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Academic year: 2021

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659. D’Amore B. (2008). Presentazione del libro: Bagni G. T. (2008). Giochi. Storia,

geografia , didattica della matematica. Bologna: Archetipolibri. ISBN: 978-88-89891-24-7. 1-2.

Presentazione

Il termine “gioco” evoca immediatamente atteggiamenti mentali come leggerezza, divertimento, piacere, evasione, situazione non didattica… Ma poi uno ci riflette un po’, e scopre che la teoria dei giochi, in matematica, ha permesso fior di modelli in economia (regalando premi Nobel a matematici) o in didattica (Guy Brousseau ha modellizzano l’intera teoria delle situazioni didattiche grazie alla teoria dei giochi)…

Cosicché dobbiamo riguardare il gioco matematico con più attenzione e non possiamo che subirne la magìa. Si comincia con il verificare che primi giochi matematici appaiono addirittura su papiri egizi del -2000, che grandi autori insospettati, come Beda il Venerabile di York, Alcuino, Leonardo Fibonacci, Dante Alighieri, Tartaglia, Leon Battista Alberti, Leonardo da Vinci e su su nei secoli, fino a Giuseppe Peano ed altri ai giorni nostri, non hanno banalizzato la creazione di giochi matematici; che in fondo molti degli algoritmi, attuali o dimenticati nei meandri della storia, null’altro sono se non giochi… E che i giochi di strategia sono fucine di idee straordinarie, a volte geniali…

Il termine “gioco”, dunque, dovrebbe evocare serietà perché giocare è una cosa seria. In didattica della matematica il gioco ha avuto momenti di auge, specie negli anni ’70-’80, quando più d’un didatta consigliava i giochi come strumento metodologico per la formazione matematica, proprio per favorire l’apprendimento; vi si sono dedicati, in tutto il mondo, interi convegni, e l’Italia non è stata da meno. Ma poi, alcune ingenue interpretazioni hanno frenato questo entusiasmo.

Sono quindi più che felice di vedere che un Autore che stimo, invitato a mettere nero su bianco le sue riflessioni attuali, riparta proprio dal gioco, come strumento per l’esplorazione della matematica (della sua storia e della sua geografia) e della didattica; in maniera seria, matura, colta, con puntiglio di descrizione accurata e di citazione seria, come si fa con i temi importanti. Giocare è di per sé modellizzare; il gioco si può sempre pensare come un percorso, in bilico tra la vita reale e l’accezione psicologica; la vita reale perché nessun gioco è avulso da essa e ne rispecchia tratti e contingenze; l’accezione psicologica perché ognuno gioca a modo suo, rivelando dunque sé stesso.

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Da molti anni distinguo due categorie di gioco, il play ed il game.

Il play è quello che ha come scopo il raggiungimento di una soluzione, spesso solitario; l’indovinello alla Martin Gardner è l’esempio prediletto, ma va bene anche il solitario, il cruciverba, il sudoku; non c’è premio, non c’è vincita, c’è solo il completamento di un iter che qualcuno ha creato per te.

Il game è quello in cui ci sono posta e strategia, quel che si vince è quel che l’avversario perde; ci sono informazioni esplicite, per esempio le regole e le mosse dell’avversario, e informazioni nascoste, per esempio le carte distribuite a caso; per cui, spesso il game necessita di conoscenze un po’ specifiche, almeno un po’ di probabilità, la conoscenza dello strumento che stai utilizzando (carte, scacchiera, dadi etc.).

Accomunare le due tipologie di gioco sotto lo stesso nome può essere riduttivo o deleterio, ma in italiano abbiamo solo quel termine, gioco, null’altro. Forse è per questo che nascono equivoci.

Ma non qui: Giorgio Tomaso Bagni dirime assai bene la questione, restituisce ai due termini le loro giuste accezioni e consegna, nelle mani del lettore, un breve, agile ma potente strumento di azione, che potrà essere di grande aiuto a chi vorrà impadronirsene, anche e specie a scopo didattico.

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