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IL SISTEMA INFORMATIVO NAZIONALE PER LA PREVENZIONE: GLI OBIETTIVI, I FLUSSI E L'UTILIZZO PER LA PIANIFICAZIONE DELL'ATTIVITA' DI VIGILANZA

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FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA

CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN SCIENZE DELLE

PROFESSIONI SANITARIE E DELLA PREVENZIONE

“IL SISTE

PER LA PREVENZIONE NEI LUOGHI DI LAVORO:

GLI OBIETTIVI,

PIANIFICAZIONE DELL

RELATORE

Chiar.mo Prof. Angelo Baggiani

ANNO ACCADEMICO

UNIVERSITÀ DI PISA

FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA

CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN SCIENZE DELLE

PROFESSIONI SANITARIE E DELLA PREVENZIONE

(LM/SNT4)

“IL SISTEMA INFORMATIVO NAZIONALE

PREVENZIONE NEI LUOGHI DI LAVORO:

GLI OBIETTIVI, I FLUSSI E L’UTILIZZO PER LA

PIANIFICAZIONE DELLE ATTIVITA’ DI PREVENZIONE

Chiar.mo Prof. Angelo Baggiani

CANDIDATO

Dott. Filippo D’Agostino

ANNO ACCADEMICO 2012/2013

FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA

CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN SCIENZE DELLE

PROFESSIONI SANITARIE E DELLA PREVENZIONE

MA INFORMATIVO NAZIONALE

PREVENZIONE NEI LUOGHI DI LAVORO:

PER LA

PREVENZIONE”

CANDIDATO

Dott. Filippo D’Agostino

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Indice

Introduzione ... 2

1. Il Sistema Informativo Nazionale per la Prevenzione (SINP) ... 4

1.1 Modello organizzativo e funzionale del SINP ... 9

1.2 InforMO ... 13

1.3 MALPROF ... 17

1.4 Registrazione dei tumori di origine professionale ... 19

1.5 Il progetto OCCAM ... 21

1. 6 I “fornitori di dati” del SINP ... 23

1.7 Il SIRP toscano ... 28

2. Il SINP e l’EBP ... 33

2.1 L’acquisizione delle conoscenze scientifiche ... 35

2.2 Studi di efficacia degli interventi di prevenzione ... 37

3. La funzione di tutela della prevenzione nei luoghi di lavoro ... 40

3.1. La pianificazione e la programmazione delle attività di prevenzione nei luoghi di lavoro ... 41

3.2 La pianificazione e la programmazione delle attività di vigilanza: un esempio reale ... 49

3.3 I prodotti finiti ... 57

Conclusioni ... 60

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Introduzione

In Italia i continui tagli alla spesa pubblica hanno interessato anche la sanità, portando in particolar modo le Regioni e le Aziende Sanitarie Locali (AA.SS.LL.) a rivedere la propria spesa.

Sia a livello nazionale che regionale è dunque divenuto necessario individuare gli obiettivi di salute prioritari e pianificare le attività; alle AA.SS.LL. invece è stata richiesta un’analisi ed una revisione delle prestazioni erogate, anche nell’ottica dei processi, in modo tale da rispondere a concetti di efficacia, efficienza ed economicità (ma anche equità ed appropriatezza), già introdotti con il D. Lgs. 229/99.

Per i Dipartimenti di Prevenzione ed i servizi con cui esso è organizzato, le maggiori difficoltà sono state rappresentate dall’analisi e dalla standardizzazione dei processi e dall’individuazione di indicatori in grado di misurare in termini qualitativi e quantitativi le prestazioni erogate.1

In particolare per quanto riguarda la pianificazione e la programmazione delle attività di prevenzione nei luoghi di lavoro, è emersa la necessità di avere una più approfondita conoscenza dei fenomeni (infortuni e malattie correlate al lavoro) e dei rischi (anche emergenti) legati alle attività lavorative e quindi è divenuto indispensabile raccogliere tutte le informazioni necessarie a tale scopo (comparti, dimensioni aziendali, età, sesso e nazionalità dei lavoratori, ecc.), al fine di tutelare la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro. Lo sviluppo di sistemi informatici per la raccolta di informazioni, è stato un argomento messo però sempre in secondo piano, cosicché il legislatore con il D. Lgs. 81/08 ha istituito il Sistema Informativo Nazionale della Prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP), in modo tale

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da favorire lo scambio di dati e la creazione di un data base su cui orientare le attività di prevenzione.

Nel presente lavoro verranno descritti gli obiettivi che il SINP si pone, verranno analizzati l’organizzazione ed i flussi che ne fanno parte e l’utilizzo nelle attività di prevenzione nei luoghi di lavoro.

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1. Il Sistema Informativo Nazionale per la Prevenzione (SINP) Tra le innovazioni introdotte dal D. Lgs. 81/08 e s.m.i., l’istituzione del SINP è uno degli argomenti di cui meno si è parlato, ma che sicuramente ha rilevanza per tutto ciò che attiene l’attività di prevenzione negli ambienti di lavoro.

Nell’ambito del Titolo I del suddetto Decreto, l’articolo 8 è dedicato al Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP), quale strumento istituito “al fine di fornire dati utili per orientare, programmare, pianificare, valutare l’efficacia dell’attività di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali […] e per indirizzare le attività di vigilanza”.

Il Decreto, inoltre, ha individuato i contenuti minimi dei flussi informativi, che pertanto devono essere sviluppati tenendo conto almeno di:

- contesto produttivo ed occupazionale; - rischi (anche in un’ottica di genere);

- salute e sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici; - interventi di prevenzione delle istituzioni preposte; - interventi di vigilanza delle istituzioni preposte;

- e-bis) i dati degli infortuni sotto la soglia indennizzabile dall’INAIL.2 Il SINP, secondo quanto previsto dal Decreto, è costituito da una pluralità di soggetti istituzionali: Ministero del lavoro, della salute e della previdenza sociale, Ministero dell'interno, Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano, INAIL, IPSEMA e ISPESL (dal 2010 confluiti nell’INAIL), con il contributo del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL).

La gestione tecnica, informatica e la titolarità del trattamento dei dati, secondo quanto previsto dal D. Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, è affidata all’INAIL.3

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Il percorso che ha portato a definire il SINP nell’ambito del D.lgs. 81/08 è sostanzialmente partito dal lavoro congiunto di INAIL, ISPESL, Regioni e Province autonome, avviato nel 2002 attraverso la sottoscrizione di un protocollo d’intesa e rinnovato nel 2007 con la partecipazione del Ministero della Salute e del Ministero del Lavoro. Tale lavoro è partito dall’esigenza fondamentale di avere a disposizione un sistema informativo integrato per la prevenzione nei luoghi di lavoro.

Prima dell’avvio di tali protocolli erano tuttavia già presenti in alcune regioni sistemi informativi che acquisivano informazioni dalle ASL e dai diversi enti regionali. Il problema legato a tali sistema era essenzialmente legato alla disomogeneità nella raccolta dei dati e al fatto che spesso non erano specificamente orientati alla prevenzione. I flussi di dati erano costituiti dalle informazioni annuali inserite negli archivi assicurativi dell’INAIL, che venivano inviati al Ministero della Sanità secondo quanto previsto dal DPCM del 9 gennaio 1986, “Atto di indirizzo e di coordinamento sui flussi informativi dell'INAIL al Servizio sanitario nazionale in materia di infortunistica sul lavoro e malattie professionali”, che non rappresentavano uno strumento utile ed efficace per i soggetti destinatari, in particolare i Servizi di prevenzione delle AA.SS.LL, in quanto si trattava di dati anonimi, che non riportavano i dati anagrafici del lavoratore infortunato (o che aveva denunciato una malattia professionale) e dell’azienda.

A partire dal protocollo sottoscritto nel 2002, l’INAIL fornisce annualmente ad ogni Regione e ad ogni ASL una banca dati contenente diversi archivi: l'anagrafe delle imprese, integrata fino al 2006 con l’anagrafe delle aziende ISPESL, gli eventi infortunistici e le patologie da lavoro. Affinché vi sia il migliore utilizzo del sistema,

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vengono altresì forniti alcuni strumenti di supporto, rappresentati da un software per la lettura e la selezione dei dati, dalle chiavi interpretative degli archivi, e da tabelle, grafici e mappe contenenti gli indicatori di sintesi.4

Negli anni successivi, i flussi informativi sono stati accompagnati da programmi di formazione allo scopo di migliorare la comprensione e l’utilizzo degli stessi, rivolti ad operatori dei servizi di prevenzione ed a funzionari delle sedi territoriali INAIL.

La formazione degli operatori è infatti un’attività che è stata necessaria, e lo è tuttora, per poter trasferire efficacemente le conoscenze.

La collaborazione tra i soggetti aderenti al protocollo del 2002 si è poi estesa anche al sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e degli infortuni gravi, finalizzato principalmente alla descrizione delle dinamiche infortunistiche e all’approfondimento delle relative cause. Tale sistema consisteva in un archivio nazionale gestito dall’INAIL ed accessibile, a diversi livelli, attraverso un sito web specificamente dedicato.

Nello specifico, a partire dal 2002 il gruppo di lavoro nazionale ha realizzato un database che è stato consegnato ad ogni Regione, ASL, Direzione del Lavoro, ecc., contenente:

- gli archivi anagrafici di aziende ed unità produttive;

- gli archivi degli eventi denunciati e definiti, aggiornati all’anno precedente a quello dell’invio;

- chiavi di lettura e glossario; - indicatori statistici di sintesi;

- software di gestione dei dati (EPIwork) aggiornato ogni anno.5

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destinatari di tali sistemi di ottenere informazioni più complete sia sul piano quantitativo (numero di tavole statistiche che l’utente può costruire in modo interattivo) che qualitativo (lettura degli elementi più rilevanti emersi nelle dinamiche infortunistiche).

Sono dunque disponibili su scala nazionale dati utili per approfondire le conoscenze sui luoghi di lavoro del proprio territorio (aziende, infortuni e patologie da lavoro), anche se sono presenti alcune criticità legate in particolare alle fonti stesse dei dati.

Nei flussi informativi inizialmente istituiti, ad esempio, per quanto riguarda le definizioni di azienda, unità locale, posizione assicurativa, i problemi di accentramento contributivo portavano a distorsioni nel calcolo degli indicatori di sintesi; gli addetti esposti erano stimati piuttosto che effettivamente conteggiati; nelle statistiche inoltre, non erano conteggiati gli apprendisti, gli interinali o interi settori del cosiddetto conto stato ed agricoltura. Tali criticità sono tuttavia pienamente superabili con l’avvio del SINP, che dovrebbe facilitare sia la disponibilità dei dati che la loro completezza, grazie anche al contributo ed all’integrazione di altre fonti informative (ad esempio le comunicazioni sui rapporti di lavoro trasmesse al Ministero del “Welfare”).

Per far sì però che il SINP non rappresenti un mero sistema informatico che abbia come funzione esclusiva quella di fare da collegamento tra i vari archivi in esso presenti, dovrebbe essere sviluppato in modo adeguato il versante della comunicazione e dello sviluppo degli strumenti di supporto all’utilizzo dei dati disponibili, ossia quella parte di lavoro che in questi anni ha caratterizzato la collaborazione tra le istituzioni nell’ambito dei citati protocolli d’intesa, con tavoli tecnici che possano approfondire e sviluppare le possibilità

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di impiego dei dati, tanto sul piano metodologico quanto sul piano della restituzione delle informazioni, anche attraverso un rapporto nazionale condiviso.

Solo in questo modo, le esperienze sin qui maturate possono connotare il SINP come un vero e proprio “sistema”, dove l’aspetto della comunicazione non è secondario rispetto alla disponibilità ed al collegamento informatico tra le banche dati esistenti, nel rispetto delle sequenza di fasi che caratterizzano un sistema informativo, ovvero il recupero, lo sviluppo ed il trasferimento delle conoscenze.3

Fig. 1 Fasi caratterizzanti il SINP.

Il recupero consiste nell’acquisizione delle informazioni relative a infortuni e malattie professionali, lo sviluppo nell’analisi delle dinamiche dei fenomeni e nell’individuazione delle cause, il trasferimento infine nello scambio di informazioni a vari livelli per promuovere la prevenzione.

Per quanto attiene all’ultima fase, quindi con riferimento al tema della comunicazione, l’articolo 8 del D. Lgs. 81/08 prevede anche la

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partecipazione delle Parti sociali al SINP, evidentemente con la consapevolezza che il coinvolgimento delle Parti sociali può risultare fondamentale per promuovere la crescita della cultura della sicurezza e l’empowerment, da più parti auspicato come elemento chiave per migliorare significativamente le condizioni e la sicurezza nei luoghi di lavoro e prevenire efficacemente gli eventi dannosi per la salute che in tali luoghi possono determinarsi.4

Nel quadro del SINP, dunque, la collaborazione tra i diversi attori potrebbe realizzarsi anche attraverso un Osservatorio nazionale, attivato per definire priorità di approfondimento sulle cause e dinamiche degli infortuni sul lavoro e sull’insorgenza di malattie professionali ai fini dei possibili interventi di prevenzione, per produrre ed aggiornare materiali e strumenti informativi e formativi, oltre che per progettare e realizzare iniziative ed azioni mirate sul territorio, a supporto diretto dei lavoratori e dei datori di lavoro.

1.1 Modello organizzativo e funzionale del SINP

Per assicurare l’effettivo avvio e funzionamento del SINP, e per garantirne l’efficienza, sono individuati due livelli organizzativi e funzionali.

Comitato di Direzione (livello decisionale – politico): è composto dal Ministero della Salute, dal Ministero del Lavoro e della previdenza sociale, dai Rappresentanti delle Regioni e Province Autonome e dall’INAIL. Tali soggetti rappresentano la committenza generale dell’attività complessiva finalizzata al raggiungimento degli obiettivi del Sistema Informativo Nazionale.

Le funzione di tali soggetti sono principalmente:

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informativo nazionale, sia nelle priorità che nella loro articolazione, per il lungo e per il breve-medio periodo;

- definizione delle strategie complessive e indirizzo per il funzionamento del SINP e per il suo sviluppo;

- definizione delle linee di sviluppo del SINP e del relativo programma di attuazione;

- individuazione delle azioni a sostegno dell'eventuale

implementazione organizzativa, gestionale e normativa necessaria al funzionamento del sistema e dei conseguenti programmi di investimento necessari;

- definizione, in riferimento agli sviluppi della normativa sulla privacy e nella logica della facilitazione dello scambio dei dati all’interno del sistema, della struttura dei dati e delle informazioni accessibili per ogni destinatari nell’ambito delle proprie funzioni, competenze e responsabilità;

- valutazione dell’attività complessiva e del raggiungimento degli obiettivi del SINP con eventuale aggiornamento periodico (con periodicità triennale) del Protocollo d’Intesa.

Gruppo nazionale di lavoro integrato (per il coordinamento gestionale e tecnico): è composto dal Ministero della Salute, dal Ministero del Lavoro e della previdenza sociale, dai Rappresentanti delle Regioni e Province Autonome e dall’INAIL.

Le funzioni attribuite a tale organo sono:

- contributo alla progettazione degli sviluppi strutturali del SINP e del suo adeguamento tecnologico;

- definizione della modalità tecnico-operative per migliorare l’accessibilità, la fruibilità e la diffusione delle informazioni riguardanti la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro, individuazione e

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proposizione di soluzioni efficaci, attività comunicative sinergiche che coinvolgano tutti i soggetti interessati;

- coordinamento ed indirizzo dell’utilizzo delle informazioni in funzione del supporto sia del livello decisionale “centrale”, sia di quello gestionale delle Regioni, sia di quello operativo delle strutture territoriali che, a vario titolo, contribuiscono alla prevenzione nei luoghi di lavoro;

- individuazione e coordinamento di Gruppi di lavoro “tecnici”, costituiti ad hoc su specifiche tematiche rilevanti per l’attività del Sistema informativo nazionale;

- redazione periodica al Comitato di Direzione sull’andamento delle attività ai fini dei necessario monitoraggi e valutazioni delle stesse e delle necessità eventuali di adeguamento;

- predisposizione di iniziative di comunicazione ai soggetti del “sistema prevenzione” al fine di diffondere le conoscenze derivanti dall’attività svolta e aggiornare gli operatori, ai vari livelli territoriali, sullo stato di avanzamento dello sviluppo del Sistema Informativo;

- monitoraggio delle attività conseguenti all’utilizzo del sistema informativo;

- indirizzi e supporto all’aggiornamento del personale utilizzatore delle informazioni.

Criteri generali dell’attività

Nello svolgimento delle funzioni attribuite a ciascun livello organizzativo devono essere assicurate attività che, in coerenza con gli obiettivi strategici generali e con le necessità di efficienza ed efficacia in risposta ai bisogni del sistema di prevenzione nei luoghi di lavoro, riguardino:

- la conoscenza dei fenomeni legati agli infortuni sul lavoro ed alle malattie professionali (in termini di rischi, di danni, di soluzioni, etc.), a

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supporto delle scelte strategiche e degli obiettivi di intervento per la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro;

- la produzione di reportistica periodica destinata ai soggetti che realizzano azioni e programmi d’intervento per il miglioramento delle condizioni di salute e di sicurezza lavorative;

- la definizione di studi ad hoc a supporto della programmazione di azioni mirate a specifiche problematiche di prevenzione, tenendo conto dell’evoluzione del mercato del lavoro (frammentazione, immigrazione, lavoro irregolare, etc.);

- la realizzazione di momenti di comunicazione e diffusione delle informazioni che riguardino l’intero ambito studiato, rivolte ai soggetti portatori di interesse in merito, al fine anche di promuoverne il confronto; - la definizione dei contenuti e delle modalità di utilizzo integrato delle informazioni correnti, nell’ambito dei ruoli e delle responsabilità dei soggetti nei confronti del sistema informativo complessivo.

Il complesso delle attività è, inoltre, regolato da criteri specifici quali in particolare:

- partecipazione di ciascun soggetto all’attività complessiva del Sistema informativo nazionale quale fornitore e utilizzatore dei dati e delle informazioni da essi prodotte, con modalità che saranno ulteriormente definite;

- utilizzazione dei dati e delle informazioni tenendo in debito conto: le esigenze e le specificità di utilizzo delle informazioni che ciascun soggetto ha (ruolo e mission istituzionale, prerogative derivanti da norme e regolamenti, etc.), i vincoli derivanti da specifiche normative sul trattamento dei dati dei sistemi informativi, le possibilità tecniche di utilizzo e fruizione in base all’architettura ed al funzionamento attuale dei sistemi informativi esistenti;

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- definizione dei debiti/crediti informativi di ciascun soggetto nei riguardi del sistema informativo nel suo complesso e dei livelli di aggregazione e di produzione delle informazioni, utili e coerenti con le finalità generali di utilizzo e specifiche di ciascun soggetto;

- costituzione e utilizzo di gruppi tecnici per tutti i livelli di approfondimento relativi allo sviluppo di particolari tematiche.

Modalità di funzionamento:

Le modalità di funzionamento di ciascun livello organizzativo saranno disciplinate da un Decreto Ministeriale, da emanare entro 180 giorni dopo la costituzione formale del Comitato di Direzione e del Gruppo nazionale di lavoro integrato.6

1.2 InforMO

InforMO è un archivio strutturato istituito dall’ex ISPESL sulle cause di infortunio allo scopo di monitorare e approfondire i fattori di rischio per ricavarne indicazioni utili ai fini prevenzionali, oltre che per riconsiderare gli standard presenti nelle normative e nella documentazione tecnica. L’obiettivo,quindi, è quello di contribuire a individuare le buone pratiche attuabili dalle aziende e a indirizzare gli interventi che possano ridurre in maniera significativa gli eventi mortali e, di conseguenza,gli infortuni nel loro complesso.

La sorveglianza degli infortuni mortali sul lavoro finalizzata all’approfondimento delle loro cause è stata avviata nel 2002 congiuntamente dalle Regioni, dall’INAIL e dall’ex ISPESL. L’obiettivo del sistema di sorveglianza, denominato InforMO, è quello di monitorare i casi di infortunio agendo sulle informazioni raccolte nelle inchieste dei Servizi di prevenzione delle AA.SS.LL, in particolare, per ciò che concerne le modalità di accadimento e le cause degli eventi

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stessi. La banca dati del sistema InforMO ha raccolto, dal 2002 al 2010, un archivio di oltre 4.000 infortuni mortali e gravi, in particolare, sono raccolti tutti gli infortuni mortali indagati dalle AA.SS.LL e una quota di infortuni gravi ritenuti di interesse per la loro specifica dinamica. Il primo triennio di attività del sistema, dal 2002 al 2004, è stato a carattere sperimentale, successivamente è seguita una fase di affinamento delle metodiche di raccolta e degli strumenti per la trasmissione dati via web dai servizi di prevenzione all’INAIL, che ne ha gestito l’archivio nazionale, per riprendere dal 2005 l’attività di monitoraggio e di rilevazione degli infortuni mortali e gravi avvenuti nei luoghi di lavoro, esclusi quelli avvenuti su strada, con circa 400 casi raccolti e analizzati annualmente. Il cardine di tutto il sistema è rappresentato, quindi, dalle inchieste infortuni svolte dai servizi di prevenzione delle AA.SS.LL., che sono sempre eseguite per i casi di infortunio grave (prognosi oltre i 40 giorni) e per quelli mortali.7

Queste inchieste sono sintetizzate attraverso un modello di analisi infortunistica e inserite nel sistema informativo, con l’obiettivo di porre l’attenzione sul perché l’infortunio è avvenuto e tenendo conto della sua possibile multifattorialità. Infatti, spesso l’infortunio non avviene per una sola causa ma in conseguenza di più fattori concomitanti, per i quali, in un’ottica di prevenzione, non interessa tanto la gerarchia (qual è la prima causa e poi le restanti) quanto l’evidenziazione di tutte le circostanze intervenute nella dinamica infortunistica sulle quali è necessario agire contestualmente per eliminare o controllare i rischi. Importante è la modalità d’uso degli strumenti adottati dal Sistema di sorveglianza che, se corretta, può garantire una omogeneità nella raccolta e nel trattamento dei dati sul territorio.

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danno, ultimo accadimento in ordine cronologico, si risale al contatto (o scambio di energia) che ha causato l’infortunio e successivamente si individua l’incidente che ha determinato lo scambio di energia.

Nell’analisi dell’infortunio è possibile anche individuare:

- modulatori: fattori che non influiscono sulla probabilità di accadimento dell’incidente, ma sono in grado di attenuare o peggiorare il danno al lavoratore;

- determinanti: fattori di rischio che incidono sulla probabilità che si verifichi un incidente.

I modelli che rappresentano gli eventi infortunistici sono essenzialmente due.

Fig. 2 - Schema della dinamica infortunistica a variazione energetica.

Questa ipotesi si distingue dalla successiva, in quanto l’evento è caratterizzato da una rapida e non intenzionale trasformazione o liberazione di energia (di sede, tipo o intensità). È il tipico caso della caduta dall’alto, dell’incendio, ecc.

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Fig. 3 - Schema della dinamica infortunistica a variazione di interfaccia ambiente-lavoratore. In questa seconda ipotesi il lavoratore entra in contatto con l’energia correntemente presente nelle ordinarie condizioni di lavoro e nell’ambiente di lavoro (ad es. schiacciamento degli arti con attrezzature, investimento con carrello elevatore a forche, ecc.). In questo caso incidente e scambio di energia coincidono.

Una volta individuati modulatori e determinanti, si prosegue nel categorizzarli secondo un set specifico di attributi: asse (ambito di appartenenza del fattore), descrizione (relativa all’evento), tipo di modulazione (positiva o negativa), stato e processo (rispettivamente ciò che nel processo rimane invariato e ciò che invece si modifica), problema di sicurezza (motivo dell’individuazione dell’elemento in esame), confronto con standard (che completa l’informazione precedente), valutazione dei rischi (valuta se l’elemento è stato considerato nella valutazione dei rischi aziendale).8

Dall’analisi dell’ultimo biennio di dati disponibile (2009-2010), dato che i tempi di chiusura delle inchieste infortuni e i controlli eseguiti sui dati

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inseriti in archivio protraggono i tempi di diffusione delle informazioni del sistema, è stato possibile ad esempio rilevare come la caduta dall’alto dei lavoratori sia la prima modalità di incidente sul lavoro con esito mortale (34,2% dei casi), seguita dagli investimenti e dalla perdita di controllo di mezzi (22,6%) e dalla caduta dall’alto di oggetti (14,5%). Le prime due modalità, da sole, rappresentano oltre il 50% dei casi.

Le cadute dall’alto accadono nei due terzi dei casi nel settore delle costruzioni, seguito a considerevole distanza dall’agricoltura (10%). Tra le cadute dall’alto sono rilevanti gli sfondamenti di coperture, causati nella gran parte dei casi da assenza di protezioni o di percorsi predefiniti, seguono le cadute da ponteggi o da impalcature fisse, molto spesso dovute a cattivi allestimenti o al mancato utilizzo delle cinture di ancoraggio, e l’impiego improprio di scale portatili.7

1.3 MALPROF

La raccolta e la registrazione delle patologie correlate al lavoro viene effettuata da parte dei servizi di prevenzione nei luoghi di lavoro principalmente con il modello MALPROF.

La serie storica dei Rapporti MALPROF inizia nel 1999 con la partecipazione di sole 2 Regioni, Toscana e Lombardia. Il numero delle Regioni coinvolte nel Sistema di Sorveglianza Nazionale sulle Malattie Professionali è progressivamente aumentato, attualmente sono 14 le Regioni che vi partecipano operativamente.

L’immagine riportata di seguito individua le regioni che nel 2012 effettuavano la registrazione delle malattie correlate al lavoro con il modello MALPROF e le Regioni che invece utilizzavano altri sistemi o nel peggiore dei casi nessun sistema.

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Fig. 4 - Regioni che utilizzano la registrazione delle MP secondo MALPROF.

Il modello di rilevazione si compone sostanzialmente di una scheda per la raccolta dei dati e dei criteri per la valutazione della qualità della diagnosi e della storia lavorativa al fine di attribuire il nesso di causa. L’alimentazione dell’archivio può avvenire seguendo 2 percorsi: -preferenziale: utilizzo dell’applicativo web MaProWeb

-alternativo: le sedi territoriali Regioni/ASL inviano periodicamente gli archivi con il tracciato record standard previsto dal modello.

Dalle analisi condotte sui dati relativi al biennio 2009-2010 il maggiore tasso di segnalazione di malattie da lavoro è stato osservato in Emilia Romagna (108,5 nel 2009 e 105,8 nel 2010 per 100.000 abitanti), seguita dall’Umbria (71 nel 2009 e 73,6 nel 2010 per 100.000 abitanti) e dalle Marche (64,6 nel 2009 e 74,2 nel 2010 per 100.000 abitanti) quest’ultime con valori molto elevati anche se a copertura parziale (non tutti i servizi ASL registrano i dati).

Il gruppo composto dalle malattie muscolo scheletriche (incluse malattie del rachide e sindrome del tunnel carpale) nel 2009 rappresenta il 40,32% delle segnalazioni rispetto al 41,14% delle ipoacusie (sordità e disturbi dell’orecchio). Nel 2010 si riscontra un incremento delle segnalazioni per le malattie muscolo scheletriche pari

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al 9% (49,53% del totale) mentre il gruppo delle ipoacusie presenta una diminuzione del 8% (32,72%).

Dai dati raccolti con il modello MALPROF è possibile inoltre acquisire dati circa:

- distribuzione dei casi segnalati per classe d’età, malattia e sesso; - distribuzione dei casi segnalati per nazionalità del lavoratore e sesso; - distribuzione dei casi segnalati per fonte informativa e tipo di MP; - distribuzione per classe di malattia dei casi segnalati e dei casi con nesso causale positivo;

- distribuzione per codice ATECO91 e sesso dei casi con nesso causale positivo;

- distribuzione per professione e sesso dei casi con nesso causale positivo, ecc.

Dai risultati ottenuti dalle analisi dei dati e dalle stratificazioni ritenute opportune è possibile dunque valutare l’andamento nel tempo delle malattie correlate al lavoro e di conseguenza valutare se gli interventi messi in atto funzionano e individuare precocemente l’insorgenza di nuove tecnopatie.9

1.4 Registrazione dei tumori di origine professionale

Il fenomeno dei tumori di origine professionale rappresenta un importante tema di sanità pubblica che oggi è ampiamente sottovalutato. Secondo l’INAIL più di quattro milioni di lavoratori sono esposti quotidianamente ad agenti cancerogeni. I casi di tumore indotto da esposizione a tali agenti è stimabile in circa 6000 casi l’anno.

Numericamente spiccano i casi di tumore polmonare e di mesotelioma, seguiti dai casi di tumore delle sedi nasali e sinusali, dall’ angiosarcoma epatico, tumori della vescica, della laringe, del fegato e dalla leucemia.

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Per i tumori, analogamente a quanto accade per le malattie professionali, la correlazione tra esposizione lavorativa e la malattia è spesso difficile per diversi motivi. La lunga latenza tra esposizione e malattia, l’assenza nel prestare attenzione all’anamnesi lavorativa del soggetto, la multifattorialità della neoplasia, sono indiscutibilmente fattori che in molti casi, difficilmente stimabili, portano al mancato riconoscimento della correlazione tra esposizione lavorativa e malattia. Lo scopo del registro è proprio quello di identificare i fattori di rischio correlati alle neoplasie professionali, al fine di eliminarli o ridurli.

Al sistema di raccolta delle segnalazioni spontanee da parte di medici curanti, istituzioni sanitarie, previdenziali e assicurative già previste dall’art. 71 del D.Lgs. 626/94 è stato sostituito un quadro articolato che distingue le procedure di raccolta in funzione della frazione eziologica della neoplasia.

ll medico, nel caso di diagnosi di tumore di sospetta origine professionale, ha l’obbligo di segnalare, tramite i Centri Operativi Regionali (COR) così come previsto dall’art. 244, comma 2 del D.Lgs 81/2008, le neoplasie attribuibili ad esposizioni lavorative ad agenti cancerogeni. Per le regioni in cui non sono stati istituiti i COR, la notifica deve avvenire mediante l’invio di un modello compilato da trasmettere all’INAIL.

I tumori però possono essere anche correlati ad un’esposizione lavorativa ad agenti biologici e a radiazioni ionizzanti. La notifica è obbligatoria in entrambi i casi (art. 281, comma 2 D.Lgs 81/2008 e art. 92, comma 2, D.Lgs 230/1995). La notifica di tumore correlato all’esposizione a radiazioni ionizzanti deve essere comunicata però differentemente: la notifica va inviata all’Ispettorato del Lavoro e agli organi del Servizio Sanitario Nazionale.

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Per i mesoteliomi ed i tumori naso-sinusali sono attivi specifici registri.

Il Registro Nazionale dei Mesoteliomi (ReNaM) ed il Registro Nazionale dei TUmori Nasali e Sinusali si strutturano come networks ad articolazione regionale che registrano i casi accertati di specifiche neoplasie al fine di stimare l'incidenza delle stesse in Italia, definire le modalità di esposizione, l'impatto e la diffusione della patologia nella popolazione ed identificare sorgenti di contaminazione ancora ignote.10

1.5 Il progetto OCCAM

Il progetto OCCAM (OCcupational CAncer Monitoring) nasce da una collaborazione tra ISPESL e l’Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori di Milano, allo scopo di stimare il rischio per i tumori di origine professionale in relazione anche all’area geografica (provincia, regione, ecc.), sede d’insorgenza della malattia, e il comparto produttivo. Il progetto si posto inoltre l’obiettivo di individuare i casi di possibile origine occupazionale per stabilire le priorità nell’attività di prevenzione negli ambienti di lavoro ed eventualmente, nei casi accertati, per promuovere l’attivazione di procedure di risarcimento. Il progetto consiste nella realizzazione di studi caso-controllo che confrontano le storie professionali di chi è ammalato di tumore (casi), ottenute attraverso il collegamento con gli archivi informatizzati dell’INPS, con quelle di chi non ha contratto la malattia (controlli).

In una prima fase di attività le indagini sono state condotte utilizzando i casi incidenti nel periodo 1990-1997 rilevati da sei Registri Tumori Italiani. Successivamente si sono sperimentati sistemi alternativi di rilevazione della patologia come le Schede di Dimissione Ospedaliera che rispetto ai registri tumori presentano una maggiore copertura sul territorio nazionale.

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Con tale studio è stato dunque possibile stimare per quali tumori ed in quali comparti produttivi vi sia una probabilità più elevata di malattia. In realtà i risultati sono espressi in termini di rischio relativo (RR) che esprime il rapporto tra la probabilità di ammalarsi di uno specifico tumore per i soggetti che hanno lavorato in uno specifico comparto (casi) rispetto alla probabilità di contrarre la malattia del gruppo dei soggetti non professionalmente esposti (controlli). Ad esempio un rischio relativo pari a 1.55 per tumore del fegato fra gli addetti alla siderurgia indica che questi lavoratori hanno un rischio di contrarre questo tumore superiore del 55% rispetto ai non esposti.

Lo studio ha analizzato nel suo insieme 75.250 casi di tumore e 43.300 controlli permettendo la ricostruzione delle attività professionali di 80.000 soggetti.

Tale risultato è più che soddisfacente tenendo conto che sono disponibili solo le attività svolte come dipendente nel settore privato. Per quanto riguarda i rischi cancerogeni, lo studio è stato in grado di rilevare, accanto a molti rischi già segnalati dalla letteratura in campo occupazionale (eccesso di tumori del polmone nel comparto della siderurgia, tumori della vescica nel settore della lavorazione del cuoio) anche un elevato numero di associazioni, alcune delle quali già ipotizzate (ad es. leucemie nel comparto tessile), che necessitano di conferma e approfondimenti.

Aldilà dell’incertezza legata alle stime il progetto stesso sottolinea la possibilità di poter commettere errori, ovvero individuare associazioni tra comparto produttivo e tipologia di tumore.

Per infatti interpretare ed eventualmente confermare i rischi che emergono dal progetto OCCAM e fornire uno strumento informativo, è

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stato costruito uno strumento basato sulla bibliografia riguardante i tumori di origine professionale, denominato “matrice della letteratura”.11

1. 6 I “fornitori di dati” del SINP

Per avere un quadro completo degli enti coinvolti nella raccolta delle informazioni e dei sistemi informatici (data set) necessari al pieno funzionamento del SINP si riporta una tabella riassuntiva. La tabella presenta 3 parti in quanto divisa in relazione al diverso oggetto cui le informazioni si riferiscono: persona, unità produttiva e dati di sintesi.12

1.PERSONA

BANCHE DATI DISPONIBILI BANCHE DATI DISPONIBILI BANCHE DATI DISPONIBILI

BANCHE DATI DISPONIBILI DATA SET MINIMODATA SET MINIMODATA SET MINIMODATA SET MINIMO 1.1

1.1 1.1

1.1 Infortuni:Infortuni:Infortuni:Infortuni:

Tracciato record di Sbagliando s’impara (INAIL)

+

Codifica ESAW (INAIL) +

Variabile “Conclusioni indagini infortuni” (Vigilanza ASL)

· Per lesioni colpose (art. 589-590 CP) · Verbale 758 redatto – articoli violati

1.1.1 Archivio inchieste infortuni (Serv. Sicurezza ASL)

1.1.2 Archivio denunce infortunio (INAIL)

1.1.3 Inchieste amministrative per infortuni (DPL)

1.1.4 Certificati infortunio (PS) 1.1.5 Data base (DB) INAIL-Regioni 1.1.6 InforMo-Sbagliando s’impara (INAIL)

1.2 1.2 1.2

1.2 Malattie professionali:Malattie professionali:Malattie professionali: Malattie professionali:

Tracciato record di MalProf (INAIL) +

Variabile “Conclusioni indagini malattie professionali” (Vigilanza ASL)

· Per lesioni colpose (art. 589-590 CP) · Verbale 758 redatto

+

Schede specifiche in caso di Mesoteliomi e Tumori Nasali e Sinusali (INAIL) 1.2.1 Archivio inchieste malattie

professionali – MP (ASL)

1.2.2 Archivio referti/denunce MP (ASL) 1.2.3 Registro Nazionale Mesoteliomi (ReNaM) Registro Nazionale Tumori Nasali e Sinusali (ReNaTuNS) – (INAIL) 1.2.4 Archivio malattie professionali (INAIL) 1.2.5 DB INAIL-Regioni

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1.3 Dati Sanitari: 1.3 Dati Sanitari: 1.3 Dati Sanitari: 1.3 Dati Sanitari:

Tracciato record Registri esposti ex art. 243, 260 e 280

(ASL-INAIL) 1.3.1 Archivio lavoratrici madri /

apprendisti / minori (DSP-DPL) 1.3.2 Archivio CedAP (Certif. di Assistenza al Parto)

1.3.3 SDO Aziende Sanitarie Pubbliche e Private

1.3.4 Registri esposti ex art. 243, 260 e 280 (ASL- INAIL)

1.4 Dati Persona: 1.4 Dati Persona: 1.4 Dati Persona: 1.4 Dati Persona:

Tracciato record del Sistema CO - Comunicazioni Obbligatorie

+

Variabile “Soggetto del provvedimento” ispezione - Vigilanza ASL

· Datori di lavoro, dirigenti, preposti,

lavoratori

· Lavoratori autonomi

· Committenti e/o responsabili dei lavori · Coordinatori per la sicurezza

· Medico competente

1.4.1 Archivio Persona - certificati di malattia (INPS)

1.4.2 Archivio Nazionale Schede Persona (CCIAA)

1.4.3 DB Denuncia Nominativa Assicurativa (INAIL)

1.4.4 CO - Comunicazioni Obbligatorie (Ministero del Lavoro, Centri per l’impiego, INPS, INAIL)

1.4 Anagrafe Assistiti ASL

2.UNITA’PRODUTTIVA

BANCHE DATI DISPONIBILI BANCHE DATI DISPONIBILI BANCHE DATI DISPONIBILI

BANCHE DATI DISPONIBILI DATA SET MINIMODATA SET MINIMODATA SET MINIMODATA SET MINIMO

2.1 Azienda 2.1 Azienda 2.1 Azienda

2.1 Azienda Tracciato record dell’Archivio ditte (CCIAA)

+

Scheda DPL archivio aziende ispezionate

· Dati anagrafici aziende ispezionate · Dati sulle posizioni lavorative esaminate

(dipendenti e somministrati)

· Ipotesi di reato · Illeciti amministrativi · Esito singola violazione

· Sospensione dell'attività imprenditoriale · Conciliazione monocratica

· Dati diffida accertativa

· Dati numerici posizioni irregolari (con

distinzione tra donne, minori, cittadini extra UE con/senza permesso di soggiorno, 2.1.1 DB INAIL-Regioni-

2.1.2 Archivio aziende ispezionate (ASL)

2.1.3 Archivio ditte (CCIAA)

2.1.4 Archivio aziende con controllo amministrativo e tecnico (DPL)

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2.1.5 Archivio CPI (VVF)

· Dati sulla richiesta d'intervento · Recuperi ed inadempienze contributive

+

Tracciato record dell’Archivio CPI (VVF) +

Variabile “Fase” ispezione - Vigilanza ASL

· Primo sopralluogo

· Sopralluogo successivo al primo e di

verifica

· Audit · Prelievo inquinanti

· Assunzione di informazioni testimoniali · Valutazione documentale

· Notizia di reato · Incontro/riunione

+

Variabile “Provvedimento” ispezione - Vigilanza ASL

· Esito regolare

· Verbale di prescrizione D.Lgs

758/94-artt.violati

· Verbale amm. art. 301 D.Lgs

81/08-artt.violati

· Notizia di reato (artt. CP) · Sospensione attività d'impresa art. 14

D.Lgs 81/08

· Sequestro preventivo · Sequestro probatorio · Verbale di disposizioni · Emissione parere amministrativo

+

Tracciato record Informazioni ex art. 40, DLgs 81/08 (ASL)

2.1.6 Archivio aziende controllate (DP ASL)

2.1.7 Archivi prescrizioni Organo di Vigilanza ASL-Regioni / DPL-Min.Lavoro

2.1.8 Informazioni ex art. 40 D.Lgs 81/08(ASL-INAIL)

2.2 Cantieri 2.2 Cantieri 2.2 Cantieri

2.2 Cantieri Tracciato record dell’Archivio cantieri notificati art. 99 D.Lgs 81/08 all. XII (Serv.

Sicurezza ASL) +

Scheda DPL archivio aziende ispezionate

· Come per le aziende, più la possibilità di

aggregare

fascicoli ispettivi di varie aziende operanti su un cantiere, indicando denominazione, indirizzo, data apertura e data chiusura del

cantiere. 2.2.1 Archivio cantieri notificati art. 99

D.Lgs 81/08 all. XII (ASL)

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2.2.3 Archivio piani bonifica amianto art. 256 D.Lgs 81/08 (Serv. Sicurezza ASL)

+

Variabile “Fase” ispezione - Vigilanza ASL

· Primo sopralluogo

· Sopralluogo successivo al primo e di verifica · Audit

· Prelievo inquinanti

· Assunzione di informazioni testimoniali · Valutazione documentale

· Notizia di reato · Incontro/riunione

+

(in caso di cantieri amianto) Variabili piani bonifica amianto art. 256

D.Lgs 81/08 (Serv. Sicurezza ASL) 2.2.4 Archivio DIA per vigilanza edilizia

(Comune)

2.2.5 Archivio cantieri con controllo amministrativo e tecnico (DPL)

3.DATI DI SINTESI

BANCHE DATI DISPONIBILI BANCHE DATI DISPONIBILI BANCHE DATI DISPONIBILI

BANCHE DATI DISPONIBILI DATA SET MINIMODATA SET MINIMODATA SET MINIMODATA SET MINIMO

3.1 Informazioni ex art. 40, DLgs 81/08 (ASL - ISPESL)

Informazioni ex art. 40, DLgs 81/08 +

Sistema di rilevazione nazionale attività Serv. Sicurezza ASL (ISPESL Regioni)

+

Banca dati statistica INAIL: aziende assicurate, eventi denunciati, eventi

indennizzati, rischio +

Banca dati statistica ISPESL infortuni (gravi e mortali) e malattie professionali 3.2 Sistema di rilevazione nazionale attività

Servizi Sicurezza ASL (Regioni)

3.3 Banca dati statistica INAIL: aziende assicurate, eventi denunciati, eventi indennizzati, rischio

3.4 Banca dati statistica INAIL infortuni (gravi e mortali) e malattie professionali.

Tab. 1 - Raffronto tra le banche date disponibili ed i relativi data set.

Riassumendo ed integrando con quanto sopra riportato, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali contribuisce con la fornitura delle informazioni sull’andamento del mercato del lavoro nelle sue diverse articolazioni (settori, aree geografiche, tipologie di contratti, ecc.), sulla stima del lavoro irregolare sulla base degli archivi relativi alle comunicazioni in suo possesso.

Le Regioni e Province Autonome collaborano con il Ministero della Salute per le informazioni relative alle attività svolte dalle Direzioni

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Provinciali del Lavoro e dall’ARPA, sulle risorse impegnate e sull’efficacia degli interventi attuati, acquisite nei diversi settori di intervento, con particolare riferimento a:

- archivi aziendali;

- conoscenze acquisite sulle esposizioni ai rischi; - dati e conoscenze sul fenomeno infortunistico;

- dati e conoscenze sulle patologie professionali e/o correlate al lavoro, anche utilizzando informazioni ottenute da elaborazione dei dati provenienti dai registri regionali dei mesoteliomi e da altri registri

eventualmente istituiti (es. Sistema MALPROF, Sistema di

Sorveglianza sugli infortuni mortali);

- risultati di progetti speciali e/o locali (es. OCCAM). - attività di prevenzione, vigilanza, prescrizione e verifica.

L’INAIL con la legge 30 luglio 2010, n. 122 ha ricevuto l'attribuzione delle funzioni già svolte dall'ISPESL e dall’IPSEMA e pertanto contribuisce mediante il proprio apparato informativo/informatico con i dati e le informazioni relativi a:

- gli archivi delle aziende e degli eventi (infortuni, malattie professionali, tabellate e non e tabellate);

- denuncia nominativa degli assicurati per il calcolo degli addetti a rischio; - attività svolte in ambito preventivo ed ispettivo delle proprie strutture, alle risorse impiegate, all’efficacia degli interventi attuati;

- registro delle malattie professionali di cui all’art. 10 del D. Lgs. n. 38/00.

L’immagine di seguito riportata schematizza una delle prime bozze del SINP, proposta in occasione delle prime riunioni tra i vari enti partecipanti al progetto. In particolare lo schema riassume i vari soggetti coinvolti, gli scopi ed i possibili utilizzi delle informazioni che il sistema raccoglie, in accordo anche con quanto previsto dal D.Lgs. 81/08.

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Fig. 5 - Schema SINP

1.7 Il SIRP toscano

Per quanto riguarda la gestione di flussi informativi, come già detto in precedenza, sono già presenti a livello regionale alcune esperienze che mirano alla realizzazione di sistemi informativi sovrapponibili al SINP, ma ovviamente in scala.

Ad esempio la Toscana è una delle regioni che sta affinando un sistema informativo già avviato negli anni passati, anche in relazione a quanto previsto a livello nazionale. In particolare in Toscana è attivo dal 2006 il Centro Regionale Infortuni e Malattie Professionali (CeRIMP) che rappresenta un organismo tecnico della Regione Toscana, deputato al trattamento dei dati di flussi informativi routinari provenienti dall’ente assicuratore INAIL (Flussi annuali su infortuni e Malattie professionali) e di altri flussi raccolti dagli stessi servizi di prevenzione nei luoghi di lavoro delle AA.SS.LL. toscane.

Il CeRIMP ha già prodotto da diversi anni resoconti per quanto riguarda la situazione regionale.

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- l'Istituto Toscano Tumori, istituto a cui sono affidate le attività di prevenzione, ricerca e assistenza per l'oncologia della regione Toscana; all’interno dell’istituto sono a loro volta presenti l’Istituto per lo Studio e la Prevenzione Oncologica (ISPO), sede del registro regionale di mortalità e del registro tumori, l’Unità Operativa di Epidemiologia Ambientale Occupazionale che ha sviluppato da molti anni esperienze ampiamente divulgate di Epidemiologia Occupazionale ed in particolare di studi eziologici e di sorveglianza sui i tumori professionali. L’U.O. di Epidemiologia provvede alla gestione del Centro Operativo Regionale (COR) dei mesoteliomi e da poco ha avviato anche il Registro Toscano dei Tumori Naso Sinusali che entrerà poi a far parte del nascente Registro Nazionale dei Tumori Naso Sinusali (ReNaTuns), disposto su indicazione dell’art. 244 del D. Lgs. 81/08 per quanto riguarda i tumori ad alta frazione eziologica. Sempre nella U.O. di Epidemiologia è stato sperimentato il sistema OCCAM (OCCupational CAncer Monitoring). Tale sistema è stato proposto in accordo al comma c del succitato art. 244 del D.Lgs. 81/08;

- i servizi PISLL sono depositari, oltre che dei flussi routinari ben noti, di ulteriori informazioni innovative rappresentate dai Registri degli Esposti a rischio cancerogeno e biologico, dalle relazioni dei medici competenti, secondo l’ex-art.40 del D.Lgs 81/08 (che al momento sono sospese in attesa dell’emanazione di specifico decreto), nonché dalle relazioni di inchiesta degli infortuni mortali e gravi del relativo sistema di sorveglianza, che si basa sul modello Sbagliando s’Impara (Infor.MO). Vi è infine un importante contributo al sistema da parte dell’Agenzia Regionale di Sanità (ARS) Toscana e delle Università, in particolare gli Istituti di Medicina del Lavoro di Firenze, Siena e Pisa, in quanto strutture che hanno a loro volta arricchito il panorama regionale con

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contributi significativi alla ricerca delle cause delle malattie da lavoro. Se questo è il panorama di partenza a completamento della descrizione sul funzionamento complessivo del sistema va aggiunto che finora le singole esperienze sopra richiamate hanno agito in sostanziale autonomia, avviando iniziative di coordinamento solo saltuariamente e in modo spontaneo. Ne deriva un certo scollamento tra i diversi aspetti trattati (i fattori di rischio prevalenti, i danni dovuti agli infortuni, quelli dovuti ad alcune malattie professionali, quelli infine dovuti ai tumori inerenti ad esposizioni a cancerogeni in ambienti di lavoro) che hanno impedito finora di poter individuare degli output che dovrebbero essere facilmente ricavabili da ogni sistema informativo integrato per la prevenzione nei luoghi di lavoro:

- i rischi a cui sono esposti i lavoratori che operano in Toscana; - la misura dello stato di salute dei lavoratori;

- l’individuazione delle iniziative vengono promosse per salvaguardare l’incolumità e il benessere al lavoro;

- i provvedimenti che vengono presi per correggere le situazioni pericolose e l’efficacia degli stessi.

Tuttavia è palese il passaggio da una fase in cui c’era una spontanea iniziativa di scambio di informazioni tra i diversi soggetti coinvolti ad una attuale, che proseguirà anche nei prossimi anni, caratterizzata da un lavoro organizzato e sistematico di raccordo e armonizzazione fra i diversi flussi informativi sopra delineati che coinvolgerà tutti gli attori che finora hanno costruito i diversi flussi (CeRIMP, ITT-ISPO, INAIL, Servizi preposti dei Dipartimenti di prevenzione delle ASL).

Tale sistema, come già accennato, è supportato da ARS Toscana e delle Università toscane che fra l’altro hanno la funzione di individuare degli indicatori atti a descrivere adeguatamente gli aspetti previsti dalla

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legge in capo al SINP, anche al fine di predisporre gli strumenti di una valutazione di efficacia del sistema nel suo complesso.

Il SIRP non è dunque un semplice punto di raccolta e di coordinamento dei flussi, ma una volta a regime dovrà essere un punto strategico regionale di supporto ai decisori per proporre indirizzi/obiettivi di programmazione basati su dati ed informazioni, scelta di priorità, azioni volte alla soluzione di criticità (ad es. la conoscenza dei rischi, ecc. ) e di disomogeneità territoriali, richieste di elaborazione ed analisi dei dati, sviluppo di attività per l’informazione agli stakeholders.

In occasione delle riunioni svoltesi tra gli enti coinvolti, sono state individuate una serie di azioni al fine di portare a regime il SIRP:

- ricognizione dei flussi informativi come esplicitati dal comma 6 dell’art.8; - integrazione di quelli mancanti o carenti;

- scambio ed integrazione dei propri database nei rispettivi domini informativi derivanti dai vari attori operanti nella rete;

- disamina del contenuto informativo alla luce delle rispettive esperienze e peculiarità, per estrarne il massimo di contributo informativo possibile con una attenzione anche alla comunicazione dei risultati epidemiologici ottenuti in modo unitario e chiaro anche attraverso la costruzione in futuro di un vero e proprio “Rapporto sullo stato di salute e sicurezza dei lavoratori in Toscana”.

La realizzazione di un simile impianto può porsi come modello regionale di sistema, ottimizzando le risorse esistenti al fine di garantire il basamento informativo necessario alle azioni di prevenzione e favorendone in definitiva una corretta successiva valutazione di efficacia.

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sono stati considerati come criticità del sistema. Il SIRP come sopra delineato richiede infatti una forte collaborazione tra i diversi enti coinvolti e la necessità di un coordinamento forte ed autorevole che garantisca non solo l’applicazione degli aspetti operativi e l’approfondimento di quelli tecnico scientifici, ma anche la complessiva guida organizzativa del progetto. E’ opportuno che tale funzione, indispensabile per garantire la realizzazione del SIRP, sia espletata dalla Regione Toscana (rappresentata dal Dirigente responsabile del settore regionale competente in materia) e dall’INAIL (nella figura del Direttore della sede regionale).13

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2. Il SINP e l’EBP

Uno dei problemi più importanti nello scenario della sanità in Italia è la corretta destinazione delle risorse verso interventi appropriati ed efficaci. Vista l’accresciuta esigenza di affrontare il tema dell’efficacia degli interventi anche nel campo della prevenzione dei rischi e dei danni dovuti al lavoro, il ministero della Salute, d’intesa con le Regioni, si è proposto di realizzare l’attività di prevenzione sulla base della definizione di ambiti prioritari, interventi efficaci, metodi e strumenti adeguati. Gli infortuni sul lavoro e le malattie lavoro correlate sono infatti eventi prevenibili, legati soprattutto alle condizioni strutturali di ambienti e macchinari, all’organizzazione del lavoro e al grado di applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

La prevenzione dei rischi e dei danni dovuti al lavoro non è sicuramente un argomento nuovo, ma fino a poco tempo fa scarso di studi che ne valutassero l’efficacia. Questo è vero a livello internazionale, ma ancor più a livello nazionale.

Nonostante l’attività professionale basata su pratiche di dimostrata efficacia rappresenti ormai un approccio alla medicina diffusamente accettato, l’Evidence Based Medicine (EBM), esistono diverse barriere culturali e organizzative che ostacolano la traduzione nella pratica di lavoro dei principi dell'Evidence Based Prevention (EBP).

La modifica infatti di atteggiamenti e pratiche di lavoro radicate, in operatori da sempre abituati ad agire sulla base di normative, piuttosto che sulle buone pratiche di lavoro professionali, è una delle maggiori criticità ad oggi riscontrata nel processo di diffusione della prevenzione basata su prove di efficacia.

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state già effettuate in Italia nell’ambito dell’iniziativa Evidence Based Prevention (EBP) che ha raccolto in un movimento alcuni operatori sanitari che cooperano per cambiare la pratica della prevenzione, sforzandosi di migliorarla al fine di renderla sempre più utile per la salute della popolazione e dei lavoratori.

L’iniziativa “EBP e lavoro” è partita dal Centro nazionale per la prevenzione ed il controllo delle malattie (Ccm) presso il Ministero della Salute), forte anche del sostegno dell'Agenzia Regionale della Toscana, di alcuni Dipartimenti di prevenzione e del CNESPS (Centro nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute, istituito presso l’Istituto Superiore della Sanità).

Lo scopo dell’iniziativa è quello di arricchire la prevenzione di tutti gli interventi che in studi basati su metodologie scientifiche si sono dimostrati utili ed efficaci ed al contempo intende eliminare progressivamente tutte quelle pratiche di prevenzione per cui è stata dimostrata l'inutilità o l'inefficacia.

Poiché alcune delle pratiche inefficaci sono ancora obbligatorie per legge, l’iniziativa intende anche adeguare l'attuale normativa alle attuali conoscenze scientifiche promuovendo le seguenti attività:

- studi collaborativi sull'efficacia e i costi degli interventi di prevenzione attuali;

- rendere disponibile documentazione sulla prevenzione “che funziona”;

- organizzare incontri, seminari e workshop periodici;

- organizzare corsi di formazione per operatori della prevenzione.

In prima battuta è stato fatto un censimento tramite una raccolta delle revisioni sistematiche in tema di prevenzione e protezione nei luoghi di lavoro sia a scopo divulgativo (per i diversi “attori della prevenzione”)

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sia per avere un sostegno per eventuali sperimentazioni di tali pratiche (di cui se ne valuterà il risultato).

Per quanto riguarda gli studi italiani già condotti, l’analisi effettuata ha individuato risultati interessanti in termini di qualità, in particolare per gli studi realizzati a livello locale. Alcuni di essi, infatti, presentavano il disegno ottimale della sperimentazione randomizzata.

Tra questi studi si possono distinguere due grandi categorie:

- quelli basati su dimostrazione d’efficacia sperimentale, in ambiente di laboratorio, dedicati soprattutto al confronto fra diversi modi per risolvere problemi meccanici e strutturali relativi alla protezione passiva di strumenti di lavoro. Un particolare ambito in questo settore lo hanno assunto gli studi sull’efficacia dei mezzi di protezione individuale contro il rischio d’infortuni, per esempio, agli occhi o per schiacciamento dei piedi da caduta di gravi o ancora per la protezione del capo tramite elmetti;

- quelli basati su dimostrazioni di efficacia sperimentale in ambiente reale; ci si riferisce ai cosiddetti “Pragmatic randomized trial” che tentano di verificare ad esempio l’impatto sulla sicurezza, in termini di diminuzione di infortuni, di interventi complessi, multicomponent, dove l’oggetto dello studio è focalizzato soprattutto sull’efficacia del complesso dell’intervento, più che su quella delle sue singole componenti.14

2.1 L’acquisizione delle conoscenze scientifiche

Un aspetto importante relativo agli interventi di prevenzione è quello di conoscere sia il problema che si deve affrontare sia le soluzioni che in letteratura sono riconosciute come efficaci.

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coloro che lavorano nell’ambito della prevenzione rappresenta una necessità per poter promuovere la “prevenzione efficace” oltre al fatto che l’aggiornamento rappresenta un obbligo di legge per alcuni soggetti (Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza, Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, Medico Competente, operatori del settore pubblico, ecc).

Gli strumenti di aggiornamento possono essere molteplici: convegni, seminari, riviste, corsi di formazione, lezioni, ecc.

Le conoscenze trasmesse però hanno un'unica fonte, ovvero gli studi epidemiologici: revisioni sistematiche, studi sperimentali ed osservazionali, sapere scientifico.

Ovviamente il peso relativo di ognuno di essi è differente, per le diverse qualità delle evidenze risultanti dagli studi stessi.15

L’immagine sotto riportata individua la gerarchia degli studi in termini di qualità delle evidenze per l’EBM, utilizzabile anche per l’EBP.

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2.2 Studi di efficacia degli interventi di prevenzione

I risultati degli studi scientifici e delle revisioni di letteratura comportano la traduzione delle evidenze in strumenti che siano operativamente utili ed efficaci.

Quanto appurato in fase sperimentale è necessario che venga poi tradotto in buone pratiche di lavoro, linee guida o in alcuni casi in specifici atti normativi.

Ad esempio in Europa è l’Agenzia europea per la salute e la sicurezza sul lavoro a raccogliere gli studi effettuati in ambito europeo e extraeuropeo e a pubblicare le relative buone prassi nei diversi comparti produttivi.

A titolo esemplificativo si riportano alcuni report (relazioni) pubblicati dall’Agenzia europea per la salute e la sicurezza sul lavoro (OSHA-EU), dedicati a problemi specifici nel campo della sicurezza e della salute sul lavoro o a specifici settori o gruppi di lavoratori.

Documento - Report Anno di

pubblicazione

Preventing MSDs in practice 2000

Work-related Low Back Disorders 2000

Health and safety campaigning 2001

How to Reduce Workplace Accidents 2001

Accident prevention in practice 2001

Prevention of psychosocial risks and stress at work in practice 2002 The practical prevention of risks from dangerous

substances at work 2003

Achieving better safety and health in construction 2004 Prevention of risks in construction in practice 2004 Work-related musculoskeletal disorders: prevention report 2008 Protecting workers in hotels, restaurants and catering 2008 Skin diseases and dermal exposure: policy and practice

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Workplace exposure to vibration in Europe: an expert review 2008 Protecting workers in hotels, restaurants and catering 2008

Workplace exposure to nanoparticles 2009

Preventing risks to young workers: policy, programmes and

workplace practices 2009

The human-machine interface as an emerging risk 2009

Preventing harm to cleaning workers 2009

A review of accidents and injuries to road transport drivers 2011 Innovative solutions to safety and health risks in the

construction, healthcare and HORECA sectors 2011 European Good Practice Awards 2012–2013 2013 Tab. 2 - Relazioni inerenti alcuni rischi per la SSL pubblicate dall’OSHA-EU.

Tali documenti definiscono in maniera completa i rischi connessi alla sicurezza e alla salute, le possibilità per contrastarli, i soggetti competenti e le fonti dove reperire ulteriori informazioni.

Ad esempio analizzando gli interventi messi in atto per prevenire i

disturbi muscolo-scheletrici emerge che alcuni di essi sono non efficaci o comunque non presentano una comprovata efficacia. La seguente tabella riporta quanto emerso dalle relazioni sopra elencate, relative alla specifica tematica.16

INTERVENTI EFFICACI INTERVENTI NON EFFICACI O DI DUBBIA EFFICACIA

Riduzione ore di lavoro

Utilizzo fasce lombari (lombalgie) Introduzione di pause aggiuntive

(in lavori ripetitivi)

Misure tecniche ergonomiche

(e ausili) Formazione alla corretta MMC (come unica misura adottata) Attività fisica + esercizi specifici

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Come già detto in precedenza, quanto presente in letteratura è necessario che sia poi trasferito al “sistema prevenzione” perché propedeutico ad un miglioramento della prevenzione nei luoghi di lavoro e necessario per una maggiore razionalizzazione delle risorse. In particolare, nell’ambito dell’attività di vigilanza, le evidenze acquisite possono meglio indirizzare gli operatori della prevenzione verso quegli aspetti che in maniera più significativa incidono sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori.

Il SINP, in tale contesto, può essere sicuramente uno strumento utile per raggiungere tale scopo: raccogliere le informazioni (anche per l’effettuazione degli studi) e rappresentare un valore aggiunto per diffondere la conoscenza degli interventi di prevenzione di comprovata efficacia, promuovendo la prevenzione Evidence Based.

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3. La funzione di tutela della prevenzione nei luoghi di lavoro

Il passaggio delle funzioni inerenti la tutela della prevenzione, dell’igiene e della sicurezza negli ambienti di lavoro dagli ispettorati del lavoro alle UU.SS.LL, trasformatesi in AA.SS.LL. con l’entrata in vigore del D. Lgs. 502/92, è avvenuto il 1° luglio 1982, in attuazione a quanto previsto dalla Legge 833/78, comportando sostanziali cambiamenti in termini di qualità del servizio.

Prima del passaggio di funzioni, in alcune zone del nostro Paese, già veniva posta attenzione all’orientamento delle attività secondo le mappe di rischio ed i piani mirati, tuttavia rivolgendo scarsa attenzione alla vigilanza. In altre aree, invece, dove vi era una maggiore disorganizzazione, c’era poco interesse verso gli aspetti di pianificazione e programmazione delle attività e ci si occupava essenzialmente di attuare una disordinata azione di vigilanza per lo più a scopo repressivo.

Un dato che ha accumunato tuttavia entrambi gli scenari è stato quello dell’inefficace azione sul territorio, legata soprattutto al rapporto aziende controllate (visite, ispezioni, ecc.) su aziende presenti sul territorio.

In altri termini si può affermare che storicamente la vigilanza nei luoghi di lavoro in Italia è mancata o perlomeno è stata inadeguata.17

All’interno delle AA.SS.LL. le funzioni di vigilanza e controllo nei luoghi di lavoro, mirate alla promozione della cultura della prevenzione e della salute negli ambienti di lavoro, sono affidate ad uno specifico servizio, che assume una diversa denominazione in relazione alla regione in cui opera (PISLL, SPESAL, SPRESAL, SPISAL, ecc.).

Le attività di prevenzione ed in particolare quelle di vigilanza possono esplicarsi secondo diverse forme e con un “raggio di azione” più o

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meno ampio, dal controllo di tutti i rischi presenti in azienda sino al controllo di singoli aspetti (attrezzature, ambienti di lavoro, ecc).

Ad esempio l’attività di vigilanza si può estrinsecare mediante l'esame della documentazione acquisita agli atti e/o l'accesso ai luoghi in cui si svolge un’attività; quest’ultima a sua volta può essere ad esempio considerata nel suo complesso, quando la vigilanza è diretta al controllo del rispetto della normativa applicabile a seguito di richiesta di nulla osta produttivo oppure può essere considerata parzialmente o in modo mirato, limitandosi cioè a verificare solo alcuni aspetti o materie, circoscritti ad un settore normativo (per esempio l’igiene del lavoro) oppure ad una particolare linea produttiva o ad un ambito spaziale (solo lo stabilimento di produzione).

Può essere quindi praticato anche un tipo di vigilanza più “limitata”, mirata cioè a rilevare un set minimo di requisiti strutturali, gestionali e di sicurezza.18

3.1. La pianificazione e la programmazione delle attività di prevenzione nei luoghi di lavoro

Le prestazioni erogate dal Servizio Prevenzione, Igiene e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro derivano dalle funzioni che il servizio ha e sono orientate in particolare secondo gli indirizzi emanati a livello nazionale (tramite il Piano Nazionale della Prevenzione) e regionale (tramite i Piani Regionali della Prevenzione ed i piani mirati) o territorialmente, individuati all’interno della singola ASL.

Le priorità di intervento individuabili nel servizio PISLL pertanto tengono conto di quanto previsto dalla pianificazione nazionale e regionale, ma sono anche legate a:

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Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS), segnatamente se dettagliate nella individuazione dei problemi e se riferite a rischi di consistente gravità;

- interventi richiesti nell’ambito del servizio di pronta disponibilità (per lo più infortuni o segnalazioni di situazioni ad alto rischio);

- interventi conseguenti ad eventi (reati) perseguibili d’ufficio (infortuni o malattie professionali che hanno determinato lesioni gravi); - richieste della magistratura (indagini delegate);

- interventi per verifiche legate a nuovi insediamenti produttivi o autorizzazione di strutture sanitarie;

- interventi di controllo per la rimozione di amianto.

Le attività di prevenzione sono sempre da ricondurre all’ambito della programmazione, sia che siano preordinate sia che si tratti di interventi estemporanei, ovvero dettati da fattori esterni.

La programmazione si fonda sulle potenzialità delle strutture organizzative della ASL in termini soprattutto di dotazione e gestione del personale e dei mezzi a disposizione.

Per quanto riguarda le attività di vigilanza e controllo che rappresentano l’ambito più importante della prevenzione, le tipologie di intervento che possono essere messe in atto sono di tre tipi:

a) controlli programmati;

b) controlli straordinari, ovvero quelli effettuati su richiesta di altri enti, a seguito di infortuni, incidenti, reclami o esposti;

c) controlli di carattere emergenziale, in genere riferiti all’attività svolta in sede di reperibilità o in occasione di eventi straordinari.

Per i controlli straordinari, l’attivazione dell’azione di vigilanza presuppone una valutazione in ordine alla priorità temporale, di competenza del dirigente, da riconoscere sulla base di alcuni aspetti,

Figura

Fig. 1 Fasi caratterizzanti il SINP.
Fig. 2 - Schema della dinamica infortunistica a variazione energetica.
Fig. 3 - Schema della dinamica infortunistica a variazione di interfaccia ambiente-lavoratore
Fig. 4 - Regioni che utilizzano la registrazione delle MP secondo MALPROF.
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