• Non ci sono risultati.

Il defibrillatore sottocutaneo una nuova strategia di prevenzione della morte improvvisa tachiaritmica: Esperienza in una popolazione di pazienti sottoposti ad espianto di defibrillatore transvenoso.

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Il defibrillatore sottocutaneo una nuova strategia di prevenzione della morte improvvisa tachiaritmica: Esperienza in una popolazione di pazienti sottoposti ad espianto di defibrillatore transvenoso."

Copied!
74
0
0

Testo completo

(1)

1

DIPARTIMENTO DI RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE .

NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA

Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia

Tesi di Laurea Magistrale

IL

DEFIBRILLATORE

SOTTOCUTANEO,

UNA

NUOVA STRATEGIA DI PREVENZIONE DELLA

MORTE

IMPROVVISA

TACHIARITMICA:

ESPERIENZA IN UNA POPOLAZIONE DI PAZIENTI

SOTTOPOSTI AD ESPIANTO DI DEFIBRILLATORE

TRANSVENOSO

RELATORE:

TUTOR:

Dott.ssa Maria Grazia Bongiorni Dr. Stefano Viani

CANDIDATO:

Xhuliano Nisi

(2)

2

(3)

3

Prefazione

Le malattie cardiovascolari rappresentano ancora oggi una delle principali cause di morte nel mondo occidentale e buona parte della mortalità è legata alla morte cardiaca improvvisa (MCI). La defibrillazione precoce è infatti l’unico presidio efficace per l’interruzione di una tachicardia ventricolare senza polso o di una fibrillazione ventricolare nei pazienti che sono andati incontro ad arresto cardiaco.

Questo studio si presenta come studio osservazionale e prospettico il cui obiettivo è quello di confrontare 3 popolazioni di pazienti sottoposti all’impianto di

defibrillatore sottocutaneo e dimostrare, tramite la raccolta dei dati del follow up eseguito preso il nostro centro l’efficacia e la sicurezza del defibrillatore sottocutaneo quando utilizzato de novo in una popolazione di pazienti con prima indicazione all’impianto di un ICD e in soggetti già portatori di un sistema di

defibrillazione transvenoso che è stato rimosso per infezione e/o altra causa.

Nel nostro studio abbiamo dimostrato, in una ampia popolazione di soggetti, che la tecnologia del defibrillatore sottocutaneo è ugualmente sicura ed efficace nei pazienti sottoposti al primo impianto ed in quelli che hanno subito la rimozione di un defibrillatore transvenoso per una complicanza del sistema. Anzi, in questo secondo gruppo il defibrillatore sottocutaneo può rappresentare la migliore e talora unica strategia di trattamento alternativo della morte cardiaca improvvisa.

(4)

4

PAROLE CHIAVE

Morte Cardiaca Improvvisa

Defibrillatore Automatico Impiantabile

Defibrillatore Sottocutaneo

Infezione Elettrocateteri

(5)

5

Sommario

1. Introduzione ... 7

1.1 Morte Cardiaca Improvvisa: Definizione, Epidemiologia, Eziologia e Principi di trattamento ... 7

1.2 I Defibrillatori Automatici Impiantabili ... 13

1.3 Complicanze infettive dei defibrillatori transvenosi ... 22

1.4 Estrazione degli elettrocateteri ... 30

1.5 Il Defibrillatore Sottocutaneo Impiantabile (Subcutaneous Implantable Cardioverter Defibrillator o S-ICD) ... 35

2.

Lavoro Sperimentale:

Il Defibrillatore Sottocutaneo Impiantabile: Confronto tra la popolazione di pazienti sottoposti de novo a impianto di S-ICD e pazienti impiantati con S-ICD dopo l’estrazione di un TV-ICD

... 46

2.1 Scopo dello studio ... 46

2.2 Popolazione dello Studio ... 46

2.3 Risultati ... 55

2.4 Discussione ... 62

3. Conclusioni ... 64

Bibliografia ... 65

(6)
(7)

7

Introduzione

1.1 Morte Cardiaca Improvvisa: Definizione, Epidemiologia,

Eziologia e Principi di trattamento

Definizione

La Morte cardiaca improvvisa (MCI) è definita come ‘’Evento fatale inatteso, secondario a cause cardiache, che si verifica entro un’ora dall’insorgenza dei sintomi in un soggetto apparentemente in buono stato di salute” 1 .È possibile la presenza di una patologia cardiaca preesistente, ma tuttavia il momento e le circostanze della morte sono inaspettate.

La causa finale è sempre un’alterazione della funzione cardiaca incompatibile con la vita che determina un improvviso arresto del circolo.

Epidemiologia, eziologia e patogenesi

Nel mondo circa 17.000.000 di decessi all’anno sono imputabili alla malattia cardiovascolare, di questi circa il 25 % è classificabile come MCI. Il rischio di MCI è più alto nel sesso maschile e incrementa con l’età parallelamente alla maggiore incidenza di cardiopatia ischemica. L’incidenza di MCI è stimata da 1.4 per 100.000 soggetti/anno nelle donne a 6.68 per 100.000 soggetti/anno negli uomini. Questo

corrisponde a 1100-9000 decessi/anno in Europa e 800-6200 decessi/anno negli

USA2. La frazione di eiezione (FE) è il più potente fattore predittivo singolo di MCI, con un rischio che diviene significativo per FE < 40% 3. Nella maggioranza dei casi la MCI complica una patologia cardiaca organica (infarto del miocardio acuto o pregresso, una cardiomiopatia etc.) nel cui contesto si inneschi una tachiaritmia

(8)

8

ventricolare sostenuta, emodinamicamente instabile, che determina arresto cardiaco3 La tachicardia ventricolare rapida (pulsless ventricular tachycardia) mono e polimorfa e la fibrillazione ventricolare (FV) sono le tachiaritmie ventricolari responsabili dell’85-90% dei casi di MCI 4 . Nel 10-15% dei casi la causa è un’asistolia (morte improvvisa bradiaritmica). Più raramente la MCI è conseguenza di una condizione di dissociazione elettro-meccanica (secondaria a un’embolia polmonare massiva, a una condizione di scompenso cardiaco terminale o a severe disionie o turbe dell’equilibrio acido/base) in cui è presente attività elettrica in assenza di contrazione efficace del cuore (pulseless electrical activity o PEA) 5.

L’incidenza della morte improvvisa aumenta con l’età ed è particolarmente elevata nelle malattie cardiache strutturali quando associate a insufficienza cardiaca o nella fase acuta dell’infarto del miocardio (fig 1).

Figura 1. Rischio di morte cardiaca improvvisa correlato all’età.

Myerburg RJ, Kessler KM, Castellanos A. Sudden cardiac death, Sctructure, function and time-dependence of risk. Circulation. 1992;85 Suppl 1:I2–10.

(9)

9

Le cardiopatie più frequentemente associate con MCI variano con la fascia d’età: nella popolazione anziana prevalgono le cardiopatie croniche degenerative (cardiopatia ischemica, cardiopatie valvolari e, genericamente, lo scompenso cardiaco). Nella popolazione di soggetti più giovani prevalgono le cardiomiopatie aritmiche genetiche (Cardiomiopatia Ipertrofica, Cardiomiopatia Aritmogena del Ventricolo Destro), le malattie dei canali ionici (Sindrome del QT Lungo, Sindrome del QT Corto, Sindrome di Brugada, Tachicardia Ventricolare Polimorfa Catecolaminergica etc.) o le Miocarditi6. La sindrome di Wolff-Parkinson-White è una causa rara di MCI nel soggetto giovane, con un’incidenza annuale stimata dello 0.05-0.2%7. Il fattore di rischio è una via accessoria con un breve periodo di refrattarietà anterograda in quanto in caso di fibrillazione atriale può determinare una risposta ventricolare rapida che può degenerare in fibrillazione ventricolare per cui si rende necessario l’ablazione di questa via accessoria8.

Tuttavia, in più del 50% dei pazienti deceduti per morte improvvisa la cardiopatia associata non era stata precedentemente diagnosticata o la MI rappresenta la prima manifestazione di una sindrome coronarica acuta 9 e questo rende particolarmente difficile prevedere gli eventi nella popolazione generale (paradosso di Castellanos-Myerburg, fig. 2) 10 Molto importante per prevenire la MCI nella popolazione generale è il controllo dei fattori di rischio per cardiopatia ischemica come l’ipercolesterolemia, l’ipertensione arteriosa, l’iperglicemia , un indice di massa corporea elevato e l’abitudine all’fumo11.

(10)

10

Fig. 2: Il paradosso di Myerburg. Myerburg RJ, Kessler KM, Castellanos A. Sudden cardiac death. Structure, function, and time-dependence of risk. Circulation. 1992;85(1 Suppl):2-10.

Principi di Trattamento

Le strategie terapeutiche per la prevenzione della morte improvvisa sono classificabili in 2 categorie: prevenzione primaria e prevenzione secondaria.

Con il termine prevenzione primaria si intendono tutte le terapie volte a ridurre il rischio in soggetti che non abbiano ancora sofferto un evento di arresto cardiocircolatorio resuscitato o un’aritmia ventricolare potenzialmente fatale.

Con prevenzione secondaria della MCI sono da intendersi tutte le terapie finalizzate a ridurre il rischio di MCI nei pazienti che siano sopravvissuti a un precedente evento di arresto cardiaco o che abbiano sviluppato aritmie potenzialmente letali1.

(11)

11

Alcune strategie terapeutiche sono attuabili per la prevenzione della morte cardiaca improvvisa: terapia farmacologica antiaritmica, ablazione transcatetere, e impianto di un defibrillatore automatico impiantabile (ICD).

L’efficacia della terapia farmacologica con antiaritmici nella prevenzione della MCI non è stata dimostrata dagli studi randomizzati. Numerosi studi hanno semmai evidenziato un effetto negativo sulla sopravvivenza in pazienti con cardiopatia strutturale trattati con antiaritmici, soprattutto di classe I12, mentre è consolidato, sulla base di numerosi studi prospettici randomizzati, che la terapia con defibrillatore impiantabile risulta essere efficace e superiore, se confrontata con quella farmacologica, nel ridurre l’incidenza di MCI in pazienti a rischio sia in prevenzione primaria che secondaria13. La defibrillazione precoce è infatti l’unico presidio efficace per l’interruzione di una tachicardia ventricolare senza polso o di una fibrillazione ventricolare nei pazienti che sono andati incontro ad arresto cardiaco. Vari studi hanno dimostrato che la sopravvivenza in caso di FV si riduce proporzionalmente al ritardo della defibrillazione da 7 a 10% per ogni minuto successivo all’esordio dell’arresto cardiaco (fig 3) 14.

(12)

12

La maggior parte degli eventi di arresto cardiaco si verifica al di fuori dell’ambiente ospedaliero e la defibrillazione precoce in aggiunta alla rianimazione cardiopolmonare rappresenta l’unico presidio in grado di ripristinare un circolo 15.

I defibrillatori automatici impiantabili sono in grado di riconoscere e di interrompere una tachiaritmia potenzialmente fatale nell’arco di pochi secondi ripristinando il ritmo cardiaco e correggendo l’instabilità emodinamica.

Figura 3. Rappresentazione grafica della sopravvivenza in relazione al tempo di primo soccorso. Larsen MP, Eisenberg MS, Cummins RO, et al. Predicting survival from out-of-hospital cardiac arrest: a graphic model. Annals of emergency medicine. 1993;22(11):1652-1658.

(13)

13

Le attuali linee guida della Società Europea di Cardiologia classificano la terapia con ICD come classe I livello di evidenza A in prevenzione primaria in tutti i pazienti con scompenso cardiaco sintomatico (classe NYHA II-III) e FE < 35% dopo > 3 mesi di terapia medica ottimizzata che abbiano una prognosi di almeno 1 anno in buon stato funzionale sia in caso di eziologia ischemica che non ischemica. Ugualmente le linee guida stabiliscono per la terapia con ICD un’indicazione di classe I livello di evidenza A in prevenzione secondaria in pazienti con FV documentata o TV emodinamicamente non tollerata in assenza di cause reversibili o entro 48 h post-infarto in terapia medica ottimizzata e con una prospettiva di vita di almeno 1 anno in buono stato di salute1. Nei pazienti che presentano un’area cicatriziale ventricolare può essere utile associare all’impianto di un ICD l’ablazione transcatetere in quanto vari studi condotti in pazienti specialmente con cardiopatia ischemica, dimostrano l’efficacia di tale terapia nella riduzione delle recidive aritmiche e quindi degli interventi del defibrillatore16.

1.2

I Defibrillatori Automatici Impiantabili

Cenni storici

La prima pubblicazione relativa al concetto di un defibrillatore impiantabile risale al 197017.

Si trattava di un lavoro pioneristico di Michel Mirowski e Morton Mower che sono i padri storici di questa tecnologia. Dieci anni dopo, nel 1980, gli stessi autori pubblicavano la prima esperienza clinica sull’uomo18. Il primo defibrillatore era molto ingombrante, pesava 289 gr, aveva un volume complessivo di 150 cc (fig 4) e l’impianto veniva eseguito con approccio chirugico toracotomico e posizionamento a

(14)

14

livello epicardico dei patch per la defibrillazione e degli elettrocateteri per la registrazione dell’attività elettrica cardiaca, mentre il generatore, a causa delle sue dimensioni, doveva essere collocato a livello addominale19. I progressi tecnologici e scientifici degli anni successivi

hanno condotto allo sviluppo di ICD con elettrocateteri (da 1 a 3) endocardici introdotti per via transvenosa e un generatore, di dimensioni notevolmente ridotte rispetto al dispositivo originale, collocato in sede prepettorale. Questa tecnologia ha ridotto signficativamente le complicanze connesse con le procedure chirurgiche di impianto. Il Defibrillatore impiantabile transvenoso

Figura 4. Esempio di un defibrillatore automatico impiantabile di prima generazione

(Klein, H. U., Inama, G. (2010). Implantable defibrillators: 30 years of history. G Ital Cardiol, 11(10 Suppl 1), 48s-52s.)

(15)

15

I defibrillatori impiantabili transvenosi (TV-ICD) sono attualmente i dispostivi di

defibrillazione automatica impiantabili più utilizzati. Il sistema di defibrillazione transvenosa consiste di :

1) un generatore di impulsi (il defibrillatore propriamente detto) costituito da un circuito elettronico, una batteria, una memoria che immagazzina gli elettrogrammi degli eventi aritmici, un microprocessore e un condensatore ad alto voltaggio che immagazzina l’energia per lo shock

2) gli elettrocateteri introdotti per via transvenosa (generalmente con approccio cefalico e/o ascellare-succlavio) fino alle cavità cardiache (ventricolo destro, atrio destro e rami del seno coronarico in caso di un sistema per la resincronizzazione cardiaca).

Le dimensioni attuali sono considerevolmente ridotte rispetto a quelle degli ICD originali con peso e volume minimi fino a 60 g e 26 cc rispettivamente.

Il generatore di impulsi viene collocato a livello sottocutaneo davanti al muscolo grande pettorale, solitamente a sinistra. Oltre alla capacità di erogare shock, i TV-ICD hanno anche la capacità di funzionare come pacemaker, cioè di stimolare una o entrambe le camere cardiache (atrio e ventricolo destri), in presenza di disturbi della genesi e/o della conduzione dell'impulso elettrico o di effettuare una stimolazione di resincronizzazione cardiaca (CRT) tramite il pacing del ventricolo sinistro ottenuto attraverso un elettrocatetere posizionato in un ramo del seno coronarico.

Inoltre i defibrillatori transvenosi sono in grado di effettuare, automaticamente, una stimolazione ventricolare “overdrive” (ATP: Anti-Tachycardia Pacing therapy) come trattamento di tachicardie ventricolari emodinamicamente tollerate.

(16)

16

Complicanze dell’impianto del defibrillatore transvenoso

Nei pazienti adulti con disfunzione ventricolare sinistra gli ICD transvenosi riducono la mortalità totale del 20% (95% CI, 10% - 29%) negli studi randomizzati controllati e del 46% (CI, 32% - 57%) negli studi osservazionali.

Tuttavia l’impianto di un defibrillatore transvenoso non è potenzialmente privo di complicanze. La mortalità associata con l’impianto è dell’1.2% (CI, 0.9% - 1.5%) delle procedure. L’incidenza di complicanze nel follow-up per 100 pazienti anno è dell’1.4 (CI, 1.2 - 1.6) per i malfunzionamenti del device, dell’1.5 (CI, 1.3 - 1.8) per le problematiche connesse con l’elettrocatetere e dello 0.6 (CI, 0.5 - 0.8) relativamente alle infezioni del sito di impianto e/o dell’elettrocatetere. L’incidenza di shock inappropriati per 100 pazienti/anno si attesta tra il 19.1 (CI, 16.5 - 22.0) dei trial randomizzati controllati e il 4.9 (CI, 4.5 - 5.3) degli studi osservazionali20. (fig.5)

Fig. 5: Complicanze periprocedurali e tardive dell’impianto dei defibrillatori transvenosi. Ezekowitz JA, Rowe BH, Dryden DM, et al. Systematic review: Implantable cardioverter defibrillators for adults with left ventricular systolic dysfunction. Ann Intern Med. 2007;147(4):251-262. doi:10.7326/0003-4819-147-4-200708210-00007.

(17)

17

Gli elettrocateteri endocardici transvenosi, e, in particolare, l’elettrocatetere ventricolare destro da defibrillazione, rappresentano l’elemento “più fragile” del sistema per la loro complessità strutturale e per le sollecitazioni continue cui sono sottoposti a seguito delle contrazioni cardiache. In uno studio di Kleeman T e coll.21 la probabilità annuale di malfunzionamento degli elettrocateteri da defibrillazione aumenta progressivamente con il tempo trascorso dall’impianto e raggiunge il valore del 20%/anno negli elettrocateteri impiantati da 10 anni.

Inoltre in pazienti che presentano anomalie congenite o acquisite del distretto venoso superiore e delle camere cardiache dei vasi l’impianto di elettrocateteri per via transvenosa può essere complesso o addirittura impossibile22.

Le complicanze sono classificate in complicanze acute, periprocedurali e tardive, le prime si verificano durante la procedura chirurgica o nell’immediato perioperatorio mentre le seconde riguardano il periodo di follow-up.

Complicanze periprocedurali

 Pneumotorace: si verifica per puntura involontaria della cupola pleurica e del polmone nel tentativo di trovare l’accesso venoso per l’inserimento dell’elettrocatetere. È più frequente nei soggetti con broncopneumopatie croniche ostruttive. Lo pneumotorace può essere asintomatico o presentarsi con dolore, tosse, dispnea. Nella stragrande maggioranza dei casi si risolve in maniera spontanea, in caso contrario necessita di un drenaggio toracico.

(18)

18

 Emotorace: complicanza molto rara. Si verifica più frequentemente nel paziente con alterazione della coagulazione (coagulopatie congenite o acquisite) generalmente a seguito della puntura involontaria dell’arteria succlavia.

 Aritmie: possono verificarsi durante il posizionamento degli elettrocateteri all’interno delle camere cardiache, in particolare tachiaritmie possono verificarsi durante il posizionamento dell’elettrocatetere da defibrillazione in ventricolo destro. Possibili cause di bradiaritmie sono invece le reazioni vagali evocate dal dolore o dalla puntura dei vasi, eccessivo uso di anestetico locale, oppure traumi diretti delle vie di conduzione. Durante la procedura il paziente viene costantemente monitorato con elettrocardiogramma.

 Perforazione: può verificarsi durante l’avanzamento degli elettrocateteri nelle strutture vascolari o cardiache ed è una delle complicanze più temibili. Il catetere può dislocarsi all’interno del pericardio causando una pericardite, un emopericardio e nei casi più gravi un tamponamento cardiaco. Questa grave complicanza si verifica più frequentemente in soggetti anziani di sesso femminile o con cardiopatia strutturale (pregresso infarto del miocardio, cardiomiopatia dilatativa) che presentino una parete cardiaca sottile e fragile.  Danno valvolare: durante il posizionamento si può verificare intrappolamento

dell’elettrocatetere nel sistema valvolare (tricuspide) per cui la trazione manuale per ottenere un riposizionamento può comportare un danno valvolare.  Ematoma della tasca di alloggiamento del generatore: complicanza che si

verifica principalmente in pazienti con coagulopatie congenite o acquisite o trattati con terapia anticoagulante/antiaggregante (fig 6). Tale complicanza è

(19)

19

particolarmente temuta perché un ematoma locale può complicarsi con l’infezione del dispositivo.

 Connessioni errate tra elettrocateteri e il generatore o anomalo posizionamento degli elettrocateri: possono verificarsi in caso di operatori con esperienza limitata o in situazioni di anatomia cardiaca non convenzionale (erroneo inserimento di un elettrocatetere ventricolare destro in ventricolo sinistro attraverso un forame ovale pervio o in un ramo posteriore del seno coronarico).

Figura 6. Ematoma della tasca post-impianto di defibrillatore. Bongiorni, M. G., Di Cori, A., Soldati, E., Zucchelli, G., Segreti, L., Solarino, G., ... & Sergi, D. (2009). Il rischio Iatrogeno connesso all’impianto di pacemaker e defibrillatori. G Ital Cardiol, 10(6), 395-406.

(20)

20 Complicanze tardive

Le complicanze tardive si verificano a distanza di tempo dall’impianto. Le principali sono sottoelencate:

 Trombosi venosa: è una complicanza relativamente frequente potendosi riscontrare nel 15-30% degli impianti di TV-ICD23. Il trauma meccanico e il turbamento del flusso causato dall’elettrocatetere favoriscono, nel cronico, l’insorgenza della trombosi generalmente localizzata a livello

ascellare/succlavio/anonimo, più raramente cavale superiore.

Nella maggioranza dei casi decorre asintomatica perché non completamente occludente o per la formazione di un circolo collaterale ma in alcuni casi (sindrome della vena cava superiore) può necessitare della rimozione di uno o di tutti gli elettrocateteri.

 Dislocazione dei elettrocateteri: si verifica più frequentemente nel periodo immediatamente postoperatorio, quando la fissazione degli elettrocateteri a livello vascolare/endocardico non è ancora avvenuta. Di solito richiede la riapertura della tasca e il riposizionamento.

 Alterazione della soglia di sensing/pacing: è dovuta principalmente alla reazione infiammatoria post-impianto e alla fibrosi reattiva all’interfaccia poli elettrocatetere-endocardio. Quando si verifichi precocemente può essere la spia di una dislocazione.

 Frattura dell’elettrocatetere (conduttore/i e/o guaina isolante): questa complicanza, generalmente tempo dipendente, può essere dovuta al

deterioramento del materiale costruttivo oppure ad eventi traumatici acuti. In particolare la continua sollecitazione a livello dell’ingresso nel torace in

(21)

21

soggetti particolarmente giovani e attivi può determinare la perdita

dell’isolante e/o la frattura dell’elettrocatetere a tale livello (crush succlavio) La conseguenza di tale complicanza è il mancato funzionamento o l’erroneo funzionamento del dispositivo. Quando coinvolga l’elettrocatetere da

defibrillazione la conseguenza può essere la mancata erogazione dello shock su un’aritmia ventricolare spontanea o l’erogazione di uno shock

inappropriato su “rumore” elettrico che il dispositivo riconosce erroneamente come aritmia ventricolare.

 Malfunzionamento del generatore: come tutti i dispositivi elettronici anche l’ICD può andare incontro a un malfunzionamento.

 Dolore: può essere causato da intrappolamento di un nervo periferico, danno muscolo-scheletrico, infiammazione locale e nel caso non regredisca con terapia analgesica richiede il riposizionamento del dispositivo.

 Erosione cutanea: si verifica nel cronico e può manifestarsi con segni di infiammazione locale. Generalmente è secondaria a una discrepanza tra le dimensioni del generatore e quelle della tasca prepettorale confezionata per accoglierlo.

 Infezioni del sistema: è une delle complicanze tardive più temibili perché, nella maggioranza dei casi, richiede, per il trattamento definitivo, l’espianto del dispositivo e di tutti gli elettrocateteri impiantati oltre a una prolungata terapia antibiotica pre e post-procedurale. Su questa complicanza, per i risvolti clinici che comporta, ci soffermeremo più dettagliatamente

(22)

22

1.3

Complicanze infettive dei defibrillatori transvenosi

L’impianto di TV-ICD in una popolazione con un tasso crescente di comorbidità (età, diabete mellito, insufficienza renale, immunodepressione post chemioterapia), la maggiore complessità dei dispositivi e la maggiore durata delle procedure, hanno determinato un aumento del rischio di infezioni. Le endoplastiti, dette anche endocarditi correlate ai CIED (Cardiovascular Implantable Electronic Device), sono infezioni sistemiche gravi la cui incidenza è in aumento. Le infezioni dopo l'impianto di un device aumentano significativamente la morbilità e la mortalità in questi pazienti, incidendo sui costi della salute in tutto il mondo5.

Fattori di rischio

L’età avanzata e il sesso maschile, sono associati a un maggiore rischio di infezioni, soprattutto in pazienti che presentano comorbidità come diabete o insufficienza renale cronica. L’anamnesi positiva per pregressa infezione del dispositivo e la presenza di un catetere venoso centrale o di un elettrocatetere da stimolazione temporanea aumenta il rischio di batteriemia. I defibrillatori con 2 o più elettrocateteri transvenosi sono a maggior rischio di infezione rispetto ai dispositivi con minor numero di elettrocateteri. Altri fattori di rischio sono correlati alla procedura d’impianto per cui è molto importante che queste procedure vengano eseguite con particolare attenzione all’asepsi. Molto importante è la profilassi antibiotica prima dell’impianto del dispositivo nel ridurre il tasso di infezione. Le infezioni CIED-correlate presentano un tasso di mortalità complessivo fino a 35% come riportato in uno studio24 in particolare

(23)

23

in pazienti con comorbidità associate. La presenza di endocardite CIED-associata ha un tasso di mortalità variabile dal 24.5% al 29%25. I fattori di virulenza microbici risultano rilevanti nel favorire lo sviluppo di infezione.

Patogenesi

La contaminazione del generatore o degli elettrocateteri con batteri presenti nella flora cutanea del paziente al momento dell’impianto o della sostituzione è il principale meccanismo responsabile delle infezioni nei primi 6 mesi post procedura26.

I germi più frequentemente riscontrati sono gram positivi e tra questi lo stafilococco aureo e gli stafilococchi coagulasi negativi (S. Epidermidis). Se il defibrillatore, in caso di decubito cutaneo, subisce un’esposizione superficiale è da considerarsi infetto e necessita l’espianto26 A volte l’infezione della tasca o la semplice colonizzazione batterica del generatore possono favorire la progressione dell’infezione agli elettrocateteri trasformando una infezione locale in una infezione intracardiaca (endoplastite) o sistemica (setticemia) 27. Di notevole importanza è l’isolamento colturale del batterio che consente di impostare una terapia antibiotica mirata. La sensibilità del germe all’antibiotico viene stabilita dall’antibiogramma. L’adesione dei germi all’elettrocatetre è la fase più importante del processo infettivo in quanto si crea il terreno adatto per la colonizzazione e la proliferazione batterica. Successivamente si forma un biofilm che è una struttura tridimensionale formata da una matrice extracellulare di origine microbica che mantiene uniti vari strati di microrganismi di una o più specie, adesa alla superficie di un dispositivo medico o ai tessuti dell’ospite28. Il biofilm intrappola meccanicamente i batteri al suo interno, i quali passano in uno stato metabolico quiescente e sono protetti dalle difese immunitarie dell’ospite e dagli antibiotici, per la difficoltà di questi ultimi di

(24)

24

attraversare la matrice extracellulare che costituisce il biofilm stesso29. Il 70% dei pazienti portatori di un ICD sono anziani e affetti, in media, da 2 comorbilità, come l’insufficienza renale cronica e la BPCO, e spesso presentano forme multiple di antibiotico-resistenza30. Come già indicato gli agenti eziologici più frequentemente responsabili delle infezioni CIED-associate sono batteri gram positivi del genere Staphylococcus spp. riscontrabili fino al 75% dei casi nelle infezioni limitate alla tasca31 e fino all’89% dei casi di endocardite CIED-associata32.

I germi gram negativi sono responsabili dal 6% al 9% delle infezioni CIED-associate, soprattutto appartenenti alla famiglia Enterobacteriaceae e al genere Pseudomonas spp33.

Tipologie di infezione e manifestazioni cliniche

Le infezioni possono presentarsi in 2 forme: infezioni locali e infezioni sistemiche.

Infezioni locali

L’infezione locale interessa prevalentemente la regione di posizionamento della cassa del defibrillatore. Le infezioni locali possono presentarsi con segni di flogosi locale quali eritema e dolore. L’infezione può evolvere con la formazione di ascessi che possono fistolizzare all’esterno con fuoriuscita di materiale purulento (fig 7).

Meno frequentemente è possibile osservare erosioni cutanee che determinano deiscenza degli elettrocateteri e/o del generatore. Le infezioni acute si possono presentare con febbre e sintomi sistemici, al contrario delle infezioni croniche che sono in genere asintomatiche. La clorexidina, la merbromina 2% , il perossido d’idrogeno

(25)

25

Figura 7. Infezione locale della tasca. Tarakji KG, Wilkoff BL. Management of cardiac implantable electronic device infections: the challenges of understanding the scope of the problem and its associated mortality. Expert Rev Cardiovasc Ther 2013;11:607–16. DOI: 10.1586/erc.12.190; PMID: 23621142.

Infezioni Sistemiche

Il processo infettivo in questo caso, interessa il sistema intravascolare, determinando uno stato di sepsi. L’infezione avviene in genere per via metastatica, con partenza da un focolaio infettivo primario (tasca infetta, infezioni genito-urinarie, patologie gastro-intestinali, procedure diagnostico-terapeutiche). Il quadro clinico si presenta con segni e sintomi tipici dell’infezione sistemica con: febbre ricorrente (>39°), brividi scuotenti, sudorazione, malessere generale, stanchezza, anoressia e perdita di peso35. Essendo essenzialmente delle endocarditi destre, possono provocare anche una sintomatologia respiratoria (dispnea, emottisi, pleurodinia), secondaria all’embolizzazione settica ai polmoni. I pazienti possono quindi sviluppare infiltrati polmonari multipli, bronchite,

(26)

26

ascessi polmonari o embolia polmonare nel 20-45% dei casi36. In caso di sospetta endocardite è molto utile l’esecuzione dell’ecografia toracica o transesofagea in modo tale notare le vegetazioni intracardiache a livello dell’apparato valvolare (tricuspide) e/o degli elettrocateteri (endoplastite).

La diagnosi di endocardite viene posta mediante i criteri di Duke modificati37. L’endocardite che insorge dalla presenza dell’elettrocatetere infetto presenta un alto tasso di mortalità a breve e lungo termine38. In caso di infezione dell’elettrocatetere l’estrazione degli stessi per l’eradicazione dell’infezione è obbligatoria 39 .

Figura 8. Elettrocateteri estratti dopo 5 anni per infezione presentano intensa adesione endoteliale. Mosquera, V. X., Pérez-Álvarez, L., Ricoy-Martínez, E., Mosquera-Pérez, I., Castro-Beiras, A., & Cuenca-Castillo, J. J. (2011). Experiencia inicial con la extracción de electrodos de marcapasos y desfibrilador asistida con láser excimer. Revista Española de Cardiología, 64(9), 824-827.

(27)

27 Diagnosi di infezione del TV-ICD

La diagnosi di infezione locale può essere fatta clinicamente osservando i segni e sintomi locali dell’infezione. In caso di sospetto di infezione della tasca è opportuno effettuare esame colturale della tasca nel caso sia presente essudato (fig 7).

In caso di infezione sistemica è essenziale l’esecuzione di emocolture prima dell’inizio della terapia antibiotica empirica. L’isolamento del microrganismo nelle emocolture è un fattore determinante, dato che l’efficacia della terapia antibiotica è condizionata dalla sensibilità del germe alla stessa. Particolarmente severa, se non trattata, è la prognosi in caso di batteriemia da S. aureus40.

L’ecocardiografia transesofagea è fondamentale per dimostrare la presenza di vegetazioni e la sua esecuzione è raccomandata in tutti i casi di pazienti con dimostrata batteriemia o nei casi in cui il paziente presenti segni o sintomi di infezione sistemica25.

La presenza di una massa adesa all’elettrocatetere evidenziata dall’ecocardiografia è altamente suggestiva di infezione CIED-correlata, però non è patognomonica: potrebbe trattarsi di un trombo sterile o di ammassi di fibrina41. In taluni casi può essere utile ricorrere a tecniche di medicina nucleare come PET/TC con FDG oppure la scintigrafia con leucociti autologhi marcati (99mc-HMPAO-WBC) si possono eseguire in pazienti con febbre di origine sconosciuta o batteriemia portatori di CIED per escludere altri foci infettivi42.

Trattamento dell’infezione

La terapia antibiotica e la rimozione (chirurgica o transvenosa) degli elettrocateteri rappresentano i fondamenti del trattamento 39 .

(28)

28 Terapia antibiotica

Isolare il batterio responsabile dell’infezione non è sempre possibile. Si inizia un trattamento antibiotico empirico che a volte può risultare inefficace per la presenza di batteri multi-resistenti. Generalmente si inizia con la somministrazione endovenosa di antibiotici a largo spettro (Vancomicina o Teicoplanina) efficaci soprattutto contro batteri Gram positivi. Dopo gli esami colturali effettuati sugli elettrocateteri rimossi o sul sangue si può fare una terapia antibiotica mirata.

Altri antibiotici usati nella pratica clinica dell’infezione degli dispositivi cardiaci sono34.

Tabella 1. Antibiotici usati nella pratica clinica dell’infezione degli dispositivi cardiaci.

Antibiotici assunti per os Antibiotici uso parenterale  Sulfametroxazolo/trimetoprim  Levofloxacina  Doxiciclina  Rifampicina  Amoxicillina/clavulanato (spesso in combinazione)  Teicoplanina  Vancomicina  Imipenem  Linezolid  Daptomicina  Piperacillina/tazobactam

Vari fattori influenzano la scelta della terapia antimicrobica, tra cui la severità del quadro clinico, la gestione del dispositivo (espianto o non-espianto), il simultaneo coinvolgimento delle strutture cardiache native, l’eventuale presenza di sedi extra cardiache di infezione, uso di farmaci concomitanti, comorbidità varie ed eventuali24.

(29)

29

In caso di infezione della tasca del generatore è raccomandato iniziare una terapia antibiotica empirica dopo aver effettuato il prelievo 2 campioni ematici per fare le emocolture a 12 ore di distanza l’uno dall’altro.

Per la terapia empirica bisogna scegliere antibiotici contro i gram positivi responsabili di circa l’80% dei casi di infezioni CIED-correlate. In caso di infezione da gram negativi sono comunemente usati la ceftazidima, piperacillina-tazobactam e carbapenemici.

Nei pazienti in condizioni critiche il cui quadro clinico d’esordio è una sepsi grave o shock settico la terapia empirica diretta contro i microrganismi gram positivi più frequenti deve essere associata anche a agenti attivi sui gram negativi, così come nel caso in cui si sospetti una infezione polimicrobica43.

Rimozione degli elettrocateteri

Le linee guida della European Society of Cardiology 44 e quelle della statunitense Heart Rhythm Society 39 raccomandano, in caso di infezione dei dispositivi elettronici cardiaci impiantabili, comprese le infezioni della tasca ,l’estrazione completa del device e degli elettrocateteri associata ad una terapia antibiotica mirata in base all’antibiogramma, (circa 2 settimane per le infezioni di tasca e 4-6 settimane per le endocarditi). Circa una settimana dopo l’impianto dell’eletrocatetere la porzione intravascolare viene ricoperta da cellule endoteliali e tessuto connettivo provocando aderenze tra il dispositivo e le strutture vascolari. Queste aderenze possono rendono difficoltosa un’eventuale estrazione degli elettrocateteri 45.

La rimozione del sistema in toto infatti è la base del trattamento, visto il ruolo patogenetico del biofilm in questo tipo di infezione. La sola terapia antibiotica non è in grado di eradicarla completamente, e si rende quindi necessario l’espianto completo

(30)

30

del CIED infetto per raggiungere la cura definitiva. Il tasso di mortalità dell’endocardite CIED-correlata varia dal 31% al 66% se non viene effettuata l’estrazione del CIED, mentre si abbassa a meno del 18% nei pazienti gestiti con un approccio combinato con rimozione completa del dispositivo e terapia antimicrobica intravenosa46.

Anche se l’espianto del dispositivo è una procedura potenzialmente a rischio tuttavia riduce la mortalità fino a 3 volte se comparato con la sola terapia antibiotica47. Da quanto riportato nella letteratura scientifica il metodo più efficace per eradicare qualsiasi infezione correlata al dispositivo o le complicanze derivanti dal malfunzionamento degli elettrocateteri consiste infatti nella rimozione degli stessi dal letto cardio-vascolare48.

1.4 Estrazione degli elettrocateteri

Indicazioni e Complicanze

La rimozione degli elettrocateteri viene resa necessaria in caso di malfunzionamento in caso di infezione. La rimozione viene di solito effettuata per via percutanea dallo stesso accesso venoso dal quale è stato fatto l’impianto, nel caso non sia possibile la rimozione può essere fatta da accessi alternativi che possono essere la vena femorale, la vena giugulare o la vena succlavia (estrazione percutanea transvenosa) 49.

L’estrazione cardiochirurgia viene destinata ai casi di estrazione percutanea incompleta o impossibile, ed in caso di severa insufficienza tricuspidalica con indicazione alla riparazione chirurgica39.

(31)

31

La rimozione può essere relativamente semplice (con la sola trazione manuale sull’elettrocatetere) nella maggior parte dei casi di impianto recente (< 1 anno) ma, nella maggioranza dei casi di impianto > 1 anno richiede l’impiego di una strumentazione specifica dedicata a questo tipo di procedura che consenta il superamento delle tenaci aderenze fibrotiche e talora calcifiche che gli elettrocateteri stabiliscono, una volta impiantati, con il letto venoso o con la superficie endocardica (fig 8).

Attualmente la rimozione dei elettrocateteri viene effettuata preferenzialmente per via percutanea transvenosa in quanto rappresenta la procedura più efficace e con la più bassa mortalità e incidenza di complicanze. (fig. 9)

Fig. 9 Percentuale di successo e complicanze nelle procedure di rimozione transvenosa degli elettrocateteri. (Maytin M and Epstein LM Circ Arrhythm Electrophysiol 2010)

(32)

32

Le procedure di rimozione transvenosa vengono eseguite generalmente in anestesia locale, sotto controllo fluoroscopico, ma anche, nei casi più complessi, in anestesia generale e prevedono, in caso di inefficacia della trazione manuale50, l’utilizzo di dilatatori meccanici in polipropilene o potenziati con varie forme di energia (prevalentemente laser) e possibilità di ingresso alternative come la vena giugulare interna o la vena femorale51. Durante la procedura deve essere garantito un monitoraggio continuo della traccia elettrocardiografica e della pressione arteriosa mediante misurazione cruenta per identificare rapidamente eventuali complicanze aritmiche e/o meccaniche.

Con l’utilizzo di dilatatori si superano le aderenze fibro-calcifiche che si sono formate tra gli elettrocateteri e la parete venosa o l’endocardio permettendo in questo modo l’estrazione degli stessi.

Durante l’estrazione si possono verificare delle complicanze come: tamponamento cardiaco, emotorace, embolia polmonare, danneggiamento della valvola tricuspide, mancata estrazione di un catetere infetto, ipotensione e/o bradiaritmie innescate da riflesso vagale, fratture dei cateteri e migrazione di frammenti nel sistema vascolare, lesione delle vene o del miocardio con possibile rottura della parete cardiaca che può portare a morte30.

L’estrazione transvenosa percutanea, sebbene sia da considerare una procedura efficace e sicura in mani esperte, è comunque gravata da una serie di rischi ed è perciò consigliato che la rimozione sia eseguita da un’equipe medica specializzata nelle estrazioni soprattutto quando la durata dell’impianto sia superiore a un anno39. L’estrazione transvenosa viene effettuata in centri adeguatamente attrezzati, con

(33)

33

provata esperienza nel management degli elettrocateteri e con immediata disponibilità della sala chirurgica del dipartimento cardio-toracico.

Dettagli tecnici sulla procedura per l‘estrazione transvenosa degli elettrocateteri

La trazione manuale semplice è la manipolazione dell’elettrocatetere in modo tale da favorire la fuoriuscita dalla stessa vena dove era stato impiantato.

Le manovre interventistiche necessarie per l’estrazione prevedono l’impiego di:

 Dispositivi di trazione e dilatazione meccanica: vengono utilizzati nel caso in cui la semplice trazione manuale non sia efficace e possono essere: stiletti autobloccanti e non e dilatatori meccanici (sheats in polipropilene) (fig. 10)

Figura 10: Visione radiologica: sheath meccanica in polipropilene utilizzata per superare le aderenze presnti a livello della vena anonima alla giunzione con la vena cava superiore

(34)

34

 Sonde Laser: le fibre ottiche trasmettono una luce laser che distrugge le aderenze fibrotiche che si sono create tra l’elettrocatetere e la parete vascolare o la superficie endocardica. (fig 11).

 Sonde di elettrodissezione: utilizzano la radiofrequenza emessa due elettrodi alla punta della sonda per rompere le aderenze.

 Sonda Ruotante: utilizza un meccanismo filettato a livello della punta della sonda per staccare dall’elettrocatetere le aderenze che si sono create.

Nel caso in cui l’estrazione dell’elettrocatetere non sia possibile con l’approccio transvenoso percutaneo è necessario ricorrere a procedure cardiochirurgiche che presentano tuttavia un rischio procedurale più alto e una maggiore mortalità.

Figura 11. Sonda laser, utilizzata per rimuovere le aderenze tra l’elettrocatetere e il tessuto cardiaco.Okamura H. Lead extraction using a laser system: Techniques, efficacy, and limitations. Journal of arrhythmia. 2016;32(4):279-282.

(35)

35

1.5. Il Defibrillatore Impiantabile Sottocutaneo (Subcutaneous

Implantable Cardioverter Defibrillator o S-ICD)

Razionale e principi di Funzionamento

Gli eventi avversi e le complicanze precoci e tardive correlate all’impianto di un dispositivo di defibrillazione transvenoso ed al suo eventuale malfunzionamento possono essere rilevanti.

L’impatto degli eventi avversi tende a essere amplificato quando l’impianto venga effettuato in soggetti con più lunga aspettativa di vita e quindi maggiore probabilità di complicanze tardive (infezioni, malfunzionamenti) al follow-up.

Il Defibrillatore Impiantabile Sottocutaneo (S-ICD) è stato progettato come alternativa al sistema transvenoso in quanto viene impiantato senza la necessità di un elettrocatetere transvenoso o epicardico. La necessità di sviluppare un ICD interamente sottocutaneo è emersa da specifiche circostanze in cui il sistema tradizionale endovascolare era difficilmente utilizzabile o con l’obiettivo appunto di ridurre le complicanze correlate con l’impianto di un dispositivo transvenoso tradizionale.

Il S-ICD è stato introdotto all’uso clinico in Europa tra dicembre 2008 e febbraio 200952 e rappresenta un nuovo dispositivo cardiaco impiantabile per il trattamento delle aritmie potenzialmente fatali. Il defibrillatore sottocutaneo, nella sua versione attuale, Emblem A219 MRITM model (Boston Scientific Corp., Marlborough, MA, USA), è costituito da un generatore sottocutaneo (130 g, 59.5 cc) e dall’elettrocatetere.

(36)

36

Il generatore è posizionato a sinistra, tra la linea ascellare media e la linea ascellare anteriore, a livello del 5°-6° spazio intercostale, ed è in grado di erogare fino a 5 shock di 80 J. Può erogare anche un pacing ventricolare transcutaneo a 50 bpm esclusivamente per un tempo limitato a 30 secondi dopo l’erogazione dello shock.

Il sistema è completato da un elettrocatetere parasternale tripolare in policarbonato uretano, posizionato, previa tunnellizzazione sottocutanea, lungo il margine sinistro dello sterno (più raramente a destra), costituito da due elettrodi di sensing (collocati uno a livello della giunzione manubrio-sternale e l’altro a livello del processo xifoideo), e un coil di shock lungo 8 cm interposto tra i due elettrodi53 (fig. 12).

(37)

37

La caratteristica peculiare del sistema è quella di lasciare il sistema vascolare e il cuore completamente “intatti” in quanto il posizionamento dell’elettrocatetere e del generatore avvengono esclusivamente per via sottocutanea (o intermuscolare tra il muscolo gran dorsale e il dentato anteriore per il generatore). Con questa modalità di impianto si annullano di fatto le potenziali complicanze meccaniche (pneumotorace, emotorace, perforazione delle camere cardiache) possibili con i tradizionali dispositivi transvenosi e si rende teoricamente più semplice e meno rischiosa un’eventuale procedura di estrazione in caso di necessità (infezione, malfunzionamento).

Il rilevamento del ritmo è ottenuto utilizzando uno di tre vettori formati tra gli elettrodi di sensing e il generatore di impulsi: il vettore primario tra l’elettrodo prossimale e il generatore (o CAN=Canister), il vettore secondario tra l’elettrodo distale e il CAN e il vettore alternativo tra l’elettrodo prossimale e l’elettrodo distale ottenendo una sensibilità maggiore nell’identificazione dei episodi aritmici (fig 13).

Figura 13. Radiografia toracica in un paziente con impianto di S-ICD.

Dimostrazione dei tre vettori di sensing. Bongiorni, M. G., Viani, S., Zucchelli, G., Di Cori, A., Segreti, L., Paperini, L., ... & Soldati, E. (2015). Subcutaneous implantable cardiac defibrillators: indications and limitations. Current heart failure reports, 12(1), 79-86

(38)

38

Il ritmo cardiaco viene analizzato acquisendo, secondo ognuno dei tre vettori, un segnale ad alta risoluzione simile all’ECG di superficie, fra cui viene selezionato quello col migliore rapporto fra onda R e onda T, per evitare fenomeni di doppio conteggio del QRS o di oversensing dell’onda T54. Gli interventi dell’S-ICD possono essere programmati secondo due zone di trattamento per frequenze cardiache fra 170 e 250 battiti minuto. Nella prima zona, le tachicardie con frequenze inferiori sono analizzate mediante algoritmi che sono in grado di discriminare le tachiaritmie atriali ad alta frequenza (tachicardia sinusale, fibrillazione/flutter atriali) in modo da poter ridurre i shock inappropriati. In questo caso il dispositivo scarica in modo “condizionato”, cioè solo se altri criteri, oltre alla frequenza, vengono soddisfatti. Nella zona delle frequenze più alte, invece, la modalità di trattamento è solo ”non-condizionata” e la frequenza cardiaca è l’unico criterio di intervento55. Nel caso in cui

il primo shock fosse inefficace il dispositivo inverte la polarità e scarica un altro shock. (Fig 14)

Figura 14. Rilevazione e trattamento di un episodio di fibrillazione ventricolare dal S-ICD.Lewis, G. F., & Gold, M. R. (2016). Safety and efficacy of the subcutaneous implantable defibrillator. Journal of the American College of Cardiology, 67(4), 445-454.

(39)

39

Dopo la rilevazione dell’aritmia segue la carica del condensatore che dura 14±2 secondi tempo durante il quale fa seguito la riconferma della tachiaritmia ventricolare per evitare il rilascio di shock inappropriati in caso di tachiaritmie ventricolari non sostenute53.

L’S-ICD scarica fino a 5 shock consecutivi a energia massima di 80 J con inversione automatica della polarità nel caso in cui il primo shock risulti essere inefficace56. Poiché l’S-ICD non dispone di una capacità di stimolazione, ne consegue che non è indicato nei soggetti con indicazione al pacing antibradicardico e nei soggetti in cui vi siano tachicardie ventricolari monomorfe che possano beneficiare della stimolazione ventricolare per interrompere l’aritmia (ATP) 52.

Gli shock inappropriati possono verificarsi per oversensing dell’onda T, rumore muscolare, doppio conteggio del complesso QRS e, nella maggior parte dei casi, possono essere trattai con la sola riprogrammazione del dispositivo (variazione del vettore di riconoscimento, variazione dei cut-off delle zone di intervento).

Le dimensioni del generatore che erano significativamente maggiore di quelle dei dispositivi transvenosi nella prima generazione (165 g x 69.9 cc) sono attualmente (terza generazione) prossime a quelle dei defibrillatori tradizionali. (fig.15) 57.

(40)

40

SQ-RX 1010 S-ICD System EMBLEM A219 S-ICD System Transvenous ICD

Il S-ICD di seconda generazione ha una durata della batteria di 7,3 anni da quanto riportato dal produttore57.

Dopo l’impianto il dispositivo viene testato con l’induzione di una fibrillazione ventricolare per verificarne l’efficacia nel riconoscimento e nella capacità di interrompere l’aritmia. Il test viene effettuato con la scarica uno shock di 65 J, così da garantire un margine di sicurezza di almeno15 J. Il S-ICD, trattandosi di un dispositivo sottocutaneo e non endocavitario, richiede una maggiore energia per una

Figura 15. S-ICD di prima e terza generazione, e ICD transvenoso a confronto. Lewis GF, Gold MR. Safety and efficacy of the subcutaneous implantable defibrillator. Journal of the American College of Cardiology. 2016;67(4):445-454.

(41)

41

defibrillazione efficace rispetto ai TV-ICD. Uno studio ha dimostrato che la soglia di defibrillazione media è stata 11,1 ± 8,5 J nel TV-ICD e 36,6 ± 19,8 J nel S-ICD52.

Efficacia, sicurezza e complicanze del S-ICD

L’efficacia del S-ICD nella terapia delle aritmie ventricolari potenzialmente letali è paragonabile a quella dei defibrillatori transvenosi, sia durante test che nella pratica clinica con percentuali di successo pari al 98.7% e al 98.2% rispettivamente5859. Lo sviluppo di algoritmi sofisticati dedicati alla discriminazione delle aritmie sopraventricolari ha ridotto significativamente il tasso degli shock inappropriati erogati da S-ICD.

Nel S-ICD gli algoritmi discriminativi includono tre componenti per ridurre il doppio conteggio: confronto della morfologia del ritmo cardiaco, dell’ampiezza dell’onda QRS con quello sinusale precedentemente memorizzato e l’analisi dei cambiamenti morfologici di ogni battito.

Il defibrillatore sottocutaneo risulta avere una sensibilità di rilevazione di TV e FV pari a 100% e una specificità dovuta alla programmazione in 2 zone di trattamento e all’esperienza dell’operatore pari a 98%6061. I pazienti che ricevono shock

inappropriati per oversensing dell’onda T, possono essere trattati con riprogrammazione del dispositivo 62.

Un'altra causa di shock inappropriati potrebbe essere un cambiamento morfologico dell’onda QRS (es. per blocco di branca) rispetto al modello sinusale memorizzato al momento del impianto. In questo caso è necessario far memorizzare al dispositivo la

(42)

42

nuova morfologia dell’onda QRS in modo confrontala durante gli episodi di aritmie ventricolari63.

Lo studio START (Transvenous Arrhythmia Recognition Testing) che poneva come obbiettivo il confronto tra l’algoritmo di discriminazione delle aritmie del sistema S-ICD con l’algoritmo di due diversi sistemi TV-S-ICD a singola e doppia camera ha dimostrato un’elevata capacità di riconoscere le tachiaritmie ventricolari sia nel sistema S-ICD (sensibilità 100%) sia nei sistemi TV-ICD (sensibilità >99%) 64. Questo studio ha confermato una specificità nettamente superiore di S-ICD nella discriminazione delle aritmie sopraventricolari, molto importante per ridurre gli shock inappropriati.

Sia gli shock inappropriati che gli shock appropriati aumentano la mortalità nei pazienti portatori di ICD65. Le problematiche principali riscontrate con S-ICD sono state: l’infezione del dispositivo, la dislocazione dell’elettrocatetere, l’ematoma di tasca o l’erosione superficiale. L’erosione della tasca si può verificare, più frequentemente nei soggetti magri e correlata con dimensioni del generatore maggiori rispetto al TV-ICD. La riduzione delle dimensioni del S-ICD, e il posizionamento intermuscolare tra il muscolo dentato e il muscolo grande dorsale ha portato a una significativa riduzione di questa complicanza.

Studi Clinici su S-ICD

I risultati dei principali studi clinici e registri condotti con S-ICD sono riportati nella tabella 252,62,64,66,67,68,59,69,70.

Facendo un’analisi complessiva si evidenzia come l’età media dei pazienti impiantati con S-ICD è di 47.6 anni. Come si può notare la popolazione dei pazienti impiantati con S-ICD è relativamente più giovane rispetto a quella dei pazienti con TV-ICD. I pazienti con cardiopatia ischemica rappresentano il 36.42% della popolazione quindi inferiore rispetto alla popolazione TV-ICD in quanto sono significativamente più

rappresentati i soggetti con cardiopatie aritmiche genetiche. L’indicazione all’impianto è stata in prevenzione primaria nel 66.48% dei pazienti. Il

(43)

43

Il follow up medio in questi pazienti è di 388 giorni e il 71.87% della popolazione è di sesso maschile. Per quanto riguarda le complicanze post-impianto del S-ICD abbiamo 6.5% di shock inappropriati dovuti principalmente a oversensing dell’onda T. Tale percentuale è paragonobile con quanto mediamente riportato dagli studi sui defibrillatori transvenosi. Le infezioni rappresentano il 3.08%, ma solo il 2.4% sono quelle che hanno richiesto l’espianto del sistema per la loro risoluzione 71 mentre le

dislocazioni dell’elettrocatetere sono l’1.04%. Tale incidenza si è notevolmente ridotta dopo l’aggiunta di una sutura di ancoraggio del catetere a livello del processo xifoideo. L’erosione del generatore rappresenta il 0.95% delle complicanze, in diminuzione dopo la riduzione delle dimensioni del dispositivo. L’ematoma di tasca rappresenta lo 0.29% delle complicanze. La terapia è stata erogata correttamente per 200 pazienti (9.49%) che hanno presentato episodi singoli o multipli (storm) di fibrillazione ventricolare o tachicardia ventricolare instabile. A seguito dei risultati estremamente incoraggianti di questi studi le linee guida della European Society of Cardiology del 2015 hanno inserito il defibrillatore sottocutaneo con una classe indicazione IIa, livello di evidenza C, “come alternativa al defibrillatore transvenoso nei pazienti con indicazione all’impianto di un defibrillatore che non necessitino di un pacing antibradicardico, di una terapia di resincronizzazione cardiaca o che abbiano avuto episodi di tachicardia ventricolare monomorfa suscettibili di essere trattati con ATP” e con una classe di indicazione IIb, livello di evidenza C “come un’utile alternativa al defibrillatore transvenoso quando l’accesso venoso sia difficoltoso o dopo la rimozione di un dispositivo transvenoso per un’infezione o in soggetti giovani che necessitino di una terapia con defibrillatore per un lungo periodo”1

(44)

44

Tabella 2. Dati relativi al follow up di 9 studi clinici

Studi Bardy et al. 52 Dabiri Abken ari et al66 Ayd in et al67 Jar ma n et al64 Olde Nord kamp et al.68 Köb e et al.67 Weis s et al.70 Lambia se et al. 62 Burke et al. 60 Totale (media) Nr di Pazienti 55 31 40 111 118 69 330 472 883 2109 Età 56 53 42 33 ND 46 52 49 50 47.6 anni Maschi 44 24 28 ND 86 50 224 340 640 71.8% Follow Up giorni 300 286 229 386 540 217 330 558 651 388 Frazione di eiezione 35 38 47 ND 41 46 36 42 39 39.6% Cardiopat ia Ischemica 37 18 9 15 45 11 137 166 330 768 (36.4%) Prevenzio ne Primaria 43 21 17 55 71 41 262 282 610 1402 (66.5%) Shock Inappropr iati 5 5 2 17 15 3 41 32 14 134 (6.4%) Shock Appropria ti 3 4 4 13 8 3 21 33 111 200 (9.5%) Infezioni 2 1 0 11 7 1 18 11 14 65 (3%) Migrazion e di EC 6 2 0 0 3 0 0 4 7 22 (1%) Erosione del dispositivo 0 0 0 2 2 0 0 4 12 20 (0.9%) Ematoma 0 0 0 0 0 1 0 1 4 6 (0.3%)

(45)

45 Vantaggi e Limiti del S-ICD.

Il defibrillatore sottocutaneo rappresenta una nuova tecnologia nel trattamento della morte improvvisa tachiaritmica. Questo sistema risulta essere molto sicuro in quanto non richiedendo un accesso venoso/endocardico annulla le complicanze meccaniche correlate con l’impianto come lo pneumotorace, la perforazione cardiaca o il danno vascolare/valvolare ed ugualmente elimina altre potenziali complicanze tardive come la trombosi venosa e l’infezione sistemica.

Inoltre l’impianto di un sistema completamente sottocutaneo riduce al minimo anche le complicanze dovute all’estrazione degli elettrocateteri in caso di malfunzionamento o infezione.

Figura 16. Confronto dell'efficacia e della sicurezza tra S-ICD e TV- ICD.Lewis, G. F., & Gold, M. R. (2016). Safety and efficacy of the subcutaneous implantable

(46)

46

L’impianto del dispositivo è possibile sulla base di semplici repere anatomici, eleminando l’esposizione del paziente ai raggi X, e comunque l’esposizione fluoroscopia può essere limitata a una decina di secondi per verificare il corretto posizionamento del elettrocatetere.

Il complesso di questi vantaggi lo rendono una tecnologia particolarmente appropriata per i soggetti più giovani e comunque con lunga aspettativa di vita nei quali il rischio di sviluppare complicanze tardive con un dispositivo transvenoso (infezioni, malfunzionamenti) sarebbe significativamente elevato.

Il defibrillatore sottocutaneo non ha capacità di stimolazione cardiaca se non per un periodo di 30 secondi dopo l’erogazione di uno shock, pertanto non può essere impianto in soggetti con indicazione al pacing antibradicardico o alla terapia di resincronizzazione cardiaca La mancanza della funzione di pacing anti-tachicardico (ATP), può aumentare l’incidenza degli shock non necessari nei pazienti che sviluppano tachicardie ventricolari monomorfe.

Le dimensioni maggiori del generatore comportavano un rischio più elevato di erosione locale, ma dopo la riduzione delle dimensioni del dispositivo, questa complicanza risulta essere meno frequente.

La durata della batteria attualmente di 7.3 anni e risulta essere tuttora inferiore rispetto alla durata della batteria del TV-ICD monocamerale (>10 anni).

Il tempo per l’erogazione dello shock risulta essere superiore rispetto al tempo che necessita il defibrillatore transvenoso in quanto il S-ICD eroga un’energia di 80 J per cui richiede più tempo alla carica del condensatore.

Gli sviluppi futuri di questa tecnologia prevedono comunque una ulteriore riduzione delle dimensioni, un prolungamento della durata della batteria e la possibilità di effettuare una terapia di pacing antibradicardico e ATP in associazione con un pacemaker leadless pertanto, molti degli attuali limiti saranno probabilmente superati.

(47)

47

2. Lavoro Sperimentale

Il Defibrillatore Sottocutaneo Impiantabile: Confronto tra la

popolazione di pazienti sottoposti de novo a impianto di S-ICD e

pazienti impiantati con S-ICD dopo l’estrazione di un TV-ICD

2.1 Scopo dello studio

Questo studio si presenta come studio osservazionale e prospettico il cui obiettivo è quello di confrontare 3 popolazioni di pazienti sottoposti all’impianto di defibrillatore sottocutaneo e dimostrare, tramite la raccolta dei dati del follow up eseguito preso il nostro centro l’efficacia e la sicurezza del defibrillatore sottocutaneo quando utilizzato de novo in una popolazione di pazienti con prima indicazione all’impianto di un ICD e in soggetti già portatori di un sistema di defibrillazione transvenoso che è stato rimosso per infezione e/o altra causa.

2.2 Popolazione dello Studio

Lo studio ha arruolato pazienti con indicazione di classe I e II all’impianto di un ICD secondo le linee guida ESC1 per la prevenzione della morte improvvisa cardiaca e privi di controindicazioni specifiche al defibrillatore sottocutaneo, come la necessità di un pacing permanente, di terapia di resincronizzazione cardiaca (CRT) o il riscontro anamnestico di tachicardie ventricolari trattabili con pacing anti-tachicardico (ATP). Dall’aprile 2011 ad aprile 2017 presso l’UO Cardiologia 2 dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana sono stati realizzati 81 impianti di defibrillatore sottocutaneo (fig 17).

(48)

48

Figura 17. Impianti di S-ICD dall'aprile 2011 ad aprile 2017 presso l’UO Cardiologia 2 AOUP

La popolazione globale dei pazienti impiantati con S-ICD dall’aprile 2011 all’aprile 2017 aveva un’età media di 44.71±14.9 anni. La frazione di eiezione media è del 51.71±14.9%. L’indicazione all’impianto era la prevenzione primaria in 48 pazienti (59.3%) e la prevenzione secondaria in 33 pazienti (40.7%).

Gli 81 pazienti sono stati suddivisi e analizzati in 3 gruppi separati composti da:  23 pazienti (28%) impiantati con S-ICD per sostituire un precedente TV-ICD

estratto per infezione locale o sistemica.

 16 pazienti (20%) impiantati con S-ICD per sostituire un precedente TV-ICD estratto per motivi diversi dall'infezione.

 42 pazienti (52%) impiantati con S-ICD de novo senza un precedente TV-ICD. 0 5 10 15 20 25 Apr-Dic 2011 anno 2012 anno 2013 anno 2014 anno 2015 anno 2016 Gen-Apr 2017 Series1 1 2 9 13 24 23 9 1 2 9 13 24 23 9 N r d i Pa zient i im p ian ta ti

(49)

49

Popolazione dei pazienti sottoposti a espianto di un defibrillatore tranvenoso per cause infettive e reimpiantati con S-ICD.

In questo gruppo composto da 23 pazienti (28%) la causa dell’espianto del precedente defibrillatore TV-ICD è stata l’infezione del sistema. Un’infezione sistemica era presente in 17 pazienti (74%), mentre 6 pazienti (26%) avevano una infezione locale. (fig 18).

Di questo gruppo 19 sono maschi (83%), e l’età media al momento dell’impianto è di 49.79 ± 14.87 anni (range 25-76). La frazione di eiezione media del ventricolo sinistro è 47. 21 ± 11,4%.

La più frequente patologia sottostante è risultata essere la displasia aritmogena del ventricolo destro (ARVD), presente in sette pazienti (30%); la cardiomiopatia

74% 26%

Infezione sistemica Infezione locale

Figura 18. Rappresentazione grafica del tipo di infezione nel primo gruppo di pazienti impiantati con S-ICD precedentemente espiantati per infezione.

(50)

50

dilatativa (DCM) e la cardiopatia ischemica (CAD) costituivano la malattia di base in quattro pazienti (17.5%) ciascuna; la cardiopatia valvolare era presente in tre pazienti (13%) , la cardiopatia ipertrofica e fibrillazione ventricolare idiopatica (FVI) erano presente in due pazienti (9%) ciascuna, infine un paziente era affetto da una cardiopatia congenita complessa operata (GUCH, 4%) .

I pazienti con cardiopatia ipertrofica, fibrillazione ventricolare idiopatica, displasia aritmogena del ventricolo destro, cardiopatia congenita complessa costituiscono il 52% del campione è la loro età media è 40.83±10.7 anni con frazione di eiezione media 53.75±8.17.

I pazienti con cardiopatia ischemica, cardiomiopatia dilatativa e cardiopatia valvolare rappresentano il 48% del campione con età media di 61.1±10.88 anni e frazione di eiezione media del 39.9±9.87%.

La frazione di eiezione risulta significativamente inferiore (p<0.01) nel gruppo di pazienti con cardiopatia ischemica e cardiomiopatia dilatativa in ragione della dal meccanismo fisiopatologico della malattia.

L’indicazione all’impianto era la prevenzione primaria della morte improvvisa in otto pazienti (35%). Negli altri quindici pazienti (65%) il dispositivo è stato impiantato in prevenzione secondaria; sette (30%) avevano nella loro storia episodi di fibrillazione ventricolare e otto (35%) episodi di tachicardia ventricolare rapida.

La tabella 3 riporta l’indicazione all’impianto suddivisa per le singole patologie cardiache.

(51)

51

Tabella 3. Indicazioni all’impianto in correlazione alla patologia cardiaca di base nel campione dei pazienti sottoposti a estrazione di precedente TV-ICD per

infezione e reimpiantati con S-ICD.

Patologia Cardiaca

Prevenzione Primaria Prevenzione Secondaria

Cardiopatia ipertrofica 1(4.3%) 1(4.3%) GUCH 0 1 (4.3%) ARVD 3 (13%) 4 (17.3%) Cardiopatia valvolare 1 (4.3%) 2 (8.8%) Cardiopatia ischemica 2 (8.8%) 2 (8.8%) Cardiomiopatia dilatativa 1 (4.3%) 3 (13%) FV idiopatica 0 2 (8.8%) Totale 8 (34.7) 15 (65.3)

Abbreviazioni: GUCH, Cardiopatia congenita complessa operata; TV, tachicardia ventricolare; FV, fibrillazione ventricolare;ARVD ,displasia aritmogena del ventricolo destro.

In questo campione il motivo principale che ha portato all’impianto di S-ICD in sostituzione del precedente TV-ICD infetto è stato l’alto rischio infettivo, trattandosi di soggetti che già avevano sviluppato un’infezione della loro precedente protesi e la giovane età dei pazienti (media 49.79 ± 14.87 anni).

(52)

52

Inoltre 2 pazienti (9%) presentavano ostruzione bilaterale dei vasi venosi, mentre un altro paziente (GUCH) presentava un accesso venoso complesso, condizioni che avrebbero reso difficile/impossibile il reimpianto di un sistema transvenoso.

Popolazione dei pazienti sottoposti a espianto di un defibrillatore tranvenoso per cause non infettive e reimpiantati con S-ICD

In questo gruppo composto da 16 pazienti (20%) la causa dell’espianto è stata in 12 pazienti (75%) il malfunzionamento dell’elettrocatetere da defibrillazione transvenoso, mentre nei restanti 4 pazienti (25%) la causa dell’estrazione dell’elettrocatetere è stata una trombosi venosa sintomatica che, in 2 pazienti (12.5%), ha portato allo sviluppo di una sindrome della vena cava superiore.

In questa popolazione 12 pazienti (75%) sono di sesso maschile, l’età media della popolazione al momento del impianto era 40.12±12.23 anni (range 20-64) e la frazione di eiezione media era 56.87±6.64%. La patologia sottostante era una displasia aritmogena del ventricolo destro in 7 pazienti (43.75%), una sindrome di Brugada in 4 pazienti (25%), una sindrome del QT lungo in 2 pazienti (12.5) e, rispettivamente, una cardiopatia ischemica, una cardiomiopatia dilatativa e una fibrillazione ventricolare idiopatica nei restanti 3 pazienti (6.25%).

Figura 19. Quadro radiografico di un paziente maschio di 30 anni affetto da sindrome di Brugada, in

Riferimenti

Documenti correlati

Barone, Filippo Bernasconi, Michela Bevilacqua, Daniele G.Biasucci, Luciani Bortone, Antonella Capasso, Davide Celentano, Rita Celli, Giorgio Conti, Alessandro Crocoli,

Il defibrillatore rileva l’installazione della speciale cartuccia di elettrodi SMART pediatrici e riduce automaticamente l’energia utilizzata a un livello adeguato per il

CONSIDERATA l'urgenza dell'approvvigionamento del materiale in oggetto e l'importo modico della fornitura di cui approvvigionarsi in urgenza nelle more dell'espletamento della gara,

srl – MEDICAL CARE SYSTEMS con sede in Via Sestri 38/2 - Genova, già aggiudicataria del servizio di gestione, assistenza e manutenzione delle apparecchiature elettromedicali

Considerato che a seguito della segnalazione pervenuta dalla Sede INAIL di Lanciano in data 22/02/2019, si evidenziava la prossima scadenza della batteria di riserva per

ditta Sago Medica - Pieve di Cento Costo totale Euro 2.010,00 IVA esclusa;.

Boraso ha sentitamente ringraziato l’Associazione “ non solo per la preziosa donazione, che incrementa l’opportunità di cardioprotezione di una sede importante dell’ASL , ma

Il defibrillatore biventricolare è uno speciale pacemaker che possiede - oltre alla funzione di stimolare il cuore - altresì la funzione di interrompere, con una scarica