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Riabilitazione nutrizionale nel trattamento residenziale dei DCA: percorso verso il cambiamento e la guarigione

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI FARMACIA

Corso di Laurea Magistrale in

SCIENZE DELLA NUTRIZIONE UMANA

Tesi di Laurea:

RIABILITAZIONE NUTRIZIONALE NEL TRATTAMENTO

RESIDENZIALE DEI DCA:

Percorso verso il cambiamento e la guarigione.

Laureanda: Fornasari Stella

Relatori: Dott. Gravina Giovanni Dott.ssa Palomba Ludovica

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INDICE

Introduzione 4

CAPITOLO I

1. I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione

1.1 Alcune premesse 6

1.2 Definizione e criteri diagnostici dei principali disturbi alimentari 7

1.3 Epidemiologia 16

1.4 Eziopatogenesi: Fattori di rischio e fattori protettivi 19 1.5 Diagnosi del disturbo

1.5.1 I primi segnali 24

1.5.2 Valutazione diagnostica multidisciplinare 27

1.6 Sintomi e complicanze mediche dei DCA 31

CAPITOLO II

2. Trattamento dei DCA

2.1 Possibilità terapeutica 33

2.1.1Tipologie di Trattamento 34

CAPITOLO III

3. Trattamento residenziale presso la struttura Madre Cabrini DCA

3.1 Presupposti per il trattamento DCA: ''riabilitazione integrata'' 39

3.2 Obiettivi nutrizionali in AN, BN, DAI 40

3.3 Dieta Mediterranea e piramide alimentare nel trattamento DCA 42

3.4 Acoglienza nutrizionale in struttura 44

3.5 Proposta piano nutrizionale personalizzato 45

3.6 Planner ed attività settimanali in struttura 52

(3)

3.8 Valutazione antropometrica 61

3.9 Valutazione composizione corporea (BIA) 65

3.9.1 Proprietà elettriche dei tessuti 66

3.9.2 Svolgimento misurazione 68

3.9.3 Valori ottenuti e grafico BIVA 70

3.9.4 Analisi risultati in pazienti . AN, BN, DAI 72

3.9.5 Limiti e punti di debolezza dell'analisi e validità dei dati 76 CAPITOLO IV

4. Casi clinici a confronto

4.1 I CASO CLINICO: Paziente affetto da AN 76

4.2 II CASO CLINICO: Paziente affetto da DAI 83

4.3 III CASO CLINICO: Paziente affetto da BN 89

CONCLUSIONI 97

BIBLIOGRAFIA 100

(4)

Introduzione:

''Un disturbo alimentare non è solo il cibo che mangiamo o non mangiamo,

non è solo quel cropo che apprezziamo o disprezziamo. Un distrubo alimentare è, soprattutto,

quel dolore che ci distrugge dentro, quel dolore che solo l'ascolto sincero, che scava in fondo alle ferite dell'anima,

può aiutare a guarire.

In fondo, per continuare il racconto della Vita, non si può far altro che guardare Oltre, andare Oltre: ricominciare sempre, nonostante tutto, da lì, dalle nostre ferite,

da dove ogni volta la Vita si è interrotta.

(Zodiaco S., OLTRE, Liberodiscrivere, 2018) Nella tesi conclusiva del corso di Laurea Magistrale ho scelto di analizzare ed esporre il percorso di cura di tre pazienti affetti da disturbo del comportamento alimentare (DCA) che sono stati ricoverati presso il centro Madre Cabrini DCA di Pontremoli (MS). L'interesse verso questo settore della nutrizione nasce dalla curiosità di comprendere quali siano i meccanismi alla base di un rapporto così disfunzionale nei confronti del cibo.

Il mio percorso di tesi è iniziato a dicembre 2018 ed è terminato a settembre 2019. Durante questi mesi ho avuto l'opportunità di entrare in contatto con soggetti affetti da disturbi del comportamento alimentare ed analizzare, in un centro residenziale che si occupa di tali patologie, i metodi di trattamento applicati e basati su un approccio olistico al paziente.

(5)

gruppo, all'assistenza ai pasti e ho sostenuto personalmente gruppi di lavoro che regolarmente vengono programmati secondo un planner settimanale in cui tutti i pazienti sono coinvolti e stimolati alla partecipazione e condivisione per le varie tematiche affrontate.

Per non etichettare i pazienti in funzione della diagnosi, essi vengono suddivisi in "rondini" per quanto riguarda i pazienti con disturbo dell'alimentazione incontrollata (DAI) e "farfalle" per quanto riguarda i pazienti con anoressia nervosa (AN) e bulimia nervosa (BN).

Lo scopo della mia tesi è quello di dare testimonianza e dimostrazione del grande lavoro di cooperazione che paziente–terapeuta creano durante la battaglia contro questi disturbi che diventano parte integrante della loro vita quotidiana. Pertanto discuterò il percorso che tre pazienti hanno svolto in struttura: un paziente con AN, un paziente con BN e un paziente con DAI. Descriverò il loro percorso di cura, la loro interazione durante i colloqui e i gruppi di lavoro, le difficoltà e i piccoli obiettivi raggiunti passo dopo passo, attraverso il lavoro di riabilitazione nutrizionale volto a restituire loro una migliore composizione corporea e un'alimentazione più sana.

Vorrei inoltre mettere in luce alcuni aspetti della personalità di questi pazienti che il disturbo aveva alterato e che i pazienti, presso il centro Madre Cabrini, sono riusciti a recuperare con un più equilibrato stile di vita e una crescente motivazione personale alla propria salute. Il percorso interiore in soggetti con DCA è complesso e lento; è una nuova "ri-educazione" dell'essere e delle proprie percezioni, è insegnare ad amarsi ed accettare di meritarsi il perdono e la felicità che spesso questi soggetti non conoscono appieno. È necessario rompere il legame con "quell'amico" tanto caro: il

disturbo, che li accompagna da più o meno tempo. Prima di rompere questo legame è

però necessario che il soggetto prenda coscienza della sua esistenza (consapevolezza), per poi attuare stimoli nutrizionali e psicologici che possano far uscire il paziente dalla "comfort zone" e iniziare un percorso verso la guarigione in un rapporto di alleanza terapeutica.

(6)

CAPITOLO I

1. I disturbi della nutrizione e dell'alimentazione 1.1 Alcune premesse.

Prima di iniziare a trattare in maniera specifica il tema dei DCA (Disturbi del Comportamento Alimentare), vorrei fare riferimento ad una frase del libro ''Il piccolo Principe'', che a mio parere è in sintonia con degli aspetti rilevanti di tali patologie: ''L'essenziale è invisibile agli occhi'' (1).

Questo concetto potrebbe aiutare sia il paziente che chi lavora, o comunque si interfaccia con persone affette da tale disturbo, a vedere la patologia da un punto di vista più autentico.

Per gli operatori che si occupano di DCA e per parenti e amici dei pazienti è importante non considerare il sintomo del disturbo alimentare come evento principale della malattia, il più delle volte, infatti, quello è solo la faccia esterna di un qualcosa di molto più intimo e profondo che si esprime nel rapporto con il cibo, perché quest'ultimo è un aspetto facilmente gestibile e controllabile. Per di più, tale atteggiamento permette al paziente di focalizzare la propria attenzione e quella degli altri su un problema (comportamento disfunzionale nei confronti del cibo) che maschera e, in qualche modo, permette di gestire il reale motivo alla base del malessere.

In questo senso è proprio vero che l'essenziale è invisibile agli occhi, cioè quello che vediamo dall'esterno, apparentemente più tangibile e rilevante, non è in realtà l'origine del disturbo stesso, la cura del sintomo alimentare non è la completa soluzione al problema, occorre anche un lavoro più impegnativo e strutturato del necessario e difficoltoso contenimento nutrizionale.

Ciò è possibile solo indagando in profondità per poter capire come i pazienti si vedono, cosa non ha funzionato e da dove parte questo desiderio di autosvalutazione che li conduce a mettere in atto dei comportamenti irrazionali e disfunzionali.

(7)

1.2 Definizione e criteri diagnostici dei principali disturbi alimentari.

Secondo la definizione riportata dell'APA (American Psychiatric Association) nel Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders 5 :“I disturbi della nutrizione

e dell'alimentazione sono caratterizzati da un persistente disturbo dell'alimentazione o di comportamenti collegati con l'alimentazione che determinano un alterato consumo o assorbimento di cibo e che danneggiano significativamente la salute fisica o il funzionamento psicosociale” .

Ad oggi, i disturbi alimentari rappresentano una vera e propria emergenza sociale in continuo aumento, con una maggior prevalenza nei paesi occidentali, anche se negli ultimi anni si evidenzia un incremento di casi anche in Cina, India, Africa e Sud America, paesi in cui prima erano sconosciuti. Queste patologie sembrano generarsi dalla collisione tra: abbondanza di cibo e modelli di perfezione legati al culto della magrezza.

____________________________________________________________________ 1 DSM-5: Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, noto anche con la sigla DSM

derivante dall'originario titolo dell'edizione statunitense Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, è uno dei sistemi nosografici per i disturbi mentali o psicopatologici più utilizzati da medici, psichiatri e psicologi di tutto il mondo, sia nella pratica clinica che nell'ambito della ricerca. La prima versione risale al 1952 (DSM-1) e fu redatta dall'American Psychiatric Association (APA), come replica degli operatori nell'area del disagio mentale all'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), che nel 1948 aveva pubblicato un testo, la classificazione ICD, esteso pure all'ambito dei disturbi psichiatrici. Da allora vi sono state ulteriori edizioni: nel 1968 la

DSM-II, nel 1980 la DSM-IDSM-II, nel 1987 la DSM-III-R (edizione rivisitata), nel 1994 la DSM-IV, nel 2000

la DSM-IV-TR (testo revisionato) e nel 2013 la DSM-5. DSM-5 è la sigla con cui viene identificata l'edizione, e i cambiamenti approvati dalla fondazione dell'APA il 1º dicembre 2012. La pubblicazione della quinta edizione è avvenuta a maggio del 2013. È stato redatto tenendo in considerazione l'attuale sviluppo e i risultati della ricerca psicologica e psichiatrica in numerosi campi, modificando e introducendo nuove definizioni di disturbi mentali: nell'ultima edizione vengono classificati un numero di disturbi mentali pari a tre volte quello della prima edizione.

(8)

Il loro impatto sulla qualità di vita dei pazienti può essere anche molto marcato, avendo delle conseguenze sia sulla salute fisica e mentale del soggetto, che sul grado d'inclusione sociale fino al rischio della vita.

Caratteristiche dei soggetti affetti da queste patologie sono un'eccessiva e ossessiva preoccupazione per il peso e per le forme corporee ed un'intensa ideazione disfunzionale nei confronti del cibo.

Questi disturbi vengono ampliamente descritti nel DSM-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) che è ad oggi uno dei sistemi nosografici per i disturbi mentali più utilizzato da medici, psicologi e psichiatri, sia in ambito clinico che di ricerca.

Le categorie diagnostiche riportate nel DSM-5, per quanto riguarda i disturbi alimentari sono le seguenti:

1. Pica

2. Disturbo di ruminazione

3. Disturbo da evitamento/restrizione dell'assunzione di cibo 4. Anoressia nervosa

5. Bulimia nervosa

6. Disturbo da alimentazione incontrollata

7. Disturbo della nutrizione o dell'alimentazione con altra specificazione 8. Disturbo della nutrizione o dell'alimentazione senza specificazione

• Pica: La caratteristica essenziale della pica è l'ingerire uno o più sostanze non nutritive e non alimentari per un periodo di almeno un mese. In genere il suo esordio avviene in età infantile, casi di sviluppo in età adulta si verificano, in genere, in contesti di disabilità intellettiva o di altri disturbi mentali. È una patologia che può compromettere il funzionamento fisico e a volte anche sociale.

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Criteri diagnostici:

A. Persistente ingestione di sostanze senza contenuto alimentare non commestibili per un periodo di almeno 1 mese;

B. L'ingestione di sostanze senza contenuto alimentare non commestibili è inappropriata rispetto allo stadio di sviluppo dell'individuo;

C. Il comportamento di ingestione non fa parte di una pratica culturalmente sancita o socialmente normata;

D. Se il comportamento di ingestione si manifesta nel contesto di un altro disturbo mentale (per es: disabilità intellettiva, disturbo dello sviluppo intellettivo, disturbo dello spettro dell'autismo, schizofrenia) o di un'altra condizione medica è sufficientemente grave da giustificare ulteriore attenzione clinica.

In remissione: Successivamente alla precedente piena soddisfazione dei criteri per la

pica, i criteri non sono stati soddisfatti per un consistente periodo di tempo.

Disturbo della ruminazione: Nel DSM-5, questo disturbo non è più classificato nei ''disturbi della nutrizione dell'infanzia'', ma nell'ampia categoria diagnostica “disturbi della nutrizione e dell'alimentazione''. Si può manifestare anche negli adolescenti ed adulti e in questo caso è correlato ad un ritiro sociale o comunque evitare di mangiare in pubblico. In età infantile, spesso, va in remissione spontanea, ma in alcuni casi può essere addirittura letale.

Criteri diagnostici:

A. Ripetuto rigurgito di cibo per un periodo di almeno un mese. Il cibo rigurgitato può essere rimasticato, ringoiato o sputato;

B. Il rigurgito ripetuto non è attribuibile a una condizione gastrointestinale associata o ad un'altra condizione medica (per es: reflusso gastroesofageo, stenosi del piloro); C. Il disturbo dell'alimentazione non si manifesta esclusivamente durante il decorso di anoressia nervosa, bulimia nervosa, disturbo da binge-eating o disturbo

(10)

evitante/restrittivo dell'assunzione di cibo;

D. Se i sintomi si manifestano nel contesto di un altro disturbo mentale (per es: disabilità intellettiva , disturbo dello sviluppo intellettivo o altro disturbo del neuro-sviluppo) sono sufficientemente gravi da giustificare ulteriore attenzione clinica. • Disturbo evitante/restrittivo dell'assunzione di cibo: Questo disturbo sostituisce ed estende la diagnosi del DSM-5 relativa ai disturbi dell'alimentazione e della nutrizione dell'infanzia e della prima infanzia. Le conseguenze sono limitazioni funzionali, come compromissione dello sviluppo fisico e difficoltà sociali, con problemi anche di funzionamento familiare.

Criteri diagnostici:

A. Un disturbo dell'alimentazione o della nutrizione (per es: apparente mancanza d'interesse per il mangiare o per il cibo; evitamento basato sulle caratteristiche sensoriali del cibo; preoccupazioni relativa alle conseguenze negative del mangiare) che si manifesta attraverso la persistente incapacità di soddisfare le necessità nutrizionali e/o energetiche appropriate, associato a uno (o più) dei seguenti aspetti: Significativa perdita di peso (o mancato raggiungimento dell'aumento ponderale atteso oppure una crescita discontinua nei bambini);

• Significativo deficit nutrizionale;

• Dipendenza dalla nutrizione parenterale o dai supplementi nutrizionali orali; • Marcata interferenza con il funzionamento psicosociale.

B. Il disturbo non è meglio spiegato da una mancata disponibilità di cibo o da una pratica associata culturalmente sancita.

C. Il disturbo dell'alimentazione non si manifesta esclusivamente durante il decorso dell'anoressia nervosa o della bulimia nervosa e non vi è alcuna evidenza di un disturbo nel modo in cui vengono vissuti il peso o la forma del proprio corpo.

D. Il disturbo dell'alimentazione non è attribuibile a una condizione medica concomitante e non può essere spiegato da un altro disturbo mentale. Quando il

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disturbo dellalimentazione si verifica nel contesto di un'altra condizione o disturbo, la gravità del disturbo dell'alimentazione eccede quella abitualmente associata alla condizione o il disturbo e giustifica ulteriore attenzione clinica.

In remissione: Successivamente alla precedente piena soddisfazione dei criteri per il

disturbo evitante/restrittivo dell'assunzione di cibo, i criteri non sono stati soddisfatti per un consistente periodo di tempo.

• Anoressia nervosa: È un disturbo che in genere insorge durante l'adolescenza o prima età adulta, raramente inizia prima della pubertà o dopo i 40 anni. Alcuni pazienti presentano una serie di limitazioni funzionali associate alla patologia come evitamento sociale e incapacità a raggiungere obiettivi scolastici, mentre altri rimangono attivi a livello sociale e professionale.

Criteri diagnostici:

A. Restrizione dell'assunzione di calorie in relazione alle necessità, che porta a un peso corporeo significativamente basso nel contesto di età, sesso, traiettoria di sviluppo e salute fisica. Il peso corporeo significativamente basso è definito come un peso inferiore al minimo normale, oppure, per bambini e adolescenti, meno di quello minimo atteso.

B. Intensa paura di aumentare di peso o di diventare grassi, oppure un comportamento persistente che interferisce con l'aumento di peso, anche se significativamente basso.

C. Alterazione del modo in cui viene vissuto dall'individuo il peso o la forma del proprio corpo, eccessiva influenza del peso o della forma del corpo sui livelli di autostima, oppure persistente mancanza di riconoscimento della gravità dell'attuale condizione di sottopeso.

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ricorrenti episodi di abbuffate o condotte di eliminazione (per es. vomito autoindotto o uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi). In questo sottotipo la perdita di peso è ottenuta principalmente attraverso la dieta, il digiuno e/o l'attività fisica eccessiva.

Tipo con abbuffate/condotte di eliminazione: Durante gli ultimi 3 mesi, l'individuo ha

presentato ricorrenti episodi di abbuffata o condotte di eliminazione (cioè, vomito autoindotto o uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi).

In remissione parziale: Successivamente alla precedente piena soddisfazione dei

criteri per l'anoressia nervosa, il Criterio A (basso peso corporeo) non è stato soddisfatto per un consistente periodo di tempo, ma sia il Criterio B (intensa paura di aumentare di peso o diventare grassi o comportamenti che interferiscono con l'aumento di peso) sia il Criterio C (alterazioni della percezione di sé relativa al peso e alla forma del corpo) sono ancora soddisfatti.

In remissione completa: Successivamente alla precedente piena soddisfazione dei

criteri per l'anoressia nervosa, non è stato soddisfatto nessuno dei criteri per un consistente periodo di tempo.

Livello di gravità attuale: Lieve: BMI 4 ≥ 17 kg/m2; Moderato: BMI4 16-16,99

kg/m2, Grave: Indice di massa corporea 15-15,99 kg/m2; Estremo: BMI < 15 kg/m2.

• Bulimia nervosa: Come per l'anoressia anche la bulimia esordisce in adolescenza o nella prima età adulta, le abbuffate in genere iniziano dopo le restrizioni dietetiche o eventi stressanti. La bulimia nervosa influenza negativamente la sfera sociale. ____________________________________________________________________ 4 BMI: Body Mass Index, rapporto tra peso (kg)/altezza²(m²)

(13)

A. Ricorrenti episodi di abbuffata. Un episodio di abbuffata è caratterizzato da entrambi i seguenti aspetti:

• Mangiare, in un determinato periodo di tempo (per es: due ore) una quantità di cibo significativamente maggiore di quella che la maggior parte degli individui mangerebbe nello stesso tempo e in circostanze simili;

• Sensazione di perdere il controllo durante l'episodio (per es: sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o a controllare cosa o quanto si sta mangiando).

B. Ricorrenti ed inappropriate condotte compensatorie per prevenire l'aumento di peso, come vomito autoindotto, abuso di lassativi, diuretici o altri farmaci, digiuno o attività fisica eccessiva;

C. Le abbuffate e le condotte compensatorie inappropriate si verificano entrambe in media almeno una volta alla settimana per 3 mesi;

D. I livelli di autostima sono fortemente influenzati dalla forma e dal peso del corpo; E. L'alterazione non si manifesta esclusivamente nel corso di episodi di anoressia nervosa.

In remissione parziale: Successivamente alla precedente piena soddisfazione dei

criteri per la bulimia nervosa, alcuni, ma non tutti i criteri sono stati soddisfatti per un consistente periodo di tempo.

In remissione completa: Successivamente alla precedente piena soddisfazione dei

criteri per la bulimia nervosa, nessuno dei criteri è stato soddisfatto per un consistente periodo di tempo.

Livello di gravità attuale: Lieve: Una media di 1-3 episodi di condotte compensatorie

inappropriate per settimana.; Moderato: Una media di 4-7 episodi di condotte compensatorie inappropriate per settimana; Grave: Una media di 8-13 episodi di condotte compensatorie inappropriate per settimana.; Estremo: Una media di 14 o più episodi di condotte compensatorie inappropriate per settimana.

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• Binge-eating disorder: E' una patologia che si verifica in individui normopeso, sovrappeso o obesi, è un disturbo diverso dall'obesità,. Questo disturbo può insorgere a tutte le età anche in età adulta.

Criteri diagnostici:

A. Ricorrenti episodi di abbuffate. Un episodio di abbuffata è caratterizzato da entrambi i seguenti aspetti:

• Mangiare, in un periodo definito di tempo (per es: due ore) una quantità di cibo significativamente maggiore di quella che la maggior parte degli individui mangerebbe nello stesso tempo ed in circostanze simili;

• Sensazione di perdere il controllo durante l'episodio (per es: sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o a controllare cosa o quanto si sta mangiando).

B. Gli episodi di abbuffata sono associati a tre (o più) dei seguenti aspetti: • Mangiare molto più rapidamente del normale;

• Mangiare fino a sentirsi spiacevolmente pieni;

• Mangiare grandi quantità di cibo anche se non ci si sente fisicamente affamati; • Mangiare da soli a causa dell'imbarazzo per quanto si sta mangiando;

• Sentirsi disgustati verso se stessi, depressi o assai in colpa dopo l'episodio. C. È presente un marcato disagio riguardo alle abbuffate;

D. L'abbuffata si verifica, in media, almeno una volta alla settimana per 3 mesi;

E. L'abbuffata non è associata alla messa in atto sistematica di condotte compensatorie inappropriate come nella bulimia nervosa, e non si verifica esclusivamente in corso di bulimia nervosa o anoressia nervosa.

In remissione parziale: Successivamente alla precedente piena soddisfazione dei

criteri per il disturbo da binge-eating, gli episodi di abbuffata si verificano con una frequenza media di meno di un episodio a settimana per un consistente periodo di tempo.

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In remissione completa: Successivamente alla precedente piena soddisfazione dei

criteri per il disturbo da binge-eating, nessuno dei criteri è stato soddisfatto per un consistente periodo di tempo.

Livello di gravità attuale: Lieve: Da 1 a 3 episodi di abbuffata a settimana; Moderato:

Da 4 a 7 episodi di abbuffata a settimana; Grave: Da 8 a 13 episodi di abbuffata a settimana; Estremo: 14 o più episodi di abbuffata a settimana.

• Disturbo della nutrizione o dell'alimentazione con altra specificazione (OSFED): Questa categoria si applica a manifestazioni in cui i sintomi caratteristici di un disturbo della nutrizione e dell'alimentazione, che causano un significativo disagio o un danno nel funzionamento sociale, occupazionale o in altre importanti aree, predominano, ma non soddisfano pienamente i criteri per qualsiasi dei disturbi della classe diagnostica dei disturbi della nutrizione e dell'alimentazione. Tra questi abbiamo:

Anoressia nervosa atipica: Sono soddisfatti tutti criteri per l'anoressia nervosa, salvo

che nonostante una significativa perdita di peso, il peso dell'individuo è all'interno o al di sopra del range di normalità.

Bulimia nervosa (a bassa frequenza e/o di durata limitata): Sono soddisfatti tutti

criteri per la bulimia nervosa, salvo che le abbuffate e le condotte compensatorie inappropriate si verificano, mediamente, meno di una volta alla settimana e/o per meno di 3 mesi.

Disturbo da binge-eating (a bassa frequenza e/o di durata limitata): Sono soddisfatti

tutti criteri per il disturbo da binge-eating, salvo che le abbuffate si verificano mediamente meno di una volta alla settimana e/o per meno di 3 mesi.

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influenzare il peso o la forma del corpo (per es: vomito autoindotto, uso improprio di lassativi, diuretici o altri farmaci) in assenza di abbuffate.

Sindrome da alimentazione notturna: Ricorrenti episodi di alimentazione notturna,

che si manifestano mangiando dopo il risveglio dal sonno, oppure l'eccessivo consumo di cibo dopo il pasto serale. Vi sono consapevolezza e ricordo di aver mangiato. L'alimentazione notturna non è meglio spiegata da influenze esterne, come la modificazione del ciclo sonno-veglia dell'individuo, oppure, da norme sociali locali. L'alimentazione notturna causa un significativo disagio e/o compromissione del funzionamento. I pattern di alimentazione disordinata non sono meglio spiegati dal disturbo da binge-eating o da un altro disturbo mentale, compreso l'uso di sostanze, e non sono attribuibili a un altro disturbo medico oppure all'effetto di farmaci.

Disturbo della nutrizione o dell'alimentazione senza altra specificazione (NOSFED): Questa categoria si applica a presentazioni in cui i sintomi caratteristici di un disturbo della nutrizione e dell'alimentazione che causano un significativo disagio clinico o un danno nel funzionamento sociale, occupazionale o in altre importanti aree, predominano, ma non sono soddisfatti i criteri pieni per qualsiasi dei disturbi nella classe diagnostica dei disturbi della nutrizione e dell'alimentazione.

1.3 Epidemiologia

Nonostante si abbiano testimonianze di comportamenti alimentari disfunzionali sin da epoche più remote, anche nel mondo religioso, possiamo dire che è dalla seconda metà del 900 che nell'emisfero occidentale i DCA vedono un notevole incremento. Nella nostra sociatà il corpo e il cibo sono stati progressivamente concepiti come minaccia e pericolo per la salute.

(17)

A favorire l'insorgenza di un DCA concorrono le difficoltà relative alla propria identità, associate spesso ad una fragilità psicologica; questi elementi all'interno di un contesto culturale in cui vi è una continua esposizione mediatica di modelli di perfezione fisica, si traduce in quella che viene oggi definita una vera e propria epidemia sociale (2).

Possiamo, infatti, affermare che i DCA sono sindromi culture bounded, cioè legate ad alcune società, infatti, la loro diffusione è localizzata principalmente nei paesi più ricchi ed industrializzati: Europa Occidentale, Stati Uniti, Canada, Australia e Nuova Zelanda, Sudafrica, Giappone; sono al contrario assenti o comunque rari nei paesi più poveri come l'Africa, l'Asia e l'America Latina. Per di più, la loro diffusione, nei paesi più poveri, sembra essere correlata al miglioramento delle condizioni economiche e ai processi di occidentalizzazione culturale.

Un altro aspetto paradossale è che nei paesi più poveri, parallelamente all'aumento dei DCA, vi è anche un incremento dei casi di obesità (3).

Le giovani donne sono in genere le più sensibili ai DCA, anche se, negli ultimi anni sono aumentati il numero dei maschi affetti da tali patologie.

Anche l'età d'insorgenza ha subito delle mutazioni nel tempo, abbassandosi a tal punto che non è raro trovare casi di DCA anche tra i bambini.

Secondo studi condotti a livello internazionale da Hoek Hans Wijbrand e Van Hoeken Daphne (4) (5) l'Anoressia Nervosa avrebbe un tasso di prevalenza nella popolazione femminile giovane pari allo 0.3% ed un tasso di incidenza, da ritenersi in aumento nelle donne tra i 15 e i 24 anni rispetto al secolo precedente, di almeno 8:100.000 persone per anno.

Secondo il rapporto sulle malattie mentali di Health Canada, in Canada dal 1987 c'è stato un incremento del 34% delle ospedalizzazioni di ragazze sotto i 15 anni e del 29% tra i 15 e i 29 anni. La prevalenza della Bulimia Nervosa nella popolazione femminile giovane avrebbe un tasso dell'1%, mentre l'incidenza sarebbe pari a 12:100.000 persone per anno.

(18)

l'APA5 (American Psychiatric Association) (7) in merito alla situazione negli Stati

Uniti si stima che la prevalenza dell'anoressia sia tra lo 0,5 e 3,7% nella popolazione femminile e tra l'1,1 e il 4,2 % per la bulimia Nervosa.

Sempre dallo studio di Hoek e Van Hoeken (5) in accordo con una review molto accurata sull'Epidemiologia del Disturbo da Alimentazione Incontrollata condotta da Striegel-Moore R.H. e Franko D.L. (8) la prevalenza di questo disturbo, meglio conosciuto anche in Italia come Binge Eating Disorder o DAI, raggiunge l'1% circa nella popolazione generale, sia maschile che femminile. Riguardo alla severità dei disturbi alimentari, secondo una meta-analisi condotta da Harris e Barraclough nel 1998, l'Anoressia Nervosa costituiva il disturbo mentale con il più alto tasso di mortalità; dati provenienti dal Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute e diversi studi scientifici (9) confermano come negli USA i disordini alimentari costituiscano ancora oggi la prima causa di morte per malattia mentale in fascia d'età giovanile.

Gli studi condotti in Italia sono relativamente pochi. Uno studio di Favaro A. et al. (10) fornisce uno spaccato della diffusione dei disturbi alimentari nel Nord-Est Italiano con dati epidemiologici in accordo con la letteratura internazionale.

Lo studio, condotto su un campione di 934 ragazze di età compresa tra i 18 e i 25 anni residenti in due aree contigue della provincia di Padova stimava per l'Anoressia Nervosa una prevalenza puntuale dello 0.3% ed una prevalenza nell'arco di vita del 2.0%. La prevalenza puntuale della Bulimia era dell' 1.8% mentre quella nell'arco di vita del 4.6%. Le forme di Anoressia sottosoglia registravano una prevalenza puntuale dello 0.7% e una prevalenza life-time del 2.6%, mentre le forme atipiche di Bulimia raggiungevano una prevalenza puntuale del 2.4% e una prevalenza nell'arco di vita del 3.1%.

___________________________________________________________________ 5 APA: è un'organizzazione professionale di psichiatri i cui soci sono medici degli USA, o di altre

nazioni, che hanno una specializzazione in psichiatria. L'associazione cura diverse riviste accademiche, come pure il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM).

(19)

La prevalenza di tutti i disturbi del comportamento alimentare nel campione era infine pari al 5.3%.

Il numero dei casi che giungono all'osservazione clinica sono il 40-50% per AN e l'1-40% per BN. Molti dei suddetti casi giungono all'osservazione medica dopo una lunga durata di malattia, per l'AN è di 39 mesi, mentre per la BN è di circa 56 mesi. L'età d'esordio maggiore è quella tra i 15 e i 19 anni sia per AN sia per BN (10) (11) per il DAI l'età d'esordio è più tardiva.

Nello specifico il rapporto femmine/maschi è: 15:1 per AN; 30:1 per BN; 3:2 per il DAI. Studi recenti sulla popolazione generale indicano una frequenza maggiore per AN tra maschi (12) (13) rispetto a studi precedenti.

1.4 Eziopatogenesi: Fattori di rischio e fattori protettivi

Per fattore di rischio si intende una condizione genetica, o caratteristica sociale ambientale, culturale, familiare o evento (trauma) che precede l'insorgenza di un dato fenomeno e la cui presenza è in grado di aumentare la probabilità (rischio) che un determinato evento-malattia si verifichi (nel caso specifico, lo sviluppo di un disturbo alimentare). I DCA sono patologie di origine multifattoriale, in genere, infatti, la malattia insorge in seguito ad una serie di eventi. È bene sottolineare che la presenza di uno o più fattori di rischio aumenta la possibilità di ammalarsi, ma di per se non è causa di malattia. I fattori di rischio posso essere divisi in tre macro-gruppi:

1. Individuali 2. Familiari 3. Socio-culturali

Tra i fattori individuali abbiamo:

Età: è uno dei principali fattori di rischio, soprattutto per il sesso femminile. In 

particolare le due età a rischio sono adolescenza e prima giovinezza, anche se, come precedentemente anticipato, anche quest'aspetto è in profondo mutamento, si sta

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verificando, infatti, uno spostamento sia verso il basso che verso l'alto (intorno ai 40 anni, soprattutto per il DAI) dell' età media d'insorgenza;

Sovrappeso e obesità: queste condizioni in età infantile e adolescenziale possono 

portare il bambino o ragazzo ad intraprendere un percorso dietetico, che può trasformarsi in una vera e propria ossessione (14) (15);

Malattie croniche: ci sono alcune malattie croniche strettamente connesse 

all'alimentazione, come il diabete giovanile e la celiachia, che possono far scattare una sorta di fobia per il cibo sin da piccoli, che può, anche in questo caso, trasformarsi in una vero e proprio disturbo alimentare;

In particolare per quanto concerne il diabete mellito di tipo 1 (DMT1), la maggior parte degli studi descrivono giovani donne con DMT1, generalmente di età compresa tra i 15–35 anni, con una prevalenza elevata di DCA (16) (17) (18) (19).

Studi recenti hanno fornito conferme anche per i diabetici di tipo 2 (DMT2) e per i maschi (20) (21)(22) (23) (24) (25);

Disturbi della personalità border line; 

Aspettative esagerate sia da parte del contesto familiare e sociale, che del soggetto 

stesso;

Perfezionismo: il perfezionismo eccessivo spesso collegato ad aspettative troppo 

elevate soprattutto da parte del contesto familiare, scolastico o sportivo in cui il bambino si trova a crescere, possono sfociare in un disturbo alimentare che inconsapevolmente serve al bambino per esprimere il disagio e la difficoltà di aderire ad un'immagine che non sente propria.

Il profilo più comune, infatti, è quello di ragazzi che non hanno mai creato problemi ai genitori, che sono i primi della classe e che non protestano mai per nulla. Questo è sintomatico del fatto che esteriormente essi mostrano un corpo e una personalità, i quali però non vengono percepiti come propri, di conseguenza il disturbo alimentare è il modo più semplice con il quale i ragazzi stessi possono intaccare il proprio corpo;

Difficoltà del processo di separazione-individuazione; 

(21)

 Rifiuto del corpo e della sessualità;

Esagerata attività sportiva: ci sono alcuni sport e discipline che essendo 

particolarmente associate ad un'idea di perfezione corporea, con canoni molto serrati, possono far scattare un'ideazione pericolosa nei confronti del cibo, che spesso è accentuata dagli insegnati sportivi. Tra gli sport più a rischio troviamo la danza per le bambine e l'atletica leggera per i ragazzi;

Abusi: il 30% dei pazienti con un DCA (soprattutto con bulimia), è stata vittima di 

molestie e/o abusi sessuali, in genere in età infantile.

Spesso sono traumi sottaciuti e in maniera inconscia, rimossi dal bambino, che possono riemergere in età adolescenziale e che trovano espressione nel corpo .

Da soli i fattori familiari in genere non sono determinanti nel far esplodere la patologia, ma hanno comunque un peso importante nella sua insorgenza, tra questi abbiamo:

Obesità familiare: un contesto familiare in cui da sempre è regnato un problema con 

il cibo, dove vi è un forte impegno nel cercare di contenere il peso e controllare ciò che si mangia e dove spesso la condizione di obesità è legata a un cattivo rapporto con il cibo e una cattiva educazione alimentare, è un terreno fertile per la nascita dei DCA;

Disturbi dell'umore e alcolismo; 

 Vischiosità nelle relazioni;  Difficoltà di autostima;  Dipendenza dal consenso;

Esaltazione della magrezza e della bellezza: questo provoca molto spesso una forte 

insoddisfazione corporea (14).

Infine ci sono dei fattori definiti precipitanti (26) poiché sono quelli che innescano la patologia, già presente in forma latente e la rendono manifesta.

(22)

 Separazioni, perdite e abbandoni;  Alterazione dell'omeostasi familiare;  Esperienze sessuali;

 Abusi sessuali;

 Minacce alla stima di se;  Malattia fisica acuta;

 Cambiamento puberale vissuto come trauma;  Cambio città e/o paese;

 Malattia importante;

 Gravidanza o aver avuto un bambino; Inizio/fine di una relazione sentimentale; 

 Fallimenti scolastici, lavorativi e sportivi;  Cambio di scuola;

 Impegno lavorativo intenso;  Stress per svariate ragioni;

 Commenti critici per alimentazione, peso e forme corporee;

I fattori scatenanti non sono necessariamente eventi particolarmente drammatici, infatti, possono andare dalla perdita di un familiare ad un trasloco o una delusione scolastica. L'adolescenza è in genere un periodo di grandi cambiamenti fisici che il ragazzo fatica ad accettare, anche per la loro evoluzione spesso difficilmente controllabile, per cui i ragazzi affrontano con maggiore difficoltà altre evenienze o mutamenti provenienti dal mondo esterno.

Perciò, per evitare che gli eventi esterni possano perturbare il delicato equilibrio adolescenziale è sempre bene interpellare i ragazzi in qualsiasi decisione e prendere in considerazione il loro parare.

Influenza genetica: Oltre ai fattori di rischio sopra elencati, che sono per lo più

(23)

base di tali patologie ci potessero essere anche dei fattori genetici.

La criticità di questi studi risiede nel fatto che è molto difficile distinguere tra fattori prettamente genetici e quelli derivanti da uno specifico back ground in cui il bambino cresce.

Ad oggi mancano delle evidenze relative ad alterazione neurochimiche, ma vi sono comunque dei geni candidati per i DCA, in particolare quelli che codificano per recettori, enzimi e proteine di trasporto del sistema neurotrasmettitoriale serotoninergico, che sembra essere il principale mediatore interessato nella genesi dei DCA (27).

Vi sono studi murini che hanno individuato una relazione tra: una mutazione genetica sul cromosoma 2 e la proliferazione di fibre seratoninergiche localizzate nel bulbo olfattorio, corteccia frontale e ippocampo, quest'alterazione sembra essere associata con comportamenti anoressico simili, come: riduzione della capacità di alimentarsi, anomalie motorie, tremori e incordinazioni che sono gli stessi atteggiamenti provocati dagli agonisti della serotonina (28).

Studi di familiarità dimostrano che nei figli di genitori con AN, ci sia una prevalenza di Anoressia pari al 2% rispetto allo 0% nei familiari dei controlli, e di Bulimia pari al 4,4%, contro l'1,3% nei controlli (29).

È caratteristico, inoltre, osservare come sia l'AN che la BN siano frequentemente associati a disturbi dell'umore e all'abuso di alcool (30). Analizzando dati relativi alla familiarità di tali disturbi associati, emerge che lo sviluppo di un disturbo dell'umore è da 2 a 3 volte superiore nei familiari di pazienti con AN, e da 1 a 3 volte maggiore nei familiari di pazienti con BN, rispetto ai familiari dei controlli senza un DCA, ciò a conferma di una possibile ereditarietà crociata dei due disturbi.

Per quanto riguarda i gemelli, a causa della relativa rarità di questa condizione, i dati disponibili sono scarsi; ad ogni modo, è stata riscontrata per l'AN una concordanza del 55% nei monozigoti, contro il 7% nei dizigoti, mentre, per la BN la concordanza è dell'83% per i monozigoti, contro il 27% dei dizigoti; ma anche nei casi di discordanza, il gemello sano tende sempre a mostrare una riduzione del peso

(24)

direttamente proporzionale alla gravità della condizione del gemello affetto dal disturbo. Da qui l'ipotesi che vi sia una trasmissione a soglie multiple, secondo la quale una variazione del grado di espressione del gene comporta diversi livelli di vulnerabilità alla malattia.

Oltre ai fattori di rischio abbiamo anche dei fattori detti protettivi (31):  Situazioni ambientali e sociali-culturali positive;

Favorire l'autostima, l'autoefficacia e le competenze dell'individuo, rendendolo forte 

e consapevole delle sue risorse ed energie;

 La possibilità di poter contare almeno su una persona di riferimento sin dalla nascita è un fattore che sta alla base delle successive relazioni;

 La possibilità di poter contare su una rete sociale di aiuto è una risorsa basilare per la salute mentale del soggetto. I rapporti con amici, colleghi o l'appartenenza a gruppi scolastici, politici, religiosi, possono svolgere una funzione protettiva di sostegno emotivo, che si esplica con consigli, informazioni ed aiuti materiali.

Alla luce di quanto detto si può affermare che la prevenzione dei DCA punta proprio a rafforzare, soprattutto in età adolescenziale, i fattori di protezione, evitando le condizioni che mettano a rischio l'individuo.

1.5 Diagnosi del disturbo 1.5.1 I primi segnali.

''Odi et amo.Quare id faciam forassere quiris.

Nescio, sed fieri sentio et excrucior''. ''Odio e amo. Forse chiederai come sia possibile. Non so, ma è proprio così e mi tormento''.

(25)

Odio e amore è il rapporto ambivalente che si instaura in alcune fasi del disturbo, in cui non si riesce più a distinguere le due facce della medaglia.

I meccanismi di compenso della malattia, per quanto inappropriati, possono fornire una sorta di sollievo dalle tensioni pur costituendo delle ''gabbie'' difensive dalle difficoltà nell'incontro con il mondo. I DCA, essendo dei disturbi mentali, iniziano sempre a manifestarsi a livello psicologico, prima che si evidenzino i sintomi a livello fisico.

Numerosi sono i pensieri e le idee che iniziano ad invadere la mente dei ragazzi, comportando dei cambiamenti caratteriali importanti come: una forte instabilità emotiva, sbalzi dell'umore, insonnia e irritabilità.

L'esordio di questi disturbi è in genere subdolo e può presentare delle caratteristiche diverse tra gli individui.

Per quel che concerne l'anoressia si inizia in genere con l'eliminazione o limitazione, apparentemente non patologica, di quelli che vengono definiti cibi proibiti o fobici (es: pane pasta, dolci, grassi da condimento) e con una riduzione delle porzioni, fino a configurare una vera ossessione e al comportamento restrittivo, si associa un continuo controllo del peso e delle proprie forme corporee.

Il soggetto può iniziare a praticare attività fisica anche intensa ed evitare progressivamente tutte quelle condizioni sociali, che lo costringono a mangiare. Per placare la fame, il paziente può molta acqua, caffè e utilizzare le spezie per limitare i grassi da condimento.

L'esercizio fisico può essere svolto in due modi:

– regolarmente per bruciare calorie, simile alla dieta ferrea (tipico dell'anoressia); – saltuariamente per eliminare le calorie assunte in eccesso (tipico di bulimia). L'esercizio fisico contribuisce a mantenere il disturbo perchè risponde all'aumentata preoccupazione per il peso e le forme corporee rinforzando la perdita d'interesse per il cibo (comportamento Activity Anorexia).

(26)

ACTIVITY ANOREXIA: circolo vizioso Restrizione alimentare

Aumento motivazione a muoversi Crescita attività fisica

Diminuzione pressione a mangiare

La bulimia presenta un decorso più subdolo, infatti, può passare inosservata più a lungo, poiché ai pasti il paziente mangia, anzi a volte sembra che mangi più del normale (abbuffata), al pasto segue in genere un forte senso di colpa, in risposta al quale vengono adottati metodi di compenso inappropriati come il vomito autoindotto.

Nel caso della Bulimia Nervosa il campanello d'allarme più evidente rispetto all'anoressia è il cambiamento psicologico e caratteriale che, in alcuni casi può associarsi o giungere fino a condotte quali abuso di alcool e sostanze, cleptomania, disturbo della condotta sessuale, shopping compulsivo e gioco d'azzardo (scarso controllo degli impulsi).

Per quanto riguarda il DAI, in genere, tra i primi segni evidenti vi è l'aumento di peso, conseguenza dell'eccessiva assunzione di cibo, in molti casi specie fuori dai pasti, senza l'utilizzo di metodi inappropriati di compenso.

Il comportamento disfunzionale principale è l'abbuffata in genere consumata di nascosto, a cui conseguono: profondo disagio, variazione del tono dell'umore, nervosismo e irritabilità, vissuti emotivi negativi, senso di colpa fino al disgusto di se stessi.

(27)

1.5.2 Valutazione diagnostica multidisciplinare.

Una giusta valutazione diagnostica è il momento cruciale per l’avvio del trattamento e per una effettiva possibilità di cambiamento da parte del paziente. Non esistono allo stato attuale strumenti standardizzati per valutare la motivazione del paziente al trattamento. La diagnosi è multidisciplinare e condivisa tra i vari professionisti (33). Le figure professionali necessarie all'assessment e agli accertamenti diagnostici sono: psichiatra, medico internista, nutrizionista, dietista e psicologo clinico.

È molto importante instaurare un rapporto di collaborazione e fiducia con il paziente favorendo l'integrazione tra gli aspetti biologici e psicologici del disturbo.

La valutazione del paziente viene strutturata in quattro parti principali: la valutazione clinico anamnestica, la valutazione dello stato nutrizionale, della condotta alimentare e della spesa energetica.

Valutazione internistica:

• Per tutti i pazienti: anamnesi, esame obiettivo, esame delle urine, emocromo completo con formula leucocitaria, glicemia, test per la funzionalità epatica, assetto lipidico, creatininemia, azotemia, BMI, PA e FC, Bioimpedenziometria.

• Per pazienti con basso peso corporeo: elettroliti serici, ECG + eventuale ECOcardio , amilasi, creatininemia, ormoni tiroidei, analisi delle urine, prealbumina e MOC (Mineralometria Ossea Computerizzata).

• Per pazienti con abbuffate e comportamenti di compenso: elettroliti serici, amilasi, creatininemia, ormoni tiroidei e gastroscopia. Andranno inoltre valutati alcuni segnali tipici di coloro che si auto inducono il vomito: ipertrofia delle parotidi causata dal vomito, erosione dello smalto dentale causata dalla cronica esposizione agli acidi di origine gastrica ed il segno di Russell (callo al dorso della mano con cui la paziente si provoca il vomito).

• Per pazienti obesi affetti da DAI: misurazione circonferenza addominale, valutazione cardiaca e uricemia.

(28)

Valutazione nutrizionale:

Questa è caratterizzata da una fase iniziale più generica, con calcolo del BMI, rilevazioni antropometriche, esame bio-impedenziometrico e rilevazione della storia del peso corporeo (momento molto importante, poiché si vanno ad indagare nel dettaglio tutte le fluttuazioni di peso del paziente e gli eventi ad esse associate). La seconda fase comprende un'attenta anamnesi alimentare, quali-quantitativa suddivisa in tre parti:

• Descrizione delle abitudini alimentari, dove si indaga soprattutto il contesto in cui si svolgono i pasti, le dinamiche familiari, orari, stati emotivi e il livello di percezione di fame e sazietà;

• Composizione dei pasti: qualità e quantità;

• Valutazione della presenza di eventuali comportamenti disfunzionali associati all'alimentazione.

Alcuni comportamenti disfunzionali:

• Comportamenti di controllo dell'alimentazione (food cheking) • Ecessiva attività fisica

• Abbuffate

• Vomito autoindotto

• Uso inappropriato lassativi o diuretici

• Comportamenti di controllo del corpo (body cheking)

• Evitamenti di esposizione al corpo • Comportamenti di controllo della

prestazione (es: ripetere più volte lo stesso compito)

• Comportamenti di precauzione (es: non guardare negli occhi, scusarsi spesso)

• Autolesionismo (farsi male, tagliarsi...)

(29)

Valutazione psicopatologica e psico-diagnostica:

Essendo i DCA patologie a carattere prevalentemente psicologico/psichiatrico e di una certa complessità è molto importante che, sin dai primi contatti con il terapeuta, il paziente si senta accolto e si instauri un rapporto collaborativo e di fiducia.

La disponibilità e l'accessibilità del paziente nei confronti del terapeuta è di notevole importanza sia per far si che venga fatta una diagnosi quanto più veritiera possibile, che per garantire una più rapida consapevolezza da parte del paziente della sua malattia e una maggior accettazione della terapia (alleanza terapeutica).

Nella fase diagnostica, e nel corso del trattamento, per valutarne le variazioni, è possibile utilizzare test psicometrici specifici per i DCA. Tra i questionari strutturati o semi-strutturati utilizzati ricordiamo:

EAT–40 –Eating Attitudes Test (34) (versione italiana validata da M. Cuzzolaro e A. Petrilli nel 1988);

EDE 12.OD –eating disorders examination (35) (versione italiana validata da V. Ricca e Mannucci;

SCID –Structured Clinical interview for DSM-4 (36) (intervista strutturata da DSM 4- Ed. Italiana).

Nella valutazione psicologica vengono raccolte le informazioni utili relative a storia del peso, comportamenti alimentari, atteggiamenti riguardo il vissuto corporeo, eventi vitali negativi, vissuti emotivi, significato del sintomo nella storia psicologica del paziente e nella formazione della sua personalità.

In questa fase è molto importante valutare anche la possibile presenza di elementi di rischio quale l'ideazione suicidaria e la presenza di comportamenti auto lesivi.

Nel caso di pazienti in età adolescenziale e pre-adolescenziale si utilizzano questionari diversi come:

• EDE – Eating Disorder Examination, per la valutazione dei tratti comportamental e psicologici legati ai DCA (37);

• CBCL – Child Behavior Checklist, per la valutazione della sintomatologia psicopatologica e della comorbilità psichiatrica (38);

(30)

• K–SAdS –Kiddie Schedule for Affective disorder and Schizoprhenia, per l valutazione della sintomatologia psicopatologica e della comorbilità psichiatrica (39); • CAPS –Child Adolescent perfectionism Scale, per la valutazione del perfezionismo quale fattore predittivo di dCA (40);

• PBI –Parental Bonding Index, per la valutazione delle caratteristiche dell'interazione genitore–figlio dalla prospettiva del minore (41);

• ECI–Expeience Of Caregiving Inventory, per la valutazioni alcuni fattori stressanti, riconducibili alle caratteristiche del bambino, a quelle del genitore e ad eventi situazionali-demografici dalla prospettiva dei genitori (42);

Tutti questi strumenti ci permettono di valutare l'esistenza di tratti psicologici e comportamentali legati ai DCA, come l'impulso alla magrezza, l'insoddisfazione del proprio corpo, la tendenza al perfezionismo, l'insicurezza interpersonale e la disregolazione emotiva.

Valutazione della famiglia:

E' di estrema importanza nella valutazione del paziente analizzare anche il contesto familiare in cui è cresciuto e vive. In questo caso il terapeuta sarà uno psicologo specializzato nell'esplorazione di dinamiche familiari. Questo vale sia per gli adolescenti che per i pazienti adulti.

In questo caso si svolgono una o più sedute tra la famiglia e il terapeuta, volte a raccogliere informazioni e valutare aspetti della vita relazionale in famiglia come: • Ricostruzione della storia familiare, con particolare attenzione agli eventi che

hanno preceduto l'insorgenza della patologia; • Osservazione della struttura familiare;

• Fase del ciclo vitale;

• Dinamiche nella relazione di coppia; • Livello di emotività espresso;

(31)

• Risorse disponibili;

• Presenza in famiglia di disturbi psichici, abuso di alcool o altre sostanze; • Obesità familiare;

• Interazione tra relazioni familiari e disturbo del soggetto;

• Pensieri e comportamenti dei componenti della famiglia nei confronti di cibo, attività fisica e forme corporee;

• Stressor familiari che ostacolano la guarigione. 1.6 Sintomi e complicanze mediche dei DCA.

I DCA sono patologie serie e dannose sia dal punto di vista delle complicazioni internistiche che psichiatriche. Le complicanze fisiche in genere si instaurano gradualmente, in rapport alla durata del disturbo e/o alla sua gravità clinica e possono comportare condizioni a rischio di vita fino a amorte improvvisa.

Le complicanze mediche hanno le seguenti origini: malnutrizione e utilizzo di metodi di compenso (vomito, lassativi e diuretici) per anoressia e bulimia, eccesso ponderale per il DAI. Per quanto riguarda i pazienti con bulimia, i quali, soprattutto nelle fasi iniziali, riescono a mantenere un peso normale, molto spesso la diagnosi viene fatta da specialisti di altre aree mediche a seguito delle complicanze insorte.

Tra le prime alterazioni più di frequenti abbiamo: turbe dell'equilibrio acido-base e alterazioni degli elettroliti (ipopotassemia e iposodemia severe a causa dei meccanismi di eliminazione), con possibili variazioni della pressione arteriosa, ipotensione e ipotensione ortostatica fino a lipotimie.

Nel caso dell'Anoressia nervosa abbiamo turbe elettrolitiche, (ipofosfatemia e ipomagnesemia) pericolose per la funzionalità cardiocircolatoria; alterazioni a livello dermatologico xerosis7, lanugo8, caduta dei capelli, acne, acrotenoderma, acrocianosi,

prurito, porpora, stomatite e distrofia ungueale.

____________________________________________________________________

(32)

Per quanto riguarda i disturbi a livello gastrointestinale molto spesso i pazienti con DCA soffrono di gastriti, svuotamento gastrico ritardato, disfunzioni della motilità gastrica, aumento del tempo di transito intestinale e stipsi.

Casi ancor più gravi e talvolta irreversibili, si sono riscontrati nella BN e nel DAI, tra questi ricordiamo la rottura spontanea dell'esofago o dello stomaco, alterazioni pancreatiche, coliti necrotizzanti, perforazioni di ulcere gastriche e fenomeni di dilatazione gastrica severa, complicati da necrosi della mucosa gastrica in pazienti che effettuavano abbuffate.

L'autoinduzione del vomito può provocare alterazioni alla mucosa e alla motilità esofagea e gastrica con esofagiti, episodi di reflusso esofageo, fino a lacerazioni della mucosa esofagea; le ghiandole salivari, in modo reversibile, aumentano la loro secrezione con incremento volumetrico e dando al volto un aspetto più tondo.

Frequenti episodi di vomito, inoltre, possono determinare alterazioni della funzionalità epatica, alterazioni dentali, per effetto corrosivo del succo gastrico, e danni alle corde vocali, con cambiamento della voce; l'erosione è irreversibile ma non progredisce quando si smette di vomitare.

I DCA possono essere anche alla base di temibili complicanze a livello cardiaco. Nel caso dell'AN, si riscontrano sia situazioni di bradicardia che tachicardia, sino ad arrivare ad aritmie fatali, causate dalle gravi alterazioni elettrolitiche.

Si possono verificare anche delle alterazioni cardiache funzionali e strutturali, come: prolasso valvolare, ridotta funzione di pompa, riduzione della gittata cardiaca, fino allo scompenso cardiaco conclamato. Nelle pazienti gravemente sottopeso possono manifestarsi anche casi di pneumotorace spontanei.

La grave malnutrizione e le conseguenti alterazioni ormonali provocano una diminuzione dei livelli plasmatici degli ormoni sessuali con conseguente amenorrea e perdita di desiderio sessuale nei soggetti di genere femminile, mentre nel genere maschile sono possibili deficit erettivo e minore fertilità. Alla malnutrizione e alle alterazioni ormonali sono dovute anche le conseguenze sull’apparato osteoarticolare con demineralizzazione ossea progressive e quadri di osteopenia ed osteoporosi

(33)

secondaria, spesso irreversibili, che espongono le pazienti a fratture spontanee e, nei casi più gravi, anche a difficoltà nella deambulazione e nel mantenimento della posizione eretta.

E' infine da tener presente che se il disturbo insorge in età evolutiva precoce le conseguenze fisiche possono essere più marcate a causa del deficit fino all’arresto nei processi di accrescimento fisici e anche del neurosviluppo (43).

CAPITOLO II 2. Trattamento dei DCA 2.1 Possibilità terapeutica.

Per trattare i DCA si deve partire dal presupposto che, nonostante la componente biologica della patologia sia assolutamente rilevante, il punto di inizio deve sempre essere l'analisi della storia e della personalità del paziente.

I DCA, infatti, sono l'espressione di problematiche complesse multifattoriali e molto spesso i sintomi emergenti sono tentativi che l'individuo trova per reagire a situazioni psicologiche, interne o esogene, che vive come minacciose e ingestibili. In quest'ottica, il disturbo alimentare, e il disturbo mentale in genere, è in qualche modo una “soluzione” più o meno provvisoria e disfunzionale, per affrontare una crisi; quindi perché ci sia guarigione, occorre che ''il disturbo stesso diventi crisi e cessi di funzionare da soluzione''.

Già dal 1998, la Commissione di Studio del Ministero della Sanità9, che si occupa di

Assistenza dei pazienti affetti da anoressia e bulimia, aveva considerato come forma di trattamento più idonea un approccio di tipo interdisciplinare ed integrato.

Sono quindi necessarie strutture di cura in cui collaborino sistematicamente internisti, ___________________________________________________________________ 9Ministero della Sanità - Commissione di studio per l'assistenza ai pazienti affetti da Anoressia e

(34)

nutrizionisti, dietisti, psichiatri, psicologi e clinici, perciò deve essere presente un'èquipe stabile che collabori sinergicamente e vada sempre nella stessa direzione, condividendo e valutando insieme qualsiasi scelta che riguardi ogni singolo paziente. 1.7.2 Tipologie di trattamento

I diversi livelli di trattamento che variano a secondo della gravità della condizione del paziente:

o Ambulatoriale o Semi-residenziale o Residenziale

o Ricovero ospedaliero d'urgenza.

Trattamento ambulatoriale:

È in genere il trattamento di prima scelta, salvo condizioni di marcata gravità clinica, indicato in oltre il 70% dei casi. Come detto, la sua efficacia è correlata alla possibilità che operi un'èquipe multidisciplinare integrate che possa gestire i vari aspetti psicologici, internistici, nutrizionali e di terapia familiare.

La durata media di un trattamento ambulatoriale ben strutturato, che non si focalizzi solo sul sintomo, è variabile, in genere di almeno due anni.

L'idoneità a tale tipo di trattamento dipende dalle condizioni del paziente, infatti, perché abbia efficacia, le sue condizioni psicologiche e la sintomatologia fisica devono essere piuttosto stabili ed inoltre deve presentare anche una buona motivazione al trattamento.

La durata ottimale (range) della riabilitazione psico–nutrizionale in regime ambulatoriale è rispettivamente: AN 12–18 mesi; BN 8–12 mesi, DAI 18–24 mesi Obiettivi medici del trattamento ambulatoriale:

• Stabilizzazione parametri clinici e di laboratorio (alterazioni elettrolitiche) con riduzione del rischio;

(35)

• Stabilizzazione del peso;

• Riduzione/Sospensione degli episodi di alimentazione incontrollata e metodi di compenso;

• Ripristino del ciclo mestruale (nel caso dell'AN) in modo naturale attraverso una riabilitazione nutrizionale adeguata;

• Miglioramento dei quadri diagnostici e dei disturbi comportamentali;

Gli obiettivi nutrizionali si dividono in tre gruppi sulla base della patologia e del periodo di tempo considerato (Figura 1) .

Figura 1: Obiettivi nutrizionali

Obiettivi del trattamento psicologico:

• Riduzione presenza pensieri disfunzionali; • Riduzione distorsione immagine corporea; • Consapevolezza di malattia;

(36)

• Miglioramento della vita socio-lavorativa del paziente; • Reinserimento sociale;

• Mantenimento/Ripresa di un'attività di studio/lavorativa.

Trattamento semi-residenziale e residenziale:

Queste due tipologie di trattamento vengono scelte qualora il trattamento ambulatoriale risulti insufficiente per garantire una guarigione del paziente e servono per riacquisire le abilità fortemente compromesse dalla patologia.

Può essere anche il livello di trattamento successivo alla degenza ospedaliera, garantendo al paziente un ambiente comunque protetto.

Per poter accedere a tale trattamento il paziente non deve avere un BMI sotto 13,5 kg/m² per l'anoressia e sopra 45 kg/m² per il DAI, inoltre deve avere delle condizioni stabili e non necessitare di cure intensive.

Il trattamento semi-residenziale può essere proposto come seguito di un trattamento residenziale o in caso di inefficacia di quello ambulatoriale. Il paziente deve mostrare delle condizioni psicologiche piuttosto stabili, una forte motivazione e una struttura familiare forte e collaborativa.

Il trattamento residenziale in genere ha la durata della degenza è di 3-5 mesi, così da lasciare il tempo al paziente di poter acquisire una consapevolezza della patologia e accettarla, ed è inoltre il periodo necessario anche per una riabilitazione nutrizionale a tutti gli effetti (figura 2). Si dimostra molto efficace nei casi in cui il paziente debba essere separato dal contesto familiare, qualora questo vada a rinforzare la patologia, peggiorandola oppure, quando è necessario monitorare in maniera serrata eventuali comportamenti disfunzionali come vomito autoindotto ed altri comportamenti auto-lesivi. Tale trattamento è molto strutturato, con un'organizzazione giornaliera particolarmente intensa e serrata nella gestione dei pasti e delle attività funzionali alla guarigione del paziente stesso.

(37)

Figura 2: obiettivi dei trattamenti residenziale e semiresidenziale Ricovero ospedaliero:

Viene definito ''presidio salvavita'' ed è effettuato in quelle situazioni in cui le condizioni cliniche del paziente siano realmente critiche.

Deve essere eseguito in strutture ospedaliere preparate ad accogliere questo tipo di pazienti e per il minor tempo possibile, fino alla risoluzione della fase acuta, per poi riprendere il trattamento in un diverso livello di assistenza (ambulatoriale/ residenziale).

Oltre ai clinici, devono essere presenti anche psicologici e psichiatri, che gestiscano il paziente e la famiglia (44). Vi sono dei casi limite, in cui la paziente rifiuta la cura e in questo caso viene fatto il Trattamento Sanitario Obbligatorio effettuato in un

(38)

reparto psichiatrico.

I criteri di accesso per il ricovero nelle diverse fasce di età sono quelli riportati in

Figura 3, in linea generale è consigliabile il ricovero quando i dati di laboratorio

indichino situazioni a rischio vitale e in presenza di gravi condizioni mediche.

Per i pazienti affetti da DAI risultano più comuni le complicanze legate al diabete di tipo 2, ipercolesterolemia, ipertrigliceremia, iperuricemia ed ipertensione arteriosa.

Figura 3: criteri per il ricovero ospedaliero DCA (31) Cambiamento di setting e continuità delle cure:

Non vi è un protocollo unico da seguire per quanto concerne il passaggio da un livello di trattamento all'altro.

In prima istanza va sottolineato che tale passaggio dovrebbe essere gestito dall'èquipe, anche se, ad aggi, ciò non accade in tutte le regioni italiane, per cui spesso le famiglie si trovano a dover gestire quest'aspetto con grande disorientamento e stress.

L'ideale, invece sarebbe che i terapeuti gestissero questo momento, scegliendo ciò che risulta più funzionale per il paziente e condividendo tale decisione con il diretto interessato e la famiglia.

(39)

intensivo ad un più intensivo (es: da ambulatoriale a residenziale), che viceversa qual'ora le condizioni del paziente risultino migliorate.

In ogni caso, sia che si modifichi l'intensità verso l'altro o verso il basso, è un momento estremamente delicato ad alto rischio di drop-out, per questo è necessario che all'interno dell'equipe vi sia un responsabile che si occupi di tutte le fasi della transizione e che metta in comunicazione l'equipe di partenza con la ricevente, garantendo al paziente un'omogeneità e continuità della cura (45).

CAPITOLO III

Trattamento residenziale presso la struttura Madre Cabrini DCA 3.1 Presupposti per il trattamento DCA: ''riabilitazione integrata''.

Il trattamento dei DCA richiede una ''riabilitazione integrata'', cioè un approccio che include diverse figure terapeutiche: psichiatra, psicologo, nutrizionista, medico internista, endocrinologo, educatore, OSS, infermiere, che collaborano in maniera interdisciplinare.

Riabilitare il paziente significa riportare il paziente ad essere abile nello svolgere tutte le sue attività e funzioni, e rispetto al piano nutrizionale portarlo da un'alimentazione patologica ad un'alimentazione sana.

Per far questo è necessaria ''l'alleanza terapeutica'' in cui il paziente si affida al proprio terapeuta, instaurando un rapporto di fiducia. Nella Struttura Madre Cabrini il trattamento si basa sulla ''terapia cognitivo comportamentale'' che in sintesi si occupa di andare ad analizzare il comportamento nutrizionale di un paziente, soprattutto i comportamenti disfunzionali, cercando di curare tutti quei pensieri patologici relativi a cibo, peso e forme corporee.

Quindi la riabilitazione nutrizionale è effettuata direttamente sul cibo e con il cibo, lavorando proprio sugli aspetti disfunzionali del paziente; ciò è difficile poichè di solito i sintomi di AN e BN sono egosintonici e i pazienti mostrano resistenza alle

(40)

cure, rispondendo non sempre in modo positivo al trattamento.

Alcuni dati attuali hanno dimostrato che chi soffre di DCA da oltre i 10 anni va in contro alla cronicizzazione disturbo. La cronicità ad oggi non è definita chiaramente, Strober (46) afferma che la cronicità rappresenta l'intrattabilità della malattia, la permanenza del disturbo alimentare nonostante diversi e ripetuti trattamenti. Allo stesso tempo sottolinea che questo concetto è ingannevole, infatti non ci sono criteri per giudicare se davvero ci sia un'intrattabilità del disturbo, o per dire quali siano le caratteristiche precise di gravità medica o morbilità psicologica che definiscono un disturbo cronico. Vanderlinden (47) propone di sostituire il concetto di cronicità con quello di resistenza al trattamento e di costruire strategie personalizzate che tengono conto di questa difficoltà. Più comunemente la cronicità è considerata come il fallimento di strategie terapeutiche messe in atto per far fronte ai fattori di mantenimento del distrubo alimentare, infatti secondo la teoria di Ostuzzi e Luxardi (48) è proprio sui fattori di mantenimento che bisogna agire, riconoscendo, riducendo e modificando proprio questi elementi che sostengono il disturbo.

Anche pazienti con una storia di malattia di 20-30 anni, possono trarre beneficio dal trattamento, il quale però dovrà far leva soprattutto sulle risorse emotive del paziente e contemporaneamente sulle risorse della famiglia, spesso scoraggiata e demotivata (49).

3.2 Obiettivi nutrizionali in AN, BN, DAI.

Il ruolo del nutrizionista nei DCA è occuparsi del raggiungimento degli obiettivi nutrizionali concreti, che sono differenti a seconda del disturbo di cui ci si occupa. Gli step su cui possiamo lavorare sono i seguenti:

• Analizzare i sintomi alimentari; • Lavorare su senso fame e sazietà;

• Lavorare sulla programmazione di un piano nutrizionale regolare;

(41)

• Ristrutturazione cognitiva su: cibo, peso, corpo. Obiettivi:

AN

• Ristabilire un peso naturale, mediante aumento intake calorico e normalizzazione dei pattern alimentari.

• Stabilizzare i segnali biologici di fame e sazietà.

• Ridurre il controllo del paziente nei confronti del cibo . BN

• Stabilizzare il peso, mediante la limitazione dei fenomeni di restrizione alimentare-abbuffata che determinano disregolazione ponderale.

• Normalizzazione dei segnali di fame e sazietà.

• Ridurre/eliminare la compulsione che il paziente sente nei confronti del cibo. DAI

• Diminuzione peso mediante riduzione della restrizione e conseguente abbuffata. Un aspetto comune che i pazienti DAI hanno con BN è la fase del digiuno o restrizione, seguita da perdite di controllo (abbuffate), ma nel caso di DAI non avvengono metodiche compensatorie.

• Riorganizzazione fame e sazietà. • Agire sulla perdita di controllo.

Alcune sensazioni durante il disturbo hanno subito una forte disregolazione, perciò il nutrizionista deve ristabilire un peso corporeo e un'alimentazione sana. Nel nostro caso, come equipe ci affidiamo alla cosiddetta ''dieta mediterranea'', che è quella che nei pazienti DCA ha avuto maggiore successo.

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