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RepTrak® La reputazione certificata: il caso Luxottica.

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Economia e Management

Corso di Laurea Magistrale: Marketing e Ricerche di Mercato

TESI DI LAUREA

RepTrak®

La reputazione certificata: il caso Luxottica.

RELATORE

Dott.ssa Annamaria TUAN

Candidato Claudia PALLA

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Indice

INTRODUZIONE ... 1

1 REPUTAZIONE O IMMAGINE? UNA BREVE OVERVIEW ... 3

1.1 Analogous school of though ... 3

1.2 The differentiated school of thought ... 3

2 CORPORATE IDENTITY COME PREMESSA PER UNA SOLIDA REPUTAZIONE ... 6

2.1 Le componenti della Corporate Identity ... 7

2.1.1 Brand Vision ... 9

2.1.2 Brand Culture ... 9

2.1.3 Brand Positioning ... 9

2.1.4 Brand Personality ... 9

2.1.4 Relazioni tra stakehoder ... 10

2.1.5 Presentazione del Brand ... 10

2.2 Reputazione e Identità ... 10

3 UN PUZZLE CHIAMATO REPUTAZIONE ... 12

3.1 Le fonti della reputazione ... 14

3.1.1 Mercato ... 14

3.1.2 Bilancio ... 15

3.1.3 Istituzioni ... 16

3.1.4 Segnali Strategici ... 17

3.2 Test delle ipotesi ... 18

4 REPUTAZIONE COME ASSET, LIVELLO DI AWARENESS E VALUTAZIONE... 23

4.1 Corporate reputation e vantaggio competitivo ... 23

4.2 Corporate reputation e benefici economici ... 26

4.3 Creazione di valore e CSR: un forte legame ... 27

5 REPUTATION INSTITUTE E REPTRAK® SYSTEM: MISURARE LA REPUTAZIONE... 29

5.1 Le sette dimensioni del RepTrak® ... 31

5.1.1 Prodotti/Servizi ... 32 5.1.2 Innovazione ... 32 5.1.3 Ambiente di Lavoro ... 33 5.1.4 Governace ... 33 5.1.5 Corporate Citizenship ... 34 5.1.6 Leadership ... 35 5.1.7 Performance ... 35

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5.3 Test dello strumento RepTrak® Pulse ... 38

5.3.1 Prima parte: test dell’affidabilità e validità ... 41

5.3.2 Seconda parte: conferma della sintesi degli attributi nelle 7 dimensioni ... 42

5.3.3 Terza parte: conferma delle 7 dimensioni come indicatori della corporate reputation ... 42

6 IL CASO LUXOTTICA: METODOLOGIA DI RICERCA ... 45

7 LUXOTTICA: PROFILO AZIENDALE ... 47

7.1 Gli inizi ... 47

7.2 Integrazione Verticale e Espansione Internazionale ... 47

7.3 Marchi proprietari e in licenza ... 49

7.4 Primi passi verso la CSR ... 50

8 REPTRAK® E LUXOTTICA ... 51

8.1 Luxottica oggi: le sette dimensioni ... 51

8.1.1 Prodotto ... 51 8.1.2 Innovazione ... 53 8.1.3 Ambiente di Lavoro ... 55 8.1.4 Governance ... 56 8.1.5 Citizenship ... 57 8.1.6 Leadership ... 61 8.1.7 Performance ... 62 8.2 Italy RepTrak® 2015 ... 64 8.3 Italy RepTrak® 2016 ... 68 8.4 Italy RepTrak® 2017 ... 71

9 REPTRAK® e THOMSON REUTERS ESG SCORES ... 74

9.1 Thomson Reuters ESG Scores ... 74

9.2 Metodologia del modello Thomson Reuters ESG Scores ... 75

9.3 Luxottica e Thomson Reuters ESG Score ... 76

9.3.1 Environmental ... 77 9.3.2 Social ... 77 9.3.3 Governance ... 78 10 CONCLUSIONI ... 81 BIBLIOGRAFIA Appendice 1

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INTRODUZIONE

Reputation: the estimation in which one is held. [1913 Webster]

Questa è la definizione di reputazione fornita dal Webster's Revised Unabridged Dictionary, “la stima in cui si è tenuti in considerazione”.

Il concetto di reputazione ed in particolare di corporate reputation è stato studiato da varie discipline: economia, sociologia e contabilità, molte delle quali hanno offerto visioni in contrapposizione tra loro, a rimarcare quanto il concetto di reputazione sia difficile da determinare con precisione. Difficile, soprattutto, è stabilire come questo invisible asset possa essere sfruttato per ottenere un vantaggio competitivo all’interno dell’ambiente in cui l’azienda opera. Molteplici infatti sono gli stakeholder che vengono chiamati in causa quando si parla di reputazione, e ognuno gioca un ruolo ben specifico nell’andare a determinarla. Si tratta quindi di un grande puzzle i cui pezzi vanno a comporre una figura ambigua, non ancora compresa nella sua totalità: ciò impedisce di comprendere tutte le potenzialità e i vantaggi che potrebbero derivare per l’azienda nell’andare a focalizzarsi sulla costruzione di una buona reputazione.

Le potenzialità della reputazione vanno a ripercuotersi a livello di governace e di marketing, ma in che modo? Questo è il cuore del problema: tralasciando il problema definitorio (seppure importante), quali sono gli effetti di una buona reputazione sull’azienda? Per molto tempo si sono fatte semplici supposizioni e ipotesi teoriche su quali potessero essere gli effettivi benefici di una buona reputazione per l’azienda, e di come i suoi stakeholder potessero beneficiarne. E, questione ancor più spinosa, è possibile individuare degli elementi che possono essere identificati come determinanti della reputazione aziendale?

È possibile dare risposta a queste domande tramite l’analisi del metodo che va a legare elementi che costituiscono la reputazione e comportamenti a supporto dell’azienda, ovvero del RepTrak® System. Questo sistema, ideato dal Reputation Insititute e cuore di questo elaborato, permette di misurare e

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2 analizzare la percezione degli stakeholder riguardo l’azienda. Ciò è utile all’azienda stessa per capire dove agire per migliorare la propria reputazione e per individuare gli effetti della propria corporate reputation sugli stakeholder stessi.

È necessario, prima di esplorare le gli elementi caratterizzanti, le conseguenze e gli eventuali benefici di una buona reputazione, andare a fornire il contesto in cui essa opera, analizzando il panorama definitorio. Questo sarà una fondamentale premessa per indagare il metodo di analisi della reputazione sviluppato dal Reputation Institute, il RepTrak® System, e la sua applicazione all’azienda Luxottica, di cui sarà analizzato lo suo score reputazionale ottenuto nel triennio 2015, 2016 e 2017.

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1 REPUTAZIONE O IMMAGINE? UNA BREVE OVERVIEW

Molto spesso quando si parla di corporate reputation entra in gioco un’altra dimensione, l’immagine. Questi due concetti sono accomunati o differenziati a seconda dell’appartenenza a due scuole ben precise, la analogous e la differentiaed school of thought: nella prima confluiscono tutte le teorie che identificano la corporate reputation con la corporate image, la seconda rappresenta la scuola di pensiero che vede reputazione e immagine come due concetti distinti.

1.1 Analogous school of though

Questo filone di pensiero, che ha vissuto il suo periodo d’oro negli anni 60-70, vede la corporate image come sinonimo di corporate reputation. Molti degli autori degli anni 60 individuano l’immagine come “somma di qualità funzionali e attributi psicologici che esistono nella mente del consumatore” (Martineau 1958), ma è solo con Kennedy (1977) che si ha l’identificazione con il concetto di reputazione. Questa autrice concepisce l’immagine come qualcosa che impiega molti anni ad essere “coltivata”, sia che si tratti di un prodotto che di un’azienda. In generale la maggior parte di questi studi si concentra sul concetto di corporate image non tanto per un interesse più vivo rispetto alla corporate reputation, quanto per una moda del periodo nell’uso della terminologia riferita all’immagine più che alla reputazione. Alcuni studiosi inoltre sostengono che l’uso intercambiabile dei due concetti, reputazione e immagine, ha portato alla odierna mancanza di una definizione puntuale e precisa di entrambe le dimensioni, pensiero totalmente condiviso dalla sottoscritta.

1.2 The differentiated school of thought

Risalgono a questa scuola di pensiero autori come Fombrun, i quali ritengono che la corporate reputation e la corporate image siano due concetti distinti e marchiano come errore il tentativo di accomunarli. Questa scuola da a sua volta origine a tre diverse interpretazioni: la prima vede i due concetti come totalmente separati, andando a evidenziare il ruolo preminente della reputazione su quello dell’immagine. A quest’ultima verrebbe assegnata addirittura una connotazione

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4 negativa, in quanto “manipolabile, costruita, opposta alla realtà e falsa” [Bernstein (1984) and Grunig (1993)]. Questo ha generato uno spostamento della rotta negli studi in questo campo, che sono passati dal focus sull’image management al reputation management.

La seconda e la terza interpretazione invece vedono le due dimensione come interrelate, seppur considerandole distinte. Queste due ultimi pensieri si trovano agli antipodi della differentiated school of thought.

La seconda interpretazione vede la corporate reputation come uno dei tanti tasselli che permettono la costruzione della corporate image, la quale viene totalmente riabilitata rispetto alla prima teorizzazione della scuola differenziata. L’immagine viene vista come un modello delle nostre percezioni e convinzioni rispetto alla realtà (Normann, 1984), rendendo l’image, se non la realtà, una realtà sociale in cui noi essere umani siamo inseriti. Barich e Kotler (1991) in aggiunta sviluppano un framework il cui risultato è quello di identificare la corporate reputation come una variabile che, unita alla awareness degli stakeholder, va a creare una la corporate image.

Il limite della teorizzazione di Barich e Kotler è proprio quello di non tenere in considerazione che l’immagine corporate può variare da stakeholer a stakeholder e di non approfondire se l’influenza esistente tra reputazione e immagine sia unidirezionale (reputazioneimmagine) o bidirezionale (reputazioneimmagine).

Quest’ultimo scenario è stato invece approfondito dalla terza interpretazione della differentiated school, in cui appunto la reputazione è vista come un insieme organico delle varie immagini appartenenti ai molteplici stakeholder dell’azienda. La corporate reputation viene quindi definita come “il riflesso di un’organizzazione sviluppato nel tempo, visto attraverso gli occhi dei propri stakeholder e espresso tramite le loro parole e i loro pensieri” (Saxton, 1998). Fombrun (1996) si spinge ancora oltre, andando ad individuare delle specifiche peculiarità che definiscono la corporate reputation:

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5 • Qualità cognitiva che caratterizza un’azienda nel panorama competitivo in

cui opera;

• Combinazione di giudizi relativi a criteri economici e sociali, diversi a seconda dei vari stakeholder, sul presente e futuro dell’azienda in questione;

• Attrazione dell’azienda nei confronti dei vari stakeholder.

Questo elaborato prenderà come punto di partenza quest’ultima interpretazione, in quanto si ritiene che la reputazione sia un asset che viene costruito nel tempo, come sommatoria di tutte quelle immagini che i vari stakeholder percepiscono dell’azienda stessa. Naturalmente anche la reputazione può modificarsi, ma il processo richiede una tempistica più ampia rispetto a quello della modifica dell’immagine. Adesso che si hanno tutti i tasselli del puzzle è possibile identificare la figura finale, ovvero individuare la corporate reputation come una valutazione complessiva costruita nel tempo dai vari stakeholder. Questa si basa sulle esperienze dirette e comunicazioni che forniscono informazioni riguardanti le azioni intraprese dall’azienda e sul confronto tra queste ultime e le attività dei competitor.

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2 CORPORATE IDENTITY COME PREMESSA PER UNA SOLIDA

REPUTAZIONE

Una volta definita la reputazione è necessario capire come questa si relazioni con l’identità, con i valori che l’azienda esprime e la cultura di cui è permeata. Soprattutto oggi c’è la necessità da parte delle aziende di comunicare in modo trasparente e diretto i propri valori e le proprie fondamenta, in un mondo che richiede sempre più chiarezza e verità. Il nuovo consumatore è sempre più bisognoso di verità, dato anche il proliferare di informazioni false e una diffusa assenza sul controllo delle veridicità delle fonti. Per questo l’azienda deve sviluppare coerentemente una reputazione che sia figlia anche dei suoi valori, e soprattutto agire secondo le sue convinzioni in modo che ciò avvenga spontaneamente. Questo significa anche integrare i valori all’interno del modello organizzativo dell’azienda, motivare alla partecipazione i dipendenti e agire di conseguenza nell’ambiente esterno. Per quanto riguarda la costruzione dell’identità interna si tratta di sviluppare una sorta di “common world view” in cui i dipendenti siano per primi coloro che costruiscono e alimentano la corporate identity. Si tratta di andare a creare una forte cultura aziendale, che abbia profonde radici nella mission aziendale.

Secondo Schein (1984) la cultura aziendale è analizzabile a 3 livelli: il primo è quello più facilmente modificabile, essendone la manifestazione più superficiale. Questo livello concerne infatti le strutture, il dress code degli impiegati, il loro comportamento e il lodo dell’azienda. Dato che questi elementi sono immediatamente visibili sono soggetti ad un costante monitoraggio e, nel caso si riscontrino delle discrepanze tra i valori aziendali e quelli dei dipendenti, sarà necessario passare al livello successivo, ovvero andare a indagare proprio questi ultimi tramite interviste dirette, le quali hanno il difetto di andare a individuare dei concetti razionalizzati dai soggetti. Ed è proprio in questa fase che subentra il terzo livello, ovvero andare a ricercare assunti inconsci, le vere convinzioni dei dipendenti. Un metodo spesso utilizzato è l’etnografia dei dipendenti, che permette di indagare i 5 elementi suggeriti da Schein (1984):

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7 (i) Relazione dell’azienda con l’ambiente esterno;

(ii) La sua visione sul decision making; (iii) Natura della personalità dei dipendenti;

(iv) Assunzione del codice di comportamento all’interno della corporate; (v) Relazioni tra i dipendenti.

Tramite l’analisi di questi elementi è possibile identificare il perché una cultura sia considerata solida o mancante a seconda delle situazioni.

Quindi per riuscire ad avere una cultura solida è necessario avere una comunicazione chiara e trasparente e i dipendenti dovrebbero essere i primi sponsor dei valori e dell’identità aziendale: in questo modo non si va altro che a facilitare l’interesse dei consumatori verso il mondo aziendale. Questo porta a sviluppare una buona impression dell’azienda, che può trasformarsi successivamente in fiducia e buona reputazione nel momento in cui i valori dell’azienda sono coerenti con il prodotto o il servizio immesso sul mercato. Naturalmente non solo i consumatori devono essere coinvolti in questa operazione di condivisione di vision, mission e valori, ma anche tutti gli stakeholder che gravitano intorno all’azienda, sia interni (i dipendenti come già indicato in precedenza) che esterni (governo, cittadini, azionisti, fornitori). Questo è possibile adottando un approccio di corporate branding che sia coerente con la corporate identity, la quale lega sia la comunicazione aziendale relativa alla pubblicità e alle specifiche di prodotto sia le interazioni tra staff e stakeholder.

2.1 Le componenti della Corporate Identity

Questa concatenazione virtuosa che si instaura (forte corporate vision e

missiondipendenti ingaggiatibuona impressione su

stakeholderfiduciasolida reputazione) è portatrice sicuramente di un vantaggio per l’azienda, quello competitivo. Se per i competitor può essere possibile andare a emulare il prodotto o il servizio che l’azienda propone, imitarne la reputazione risulta impossibile. L’azienda quindi sviluppando una

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8 forte corporate reputation andrebbe a dotarsi di un asset invisibile, e inimitabile, che la differenzia immediatamente dalle proprie competitor. Ma quali sono gli effettivi step da prendere in considerazione per trasformare una forte identità aziendale in una forte corporate reputation? Il grafico sottostante (Grafico 1) mostra quali sono le componenti della corporate identity, sulle quali il management deve appunto agire per renderla solida.

BRAND VISION BRAND CULTURE PERSONALITA’ POSIZIONAMENTO Relazioni con dipendente – dipendente dipendente – consumatore dipendente – altri stakeholder

Presentazione: riflette aspirazioni stakeholder CORPORATE IDENTITY Grafico 1 Corporate Identity

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2.1.1 Brand Vision

L’azienda, nel momento della sua nascita, deve necessariamente avere una forte e definita vision che le permetta di indicare la direzione dei propri passi nel futuro. Per questo, per il management sarà necessario andare a indagare preventivamente l’ambiente competitivo per un periodo di circa 5 anni, in modo da averne una conoscenza approfondita.

2.1.2 Brand Culture

Una volta che si è definita la vision e la direzione aziendale, il passo successivo è quello di andare ad individuare la cultura aziendale, distinguendo tra quelli che sono i valori fondanti dell’azienda, immutati nel tempo, e quelli “passeggeri”. Andare a sottoporre ad un processo di indagine la cultura aziendale significa soprattutto trovare la chiave di volta per poter andare a raggiungere la vision prefissata; all’inizio erano chiari l’obiettivo e la direzione, adesso lo è anche il modo in cui l’azienda potrà raggiungerli. Nonostante ciò, la vision, nata dal fondatore dell’azienda, deve essere condivisa anche, ma non solo, dagli stakeholder interni, i quali hanno la responsabilità di alimentarla e consolidarla.

2.1.3 Brand Positioning

L’azienda, con una chiara vision e una forte corporate culture condivisa, dovrà scegliere il proprio posizionamento, in maniera tale che sia coerente con quanto visto precedentemente. Soprattutto, in questa operazione, dovrà cercare di veicolare i suoi valori in modo da differenziarsi dagli altri competitors, distinguendosi da loro, indicando ai vari stakeholder ciò l’azienda può proporre e offrire loro. Naturalmente è sempre opportuno andare a monitorare il posizionamento nell’ambiente competitivo, e modificarlo se non collima con quello desiderato.

2.1.4 Brand Personality

Sviluppare una personalità coerente può aiutare i vari stakeholder nel momento della ricerca delle informazioni riguardanti l’azienda; può inoltre fungere da facilitatore nel riconoscere i valori e la cultura aziendale. Il ruolo dei media in

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10 questo processo è fondamentale, i quali veicolano proprio la personalità aziendale verso tutti gli stakeholder, preminentemente quelli esterni.

2.1.4 Relazioni tra stakehoder

Una volta definite vision, cultura, posizionamento e personalità, si sviluppa la relazione tra azienda e stakeholder, che non dovrà essere in alcun modo passiva (stakeholderazienda). I dipendenti qui giocano un ruolo fondamentale, essendo coloro che materialmente rappresentano l’azienda: essi sono responsabili di coltivare le relazioni sia con i vari portatori d’interesse sia tra loro stessi (relazioni previamente definite dall’azienda). Coltivare le relazioni significa adattarle sia all’ambiente in cui si sviluppano sia monitorarle e evolverle nel tempo, nel momento in cui i cambiamenti del mercato lo richiedono.

2.1.5 Presentazione del Brand

Nella presentazione della propria azienda verso gli stakeholder è necessario prestare molta attenzione. Spesso le aziende tendono a plasmarsi a seconda delle caratteristiche che lo stakeholder presenta, facendo leva su quelle per vincerne l’interesse. Niente di più errato: l’azienda deve sicuramente capire come rendere appealing la sua identità, ma sempre nel rispetto dei suoi valori e cultura. Deve inoltre andare a conoscere i propri interlocutori e identificare una sorta di personas che funga da simbolo per una determinata categoria di stakeholder.

2.2 Reputazione e Identità

L’inserimento della reputazione in questo framework (Grafico 2) è una conseguenza naturale: l’azienda che ha seguito tutti gli step del modello presenta solidi valori che hanno originato la sua vision, forte cultura aziendale, forte posizionamento, personalità attraente e una dedizione a mantenere relazione tra i vari stakeholder. Questo non può portare ad altro che ad una forte reputazione all’interno del panorama competitivo, asset appunto intangibile che permette all’azienda di ottenere un vantaggio competitivo rispetto agli altri player.

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11 BRAND VISION BRAND CULTURE PERSONALITA’ POSIZIONAMENTO Relazioni con dipendente – dipendente dipendente – consumatore dipendente – altri stakeholder

Presentazione: riflette aspirazioni stakeholder CORPORATE IDENTITY REPUTA Z ION E Grafico 2

Corporate Identity e Corporate Reputation

Fonte: De Chematony Leslie (1999), Journal of Marketing Management, pp. 171 Journal of Marketing Management

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3 UN PUZZLE CHIAMATO REPUTAZIONE

All’interno dell’ambiente competitivo in cui l’azienda opera c’è una continua lotta per avere la reputazione migliore. Questo costrutto viene definito soprattutto in base a ciò che tutti gli stakeholder recepiscono dall’azienda stessa, dai media o dalle società di ranking. Il pubblico mantiene e diffonde solo le informazioni che ritiene importanti, e queste, dando vita ad un giudizio collettivo, si cristallizzano, andando a dare vita a classifiche reputazionali, in cui l’azienda può assumere una posizione diversa anche a seconda della reputazione che già la contraddistingue. Nel momento in cui un’azienda va a stimare e quindi valutare la reputazione in modo da proteggerla, ci saranno sicuramente delle limitazioni da parte del top management nell’accettazione del livello di rischio che alcune iniziative possono portare. A ben vedere questo è un grande limite, in quanto preclude all’azienda la possibilità di arricchire la propria reputazione con interventi e azioni sì rischiose, ma potenzialmente costruttive per la corporate reputation. Evitando potenziali upgrade della reputazione per timore di intaccarla si va a scegliere un percorso conservativo, andando a rinunciare all’innovazione, che il Reputation Institute reputa come una variabile fondamentale per essere ai vertici della classifica RepTrak®.

È comunque oltremodo vero che il basarsi solo su queste classifiche (un altro esempio è la classifica Fortune) può dare una visione distorta al top management sulle opportunità ed i rischi che si possono riscontrare nell’ambiente e successivamente può andare ad inficiare le azioni future dell’azienda.

In genere l’azienda si interfaccia sempre con una moltitudine di stakeholder, i quali si formano un giudizio differente basato su diversi aspetti: la reputazione di un’azienda non è altro quindi che l’abilità di soddisfare le aspettative dei vari portatori d’interesse. Il problema esiste nel momento in cui c’è un’asimmetria informativa all’interno del rapporto azienda-stakeholder, che spinge questi ultimi alla ricerca di informazioni all’interno del mercato.

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13 Nel grafico sottostante (Grafico 3) è presentato un modello che visualizza come la reputazione si va a formare in condizioni di informazioni incomplete in possesso degli stakeholder.

Il Grafico 3 mostra come i giudizi degli stakeholder sulla reputazione si vanno a formare in un lasso di tempo molto ampio; l’azienda può beneficiare da ciò grazie alla condivisione con il suo vario pubblico di come ha risolto le

Grafico 3

La formazione della reputazione nel caso di informazioni incomplete

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14 ambivalenze informative del passato e quali step saranno messi in atto per il futuro. Questo serve anche per rendere il management cosciente che l’azienda compete per avere la migliore reputazione in un ambiente caratterizzato dalla parzialità di informazioni.

3.1 Le fonti della reputazione

Secondo Fombrun e Shanley (1990) le fonti da cui gli stakeholder aziendali vanno a recepire informazioni riguardanti l’azienda sono le seguenti:

• Mercato • Bilanci • Istituzioni

• Segnali strategici

3.1.1 Mercato

Il mercato fornisce segnali riguardanti le attività correnti, i risultati e i prospetti per il futuro. Tutti questi dati vengono incorporati all’interno delle decisioni di creditori e analisti esterni, che andranno a influenzare le loro operazioni. Naturalmente molto influenti risultano anche il rischio e le performance di mercato. Secondo Klein e Leffler (1981) le aziende che praticano una politica di premium price su prodotti di alta qualità riescono a mantenere e fidelizzare i propri consumatori tramite ingenti investimenti in pubblicità e beneficienza, soprattutto nel particolare caso in cui il bene sia un experience goods, ovvero un bene i cui benefici possono essere sperimentati solo dopo l’acquisto e l’uso. Esattamente come un alto prezzo in genere è un indicatore di alta qualità del prodotto che si sta acquistando, alte performance economiche segnalano una alta qualità dei rapporti tra azienda e investitori e creditori. Aziende quindi con alte performance e basso rischio di mercato provano agli stakeholder quanto le strategie messe in atto e i prospetti per il futuro possano essere affidabili, e che l’azienda stessa sia meritevole di fiducia. Proprio per verificare quanto detto sopra, sono state formulate 2 ipotesi:

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15 Ipotesi 1: Migliore è la performance di un’azienda sul mercato, migliore è la sua reputazione;

Ipotesi 2: Più la performance dell’azienda risulta rischiosa, peggiore è la sua reputazione.

Un altro aspetto che riguarda il mercato è rappresentato dalla politica dei dividendi messa in pratica da parte dell’azienda, nonostante questo sia un indicatore abbastanza fuorviante. Alcuni infatti potrebbero interpretarlo come un segno di una migliore performance rispetto ai competitors e quindi di una quantità maggiore di utili da distribuire. Per altri invece, potrebbe essere un segnale della scarsa capacità da parte del management di attrarre nuovi investimenti e quindi andare a mettere in discussione l’apporto di cash flow entrante in azienda. Questo si riflette sullo stock price aziendale all’interno del mercato, più alto nel primo caso, più basso nel secondo. In più la politica dei dividendi può essere vista come un indicatore della visione sulla quale l’azienda basa le sue azioni, se di breve o di lungo periodo. Ross e Westerfield (1988) affermano che le imprese che hanno una visione più orientata al lungo periodo offrono solitamente bassi tassi di rendimento azionario, perciò è possibile andare a validare questa affermazione con la seguente ipotesi:

Ipotesi 3: Maggiore è il tasso di rendimento azionario, peggiore è la reputazione aziendale.

3.1.2 Bilancio

Le informazioni che si possono ottenere tramite il bilancio sono gli indicatori più lampanti delle performance aziendali, segnalando sia i risultati relativi a azioni intraprese nel passato sia le allocazioni attuali ad opera del management. Anche in questo caso possono essere formulate altre due ipotesi che dovranno essere testate per verificarne la veridicità:

Ipotesi 4: Maggiori sono i profitti che emergono dal bilancio, migliore è la reputazione dell’azienda;

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16 Ipotesi 5: Più la performance dell’azienda è inficiabile dai rischi di mercato, più la reputazione sarà peggiore.

3.1.3 Istituzioni

Anche le istituzioni giocano un ruolo fondamentale nella costruzione della corporate reputation: per esempio è stato riscontrato nelle aziende con un alta quota di capitale detenuta dallo stato un minore investimento in ricerca e sviluppo. Nonostante ciò la reputazione delle aziende le cui quote sono in possesso in gran parte delle istituzioni si attestano su livelli reputazionali molto alti, dando per scontato che l’analisi da parte degli analisti porti ad una decisione ben ponderata, perciò è possibile giungere alla sesta ipotesi, ovvero:

Ipotesi 6: Maggiore è la concentrazione di quote di un’azienda in mano alle istituzioni, migliore è la reputazione.

Un altro elemento che può contribuire o meno alla costruzione della reputazione è la corporate social responsability (CSR) dell’azienda. Questo elemento ingloba tutte le azioni e le reazioni dell’azienda all’interno dell’ambiente in cui opera, incorporando anche la sua posizione nei confronti di problematiche non economiche. Si tratta di sviluppare rapporti con l’ambiente sociale, come ad esempio la comunità che vive sul territorio in cui l’azienda opera, e anche con quello politico, il quale può influire sulla capacità di agire dell’azienda stessa. Per instaurare, sviluppare e mantenere la relazione con la prima tipologia d’ambiente, gli step possono essere molteplici: sostegno a campagne di beneficienza, creazione di prodotti a basso impatto ambientale e pari opportunità nel processo occupazionale. Queste azioni messe in pratica dall’azienda hanno il pregio di aumentare la fiducia sia degli stakeholder interni, come i dipendenti, sia di tutti gli altri soggetti che hanno un qualche interesse verso l’azienda, sia esso volontario o relativo a cause legate al territorio, come ad esempio i cittadini che condividono lo stesso luogo d’abitazione. Qui l’ipotesi che lega le operazioni di CSR alla reputazione dell’azienda è la seguente:

Ipotesi 7: Più l’azienda mette in pratica iniziative legate alla CSR, migliore sarà la sua reputazione.

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17 Anche i media giocano un ruolo importante nel panorama istituzionale, non solo nel diffondere le notizie riguardanti l’azienda, ma anche nel plasmarle in editoriali e approfondimenti. Il pubblico inoltre tende a conferire una maggiore importanza a ciò che acquisisce grande risonanza all’interno dell’ambiente. Naturalmente sia le informazioni diffuse da mass media e media specializzati vanno a contribuire al processo di costruzione della reputazione e da questo si evince che se l’azienda è portata (spesso) alle luci della ribalta per elementi positivi e non negativi, è molto probabile che il pubblico generi un giudizio positivo su di essa. Da questo derivano le seguenti ipotesi:

Ipotesi 8: Maggiore è la visibilità data dai media ad un’azienda, migliore sarà la reputazione dell’azienda stessa;

Ipotesi 9: Maggiore sarà il numero di notizie non negative riferite all’azienda, migliore sarà la sua reputazione;

Ipotesi 10: Visibilità e news non negative hanno un effetto positivo e interattivo con la reputazione aziendale.

3.1.4 Segnali Strategici

La dimensione aziendale risulta anch’essa una delle variabili soggette ad avere un’influenza sulla reputazione e sulla media coverage dell’azienda, in quanto le cosiddette LSE (Large Scale Enterprises) hanno una maggiore risonanza all’interno dei media, e generano sicuramente più news. Detto ciò l’ipotesi da testare è la seguente:

Ipotesi 11: Maggiore è la dimensione dell’azienda, migliore sarà la sua reputazione.

Sicuramente un tassello fondamentale nella creazione di una buona reputazione risulta essere la differenziazione, step necessario per le aziende che vogliono andare a distinguersi dai competitors all’interno dell’ambiente in cui operano. Per l’azienda avere una ben definita strategia di differenziazione significa posizionarsi chiaramente nella mente dei consumatori e di tutti gli altri stakeholder, e soprattutto, andare a ridurre drasticamente il quantitativo di

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18 informazioni ricercato da questi stessi soggetti sull’azienda. Altri benefici derivanti da una chiara differenziazione sono alte barriere all’entrata nel caso di entrata di nuovi competitors all’interno del mercato e una regolarizzazione del flusso di prodotti immessi all’interno del mercato, stabilizzando le vendite. Naturalmente il processo di differenziazione rimarrebbe nascosto ai vari stakeholder se non fosse esternato grazie alla pubblicità, che rende palese le azioni dell’azienda. Ne consegue che l’ipotesi che da testare sia la seguente: Ipotesi 12: Maggiore è l’intensità pubblicitaria dell’azienda, migliore sarà la sua reputazione.

L’azienda può anche scegliere di andare a diversificare il proprio portfolio, riducendone così il rischio. Quello che è necessario ricordare è che deve comunque esistere un fil rouge che lega tutti i prodotti realizzati dall’azienda, andando a evitare quindi il rischio di una “diversificazione selvaggia” e incoerente. Ecco che si giunge allo sviluppo dell’ipotesi tredici:

Ipotesi 13: Maggiore è la diversificazione incoerente all’interno dell’azienda, peggiore sarà la sua reputazione.

Le conseguenze di una “diversificazione selvaggia” si traducono in una maggiore difficoltà da parte degli stakeholder nel valutare l’azienda e in una riduzione della credibilità di quest’ultima. È possibile quindi andare a formulare l’ultima ipotesi da testare:

Ipotesi 14: Le determinanti della reputazione risultano più variabili nel caso di una diversificazione incoerente rispetto ad una coerente.

3.2 Test delle ipotesi

Le ipotesi che sono state formulate e che dovranno essere soggette a test sono le seguenti:

• Ipotesi 1: Migliore è la performance di un’azienda sul mercato, migliore è la sua reputazione;

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19 • Ipotesi 2: Più la performance dell’azienda risulta rischiosa, peggiore è la

sua reputazione;

• Ipotesi 3: Maggiore è il tasso di rendimento azionario, peggiore è la reputazione aziendale;

• Ipotesi 4: Maggiori sono i profitti che emergono dal bilancio, migliore è la reputazione dell’azienda;

• Ipotesi 5: Più la performance dell’azienda è inficiabile dai rischi di mercato, più la reputazione sarà peggiore;

• Ipotesi 6: Maggiore è la concentrazione di quote di un’azienda in mano alle istituzioni, migliore è la reputazione;

• Ipotesi 7: Più l’azienda mette in pratica iniziative legate alla CSR, migliore sarà la sua reputazione;

• Ipotesi 8: Maggiore è la visibilità data dai media ad un’azienda, migliore sarà la reputazione dell’azienda stessa;

• Ipotesi 9: Maggiore sarà il numero di notizie non negative riferite all’azienda, migliore sarà la sua reputazione;

• Ipotesi 10: Visibilità e news non negative hanno un effetto positivo e interattivo con la reputazione aziendale;

• Ipotesi 11: Maggiore è la dimensione dell’azienda, migliore sarà la sua reputazione;

• Ipotesi 12: Maggiore è l’intensità pubblicitaria dell’azienda, migliore sarà la sua reputazione;

• Ipotesi 13: Maggiore è la diversificazione incoerente all’interno dell’azienda, peggiore sarà la sua reputazione;

• Ipotesi 14: Le determinanti della reputazione risultano più variabili nel caso di una diversificazione incoerente rispetto ad una coerente.

Il test è stato effettuato su tutte le 292 aziende presente nello studio di Fortune del 1985 circa la reputazione, tramite la somministrazione di un questionario. Alcune aziende sono state eliminate dal campione in quanto non è stato possibile

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20 reperire informazioni dettagliate sul bilancio tramite COMPUSTAT, un tool sviluppato da Standard and Poor’s, ottenendo quindi un panel finale di 269 aziende su cui effettuare il test.

Due sottogruppi sono stati creati rispetto al panel iniziale; tramite l’analisi del t-test è stato riscontrato che tra le aziende facenti parti del sottogruppo 1 e 2 non ci sono differenze significative, ma esistono in relazioni alle dimensioni delle aziende stesse (in termini di vendite e utili). Per verificare la rappresentatività dei sottogruppi sono state usati 3 modelli di regressione utilizzando le seguenti tre variabili:

• Redditività; • Dimensione; • Visibilità.

La variabile dipendente (y) in questa analisi è appunto la corporate reputation, misurata all’interno del questionario somministrato al panel di aziende in una scala da 0 (scarsa) a 10 (eccellente), mentre le altre variabili utilizzate sono:

• Settore: utilizzato per normalizzare i risultati ottenuti in base appunto al settore d’appartenenza;

• Dimensione;

• Performance economica; • Rischio;

• Concentrazione di istituzioni all’interno della proprietà; • Esposizione Mediatica;

• Differenziazione; • Diversificazione.

I risultati delle analisi hanno messo in evidenza come l’ipotesi 4, 5, 11 e 12 siano confermate; come infatti si era ipotizzato la reputazione delle aziende è influenzata positivamente dalla redditività precedente al periodo d’analisi, dall’intensità dell’attività pubblicitaria e dalle dimensioni, mentre molto nocivo risulta il grado di permeabilità dell’azienda al rischio di mercato. Anche le ipotesi

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21 1 e 3 sono state confermate, certificando quindi che un’azienda con una buona performance all’interno del mercato avrà un beneficio in termini di reputazione, mentre alti tassi di rendimento azionario andranno a minare la solidità della corporate reputation stessa. Le ipotesi 6, 7, 13 e 14 sono state reputate anch’esse veritiere: le aziende con un’elevata reputazione presentano a livello proprietario un’alta presenza di figure istituzionali e attuano iniziative legate alla beneficienza, se non addirittura andare a creare vere e proprie fondazioni. Per quanto riguarda l’ipotesi 13 e 14 è stato individuato come attuare un processo di diversificazione non coerente all’interno del portfolio dell’azienda vada a influire negativamente sulla reputazione stessa, e coloro che mettono in pratica questo processo devono comunque fronteggiare un alto tasso di variabilità delle determinanti della reputazione.

Per quanto invece riguarda le ipotesi non avvalorate dal modello, e quindi rifiutate possiamo indicare l’ipotesi 2, 8, 9 e 10: con rifermento al primo assunto scartato la reputazione non viene influenzata dal tasso di rischio delle attività messe in pratica dall’azienda. Per l’ipotesi 8 viene riscontrato addirittura lo scenario opposto, ovvero che una ampia visibilità concessa dai media all’azienda non solo non è sintomo di una buona reputazione, ma addirittura è indicatore del contrario, di una corporate reputation a bassi livelli. Fallito anche il tentativo di validare l’ipotesi 9 e 10, ovvero di andare a confermare che la reputazione beneficia della diffusione delle notizie non negative e che sia notizie positive che elevata visibilità vadano a contribuire allo sviluppo di una forte reputazione aziendale.

Questo studio ha il compito di andare a segnalare al management quali determinanti dovrebbero tenere in considerazione per andare a monitorare l’evolversi della propria reputazione aziendale. È un processo a cascata il quale permette, monitorando questi elementi sopracitati, di andare a correggere la rotta per evitare di andare a danneggiare la reputazione stessa.

(27)

22 Una volta appurato come le determinanti della reputazione vanno appunto a definirla è interessante andare a indagare cosa deriva da una buona corporate reputation, e quindi le conseguenze per l’azienda.

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23

4 REPUTAZIONE COME ASSET, LIVELLO DI AWARENESS E

VALUTAZIONE

Il panorama della corporate reputation ha ricevuto molti contributi come visto sino ad ora. In generale questa produzione si è concentrata sulla reputazione come attività intangibile appartenente all’azienda, ma varie sono state le definizioni teoriche, le quali possono per lo più essere racchiuse in 3 cluster: reputazione come asset, come livello di awarennes e come valutazione.

Nelle produzioni che hanno individuato la reputazione come asset si parla di qualcosa che aggiunge valore all’azienda, declinato nelle varie teorizzazione in valore intangibile, finanziario e economico. Questa accezione riferita alla reputazione sembra focalizzarsi più sulle conseguenze imputabili ad essa piuttosto che ad una reale definizione, in contrapposizione appunto con gli altri due cluster.

La reputazione vista come livello di awareness concerne le percezioni sia degli stakeholder che di tutti gli osservatori dell’azienda, mentre per quanto riguarda reputazione come valutazione si intendono tutte le stime, i giudizi, le opinioni, le convinzioni e il livello di attrattività dell’azienda stessa. Nella trattazione seguente la reputazione sarà presa in considerazione come un asset, quindi un valore aggiunto di cui l’azienda va a beneficiare. Ma considerando la reputazione come valore aggiunto è possibile affermare che sia portatrice di un vantaggio competitivo?

4.1 Corporate reputation e vantaggio competitivo

Secondo Deephouse (2000) sì, è possibile dimostrare come una buona reputazione porti ad un vantaggio competitivo. Egli sviluppa una variante della corporate reputation chiamata media reputation, che permette di inglobare al suo interno come i media valutano l’azienda. La media reputation rappresenta per Deephouse quel tassello mancante che va a rappresentare una risorsa strategica, la quale può andare a dimostrare l’ottenimento da parte dell’azienda di un vantaggio competitivo. Questo implica andare ad approfondire la visione riguardante la corporate reputation basata su competenze e abilità legate

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24 profondamente all’azienda (resource-based view), integrandovi successivamente il fattore comunicazione.

La resource-based view comprende sia risorse come la posizione geografica, la struttura gli equipaggiamenti, sia competenze professionali degli impiegati, dei dipendenti e del team in generale che va a formare l’azienda, senza dimenticare una delle risorse fondamentali, ovvero la fedeltà al brand. Molti sono gli studi che hanno cercato di fare un elenco di quali qualità una risorsa avrebbe dovuto avere per andare a portare beneficio alla reputazione (Barney, 1991; Chi, 1994; Conner, 1991; Dierickx & Cool, 1989; Peteraf, 1993; Reed & DeFillippi, 1990). In questo elaborato verrà preso in considerazione quello di Barney (1991), che individua le qualità che una risorsa deve possedere in rarità, valore, non inimitabilità e non sostituibilità.

Per quanto riguarda invece il fattore comunicazione il focus sarà incentrato sulla comunicazione di massa, o più specificatamente la produzione, la realizzazione e la diffusione di contenuti al pubblico. Ciò che è stato assunto è che i media vadano a individuare la conoscenza e le opinioni da parte del pubblico sull’azienda, e soprattutto che riescano ad influenzare entrambe. Nonostante ci siano delle regole deontologiche relative alla pubblicazione e alla “ricerca e diffusione della verità” da parte dell’ordine dei giornalisti e delle organizzazioni per cui essi lavorano, esistono pressioni a più livelli e provenienti da più fonti che spingono per dare maggiore rilevanza o meno a eventi o notizie riguardanti l’azienda.

Il rilevamento e l’influenza dell’opinione pubblica da parte dei media va sicuramente ad impattare sulla reputazione dell’azienda. La rilevanza concessa all’azienda da parte dei media è sicuramente, secondo Deephouse, un indicatore del giudizio del pubblico sull’azienda nell’arco di un breve periodo (uno o due mesi) dalla data di pubblicazione della notizia. Se invece viene analizzata la relazione tra la copertura mediatica di un’azienda ed il suo indicare le opinioni del pubblico nel lungo periodo si può notare come l’effettuo si attenui notevolmente. È quindi possibile concludere che il rilevamento e l’influenza

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25 della posizione e delle opinioni del pubblico da parte dei media si verificano solo in circoscritti lassi di tempo.

Integrare la media reputation all’interno della resource-based view e della comunicazione è un passo naturale, in quanto come detto precedentemente in questo elaborato, il fornire informazioni da parte dei media permette a tutti gli stakeholder dell’azienda di andare a ridurre l’asimmetria informativa che spesso li caratterizza, e di conseguenza anche l’incertezza. Saranno infatti ora utilizzate le proprietà delle risorse individuate da Barney (1991), rarità, inimitabilità, non sostituibilità e valore, come strumento di analisi per la media reputation.

L’ultima risorsa, il valore, si traduce per l’azienda in un aumento di efficienza e efficacia per l’azienda riguardo al suo modo di operare; la reputazione può agire in questo senso andando a segnalare agli stakeholder il profilo corrente ma soprattutto potenziale dell’azienda rispetto alla tematica occupazionale, sociale, istituzionale. Questo per esempio può portare all’erezioni di barriere all’entrata all’interno del mercato nel caso in cui per esempio l’azienda vada a creare condizioni ottimali per i suoi dipendenti.

L’impossibilità di andare a imitare l’azienda invece è riferita ai costi e agli sforzi che i competitor vanno a sostenere per appunto cercare di emulare l’azienda stessa. La reputazione in questo caso si dimostra un asset che difficilmente si sottopone ad essere imitato dai concorrenti dell’azienda. Il percorso che porta infatti allo sviluppo della corporate reputation si articola su un arco temporale molto lungo, a cui inoltre partecipano molti stakeholder, essendo più che una costruzione unilaterale, un do ut des continuo. Spesse volte si possono verificare anche delle condizioni in cui l’azienda va a beneficiare di un evento non previsto e riportato dai media, alcune può accadere anche il contrario. La volontà di andare a imitare questo asset è quindi priva di fondamenta, e rappresenta per l’azienda un enorme beneficio.

Un’altra proprietà delle risorse è la non sostituibilità, che si relaziona all’esistenza di risorse alternative che possano far implementare all’azienda le stesse strategie. Secondo Barney (1991) la reputazione può essere vista come un

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26 forte legame che unisce l’azienda e tutti gli stakeholder; questo è molto più che un semplice contratto a lungo periodo, in quanto concerne anche la fiducia e la fedeltà investita nell’azienda. Può accadere lo stesso per un prodotto: se comparati due prodotti possono offrire le stesse garanzie, ma solo uno avrà una maggiore affidabilità. Perciò sì, la reputazione va ad aggiungere valore all’azienda in un modo tale da non poter essere sostituita da nessun asset.

Ultima proprietà, ma non per importanza è la rarità. Questa caratteristica concerne la scarsità riguardo la disponibilità della risorsa, tanto da rendere difficile, se non impossibile, l’appropriazione ad un’altra azienda. Di tutte le proprietà questa risulta essere anche la più difficoltosa da valutare, in quanto attinente alla unicità del percorso formativo appunto che riguarda una reputazione oppure un’altra.

È possibile concludere quindi che la reputazione aziendale è sicuramente portatrice di un vantaggio competitivo grazie proprio al valore che apportano le sue proprietà sopracitate. In più è anche da sottolineare come i media, e quindi la media reputation vadano a giocare un ruolo fondamentale all’interno della costruzione della corporate reputation stessa nella diffusione di informazioni che concernono l’azienda.

4.2 Corporate reputation e benefici economici

Interessante a questo punto è indagare la correlazione fra la reputazione e l’acquisizione di maggiore valore all’interno dell’ambiente competitivo, con un particolare focus sul beneficio economico, sia esso in termini di minor rischio che in termini performance finanziarie o entrambi.

K.T. Smith et al. (2010), per andare ad indagare questa correlazione, formulano le seguenti ipotesi:

1. Aziende con una reputazione positiva hanno un più alto valore di equity; 2. Aziende con una reputazione positiva hanno una performance finanziaria

superiore;

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27 Le 542 aziende che fanno parte del campione sono tutte appartenenti alla lista America’s Most Admired Companies, precisamente all’edizione del 2005, pubblicata annualmente dalla rivista Fortune. Per testare la prima ipotesi è stato utilizzato il modello sviluppato da Ohlson (1995), che analizza le aziende in base ad un trend triennale. I risultati mostrano, per quanto concerne la prima ipotesi, che una reputazione positiva porta l’azienda a beneficiare di un incremento di valore rispetto ai suoi competitor. L’output della ricerca conferma anche l’ipotesi 2 e 3, confermando sia migliori performance finanziarie (maggiore margine di profitto e elevata efficienza) sia il minor rischio (basso costo del capitale).

4.3 Creazione di valore e CSR: un forte legame

Adesso che sono state vagliate le conseguenze di una buona reputazione sull’azienda, è possibile andare ad analizzare come questa creazione di valore si va a legare alla Corporate Social Responsability.

La Corporate Social Responsability (o CSR) riguarda le pratiche di business che aderiscono a valori etici, che dimostrano rispetto per gli individui e che promuovono un miglioramento a livello di comunità e ambiente (Greenberg e Baron, 2008). Questo va a significare un rapporto azienda – stakeholder basato su principi etici, in cui la relazione creata non sia nociva per nessuna delle parti. Al suo minimo livello la CSR può andare ad identificare l’aderenza dell’azienda alle norme stabilite dalla legge, ma non è certo questo l’obiettivo principale della Corporate Social Responsability, sebbene ne sia il prerequisito fondamentale. L’azienda agendo con principi etici nella relazione con gli stakeholder va a creare delle migliori condizioni per questi ultimi, realizzando un rapporto win-win; questo viene esteso anche alla comunità in cui l’azienda opera e all’ambiente stesso.

Questa relazione ha permesso il passaggio da una obsoleta concezione di creazione di valore per gli stakeholder (spesso definita solo a livello economico) ad una che abbracci più ambiti, quali ambiente fisico, politico e sociale. C’è sempre una maggiore attenzione da parte delle aziende nell’andare a ricercare una sorta di continuità nello sviluppo e nella crescita all’interno del mercato.

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28 L’operatività dell’aziende che appunto integrano il CSR all’interno della loro strategia per la creazione di valore va ad eleggere come obiettivo sia la soddisfazione dei bisogni dei clienti e la soddisfazione delle aspettative dei vari stakeholder in generale sia la creazione e la protezione di un ambiente favorevole ai dipendenti, sia l’operare responsabilmente all’interno dell’ambiente. Questo impegno si riflette anche nell’adozione di un sistema di valori e comportamenti etici, legato ad una comunicazione ad hoc che enfatizzi l’impegno profuso e i risultati raggiunti. Tutto ciò è preso in considerazione dall’analisi RepTrak®, uno strumento sviluppato dal Reputation Institute il quale compito è l’analisi della reputazione aziendale.

(34)

29

5 REPUTATION INSTITUTE E REPTRAK® SYSTEM: MISURARE

LA REPUTAZIONE

È stato dimostrato quindi quanto la reputazione sia un asset prezioso per le aziende, non solo nell’ottenimento di un beneficio economico, ma soprattutto nell’andare a instaurare relazioni durature con i propri stakeholder. Ed è in questo panorama che si inserisce il RepTrak® System, uno strumento sviluppato dal Reputation Institute.

Il Reputation Institute è un’istituzione mondiale per quanto attiene la ricerca e la consulenza sulla reputazione, la cui fondazione è avvenuta nel 1997 ad opera di Charles Fombrun e Cees van Riel. Lo sviluppo del framework RepTrak® è dovuto proprio a Fombrun, il quale obiettivo era appunto di realizzare uno strumento che avesse il compito di andare a misurare la reputazione delle aziende a livello mondiale. I numeri del database relativi alle analisi effettuate dal RepTrak® sono i seguenti:

• 15 tipologie di stakeholder trattati; • Più di 25 settori analizzati;

• Più di 7000 aziende in 40 diverse nazioni.

La produzione e la definizione di tool da parte del Reputation Institute inizia nel 2000 con il Reputation Quotation (RQ), una scala a 6 dimensioni formata da 20 attributi, che cinque anni dopo, va ad evolversi in una prima versione di RepTrak® System, il RepTrak® Pulse, basato inizialmente su quattro elementi, il quale compito era quello di andare creare una misura per l’attaccamento emotivo del pubblico alle persone all’azienda sottoposta ad analisi.

Nel 2006 si giunge alla definizione del completo RepTrak® System, il quale permette non solo di registrare l’attaccamento emotivo del pubblico verso l’azienda, ma consente anche una comprensione più profonda riguardo gli elementi che vanno a determinare la reputazione stessa.

Il vero punto di svolta del RepTrak® System è proprio di andare a definire una misura analitica valida e affidabile che va a rendere la reputazione una variabile

(35)

30 Grafico 4

RepTrak® Pulse

Fonte: www.reputationinstitute.com

misurabile e certificabile tramite alcuni KPI, e perciò anche migliorabile. Grazie a ciò è possibile considerare una leva di business su cui agire per andare a migliorare la propria performance, lasciando quindi la strada in cui la reputazione era individuata come qualcosa di esterno, relativo sì alle azioni messe in pratica dall’azienda stessa ma di formazione esterna, in cui l’impresa interpretava un ruolo più di spettatrice che di fautrice. Per questo il RepTrak® System porta un’innovazione, perché è sicuramente un indice sintetico di come l’azienda ha lavorato in passato, ma pone anche un focus importante sui cambiamenti che possono essere messi in atto per migliorare la performance aziendale.

Il RepTrak® System, nello strumento del RepTrak® Pulse, ha quindi la capacità di assegnare uno score totale all’azienda, il quale è scindibile in un set di 7 dimensioni (Grafico 4), le quali sono state appunto testate per dimostrarne la validità. Ciò va a vantaggio soprattutto del management nel momento in cui deve affrontare la spinosa questione dello stakeholder management: si tratta di mandare ad ogni stakeholder i segnali giusti e personalizzati, per andare a

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31 influenzare la percezione che questi hanno dell’azienda. Inoltre, in aggiunta all’individuazione delle dimensioni tramite le quali andare a valutare analiticamente un’azienda, il RepTrak® va ad individuare le diverse casistiche di comportamenti a supporto dell’azienda, come mostra il Grafico 4.

Per andare a influenzare le percezioni degli stakeholder, le quali potranno andare a definire vari livelli di supporto, sarà necessario andare a porre attenzione alla possibilità di controllare anche i messaggi che vengono trasmessi anche da altri canali. Questo è l’obiettivo dello stakeholder management, quello di andare ad allineare quello che l’azienda vorrebbe fosse percepito di sé stessa a quello che effettivamente viene percepito dai tanti portatori d’interesse. Il problema che viene individuato all’interno di questo processo è la diversa reazione che i vari stakeholder hanno nei confronti dei diversi segnali, ovvero ogni stakeholder risponde in maniera differente a determinati stimoli. Questo va a rendere molto difficile la formazione di un unico framework per inquadrare la reputazione aziendale, essendo i portatori d’interesse molteplici.

Per far fronte a questa problematica sono state sviluppate e validate le 7 dimensioni del RepTrak®, le quali sono applicabili indistintamente a industrie, Paesi e al management dei diversi stakeholder.

In definitiva l’output del RepTrak® si traduce a livello pratico nella realizzazione di classifiche (sia per Paese, es. Italy Reptrak®2016, sia a livello globale che per settore) in cui alle aziende viene assegnato uno score formato da punteggi relativi alle 7 dimensioni.

5.1 Le sette dimensioni del RepTrak®

Inizialmente è necessario andare ad effettuare una distinzione fra giudizi espressi secondo una conoscenza generica o secondo una specifica dimensione riguardante l’azienda in questione. Esistono infatti tre importanti teorizzazioni secondo Lange et al. (2011):

• essere conosciuti;

(37)

32 • avere un atteggiamento generalmente favorevole.

La prima e la terza casistica fanno rifermento ad una conoscenza molto generica e sicuramente non specifica quanto la seconda. In particolare la differenza fra essere riconosciuti riguardo a qualcosa di concreto e essere generalmente favorevole è che quest’ultima fa riferimento all’approccio del soggetto, mentre la prima è relativa alle aspettative di questo stesso soggetto nei riguardi di un particolare risultato dell’azienda. Questo si lega anche alla distinzione tra la reputazione dell’azienda nella sua totalità e quella relativa ad una specifica dimensione. Per andare quindi ad individuare delle dimensioni che potessero essere il più universali possibili sono state condotte interviste con manager della reputazione, comunicazione, marketing ed anche con vari dipartimenti delle risorse umane, a cui si sono aggiunti anche focus group di consumatori per andare a completare le rilevazioni. Saranno ora presentate le sette dimensioni del RepTrak®, frutto delle sopracitate indagini.

5.1.1 Prodotti/Servizi

Questa dimensione è la prima individuata in quanto la maggioranza degli stakeholder conoscono l’azienda proprio grazie ai prodotti e servizi immessi sul mercato. Questo comporta una sovrapposizione delle percezioni riguardanti il prodotto/servizio con la percezione riguardante l’azienda in generale, in quanto gli stakeholder e soprattutto i consumatori, tendono a sviluppare giudizi sull’azienda sulla base dei prodotti e/o servizi, ed in particolare sulla loro qualità, il loro prezzo e il loro valore percepito.

Questa dimensione del RepTrak® in conclusione è incentrata sulle percezioni dell’output dell’azienda, e soprattutto se questo possa essere di alta qualità, di valore e con un elevato livello di servizi, senza tralasciare la capacità di andare a incontrare e soddisfare i bisogni dei consumatori.

5.1.2 Innovazione

L’innovazione è riferita alla spinta propulsiva dell’azienda nel realizzare qualcosa di nuovo o comunque di differente da tutto ciò che è presente sul mercato. Questo genera negli stakeholder un moto di rispetto e ammirazione per

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33 l’azienda innovatrice e di questo beneficia naturalmente la reputazione. È necessario però che ci sia un piano di comunicazione ad hoc per le iniziative intraprese dall’azienda nell’ambito della ricerca e sviluppo, proprio per aumentare l’awareness dei confronti delle proprie azioni. L’adattamento ad un ambiente in continua e rapida evoluzione, il lancio di nuovi prodotti e lo sviluppo di nuove idee permettono all’azienda di accumulare rispetto e ammirazione e quindi ad elevare la propria reputazione.

La dimensione individuata dal RepTrak® riguarda il giudizio degli stakeholder sul grado di innovazione e la capacità di adattamento di un’azienda all’interno dell’ambiente competitivo.

5.1.3 Ambiente di Lavoro

L’ambiente di lavoro risulta un elemento a cui gli stakeholder prestano grande attenzione, valutando positivamente le aziende che hanno investito in tal senso. Se nell’azienda si viene a creare un buon ambiente di lavoro, il tasso di turn over dei dipendenti diminuisce drasticamente. Una diretta conseguenza di ciò è l’innalzamento del livello di committment dei dipendenti stessi, e quindi lo sviluppo della cosiddetta “common world view”, in cui c’è una perfetta integrazione fra azienda e dipendenti.

Sviluppare un buon ambiente di lavoro è fondamentale anche per andare ad attrare i talenti presenti sul mercato, in modo da fornire sempre linfa nuova all’organico aziendale.

In definitiva la dimensione sviluppata dal RepTrak® fa riferimento alla percezione da parte degli stakeholder dell’impegno che l’azienda impiega nel mantenere un’ambiente in cui sia curato il benessere psico-fisico dei dipendenti, siano trattati equamente e in cui ci sia un adeguato corrispettivo economico per le mansioni svolte.

5.1.4 Governace

Per capire questa dimensione è necessario andare prima a analizzarla sotto il profilo definitorio: “Strutture, processi e istituzioni sia all’interno che all’esterno dell’azienda i quali allocano il potere ed il controllo delle risorse fra i vari

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34 stakeholder” (Davis 2005). Questa dimensione risulta ad oggi fondamentale dato l’alto numero di portatori d’interesse che gravitano intorno e all’interno dell’azienda. Il quadro è reso ancora più complicato nella fattispecie delle LSE, in particolare delle aziende multinazionali, in cui strutture, processi e relazioni risultano molto più complicati da gestire. Per queste motivazioni la Governance risulta una dimensione che ha acquisito sempre maggior importanza all’interno dell’ambiente competitivo.

Le informazioni riguardanti la governance a cui gli stakeholder sono esposti sono molteplici e, a loro volta, provengono da molteplici fonti, come ad esempio media, auditor, fonti istituzionali e agenzie. In questo mare di informazioni, un’azienda riesce ad emergere e ad ottenere una buona reputazione se viene percepita come trasparente e attenta ai temi etici. Naturalmente è fondamentale che questa percezione non sia un’impressione effimera, ma che effettivamente sia basata sulla mission e le azioni derivanti da questa che l’azienda intraprende. Così facendo l’azienda viene vista come un’entità pubblica, la quale deve rispondere a un elevato numero di portatori d’interesse (es. azionisti, dipendenti, fornitori, società e molti altri soggetti).

Quindi, la dimensione del RepTrak® Governace attiene alla percezione dei vari stakeholder dell’azienda su quanto quest’ultima sia trasparente, equa e etica.

5.1.5 Corporate Citizenship

Le azioni messe in pratica dall’azienda all’interno dell’ambiente, sia competitivo che non, hanno un’importante ripercussione su ciò che gli stakeholder percepiscono dell’azienda. Il giudizio positivo di questi ultimi è da imputare infatti anche a ciò che l’azienda compie all’interno e all’esterno della sua struttura. L’azienda che riesce a creare una sorta di cittadinanza va a creare un asset cruciale nella formazione di opinioni a supporto dell’azienda stessa, indispensabile in momenti storici incerti come quello che ad oggi si presenta. In questo scenario fondamentale risulta essere la Corporate Social Responsability, naturalmente implementata quotidianamente nelle strategie aziendali sia breve che a lungo termine. L’agire responsabile da parte dell’azienda segnala, ancora

(40)

35 una volta internamente ed esternamente, l’essere buoni cittadini, meritevoli di ammirazione e stima, quindi di fiducia. Una volta nato questo sentimento che lega gli stakeholder all’azienda il passo successivo è appunto la formazione di una buona reputazione.

La dimensione RepTrak® riguardante la corporate citizenship è riferita alla percezione degli stakeholder sul comportamento dell’azienda verso l’ambiente, sul supporto a giuste cause e sul suo contributo verso la società.

5.1.6 Leadership

La proprietà ed il management dell’azienda svolgono un ruolo centrale nell’andare a generare ammirazione e fiducia in quest’ultima. Entrambi i ruoli (sia la proprietà che il management) hanno il compito di diffondere ed esternare il successo dell’azienda a tutti gli stakeholder, in particolare a quelli finanziari. La percezione positiva da parte dei portatori d’interesse dell’amministratore delegato oppure della proprietà si riflette in gran parte sull’azienda stessa, attraendo l’attenzione dei media e l’approvazione degli investitori, aumentando la credibilità e la fiducia.

Secondo il RepTrak® la dimensione relativa alla Leadership inquadra le percezioni degli stakeholder sui leader aziendali, il loro essere visionari e forti sponsor della loro azienda.

5.1.7 Performance

La performance su cui si concentra il focus è quella finanziaria. Come è stato anticipato in precedenza, la performance è sicuramente un indicatore alquanto affidabile del successo nella soddisfazione delle aspettative dei vari stakeholder. Analizzare le performance finanziare presenti e passate permette certamente di andare ad analizzare un trend che dia indicazioni sulla continuità della crescita aziendale e sulle sue potenzialità di sviluppo futuro; non a caso redditività e crescita sono due degli indicatori molto spesso utilizzati per stilare le varie classifiche sulle aziende più ammirate.

La dimensione RepTrak® relativa alla Performance individua quindi una serie di attributi su cui gli stakeholder si basano per generare le proprie percezioni

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36 riguardo alle condizioni finanziare dell’azienda in termini di redditività e prospettive di crescita.

5.2 Supporto verso l’azienda

Oltre alla definizione delle sette dimensioni che vanno a comporre la reputazione, grazie ad esse finalmente misurabile, sono stati individuati anche i comportamenti a supporto dell’azienda (Grafico 5), secondo i quali si va a manifestare effettivamente la reputazione.

I comportamenti a supporto dell’azienda individuati dal RepTrak® sono i seguenti:

• Comprare: data la possibilità, acquisterei il prodotto dell’azienda; • Raccomandare: raccomanderei l’azienda ad altre persone;

• Passaparola positivo: data l’occasione, parlerei bene dell’azienda;

• Dare il beneficio del dubbio: nella fattispecie di una crisi aziendale, riporrei la mia fiducia nell’azienda nell’agire nel miglior modo possibile;

Fonte: www.reputationinstitute.com Grafico 5

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37 • Darebbe il benvenuto nella comunità: se l’azienda dovesse stabilirsi in un

determinato luogo sarebbe accolta positivamente;

• Lavorare per: se avessi l’occasione lavorerei per l’azienda; • Investire: se avessi l’opportunità andrei ad investire nell’azienda.

Questi i comportamenti verso l’azienda sono stati individuati dal RepTrak® come azioni di sostegno messi in atto dagli stakeholder.

Le azioni a supporto sono comunque legate indissolubilmente alle dimensioni, in quanto, come è possibile osservare, la percentuale di compimento di azioni a supporto aumenta man mano che la reputazione raggiunge livelli più elevati. Lo score totale sulla reputazione che viene ottenuto invece si inserisce in una griglia di valutazione che viene individuata da quattro fasce:

• Scarsa 0 – 39; • Debole 40 – 59; • Moderata 60 – 69; • Forte 70 – 79; • Eccellente 80 +;

Per quanto riguarda invece il punteggio che andrà a posizionare l’azienda all’interno di una di queste fasce, viene ottenuto dallo strumento RepTrak® Pulse sulla base dei punteggi ottenuti nelle diverse sette dimensioni (Grafico 6).

(43)

38 Nella classifica annuale redatta dal Reputation Institute relativa alle migliori aziende (sia riferita ad un unico Paese che a livello mondiale) solitamente lo spaccato dello score totale osservabile nel Grafico 6 viene riservato alla prima, alla seconda e alla terza classificata, a cui è riservata un’analisi più dettagliata.

5.3 Test dello strumento RepTrak® Pulse

Sarà presentata adesso l’analisi dello strumento RepTrak® ad opera di Fombrun, Ponzi e Newburry il cui obiettivo è testare la misurazione della reputazione tramite appunto le sette dimensioni individuate dal Reputation Institute.

Il Grafico 7 mostra come la reputazione possa essere misurata tramite 23 variabili, le quali poi andranno a confluire sinteticamente nelle 7 dimensioni utilizzate dal RepTrak® Pulse.

Grafico 6

Esempio di score relativo ai vari livelli e score totale

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