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Caratterizzazione sperimentale di reazioni di tar cracking nella pirolisi di biomasse

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Academic year: 2021

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INDICE

Indice delle Figure ...iii

Indice delle tabelle ... iv

Introduzione Situazione energetica nel mondo... 1

Scopo del presente lavoro... 3

Capitolo 1 Processi di gassificazione ... 5

1.1 Biomassa: proprietà e vantaggi ... 5

1.2 Processi di conversione energetici ... 9

1.3 Gassificazione ... 14

1.4 Principali tipologie di gassificatore ... 16

1.5 Confronto tra biomasse e carbone ... 21

Capitolo 2 Processi di rimozione del tar ... 22

2.1 Cracking catalitico... 23

2. 2 Cracking termico ... 28

Capitolo 3 Descrizione dell’impianto ... 36

(2)

ii

3.2 Descrizione delle apparecchiature... 40

3.2.1 Analizzatore termogravimetrico TGA Q-500 ... 40

3.2.2 Data logger ... 43

3.2.3 Reattore di pirolisi ... 43

3.2.4 Reattore di cracking termico ... 44

3.2.5 Forno tubolare orizzontale Carbolite MTF 12/38/250 ... 46

3.2.6 Forno tubolare orizzontale Carbolite CTF 12/65/550 ... 47

3.2.7 Fasce elettriche ... 48

3.2.8 Spettrometro infrarosso ... 49

3.2.9 Aspetti teorici riguardanti la spettrometria IR... 51

Capitolo 4 Prove sperimentali e risultati ... 54

4.1 Caratterizzazione della biomassa ... 54

4.2 Profilo termico tipico del reattore di cracking... 56

4.3 Prove di pirolisi con la spirale piccola ... 58

4.4 Prove di cracking termico (Spirale piccola) ... 61

4.5 Prove di pirolisi e cracking (Spirale media) ... 68

Capitolo 5 Studio della cinetica ... 70

5.1 Modello matematico utilizzato ... 70

5.2 Conclusioni e sviluppi per il futuro ... 79

Bibliografia... 81

(3)

INDICE DELLE FIGURE

Capitolo 1

Figura 1.1. Schema dei processi di conversione termochimica. 10 Figura 1.2. Schema del processo di gassificazione della

biomassa. ... 14

Figura 1.3. Schema delle principali tipologie di gassificazione. 16 Figura 1.4. Schema dei gassificatori updraft, downdraft e crossdraft... 17

Figura 1.5. Schema dei gassificatori a letto fluido bollente e circolante... 18

Capitolo 2 Figura 2.1. Conversione del tar in funzione della temperatura (space velocity = 12000 h-1; S/C = 0). [7] ... 24

Figura 2.2. Conversione di 1-MN in funzione del tempo per cinque differenti catalizzatori per test di durata di dieci ore. [8]25 Figura 2.3. Conversione media di 1-MN con cinque catalizzatori diversi per dieci ore di test. [8]... 25

Figura 2.4. Conversione media di 1-MN in funzione della temperatura (a) e della velocità spaziale (b). ... 26

Figura 2.5. Schema di processo di Chen e al. (2003). [10] ... 31

Figura 2.6. Schema di processo di Boroson e al.[11] ... 32

Figura 2.7. Schema di processo di Fagbemi e al.[12] ... 33

Figura 2.8. Schema di processo di Antal e al.[13] ... 34

Capitolo 3 Figura 3.1. Schema dell’impianto. ... 37

Figura 3.2. Trappola di vetro per la condensazione del tar. ... 38

Figura 3.3. Cartuccia a carboni attivi. ... 38

Figura 3.4. Analizzatore termogravimetrico (TGA). ... 41

Figura 3.5. Data logger Agilent 34970A. ... 42

Figura 3.6. Sonda portacampione... 43

Figura 3.7. Tratto a spirale del reattore di cracking: (a) spirale piccola e (b) spirale media ... 45

Figura 3.8. Posizionamento della spirale all’interno della fornace. ... 45

Figura 3.9. Forno tubolare orizzontale Carbolite MTF 12/38/250. ... 47

Figura 3.10. Forno tubolare orizzontale Carbolite CTF 12/65/550. ... 48

Figura 3.11. Fasce elettriche riscaldanti FALC. ... 49

Figura 3.12. Spettrometro IR... 50

Figura 3.13. Spettrometro IR... 50

Capitolo 4 Figura 4.1. Curva di degradazione termica della biomassa. ...55

Figura 4.2. Profilo termico del reattore di cracking per T= 600°C. ...56

Figura 4.3. Profilo termico del reattore di cracking per 700°C. .57 Figura 4.4. Profilo termico per una temperatura di 700°C di set point in funzione della lunghezza del reattore...57

Figura 4.5 Profili termici nelle varie fasi della prova...62

Figura 4.6. Produzione di gas al variare delle temperature di cracking. ...63

Figura 4.7. Composizione dei gas per diverse portate alla temperatura di 600°C...64

Figura 4.8. Composizione dei gas per diverse portate alla temperatura di 700°C...64

Figura 4.9. Composizione dei gas per diverse portate alla temperatura di 800°C...65

Figura 4.10. Produzione di char per il processo di pirolisi e cracking a differenti temperature ...66

Figura 4.11. Reazioni principali di pirolisi [1]...66

Figura 4.12. Conversione del tar al variare della temperatura della seconda fornace...67

Capitolo 5 Figura 5.1. Grafico semilogaritmico di k funzione di 1/T al variare delle portate. ...72

Figura 5.2. Media dei parametri cinetici scelti per la modellazione. ...73

Figura 5.3. Confronto tra i parametri cinetici sviluppati in questo lavoro e quelli relativi ad altri lavori precedenti tratti dalla letteratura...74

Figura 5.4. Variazione della portata in funzione della conversione di tar, per la portata di 15Nl/h...76

Figura 5.5. Variazione della portata in funzione della conversione di tar, per la portata di 35Nl/h...76

Figura 5.6. Variazione della portata in funzione della conversione di tar, per la portata di 65Nl/h...77

Figura 5.7. Sviluppo del gas in funzione del tempo per la prova a 65 Nl/h e 700°C...77

Figura 5.8. Valutazione della temperatura e tempo di permanenza...78

(4)

iv

INDICE DELLE TABELLE

Introduzione

Tabella i.1. Consumo di energia nel mondo nel 2006. ... 2

Capitolo 1

Tabella 1.1. Analisi immediata e elementare di biomasse differenti. ... 7 Tabella 1.2. Composizione tipica del gas dalla gassificazione del legno. ... 15 Tabella 1.3. Caratteristiche principali e limiti delle varie tipologie di gassificatore. ... 20

Capitolo 2

Tabella 2.1. Composizione di allumina, calce, silice, Y-zeolite e NiMo. [8] ... 24 Tabella 2.2. Composizioni dei catalizzatori... 27 Tabella 2.3. І parte del riepilogo degli articoli sul cracking termico. ... 29 Tabella 2.4. ІІ parte del riepilogo degli articoli sul cracking termico. ... 30

Capitolo 3

Tabella 3.1. (a) Analisi elementare; (b) analisi prossima della biomassa utilizzata nel presente lavoro di tesi... 37 Tabella 3.2. Dimensioni del reattore di pirolisi e del porta campione... 44 Tabella 3.3. Dimensioni del reattore di pirolisi e del porta campione... 46 Tabella 3.4. Caratteristiche del forno tubolare orizzontale

Carbolite MTZ 12/38/250. ... 46

Tabella 3.5. Caratteristiche del forno tubolare orizzontale

Carbolite CTF 12/65/550. ... 47

Capitolo 4

Tabella 4.1. Condizioni della fase di essiccamento. ... 58 Tabella 4.2.Condizioni delle prove di pirolisi ... 59 Tabella 4.3. Composizione dei prodotti di pirolisi per la portata di 15 Nl/h. ... 60 Tabella 4.4. Composizione dei prodotti di pirolisi per la portata di 35 Nl/h. ... 60 Tabella 4.5. Composizione dei prodotti di pirolisi per la portata di 65 Nl/h. ... 60 Tabella 4.6. Condizioni delle prove di cracking termico (SP). .. 61 Tabella 4.7. Conversioni per le portate di 15, 35 e 65 Nl/h al variare della temperatura... 67

Tabella 4.8. Condizioni delle prove di cracking termico (SM). .68 Tabella 4.9. Risultati della pirolisi e cracking per la spirale media...69

Capitolo 5

Tabella 5.1. Energia di attivazione e fattore preesponenziale. ...72 Tabella 5.2. Energia di attivazione e fattore preesponenziale medi...73 Tabella 5.3. Confronto dei parametri cinetici per il nostro lavoro ed i dati di letteratura. ...74

Appendice

Tabella A.1. Risultati della pirolisi e cracking per la portata di 15 Nl/h (Spirale Piccola) ...83 Tabella A.2. Risultati della pirolisi e cracking per la portata di 35 Nl/h (Spirale Piccola) ...84 Tabella A.3. Risultati della pirolisi e cracking per la portata di 65 Nl/h (Spirale Piccola) ...84

(5)

INTRODUZIONE

Situazione energetica nel mondo

Il problema energetico riguarda la domanda ed il consumo di energia che è in aumento nelle sue diverse forme, oltre agli effetti ambientali che la sua produzione genera, come l’inquinamento del suolo e dell’atmosfera.

A titolo introduttivo riportiamo anzitutto il consumo di energia primaria nel mondo nel 2006 che è stato pari a 10.878,6 milioni di tonnellate di petrolio equivalente (Mtep), ripartito come indicato in Tabella i.1 tra le varie aree del pianeta. Nella tabella è anche riportato il contributo percentuale delle fonti energetiche più utilizzate: dai relativi valori emerge l’importante ruolo delle fonti fossili (petrolio, gas naturale e carbone), il cui impiego supera l’85%, seguite da un 6% circa delle rinnovabili (che includono anche la fonte idroelettrica) e circa un altro 6% del nucleare.

Per avere un’idea dell’andamento nel tempo della domanda di energia si é osservato che a partire dal 1850 esso è cresciuto costantemente, registrando poi una brusca accelerazione dalla metà del secolo scorso.

L’Energy Information Administration (EIA) statunitense nel suo International Energy Outlook 2007 prevede una crescita del 57% rispetto al consumo mondiale di energia nel periodo 2004 [1]. Il consumo totale stimato al 2030 è di circa 18 miliardi di tonnellate di petrolio equivalente.

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Introduzione

2

Consumo per Fonti energetiche Consumo Totale

Petrolio Gas Carbone Nucleare Rinnovabili Regione

[Mtep] [Mtep] [Mtep] [Mtep] [Mtep] [Mtep]

Nord America 2.803 1.124,6 702,5 611,6 212,3 152,0 Centro e Sud America 528,6 236,5 117,5 21,8 4,9 147,9 Europa-Eurasia 3.027,1 970,1 1.031,7 552,9 287,8 184,6 Medio Oriente 554,2 280,1 260,3 8,9 0 4,9 Asia Pacifico 3.641,6 1.148,0 394,7 1.792,1 128,2 178,6 Africa 324,1 130,5 68,2 102,8 2,4 20,2 TOTALE 10.878,6 3.889,8 2.574,9 3.090,1 635,6 688,2 Contributo percentuale 35,8% 23,7% 28,4% 5,9% 6,3%

Tabella i.1. Consumo di energia nel mondo nel 20061.

Nello specifico, le biomasse, con più di 1100 Mtep, nel 2004 hanno contribuito per circa il 10% all’energia primaria utilizzata nel mondo. Il loro impiego mostra peraltro un forte grado di disomogeneità fra i vari Paesi: in Africa, ad esempio, esse (per lo più legno, paglia e rifiuti animali) costituiscono mediamente più del 40% dell’energia primaria disponibile, valore che può però anche oltrepassare in taluni Paesi il 90%. Nei Paesi industrializzati (OECD)2 le biomasse contribuiscono invece appena per il 3,4% agli usi energetici primari: si distinguono, con punte del 20% la Finlandia e con il 16% la Svezia, mentre l’Italia è sotto la media europea.

Nell’UE, le prospettive dell’uso delle biomasse a fini energetici vanno inquadrate all’interno della strategia che si pone come obiettivo di produrre entro il 2020 il 20% dell’energia impiegando fonti rinnovabili.

Questa strategia mira a rispettare gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra imposti dal protocollo di Kyoto ed a contenere la dipendenza dalle importazioni dai paesi produttori di idrocarburi, attraverso la valorizzazione di risorse localmente disponibili, quali appunto le biomasse.

1 Fonte: BP Statistical Review of World Energy (giugno 2007)

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Introduzione

Scopo del presente lavoro

Secondo quanto affermato prima, diventa fondamentale l’ottimizzazione degli impianti che attuano processi termochimici sulle biomasse e, di conseguenza, risulta necessaria la conoscenza approfondita delle proprietà di questi materiali e lo studio dei vari parametri che possono influenzare le rese dei processi.

Alla base delle sperimentazioni su scala industriale, si conducono studi su scala di laboratorio che permettono una prima analisi della cinetica e della termodinamica dei processi di interesse.

Il sistema del presente lavoro di tesi è il risultato della messa a punto di un sistema già utilizzato in un precedente lavoro su scala di laboratorio ed è costituito da 3 zone ben distinte tra loro:

• la zona di pirolisi del campione di biomassa;

• la zona di cracking termico del tar, prodotto dalla pirolisi del campione;

• la zona di recupero della fase condensabile e di analisi della fase gassosa.

Gli obiettivi principali prefissati in questo lavoro di tesi saranno:

• messa a punto della fase di condensazione e della sezione di alimentazione;

• lo studio degli effetti delle condizioni operative (temperatura, tempo di residenza) sulla gassificazione di biomassa;

• stime dei parametri di cinetica globale del processo (confrontabili con i dati di letteratura) e ricerca di un modello cinetico rappresentativo per i dati ottenuti sperimentalmente.

Nello specifico, nella presente tesi è stata studiata la conversione termochimica della biomassa, con particolare riferimento alla tecnica di gassificazione, mettendo a punto un sistema di reazione da laboratorio già esistente.

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Introduzione

4

La gassificazione è una tecnologia consolidata per la produzione di gas di sintesi da carbone, mentre non è così per quanto concerne la gassificazione di biomassa. In particolar modo, come dedotto dalla letteratura riportata in seguito, la maggior parte degli studi si sono focalizzati sulla pirolisi primaria e non sulle reazioni di tar cracking .

Il tar, una miscela complessa di molti composti organici, è il prodotto principale della reazione primaria di pirolisi: una conversione alta di tar può essere desiderabile, ma è altresì importante la conoscenza delle cinetiche di cracking per ritrovare condizioni operative ottimali ed un design del reattore efficiente. È stato quindi necessario lo studio della fase vapore di tar del processo di cracking, oltre alla determinazione di parametri cinetici ed al rilevamento della variazione di questi parametri con la temperatura di reazione ed il tempo di residenza.

(9)

CAPITOLO 1

Processi di gassificazione

1.1 Biomassa: proprietà e vantaggi

Il mercato mondiale dell’energia dipende pesantemente dai combustibili fossili (carbone, petrolio, gas naturale) come fonte di energia e come materie prime per la produzione di altri combustibili, derivati e chemicals.

Ma oggi sono al centro di interesse scientifico ed industriale generazioni sostenibili di calore e di energia da biomassa, a causa della consapevole diminuzione della disponibilità di combustibile fossile e della sensibilità più elevata verso il preservare l’ambiente da inquinanti generati da sistemi energetici convenzionali.

Biomassa è un termine che indica tutto il materiale organico di origine non fossile avente un intrinseco contenuto di energia. Biomassa comprende la vegetazione marina e terrestre, i rifiuti animali, i residui derivanti dall’agricoltura e dalle foreste, parte dei residui solidi municipali, biosolidi (per esempio fanghi di depurazione), alimentari e industriali (lavorazione del legno e della carta). Dal punto di vista chimico, è un materiale composito, costituito dall’insieme di emicellulosa, cellulosa, lignina ed estratti, con strutture chimiche affette da varietà.

(10)

Processi di gassificazione

6

Un materiale inorganico, la cenere, fa anche parte della composizione della biomassa, con un contenuto che si estende da meno dell’1% nel legno al 15% nella biomassa erbacea e sopra al 25% in residui agricoli. I costituenti principali della cenere sono potassio, calcio, sodio, silicio, fosforo e magnesio. Anche il cloro è un costituente in significanti concentrazioni nelle biomasse erbacee.

Per la caratterizzazione dei combustibili da biomassa sono applicate le tecniche di classificazione sviluppate per il carbone. Questi combustibili sono generalmente poveri di carbonio (approssimativamente tra 40% e 50% su base dry, ash-free) e ricchi di materiale volatile e ossigeno. Inoltre sono bassi i contenuti di azoto e specialmente di zolfo.

Dal punto di vista fisico la biomassa presenta una complessa struttura caratterizzata da hardwoods e softwoods, i quali ne aumentano le proprietà anisotrope. In questo caso, la conducibilità termica è parallela e tangenziale alla direzione del grano mentre la permeabilità del flusso di gas attraverso i granuli di legno è molto bassa lungo tutte le direzioni.

Inoltre la biomassa spesso presenta un contenuto non trascurabile di umidità. Nel raccolto fresco di legno l’umidità può esistere in 3 forme: vapor d’acqua nei pori, acqua liquida capillare o libera sempre nei pori e acqua igroscopica o di legame nella struttura del solido.

Alcune delle categorie rappresentanti la biomassa sono riportate in seguito:

• legno e residui del legno;

• rifiuti di processi di demolizione e residui urbani;

• residui agricoli;

• raccolti (crops) dedicati alla produzione di energia.

Di particolare importanza risultano i dati ottenuti dall’analisi immediata e dall’analisi elementare per i vari tipi di combustibili. Tramite analisi immediata si può ricavare la porzione non combustibile del solido, costituita da umidità e materiale inorganico, mentre alla frazione volatile ed al char è legato il contenuto energetico del combustibile. La composizione elementare della frazione di materiale ash-free secco permette una prima valutazione delle

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Processi di gassificazione

problematiche di separazione dei gas inquinanti, dovuti alla presenza di composti dello zolfo e dell’azoto nel materiale di partenza.

La Tabella 1.1 riporta i dati ottenuti da analisi immediata ed elementare per quattro differenti biomasse, consentendo una rapida visualizzazione delle principali differenze.

Diversamente dai combustibili fossili, la biomassa è una risorsa rinnovabile, nel senso che richiede un breve periodo di tempo per rigenerare ciò che è stato consumato.

Il gradino iniziale chiave nella generazione di biomassa vergine è la reazione tra l’acqua ed il biossido di carbonio, attivata dall’energia solare attraverso il processo della fotosintesi.

Analisi

Wood and wood

residues Agricultural residues

Waste/

demolition Energy Unit immedia ta Clean wood Bark from spruce Straw from wheat Grass reed canary wood crops

Moisture 50 55-56 55 60 15-20 50 Wt% of wet fuel

Ash 1.3 2.34 4.71 8.85 0.9 1.18 Wt% of dry fuel

Fixed-C 13.2 22.46 17.59 17.65 18.92

HHV 19.2 19.83 18.94 18.37 15.4 19.75 MJ/kg

LHV 15.4 18.54 17.65 17.13 13.9 18.42 MJ/kg

Analisi elementare Wt% (daf)

C 49.1 51.10 49.6 49.4 48.8 50.3 H 6 6.04 6.16 6.25 5.25 6.17 O 44.3 42.4 43.5 42.7 45.6 43.1 N 0.48 0.41 0.61 1.54 0.15 0.40 S 0.01 0.03 0.07 0.15 0.03 0.03 Cl 0.1 0.03 0.18 0.07 0.08 0.004

Tabella 1.1. Analisi immediata ed elementare di biomasse differenti.

L’equazione in questione è la seguente: CO2 + H2O + light + chlorophyll = (CH2O) + O2

dove (CH2O) rappresenta la biomassa in forma generica.

Per capire i vantaggi delle biomasse come combustibili è necessario descrivere il ciclo del carbonio.

L’anidride carbonica dell’atmosfera deriva da processi naturali (respirazione di vegetali e animali, la loro decomposizione e dei loro rifiuti, eruzioni e incendi naturali) ed umani (processi di combustione stazionari e non). Questi processi sono piuttosto veloci, mentre la sedimentazione (che porta alla formazione dei combustibili fossili) è estremamente lenta.

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Processi di gassificazione

8

L’anidride carbonica è assorbita sia dalle piante, per la produzione di altra biomassa attraverso fotosintesi, sia dall’acqua (oceani, mari), passando poi a formare sali inorganici (carbonati).

Uno dei maggiori vantaggi derivanti dall’uso di biomasse è la riduzione delle emissioni di CO2. Il processo di combustione di biomasse rilascia in atmosfera una quantità di CO2 equivalente a quella assorbita durante il ciclo di

vita che ha prodotto la biomassa stessa.

Quindi riduzione di deforestazione, nascita di nuove foreste, utilizzo di combustibili a minor contenuto di carbonio e politiche atte all’impiego di energie rinnovabili, sono gli strumenti per combattere l’effetto serra che è causato dal disavanzo fra CO2 rilasciata in atmosfera e CO2 assorbita. Tra questi, deve essere incentivato lo sviluppo di “Energy crops”3 per assicurare un ciclo continuo di produzione. Per quanto riguarda i residui agricoli o alimentari, se usati come combustibili diminuiscono l’effetto serra rispetto al loro abbandono nelle discariche: infatti nel primo caso la combustione trasforma il carbonio di partenza in CO2, nel secondo caso parte del carbonio si trasforma (attraverso fermentazione) in CH4 che, rilasciato in atmosfera, dà un effetto serra venti volte superiore alla CO2.

Un altro aspetto positivo delle biomasse è, come accennato precedentemente, il loro minore contenuto di zolfo che si traduce in minori emissioni di SO2 durante il processo di combustione. Anche le emissioni di metalli pesanti e NOx sono inferiori rispetto ai carboni.

D’altro canto, se confrontate con il carbone, le biomasse presentano svantaggi che in molti casi creano problemi economici, logistici e tecnologici. Questi sono elencati in seguito:

• disponibilità saltuaria: in molti casi le biomasse sono soggette a stagionalità, per cui si alternano periodi di abbondanza e scarsità;

3 Coltivazione di vegetali a veloce crescita di biomassa secca: sorghum bicolor, arundo donax, robinia pseudocacia.

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Processi di gassificazione

• disponibilità concentrata: le biomasse si recuperano in piccole quantità su distanze relativamente grandi, per cui richiedono un trasporto reso ancor più oneroso dalla bassa densità e dall’elevata umidità;

• eterogeneità: le biomasse hanno origini molto diversificate, questo si traduce in composizioni di proprietà tra loro diverse che richiedono una grande versatilità nel processo energetico;

• pretrattamenti: generalmente la densificazione, l’essiccamento e la macinazione risultano più onerosi rispetto agli analoghi per il carbone;

• efficienza termica rispetto ai carboni:

- minore potere combustibile ( 10÷20 MJ/kg rispetto a 25÷30 MJ/kg); - maggiore contenuto di volatili (VM/FC > 3 contro VM/FC < 1 per i

carboni);

- maggiore reattività (devolatilizzazione a 200÷400°C contro 350÷600°C) che crea problemi di stabilità di fiamma nei bruciatori tradizionali;

- maggior contenuto di ossigeno, con produzione di composti organici ossigenati in fase vapore (tar o bioolio) che si possono depositare in punti freddi a valle della camera di combustione riducendo l’efficienza delle superfici di scambio;

- alto contenuto alcalino delle ceneri, con formazione di composti basso fondenti che si possono depositare in punti freddi della camera di combustione

1.2 Processi di conversione energetici

I principali processi di conversione in energia della biomassa possono essere raggruppati in tre grandi famiglie rappresentanti conversioni di tipo:

• termochimico;

• biologico;

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Processi di gassificazione

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Il risultato finale, a parte che per la combustione diretta, è un prodotto ad alta densità energetica, utilizzabile con maggior facilità e flessibilità in successivi dispositivi di conversione energetica.

L’attenzione di questo lavoro è focalizzata sulla conversione termochimica dell’energia presente nelle biomasse vegetali: essa può essere ottenuta con diversi processi, quali la combustione, la pirolisi e la gassificazione.

Figura 1.1. Schema dei processi di conversione termochimica.

Combustione

Dal punto di vista termodinamico, la combustione è un processo di conversione dell’energia chimica del combustibile in calore.

Un’alternativa alla combustione è la cocombustione: la biomassa viene convertita in energia elettrica in centrali tradizionali alimentate con combustibile fossile (carbone), sostituendo una frazione di questo con biomassa (co-combustione). L’energia termica recuperata viene poi utilizzata per riscaldamento oppure per generare elettricità grazie all’impiego di cicli a gas o a vapore4.

4 La combustione di biomassa associata a cicli a vapore Rankine non consente di ottenere ottimi rendimenti di generazione elettrica. Valori tipici per impianti di potenza medio–grande (nel caso delle biomasse, ciò significa almeno dell’ordine dei 10 MW elettrici) si aggirano intorno al 25% come rendimento elettrico netto, mentre sono nettamente inferiori in caso di impianti di piccola taglia.

Conversione termochimica

Combustione Pirolisi Gassificazione

Calore Bioolio

char gas

Gas combustibile

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Processi di gassificazione

Gassificazione

La gassificazione è un processo chimico-fisico complesso, mediante il quale si trasforma un combustibile solido (legno, scarti agricoli, rifiuti) in un combustibile gassoso. Il processo si realizza in tre fasi:

- una prima fase di essiccazione, in cui si ottiene la disidratazione del materiale;

- una seconda fase di pirolisi, in cui si ottiene una parziale “distillazione” del legno;

- una terza fase di gassificazione, in cui i prodotti della pirolisi reagiscono con l’agente gassificante dando origine a vari prodotti. Il processo consiste nell'ossidazione incompleta (a causa dell’assenza o della carenza di ossigeno) di una sostanza in ambiente ad elevata temperatura (900÷1000 °C). Il prodotto risultante è un gas combustibile (detto gas di gasogeno o syngas) caratterizzato da un potere calorifico inferiore variabile (valori intermedi attorno a 10.000 kJ/Nm3). Questa tecnologia è ancora in fase di sperimentazione e presenta alcune problematiche.

I vantaggi della gassificazione rispetto alla più tradizionale combustione possono essere così riassunti:

- elevato rendimento di generazione elettrica, anche a piccola scala; - buone prospettive di utilizzo in impianti di teleriscaldamento

(central heating plant, CHP);

- emissioni e relative esternalità più contenute.

I gassificatori possono essere a letto fisso o a letto fluido (bollente o circolante). Un sistema di gassificazione completo comprende: gassificatore, ciclone di abbattimento delle polveri, sistema di raffreddamento del gas, sistema di lavaggio (cleaning) del gas, sistema di separazione delle condense ed un sistema di depolverazione finale.

Tra le maggiori applicazioni della biomassa gassificata vi è la cocombustione (cofiring) di syngas in impianti a gas esistenti.

Un’altra applicazione della gassificazione è rappresentata dagli impianti IGCC (Integrated gasification and combined cycle), massima espressione del

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Processi di gassificazione

12

concetto biomass-to-electricity che consentono di raggiungere rendimenti di generazione elettrica dell’ordine del 30-35%, anche nel caso delle biomasse. Inoltre, tecnologie innovative in grado di abbinare i cicli combinati con le celle a combustibile, consentono di raggiungere valori di rendimento superiori al 50% anche a piccole scale (5÷10 MW elettrici).

Infine, vi è l’applicazione della gassificazione in letto fisso. Diversi impianti di questo tipo e di piccola scala sono in esercizio nel mondo. Si tratta di esperienze di successo, ad esempio in Finlandia e Danimarca, oppure in India e Cina (almeno 100 gassificatori a letto fisso), per la produzione di elettricità ad uso locale per industrie e fattorie. Anche in altri Paesi vi sono gassificatori a letto fisso di piccola taglia, caratterizzati da un fattore di utilizzo di almeno 1000 ore all’anno di generazione elettrica5.

Pirolisi

È un processo di decomposizione termochimica di materiali organici, ottenuto fornendo calore, a temperature comprese tra 400 e 800 °C, in forte carenza di ossigeno. I prodotti della pirolisi sono gassosi, liquidi e solidi, in proporzioni che dipendono dai metodi di pirolisi (pirolisi veloce, lenta) e dai parametri di reazione. Uno dei maggiori problemi legati alla produzione di energia basata sui prodotti della pirolisi è la qualità dei medesimi. Spesso, infatti, il livello di qualità non risulta essere sufficientemente adeguato per le applicazioni con turbine a gas e motori diesel. Indicativamente, facendo riferimento alle taglie degli impianti, si può affermare che i cicli combinati ad olio pirolitico appaiono i più promettenti, soprattutto in impianti di grande

5

Si può affermare che vi siano ancora delle lacune di carattere tecnico scientifico sulla gassificazione ed i sistemi di lavaggio (cleaning) del syngas. Il cofiring rappresenta l’approccio più competitivo per motivi di flessibilità ed emissioni evitate. Su piccola scala, invece, la gassificazione in letto fisso ha vantaggi dovuti all’alto rendimento di generazione elettrica ed alla possibilità di impiego del calore in situ. In questo caso tuttavia, si riscontrano problemi di gestione o di smaltimento degli effluenti liquidi e solidi. Gli impianti IGCC potrebbero rappresentare l’ottimo per il futuro.

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Processi di gassificazione

taglia, mentre motori a ciclo diesel, alimentati con prodotti di pirolisi, sembrano più adatti ad impianti di piccola potenzialità.

Probabilmente il più vecchio obiettivo della pirolisi della biomassa è la preparazione di carbone di legna. I rendimenti sono solitamente intorno al 30%, ma recentemente si sono raggiunti i valori del 60%. Le reazioni hanno elevati tempi caratteristici: a partire da parecchi minuti fino a parecchie ore. Tuttavia negli anni ‘70 è comparso il concetto della pirolisi veloce, un nuovo tipo di pirolisi effettuato in condizioni di elevata densità di flusso di calore disponibile e/o alte temperature. La reazione è stata effettuata solitamente considerando piccole particelle di biomassa per aumentare la velocità di reazione. I tempi caratteristici hanno subito variazioni dell’ordine delle frazioni dei secondi.

Gli obiettivi principali erano di scoprire come la variazione delle condizioni operative aumenti la produzione dei prodotti gassosi. Con gli anni gli obiettivi sono cambiati progressivamente a causa degli usi che si possono fare dei composti volatili e dei prodotti liquidi formati durante la pirolisi. Uno dei motivi per questo sviluppo è stato la scoperta della cosiddetta pirolisi ablativa durante la quale la biomassa è riscaldata tramite il contatto più o meno diretto con una superficie calda in movimento. La reazione che può essere condotta usando particelle più grandi di biomassa ha mostrato una produzione alta di liquidi. Da allora, la produzione dei gas tramite la pirolisi veloce (gassification veloce della biomassa) ha perso importanza ed ora si predilige la pirolisi veloce per produrre bio-olio. Allo stesso tempo esistono molti studi nel campo di gassificazione (lenta) per la preparazione dei miscugli di gas CO e H2.

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Processi di gassificazione

14

1.3 Gassificazione

La gassificazione è la conversione di combustibili liquidi o solidi in prodotti gassosi utili sia come combustibili che come materia prima per diversi processi chimici (ossido di carbonio, anidride carbonica, metano, idrogeno e miscele come il syngas).

Il processo nel complesso è formato concettualmente da tre fasi (Figura 1.2): la prima fortemente esotermica di combustione, la seconda di pirolisi ed infine la conversione del carbonio in gas (CO, H2, CH4; gassificazione propriamente detta).

Benché nel processo di gassificazione venga consumata parte dell’energia termica posseduta dal combustibile originario, l’operazione risulta conveniente in quanto la combustione con combustibili gassosi risulta più facilmente regolabile e controllabile, non porta a formazioni di ceneri, permette il raggiungimento di temperature più elevate, grazie alla possibilità di ridurre l’eccesso di aria necessario per la combustione completa, e di realizzare preriscaldamenti più completi ed efficienti.

Figura 1.2. Schema del processo di gassificazione della biomassa.

La gassificazione consiste nell’ossidazione incompleta di biomasse solide o liquide in ambiente ad elevata temperatura (900°C÷1000°C) per la produzione di un gas combustibile, detto gas di gasogeno o syngas:

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Processi di gassificazione

quest’ultimo è composto da H2, CO, CxHy, N2, CO2, in proporzioni variabili

secondo il tipo di biomassa ed il tipo di gassificatore utilizzato ed ha un potere calorifico inferiore, variabile tra i 4000 kJ/Nm3 ed i 14000 kJ/Nm3.

Gli elementi carburenti normalmente utilizzati sono l’aria, l’ossigeno oppure il vapore. Quando si utilizza il vapore si parla anche di reforming, tale processo permette di ricavare dalla biomassa meno CO e più H2.

Il gas di gasogeno contiene molte impurità tra cui polveri, composti carboniosi condensabili (tar) e metalli pesanti (Hg, Cd), pertanto prima di essere utilizzato per la combustione in vari casi dovrà essere raffreddato e purificato. Nella tabella sottostante è riportata la composizione indicativa del

gas di sintesi al variare dell’agente gassificante impiegato ed il corrispondente potere calorifico.

Composizione aria ossigeno vapore

CO 12-15 30-37 32-41 CO2 14-17 25-29 17-19 H2 9-10 30-34 24-26 CH4 2-4 4-6 12.4 C2H4 0.2-1 0.7 2.5 N2 56-59 2-5 2.5

Potere calorifico inferiore (MJ/Nm3) 3.8-4.6 10 12-13

Resa del gas (Nm3/kg legno secco) 2.3-3 1.3-1.45 - Tabella 1.2. Composizione tipica del gas dalla gassificazione del legno.

Talvolta nel reattore di gassificazione viene fatto uso di un opportuno catalizzatore, al fine di migliorare le caratteristiche del syngas prodotto (elevato contenuto di H2 e CO, elevato potere calorifico, basso contenuto di

contaminanti). I catalizzatori maggiormente impiegati nella gassificazione catalitica sono la dolomite, quelli a base di metalli alcalini e quelli a base di Nichel.

Le principali reazioni che avvengono durante la gassificazione sono:

C + O2  CO2 (Combustione)

C + ½ O2 CO (Ossidazione parziale)

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Processi di gassificazione

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C + CO2 2CO (Reazione di Boudouard)

C + 2H2 CH4 (Metanazione)

CO + H2O(g)  CO2 + H2 (Water/ Gas Shift Reaction) H2 + 1/2O2  H2O

CO + 1/2O2  CO2

CH4 + 2O2  CO2 + 2H2O

CO+ 3H2  CH4+H2O Tar-cracking

1.4 Principali tipologie di gassificatore

I gassificatori si possono suddividere principalmente in due differenti tipologie (Figura 1.3):

a letto fisso, che si differenziano in gassificatore up-draft (a tiraggio

superiore), down-draft (a tiraggio inferiore) e cross-draft;

a letto fluido, i quali si suddividono in gassificatori bollenti e circolanti;

i primi utilizzano particelle di combustibile di pezzatura molto fine per una gassificazione estremamente rapida, i secondi possono utilizzare combustibili dalle dimensioni fortemente variabili trascinati da una corrente fluida in risalita dal riser e ricircolanti all’esterno.

Figura 1.3. Schema delle principali tipologie di gassificazione.

UP - DRAFT GASSIFICATORI LETTO FISSO LETTO FLUIDO CROSS - DRAFT DOWN - DRAFT BOLLENTE (BFB) CIRCOLANTE (CFB)

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Processi di gassificazione

I gassificatori a letto fisso (Figura 1.4) sono costituiti da un contenitore cilindrico con all’interno, nella parte bassa, una griglia atta a sostenere la massa e permettere lo scarico della cenere ed il passaggio dell’aria o del gas e sono utilizzabili per combustibili disponibili in pezzatura abbastanza grossolana, come potature di alberi, pellets o stocchi di mais.

Nel gassificatore updraft l’agente ossidante parte dal basso, per incontrarsi al centro del contenitore con il combustibile, il quale è inserito dalla parte alta del cilindro. La biomassa scendendo incontra i prodotti di gassificazione, che salgono per uscire dal contenitore, permettendo così un suo preriscaldamento. Il combustibile quando arriva nella zona calda, prima subisce un processo di pirolisi e poi la gassificazione vera e propria. Il gas così formatosi inizia a salire per uscire dalla parte alta, mentre le ceneri scendono ancora ed attraversano la griglia. Il gasogeno, durante la salita, può trascinare con se molecole complesse di idrocarburi che possono condensare (tar) e particelle solide, per tale motivo il gas in alcuni casi dovrà essere opportunamente purificato.

Figura 1.4. Schema dei gassificatori updraft, downdraft e crossdraft.

Nel gassificatore downdraft, al contrario del precedente, il gas prodotto scende dal basso assieme alla cenere. La biomassa come nel caso precedente viene introdotta dall’alto, scende venendo indirizzata in una zona dove il diametro del reattore si riduce ed in essa avviene la reazione di gassificazione dove c’è l’incontro della massa solida con l’aria a temperature elevate. Per la

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Processi di gassificazione

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conformazione geometrica del reattore si raggiunge un alto tasso di conversione dei prodotti di pirolisi e quindi una modesta presenza di tar.

Il funzionamento dei gassificatori crossdraft è simile ai precedenti, ma il combustibile in questo caso viene iniettato dall’alto, l’ossidante è immesso trasversalmente e l’uscita del gas si ha lateralmente. La caratteristica negativa che porta il crossdraft a non essere utilizzato è la ridotta capacità di conversione degli idrocarburi complessi.

I gassificatori a letto fluido (Figura 1.5) possono impiegare solamente combustibili di dimensioni modeste, poiché questi devono rimanere sospesi nella colonna d’aria ascendente insieme ad un secondo elemento inerte che ha il compito di favorire la fluidificazione e la diffusione del calore all’interno del letto. Il materiale fluidificante all’interno del quale si trova il combustibile

solido è generalmente sabbia, ma possono essere aggiunti catalizzatori per limitare la formazione di tar o per modificare la composizione del syngas. La condizione di fluidificazione si raggiunge quando le particelle fluide sono mantenute in sospensione dal flusso ascendente di aria e gas, che dipende dal rapporto fra la portata solida e gassosa.

Nel gassificatore a letto bollente sono presenti due fasi: una fluida nella parte inferiore ed una gassosa nella parte superiore del contenitore.

In quello a letto circolante le fasi non sono separate, per cui il gas che esce dal reattore dovrà essere separato dalle particelle solide trasportate dal flusso, le quali saranno reinserite nel reattore.

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Processi di gassificazione

I gassificatori a letto fluido operano a pressione atmosferica, tranne uno chiamato PFB che opera in atmosfera pressurizzata.

Il gassificatore a letto trascinato utilizza il combustibile solido atomizzato e viene miscelato con vapore o ossigeno e gassificato a temperature superiori a 1200°C. Si otterrà un syngas privo di tar, cioè più puro, a scapito di una minore efficienza, poiché una maggiore quantità di energia posseduta dalla biomassa sarà convertita in calore.

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Processi di gassificazione

20

Possiamo riassumere nella seguente tabella le caratteristiche principali ed i limiti delle varie tipologie di gassificatore.

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Processi di gassificazione

1.5 Confronto tra biomasse e carbone

Possiamo riassumere nell’elenco sottostante le differenze tra il processo di gassificazione delle biomasse e quello relativo al carbone:

• Disponibilità: il carbone è disponibile in grandi quantità ma concentrato in particolari zone della terra, mentre le biomasse sono disponibili in minori quantità ma godono di una maggiore distribuzione.

• Fattori tecnici: spesso le biomasse sono troppo umide o hanno bassa densità, quindi richiedono pretrattamenti, ma sono più facili da gassificare ed in pirolisi danno più composti volatili.

• Fattori ambientali: il contenuto di zolfo delle biomasse è di un ordine di grandezza inferiore rispetto a quello dei carboni. Inoltre, le ceneri sono spesso recuperabili e contengono minori quantità di metalli pesanti.

• Fattori economici: il carbone ha costi diretti inferiori a quelli delle biomasse, ma considerazioni ambientali li rendono in molti casi comparabili. Su larga scala è favorito il carbone, su piccola (e locale) scala sono favorite le biomasse (per questioni di reperibilità).

• Rinnovabilità: le biomasse sono fonti rinnovabili, anche se è impossibile che possano arrivare a coprire più del 20÷30% del fabbisogno mondiale ai ritmi di consumo energetico attuale.

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CAPITOLO 2

Processi di rimozione del tar

La composizione e la qualità del gas prodotto dipendono dalla composizione del combustibile solido, dal rapporto fra combustibile e acqua alimentata (ed eventualmente anche O2, che può essere alimentato per una parziale ossidazione del combustibile che fornisce il calore necessario al processo), dalla temperatura (più alta che nella pirolisi), dalla pressione e dall’eventuale presenza di catalizzatori.

Il problema più importante nella gassificazione è la rimozione del tar. Il gas prodotto deve essere depurato da composti condensabili che possono compromettere la funzionalità delle turbine nella generazione di energia. Per questo in un processo di gassificazione si prevedono delle unità di abbattimento del tar, rappresentate da processi fisici o di cracking (termico o catalitico).

I processi fisici, come il filtraggio o il wet scrubber, rimuovono il tar dal gas prodotto attraverso interazione gas/solido o gas/liquido; tali processi sono relativamente facili da mantenere, ma non riducono veramente il problema e usualmente richiedono temperature del gas inferiori a 150°C.

I processi di cracking termico aumentano la temperatura del gas produttore a valori tali che vi sia rottura delle specie aromatiche pesanti in specie più

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Processi di rimozione del tar

leggere e meno problematiche, come l’idrogeno, il monossido di carbonio ed il metano.

Per il cracking termico di tars, le temperature suggerite sono superiori a 1000°C, e di conseguenza, viste le alte temperature, vi è la necessità di realizzare i sistemi di cracking con costosi alloys.

I processi catalitici possono operare a temperature intorno ai 600-800°C e quindi molto più basse rispetto a quelle del cracking termico, attenuando così la necessità di materiali costosi per la costruzione dei reattori.

Sostanzialmente, il raffreddamento del gas riduce l’efficienza termodinamica del processo di gassificazione, danneggiandone il rendimento oltre che il potenziale economico. I processi di crackingcatalitico forniscono il più semplice ed efficace mezzo di rimozione di tar, mentre trattengono il calore sensibile richiesto per usi efficienti di gas producer in applicazioni accoppiate.

2.1 Cracking catalitico

Per quanto concerne il cracking catalitico, dalla letteratura si evince che la maggior parte dei catalizzatori utilizzati sono a base di nichel.

Corella e collaboratori [2-5] hanno iniziato a testare questi catalizzatori nel 1984, ma essi oltre ad essere disattivati dalla formazione di coke sono anche molto costosi. In seguito infatti Orio e al. [6] hanno investigato su differenti dolomiti per oxigen/steam gasification di legno in un reattore catalitico a valle. L’attività delle dolomiti é attribuita al loro alto contenuto di FeO3.

Wang, Chang e Pengmei [7] hanno invece modificato la naturale dolomite con l’aggiunta di polvere Fe2O3 per aumentarne il suo contenuto e ottenere

un’attività più alta, mantenendo l’economicità del catalizzatore. L’obiettivo di molti studi è focalizzato sull’individuazione di nuovi catalizzatori sempre più efficienti e con un ciclo vitale più lungo. Si può osservare in Figura 2.1 il confronto dell’attività dell’ultimo catalizzatore citato con le attività relative a

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Processi di rimozione del tar

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dolomite naturale, dolomite modificata, ICI-46-1 e Z409. Dalla stessa figura si può inoltre osservare che l’attività del catalizzatore Ni/dolomite è simile ai catalizzatori commercialmente disponibili nickel-based (ICI-46-1, Z409) grazie all’alto contenuto di Fe2O3, ed inoltre è ottenibile relativamente a buon

prezzo.

Figura 2.1. Conversione del tar in funzione della temperatura (space velocity = 12000 h-1; S/C = 0). [7]

Altri esperimenti per il cracking catalitico sono stati condotti da Dou e

al.[8], usando un reattore a letto fisso e studiando il comportamento di cinque

diversi catalizzatori calcinati alla temperatura di 550°C per quattro ore, le cui composizioni si osservano nella Tabella 2.1.

The properties of five fresh catalysts

Catalyst Composition (wt%) Surface area (m2/g) Alumina Lime Silica Y-zeolite NiMo 98.2%Al2O3, 2%SiO2

77.2%CaO, 7.8%CaCO3, 6.5%MgO, 8.5%SiO2 12% Al2O3, 88% SiO2

34.1%Al2O3, 44.5%SiO2, 14.5%CaO, 6.9%Na2O 4%NiO, 14.3%MoO3, 82.7%Al2O3

258.3 17.8 56.9 585.0 323.3 Tabella 2.1. Composizione di allumina, calce, silice, Y-zeolite e NiMo. [8]

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Processi di rimozione del tar

La figura sottostante (Figura 2.2) riporta le curve di conversione di 1-MN6 per i cinque catalizzatori differenti citati sopra in funzione del tempo, sotto condizioni caratterizzate da una temperatura di 550°C, una velocità spaziale di 3000 h-1 ed una concentrazione iniziale di 1-MN pari a 3000 mg/m3.

Figura 2.2. Conversione di 1-MN in funzione del tempo per cinque differenti catalizzatori per test di durata di dieci ore. [8]

La Figura 2.3 mostra la conversione media di 1-MN, per test di dieci ore di durata e per tutti i cinque catalizzatori differenti.

Figura 2.3. Conversione media di 1-MN con cinque catalizzatori diversi per dieci ore di test. [8]

6 1-MN (1-methylnaphthalene) viene usata nel lavoro di Dou e al. [8] come componente chiave del tar.

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Processi di rimozione del tar

26

Possiamo inoltre osservare in Figura 2.4 (a) e (b) come la conversione media di 1-MN varia al variare rispettivamente della temperatura e della velocità spaziale.

(a) (b)

Figura 2.4. Conversione media di 1-MN in funzione della temperatura (a) e della velocità spaziale (b).

Dunque dall’analisi di cinque differenti catalizzatori è risultato che Y-zeolite e NiMo sono quelli più efficienti, poiché rimuovono quasi il 100% di tar a 550°C.

La temperatura e la velocità spaziale hanno un significativo effetto sulla conversione dei componenti del tar mediante catalizzatori. La durata a lunga scadenza mostra che i due catalizzatori mantengono più del 95% della conversione di rimozione a 550°C e la conversione non mostra alcuna tendenza a diminuire col passare dei giorni. Infatti nel lavoro di Dou, lo studio della combustione di coke depositato sui catalizzatori effettuato tramite TGA, rappresenta piccolissime quantità accumulate di coke sulla superficie dei catalizzatori.

Anche Zhang e al. [9] studiarono la capacità di vari catalizzatori a base di dolomite, nichel ed allumina, di distruggere il tar dei flussi del gassificatore ed osservarono che variabili del sistema come la composizione nella biomassa, il tempo di permanenza e la temperatura del reattore, svolgono ruoli importanti nell’applicazione di questi catalizzatori.

Il catalizzatore minerale economico converte molti dei tars pesanti, mentre i catalizzatori metallici giovano al “polish” del flusso di gas, riducendo le

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Processi di rimozione del tar

concentrazioni del tar a livelli molto bassi. I catalizzatori a base di nichel rimuovono quasi completamente il tar, ma sono disattivati gradualmente a causa del deposito di coke.

Nei funzionamenti industriali, la gassificazione del coke è accelerata dall’uso degli alcali o di supporti contenenti gli stessi. I recenti risultati della ricerca inoltre verificano che gli alcali, da soli o aggiunti ai catalizzatori commerciali, promuovono la gassificazione del coke o del carbonio. I catalizzatori valutati nelle prove comprendevano tre generi di catalizzatori a base di nichel: ICI46-1, prodotto dall’industria Imperial Chemical, mentre Z409 e RZ409 prodotti da Qilu Petrochemical Corp., P. R. China. Le composizioni dei catalizzatori sono elencate nella Tabella 2.2. Tutti e tre i catalizzatori contenevano gli additivi degli alcali, quali potassio, calcio e magnesio, gli ossidi, che promuovono l’eliminazione di coke, formati sul catalizzatore, attraverso reazioni del tipo: C+H2O  CO+H2

Chemical composition of tested catalysts

Catalyst Active component Promoter Carrier Preparation

ICI46-1 Z409 RZ409 NiO NiO NiO CaO, K2O MgO, K2O, FeOx MgO, K2O, FeOx SiO2, Al2O3 SiO2, Al2O3 SiO2, Al2O3 Not reduced Not reduced Reduced Tabella 2.2. Composizioni dei catalizzatori.

Tutti e tre i catalizzatori oggetto di studio, ICI46-1, Z409 e RZ409, hanno dimostrato un’efficace eliminazione dei tar pesanti (l’efficienza di conversione supera il 99%) ed un aumento della concentrazione di idrogeno di 6-11%vol (su base secca). La velocità di spazio ha avuto scarso effetto sulla composizione del gas, mentre l’aumento della temperatura ha incrementato il rendimento dell’idrogeno e ridotto gli idrocarburi leggeri (CH4 e C2H4), suggerendo così che la distruzione del tar è controllata dalla cinetica chimica.

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Processi di rimozione del tar

28

2. 2 Cracking termico

Quando si effettua cracking termico si vuole generalmente studiare la quantità di vari prodotti di pirolisi7 da biomassa (gas, H2O, tar e char), per poi suggerirne un’equazione cinetica per il cracking termico di tar a temperature e tempi di permanenza varianti.

Gli articoli relativi alla cinetica delle reazioni secondarie di cracking della fase vapore di pirolisi non sono molti. Nelle seguenti tabelle si riporta una sintesi di quelli più significativi effettuati da diversi autori che utilizzano schemi di impianti differenti, riportati di seguito.

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Processi di rimozione del tar

2

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AUTORI e

RIVISTA REATTORE 1 REATTORE 2 FEED RISULTATI CINETICA

Effetto della T di cracking sulla resa di gas x x rice sawdust Tcrack=500°C 35.5 42.2 Tcrack=600°C 39 45 Tcrack=700°C 49 56.2 Tcrack=900°C 54 60.3 Reattore 1 Rise straw (Φ2x10mm e ρ=79.1 kg/m3) e segatura (Φ2.5 mm e ρ=166.5 kg/m) (500g ) τcrack = 2s 36.8 44.3 τcrack = 3s 40 46.5 R. Pir cilindrico 35.5 42.2 Chen, Andries, Luo, Spliethoff. Energy Conversion and Management 44, pp.1875-1884 (2003) R. di pirolisi: L TOT = 750mm; di = 80mm; in acciaio inossidabile immerso in una fornace foderata di materiale isolante R. di cracking tubolare Reattore 2 Tar e altri volatili R. Pir. rettangolare 36.1 43.4 n.d.

Prodotti di tar cracking Tar cracking

wt.% wood Prodotti primari di pirolisi 873K 1.2s 973K 1.2s 1073K 1 .2s Reattore 1 sweet gum hardwood tar 52.8 36.6 16.6 6.1 Log10A (s-1) E (kJ/ mol) resa wt.% wood

char 18.3 18.1* 18.4* 17.8* Modello single-reaction

CH4 0.4 1.7 3.8 5.5

CO 3.2 14.7 25.7 35.7

4.89 93.3 5.79

Reattore 2

Stesso design e materiale di R. 1. tranne le lungh. dei tubi: Lin=38.10cm Lout=57.79cm T=773-1073K P=120-250kPa τ = 0.9-2.2 s CO2 6.8 9.7 11.4 13.2 C2H2 0.0 0.1 0.5 0.6 C2H4 0.0 1.2 3.6 5.4 Modello ad energia di attivazione distribuita DAEM C2H6 0.0 0.1 0.3 0.4 H2O 16.3 17.3 17.0 15.2 H2 0.0 0.1 0.6 1.0 M.L. Boroson e al. AIChE Journal 35, n° 1 (1989) Reattore 1 costituito da un tubo interno di acciaio inox 316 (d.e= 1.27 cm; Lin= 24.13 cm; spess. parete=0.089cm) + tubo esterno coassiale di Incoloy 800H (d.e= 2.13 cm; Lout= 41.91 cm; spess. parete=0.373cm) Heating rate: 0.2K/s Tin: T room Tout: 723 K τ = 1.8 s Re calcolato = 105 Reattore 2 Tar e altri volatili (H2O, CO, CO2 e tracce di CH4) total 97.6 99.6 97.9 100.9 13.0 (fissato) 234 4.77

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Processi di rimozione del tar

3

0

AUTORI e

RIVISTA REATTORE 1 REATTORE 2 FEED RISULTATI CINETICA

Composizione elementare di tar ottenuto a 500°C

feed C H O legno 53.9 6.8 39.3 cocco 57.3 6.3 36.4 Prodotti ottenuti R. tubolare in quarzo avente diametro di 6 cm R tubolare in quarzo avente diametro di 6 cm τcrack= 0.3-4 sec Legno guscio di cocco paglia Lunghezza totale = 1.20 m

gas carrier :elio

P atmosferica T(°C) 500 700 500 700 500 700 tar 35 19 22 10 nd nd char 24 23 28 26 nd nd Gas 14 34 17 32 nd nd % m a ss a H2O 27 24 33 32 nd nd CH4 12.8 16.1 13.2 17.2 11.8 15. 3 CO 39.7 44.3 35.0 40.1 35.0 41.0 CO2 36.6 16.7 42.2 17.9 40.7 15.8 C2Hx 3.3 7.4 4.2 6.3 5.1 8.7 L. Fagbemi, L. Khezami, R. Capart Applied Energy 69 pp. 293-306 (2001) Re calcolato:182-1212

Legno, gusci di cocco e paglia ridotti in particelle fini

(20-30 g) G A S % v o lu m e H2 7.6 15.5 5.4 18.5 7.4 19.2

La resa del tar può esser espressa come: x(T,t) = x(t,0)e-kt k= k0e -E/R(T+273.15) Le costanti cinetiche per la degradazione del tar, sono: k0 = 4.34 s -1 E = 23400 J/mol cellulosa T (°C) 700 750

Peso = 0.125 g Prodotti: cellulosa lignina Composizione (wt)

Reattore semibach a flusso laminare Materiale quarzo D = 25.4 mm 3 fornaci: T 1 = 350°C T 2 = 500°C T 3 =700-750°C C H O 0.444 0.062 0.494 Char (g) Tar (g) V gas (ml) a 1 atm e 273K 0.012 0.003 84 0.110 0.012 61 lignina Analisi dei gas (%vol)

τ = 2-3 s Peso = 0.257 g Composizione (wt) ichael Jerry Antal,Jr Ing.Eng.Chem. Prod.Res.Dev, 22,pp.366-375 (1983) Re calcolato (L fittizia)= 136 C H O 0.609 0.056 0.241 CO2 H2 CO CH4 C2H6 C2H4 C3H6 8 18 52 14 1 6 tracce 13 16 39 27 1 4 - Reazioni competitive: c vol c gas c vol c tar

eq relativi alla comparsa di gas stabili e tar: dcg/dt = k1*cv

dct/dt = k2*cv

t = tempo di res della fase gas e k = vel. di Arrenius E1 = 48.8kcal /gmol; ln A1 = 26.6 dove A1 è in s-1 E2 = 14.5 kcal /gmol; ln A2=7.5 dove A1 e A2 sono in s-1

(35)

Processi di rimozione del tar

Chen e al. [10] considerarono nel loro lavoro uno schema costituito da

diverse sezioni (Figura 2.5):

- un reattore di pirolisi immerso in una fornace foderata di materiale isolante;

- un reattore di cracking;

- due condensatori (il primo ad acqua fredda, il secondo con miscela ghiaccio/acqua);

- sezione di stoccaggio dei gas.

Dato questo impianto si focalizzarono principalmente sugli effetti riscontrati al variare di alcuni parametri sulle rese di gas, tra i quali:

- tempo di residenza relativo al reattore di cracking;

- temperatura del reattore di cracking;

- geometria del reattore di pirolisi (a parità di volume).

1- heating furnace; 2- sealed ring; 3- stirrer; 4- pyrolysis reactor; 5- flange; 6- thermal insulation; 7- U-shape tube; 8- thermal couple; 9- thermal heater; 10,11- on-line gas for sampling; 12- well-mixed gas for sampling; 13- water tank; 14- ice/water container; 15- nitrogen source; 16- water-releasing valve; 17- U-shape pressure meter; 18- cracking reactor

Figura 2.5. Schema di processo di Chen e al. (2003). [10]

Boroson e al. [11] considerarono per le loro prove due differenti reattori,

uno per la pirolisi ed uno per il cracking, entrambi costituti da due tubi concentrici. I prodotti ed i volatili non reagiti attraversano una trappola di tar e successivamente i volatili passano attraverso una valvola di campionamento (Figura 2.6). Dopo il loop di campionamento del gas i prodotti possono

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Processi di rimozione del tar

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attraversare due trappole a temperatura ambiente: la prima ad olio riempita con carbone attivo e la seconda ad acqua riempita di gel di silice.

Figura 2.6. Schema di processo di Boroson e al.[11]

Boroson e al. realizzarono cento prove per generare un ampio database sulle rese di prodotto in funzione dei parametri operativi primari e secondari del reattore ottenendo:

- buoni bilanci materiali (95-102%) e bilanci sugli elementi (90-110%),

- riproducibilità dei dati di resa,

- un ampio range di conversione di tar nel secondo reattore (da meno di 5% a più dell’88% del tar).

Sono stati inoltre ricavati i parametri cinetici più adatti alle formule per il cracking in fase vapore omogeneo del tar di nuova produzione e per la formazione dei susseguenti gas di prodotto secondario. Il primo modello usato per correlare i dati di gas e tar è stato quello della reazione singola di primo

ordine, mentre il secondo ad energia di attivazione distribuita DAEM 8.

8

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Processi di rimozione del tar

Fagbemi e al. [12] utilizzarono per gli esperimenti un anello test costituito

da un reattore formato da un tubo di quarzo e riscaldato attraverso fornetto cilindrico a temperatura controllata (Figura 2.7).

Il fondo del reattore è riempito con anelli Pall di acciaio inossidabile che hanno un’altezza variabile da 0 a 30 cm. I composti volatili generati nel forno sono aspirati attraverso la circolazione della pompa al fondo del reattore. Mischiati con il gas carrier (elio), vengono successivamente flussati attraverso due condensatori refrigeranti, un filtro, un essiccatore a CaCl2, prima di essere iniettati nuovamente nel reattore.

Figura 2.7. Schema di processo di Fagbemi e al.[12]

Durante la pirolisi i prodotti volatili condensabili sono intrappolati nei condensatori refrigeranti, mentre la frazione di gas leggeri, non condensabili, è raccolta in un sacco di gomma, vuoto all’inizio dell’esperimento, che aumenta

1 Oven, 2 Basket, 3 Packing, 4 Cold traps, 5 Filter, 6 CaCl2 Dryer,

7 Circulation punp, 8 Gas-meter, 9 Gas expansion bag, 10 Helium bottle, 11 Vacuum pump, 12 Pressure gauge, 13 Quartz reactor, 14 Basket stick, 15 Gas chromatograph

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Processi di rimozione del tar

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di volume. Il volume totale della frazione di gas leggeri che entra nel sacco di gomma è misurato con un gasometro.

È stata ottenuta una valutazione quantitativa dei differenti prodotti di pirolisi dai tre materiali ligno-cellulosici: infatti vi è una differenza nelle frazioni molari di gas generato come nei contenuti di energia dei miscugli di gas. Questi risultati possono aiutare nel disegno di gasificatori multi-fuel. Inoltre è stato studiato il cracking termico e proposto un modello cinetico. Questo modello quantifica il contenuto di tar di gas da un gasificatore di legno e permette il calcolo del suo valore di riscaldamento.

Antal e al. [13] prendono in considerazione un sistema di reazione

caratterizzato da un tubo di quarzo, scaldato attraverso tre fornaci standard “clam shell”. All’uscita del reattore i gas prodotti sono rapidamente raffreddati in un condensatore e quindi i tar ed altri condensabili ottenuti sono stati raccolti e pesati, mentre i gas stabili sono stati raccolti in borse a tenuta di gas in teflon (Figura 2.8).

Figura 2.8. Schema di processo di Antal e al.[13]

I prodotti leggeri, gas stabili, sono stati rappresentati come una funzione del tempo di residenza della fase gas e della temperatura, per la cellulosa e per

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Processi di rimozione del tar

la lignina. La dipendenza della resa dei gas dalla temperatura e dai tempi di residenza può essere spiegata in termini di un meccanismo globale composto di due reazioni competitive le quali consumano rapidamente il materiale reattivo volatile sviluppato dalle reazioni di pirolisi della fase solida. La prima reazione crea gas stabili leggeri attraverso cracking di materiale volatile, mentre la seconda crea un materiale incondensabile.

(40)

36

CAPITOLO 3

Descrizione dell’impianto

La composizione e la qualità del gas prodotto negli impianti di gassificazione dipendono da diversi parametri, come già descritto nel Capitolo 2, quali la composizione del combustibile solido, l’umidità del campione, la temperatura, la pressione e l’eventuale presenza di catalizzatori.

Il problema più importante nella gassificazione è la rimozione del tar: il gas prodotto deve essere depurato da composti condensabili che possono compromettere la funzionalità delle apparecchiature a valle. Per questo in un processo di gassificazione si prevedono delle unità di abbattimento del tar, rappresentate da processi fisici o di cracking (termico o catalitico).

3.1 Descrizione dell’impianto sperimentale

Nel presente lavoro di tesi si sono effettuate diverse prove di pirolisi e cracking termico, utilizzando un impianto presente in laboratorio, al fine di caratterizzare la cinetica di conversione del tar al variare di parametri quali la temperatura ed il tempo di permanenza.

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Descrizione dell’impianto TT 02 TI 04 N2 PI 01 PI 02 R B2 B1 E1 K B2 ARIA PI 04 B1 F1 K P B3 E1 B3 PI 03 FIC 01 P S F2 R S TT 03 F1 F2 TT 01

Figura 3.1. Schema dell’impianto.

L’impianto è suddivisibile in quattro zone principali (Figura 3.1):

• la zona di pirolisi del campione di biomassa;

• la zona di cracking termico del tar prodotto dalla pirolisi del campione;

• la zona di recupero della fase condensabile;

• la zona di analisi della fase gassosa.

La zona di pirolisi è costituita da un reattore a letto fisso (R1) in cui viene pirolizzato un campione di 6 g di pellet di legno, di cui si riporta nella Tabella 3.1 l’analisi elementare e l’analisi prossima effettuata in precedenza per altri lavori che utilizzavano la stessa biomassa.

C 49.4 %wt H 6.1 %wt N 1 %wt S 0.7 %wt O diff. Umidità 7 %wt Volatili 74 %wt Carbonio fisso 16 %wt Ceneri 3 %wt (a) (b)

Tabella 3.1. (a) Analisi elementare; (b) analisi prossima della biomassa utilizzata nel presente lavoro di tesi

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Descrizione dell’impianto

38

Il reattore è inserito all’interno di un forno (B1), il quale fornisce l’energia necessaria al processo di pirolisi del campione che viene inserito nel reattore mediante una sonda portacampione.

I prodotti di pirolisi sono inviati alla zona di cracking termico del tar utilizzando N2 come gas carrier, introdotto alla testa del pirolizzatore.

Il tubo di congiunzione tra il reattore di pirolisi e di cracking è riscaldato mediante una fascia elettrica (B3), in modo da evitare la condensazione del tar lungo tale sezione.

La seconda zona di reazione è costituita da un reattore di cracking (R2), caratterizzato da un tratto della sua lunghezza a spirale e posizionato all’interno di un forno (B2) che porta il reattore di cracking a lavorare a temperature superiori rispetto a quelle di pirolisi.

A valle del reattore di cracking si è posta una trappola (Figura 3.2), immersa in ghiaccio e sale, che permette il recupero della fase condensabile (tar ed umidità).

Figura 3.2. Trappola di vetro per la condensazione del tar.

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Descrizione dell’impianto

La fase gassosa attraversa successivamente due cartucce a carboni attivi (Figura 3.3) che assorbono le tracce di tar non condensate nella trappola, permettendo di ottenere uno spettro più nitido nella successiva analisi spettrometrica.

La fase gassosa viene quindi inviata alla cella a gas (K) dell’analizzatore IR, mediante cui si è in grado di rilevare la concentrazione di CO, CO2, CH4,

C2H2, C2H4, sulla base delle calibrazioni effettuate9.

La separazione netta delle due fasi di reazione (pirolisi e cracking) permette di individuare e distinguere con maggiore precisione i reagenti ed i prodotti delle reazioni primarie di conversone della biomassa in gas, tar e char, da quelle secondarie di conversione del tar in gas più leggeri.

Come già accennato prima, per lo studio del modello cinetico di tar-cracking è importante l’analisi della conversione effettuata al variare della temperatura e del tempo di permanenza della fase vapore nella zona di reazione. La temperatura di cracking viene modificata fissando un valore diverso di set point al forno in cui è inserito il reattore. Differenti tempi di permanenza, invece, sono stati ottenuti variando la portata di gas carrier alimentato.

Inoltre la struttura dell’impianto rende possibile utilizzare due diversi reattori di cracking con spirali di differenti lunghezze, ottenendo così vari volumi di reazione.

Lungo lo svolgimento delle prove sperimentali viene registrata la temperatura in diversi punti dell’impianto mediante termocoppie di tipo K. Le termocoppie sono posizionate:

• al centro del portacampione (TT 111);

• all’uscita del reattore di pirolisi (TT 110);

• all’ingresso della spirale del reattore di cracking nella fornace B2 (TT 112);

• all’uscita della fornace B2 (TT 109).

Figura

Figura 1.2. Schema del processo di gassificazione della biomassa.
Figura 1.3. Schema delle principali tipologie di gassificazione.
Figura 2.3. Conversione media di 1-MN con cinque catalizzatori diversi per dieci ore di test
Figura 2.5. Schema di processo di Chen e al. (2003). [10]
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