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Coping Power Scuola, programma di prevenzione universale nella nella scuola primaria

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Academic year: 2021

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Università di Pisa

Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’ Area Critica

Corso di Laurea Magistrale in Psicologia Clinica e della Salute

Tesi di Laurea

Coping Power Scuola,

Programma di prevenzione universale nella scuola

primaria

Relatore

Dott. Pietro Muratori

Candidato

Sara Sandri

ANNO ACCADEMICO

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INDICE

INTRODUZIONE ... 3

CAPITOLO 1: Coping Power Program... 5

1.1 Coping Power a scuola come programma di Prevenzione Mirata per soggetti a rischio . 7 1.2 Coping Power in ambito clinico ... 9

1.2.1 Coping Power Program: Componente per i bambini ... 10

1.2.1 Coping Power Program: Componente per i genitori ... 15

1.3 Coping Power a Scuola come programma di Prevenzione Universale... 17

CAPITOLO 2: Coping Power Scuola applicato in classi di scuola primaria ... 25

2.1 Integrazione del programma nella didattica scolastica ... 33

2.4 Il Ruolo degli Insegnanti ... 36

2.3 “Barracudino Super Star” e Organizzazione in moduli ... 38

CAPITOLO 3: Studi Precedenti ... 68

CAPITOLO 4: Studio Clinico ... 70

4.1 Il metodo ... 70 4.1.1 Partecipanti ... 70 4.1.2 Strumenti ... 71 4.1.3 Procedura ... 72 4.1.4 Analisi dati ... 73 4.2 Risultati ... 75 DISCUSSIONI ... 76 Prospettive Future ... 79 CONCLUSIONI ... 80 Bibliografia ... 81

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2 RIASSUNTO

I responsabili del Progetto Sperimentale di Psicologia scolastica "La Danza delle Api" in collaborazione con il Servizio "Al di là delle Nuvole" IRCCS Fondazione Stella Maris, Università di Pisa e con la supervisione del Prof. John Lochman, Università dell’Alabama, hanno modificato il Coping Power Scuola in modo che il corpo docenti possa svolgerlo in autonomia, precedentemente istruito con uno specifico corso di formazione condotto dai clinici del Team Coping Power Scuola.

Lo scopo di questo studio è esaminare l’efficacia del Coping Power in ottica di programma universale per migliorare i problemi comportamentali a scuola, gestire meglio tutti gli alunni della classe e favorire l’inclusività potenziando i diversi tipi di apprendimento.

Per lo svolgimento di questo studio sono state contattate 40 classi di scuola primaria della Provincia di Lucca, Pisa e Spoleto.

All’inizio dell’anno scolastico 2014/2015, il campione è stato diviso in due gruppi: il gruppo sperimentale e il gruppo di controllo. Successivamente, gli insegnati delle classi del gruppo sperimentale hanno partecipato al corso di formazione sul Coping Power Scuola.

Sono state effettuate due misurazioni del comportamento generale di ogni alunno con il questionario “Strengths and Difficulties Questionnaire”- SDQ (Goodman, 1997; Tobia. 2011) versione italiana per gli insegnanti: la prima valutazione all’inizio dell’anno scolastico, prima di iniziare l’intervento, la seconda valutazione alla fine dell’attuazione del programma.

I risultati hanno evidenziato un miglioramento significativo dei sintomi emotivi, dei problemi comportamentali e dell’iperattività/disattenzione, in linea con i risultati dei precedenti studi che hanno contributo a evidenziare l’efficacia del Coping Power Scuola.

Il Coping Power Scuola si è dimostrato un programma efficace per migliorare il clima all’interno della classe, offrire nuove strategie didattiche e di gestione degli alunni favorendo l’inclusività di tutti, data la sua efficacia anche per le problematiche internalizzanti.

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INTRODUZIONE

Nel contesto scolastico odierno è frequente incontrare bambini con elevati livelli di comportamenti esternalizzanti che creano gravi problemi di gestione del contesto scolastico. La scuola, inoltre, è un ambiente ottimale per attuare interventi precoci, soprattutto di tipo universale.

Il Coping Power Program è un programma clinico molto efficace nel miglioramento dei Disturbi della Condotta e Oppositivo-Provocatorio, per questo, gli autori del programma hanno pensato di modificarlo in modo da poter essere attuato nelle scuole come intervento di prevenzione universale.

I responsabili del Progetto Sperimentale di Psicologia scolastica "La Danza delle Api", in collaborazione con il Sevizio "Al di là delle Nuvole" IRCCS Fondazione Stella Maris, hanno reclutato un campione di 901 alunni provenienti da 40 classi di scuola primaria della provincia di Lucca, Pisa e Spoleto.

All’inizio dell’anno scolastico 2014/2015, gli insegnanti di tutte le classi hanno compilato il questionario “Strengths and Difficulties Questionnaire”- SDQ (Goodman, 1997; Tobia, 2011) versione italiana per gli insegnanti, per una prima valutazione del comportamento generale di ogni alunno, successivamente il campione è stato diviso in due gruppi in modo casuale: il gruppo sperimentale e il gruppo di controllo.

Gli insegnati delle classi del gruppo sperimentale hanno partecipato al corso di formazione sul Coping Power Scuola prima di effettuare l’intervento, condotto dai clinici del Team Coping Power Scuola

L’obiettivo di questo studio è testare se il Coping Power Program può essere adattato come intervento di prevenzione nelle scuole sotto forma di programma universale, per migliorare il clima nella classe, favorire l’inclusività di tutti gli alunni, migliorare i comportamenti problematici e favorire l’apprendimento.

Alla fine dell’attuazione del programma, gli insegnati dei due gruppi hanno compilato l’SDQ per la seconda valutazione.

I risultati hanno evidenziato che il punteggio totale, dei sintomi emotivi e dei problemi comportamentali sono diminuiti nel gruppo sperimentale ma non nel gruppo di controllo, mentre i punteggi della scala iperattività/disattenzione sono diminuiti in entrambi i campioni, ma in modo più marcato nel gruppo sperimentale.

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Nel primo capitolo di questa tesi si è cercato di riscostruire le tappe principali della storia del Copin Power Program, dalla sua nascita nei contesti scolastici americani degli anni ’80 alla sua evoluzione nella clinica americana e successivamente in altri contesti europei.

Inoltre, sono stati spiegati sinteticamente i vari moduli del programma usato in clinica, i temi che trattano e le principali tecniche adottate per meglio comprendere in seguito, il passaggio dal contesto clinico al contesto scolastico.

Infine, sono state spiegate le ragioni principali dell’importanza di un programma di prevenzione nelle scuole, confermato già da vari studi.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità sottolinea come la mancanza di determinate abilità socio-emotive possa causare, in particolare nei ragazzi e nei giovani, l’instaurarsi di comportamenti negativi e a rischio in risposta a fonti di stress.

La scuola, sia per l’importanza che riveste nello sviluppo socio-cognitivo del bambino, sia per il modo in cui è strutturata e organizzata, rappresenta un ambiente ottimale per attuare un intervento preventivo, soprattutto per la capacità di mettere maggiormente in risalto la personalità degli alunni, facilitare la generalizzazione e per il fatto che tutti i bambini possono beneficiare dell’intervento.

Nel Capitolo 2 entreremo nel vivo del tema del nostro studio, il Coping Power Scuola.

In particolare verrà spiegata la metodologia innovativa dell’ultima modifica del programma: questo è inserito in un programma didattico che consente di potenziare nei bambini le abilità emotivo-relazionali e di gestione della rabbia mentre si svolge il programma didattico curricolare.

L’autonomia dell’insegnante nel fare prevenzione e l’integrazione nella didattica, elementi innovativi di quest’ultima modifica, sono stati ampiamente discussi.

Nel Capitolo 3 saranno presentati gli studi precedenti che hanno contributo a evidenziare l’efficacia del Coping Power Scuola: uno studio pilota (2009-2010) nel quale il programma è stato svolto in 4 classi del secondo ciclo della scuola primaria, uno studio randomizzato controllato (2010-2012) svolto in 9 classi del primo ciclo di scuola primaria, infine uno studio di follow-up (2014), sul medesimo campione dello studio randomizzato controllato è stato svolto un follow-up a 18 mesi.

Nel Capitolo 4 è stata descritta nei dettagli la metodologia dello studio oggetto di questa tesi, specificando obiettivo, caratteristiche del campione, strumenti utilizzati, risultati ottenuti e analisi dei dati.

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CAPITOLO 1: Coping Power Program

Il Coping Power Program (CPP) è un intervento specifico per la gestione e il controllo dell’aggressività, sviluppato principalmente per bambini e preadolescenti con diagnosi di Disturbo Oppositivo-Provocatorio e della Condotta.

Il programma è di matrice cognitivo-comportamentale e si basa sul Contextual Social-Cognitive Model di Lochman e Wells (2002), un modello ecologico dell’aggressività in età infantile derivato dagli studi sull’eziologia dell’aggressività in età evolutiva.

Questo modello sostiene che diversi fattori di rischio possono combinarsi tra loro e favorire l’insorgenza e l’aggravamento di disturbi esternalizzanti, distorcendo lo sviluppo socio-cognitivo del bambino e causando deficit di elaborazione dell’informazione sociale.

L’insorgenza del disturbo ha alla base fattori di rischio biologici del bambino come la presenza di un certo tipo di temperamento, problemi genetici o deficit serotoninergici.

In aggiunta al substrato biologico, si aggiungono caratteristiche familiari a rischio come presenza di psicopatologia nei genitori, soprattutto depressone materna o comportamenti delinquenziali paterni (Frick et al., 1992; Pfiffner et al., 2005) , stili educativi incoerenti e inefficaci (es. parenting negativo coercitivo) e infine, ma non di secondaria importanza, il contesto sociale e culturale: spesso tali famiglie si trovano a vivere con scarso supporto sociale, rientrano in classi socio-economiche basse e in contesti sub-urbani.

In particolare questo modello sottolinea l’importanza della relazione tra arousal, appraisal e problem solving.

[Figura 1]

Note:

AROUSAL = attivazione fisiologica del sistema nervoso autonomo in risposta a uno stimolo significativo.

APPRAISAL = valutazione dello stimolo.

AROUSAL PROBLEM SOLVING

Predisposizione biologica ad attivarsi

Iniziale valutazione cognitiva della situazione problematica

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PROBLEM SOLVING = capacità di risolvere i problemi in modo costruttivo valutando soluzioni alternative.

Lo schema mostra come le componenti appena elencate possono essere influenzate da una predisposizione biologica alla base.

L’altro approccio teorico a cui fa riferimento il CPP può essere individuato nella teoria del Social Learning, che pone l’attenzione sull’importanza del modeling nell’apprendimento di nuovi comportamenti.

Abbiamo appena spiegato che è molto frequente che bambini con Diagnosi di Disturbo Oppositivo-Provocatorio e della Condotta abbiano passato i primi anni della loro vita in contesti familiari sfavorevoli, ma la letteratura scientifica ha evidenziato che potenti fattori di rischio legati al Parenting non si trovano solo nella relazione Genitore-Bambino, spesso caratterizzata da scambi relazionali basati sulla coercizione (Patterson et al., 1986; Patterson, Reid & Dishion, 1992): anche alti tassi di conflittualità di coppia influenzano lo sviluppo di comportamenti aggressivi nei figli per apprendimento per imitazione (Baden K., Lochman J. & Wells K., In press).

I bambini crescono e imparano a vivere osservando coloro con i quali instaurano un rapporto significativo che fungono da “modello” (Bandura, 1973), prima di tutto le figure familiari come i propri genitori e i fratelli maggiori, successivamente anche con gli insegnanti e questo influisce molto sul processo di apprendimento.

In clinica dell’età evolutiva, il modellamento (modeling) è una tecnica usata in modo esplicito per produrre nuovi apprendimenti o nuove abilità.

Facciamo un esempio di come un bambino arrivi a sviluppare negli anni un problema di rilevanza clinica a partire da una sua predisposizione: può nascere un bambino che fin dai primi mesi, per una sua predisposizione biologica, si attivi subito al minimo disagio, abbia un’immediata risposta psicofisiologica allo stress e pianga sempre.

È frequente che in tali situazioni, la relazione genitore-bambino si riduca esclusivamente alla gestione del figlio, il parenting positivo diminuisca e negli anni, questa mancanza di coinvolgimento affettivo, porti a un mancato apprendimento delle modalità d’interazioni positive ed efficaci con gli altri.

Come mostrato nella figura 1, il livello di arousal influisce sulle capacità di problem solving intensificando una risposta disfunzionale (es. arrabbiarsi al rifiuto dei pari in età scolare). Tornerò a parlare di questo argomento nei prossimi paragrafi quando entreremo nel vivo della nostra ricerca sull’adattare il programma nelle scuole in ottica di prevenzione universale.

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1.1 Coping Power a scuola come programma di Prevenzione Mirata per

soggetti a rischio

Inizialmente Lochman e Wells hanno sviluppato un programma denominato Anger Coping Program, che prevedeva sessioni di gruppo solo per i bambini e adolescenti definiti “aggressivi” (Lochman et al., 1984; Lochman & Lenhart, 1993; Lochman & Wells, 1996 ). Come abbiamo visto poco fa, secondo il Social Cognitive Model, il comportamento aggressivo nei bambini è spesso un riflesso dell’incapacità di regolare le proprie emozioni in risposta a stimoli percepiti come pericolosi.

Questo stile di comportamento stabile provoca nei bambini fallimenti scolastici, abbandono della scuola e cattive relazioni con i pari, mentre in età adolescenziale è un potente fattore di rischio per il Disturbo della Condotta, delinquenza e abuso di sostanze.

L’ Anger Coping Program è un intervento progettato per la scuola volto a ridurre il rischio di tali disturbi in futuro.

Il programma si è focalizzato sulle distorsioni cognitive, che caratterizzano questi bambini. È stato scelto di lavorare in gruppo perché risulta più efficace in quanto permette ai bambini di ricevere feedback tra pari, permette apprendimento esperienziale in vivo e aumenta la probabilità di generalizzazione in altri contesti.

Gli incontri sono stati guidati da 2 operatori ogni settimana per 12 settimane, la durata di ogni incontro è stata di 45-60 minuti, in un gruppo di 4/6 bambini.

Il programma svolto nelle varie sessioni aveva come obiettivo di migliorare le capacità cognitive dei bambini, migliorare la consapevolezza di se stessi, migliorare le abilità di Prespective-Taking, migliorare l’autocontrollo attraverso le auto-istruzioni e favorire il problem solving sociale per migliorare le situazioni di conflitto.

Sono stati usate tecniche di Role-playing e varie attività che generano l’aumento di arousal, il rinforzo positivo e i feedback sono stati utilizzati per sostenere l’acquisizione delle abilità. Il Role-play è una tecnica terapeutica molto utilizzata nella quale il bambino prova a mettere in atto alcuni comportamenti in una situazione controllata, dopo aver fatto esperienza, l’obiettivo è far sì che il bambino riesca ad attuarli in situazione reali in modo più efficace; nei contesti di gruppo è una tecnica molto utile, come nel nostro caso.

Il rinforzo è utilizzato dal terapeuta, e, come abbiamo già affermato, spontaneamente dal gruppo dei pari, ed è una conseguenza positiva di una risposta che ha l’effetto di aumentare la probabilità di attuare quella risposta in futuro. Il rinforzo sociale da parte dei pari è molto

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potente per i bambini con questi tipi di problematiche e in generale per tutti i bambini in età scolare.

L’intervento prevedeva anche “la definizione degli obiettivi”: gli incontri per definire gli obiettivi sono stati effettuati ogni settimana per 8 settimane. I bambini sono stati invitati a stabilire obiettivi personali settimanali, monitorati dagli insegnanti e ricompensati se raggiunti con successo.

L’efficacia dell’Anger Coping Power è stato studiato a metà degli anni ’80 in Pennsylvania (Lochman et al., 1984; Lochman & Lampron, 1988; Lochman & Wells, 1996).

Il campione era formato da 76 ragazzi di età compresa tra i 9 e i 12 anni, il 53% del campione era afro-americano, il resto era caucasico. I soggetti provenivano da 8 scuole diverse e il primo screening sul comportamento aggressivo è stato fatto dall’insegnante valutando gli alunni attraverso la Missouri Children’s Behavior Checklist (MCBC, Sines et al., 1969). In seguito i ragazzi sono stati assegnati a una delle 4 condizioni:

- Anger Coping (AG) - Goal Setting (GS)

- Combinazione dei primi due interventi (AG + GS) - Gruppo di controllo senza nessun trattamento (GC)

Alla valutazione post trattamento è stata evidenziata una diminuzione significativa del comportamento aggressivo nel gruppo dove sono stati uniti i due interventi (AG + GS): non solo gli insegnanti in classe, anche i genitori hanno riportato una riduzione del comportamento aggressivo sulla MCBC rispetto ai controlli.

Questo studio ha dimostrato come l’Anger Coping Power ha come target l’assetto cognitivo sociale tipico dei bambini che esibiscono problemi tipici del comportamento dirompente. Il programma è risultato più efficace nell’apportare miglioramenti a breve termine sul comportamento dirompente e aggressivo dei bambini. I risultati hanno anche suggerito che le strategie comportamentali (ad esempio, di monitoraggio e di rinforzo) combinate agli interventi cognitivi, avevano maggior efficacia.

Le analisi di follow-up a 7 mesi sono state condotte su un sotto campione di 32 ragazzi e dopo 7 mesi non sono stati mantenuti gli effetti del trattamento.

L’anno successivo Lochman ha esteso in un formato di 18 sessioni il programma composto dai due interventi uniti, l’Anger Coping e il Goal Setting Program (Lochman, 1985).

In questo nuovo formato sono state effettuate maggiori esperienze di role-playing e maggiori discussioni sulle situazioni che suscitano la rabbia.

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L’efficacia del programma è stata valutata su 22 ragazzi, età media di 10 anni e 4 mesi, identificati dai loro insegnanti come i più aggressivi e disturbanti della loro classe, come in precedenza.

In un disegno quasi-sperimentale, questo campione è stato confrontato con il campione dello studio precedente (N=76) che era stato assegnato sia alla versione composta da 12 sessioni dell’Anger Coping, alla condizione del Goal Setting, all’originale combinazione dei due interventi, e al gruppo di controllo.

Al pre-test i gruppi erano simili per quanto riguarda le osservazioni del comportamento dirompente-aggressivo. I 22 ragazzi che hanno ricevuto la nuova versione del programma hanno mostrato migliori prestazioni nei compiti (on-task), minor passività (off-task) e una diminuzione dei comportamenti aggressivi rispetto ai gruppi della prima versione.

Nel 1992 Lochman e colleghi hanno effettuato uno studio di follow-up su entrambe le versioni dell’Anger Coping Power per valutarne l’efficacia nel lungo termine dato che, fino a quel momento, altri studi di trattamenti cognitivo-comportamentali non avevano mostrato grandi effetti (Lochman et al., 1992).

Attraverso delle interviste strutturate sono stati valutati gli studenti 2,5-3,5 anni dopo la fine dell'intervento; il National Youth Survey (Elliot, Huizinga, & Ageton, 1985) ha indagato due problematiche: l’uso di sostanze e il comportamento deviante in generale.

I risultati di questa indagine hanno evidenziato che il livello di autostima e il problem solving sociale sono risultate le variabili moderatrici con maggior cambiamento in quanto target più importanti dell’efficacia del programma e un minor uso di sostanze stupefacenti rispetto al gruppo aggressivo senza trattamento.

1.2 Coping Power in ambito clinico

Il programma descritto nel precedente paragrafo è stato successivamente ampliato e modificato nel Coping Power Program che, oltre al lavoro con i bambini, prevede un lavoro anche con i genitori.

Come per l’Anger Coping Power , le ricerche svolte successivamente sull’efficacia di questo programma hanno dato risultati positivi: a livello comportamentale i ragazzi mostravano una riduzione di riposte aggressive e di abuso di sostanze, a livello cognitivo aumentava significativamente il problem solving sociale, un maggior uso di locus of control interno nel dare spiegazioni a quello che succedeva dentro di loro e nel loro ambiente e una diminuzione

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degli errori attributivi e delle aspettative ostili; i genitori, inoltre, miglioravano significativamente e mostravano maggior coerenza nelle loro pratiche educative (Lochman, Wells, 2002c).

Questi risultati non sono stati ottenuti solo nel contesto americano dove il Coping Power Program è nato, sono stati confermati anche in altri contesti clinici europei nei quali è stato applicato e studiato il programma (Van de Wiel et al., 2007; Zonnevylle-Bender et al., 2007; Muratori et al., 2012).

1.2.1 Coping Power Program: Componente per i bambini

L’intervento è stato ideato per i bambini degli ultimi anni della scuola primaria e i primi due anni della scuola secondaria anche se, con alcune modifiche, il programma è stato adattato anche per bambini più piccoli della scuola primaria e ragazzi adolescenti.

Come nella versione originaria del programma esplicata nel precedente paragrafo, il gruppo è formato da 4-5 bambini e due operatori, in ambito clinico i bambini sono inclusi nel gruppo terapeutico in base alla diagnosi di Disturbo Oppositivo-Provocatorio o Disturbo della Condotta secondo la nosografia internazionale.

L’intervento viene svolto in 34 sessioni, in ogni sessione si discute un tema preciso e obiettivi specifici e la sua durata è di circa 1 ora.

Prima di iniziare questo nuovo percorso è necessario costruire una buona alleanza terapeutica con i genitori per evitare fallimenti della terapia, è importante accogliere qualsiasi emozione e sentimento s’instauri nella relazione terapeutica per favorire una collaborazione reciproca. E’ necessario che il terapeuta comunichi con chiarezza come viene svolto il programma: la funzione dell’intervento, dei vari step e l’importanza della costanza degli incontri per il successo della terapia.

È importante incontrare ogni bambino individualmente prima di iniziare il lavoro di gruppo per spiegargli singolarmente cosa andremo a fare e come lavoreremo; i colloqui individuali saranno svolti una volta al mese per tutta la durata dell’intervento per non perdere di vista i bisogni del singolo all’interno del gruppo, per verificare se le nuove abilità della sessione svolta sono state acquisite e se sono generalizzate in altri contesti di vita.

I primi incontri hanno due scopi principali:

- favorire la coesione di gruppo: più unità si crea nel gruppo più probabilità avrà l’intervento di avere successo, è importante trasmettere ai bambini che insieme è più facile farsi forza e superare varie difficoltà, si cerca di promuovere la condivisione del “perché” si trovano a far parte di quel gruppo e degli obiettivi che ognuno si pone.

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È importante, inoltre, che l’operatore sposti il focus sulla rabbia, protagonista dei primi incontri e della vita di questi bambini, l’importanza di legittimare la sua presenza e imparare a starci in contatto.

- Discutere i “traguardi comportamentali”:

ogni bambino si pone degli obiettivi da raggiungere nella settimana, ne parla alla fine della sessione in gruppo e cerca di raggiungerlo nel tempo che intercorre tra un incontro e l’altro, in un primo momento nel contesto familiare, successivamente in quello scolastico.

Spesso per raggiungere un traguardo sono necessari più incontri, a volte sono necessarie settimane. Discutere su un traguardo, raggiunto o meno, è un grande spunto di riflessione per i bambini, un’occasione per fornire spiegazioni alternative non solo dall’operatore. Avanzando con gli incontri e facendo palestra con le proprie emozioni si instaura, quasi spontaneamente, quell’altruismo naturale che il gruppo smuove e spesso, le migliori strategie alternative, arrivano proprio dai compagni stessi, dai quei pari dai quali in altri contesti, bambini con questa diagnosi, si sentono rifiutati (Sturaro C. et al., 2011).

Il genitore (e poi l’insegnante) monitora i progressi dell’obiettivo, proprio per questo è importante incontrare prima i genitori per spiegare il loro ruolo di monitoraggio del comportamento e come compilare la scheda dei traguardi.

È importante mantenere l’aspettativa dei genitori contenuta nelle possibilità del bambino nel momento attuale, spiegare che l’obiettivo è il bambino stesso a porselo, è necessario che sia “realizzabile”.

Vengono stabilite delle “regole di gruppo” che potranno aumentare nel corso delle sessioni e saranno proprio i bambini stessi, secondo il loro giudizio, a proporle con l’aiuto degli operatori. In base a quanto vengono rispettate queste regole, alla partecipazione positiva agli incontri e al raggiungimento dei traguardi scelti, viene creato un “Sistema a Punti”: i punti conquistati potranno essere scambiati con dei premi, parallelamente viene spiegato il “Sistema delle Multe”, il bambino ha due avvertimenti se viola le regole, sono segnalati con due cartellini gialli, dopo di che perde un punto.

“Più si sa aspettare più il premio sarà grande”, sarà il bambino a scegliere se avere pazienza, acquistare più punti e aspettare il premio più soddisfacente, questo è molto importante per incrementare la capacità di procrastinare spesso carente in questi tipi di bambini.

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Brevemente presenterò i moduli del programma clinico per favorire, successivamente, la comprensione di come queste abilità saranno traslate nel racconto per le classi di scuole primaria che presenterò successivamente nel secondo capitolo.

I moduli si susseguono in modo lineare, in ogni modulo si apprendono abilità necessarie per essere predisposti a imparare le abilità dei moduli successivi.

Prima parte del programma: AUTOREGOLAZIONE EMOTIVA “Cos’è la rabbia? Come la riconosco? cosa faccio quando la sento?”

In questo modulo i bambini sono guidati prima a riconoscere la rabbia e poi a modularla, attraverso discussioni di gruppo e esercizi strutturati.

Vengono svolti esercizi di riconoscimento di tutte le emozioni fino a spostare il focus sulla rabbia, viene richiesto ai bambini quali sono le situazioni che maggiormente la suscitano in loro, vengono elencati vari segnali fisiologici della rabbia e chiesto ai bambini quali sono i vari comportamenti che segnalano che sono arrabbiati.

In seguito vengono incoraggiati a graduare l’intensità dell’emozione avvertita, ad esempio, tramite il “Termometro della Rabbia” nel quale prima si inseriscono il punto minimo e massimo di attivazione, in seguito i punti intermedi con l’aiuto del terapeuta, successivamente si attribuiscono dei nomi ai vari livelli della rabbia (es. infastidito – arrabbiato - furioso) e delle situazioni in cui si sono realmente vissuti (es. “quando mi prendono in giro”).

Per modulare la rabbia ci sono varie tecniche utili che con l’aiuto del terapeuta, il bambino può apprendere e attuare: per esempio, scrivere delle “autoistruzioni verbali” per costruire un dialogo interno, dei pensieri da utilizzare per contenere la rabbia e mantenerla a livelli sempre più bassi, oppure imparare a calmarsi attraverso la “respirazione profonda” e la “distrazione”. Una tecnica per aumentare l’arousal e sperimentare le nuove tecniche di gestione è la “provocazione strutturata” a rotazione.

In questo esercizio di role-play, in un primo momento vengono forniti ai bambini dei pupazzi, in questo gioco i pupazzi dei compagni devono deridere il pupazzo del bambino scelto, in un secondo momento, lo stesso esercizio viene ripetuto con i bambini in prima persona.

In questo tipo di attività si parte da stimolazioni di minor intensità (insulti diretti ai pupazzi), fino ad arrivare a stimolazioni più attivanti (insulti diretti al bambino).

Tramite il modeling il terapeuta supporta il bambino suggerendo varie strategie che lo aiutino a fronteggiare la rabbia in modo più adattivo mentre riceve derisioni simulate dal gruppo.

L’obiettivo di questo modulo è legittimare la presenza della rabbia perché è un emozione come le altre, riconoscere i segnali corporei che fanno accedere alla reazione aggressiva,

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rendere i bambini più consapevoli dei propri stati interni e mentre osservano le proprie reazioni, riuscire a osservare quelle degli altri imparando che ognuno può avere ragioni diverse per arrabbiarsi e di conseguenza diverse strategie per gestire le proprie emozioni e comportamenti.

Seconda parte del programma: PRESPECTIVE-TAKING and ATTRIBUTION RETRAINING “Cosa penso che l’altro pensi o faccia? Cosa prova l’altro in una determinata situazione?” Come possiamo dedurre dai due termini originali inglesi, in questa parte del programma i bambini saranno aiutati a migliorare la loro abilità di inferire gli stati mentali dell’altro, attribuire un significato all’intenzione altrui e quindi riuscire a cogliere la prospettiva dell’altro.

È un passaggio importante perché spesso i due tipi di aggressività (reattiva e proattiva) che troviamo in questi disturbi hanno specifici fattori socio-cognitivi: nel caso dell’aggressività reattiva, quindi usata per regolare le proprie emozioni, spesso un pensiero che si ripete nei bambini è “gli altri sono ostili”, mentre nel caso dell’aggressività proattiva, tipica di quei soggetti che mostrano uno scarso interesse per le emozioni altrui, freddezza e manipolazione,

usano l’aggressività per raggiungere i propri scopi, un pensiero tipico è “l’ho picchiato per raggiungere quel determinato obiettivo!”.

Una prima attività svolta in queste sessioni è la “Storia con il finale ambiguo” per evidenziare quanto spesso le emozioni che proviamo in un momento possano interferire con la capacità di riconoscere le intenzioni degli altri e ci allontanino dal percepire alcuni segnali altrui.

Inoltre, l’ambiguità della situazione non ci può far dire con esattezza l’intenzione dell’altro, ci sono poche informazioni, è normale che sia difficile interpretare con esattezza le intenzioni altrui.

Un’ altra attività simile è “l’interpretazione di scene ambigue” per evidenziare come ogni bambino, in base alla sua percezione, dia interpretazioni diverse a una stessa scena.

Le storie possono essere simulate dai bambini stessi in una sorta di “set cinematografico” in cui il giornalista intervista i personaggi della situazione chiedendo loro cosa provano e pensano prima che accada il conflitto.

L’attività delle ultime sessioni è “l’intervista all’insegnante”: prima di tutto gli operatori chiedono la disponibilità agli insegnati, dopo si chiede al bambino quale insegnante della sua classe vuole intervistare; il tema dell’intervista è la vita da studente del proprio insegnante e come ha scelto la sua professione. Viene presentata ai bambini una traccia di domande possibili e poi vengono sollecitati a proporne di nuove; questa intervista è importante

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soprattutto in situazioni di conflitto, il bambino ha la possibilità di osservare la prospettiva dell’insegnante.

L’obiettivo di questo modulo è modificare il meccanismo di causa-effetto nella mente del bambino, in seduta ci si abitua a sperimentare che ci sono diverse possibilità di lettura di una situazione e che ognuno, in base al suo modo di percepire, ha il suo modo d’interpretare la realtà.

Terza parte del programma: PROBLEM SOLVING

In questa parte del programma i bambini sono aiutati a gestire le situazioni conflittuali che si trovano a vivere, sono sollecitati a prendere in considerazione più scelte alternative e a considerare le varie conseguenze che possono avere le scelte prese.

Quindi viene presentato un modello sequenziale di risoluzione di problemi diviso in 3 fasi, prima di tutto è necessario identificare il problema, poi generare varie risposte alternative e infine valutare le conseguenze delle azioni.

In prima seduta può essere utile ragionare su alcuni ostacoli che un bambino trova di fronte a un traguardo, ragionando sul fatto che “c’è un problema da risolvere”; se il bambino porta un problema complesso è utile aiutarlo a scinderlo in problemi più piccoli che saranno l’antecedente del comportamento, chiedere al bambino come si è sentito e iniziare a dare delle alternative, qualsiasi proposta del bambino e del gruppo va bene, si scrivono le varie scelte, si ragiona sulle conseguenze di ogni scelta e infine si effettua la “scelta della scelta”.

L’operatore aiuta ogni bambino ad attuare lo schema appena descritto attraverso i Role-playing di situazioni conflittuali proposte dai bambini stessi. Spesso queste attività sono ripresi con una videocamera, il video vene condiviso successivamente con il gruppo, è utile poterne parlare e far emergere ancora più alternative di soluzioni alla situazione problematica.

L’obiettivo di questo modulo è aumentare l’abilità dei bambini di risolvere i loro problemi con successo, allenarli a scegliere una soluzione piuttosto che un’altra, che sia abbastanza adeguata in base anche alla valutazione delle conseguenze di una situazione problematica.

Quarta parte del programma: STABILIRE RELAZIONI POSITIVE CON I PARI

In questa ultima parte del programma l’obiettivo principale è resistere alle pressioni dei pari e instaurare relazioni con gruppi sociali più positivi, dato che, la frequentazione di gruppi devianti è un fattore di rischio per lo sviluppo di disturbi comportamentali.

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Come primo step di questo modulo si cerca di riflettere, con l’aiuto del terapeuta, sui motivi per i quali i bambini potrebbero cedere alla pressione dei pari e quindi recare disturbo nel contesto scolastico o commettere atti di bullismo.

I motivi principali riportati dai ragazzini sono il desiderio di accettazione e di approvazione e paura di essere derisi o picchiati se si rifiutano di stare alle regole imposte dall’amico o dai compagni.

Successivamente vengono discusse varie modalità per far fronte a queste pressioni ed evitarle in futuro.

L’attività principale per lavorare su questo tema è il Role-playing in cui si simulano situazioni proposte dai bambini e le strategie nuove vengono riportate su un cartellone da appendere o nel contesto clinico dove si svolgono gli incontri o a scuola.

Infine il programma si conclude con due sessioni in cui ciascun bambino è sollecitato a riflettere sulle proprie caratteristiche positive e su quelle che vorrebbero potenziare per aumentare le amicizie.

L’obiettivo di questo modulo è fornire ai bambini strategie utili per evitare di farsi coinvolgere in relazioni devianti ed episodi delinquenziali sviluppando e potenziando caratteristiche sociali verso gruppi di pari più positivi.

1.2.1 Coping Power Program: Componente per i genitori

La componente del Coping Power Program per i genitori è un intervento svolto in un gruppo di 4-5 coppie guidato da 1 o 2 terapeuti, la durata dell’intervento è di circa 16 sessioni, gli incontri vengono svolti ogni 2-3 settimane parallelamente a quelli dei bambini e la durata di ogni incontro è di circa 60-90 minuti.

Come per la componente per i bambini, anche in questo caso può essere utile incontrare ogni genitore individualmente prima degli incontri di gruppo per consolidare l’alleanza con il terapeuta e approfondire problematiche specifiche che riguardano il figlio.

Indipendentemente dal tema in questione, in ogni incontro si ripassano gli argomenti della sessione precedente, si parla dei compiti svolti a casa, si presenta la sessione attuale coinvolgendo i genitori nell’esposizione del nuovo argomento, si assegnano i compiti per casa discutendo i dettagli (come e quando svolgerlo) e infine c’è la discussione libera.

I temi principali delle sessioni sono: 1) GESTIONE DELLO STRESS

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Le prime sessioni con i genitori si concentrano sull’argomento dello stress, si discute di come varie forme di stress possono interferire negativamente nella vita quotidiana delle persone. Successivamente si sposta il focus su particolari fonti di stress, quelle legate al ruolo genitoriale, e come questo tipo di stress unito ad altri problemi quotidiani possano interferire negativamente tra loro.

L’obiettivo di queste sessioni è rendere i genitori più consapevoli di loro stessi, aiutarli a riorganizzare il modo in cui gestiscono il tempo, stabilire una priorità dei loro compiti quotidiani e prendersi cura dei propri bisogni.

2) MIGLIORAMENTO DELLA RELAZIONE CON IL FIGLIO

Questo modulo si apre con una parte teorica nella quale si rendono consapevoli i genitori del Social Learning e aiutarli a capire che non è una caratteristica del bambino a dover essere variata ma il suo comportamento.

Per rendere più efficace questo lavoro, viene spiegata la tecnica ABC che permette al genitore di osservare in modo sistemico il comportamento manifestato dal figlio cercando di metterlo in relazione con gli antecedenti (gli stimoli che presumibilmente l’hanno provocato) e le conseguenze (i rinforzatori che presumibilmente lo mantengono).

Una volta che si inizia a capire meglio la relazione che c’è tra antecedenti/comportamenti/conseguenze, nelle sessioni successive si allenano i genitori prima a premiare i comportamenti positivi con lodi e incoraggiamenti, poi ad usare in modo adeguato le conseguenze negative per diminuire la frequenza dei comportamenti disadattivi attraverso determinate tecniche (es. rimozione dei privilegi, time-out).

Attraverso la tecnica di time-out il genitore impara a sanzionare il comportamento disadattivo del bambino, consiste nel rimuovere un privilegio per un determinato intervallo di tempo.

L’obiettivo di questo modulo è rendere il genitore più consapevole di certe dinamiche che si creano nella relazione tra genitore e figlio, l’importanza di saper fare l’azione giusta al momento giusto e condividere interessi e passioni.

3) LE REGOLE EDUCATIVE

In questa ultima parte del programma si analizza più nel dettaglio il ruolo della punizione e in generale di “come” e “quando” è più funzionale utilizzare conseguenze negative per correggere un comportamento problematico del bambino.

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Si rendono i genitori consapevoli del fatto che spesso, dare attenzione (di qualsiasi natura) al figlio subito dopo un comportamento disadattivo può avere l’effetto opposto se lo scopo del bambino è ricercare l’attenzione; tramite esercizi di Role-playing e compiti a casa si allenano i genitori a “ignorare” determinati comportamenti.

Inoltre si sottolinea l’importanza di dare istruzioni chiare al figlio ed essere contingenti a comportamenti specifici.

Prima di tutto i genitori vengono aiutati a stabilire e condividere nuove regole con il figlio, una volta che il figlio le ha apprese, il genitore è aiutato dal terapeuta ad usare conseguenze negative con il figlio se la regola viene violata (molto efficaci rimozione dei privilegi e time-out).

L’ultima parte del programma è incentrata sulla condivisione tra genitori, su uno scambio comunicativo sulle speranze e le paure che provano, si parla della famiglia e della visione che ognuno ha del proprio figlio adolescente, che problemi pensano di dover incontrare e in generale sulle aspettative del futuro dei loro figli.

L’obiettivo di questa ultima parte è aumentare la consapevolezza dei genitori della contingenza di certe azioni su determinati comportamenti dei figli, soprattutto allenandosi in un uso strategico del lodare, del punire e dell’ignorare.

Infine far riflettere il genitore sul ruolo che ha nel caso si ripresentassero dei problemi, far capire e soprattutto percepire che se alla base si costruisce una buona relazione e una buona comunicazione, già la relazione in se è “terapeutica” e non serviranno grandi parole o grandi azioni per gestire un conflitto.

1.3 Coping Power a Scuola come programma di Prevenzione Universale

L’efficacia che il Coping Power Program ha evidenziato nel portare miglioramenti sia al livello comportamentale sia cognitivo nei Disturbi della Condotta e nei Disturbi Oppositivo-Provocatorio associati al vantaggio della scuola di essere un ambiente ottimale per attuare interventi precoci, ha portato gli autori del programma ha ideare una successiva evoluzione del Coping Power Program come programma di prevenzione universale.

L’importanza della progettazione di percorsi volti al miglioramento del benessere nel contesto scolastico è stato già suggerito all’inizi degli anni ’90 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità sul tema della prevenzione e promozione della salute (OMS,1993).

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L’OMS pubblica nel 1993 il Documento “Life Skills Education in Schools” che contiene l’elenco delle abilità personali e relazionali utili per gestire positivamente i rapporti tra il singolo e gli altri soggetti. La mancanza di queste abilità socio-emotive può causare, in particolare nei ragazzi e nei giovani, l’instaurarsi di comportamenti negativi e a rischio in risposta a fonti di stress”.

Le “life skills” sono costituite dalle seguenti abilità e competenze:

1. Decision making (capacità di prendere decisioni): competenza che aiuta a prendere le decisioni più funzionali e vantaggiose nei vari momenti della vita.

2. Problem solving (capacità di risolvere i problemi): questa capacità, permette di affrontare i problemi della vita in modo costruttivo valutando soluzioni alternative.

3. Pensiero creativo: saper esplorare le alternative possibili e le conseguenze che derivano dal fare e dal non fare determinate azioni.

4. Pensiero critico: è l’abilità di analizzare le informazioni e le esperienze in maniera obiettiva.

5. Comunicazione efficace: sapersi esprimere, sia sul piano verbale che non verbale , con modalità appropriate rispetto alla cultura e alle situazioni.

6. Capacità di relazioni interpersonali: aiuta a mettersi in relazione e a interagire con gli altri in maniera positiva, riuscire a creare e mantenere relazioni amichevoli che possono portare benessere mentale e sociale.

7. Autoconsapevolezza: il riconoscimento di sé, del proprio carattere, delle proprie forze e debolezze, dei propri desideri e delle proprie insofferenze.

8. Empatia: è la capacità di immaginare come possa essere la vita per un’altra persona anche in situazioni che sembrano poco famigliari.

9. Gestione delle emozioni: ossia il riconoscimento delle emozioni in noi stessi e negli altri. 10. Gestione dello stress: consiste nel riconoscere le fonti di stress nella vita quotidiana, nel comprendere l’impatto che hanno su di noi e nell’agire in modo da controllare i diversi livelli di stress.

L’OMS, con la promozione delle “life skills” nelle scuole e nelle istituzioni formative non istituzionali, avvia una strategia di prevenzione attraverso processi di istruzione e di formazione, assumendone il concetto di salute del singolo come “stato di benessere psico-fisico e relazionale” in continua evoluzione.

Le “life skills” proposte dall’OMS sono abilità cognitive, emotive e sociali che vengono affrontate da qualsiasi intervento preventivo nelle scuole. Inoltre, incrementare queste abilità non solo migliorano la qualità di vita degli alunni e la solidarietà tra loro ma è approvato che

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un maggior benessere emotivo nel contesto scolastico correla positivamente con l’apprendimento, soprattutto lo favorisce e lo facilita.

“Spiegatemi perché a scuola si debba formare solo la mente e non il cuore. Perché questa riduzione? … E’ autentica quell’educazione che trascura la consapevolezza di sé, l’empatia, la solidarietà ? … Perché queste emozioni sono assenti nella formazione scolastica? Perché non sono previste dai programmi e dai curricoli? Perché? Alcuni rispondono: La scuola non si deve interessare di queste cose. Perché non se ne deve interessare? Non serve l’educazione alla solidarietà? Dite di no? Allora questa vostra scuola non serve. Non serve alla vita. Questa vostra scuola è inutile”. […] Nella vita non ci chiederanno di dimostrare il teorema di Talete, ma come dare risposte autentiche e personali ai numerosi problemi esistenziali, e dovremo farlo con altre abilità: consapevolezza emotiva, ascolto empatico, l’abilità di aiutare e prendersi cura degli altri, di prendere decisioni e fare buone scelte, di vedere le cose al positivo con ottimismo, coltivando l’autostima, di contenere , regolare, guidare le emozioni negative, di affrontare i conflitti in modo costruttivo, di partecipare alla costruzione di un mondo migliore ed essere cittadino del mondo, di esprimere le proprie emozioni e di affermarsi nella vita con assertività, di essere amico, di amare”.

Questa è l’affermazione di M. Polito, pedagogista, psicoterapeuta, autore di manuali e programmi di formazione preziosi per docenti e studenti, da anni impegnato a favore di una scuola attenta all’educazione e al servizio dell’uomo; la sua citazione come un grido cerca di arrivare al cuore delle persone affermando ancora una volta che la scuola deve ampliare il suo panorama formativo e non ridursi alla sola trasmissione di contenuti disciplinari, perché l’apprendimento è strettamente connesso alla sfera affettiva e relazionale, le emozioni sono alla base della motivazione e del coinvolgimento personale, così come la causa di blocchi e difficoltà di apprendimento.

Numerosi studi hanno affermato che un miglioramento delle abilità emotive e sociali correla con un miglioramento dell’apprendimento (Durlak, et al. 2011).

Le emozioni non vanno solo considerate ma è necessario trovare delle attività dove ci sia libera espressione di esse.

Creare benessere a scuola significa rendere da un lato gli studenti pronti ad affrontare le frustrazioni e potenziare la loro autostima, dall’altro coinvolgerli nelle scelte didattiche e offrire loro delle strategie alternative di apprendimento nel caso incontrino difficoltà.

La scuola dell’infanzia e primaria, dopo la famiglia, rappresentano l’ambiente in cui i bambini trascorrono la maggior parte del loro tempo, la classe diventa una seconda famiglia non solo per la presenza fisica di altre persone per molte ore al giorno e per diversi anni, ma perché nel

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contesto scolastico il bambino matura gran parte della sua autostima, della sua motivazione, impara a cooperare e condividere con gli altri in modo più consapevole, inizia a dare più importanza al gruppo dei pari e la maggior parte degli aspetti del proprio sviluppo derivano proprio dalle esperienze di vita fatte nella propria classe.

Soprattutto nella fascia di età tra i 5 e i 10 anni, l'autostima e l'identità diventano sempre più strettamente connesse agli ambienti esterni alla famiglia, come la scuola e il gruppo di amici, i bambini iniziano a rendersi conto di quale persona si è nei diversi contesti.

Nella vita scolastica le esperienze possono “colorarsi” di emozioni di diversa natura, un bambino può essere felice per un successo in un compito, demotivato perché non ce la fa a raggiungere le proprie aspettative, invidioso per il successo di un altro compagno o vergognarsi per non riuscire a svolgere i suoi compiti.

Nel percorso di crescita di un individuo è normale e costruttivo provare emozioni di vario genere, è importante che il genitore a casa e l’insegnante a scuola abbiano la sensibilità giusta per riuscire a sentire quando un bambino prova determinate emozioni o con un compagno o con un insegnante o in alcuni compiti scolastici e, in alcuni casi, aiutare un bambino a dare un senso al suo problema e affrontarlo nel migliore dei modi.

Ogni evento rappresenta un’occasione per conoscere come funziona il mondo sociale, ma i bambini hanno bisogno di aiuto per dare un senso al perché le cose non sempre funzionano nel modo desiderato, ogni successo o fallimento diventa oggetto di elaborazione.

La scuola rappresenta una “sfida” per i bambini, questa fase della vita è dominata da vari compiti evolutivi, uno dei principali è apprendere una “serie differenziata di regole” (dalla regola scolastica dello stare in fila fino alle regole informali e alle regole morali).

Per i bambini più sicuri il processo di apprendimento e di accettazione delle regole avviene in modo abbastanza sereno, anche se la loro tendenza a ricercare l'autonomia e ad affermarsi, li porta spesso a verificare prima la natura stessa delle regole. Un altro compito evolutivo chiave a questa età è la capacità di gestire il proprio Sé, che è alla base delle scelte morali di carattere prosociale, poiché i bambini diventano più capaci di fermarsi a riflettere, di ragionare e di scegliere le opzioni che evitano di ferire gli altri.

Come possiamo notare, il contesto scolastico rappresenta l’ambiente per eccellenza dove i bambini fanno esperienza proprio su questi compiti.

La scuola quindi, sia per l’importanza che riveste nello sviluppo socio-cognitivo del bambino sia per il modo in cui è strutturata e organizzata, rappresenta un ambiente ottimale per attuare un intervento preventivo, elencherò di seguito i motivi principali per una miglior focalizzazione:

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1) L’ambiente scolastico è organizzato secondo un sistema di regole che mette maggiormente in risalto le personalità degli alunni.

Proprio per questo i problemi esternalizzanti, ma in generale qualsiasi problema di comportamento, si evidenziano maggiormente nel contesto della classe, nel rispetto delle regole e nella relazione con i pari, che in generale durante gli anni della scuola primaria, iniziano ad avere maggiore importanza nella vita del bambino, come già accennato precedentemente, sono fonte di autostima e di accettazione.

Come già abbiamo evidenziato, è importante gestire al meglio le esperienze negative che un bambino si trova ad affrontare a scuola.

Accogliere e dare un significato ai problemi che si possono incontrare con i compagni di classe e nello svolgimento del programma didattico è un fattore protettivo per lo sviluppo del bambino ed evitano l’aggravamento di alcune condotte comportamentali (Lochman J.E., Wells K.C., 2003).

Molte ricerche negli ultimi venti anni hanno dimostrato che problemi comportamentali, delinquenza e abuso di sostanze (in questo caso negli adolescenti) sono ridotti in modo significativo da interventi preventivi nelle scuole (Bradshaw, et al. 2009; Botvin,1990; Botvin et al., 1995a; Catalano et al., 1998; Ennett et al., 1994; Gottfredson, 2001; Gottfredson et al., 2002; Hawkins et al., 1995; Lipsey, 1992; Lipsey & Derzon, 1998; Mytton et al., 2006; Ozer, 2006; Tobler, 1992; Wilson et al., 2003).

2) Un altro target importante di un programma di prevenzione è mettere in luce i soggetti “sotto-soglia”, quei soggetti che anche se non arrivano a manifestare un vero e proprio disturbo conclamato, rendono il lavoro generale della classe difficoltoso.

Un esempio di “classe difficile” è una classe dove è presente un gruppo più agitato, con scarso autocontrollo, con scarso rispetto delle regole, per imitazione o per bisogno di sentirsi accettati dal gruppo, gli altri compagni possono iniziare a fare lo stesso e aumentare la confusione.

Oppure può accadere che, anche se il resto della classe è tranquilla, è sempre una classe dove ci sono maggiori limiti nel poter fare attività diverse dal normale programma didattico, il resto degli studenti potrebbero sentirsi trascurati, i bambini più timidi chiudersi ancora di più in loro stessi.

Le insegnanti investiranno la maggior parte delle energie a gestire il gruppo confusionario perdendo di vista i bisogni dell’intera classe.

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In un quadro simile, che purtroppo nella realtà scolastica odierna è frequente, un intervento di prevenzione universale può evitare che un bambino un po’ provocatorio sviluppi un Disturbo vero e proprio, quindi che il gruppo “un po’ agitato” diventi il gruppo dei “bulli della scuola” e che i bambini più timidi e introversi diventino “vittime” o sviluppino depressione, evitamento scolastico, un peggioramento accademico o qualche altro disturbo di rilevanza clinica o psicosomatica (Ttofi et al., 2011)..

Molti studi confermano, inoltre, che la presenza di alunni con problemi comportamentali nella classe interferisce con lo sviluppo dell’apprendimento dei compagni e di loro stessi, riducendo le possibilità di raggiungere il loro pieno potenziale a livello scolastico (Kupersmidt, Bryan e Willoughby, 2000; Barth et al., 2004)

In Italia uno studio ha confermato l’esistenza del problema dei comportamenti aggressivi nelle diverse classi: è stato riscontrato che circa il 42% dei bambini della scuola primaria e il 28% dei bambini della scuola secondaria è stato vittima di aggressioni da parte dei pari almeno una volta nei tre mesi precedenti all’intervista (Genta et al, 1996).

3) L’ambiente scolastico facilita la Generalizzazione

Come abbiamo già riportato, la classe rappresenta un ambiente perfetto per apprendere nuove abilità sociali e di regolazione emotiva e generalizzarle quasi nell’immediato in quanto, visto dal punto di vista del bambino, il contesto classe prevede il relazionarsi con gli insegnanti (che rappresentano il mondo degli adulti), con i compagni della stessa età, delle regole da rispettare, i compiti da svolgere a scuola e la responsabilità dei compiti a casa.

4) Intervento di gruppo: la cooperazione potenzia le abilità personali

Il contesto scolastico offre la possibilità di lavorare in gruppo all’interno della classe e questo tipo di lavoro, come già è stato valutato in molti interventi tra cui la verifica dell’efficacia dell’ Anger Coping Program, offre la possibilità di sperimentare in vivo determinate dinamiche relazionali e quindi poter insegnare ai bambini delle tecniche, simili a quelle viste nell’ambito clinico, per gestire adeguatamente le proprie emozioni nel momento che sono attivate (come la rabbia nei problemi di Condotta), attivare strategie di coping più funzionali di fronte a un compito o di fronte a conflitti con i pari.

Numerosi studiosi, già a partire dagli anni ’90, hanno dimostrato l’efficacia del Cooperative Learning nelle scuole (Johnson, Johnson, & Holubec, 2015; Kagan & Kagan, 1994).

Il gruppo rende disponibile un numero maggiore di alternative di interpretazione degli stimoli e di strategie per risolvere problemi, favorisce il modellamento reciproco e il rinforzo

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interpersonale delle attitudini non impulsive e prosociali (Lochman & Wells, 2003; Lambruschi & Fabbri, 2004; Capo, Romano & Isola, 2006).

Grazie a esperienze di tipo collaborativo gli alunni che non presentano particolari problemi possono aiutare i compagni in difficoltà attraverso abilità emotive e relazionali, funzionare da modelli e aumentare la probabilità che gli altri facciano lo stesso.

Facendo una sintesi dei costrutti teorici di autori che hanno dato il maggior contributo nella ricerca del Cooperative Learning, notiamo che si trovano d’accordo sul fatto che iniziare un lavoro di gruppo comporta lo sviluppo da parte degli studenti della volontà di lavorare insieme, l’importanza di percepire un’interdipendenza positiva e sentire la responsabilità individuale per raggiungere gli obiettivi del gruppo.

È necessario che gli insegnanti sappiano supervisionare i gruppi in modo costante e apportare modifiche, se necessarie, per un miglioramento futuro del gruppo.

Il gruppo mette in risalto i punti di forza di ognuno e come questi possono unirsi per raggiungere l’obiettivo; in queste dinamiche relazionali ogni bambino si inizia a sentire importante per Sé e per gli altri, questo è molto importante per i casi di “stigmatizzazione” che spesso caratterizzano bambini con problemi, per esempio il ruolo di “cattivo” al bambino aggressivo o di “debole” al bambino timido (Capo, 2006).

Grazie al lavoro in gruppo si cancellano pian piano queste etichette che rinforzerebbero il comportamento problema facendo sentire il bambino rassegnato nella sua identità.

Gli studi sul Cooperative Learning confermano l’importanza di favorire la cooperazione per creare un clima accogliente in classe, questo a sua volta favorisce la socializzazione, l’apprendimento e in generale lo sviluppo cognitivo ed emotivo dei bambini (Polito, 2003).

5) Tutti i bambini possono beneficiare dell’intervento.

Operando nella classe viene data la possibilità a tutti i minori di partecipare all’intervento e migliorare determinate abilità comportamentali e sociali; i bambini che apparentemente non hanno problemi possono potenziarle ma, aspetto ancora più importante, è offrire sostegno a tutti quei bambini che rischiano di non accedere a nessun trattamento.

Alcuni studi, soprattutto alla fine degli anni ‘90, mostrano come il 70-90% dei ragazzi che necessiterebbe di un trattamento per problematiche comportamentali non lo riceve (Brestan e Eyberg, 1998).

L’interesse verso la prevenzione è cresciuto molto, per quanto riguarda tutte le età, dato che la violenza è stata riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità un problema di salute pubblico.

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Prima di entrare nel vivo del programma di prevenzione universale oggetto del nostro studio, è utile descrivere brevemente anche il lato pratico di come poter attuare un programma preventivo a scuola, ci sono due modalità d’intervento principali:

1) INFORMALE: si realizza nell’interscambio tra insegante e alunno, comprende le dinamiche di insegnamento-apprendimento, la relazione di aiuto in situazioni di forte attivazione emotiva e l’elaborazione nel gruppo di vari temi.

2) FORMALE: pianificare e realizzare dei percorsi strutturati con attività finalizzate a incrementare determinate abilità nell’ambito affettivo e relazionale.

È necessario che in percorsi di questo tipo le attività siano ben strutturate, in modo da comprenderne bene i contenuti, gli obiettivi e i risultati ottenuti, sostenere i conduttori fornendo indicazioni precise e materiali con cui lavorare e che siano attività facilmente riproducibili da altri.

Per la riuscita di un intervento preventivo nelle scuole, è necessario attuare interventi tramite queste due modalità in modo che si completino a vicenda (Ianes, 2007).

Riepilogando, in questo capitolo si è cercato di riscostruire le tappe principali della storia del Copin Power Program, dalla sua nascita nei contesti scolastici americani degli anni ’80 alla sua evoluzione nella clinica americana e successivamente in altri contesti europei.

Inoltre sono stati spiegati sinteticamente i vari moduli del programma, i temi che trattano e le principali tecniche adottate per meglio comprendere in seguito, il passaggio dal contesto clinico al contesto scolastico.

Dopo avere spiegato le ragioni principali dell’importanza di un programma di prevenzione nelle scuole, confermato già da vari studi, e aver evidenziato a grandi linee il contesto scolastico odierno, nel prossimo capitolo entreremo nel vivo del tema del nostro studio, il Coping Power Scuola.

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CAPITOLO 2: Coping Power Scuola applicato in classi di scuola primaria

Il Coping Power Program è stato adattato al contesto scolastico italiano dai responsabili del Progetto Sperimentale di Psicologia scolastica "La Danza delle Api" in collaborazione con il Servizio "Al di là delle Nuvole" IRCCS Fondazione Stella Maris, Università di Pisa e con la supervisione del Prof. John Lochman, Università dell’Alabama.

Il Coping Power Scuola è integrato nella programmazione didattica in linea con le indicazioni Nazionali, svolto sulla classe direttamente dai docenti precedentemente formati con uno specifico training, per sviluppare abilità sociali, emotive e relazionali.

Lo specifico training formativo si svolge in 12 ore ed è condotto dai clinici del Team Coping Power Scuola. Nel primo incontro viene spiegato ai docenti il protocollo originale del programma usato in clinica e vengono presentati loro i principali disturbi del comportamento in età evolutiva; negli incontri successivi vengono spiegati i vari moduli del programma. Il Coping Power Scuola ha la durata di circa un anno scolastico, di solito inizia tra ottobre e novembre e si conclude alla fine dell’anno, all’incirca a fine aprile.

Il programma è composto da un manuale operativo che guida gli insegnanti nelle varie attività, dalle schede didattiche per le attività di approfondimento e dalla storia illustrata “Barracudino Superstar”.

Il manuale è composto da sei moduli: ogni modulo si riferisce a un capitolo della storia, su ogni modulo sono state ideate una serie di attività sia di tipo didattico (schede operative sulle varie materie specifiche per le varie classi), sia di tipo attivo-esperienziale (role-play, circle time, giochi di esercitazioni in gruppo).

Inoltre, all’inizio del programma, è importante stipulare un contratto educativo scritto e firmato da tutti i partecipanti, questo puntualizza la responsabilità individuale di ciascun membro nel rispettare gli accordi per raggiungere i propri obiettivi a breve e lungo termine, e una mappa concettuale sia del singolo alunno che della classe.

Ogni modulo ha un tema specifico, sul quale i partecipanti si eserciteranno attraverso le attività esperienziali. I temi sono :

 Porsi obiettivi a breve e a lungo termine

 Riconoscere le emozioni e individuare vari livelli d’intensità  Modulare e gestire le emozioni

 Riconoscere il punto di vista altrui  Risolvere adeguatamente le situazioni

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Tutte queste abilità vengono approfondite partendo dalla storia di “Barracudino Superstar”: il protagonista vive molte esperienze che riguardano proprio le abilità appena elencate, il modo in cui vengono affrontate possono variare in base all’età degli alunni; a livello esperienziale si lavora sul solito tema e il modo con cui viene svolta l’esercitazione può variare ed essere adattata alla varie fasce di età.

Nel manuale sono proposte, per ogni modulo, sia attività per il primo ciclo di scuola primaria (classe prima e seconda), sia attività per il secondo ciclo (classe terza, quarta e quinta); naturalmente sarà l’insegnante a valutare quale modalità più si addice alle esigenze della propria classe.

Ad esempio, nel modulo 2 si lavora sulla consapevolezza delle emozioni e i vari livelli d’intensità, viene letto il Capitolo 2 della storia, Barracudino ha appena iniziato il suo viaggio e incontra El Devorator, un pesce molto arrabbiato che distrugge tutto ciò che ha intorno perché non sa gestire la sua rabbia.

Fare attività su questo tema nelle classi del primo ciclo di scuola primaria comporta un lavoro iniziale più lungo, è necessario portare i bambini a provare emozioni nella classe e far sì che costruiscono da soli una spiegazione dell’esperienza vissuta. Si possono creare momenti di gioco libero con materiale non strutturato in cui ogni bambino è libero di utilizzare il materiale come meglio crede, questo può far suscitare creatività e diversi stati d’animo (es. gioia per la nuova attività, paura di aprirsi…), oppure far ascoltare alcuni brani musicali sempre per suscitare emozioni.

In seguito viene creato un cartellone con i nomi delle emozioni e le varie componenti (comportamentale, cognitiva e fisiologica).

Successivamente la classe viene divisa in gruppi di 4-5 alunni, a ciascuno gruppo viene data la scheda con una sequenza specifica del capitolo 2 e i bambini devono ricercare le tre componenti dell’emozione.

I bambini del secondo ciclo di scuola primaria, invece, possono passare direttamente alla ricerca nel testo degli episodi in cui i personaggi provano determinate emozioni, fare il cartellone con le tre componenti e successivamente essere divisi in gruppi.

Naturalmente se l’insegnate lo ritiene opportuno, può svolgere anche con i bambini del secondo ciclo qualche attività psicomotoria.

Ogni capitolo della storia prevede degli spunti di riflessione, gli insegnanti troveranno dei “box Traccia per l’insegnante” nel quale saranno riportate domande guida in modalità tali da stimolare gli alunni a riflettere sia sugli aspetti emotivi dei personaggi della storia sia sui loro vissuti personali.

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Osservare, analizzare e discutere le varie emozioni che i personaggi vivono nei vari episodi, porta il bambino a identificarsi con i personaggi e automaticamente a parlare dei loro vissuti individuali.

Successivamente, le domande guida possono essere utilizzate per chiedere ai bambini cosa avrebbero fatto se si fossero trovati al posto dei personaggi, come si sarebbero sentiti e se anche loro, nella vita, si sono mai trovati in situazioni simili.

Gli insegnati possono far collegare gli episodi della storia a situazioni analoghe, spesso frequenti nelle vite dei bambini in età scolare, in modo da favorire la generalizzazione delle abilità apprese dalla classe ad altri contesti extrascolastici, queste riflessioni si fanno in tutte le classi della scuola primaria, naturalmente l’insegnante si rivolgerà ai bambini più piccoli con un linguaggio più semplificato.

In generale, lo scopo delle riflessioni è approfondire il tema di ogni capitolo della storia puntando a due aspetti principali:

1) Analisi Emotiva: analizzando le emozioni di ogni personaggio incontrato capitolo per capitolo, i bambini si allenano sempre di più a riconoscere lo stato emotivo dei personaggi anche se, il lavoro maggiore e basilare sul riconoscimento emotivo avviene soprattutto nei primi due capitoli. Nel primo capitolo Barracudino si rende conto che il suo pessimo carattere allontana tutti i suoi amici, questo lo rende triste e grazie all’aiuto del gambero Fernando vuole allenarsi a diventare più calmo e iniziano un viaggio composto da molte tappe.

Esempio: Nel Capitolo 2, vengono descritte le emozioni dei due personaggi quando incontrano El Devorator, la paura di Fernando, la rabbia di Barracudino e di El Devorator che sfocia in un litigio e successivamente, la tristezza di El Devorator.

2) Analisi dei Contenuti Specifici del Modulo: ogni capitolo ha una tema che si riferisce a una precisa abilità da incrementare nei bambini e rappresenterà il focus del lavoro.

Per favorire il consolidamento delle competenze apprese, i contenuti di moduli precedenti vengono ripresi.

Esempio: il Modulo 5 prevede il potenziamento delle abilità del Problem Solving, nella storia viene descritta una situazione di litigio tra Chef Polpetta e Chef Polpetto, il gruppo di amici, grazie alle esperienze fatte nelle tappe precedenti del viaggio, riescono a gestire meglio loro stessi aiutandosi l’uno con l’altro ed aiutare i nuovi personaggi, infatti Barracudino, preso dall’impulsività di entrare nel Ristomar appena sente la confusione, rallenta grazie al consiglio dell’amico Fernando che gli ricorda di usare molta calma nelle situazioni sconosciute.

Riferimenti

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