrata delle dimensioni economiche, sociali, ambientali.” Casotti, la responsabilità sociale delle imprese, ipsoa, 2005

53grazie al contributo dell’economista Howard Rothmann Bowen, conosciuto come il “padre”

della Corporate Social Responsibility. Nel noto saggio “Social Responsibilities of the Businessman”, egli definisce la responsabilità sociale come le responsabilità che, ragionevolmente, il businessman dovrebbe assumere nei confronti della società vanno ben oltre il raggiungimento del profitto, considerato l’unico obiettivo e impegno di un’impresa, inteso cioè come “un reddito composito che assomma in un unico e non scindibile complesso le rimunerazioni di molti fattori che nella produzione d’impresa insieme contribuiscono alla formazione di utili o delle perdite di esercizio” (Zappa, 1956).” Alberto Dello Strologo,

Corporate Social Responsibility nell’esperienza statunitense ed europea, in Diritto Mercato e Tecnologia, 2011

54 Howard Rothmann Bowen (October 27, 1908 – December 22, 1989) economista americano,

alcune sue opere sono: Toward Social Economy (1948),Social Responsibilities of the

Businessman (1953),The Business Enterprise as a Subject for Research (1955), Automation and Economic Progress (1966),Technology and Employment (1966),The Finance of Higher Education (1968), Efficiency in Liberal Education (1971), Who Benefits from Higher Education--and Who Should Pay? (1972),Evaluating Institutions for Accountability (1974),Investment in Learning (1977)

55 è stato un economista statunitense, esponente principale della scuola di Chicago. Il suo

pensiero ed i suoi studi hanno influenzato molte teorie economiche, soprattutto in campo monetario. Alcune delle sue opere tradotte in Italiano: Contestazione liberale , Firenze, Sansoni, 1975,Nessun pasto è gratis, Torino, Centro di ricerca e documentazione Luigi Einaudi, 1978,Il dollaro. Storia monetaria degli Usa (1867-1960), coautore Anna Jacobson Schwartz, titolo originale A monetary history of the United States : 1867-1960, UTET, 1979,Liberi di

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