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QUESTIONE SOCIALE E SOLIDARIETA IN FREDERIC OZANAM

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PISA

DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE

TESI DI LAUREA IN SCIENZE POLITICHE

Questione sociale e solidarietà in

Frédéric Ozanam

Candidata

Relatore

Elena Ciurli

Prof. Andrea Salvini

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INDICE

INTRODUZIONE pag. 3

Primo capitolo - Gli Ultimi e Ozanam pag. 5

Secondo capitolo - Ozanam precursore del movimento sociale cattolico pag. 15

Terzo capitolo - Contemporaneità del pensiero di Ozanam pag. 36

CONCLUSIONE pag. 47

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INTRODUZIONE

Antoine Frédéric Ozanam (1813-1853) insigne intellettuale cattolico, vissuto nella seconda metà dell’Ottocento docente di diritto commerciale all’accademia di Lione nel 1839 e successivamente professore di letteratura straniera nel 1841 alla Sorbona è noto principalmente per essere stato il fondatore delle Conferenze di San Vincenzo de’ Paoli nel 1833 a Parigi. Le conferenze di carità, inizialmente così denominate, rappresentarono la solidarietà e l’assistenza materiale e spirituale alle masse di operai; bambini, donne e uomini sfruttati o meglio martirizzati dalla nascente industrializzazione. La sua testimonianza di fede da uomo laico, padre di famiglia, illustre studioso del rapporto tra la storia dei popoli e la dimensione religiosa, giornalista e politico per necessità, rivela una profonda motivazione apologetica: dimostrare la vitalità della religione cattolica dinanzi alle teorie del socialismo utopico che ritenevano che il cristianesimo fosse una dottrina superata dalla scienza; agli scienziati competerebbe il potere spirituale, agli industriali il potere temporale. La scienza dovrebbe essere la disciplina posta a guida nella fondazione della società, da organizzarsi come un’impresa e dunque ponendo economia e produzione alla base del suo funzionamento. In che modo dimostra Ozanam la validità della sua fede? Nel modo più eloquente come lui stesso afferma: assistendo personalmente a domicilio i derelitti dei sobborghi di Parigi, portando loro il pane e l’annuncio evangelico in uno scambio reciproco di rispetto di dignità e arricchimento spirituale. L’assistenza che onora, diceva Ozanam, è quella che prende l’uomo dall’alto, quando si preoccupa in primo luogo della sua educazione morale, politica e religiosa. Quando si aggiunge una stretta di mano che ridona il coraggio perduto, il consiglio che rassicura. Quando si tratta il povero con rispetto, non solo come eguale ma come superiore perché sopporta ciò che noi forse non sopporteremmo. Il povero, ci ricorda Ozanam, è un inviato di Dio per mettere alla prova la nostra giustizia e la carità salvandoci per mezzo delle nostre stesse opere. L’orgoglio di chi fa la carità si abbassa e lo spirito di chi la riceve si eleva. Non importava se i poveri fossero atei, credenti o indifferenti al messaggio di Cristo, assisteva ogni tipo di famiglia bisognosa. Questo tipo di azione sarà estremamente innovativa, in un clima politico che opponeva la modernità al pensiero cattolico.

Ozanam propose la cosiddetta terza via, un’alternativa tra liberalismo economico e ideologie socialiste propugnatrici di rivoluzioni collettiviste, ovvero la conciliazione tra cattolicesimo e liberali divenendo così il precursore del movimento sociale cattolico. Era il suo modo di porsi nel mezzo alle questioni rifiutando la monarchia, senza passare alle insurrezioni ma neppure piegandosi alla legge degli interessi della borghesia sfruttatrice degli ultimi.

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Ricordiamo la sua straordinaria modernità nella strenua difesa dei diritti dei lavoratori; parliamo della rivendicazione di un’organizzazione del lavoro a misura d’uomo e non certo di schiavitù, parliamo del diritto al riposo settimanale, alla libera associazione tra i lavoratori e imprenditori, alla pensione di vecchiaia e all’ equità fiscale, addirittura elaborò una condivisione volontaria delle risorse per rimpiazzare l’imposta e i prestiti forzosi. Egli promosse una visione fautrice della separazione tra stato e chiesa, della libertà di culto, di insegnamento e di religione.

Le sue istanze, e siamo nel 1848, costituiranno le fondamenta della Dottrina sociale della Chiesa. La Rerum Novarum, l’enciclica promulgata da papa Leone XIII nel 1891 affronterà la questione operaia sotto quella luce.

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Primo capitolo Gli Ultimi e Ozanam

Illustrare con riguardo la questione sociale e la solidarietà nel pensiero di Frédéric Ozanam richiama alla mente alcune riflessioni preliminari attorno al significato della povertà e i relativi framework sociali, culturali e politici imprescindibili da essa.

Il significato del termine povertà ricopre un vasto campo semantico, l’accezione principale è riferita ad una condizione di scarsità di beni materiali o spirituali relativa ad uno standard ipotetico o specifico in senso maggioritario. La povertà trova la sua diretta correlazione ed opposizione con i concetti di ricchezza e abbondanza.

Il reddito, l’indicatore della povertà da sempre, è stato ritenuto una misura fortemente riduttiva dalle Scienze Sociali per analizzare un fenomeno complesso, multidimensionale e relativistico. In particolar modo il pensiero del sociologo e filosofo tedesco George Simmel (1858-1918) affronta la tematica cercando di indagare contemporaneamente il contesto socioculturale di appartenenza, le aspettative di vita, l’ambito storico e geografico contingente.

George Simmel afferma che “povero è colui i cui mezzi non sono sufficienti per i suoi scopi. (…) Non è però possibile stabilire con sicurezza una misura di questi bisogni che valga in tutte le circostanze e ovunque, e al di sotto della quale, quindi sussiste la povertà in senso assoluto”. (Simmel, Il povero 1908).

Questa prospettiva ci conduce all’elemento portante della motivazione per cui i mezzi posseduti dall’individuo non sarebbero sufficienti a condurre la vita che egli desidera: non citiamo la privazione di mezzi economici ma la mancanza di libertà effettive, le capabilities descritte da Amartya Kumar Sen in Sviluppo è Libertà (Sen, 2000); una sorta di bene capitale ad personam accumulato nell’intero corso della vita. I beni capitali sono riferiti all’istruzione ricevuta, alla formazione professionale che consente di ottenere un salario dignitoso, alla buona salute, al talento lavorativo.

Sen ci ricorda che (…) “la mancanza di espansione delle libertà sostanziali è direttamente legata alla povertà materiale, che sottrae a molti la libertà di placare la fame, nutrirsi a sufficienza, procurarsi medicine per malattie curabili, vestirsi decentemente, abitare in un alloggio decoroso, avere a disposizione acqua pulita o godere di assistenza sanitaria. In altri casi l’illibertà è strettamente connessa alla mancanza di servizi pubblici e interventi sociali, per esempio l’assenza di programmi epidemiologici o di una vera e propria organizzazione sanitaria e scolastica o di istituzioni capaci di mantenere la pace e l’ordine a livello locale…”(Sen, Sviluppo è libertà, 2000). La successiva riflessione è forse più un invito a liberarsi dell’amore eccessivo ed esclusivo verso se stessi per avvicinarsi e comprendere la dimensione laica di un insigne intellettuale cattolico come Frédéric Ozanam; un passo fondamentale quanto poter raccontare del suo infaticabile servizio verso i poveri. Occuparsi dei bisogni degli Ultimi attraverso un’attività concreta di accoglienza come ragione dell’esistenza stessa.

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(…) il postulato fondamentale è che il popolo deve liberare se tesso da ogni cupidigia e brama di possesso e sbarazzarsi senza residui della struttura dell’avere, e d’altro canto che ogni norma morale positiva ha radici nell’etica dell’essere, nel condividere e nella solidarietà. Questa posizione etica di fondo si applica sia ai rapporti tra i singoli, sia ai rapporti dell’individuo con le cose… ( Erich Fromm, Avere o Essere? 1976)

Parlare della povertà crea disturbo al nostro agiato interlocutore, imbarazzo al governante e alle associazioni filantropiche; tutti si sentono a disagio perché nessuna azione posta in essere sembra adeguata ad un fenomeno multidimensionale complesso e relativistico. La povertà materiale e spirituale non è forse figlia della negazione dei bisogni fondamentali della sopravvivenza? Delle illibertà di partecipazione, di insegnamento e di culto partorite dai regimi lealisti, ora conservatori ora rivoluzionari? Non è forse con la beneficenza e la carità che tentiamo di rispondere alla crisi socio-economica che imperversa in ogni epoca e in ogni luogo?

Se riteniamo che questi interrogativi siano coerenti e attuali sia per il nostro tempo che per la Francia del 1830 di Ozanam, allora riconosciamo che il suo servizio di cristiano ai poveri fosse all’opposizione del vantaggio di classe, al disconoscimento di una società fondata sulla razionalità economica e sull’egualitarismo forzoso quali strumenti liberatori dall’indigenza.

Per Ozanam la povertà è imprescindibile dalla lettura del Vangelo senza la quale non sarebbe possibile comprendere il messaggio di Cristo. Le Sacre Scritture rappresentano il viatico della fratellanza, della rinuncia all’egoismo, dell’incontro tra la via liberale e il cristianesimo fondato sulla libertà di coscienza e di culto. La religione fautrice della palingenesi1 del nuovo avvenire.

“Beati voi che siete i poveri, perché il Regno di Dio è vostro” (Luca, VI 20; Matteo, V, 3).

Il nome di Frédéric Ozanam intellettuale cattolico francese, vissuto nella seconda metà dell’Ottocento professore di diritto commerciale all’Accademia di Lione nel 1839 e successivamente professore di letteratura straniera nel 1841 alla Sorbona è associato indissolubilmente alla fondazione della Società di San Vincenzo de’ Paoli. In essa riconosceremo un precursore delle odierne associazioni di volontariato, fondata sull’impegno etico-sociale e comprensione volte ad alleviare le sofferenze dei bisognosi; in una sola espressione la Società di

1PALINGENESI (Treccani, Enciclopedia italiana, 1932) s. f. [dal lat. tardo palingenesĭa, gr. παλιγγενεσία, comp. di

πάλιν «di nuovo» e γένεσις «generazione», rifatti secondo genesi]. – 1. Nel pensiero antico, termine con cui sono state indicate varie concezioni filosofiche e religiose riferentisi al rinnovamento o trasformazione dell’individuo o del cosmo: così l’orfismo, il pitagorismo e certe forme di platonismo hanno inteso la palingenesi come un processo di progressiva purificazione e liberazione dell’anima attraverso successive incarnazioni; il tema (connesso alla concezione dell’«eterno ritorno») è legato altresì al periodico rinnovamento del cosmo e della storia umana attraverso periodici sovvertimenti universali (per opera del fuoco, da cui il cosmo nasce e in cui si risolve; o per l’alternarsi di diluvî e incendî cosmici). Nel Nuovo Testamento il termine (gr. παλιγγενεσία, lat. regeneratio) indica la rigenerazione dell’anima o il rinnovamento del cosmo alla fine dei tempi (nella visione cristiana della storia è escluso un eterno ritorno). 2. fig. Rinnovamento, trasformazione radicale, di istituti, concezioni e sim.: p. sociale, politica, morale.

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San Vincenzo de’ Paoli rappresenta “la solidarietà personificata”, prima ancora che il padre fondatore della sociologia Auguste Comte (1798-1857) definisse il significato del termine sociologia nel suo “Discours sur l’esprit positif”(v.1844).

Il contesto storico-culturale di riferimento è quello della Francia degli anni 1830-1835, periodo che vede il giovanissimo studente assistere personalmente le famiglie bisognose della periferia di Lione, seguendo l’esempio dei suoi genitori; il padre Jean-Antoine medico e la madre Marie Malzac. L’epoca era caratterizzata dal pauperismo, legato alla nascente industrializzazione essenzialmente nel settore tessile che rese schiavi migliaia di bambini, donne e uomini. I proletari e i contadini che quando non lavoravano la terra integravano il loro reddito nell’ambito cotoniero, si concentravano non soltanto nella cintura esterna di Lione ma anche e soprattutto nei sobborghi di Parigi; ammassandosi in rifugi di fortuna insalubri e fatiscenti. La condizione lavorativa era catastrofica: giornate di 14 ore, salari a 0.20 franchi al giorno e gli operai posti alla mercé del padrone. I duecentocinquantamila (250.000) mendicanti e i tre milioni di francesi iscritti nelle liste di beneficenza a fronte di oltre trenta milioni di abitanti costituivano un formidabile serbatoio di insoddisfazione, di fronte a un'inesistente assistenza statale. (Wikipedia).

L’ascesa al trono di Carlo X, nel clima politico della Restaurazione rappresentò l’ultra-lealismo intransigente manifestato attraverso una politica di matrice assolutista che compromise le libertà ottenute durante il regno di Luigi XIII. Il re di Francia sostenne con i suoi provvedimenti l’aristocrazia (legge del Miliardo), la nobiltà ed il clero a discapito della borghesia e del popolo apertamente ostili al Re. La maggioranza ultras del primo ministro de Villèle approvò la legge anti-sacrilegio punibile con la pena di morte, benché resa sostanzialmente inapplicabile e la legge in favore del controllo degli ecclesiastici sull’istruzione. Il 25 luglio 1830 il sovrano tentò un colpo di mano anti-costituzionale emanando le “ordinanze di Saint-Cloud” imponendo la censura alla stampa, sciogliendo la Camera dei deputati a maggioranza liberale e modificando la legge elettorale, da sempre su base censuaria, considerando i redditi fondiari ed escludendo quelli degli artigiani e dei commercianti.

In reazione a tanto oltraggio il movimento di opposizione composto da correnti repubblicane, liberal-radicali, socialisti e sostenitori di una monarchia costituzionale si trasformò rapidamente in rivoluzione repubblicana: le masse parigine si sollevarono rapidamente nelle Trois Journés Glorieuses (27, 28 e 29 luglio) fomentate anche dagli stessi giornalisti liberali privati della libertà di pubblicazione. Questi ultimi appigliandosi ai provvedimenti legislativi pro-clero gridarono al complotto tra istituzioni e Chiesa istigando anticlericalismo nella popolazione e aprendo la strada al saccheggio delle chiese e alle aggressioni ai prelati.

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Re Carlo X fu deposto e i deputati moderati dalla tendenza monarchico-liberale che avevano guidato la rivoluzione popolare scelsero come forma di governo la monarchia costituzionale di fronte al pericolo repubblicano e alla preoccupazione che la popolazione avanzasse rivendicazioni di cambiamenti sociali. La casa d'Orléans, ramo cadetto di quella di Borbone, succedette sul trono di Francia con Luigi Filippo, proclamato “re dei Francesi” e non più “re di Francia”.

In quegli anni, contraddistinti da masse di salariati immiseriti, violenza e repressione il giovane Ozanam frequenta il Collège Royal. La formazione umanistica impartita principalmente dall’insegnante di filosofia, l’abate Mathias Noirot e l’educazione cattolica ricevuta in famiglia lo guidano verso la fede senza che gli venga imposto di abbandonarsi al fideismo2 acritico ma anzi,

spronandolo a confrontarsi con il dubbio rispetto alla propria fede. Il dubbio non costituirà un disorientamento, bensì una via aperta alla riflessione e all’accoglienza della rivelazione e alla conoscenza umana.

Il nuovo vento politico diffonde a Lione la dottrina del pensatore politico e filoso Saint-Simon3

(1760-1825), considerato il pioniere del socialismo utopistico e del positivismo sociale, secondo il quale il progresso scientifico dovrebbe assumere il ruolo di guida e controllo nella fondazione della società, da organizzarsi come una impresa e dunque ponendo economia e produzione alla base del suo funzionamento. Il nuovo paradigma renderebbe perfino superfluo il concetto di proprietà. Agli scienziati competerebbe il potere spirituale superando di fatto il cristianesimo ritenuto una dottrina votata all’estinzione e il clero insieme alla nobiltà sarebbero considerate classi parassitarie. Il giovane liceale contesta tutte le sue tesi e il motto “Sull’uguaglianza si basa ogni fondamento della società industriale” pubblicando un saggio nel 1831 su “L’Abeille française” denunciando un grave pericolo di egualitarismo forzoso, di illibertà personale, di ordinamento sociale autoritario e ricordando che quando all’uomo viene negata la possibilità di possedere diventa “un mercenario,

2 FIDEISMO (Treccani, Enciclopedia italiana, 1932)- In generale, si designa con questo termine ogni dottrina filosofica

che consideri la fede come forma di conoscenza anteriore e superiore alla ragione, o almeno da essa indipendente, ascrivendole il raggiungimento di quelle più alte verità precluse alla ragione stessa. In particolare, furono detti fideisti quei pensatori cattolici (principalmente, l'Huet e il Lamennais) che tale rapporto della fede alla ragione vollero trasferire nel campo dogmatico, trovando nell'immediata esperienza di fede il primo fondamento della religione, e venendo così in contrasto con la dottrina ortodossa, per cui la rivelazione e la fede forniscono sì al sapere umano il necessario coronamento, ma non escludono che la ragione umana possa dare una prima dimostrazione di alcune verità religiose. Contro tale idea, del resto già implicita nel luteranesimo e in certa misura ripresa dal modernismo cattolico, si è più volte espressa la Chiesa, per es. anche nell'enciclica Pascendi di Pio X

3 Claude-Henri de Rouvroy conte di Saint-Simon (Treccani, Enciclopedia on-line) considerato l'iniziatore del

socialismo moderno, si avvicina al socialismo utopistico francese (F.-M.-Ch. Fourier, P.-J. Proudhon), il cui punto di partenza non è tanto il problema economico (come in K. Marx), quanto quello morale e politico. La sua concezione della storia e della società è orientata piuttosto in senso antindividualistico, preoccupandosi più della saggezza del governo e dell'organicità della struttura sociale che della libertà dell'individuo. La riforma sociale, d'altronde, è da lui considerata come l'instaurazione del vero e miglior cristianesimo: in questo senso, la scuola di S.-S. assunse caratteri simili a quelli d'una chiesa.

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sottomesso per guadagnare la propria sussistenza al buon cuore altrui”. Si evince tutta l’opposizione di Ozanam alla visione razionalista della nuova società ancora sepolta dalle macerie della Monarchia di Luglio.

Trasferitosi a Parigi per frequentare la facoltà di diritto nella laica Sorbona il giovane entra in contatto con i personaggi più importanti della pubblicistica cattolica, Chateaubriand, Montalembert e Bailly. Le aule accademiche della Sorbona accolgono il confronto fra gli studenti laici e il gruppo di studenti cattolici di Ozanam sui temi che divampano tra gli intellettuali: incontro e scontro tra cristianesimo e liberalismo, tra teorie sansimoniane ed economiche tutte tese alla ricerca della soluzione ideale o ideologica per eliminare dalla faccia della terra la povertà. Durante quegli animatissimi incontri denominati “Conferenze di storia” i sansimoniani affermarono di fare molto per i poveri elaborando il sistema della tecnocrazia industrialista che contrasterà la miseria e che porterà benessere. Contestualmente domandarono ad Ozanam e ai giovani cattolici che cosa sperassero di fare, loro, per la povera gente.

Il giovane Ozanam prende coscienza del fatto che tutto ciò che era sostenuto teoricamente dalla dottrina cristiana nella sua sfida al laicismo e al razionalismo non trovava un risvolto pratico sul territorio. Al di là delle opere caritative a carattere solitario e semi clandestino promosse dalla Chiesa, delle persone povere e non del concetto di povertà chi se ne occupa? Come poter incarnare l’assistenza spirituale, morale e materiale alla moltitudine di indigenti, malati e orfani? (Raymond L. Sickinger, Antoine Frèdéric Ozanam)

Le “Conferenze di carità” promosse ed incoraggiate da Bailly e sostenute dalle Figlie della Carità, l’ordine religioso fondato nel XVII secolo da San Vincenzo de’ Paoli, saranno la risposta almeno temporanea al desiderio del gruppo di studenti e amici di passare all’impegno attivo nel sociale, testimoniando in ogni famiglia emarginata della città che il Vangelo è l’espressione della rinuncia all’egoismo che imperversa e divide e dell’ideale della fratellanza. I primi studenti che peroreranno l’iniziativa saranno Le Tallandier, Clavè, Devaux, Lamarche e Lallier i quali si dedicheranno anche alla catechesi e all’istruzione dei ragazzi più bisognosi. L’incontro con l’abate Lacordaire4

(1802-4 Lacordaire-dèer,Jean-Baptiste-Henri (poi Henri-Dominique)-(Treccani, Enciclopedia on-line).Predicatore e

pubblicista (Receysur-Ource, Borgogna, 1802 - Sorèze, Tarn, 1861). Passato, ventiduenne, dalla miscredenza alla fede, dopo gli studî nei seminarî di Issy e St.-Sulpice a Parigi fu ordinato sacerdote nel 1827; cappellano di suore e del Lycée Henri IV, conobbe Lamennais, di cui fu principale collaboratore nell'Avenir, sottomettendosi però subito dopo la condanna di Lamennais da parte della Chiesa e polemizzando con lui (1834; Lettre sur le Saint-Siège, 1838). Intanto aveva incominciato l'apostolato intellettuale, con le conferenze al Collège Stanislas (1834) da cui passò a Notre-Dame, commovendo ed entusiasmando. Ottenne, a Roma, il ristabilimento in Francia dell'ordine domenicano del quale entrò a far parte pronunciando i voti a Viterbo (1840); riprese le conferenze a Notre-Dame e in altre città (eletto deputato nel 1848, si dimise) e come superiore dei domenicani fondò conventi, finché non si ritirò a Sorèze. Nel 1861 fu eletto all'Accademia francese. Moderatamente liberale, né ribelle al papato, né oltremontano, mediocre teologo e storico, fu l'apologeta e il predicatore del romanticismo francese sotto Luigi Filippo.

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1861) fondatore insieme a Lamennais5 di “L’Avenir” profondo sostenitore della libertà di

coscienza, di religione, di stampa, della separazione tra stato e Chiesa nonché della soppressione del bilancio ecclesiastico avverrà dopo la sconfessione aperta dell’abate con l’enciclica Mirari Vos promulgata da papa Gregorio XVI nel 1832. “Ozanam è convinto che Lacordaire sia l’uomo giusto per quella che oggi chiameremmo la nuova evangelizzazione. Ha in mente i suoi coetanei della Sorbona e sa che non ascolterebbero mai un’apologetica vecchia incapace di fare i conti con la temperie culturale che li circonda. C’è bisogno di qualcuno che parli la loro lingua che sappia presentare il cristianesimo con argomenti in grado di resistere alle obiezioni dei razionalisti. Qualcuno che sia comunque figlio di quel mondo, come è appunto Henry Lacordaire.”6 Le sue

convinzioni si rivelano esatte, le predicazioni dell’abate prima nella cappella del Collège Stanislas e successivamente previa autorizzazione dell’arcivescovo de Quélen a Notre-Dame, avranno un grande successo di pubblico composto da giovani e intellettuali.

Il pensiero cristiano e sociale di Ozanam era rivolto costantemente al martirio delle classi operaie condotto dalla borghesia capitalistica, considerato come “un fatto inevitabile” per la produzione industriale e l’accumulazione capitalistica. La questione sociale non trovava interlocutori nei governanti e non si accennava ad alcun tipo di riformismo per migliorare il livello di vita dei lavoratori rispetto a paesi come l’Inghilterra, dove iniziava ad affacciarsi sulla scena pubblica una legislazione sociale in favore del proletariato. Era venuta meno l'antica solidarietà delle congregazioni caratteristiche dell'ancien régime. In molti ascoltavano il richiamo di un ritorno al passato in un’atmosfera culturale e politica che opponeva il pensiero moderno al cattolicesimo; Ozanam non voleva scegliere ma riconciliare il cristianesimo con il mondo moderno. Era il suo modo di porsi nel mezzo alle questioni rifiutando la monarchia, senza passare alle insurrezioni ma neppure piegandosi alla legge degli interessi della borghesia sfruttatrice degli Ultimi.

Nel 1834 la “Conferenza di carità” si denomina “Società di San Vincenzo de’ Paoli” in onore del santo e della congregazione che rese servizio ai poveri nel tessuto cittadino almeno duecento anni prima dei ragazzi della Sorbona.

5La Mennais ‹la mnè› (dal 1837 Lamennais), Félicité-Robert de.(Treccani, Enciclopedia on-line). Pubblicista e filosofo

(Saint-Malo 1782 - Parigi 1854). Schierato dapprima su posizioni cattolico-tradizionaliste (ispirate al pensiero di J. de Maistre e L.-G.-A. de Bonald), divenne a partire dagli anni Trenta un cattolico liberale, favorevole alle "libertà moderne" e alla separazione tra Stato e Chiesa. Condannato dalle gerarchie ecclesiastiche nel 1832, si allontanò dal cattolicesimo (Paroles d'un croyant, 1833), e approdò infine a una posizione democratica (Le livre du peuple, 1838; dal 1837 La M. si firma democraticamente Lamennais). Il suo pensiero influì sul cattolicesimo liberale italiano (G. Capponi, B. Ricasoli, R. Lambruschini).

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“La charité privée était un devoir et un secours, non une solution. La charité, c'est le Samaritain qui verse l'huile dans les plaies du voyageur attaqué. C’est à la justice à prevenir les attaqué. La Sociète de Saint-Vincent de Paul est une voie preparatoire pour faire le bien de quelques-uns”7

Lotta alla povertà e annuncio evangelico per testimoniare agli Ultimi che la volontà di Dio si serve anche delle mani del cristiano e dei suoi doveri. Il lucido discernimento della questione sociale emerge in ogni lettera.

“Dieu ne fait pas de pauvres... c'est la liberté humaine qui fait les pauvres8. Et les pauvres ne sont

pas les indigents. Les chrétiens se sont trompés en se croyant quittes envers le prochain, quand ils avaient pris soin des indigents; comme s'il n'y avait pas unie classe immense non pas indigente, mais pauvre, qui ne veut pas d'aumônes, mais des institutionts!9

In poco tempo l’esperienza educativa e di fede della Società si ingrandisce e conta l’adesione di centinaia di studenti tra i quali Cournier che lascia Parigi per aprire una nuova conferenza a Nimes. Prende vita una struttura articolata e suddivisa in sezioni i cui membri uniti reciprocamente dal vincolo della fede porteranno il loro aiuto e la loro solidarietà a tutti i poveri nessuno escluso indipendentemente dall’essere laici o cristiani o indifferenti all’annuncio evangelico.

“On July 23, Frédéric wrote ti his mother and testified to the great work that was already being done. At the general meeting on July 19 , it was reported that «the Society consist of about 200 members vidsiting 300 poor families, and distributing each year a little more than 4,000 francs in domestic assistance, in the four corners of Paris». But there was much more: «We mantain a house of apprenticeship for printing whwew we lodge, feed, and instruct ten poor children, narly all orphans. We pay two charitable persons a wage equal to a halfpension…They learn printing…and some of our members give them lesson in Scripture, calculus, sacred history…There are even two more advanced who understand a little Latin, which is necessary now in order to be admitted..in the better printing houses of Paris. They have to look after them a fine man and wife without children who are delighted with their adopted family,,we give them lodging and a little indmnity of money besides». (Raymond L. Sickinger Antoine Frédéric Ozanam University of Notre Dame Press).

Ozanam avviò una Conferenza a Lione, dove insegnerà all’Accademia diritto commerciale senza rinunciare al suo amore per la letteratura che lo porterà a conseguire la laurea in letteratura nel 1939

7 Lettres d'Ozanam, t. I, p. 26.

8OEuvres d'Ozanam, t. VII, p. 293. 9Livre du Centenaire, p. 371 t.

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con una parte di tesi dedicata alla Divina Commedia. A riprova della sua grande erudizione. Poco tempo prima dei moti del 1848 le conferenze della Società di San Vincenzo de’ Paoli in Francia erano centinaia e contavano migliaia di membri nelle città di diversi paesi europei e anche Oltreoceano. Una realtà destinata a espandersi in ogni dove. Durante il suo terzo viaggio in Italia Ozanam con al seguito la famiglia, si sposerà nel 1841 con Amélie Soulacroix figlia del rettore dell’Accademia di Lione da cui avrà una figlia Marie, riceverà la benedizione dallo stesso papa della che scomunicò l’abate Lacordaire. La vasta e umile opera del professor Ozanam sarà riconosciuta ufficialmente dal soglio pontificio.

La crisi economica generata dai cattivi raccolti e dal rialzo dei prezzi nel 1846 determinò fallimenti nel commercio, licenziamenti di migliaia di operai e peggioramento ulteriore della condizione di povertà dei derelitti. L’immobilismo ultradecennale seguito alla monarchia di luglio con Guizot presidente del Consiglio nel 1847 gravò sui contrasti politici e sociali tra borghesi e proletariato urbano. Il rifiuto del governo di aderire alla richiesta, dell’opposizione più moderata, di una limitata riforma elettorale e parlamentare provocò la reazione di tutto il fronte degli oppositori, sinistra repubblicana e socialista, clericali e borbonici, partigiani di Luigi Bonaparte, i quali, a seconda degli schieramenti rivendicarono il diritto per quella parte di umanità martirizzata dall’industrialismo di vivere non disumanamente. Nella scena filosofica Marx10 (1818-1883) ed Engels11 (1820-1895)

elaborarono una teoria del materialismo storico resa celebre dal “Manifesto del partito comunista” del 1848 dove si affermò che il conflitto tra borghesia e proletariato avrebbe condotto ad una nuova società socialista. La teoria si proponeva non soltanto in termini di analisi della storia ma anche di strategia politica.

10Karl Heinrich Marx (Wikipedia) (AFI: [ˈkaɐ̯l ˈmaɐ̯ks] spesso italianizzato in Carlo Marx) (Treviri, 5 maggio 1818 –

Londra, 14 marzo 1883) è stato un filosofo, economista, storico, sociologo, politologo, giornalista e politico tedesco. Nato in una famiglia relativamente agiata della classe media, Marx studiò all'Università di Bonn e all'Università Humboldt di Berlino, iniziando a interessarsi alle opinioni filosofiche dei giovani hegeliani. Dopo la laurea contribuì alla Gazzetta renana, giornale radicale di Colonia. Trasferitosi a Parigi nel 1843, continuò a lavorare per diversi giornali radicali e incontrò importanti amici e sostenitori, tra cui Friedrich Engels, con cui pubblicò il Manifesto del Partito Comunista nel 1848. Esiliato dalla Francia nel 1849 a causa delle sue idee politiche e per il suo supporto ai moti del 1848, Marx si trasferì con la moglie Jenny von Westphalen e i figli prima a Bruxelles e poi a Londra. Qui continuò a lavorare come giornalista per il giornale anglo-americano New York Tribune e ad approfondire i suoi studi sull'economia politica, arrivando così a elaborare la sua teoria economica che avrebbe dovuto essere esposta ne Il Capitale, di cui Marx riuscì a pubblicare solamente il primo volume nel 1867. I successivi due volumi sarebbero stati pubblicati postumi da Engels (1885 e 1894) e la versione completa delle Teorie del plusvalore da Karl Kautsky (1905-1910).

11Friedrich Engels (Wikipedia) (AFI: [ˈfʁiːdʁɪç ˈʔɛŋl̩s]) (Barmen, 28 novembre 1820 – Londra, 5 agosto 1895) è stato

un filosofo, sociologo, economista, giornalista e imprenditore tedesco, fondatore assieme al sodale Karl Marx del socialismo scientifico, oltre che teorico del materialismo dialettico attraverso principalmente il suo Dialettica della natura (1883), basandosi in particolare sull'impostazione critica in chiave materialista dell'intera storia umana sviluppata da Marx nella sua «concezione materialistica della storia».

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La rivoluzione esplose nel febbraio del 1848 sostenuta dagli interi quartieri operai portò alla fuga del re e alla proclamazione della repubblica con un governo diviso tra moderati borghesi, democratici e socialisti come Proudhon12 (1809-1865) che sviluppò una concezione anarchica che

prevedeva l’abolizione dello Stato e l’organizzazione in società cooperative. I primi provvedimenti emanati furono in favore del suffragio universale donne escluse, riduzione della giornata lavorativa a dieci ore e l’istituzione degli ateliers nationaux che si rivelarono una costosa truffa ai danni degli operai.

Questo fu lo sfondo politico e sociale dell’incontro nello Stato Pontificio tra Ozanam e il nuovo papa Pio IX (1846-1878). Egli salutò il pontificato con provvedimenti tali da indurre speranze di riconciliazione tra cattolicesimo e liberali all’insegna della modernità. Il cuore di Ozanam si riscaldò di fronte a all’amnistia politica, alla scelta del Segretario di Stato, il cardinale liberaleggiante Gizzi e alla concessione di una certa libertà di stampa, senza l’arbitrio di una censura preventiva, che era sottoposta al giudizio di un collegio in cui i laici erano la maggioranza. Il suo modo di porsi nel mezzo sembrava che avesse trovato il giusto interlocutore nel papa, uomo concreto abituato a stare accanto ai devoti, assistendoli e portando loro l’eucarestia nelle abitazioni. Il papato di “nuova era” sollecitò il movimento liberale in Italia a richiedere agli altri sovrani di seguire l’esempio avanguardista di Pio IX e concedere riforme similari. Il Granduca Leopoldo di Toscana e il regno Sardo aderirono a diverse concessioni.

Il ritorno in Francia presentò ad Ozanam risvolti politici drammatici e per niente volti alla riconciliazione; la nuova borghesia industriale sostituì la classe aristocratica nel perseguimento esclusivo dei propri interessi lasciando egoisticamente la classe operaia priva di assistenza sociale e di diritti. Il pericolo maggiore che potesse paventarsi per queste masse era quello di lasciarsi andare alle ideologie socialiste propugnatrici di rivoluzioni collettiviste che avrebbero portato ancora morte e violenza; di fronte a ciò Ozanam insieme a Lacordaire e l’Abate Maret decideranno di fondare il giornale l'Ère nouvelle, i cui obiettivi erano quelli di “rassicurare i cattolici e aiutarli ad accettare il

12Pierre-Joseph Proudhon (Wikipedia) (Besançon, 15 gennaio 1809 – Passy, Parigi, 19 gennaio 1865)(Wikipedia) è

stato un filosofo, economista, sociologo, saggista ed anarchico francese.

Tra i principali teorici dell'anarchismo, fu il primo ad attribuire un significato positivo ai termini "anarchia" ed "anarchico", sino ad allora impiegati soltanto con un'accezione dispregiativa, come afferenti ai concetti di anomia ed entropia, anche dai suoi stessi pensatori e militanti del tempo (perfino da William Godwin, generalmente considerato un teorico ed esponente ante litteram dell'anarchismo).

Ebbe inoltre il merito di aver ispirato il celebre simbolo della A cerchiata, il cui significato risiede nella sua stessa massima "l'Anarchia è Ordine"[1], oltre ad aver coniato la massima, ripresa, riveduta e resa poi celebre da Karl Marx,

"La proprietà privata è un furto". Politicamente attivo durante il breve periodo della Seconda Repubblica francese, sorta a seguito dei moti del 1848, Proudhon teorizzò il sistema economico socialista libertario noto come mutualismo.

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nuovo regime [...], di ottenere per la Chiesa le libertà che le venivano ostinatamente rifiutate da cinquant'anni e infine iniziare una migliore distribuzione degli elementi sociali, strappando a una classe troppo preponderante il dominio esclusivo degli interessi, delle idee e dei costumi”[…]13

Questo programma mescolava il tradizionale cattolicesimo liberale con il cattolicesimo sociale propugnato da Ozanam. Gli articoli pubblicati “Alle persone per bene” e “Le cause della miseria” costituiranno una chiamata alle persone “dabbene” per impegnarsi attivamente in politica al fine di migliorare istituzionalmente le condizioni di vita degli sfruttati, “i nuovi barbari” assicurando loro un salario “naturale” per sostentare dignitosamente la famiglia, la cui unità era sinonimo di solidarietà primaria. Ad ogni attore sociale rammentò i propri doveri e la conciliazione quale strumento di incontro e avvicinamento tra parti sociali. Gli articoli saranno considerati il programma sostanziale dell’azione politica dell’intellettuale fattosi uomo politico per necessità, alla cui lettura sarà dedicato il prossimo capitolo.

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Questione sociale e solidarietà in Frédéric Ozanam

Secondo capitolo

Ozanam precursore del movimento sociale cattolico

Il nuovo corso inaugurato da papa Pio IX e seguito dal granduca Leopoldo II e dal re Carlo Alberto sollecitò i liberali del Regno delle due Sicilie a richiedere riforme al re Ferdinando II che si rifiutò di concedere. Rimasero inascoltati fino all’insurrezione di Palermo nel gennaio del 1848 ben presto generalizzatasi in tutta l’isola che portò alla richiesta d’aiuto del re all’impero austriaco, le cui truppe non poterono transitare sul territorio vaticano grazie al diniego di Pio IX. Seguirono le proclamazioni delle costituzioni nei tre regni ispirate a quella francese che fecero sperare in un’evoluzione verso il ricongiungimento degli Stati Indipendenti con il liberalismo politico precedentemente affermatosi in Gran Bretagna a in Francia.

La battaglia e la resistenza dei democratici italiani si espresse al suo più alto livello nelle Repubbliche di Roma e di Venezia. I democratici repubblicani romani con la costituzione del 3 luglio del 1849 proclamarono la sovranità popolare, il suffragio universale, la libertà di culto e una riforma agraria sulla base della ripartizione dei beni ecclesiastici che non vide mai la luce. La vita della repubblica romana fu breve. Pio IX abbandonò, dopo il primo periodo, le idee liberali ispiratrici delle sue riforme per difendere il potere temporale. Rivolse il suo appello alle potenze cattoliche francesi e spagnole per essere restaurato sul trono e Luigi Napoleone per ingraziarsi i conservatori del proprio paese sposò in pieno la causa pontificia. Le sue truppe rovesciarono la repubblica il giorno dopo che era stata votata la costituzione; così come cadde Venezia dopo strenua resistenza ad agosto. La restaurazione antiliberale si abbatté in tutta Europa soffocando i vagiti del liberalismo. Il papa deluse le speranze di coloro che anelavano ad una riconciliazione tra Stato e Chiesa.

Ozanam s’interessò alle vicende degli italiani esprimendo il suo entusiasmo per l’opera riformatrice di papa Pio IX ritenuta la via maestra per il compimento della piena libertà del popolo, i “barbares”, attraverso la sintesi tra religione e libertà, superando i “rétrogrades” identificati nei nostalgici, nei reazionari, nei politicanti da salotto pervasi dall’immobilismo; considerati un impedimento alla costruzione di una società più giusta nei confronti delle classi sociali deboli. “Ozanam belived that the Gospels contained the true principles of liberty, equality, and franternity that had been promised in the French Revolution. In both his teaching and his writings he colled on the Catholic Church to embrace the worker class-a class often thought of as a new wave of barbarians in civilized society”. (Raymond L. Sickinger Antoine Frédéric Ozanam University of Notre Dame Press).

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Nell’estratto dell’articolo “I pericoli di Roma e le sue speranze” pubblicato su “Le Correspondant”14 fondato nel 1843, emerge la fiducia di Ozanam per il popolo italiano, semplice,

devoto e in grado di rianimare il destino dell’Italia.

Da “Le Correspondant”, “I pericoli di Roma e le sue speranze” 10 febbraio 1848. (La più alta forma di carità. Scritti sociali e politi di F. Ozanam vol. II a cura di Maurizio Ceste)

(…) la situazione oggi è simile. Il papato ha visto da un lato la monarchia assoluta, rispettabile per i ricordi del passato, ma persa come si perdono tutti i poteri, per le sue colpe, per lo scandalo dei suoi costumi, per l’usurpazione dei diritti di Dio, per le tentate manomissioni sulle coscienze. Le vedeva come un grande corpo da cui lo spirito si ritira e tuttavia le rimaneva vicino, come a un morente del quale rispettava gli ultimi giorni, malgrado il biasimo degli impazienti che si stupivano per così ostinato attaccamento. Ora che ha vegliato al suo giaciglio funebre, che ha provveduto alla dignità delle esequie, il papato si volge dalla parte della democrazia, di questa eroina selvaggia della quale parlava il padre Ventura; dalla parte di questi barbari dei tempi nuovi, dei quali non si dissimulano

né gli istinti violenti né la durezza di cuore. Ma vi vede in primo luogo il gran numero, il numero infinito delle anime che occorre riconquistare e salvare e, in secondo luogo, vede la povertà che Dio ama, la povertà che fa la forza, che non negozia né il proprio sangue né il proprio sudore, alla quale appartiene l’avvenire. Ecco perché il papato passa dalla parte dei barbari. Ma i papi dell’VIII secolo, che trovarono in Francia i loro più audaci ausiliari, ne trassero migliaia di uomini eroici per evangelizzare i barbari del Nord, per dar loro non soltanto la fede ma leggi, città, scuole.

Che il papato moderno possa condurre ugualmente i francesi sulla strada che ha aperto. Sacrifichiamo le ripugnanze ed i nostri risentimenti per volgerci verso questa democrazia, verso questo popolo che non ci conosce. Proseguiamo questo fine, non soltanto con le nostre prediche ma con le nostre buone azioni; aiutiamolo non soltanto con l’elemosina che obbliga gli uomini, ma coi nostri sforzi per ottenere le istituzioni che lo liberino e lo rendano migliore. Passiamo ai barbari e seguiamo Pio IX!

Dunque, la scelta di stare dalla parte del popolo, unico alleato e redentore dei costumi corrotti della Chiesa, aiutandolo non con la predicazione vuota ma con la carità e la genesi della legislazione

14 «Le Correspondant» rappresentava la memoria vissuta delle libertà tradizionali della Francia e l’esperienza di una

società cattolica isolata dalla sua lotta per la libertà d’insegnamento, libertà di diritto comune rivendicata, dopo la separazione tra Chiesa e Stato nel primo decennio del Novecento, contro il monopolio dell’insegnamento pubblico. Difendeva la speranza di un prossimo ritorno alla responsabilità per una destra moderata, che si distingueva dalle violenze nazionali come dalle esclusioni repubblicane. Consacrava la separazione della religione dalla politica, proclamava la necessità di una Chiesa libera in uno Stato libero e voleva conciliare tradizione e libertà civica, riconoscendo le minoranze religiose. Cosi si situava all’incontro di due battaglie, quella della libertà cattolica di insegnamento difesa da Montalembert e Lamennais e quella della libertà istituzionale difesa da Albert de Brooglie. (Giorgio La Pira e la Francia. Temi e percorsi di ricerca. Da Maritain a De Gaulle-a cura di Pier Luigi Ballini-.)

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sociale come promessa di libertà tout court. La strada era tracciata, indicava la necessità dell’impegno politico personale a cui Ozanam non si sottrasse, nonostante fosse una missione molto diversa dalle sue abitudini e dai suoi studi, rispondendo così ai bisogni sociali contingenti. Oggi diremmo l’opportunità di fare la differenza, restando fedele alle sue idee e al suo stile, ovvero quello di porsi nel mezzo tra gli economisti liberali che favoriscono la legge dell’interesse individuale e i socialisti che promettono l’abolizione della miseria e dell’ineguaglianza tra gli uomini, per ridurli uguali nella schiavitù in fabbrica.

Riportiamo dal suo celebre manifesto elettorale alcuni passi straordinariamente moderni e “audaci” per un cattolico riguardanti la sua interpretazione dei moti di febbraio, nei quali riconosce l’avvento temporale del Vangelo espresso nel motto rivoluzionario «Liberté, Egalité, Fraternité». Si evince la visione di una nuova società profondamente innovativa e rivoluzionaria fondata sulla solidarietà, sui diritti umani e sulle libertà civili, politiche, di culto e sull’ equità fiscale. La tutela dei diritti dei lavoratori e il sollievo dalle loro condizioni miserabili saranno la pietra angolare del suo intransigente impegno politico.

Da “Manifesto elettorale”, Agli elettori del dipartimento del Rodano, 15 aprile 1848. (La più alta forma di carità. Scritti sociali e politi di F. Ozanam vol. II a cura di Maurizio Ceste)

(…) la Rivoluzione di Febbraio non è per me una pubblica disgrazia alla quale rassegnarsi: è un progresso che è necessario sostenere. Vi riconosco l’avvento temporale del Vangelo, espresso in queste tre parole: Libertà, Uguaglianza, Fraternità.

Voglio dunque la sovranità del popolo. E dato che il popolo si compone di uomini liberi, voglio innanzi tutto l’affermazione dei diritti naturali dell’uomo e della famiglia. Bisogna includere nella costituzione, al di sopra della variabilità delle maggioranze parlamentari, la libertà di parola, d’insegnamento e di culto. Bisogna che il potere, lasciato all’instabilità dei partiti, non possa mai sospendere la libertà individuale, ingerirsi nelle questioni di coscienza o imbavagliare la stampa. Voglio la costituzione repubblicana, senza ipotesi di ritorno a suggestioni monarchiche ormai impossibili. Lo voglio con l’uguaglianza di tutti, e quindi con il suffragio universale per l’Assemblea nazionale.

L’unità territoriale della Francia è opera della Provvidenza e dei nostri padri. Respingo perciò ogni pensiero di repubblica federale. Ma respingo allo stesso tempo un’eccessiva centralizzazione che favorirebbe ancor di più Parigi a discapito delle regioni; le città a discapito delle campagne, e che riporterebbe la disuguaglianza fra coloro che la legge rende uguali.

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Infine voglio la fraternità con tutte le sue conseguenze. Difenderò il sacro principio di proprietà. Ma senza intaccare questo fondamento d’ogni ordine civile, si può introdurre un sistema d’imposta progressivo, andando a diminuire le imposte di consumo; si potrebbero così sostituire i prelievi del dazio e rendere più accessibile il costo della vita.

Sosterrò anche i diritti del lavoro: il libero lavoro del coltivatore, dell’artigiano, del commerciante, padrone della propria opera e del proprio reddito; le associazioni d’operai fra di loro, o di operai e imprenditori che riuniscano volontariamente la loro abilità ed i loro capitali; infine promuoverò lavori di pubblica utilità d’iniziativa statale, che possano offrire accoglienza ai volenterosi ai quali mancano lavoro e risorse.

Solleciterò con ogni sforzo i provvedimenti di giustizia e previdenza in sollievo delle sofferenze del popolo. Tutte queste iniziative non sono certamente troppo per risolvere la spaventosa questione del lavoro, la questione più urgente del tempo presente e la più degna d’attenzione per le persone di cuore. La fraternità non conosce frontiere: la Francia vuole la liberazione delle nazioni soppresse da ingiuste conquiste, e che si ricostituiscano sottraendosi alla dominazione straniera. Già ha prestato loro l’appoggio del suo esempio e della sua parola. Spero che non rifiuterebbe loro la sua spada, se Dio, che ha suscitato Pio IX per benedire la libertà, ci avesse destinati a difenderla”.

L’estrema modernità del suo programma politico non fu compresa dagli elettori cattolici di Lione e Ozanam non verrà eletto. Ma egli non si scoraggiò e dedicò le sue energie ad avviare una formazione politica cristiana di sostegno per l’eventuale nuova chiamata al servizio dei suoi concittadini e alla fondazione del giornale, insieme a padre Lacordaire e l’abate Maret15, L’Ère

Nouvelle nel febbraio del 1848.

Nella lettura degli articoli pubblicati su L’Ère Nouvelle rintracciamo i temi della giustizia sociale declinata nel cristianesimo, della carità e della miseria nelle loro dinamiche politico-sociali. Ogni attore della società “dabbene” è richiamato alla responsabilità collettiva verso chi è privo di mezzi di sostentamento o sfruttato dall’industrializzazione, affinché il divario eterno tra chi ha troppo e chi ha troppo poco riduca la sua misura. Soltanto con l’aiuto corale è possibile arginare il principale nemico pubblico: la miseria generatrice di morte, violenza, e insurrezioni.

I paragrafi riportati dal seguente articolo assumono la forma di una denuncia sociale, di un’invocazione all’unità e alla coesione sociale.

15 Maret ‹marè›, Henri-Louis-Charles.(Treccani, enciclopedia on-line) - Ecclesiastico (Meyrueis, Lozère, 1805 - Parigi

1884), prof. di dogmatica alla Sorbona; cattolico liberale, fu collaboratore della politica ecclesiastica di Napoleone III, si batté per le libertà gallicane e per il riconoscimento da parte della Santa Sede delle facoltà teologiche istituite dal governo, e al concilio Vaticano I si oppose alla proclamazione dell'infallibilità papale (scrisse allora: Du concile général et de la paix religieuse e Le Pape et les évêques, 1869). Tra le sue opere teologiche: Essai sur le panthéisme dans les sociétés modernes (1839); Théodicée chrétienne (1844).

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Da “L’ Ère Nouvelle”, “Alla gente dabbene” 16 settembre 1848. (La più alta forma di carità. Scritti sociali e politi di F. Ozanam vol. II a cura di Maurizio Ceste)

“Vi felicitate che non si veda più il pericolo nelle strade, ma esso si è nascosto nelle soffitte delle case che vi si affacciano. Avete soffocato la rivolta, ma resta un nemico che non conoscete abbastanza, di cui preferite non sentir parlare e di cui invece abbiamo deciso di parlarvi oggi: la miseria”.

“Nella stanza accanto, una donna aveva perduto tre bambini, morti di tisi, e ce ne mostrava con disperazione altri tre destinati a fare la stessa fine […] di quelli che avevano due letti per sei persone dove si ammassavano alla rinfusa i sani con i malati, ragazzi di diciotto anni con ragazze di sedici. Non parliamo dello sfacelo del vestiario, che è tale che nella stessa casa venti bambini non possono frequentare le scuole per non avere di che coprirsi. Bisogna per lo meno che questi disgraziati trovino da qualche parte di che nutrirsi, e che, se muoiono di stenti, non si dica che muoiono letteralmente di fame nella città più civile del mondo […]Ma ancor più doloroso è il confronto fra il ricordo di quel benessere, frutto di un lungo lavoro e di severe economie, e la spoliazione di questi robusti operai, di queste operose donne di casa, che s’indignano della loro disoccupazione, e che, dopo lunghe giornate trascinate alle porte dei cantieri e dei magazzini dove non vengono presi a giornata, si lagnano di perire tanto di noia quanto di indigenza. Qui almeno non c’è più posto per la scusa, familiare ai duri di cuore, che i poveri sono tali per colpa loro, come se la mancanza di cultura e di moralità non fosse la più deplorevole delle miserie e la più pressante per le società che vogliono vivere.

“Non si sa che nel quartiere Saint Marceau c’è un solo asilo la cui porta è chiusa per millecinquecento bambini dai 2 ai sette anni [..] e che non si trovano trentamila franchi per fondare altre dieci scuole quando si autorizza il teatro Saint Marcel a riprendere le sue rappresentazioni e la riapertura di una nuova sala per spettacoli nella miserabile via Du Grand Banquier”

“Preti francesi [..] la morte dell’arcivescovo di Parigi (monsignor Affre ucciso nelle barricate) vi fa onore ma vi lascia anche un grande esempio […] è venuto il tempo di occuparvi anzitutto dei poveri che non chiedono l’elemosina ma che vivono del loro lavoro ai quali non si garantirà mai il diritto al lavoro o all’assistenza [..] E’ venuto il tempo di andare a cercare chi non vi chiama, chi relegato in quartieri malfamati forse non ha mai conosciuto la Chiesa, né i preti, né il dolce nome di Cristo [..] Rivolgetevi alle numerose famiglie cristiane con la considerazione di cui godete e credete che forzandole a spogliarsi di loro volontà risparmierete loro di esser spogliate da mani più rudi. Non spaventatevi quando i ricchi malvagi vi chiameranno comunisti come hanno tacciato San Bernardo di fanatico e di pazzo.”

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“Voi ricchi [..] Viviamo giorni senza pari [..] riaprite le sorgenti di quel credito di cui lamentate l’esaurimento [..] fate l’elemosina del lavoro e anche quella dell’assistenza. Non temete di nuocere al piccolo commercio rivestendo con i vostri denari queste migliaia di poveri, che certamente non compreranno né abiti né scarpe prima di sei mesi. Date per gli asili e le scuole e non dimenticatevi più di quelle case d’accoglienza, quelle provvidenze, quelle tre case del Buon Pastore, costrette a ridurre a un quarto, a un decimo, il numero dei loro penitenti e a chiudere le loro porte del pentimento, quando Dio gli apre le porte del cielo”.

“Voi rappresentanti del popolo, rispettiamo l’importanza del vostro lavoro e la difficoltà dei vostri doveri […] Voi perseguite con una giusta cautela la vostra opera, per la quale la storia vi loderà per aver consumato mesi, se avrete lavorato a favore dei secoli futuri. Ma non avrete lavorato nemmeno a favore di un giorno se trascurate l’imponente questione della miseria, che non concede tregua. Non pensate di aver fatto abbastanza avendo votato dei sussidi che finiscono per esaurirsi, avendo regolamentato le ore di lavoro, quando il lavoro è ancora soltanto un sogno, e rifiutato il riposo della domenica a quegli operai che vi rimproverano il vuoto delle settimane senza lavoro”.

“Non dite che vi mancano le buone idee. Conosciamo nelle vostre fila ingegni eccellenti, e sappiamo che nelle vostre cartelle ci sono proposte feconde. Le famiglie dei deportati, circa quattromila persone vi implorano di essere ricongiunte ai loro padri e mariti, e di essere portate via da quei quartieri nei quali danno solo il pericoloso spettacolo della loro miseria e del loro risentimento”

“Non dite che vi manca il tempo […] perché non sottraete le vostre mattinate ai postulanti che ve le impegnano, per visitare anche quei quartieri diseredati, per salire quelle scale buie, penetrare in quelle stanze nude, vedere con i vostri occhi quanto soffrono i vostri fratelli […].

“Non dite infine che vi manca il denaro […] aprite una sottoscrizione nazionale per gli operai disoccupati, non solo di Parigi, ma di tutte le province. Ponetela sotto il patrocinio e sotto il controllo di quelli che sono i cittadini più grandi, più specchiati, più rispettabili. Che i vostri novecento nomi abbiano l’onore di figurarvi per primi […] che i vescovi che siedono all’Assemblea invitino i loro colleghi e trentamila parroci di Francia a promuovere la sottoscrizione […] che le cifre siano rese pubbliche e frequentemente rendicontate […].

“Cittadini di ogni condizione” […] tutti coloro che hanno esperienza dell’assistenza pubblica sanno che nessuno soccorre i poveri meglio dei poveri stessi. Al di là dell’obolo che la provvidenza non vi farà mai mancare, avete il reciproco dovere del servizio e del buon esempio […] guardatevi dal disperare del vostro tempo, rifuggite da quegli scoraggiamenti che inducono a rinunciare a qualsiasi iniziativa quando si assiste, dicono alla decadenza della Francia e della civiltà, e che a forza di annunciare la rovina prossima di un paese finiscono per affrettarla”.

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Le molteplici dimensioni del fenomeno del pauperismo saranno il contenuto del prossimo approfondimento di Ozanam a cui dedicherà un noto articolo intitolato “Le cause della miseria”. Egli afferma che l’aspetto del disordine materiale quale campo di indagine prioritario per ricercare le cause della miseria risulta del tutto inadeguato. Sia la teoria economica razionale che la teoria socialista offrono le loro risposte ai mali della società in chiave esclusivamente economica. Contesta il presupposto “necessariamente” rivoluzionario per lo sviluppo della società e il materialismo di fornire “opportuno soddisfacimento” alla domanda di felicità, pur non essendo connessa a elementi esterni ma bensì interni agli esseri umani. L’altra certezza, più che affermazione è che Dio non ha creato i poveri, né essi sono responsabili della loro indigenza: è la libertà dell’uomo che può portare alla povertà. Le istituzioni politiche e religiose sono chiamate alla difesa delle classi sociali più deboli con lo strumento legislativo generatore di riforme cristiane e liberali. Lo “stare nel mezzo”, la terza via.

Da “L’Ère Nouvelle”, “Le cause della miseria” 15 ottobre 1848. (La più alta forma di carità. Scritti sociali e politi di F. Ozanam vol. II a cura di Maurizio Ceste)

“Abituati finora a considerare soltanto l’interesse temporale nella gestione del potere, i politici hanno cercato le cause della miseria soltanto nel disordine materiale. Si sono formate due scuole che hanno condotto tutto alla produzione della ricchezza o alla sua distribuzione. Da un lato la vecchia scuola degli economisti non conosce pericolo sociale maggiore di una produzione insufficiente; nessun altro rimedio che promuoverla e moltiplicarla con una concorrenza illimitata; nessun’ altra legge del lavoro se non quella dell’interesse personale. Dall’altro lato la scuola dei socialisti moderni ripone tutto il male in una distribuzione viziosa, e crede di salvare la società sopprimendo la concorrenza e facendo dell’organizzazione del lavoro una prigione che nutrirebbe i suoi prigionieri insegnando alla gente a barattare la libertà con la certezza del pane e la promessa del piacere.”

“Noi crediamo nella possibilità di contenere quel che c’è di imprevisto nella condizione umana, attraverso l’avvedutezza delle istituzioni. Riteniamo che la società sia perfettibile; ne perseguiamo, non il rovesciamento, ma il progresso. Ciò non di meno dichiariamo che non si sarà fatto niente finché non saremo andati a cercare, non al di fuori, ma al di dentro, le cause della felicità dell’uomo e i prìncipi nemici della sua quiete, finché non avremo portato la chiarezza e il miglioramento in quei disordini interiori ai quali il tempo non porta rimedio […].

Dio non ha fatto i poveri; egli non manda le creature umane nelle vicissitudini di questo mondo, senza fornire loro queste due ricchezze che sono, fra tutte, le prime, voglio dire l’intelligenza e la

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volontà. E le ricchezze morali sono a tal punto l’origine di tutte le altre, che le cose materiali non divengono a loro volta ricchezze, se non con l’impronta dell’intelligenza che le plasma, e della volontà che le usa. E’ quel che vediamo fin nelle nostre vecchie industrie […] giovani ben dotati che si sono perduti in un vizio, e che, nell’arco di dieci anni, esauriti nello spirito, nella salute e nelle risorse, vivono più soltanto dell’elemosina […].

“Il diritto al lavoro, impresso nella prima pagina della Costituzione riuscirà mai a impedire […] senza altro asilo nella disoccupazione che il ricovero di mendicità? […]. E altri […] il mezzo per nutrire i loro vecchi genitori e di circondare di qualche agiatezza la culla della loro giovane famiglia.”

“Perché tacere al popolo ciò che ben sa, e lusingarlo come fanno i monarchi inetti? E’ l’umana libertà che fa i poveri; quando essa inaridisce le due sorgenti primarie d’ogni ricchezza, l’intelligenza e la volontà, lasciando che l’intelligenza si estingua nell’ignoranza e che la volontà si affievolisca nell’ignavia. […] e voi criticate l’incapacità, l’incuria dell’operaio, l’abituale inadeguatezza dei suoi modi, il disordine sistematico della sua condotta, quando non avete mai incoraggiato, quando addirittura temete l’associazionismo che lo avvicinerebbe ai suoi eguali, che lo porrebbe sotto una buona disciplina fraterna, che lo circonderebbe di buoni esempi e di buone ispirazioni, assicurandogli quell’apprendimento a vita, così necessario all’uomo, sempre debole e soggetto alla tentazione!”

“Il nostro pensiero, in realtà, è quello di iniziare a sostenere, fra i cristiani, “un sussulto di carità”, contro gli abusi che da più di cinquant’anni creano la miseria di un popolo libero, e che ne farebbero ormai la vergogna. Il nostro pensiero è di mantenere vigile e sollecito lo zelo di tante oneste persone che all’indomani delle giornate di febbraio, avrebbero di tutto cuore abbandonato un quarto dei loro aceri per salvare il resto, e che, rendendosi conto che la Provvidenza per questa volta li ha risparmiati, cominciano a misurare con meno generosità i loro sacrifici. Il nostro pensiero è, infine, di persuadere tutti coloro che fanno un po' di bene, che la città di Parigi, votando in sei milioni per i sussidi fino al prossimo mese d’aprile agli operai senza lavoro-vale a dire tredici centesimi al giorno per persona-non li ha esonerati dal loro dovere, e che non è ancora tempo di dimenticare la miseria pubblica, quand’anche l’inverno e il colera non fossero là per ricordarcela”. La riflessione fondamentale sul come intendiamo l’assistenza ai bisognosi e che cosa ricevono insieme all’aiuto quando il soccorso del governo, del cristiano entra nelle loro abitazioni, rappresenta un tema importantissimo per Ozanam. La scelta sul come è nelle nostre mani. Assistenza che umilia, assistenza che onora.

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Capiamo perché nella lettura dell’articolo “Dell’assistenza che umilia, e di quella che onora” ricordando ancora una volta che la carità è sinonimo d’amore.

Da “L’Ère Nouvelle”, “Dell’assistenza che umilia e di quella che onora”, 24 dicembre 1848. (La più alta forma di carità. Scritti sociali e politi di F. Ozanam vol. II a cura di Maurizio Ceste)

[…] non è soltanto il governo, sono anche tutte le persone oneste, votate per motivi religiosi o per umanità al servizio dei poveri in tempi così difficili, che devono scegliere fra questi due modi di soccorrere gli uomini. Sì, l’assistenza umilia quando si rivolge all’uomo prendendolo dal basso, pensando solo ai bisogni terreni, quando si fa attenta solo alle sofferenze della carne, al grido della fame e del freddo, a quello che muove a pietà, quando si curano finanche gli animali. Poiché in India ci sono ospedali per i cani, e la legge inglese non permette di maltrattare impunemente i cavalli. L’assistenza umilia se non ha nessuna reciprocità, se portate ai vostri fratelli solo un pezzo di pane, un abito, una manciata di paglia, che mai probabilmente vi troverete ridomandargli, se li mettete nella necessità, dolorosa per un cuore sensibile, di ricevere senza restituire, se, nutrendo coloro che soffrono, sembrate come occupati a soffocare le erbacce che rattristano la vita di una grande città, o a scongiurare i pericoli che ne minacciano il riposo.

“Ma l’assistenza onora quando si rivolge all’uomo prendendolo dall’alto, quando si preoccupa, in primo luogo, della sua anima, della sua educazione religiosa, morale, politica, di tutto ciò che lo libera dalle sue passioni; e da una parte dei suoi bisogni, e di tutto ciò che può renderlo grande. L’assistenza onora quando aggiunge al pane che nutre la vista che consola, il consiglio che rassicura, la stretta di mano che ridona il coraggio perduto; quando tratta il povero con rispetto, non solo come un eguale, ma come un superiore, perché sopporta ciò che noi forse non sopporteremmo, perché è fra noi come un inviato di Dio per mettere alla prova la nostra giustizia e la carità, salvandoci per mezzo delle nostre opere […] la distribuzione dei soccorsi agli operai disoccupati si fa attraverso degli incaricati salariati; un po' come certe persone opulente distribuiscono le loro elemosine per mano dei loro servitori. Come potrebbero le famiglie assistite commuoversi per una beneficenza che ha tutta la precisione, ma anche tutta l’aridità di un intervento di Polizia? […] state aprendo al popolo di Parigi un certo numero di sale riscaldate. E’ un provvedimento salutare. Ma vi siete preoccupati di come vi trascorreranno le lunghe serate? Lascerete che il tempo libero di quei tanti lavoratori sia lasciato alla propaganda del vizio e della sommossa? O approfitterete del privilegio di aggregare uomini per occuparli onorevolmente, per educarli, per farli tornare alle loro case più istruiti e migliori?”

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Concludiamo le testimonianze degli scritti sociali e politici di Ozanam con le parti salienti del suo discorso pronunciato a fine anno all’Assemblea generale delle Conferenze di San Vincenzo. Le sue parole saranno rivolte ai nuovi soci con l’intento di trasmettere loro l’esperienza quindicennale della Società, i capisaldi e gli auspici per la costruzione corale di una società più giusta mediante il servizio ai poveri dell’oggi e del domani, come ragione dell’esistenza stessa delle Conferenze e la strenua difesa della giustizia sociale, per contrastare le cause della miseria. Possiamo affermare perciò che l’accademico appassionato della Sorbona anticiperà senza dubbio alcuno la Dottrina sociale della Chiesa.

Da “Verbale dell’Assemblea generale della Società San Vincenzo de Paoli”, 14 dicembre 1848 (La più alta forma di carità. Scritti sociali e politi di F. Ozanam vol. II a cura di Maurizio Ceste)

[…] come dimenticare quelle miserie non abituali, quel numero infinito di persone, già in grado in passato di provvedere alle loro necessità, ora rovinate da una lunga disoccupazione, dall’esaurimento dei loro risparmi, e che, ciò nonostante, esitano a tradire il segreto delle loro sofferenze, che arretrano di fronte al fatto di rendere pubblica una sventura inserita nel registro del soccorso comunale? Ecco gli sconosciuti dolori che bisogna scovare, che bisogna cercare in quelle case il cui aspetto denuncia un’antica agiatezza, e alla soglia delle quali la carità si fermerebbe, se noi non sapessimo che famiglie già esse stesse caritatevoli, e aduse finora al piacere del dare, sono ridotte a soffrire il freddo e la fame […] Impareremo soprattutto a esercitare, nel fare il bene, quella delicatezza che fa dimenticare all’assistito la sua apparente inferiorità.

“Si, indubbiamente, è troppo poco oggi limitarsi ad alleviare le pene dell’indigente. Bisogna por mano alla radice del male; e attraverso sagge riforme diminuire le cause della miseria pubblica. Ma noi facciamo professione di credere che la scienza delle buone riforme si apprenda meno sui libri e sulle tribune delle pubbliche assemblee che non salendo le scale della casa del povero, sedendosi al suo capezzale, soffrendo lo stesso freddo che egli soffre, strappandogli nell’effusione di un amichevole colloquio il segreto del suo animo avvilito. Quando si sarà esercitato questo ministero, non per pochi mesi, ma per lunghi anni, quando si sarà studiato il povero in casa sua, a scuola, all’ospedale, non in una città soltanto , ma in diverse città, nelle campagne, in tutte le condizioni in cui Dio l’ha posto, allora si cominceranno a conoscere gli elementi di questo terribile problema che si chiama miseria; e solo allora si avrà il diritto di proporre delle misure serie, le quali in luogo di far [della miseria] lo spettro della società, ne facciano la consolazione e la speranza”.

“Entrando nelle nostre pacifiche conferenze, le passioni politiche si lasciano fuori della porta: una volta riuniti, ci si trova non per combattere, non per dilaniarsi, ma per comprendersi, per vedersi in

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