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L'attività fisica nella prevenzione e nel trattamento dell'osteoporosi

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Academic year: 2021

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INDICE Pag. Introduzione Epidemiologia... 2 Fisiopatologia dell'osteoporosi... 4 Forme di osteoporosi... 8 Fattori di rischio... 10 Osteoporosi e farmaci Osteoporosi e prodotti finali della glicazione avanzata... 15

Metodi di misurazione... 18

La prevenzione... 21

Test dell'International Osteoporosis Foundation Osteoporosi e nutrizione... 24

Prevenire le fratture e il rischio di cadute... 27

Attività fisica e osteoporosi... 28

La seduta allenante L'allenamento vibratorio... 41

Programma di allenamento vibratorio Attività fisica e massa ossea... 45

Meccanismi d'azione della attività fisica nell'osteoporosi... 46

Esercizio fisico e ormoni sessuali... 50

Ulteriori effetti dell'attività sul tessuto osseo... 53

Esercizio fisico e metabolismo Conclusioni... 55

Sitografia Bibliografia

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INTRODUZIONE

L’osteoporosi è una malattia scheletrica sistemica caratterizzata da una riduzione della massa ossea e da un’alterazione della microarchitettura del tessuto osseo, con conseguente aumento della fragilità ossea e del rischio di frattura.

Il rapporto tra la componente minerale e quella organica è normale.

È da evidenziare che l’osteoporosi, pur essendo considerata una patologia ossea, può essere anche valutata, se non adeguatamente prevenuta e/o trattata, come un processo para-fisiologico la cui presenza predispone a varie condizioni patologiche che conducono principalmente a:

‒ diminuzione della qualità e della speranza di vita;

‒ maggior rischio di fratture patologiche (es. alla colonna vertebrale).

L’aumento di rischio di fratture patologiche può sviluppare complicanze come ad esempio immobilismo e/o altre menomazioni. L’immobilismo può condurre, a sua volta, ad una serie di effetti negativi sul corpo e sul suo funzionamento che comprendono conseguenze, sull’apparato cardiocircolatorio, respiratorio, gastroenterico, urinario, tegumentario e sul sistema nervoso e psichico.

EPIDEMIOLOGIA

La crescente diffusione della malattia osteoporotica è stata evidenziata da studi epidemiologici, questo perché le condizioni patologiche ossee, con l’aumento significativo della vita media della popolazione, sono diventate più evidenti a causa della progressione della sua gravità che cresce con l’invecchiamento dell’individuo.

Gli studi epidemiologici indicano che l’osteoporosi costituisce un importante problema sociale, economico e sanitario.

Nei Paesi del mondo occidentale coinvolge milioni di persone soprattutto nei soggetti anziani e le fratture, a essa associate, hanno un enorme impatto in termini di morbilità e mortalità.

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di persone in Europa, Giappone e USA sono affette da osteoporosi che, nella sola Europa e USA, causa più di 2,3 milioni di fratture ogni anno. Riferendosi alle sole fratture di femore, si stima che nel 1990 se ne siano verificate tra 1,3 e 1,7 milioni e nel 2025 si possa arrivare a 3 milioni.

Nel grafico sono riportate le percentuali in relazione all'età, nel sesso femminile caucasico: Età 25 50 65 80 Normale 84% 66% 40% 10% Osteopenia 15% 33% 40% 35% Osteoporosi 1% 1% 13% 27% Osteop. severa 1% 1% 7% 27%

In Italia la prevalenza stimata dell’osteoporosi nelle donne è circa del 15% per la fascia d’età compresa tra 50-59 anni, del 25% tra 60-69 anni, del 40% tra 70-79 anni e persino superiore al 50% per un’età oltre gli 80 anni.

Così una donna su due over 50 e un uomo su cinque avranno una frattura osteoporotica nella restante vita.

L'osteoporosi maschile è più rara rispetto al sesso femminile: conta 1.5 milioni di uomini con età superiore ai 65 anni con osteoporosi e 3.5 million over 65 con osteopenia.

Le fratture di femore compaiono tra i 5 e i 10 anni più tardi rispetto al sesso femminile e la percentuale di fratture del femore e delle vertebre è 1/3 rispetto a quella delle donne.

Solo circa il 30% dei casi ha una diagnosi corretta, il 70% dei casi rimangono non diagnosticati.

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Il rischio di fratture osteoporotiche aumenta con l'aumentare dell'età e un'ampia quota di fratture veretbrali resta non diagnosticata.

FISIOPATOLOGIA DELL'OSTEOPOROSI

Il sistema scheletrico svolge, oltre a quella di sostegno, importanti funzioni:

‒ protezione di parti molli e delicate, come nella scatola cranica e nella gabbia toracica; ‒ equilibrio insieme a muscoli e articolazioni con il controllo dei nervi;

‒ movimento essendo strettamente connesso ai muscoli;

‒ emopoiesi, ovvero di produrre globuli rossi, bianchi e piastrine tramite il midollo osseo; ‒ plasticità, in quanto dà forma al corpo;

‒ deposito di sali minerali.

L’osso è costituito da un tessuto connettivo specializzato, una particolare struttura composita, nella quale una matrice, fatta di fibre collagene e di una vasta gamma di altre proteine, è impregnata di minerali, in particolar modo di calcio. Nonostante la sua durezza, e quindi l'apparente staticità, l'osso è estremamente dinamico ed in continua evoluzione. Avvengono, infatti, costantemente due processi: uno di lenta neodeposizione e l'altro, più rapido, di riassorbimento. E' così consentito un perenne rimodellamento della struttura macro e microscopica; uno scambio con tutti i tessuti dell'organismo attraverso il mezzo di trasporto garantito dal sangue. Le ossa, che hanno una quantità di calcio quasi mille volte superiore ai circa 1,5 grammi presenti complessivamente nei liquidi extracellulari, rappresentano un enorme serbatoio di questo ione ed hanno quindi

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un’importante funzione nel tener costante la concentrazione di calcio nei liquidi corporei. Nel caso vi sia carenza di calcio nel sangue, questo viene mobilizzato dalle ossa, mentre, in caso di eccesso, questo ione viene depositato nelle ossa del nostro scheletro. Il ciclo vitale dell‘osso è caratterizzato dalla continua produzione di nuova matrice e dalla cancellazione della vecchia, in un costante processo dinamico che prende il nome di metabolismo osseo.

Nell‘osso sono presenti:

• MATRICE, dove precipitano i sali di calcio e determinano, quindi, la deposizione di nuovo osso. Cellule chiamate osteoblasti, che secernono una sostanza proteica.

• CELLULE chiamate osteoclasti, che digeriscono la matrice proteica, liberano i sali che qui erano precipitati e determinano, quindi, il riassorbimento osseo.

Grazie a queste proprietà, l’osso è in grado di reagire elasticamente alle forze meccaniche e, se si rompe, ripara se stesso riacquistando la sua forma originaria.

L'osso può assumere due diverse organizzazioni spaziali: l’osso compatto o corticale: • rappresenta l'80% dello scheletro;

• è componente quasi esclusiva delle ossa lunghe e piatte;

• assume nelle ossa lunghe forma tubolare, delimitando il canale midollare;

• ha un comportamento anisotropo, presenta cioè maggiore resistenza alle forze applicate secondo il suo asse verticale;

• ha una densità di 1,8 g/cm3. L’osso trabecolare o spugnoso:

• è organizzato in trabecole, prevalentemente orientate in senso perpendicolare tra loro; • le trabecole verticali sono più grosse e sopportano il carico;

• le trabecole orizzontali stabilizzano le verticali;

• la parte di spazio non occupata da tessuto osseo è costituita da midollo ematopoietico e tessuto adiposo;

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• la sua densità può variare tra 0,1 ed 1 g/cm3.

Tra i due, il tessuto osseo trabecolare ha un grosso rilievo clinico, perché è l'osso meno denso. La resistenza alla compressione aumenta, infatti, in modo proporzionale al quadrato della densità. Le fratture avvengono, quindi, più frequentemente nelle sedi in cui l'osso spugnoso è percentualmente più rappresentato.

Va ricordato che, in condizioni normali, l’azione demolitrice degli osteoclasti è perfettamente bilanciata dalla continua produzione di materiale osseo da parte degli osteoblasti. In particolari situazioni questo equilibrio si può spezzare e ad esempio, con l’osteoporosi si ha, come dice il nome stesso, una rarefazione dell’osso in cui la matrice, che è paragonabile ad una rete a maglia fine, si dirada.

L'osso è un tessuto complesso in continua evoluzione che implica l’esistenza di processi di edificazione di nuove cellule ossee (calcificazione) più lento nelle zone dell’osso che vanno irrobustite e processi di demolizione (assorbimento) più rapido nelle zone che possono essere alleggerite. La continua attività, ovvero il “turnover osseo”, si svolge parallelamente sullo stesso osso ma in zone diverse rendendo le ossa più idonee alle esigenze funzionali delle varie età.

La perdita della massa ossea è entro certi limiti un’inevitabile conseguenza dell’invecchiamento (osteoporosi senile), ma può anche essere una malattia metabolica, in cui la perdita di matrice ossea non viene compensata dalla produzione di nuovo osso. La presenza del turnover osseo permette all’osso, passando attraverso fasi di trasformazione e rimodellamento, di modificarsi continuamente e continuamente di ripararsi; la densità di massa ossea (Bone Mass Density, BMD) costituisce il corrispondente al contenuto di minerali che risulta caratteristico per ciascuna fase; fasi che possono essere così riassunte:

La FASE DI INCREMENTO della massa ossea segue a grandi linee l'andamento della crescita staturale, anche se presenta una durata maggiore. Questa fase caratterizza le prime due decadi di vita, è analoga nei due sessi ed ha una fase di massima ascesa durante l'adolescenza.

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RAGGIUNGIMENTO DI PICCO OSSEO: (Bone Mass Peak, BMP) il BMP rappresenta la quantità di tessuto minerale osseo presente alla fine dell’accrescimento ed è caratteristico per ciascun individuo (16-18 anni per le femmine e 20-22 per i maschi);

Periodo di CONSOLIDAMENTO, caratterizzato da una continua, lenta ascesa fino ai 30-35 anni di età. La differenza tra i due sessi è evidente: infatti il contenuto medio di minerale osseo a livello appendicolare risulta pari a 0,75 g/cm2 per le donne e 0,85 g/cm2 per gli uomini.

La FASE DI DECREMENTO che prosegue per tutta la vita, in cui si ha una progressiva e continua riduzione di massa ossea. Qui le differenze in base al sesso sono molto marcate. La perdita d'osso legata all'invecchiamento, che si svolge in circa 40 anni, è quindi sufficiente a portare una quota importante di donne ed in parte uomini in una situazione di particolare fragilità ossea che li predispone a fratture anche per eventi traumatici minimi.

Una certa quantità di massa ossea si riduce fisiologicamente ed inevitabilmente con l'età, tale riduzione viene definita OSTEOPENIA;

quando il processo demineralizzante diventa particolarmente intenso e prolungato al punto da determinare fratture per traumi di modesta entità, si parla di OSTEOPOROSI. L’osservazione dell’andamento dell’osteopenia può servire da campanello d’allarme per

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l’accadimento delle condizioni patologiche che conducono non solo all’osteoporosi, ma anche all’altra malattia metabolica delle ossa, ovvero l’osteomalacia.

A differenza dell'osteoporosi, l’osteomalacia è il risultato di un difetto nel processo di costruzione delle ossa che le rende morbide in quanto presenta un'alterazione di tipo qualitativo, principalmente per difetto della mineralizzazione della matrice proteica.

FORME DI OSTEOPOROSI

L’osteoporosi può colpire ad ogni età, anche se il picco di incidenza è nell’età matura ed anziana, può essere primaria o secondaria.

L’OSTEOPOROSI PRIMARIA è a sua volta classificata in: OSTEOPOROSI POSTMENOPAUSALE

• associata alla ridotta secrezione di estrogeni

• riscontrabile nel 5-29% delle donne dopo la menopausa • compare entro i primi 20 anni dall’inizio della menopausa

• la perdita ossea, molto accelerata nel periodo peri-menopausale, può raggiungere una perdita del 5% della massa ossea totale all’anno

• interessa prevalentemente l'osso trabecolare con effetti particolarmente evidenti a livello della colonna vertebrale, dove il turn-over osseo é elevato

• le fratture vertebrali rappresentano la situazione clinica più comune in questi casi.

OSTEOPOROSI SENILE

• può colpire entrambi i sessi dopo i 70 anni di età • può interessare fino al 6% della popolazione anziana

• la perdita di massa ossea interessa sia l'osso trabecolare che quello corticale

• le fratture possono interessare non solo la colonna vertebrale, ma anche le ossa lunghe, il bacino e altre sedi

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dell'estremità distale del radio, dell'omero.

L’ osteoporosi di tipo 2 o senile ovvero conseguente alla perdita di massa ossea legata all'età, sarebbe spiegata dal fatto che a partire dalla terza decade di vita si verifica una diminuzione del numero dei recettori intestinali per la vitamina D attivata, con una riduzione dell'assorbimento intestinale di calcio. Questo porta all'instaurarsi di un iperparatiroidismo secondario, con successivo aumento nella produzione di vitamina D attivata e normalizzazione dell'assorbimento intestinale di calcio, a fronte però di un aumento del turnover osseo. A causa della riduzione dell'attività osteoblastica legata all'età, questo porta inevitabilmente ad uno squilibrio a favore dei processi di riassorbimento.

L'iperparatiroidismo secondario interessa principalmente l'osso corticale, e si associa all'aumento delle fratture femorali.

OSTEOPOROSI GIOVANILE

Può colpire a tutte le età; è una forma decisamente meno frequente dell'osteoporosi post-menopausale e senile.

La diagnosi di osteoporosi nei giovani adulti (20-50 anni), ad oggi, risulta essere scarsamente definita. Spesso la difficoltà maggiore risiede nel discriminare soggetti giovani sani con una ridotta densità minerale ossea rispetto ai soggetti affetti realmente da una condizione di osteoporosi a causa di una sottostante malattia cronica.

Nei bambini e negli adolescenti si definisce ridotta densità minerale ossea la presenza di uno Z-score inferiore a -2.

OSTEOPOROSI IDIOPATICA

I soggetti affetti da questa forma di osteoporosi rara hanno in genere un difetto nella formazione ossea che conduce a diminuita acquisizione di massa ossea. E’ opportuno indagare la familiarità per fratture di fragilità in soggetti con una densità minerale ossea marcatamente ridotta. Potrebbe essere responsabile della fragilità ossea una mutazione autosomica-dominante o autosomica-recessiva.

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L'OSTEOPOROSI SECONDARIA

Rispecchia l’incidenza delle malattie e/o condizioni cliniche e/o uso cronico di farmaci a cui è associata.

Le condizioni cliniche a cui si associa l’osteoporosi secondaria sono:

• ipogonadismo e malattie endocrino-metaboliche (sindrome di Cushing, tireotossicosi, iperparatiroidismo)

• malattie neoplastiche e terapie correlate

• alcune malattie croniche (insufficienza renale cronica, broncopneumopatia cronica ostruttiva, l’insufficienza cardiaca cronica congestizia)

• le connettivopatie e le malattie infiammatorie croniche (artrite reumatoide, spondilite anchilosante, ecc)

• alcune malattie gastrointestinali (celiachia) • deficit nutrizionali, abuso alcolico cronico • immobilità prolungata

• uso cronico di farmaci (corticosteroidi, immunosoppressori, ormoni tiroidei, anticonvulsivanti).

FATTORI DI RISCHIO

Il fattore di rischio principale per le donne è costituito dal deficit di estrogeni soprattutto se precoce, cioè prima dei 45 anni. Anche una menopausa chirurgica è tanto più negativa per lo scheletro quanto più è stata eseguita presto nella vita. Esistono comunque molti fattori collegati ad un rischio più elevato di osteoporosi. Se diversi fattori di rischio sono associati, anche il rischio di osteoporosi è aumentato in proporzione.

L’assenza di fattori a rischio non esclude comunque in nessun caso la possibilità di un’osteoporosi. Infatti il 30% di donne affette da osteoporosi non hanno nessun fattore di rischio.

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FATTORI DI RISCHIO NON MODIFICABILI: • Età

• Sesso femminile, le fratture causate dall’osteoporosi sono due volte più frequenti tra le donne che tra gli uomini.

• Razza bianca e orientali

• Precedenti familiari. Se si ha un genitore o un parente affetto da osteoporosi il rischio aumenta, soprattutto se in famiglia ci sono stati casi di fratture in passato.

• Pregressa frattura (dopo i 45 anni) • Menopausa precoce (prima di 45 anni)

• Ormoni tiroidei. L’osteoporosi può anche essere causata dall’eccesso di ormoni tiroidei. Questa situazione si può verificare perché la tiroide è più attiva del normale ipertiroidismo, oppure perché si assumono quantità eccessive di ormoni tiroidei per curare una tiroide meno attiva del normale, ipotiroidismo.

•Uso di corticosteroidi. L’uso protratto di corticosteroidi, ad esempio di prednisone, cortisone, prednisolone e desametasone è dannoso per le ossa. Questi farmaci sono usati in molti casi per curare i disturbi cronici, come l'asma, l'artrite reumatoide e il lupus e probabilmente non potrete interrompere la terapia per diminuire il rischio di osteoporosi.

FATTORI DI RISCHIO MODIFICABILI:

• Abuso di bevande alcoliche. Il consumo regolare di più di due bicchieri di alcolici al giorno fa aumentare il rischio di osteoporosi, forse perché l’alcool interferisce con l’assorbimento del calcio da parte dell’organismo.

• Tabagismo

• Scarsa attività fisica. Chi sta a lungo seduto ha maggiori rischi di soffrire di osteoporosi rispetto a chi è più attivo.

• Alimentazione povera di calcio e disturbi alimentari • Costituzione magra (BMI <18 kg/m2)

Lo scarso apporto di calcio, se si protrae per tutta la vita, ha un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’osteoporosi. L’apporto insufficiente contribuisce alla diminuzione della densità ossea e al deperimento osseo precoce, quindi fa aumentare il rischio di fratture. • Scarsa esposizione al sole

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Malattie predisponenti:

• Malassorbimento (celiachia, resezioni intestinali, insufficienza pancreatica) • Malattie intestinali infiammatorie

• Malattie reumatiche infiammatorie (artrite reumatoide, collagenos • Insufficienza renale cronica

• Insufficienza epatica

• Anoressia nervosa e disordini alimentari

OSTEOPOROSI E FARMACI

Numerosi sono i farmaci che interagiscono con il metabolismo osseo attraverso tre meccanismi principali:

✗ l'aumentata attivazione osteoclastica e induzione di un elevato turnover osseo; ✗ la soppressione diretta della neoformazione ossea osteoblastica ;

✗ l'inibizione della normale mineralizzazione osteoide.

La perdita di massa ossea indotta da farmaci può verificarsi con frequenza variabile.

In ogni caso essa può essere prevenuta o trattata se si conoscono i potenziali effetti osteopenizzanti che tali farmaci esercitano, alterando l’omeostasi di calcio, vitamina D e PTH, fattori locali e ormoni endocrini e paracrini.

L’utilizzo di questi farmaci, riducendo la massa ossea, determinerebbe le fratture, pertanto è importante un uso prudente dei seguenti farmaci, impiegando le dosi minime efficaci e limitandone la somministrazione al tempo strettamente necessario.

CORTISONICI

Sono farmaci antinfiammatori che agiscono bloccando la dilatazione capillare, l'edema locale, la sintesi delle prostaglandine; rappresentano un importante punto di riferimento nella cura delle malattie reumatiche infiammatorie croniche e autoimmuni. (Methotrexate, Arava, ecc.)

L'effetto collaterale dei cortisonici è l'osteoporosi, difatti viene generalmente associata l'assunzione di Vitamina D e Calcio per prevenire e ritardare l'indebolimento della massa ossea.

GLUCOCORTICOIDI

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collaterali, tra i quali l’osteoporosi risulta uno dei più invalidanti.

La perdita di massa ossea indotta dai glucocorticoidi, così come il rischio di fratture, è correlata alla dose assunta e alla durata del trattamento steroideo.

La terapia a lungo termine con glucocorticoidi è causa di fratture in circa il 50% dei pazienti. Da un punto di vista istomorfometrico, l’osso esposto cronicamente ai glucocorticoidi è caratterizzato da una marcata carenza di matrice osteoide, da una ridotta apposizione minerale e da un ridotto spessore delle trabecole.

L’osteoporosi indotta dai glucocorticoidi è generalmente più rapida nei primi 6-12 mesi di terapia; ciò sottolinea la velocità di perdita ossea derivante dal loro duplice effetto di inibizione della neoformazione e di incremento del riassorbimento osseo.

L’osteoporosi indotta dai glucocorticoidi è caratterizzata da un interessamento maggiore a carico della componente trabecolare.

L’esposizione prolungata a concentrazioni sovrafisiologiche di glucocorticoidi inibisce l’attivazione degli osteoblasti maturi, interferisce con la maturazione dei precursori degli osteoblasti e con la loro capacità di aderire alla matrice e di produrre proteine collageniche e non. Oltre a questo effetto diretto, i glucocorticoidi aumentano il riassorbimento osseo soprattutto tramite un’inibizione della secrezione di gonadotropine, con conseguente calo dei livelli di estrogeni e androgeni che determina un’accellerata perdita di massa ossea.

ORMONI TIROIDEI

Alcuni studi hanno dimostrato che il trattamento prolungato con dosi sovrafisiologiche di tiroxina, può predisporre e accelerare la perdita di massa ossea dovuta ad un elevato turnover osseo a causa della più accentuata frequenza di attivazione delle unità di rimodellamento osseo trabecolare e corticale. Si verifica pertanto un bilancio osseo negativo, aumentati livelli di calcio plasmatico e conseguente ridotto assorbimento intestinale di calcio. A ciò si associa anche un amento della perdita renale di calcio, conseguenza del maggior riassorbimento dell’osso e della fosforemia.

MEDROSSIPROGESTERONE ACETATO

Progestinico, generalmente somministrato nella sindrome premestruale, nella sindrome del dolore pelvico, nell’endometriosi, e nel cancro mammario in donne in premenopausa.

Mentre nelle donne in postmenopausa ha un effetto benefico sul tessuto osseo, il MPA nelle donne in premenopausa determina una perdita dell’osso trabecolare.

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EPARINA

La terapia cronica con eparina ad alte dosi è associata a osteoporosi, con azione reversibile dopo la sospensione della terapia. Il meccanismo d’azione, non ancora del tutto chiaro, determinerebbe una diminuita formazione ossea, un aumentato riassorbimento o in una combinazione di questi due fattori.

La dose critica di eparina in grado di causare una riduzione della densità minerale ossea e fratture, soprattutto vertebrali, è risultata essere superiore a 15000 U/die, somministrata per almeno 3 mesi. Gli effetti sull’osso appaiono essere legati alla dose, piuttosto che alla durata del trattamento.

L’eparina in vitro potenzia l’attività osteoclastica, riduce l’attività osteoblastica, la sintesi della matrice ossea, l’attività di fattori di crescita e il metabolismo della vitamina D.

ANTICONVULSIVANTI

L’assunzione cronica di anticonvulsivanti causa un’alterazione dose-dipendente del metabolismo di calcio e vitamina D, correlata alla durata della terapia e ai regimi polifarmacologici. Questi farmaci accelerano il catabolismo della vitamina D a metaboliti inattivi con conseguente riduzione dell’assorbimento intestinale di calcio e del fosforo e quindi iperparatiroidismo secondario.

Nei pazienti che assumono questa tipologia di farmaci presentano bassi livelli di calcio e vitamina D. I casi di media severità presentano alto turnover osseo (osteopenia/osteoporosi) mentre nei casi più severi si possono manifestare disordini osteomalacici.

Per mantenere i livelli adeguati di calcio è raccomandata la supplementazione di calcio e vitamina D.

ANTIDEPRESSIVI

Gli antidepressivi triciclici e gli inibitori selettivi della serotonina sono associati ad un aumentato rischio di fratture da fragilità. L’eziologia di tale correlazione rimane inspiegata. Sono necessari ulteriori studi per stabilire la relazione tra antidepressivi e fratture, nei pazienti che assumono questa tipologia di farmaci è consigliata un’eventuale assunzione di calcio e vitamina D.

β - BLOCCANTI

I β-bloccanti sono ampiamente usati nel trattamento dell’ipertensione arteriosa e delle sue complicanze, della cardiopatia ischemica e dello scompenso cardiaco, il loro uso è strettamente associato ad una riduzione della mortalità cardiovascolare. L'ipertensione arteriosa e

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l'osteoporosi sono patologie con elevata prevalenza nella popolazione anziana, per tale motivo sarebbe utile identificare trattamenti farmacologici capaci di agire contemporaneamente su entrambe le suddette condizioni.

Uno studio ha esaminato l'effetto protettivo dei farmaci beta bloccanti (BB) e della loro selettività recettoriale sull'incidenza di fratture rispetto agli altri farmaci antipertensivi. I risultati dello studio suggeriscono che i farmaci BB β1-selettivi sono associati ad un rischio di fratture minore rispetto ad altre classi di farmaci antipertensivi nella popolazione anziana, evidenziando le potenzialità di questa strategia terapeutica per il controllo e la prevenzione di outcomes sfavorevoli nella popolazione di pazienti affetti da ipertensione arteriosa ed osteoporosi.

OSTEOPOROSI E PRODOTTI FINALI DELLA GLICAZIONE AVANZATA

Nel corso degli ultimi anni, alcuni studi hanno indicato che molte malattie legate all’invecchiamento come l’osteoporosi e la maggior parte delle cosiddette “malattie cronico degenerative” quali diabete, malattie cardio-vascolari (Cardio-Vascular Diseases, CVD), dislipidemie e sovrappeso/obesità, implicano la presenza di AGE, dimostrandosi fattori determinanti come precursori di queste patologie.

Le malattie cronico-degenerative sono le malattie più diffuse invalidanti e mortali che colpiscono i Paesi ricchi. Hanno in comune con l'osteoporosi le caratteristiche di:

‒ risultare pauci-asintomatiche;

‒ presentare complicanze soprattutto tra la popolazione adulta.

Tuttavia, la crescente incidenza delle malattie cronico-degenerative richiede e spinge, verso lo sviluppo di nuove strategie preventive come il controllo della presenza di AGE che, insieme ad idonei stili di vita, può essere un valido aiuto per il raggiungimento di tali obiettivi.

Gli AGE derivano dalla glicazione (reazione chimica non enzimatica) che permette alle molecole di zucchero di reagire con proteine sia nel sangue che fuori e dentro le cellule, dando luogo alla formazione di glicoproteine deformate e mal funzionanti; tale processo viene definito reazione di Maillard.

È importante dire che, inizialmente, il processo di glicazione determina la formazione di prodotti, detti basi di Shiff (es. immine secondarie) e prodotti di Amadori (es. HbA1c:

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glycated-Hemoglobin), che, solo nel tempo, subiscono lenti e complessi riarrangiamenti intramolecolari fino alla formazione di AGE.

Gli AGE, possedendo una reattività superiore rispetto allo zucchero di provenienza, interagiscono con i recettori di membrana (Receptor for Advanced Glycation End-products, RAGE) presenti su differenti tipi di cellule.

Per questo motivo tale interazione è importante, non solo per la patogenesi dell’osteoporosi, ma anche nello sviluppo di altre malattie cronico-degenerative che possiedono i RAGE.

L’interazione AGE-RAGE induce l’attivazione del fattore nucleare Kβ (Nuclear Factor-Kappa 1β, NF-K1β) in cellule recanti RAGE (es. cellule che partecipano al turnover osseo); questa interazione si traduce in un aumento dell’espressione di citochine (IL-1β: Intereukin-1β), fattori di crescita (Tumor Necrosis Factor-, TNF-) e molecole di adesione, dando luogo al processo infiammatorio.

I prodotti di Maillard, oltre a derivare da prodotti glicosilati, si formano anche a partire da intermedi di derivazione lipidica, da cui poi si generano i prodotti finali della lipossidazione avanzata (Advanced Lipoxidation End-products, ALE); la dislipidemia è un fenomeno molto frequente, che costituisce un ulteriore importante fonte di alterazione proteica e, pertanto, di osteoporosi.

In particolare, l’accumulo di AGE all’interno del tessuto osseo induce la formazione di legami incrociati covalenti con le proteine implicate nelle proprietà biomeccaniche del tessuto osseo come: BGP (Bone-GLA-Protein o osteocalcina dove GLA sta per Bone γ-carboxyglutamate-protein), BSP (Bone Sialo-Proteins o sialoproteine) e collagene. Il collagene, in particolare, è la proteina più abbondante nell’uomo e negli animali, costituendo circa il 30% delle proteine corporee totali, da qui l’importanza di questi eventi soprattutto nelle ossa dove il collagene è contenuto più del 60% del totale.

Questo comporta che la glicazione delle proteine ossee, disturbando l’equilibrio del processo di rimodellamento del tessuto osseo, favorisce la perdita dell’osso; tale squilibrio è un fattore di rischio basilare di osteoporosi.

Inoltre, la sintesi e l’accumulo di AGE sia circolanti che entro l’osso, potrebbero innescare un circolo vizioso, denominato inflammaging, la cui parola racchiude i processi di infiammazione e invecchiamento che possono instaurare e poi sostenere, lo sviluppo di

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osteoporosi.

È da evidenziare che gli AGE serici potrebbero essere utilizzati per monitorare la gravità e la progressione dell’osteoporosi; un aumento del livello serico di AGE può rappresentare un nuovo approccio terapeutico per l’osteoporosi primaria e secondaria. Da quanto descritto si evidenzia che:

• La complessità dei meccanismi patogenetici che conducono all’osteoporosi implicano l’esistenza di molteplici fattori di rischio che, agendo sull’attività delle cellule ossee, influenzano le vie anaboliche e/o cataboliche del segnale nell’osso; • La presenza di AGE conferma come meccanismi legati all’invecchiamento,

soprattutto post-genetici come la reazione di Maillard, contribuiscono fortemente, mediante numerosi processi dannosi, al declino età-dipendente di strutture e funzioni tissutali;

• L’esistenza di recettori di AGE su differenti tipi cellule spiega come l’interazione AGE-RAGE è importante, non solo per la patogenesi dell’osteoporosi, ma anche nello sviluppo di altre malattie cronico-degenerative che si associano spesso alla stessa osteoporosi suggerendo, ulteriormente, che l’esercizio fisico rappresenta un fattore che agisce positivamente nell’andamento di tali patologie;

• L’azione dell’attività fisica sulle altre malattie cronico-degenerative per la prevenzione dell’osteoporosi promuove, pertanto, non solo gli effetti positivi diretti sul metabolismo osseo ma, agendo anche su tali patologie, può aiutare a gestire indirettamente l’osteoporosi;

• La multifattorialità dell’osteoporosi la rende una patologia ad alto interesse clinicopatologico.

Identificare, perciò, i fattori di rischio osteoporotici o anche una parte di essi vuole dire sia migliorare la conoscenza della perdita dell’osso durante le fasi di declino che fornire una base per interventi preventivi e/o terapeutici sulla massa dell’osso.

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METODI DI MISURAZIONE (LA DENSITOMETRIA)

In pazienti con fratture non dovute a traumatismi efficienti una diagnosi clinica di osteoporosi può essere formulata anche in assenza di specifiche indagini strumentali (densitometrie) atte a valutare la massa ossea.

In altri casi l’indagine è consigliata perché: La malattia può essere silente;

I fattori di rischio per ridotta massa ossea non sono sufficientemente sensibili per la diagnosi di osteoporosi o per la sua esclusione;

E' utile per quantificare meglio il rischio di frattura;

E per valutare il decorso della malattia e la risposta ad un eventuale trattamento.

Oggi la diagnosi di osteoporosi può essere stabilità in modo semplice e preciso, già molto prima dell’insorgenza delle fratture, con una MINERALOMETRIA OSSEA COMPUTERIZZATA (MOC), esame che permette di determinare l’esatto contenuto di calcio delle ossea. In pratica misura la quantità e la densità di sali minerali (sali di calcio) contenuti nella regione esaminata del nostro scheletro.

L’indagine densitometrica consente oggi di misurare in modo abbastanza accurato e preciso la massa ossea ed in particolare la sua densità minerale, che giustifica il 60-80% della resistenza meccanica dell’osso. Quest’ultima risulta anche correlata ad altre caratteristiche dell’osso quali la microarchitettura, il metabolismo e la conformazione geometrica.

Attualmente l’esame è praticato con la metodica DEXA (Dual energy X-ray Absorptiometry), una metodica che utilizza raggi X. La densitometria ossea con la tecnica DEXA è oggi il metodo diagnostico più corrente e universalmente riconosciuto per determinare la densità ossea.

L’esame è assolutamente indolore e privo di rischi. La MOC-DXA utilizza i raggi X, ma la dose di radiazione utilizzata per l'esame è bassissima, molto minore di quella di una normale radiografia e infinitamente minore di quella di una TAC. Pertanto, non ci sono assolutamente problemi a ripetere la MOC nel tempo.

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La MOC-DEXA può essere eseguita a livello dell'avambraccio, della colonna vertebrale lombare, del femore o dell'intero scheletro. Nella maggior parte dei casi si fa a livello della colonna vertebrale o del femore.

Solo questo esame permette di fare con precisione la diagnosi di osteopenia oppure di osteoporosi.

Per l’OMS la diagnosi densitometrica di osteoporosi si basa sulla valutazione con tecnica dualenergy x-ray absorptiometry (DXA) della densità minerale, raffrontata a quella media di soggetti adulti sani dello stesso sesso (Picco di massa ossea).

La densità ossea è espressa sia in funzione del picco di massa ossea teorico di un giovane adulto di 30 anni circa (T-score) ed in funzione dei valori medi per un collettivo della stessa età del paziente (Z-score), cioè indica di quanto il valore in esame si differenzia da quello di una popolazione sana di riferimento composta da soggetti dello stesso sesso e della stessa età del soggetto in esame.

Si deve sempre e solo usare lo Z-score quando si studiano bambini, adolescenti e in genere soggetti di età inferiore ai 30 anni.

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È stato osservato che il rischio di frattura inizia ad aumentare in maniera esponenziale con valori densitometrici di T-score < -2.5 SD, che secondo l’OMS, rappresenta la soglia per diagnosticare la presenza di osteoporosi.

Le definizioni di osteopenia e di osteoporosi dell'Organizzazione Mondiale di Sanità (OMS) si riferiscono solo alla densità ossea misurata con un'apparecchiatura DEXA al collo del femore e alla colonna lombare.

C’è ampio consenso nel consigliare l’indagine densitometrica solo su base individuale ed in considerazione dell’età e della presenza di fattori di rischio. L’indagine densitometrica è pertanto indicata in presenza di una delle seguenti condizioni cliniche:

• Menopausa precoce (≤ 45 anni)

• In previsione di prolungati (> 3 mesi) trattamenti corticosteroidei

• Pregresso riscontro di osteoporosi (con indagine radiologica e/o densitometrica) • Precedenti fratture non dovute a traumi efficienti

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LA PREVENZIONE

L'osteoporosi è una malattia “silenziosa”: solitamente non ci sono sintomi fino a quando non si verifica una frattura.

Le motivazioni, per fare una prevenzione delle fratture sono che: 1. il rischio di fratture aumenta con l’età;

2. sebbene la mortalità diretta da frattura di femore sia del 1-5% entro un anno dalla frattura, essa sale al 25% e circa il 30% dei pazienti rinuncia ad una vita indipendente e deve ricorrere ad un’assistenza in istituto;

3. per la spesa della pubblica sanità.

La prevenzione delle fratture associate all'osteoporosi è un obiettivo che, ove raggiunto, permette non solo di migliorare la qualità della vita delle singole persone ma anche alla riduzione drastica di costi sociali e di economia sanitaria. La prevenzione in questo ambito può e deve essere orientata su due obiettivi diversi ma correlati:

• prevenzione dell'osteoporosi,

• prevenzione delle fratture in pazienti con osteoporosi.

Grazie alla migliore comprensione delle cause, alla facilità di accesso alla diagnosi ed alla possibilità di trattamento prima che si manifestino le fratture oggi è possibile una reale prevenzione dell'osteoporosi e delle complicanze ad essa associate.

Va innanzitutto ribadito il fatto che la salute dell'osso è un processo che deve svilupparsi durante tutta la vita sia nei maschi che nelle femmine.

Costruire un osso forte e sano durante l'infanzia e l'adolescenza può costituire la migliore difesa allo sviluppo di osteoporosi.

I passi chiave che si dovrebbero perseguire a tutte le età per ottenere una valida prevenzione dell'osteoporosi possono essere così riassunti:

1. Seguire una dieta bilanciata ricca di calcio e vitamina D 2. Praticare attività fisica regolare

3. Seguire stili di vita sani

4. Quando appropriato, eseguire esami per definire la densità minerale ossea ed eventualmente sottoporsi alle terapie del caso.

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International Osteoporosis Foundation One minute osteoporosis risk test Siete a rischio di osteoporosi?

Controllate lo stato di salute delle vostre ossa: Fate il test “Un Minuto sul rischio di osteoporosi”.

1) Uno dei vostri genitori ha riportato una frattura del collo del femore in seguito a un banale urto all'anca o una lieve caduta? Sì – No

2) Avete mai riportato una frattura inseguito a un banale urto o una lieve caduta? Sì –No

3) Avete assunto farmaci corticosteroidi (cortisone, prednisone, ecc.) per più di tre mesi? Sì – No

4) La vostra altezza si è ridotta di più di 3 cm? Sì – No

5) Bevete frequentemente considerevoli quantità di alcolici (in misura eccessiva) rispetto al consumo massimo consigliato? Sì – No

6) Fumate più di 20 sigarette al giorno? Sì – No

7) Soffrite spesso di diarrea (in seguito a malattie come la celiachia o altro)? Sì – No Per le donne:

8) La menopausa è iniziata prima dei 45 anni? Sì - No

9) Non avete più mestruazioni da almeno 12 mesi (per cause diverse dalla gravidanza)? Sì -No

Per gli uomini:

10) Avete mai spofferto di impotenza, diminuzione della libido o altri sintomi correlati a basso livello di testosterone? Sì – No

Se avete risposto «Sì» a una o più di queste domande potreste essere a rischio di osteoporosi.

Ti consigliamo perciò di consultare il medico che valuterà l’eventualità di ulteriori esami; mostrategli questo questionario. Fortunatamente l’osteoporosi è abbastanza facile da diagnosticare e può essere curata. Rivolgetevi al centro della Fondazione per l’osteoporosi a voi più vicino per sapere come ridurre il rischio di osteoporosi attraverso un cambiamento dello stile di vita . Potete contattare la Fondazione nazionale per l’osteoporosi all’indirizzo: www.osteofound.org oppure rivolgendovi alla segreteria della Fondazione nazionale per l’osteoporosi.

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Si è osservato che esiste un livello di densità ossea sopra il quale non si verificano fratture e sotto il quale invece l'incidenza di eventi fratturativi aumenta progressivamente. Questo valore di massa ossea viene denominato "soglia di frattura".

Determinare e conoscere i valori che precedono la "soglia di frattura" é importante perché può indirizzare verso l'utilizzo di terapie che riducono il riassorbimento di calcio dalle ossa, ritardando e talora impedendo il raggiungimento della soglia stessa.

Il raggiungimento di un adeguato picco di massa ossea resta l’obiettivo essenziale se si vuole evitare che il successivo, normale, declino della densità ossea porti al raggiungimento della soglia di frattura in età precoce. Il raggiungimento del picco di massa ossea é sotto il controllo di diversi fattori (ormonali, esercizio fisico, dieta, ecc.). E' indubbio che una dieta che contenga una quantità adeguata di calcio è essenziale per questa trasformazione.

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OSTEOPOROSI E NUTRIZIONE

Dalla nascita e per tutto il periodo dell’accrescimento, si ha un progressivo incremento della massa ossea, fino ad un livello massimo, definitivo “picco di massa ossea” che si raggiunge intorno ai 25°- 30°anni e che si mantiene relativamente stabile per alcuni anni. Successivamente le ossa dello scheletro, in tutte le razze, in entrambi i sessi ed indipendentemente dalle condizioni alimentari, vanno incontro a riduzione della massa. Tuttavia, la velocità della perdita di osso differisce tra uomini e donne, con un accelerazione in queste ultime dopo la menopausa. Il legame tra apporto alimentare di calcio e osteopatie metaboliche è ben noto; il fabbisogno ottimale è proporzionale ai livelli necessari in ciascun individuo per sviluppare e mantenere una sufficiente massa ossea, essendo il calcio il principale componente dei tessuti mineralizzati.

La PREVENZIONE dell’osteoporosi, in termini di CORRETTI APPORTI DIETETICI DI CALCIO, inizia quindi durante l’infanzia (Livelli di assunzione raccomandato 800-1000mg/d tra l’anno e i 10 anni) e l’adolescenza (1200mg/d tra 11 e i 18 anni).

Hanno dimostrato come un supplemento di calcio in età giovanile sia in grado di permettere il raggiungimento di un picco di massa ossea più elevato, una maggiore introduzione di calcio con la dieta già in età pediatrica è associata al raggiungimento di un picco di massa ossea più elevato e ad una riduzione del numero di fratture.

L’assunzione di latte e derivati in età prepuberale avrebbe però un effetto maggiore sulla densità ossea rispetto alla sola supplementazione con calcio. Questo effetto positivo del latte e derivati sulla massa ossea è stato attribuito al fatto che il latte ed i suoi derivati hanno un alto contenuto in calcio ma anche di altri importanti nutrienti (magnesio, sodio, vit.D, ecc). Però è anche possibile che il latte e derivati contengano un calcio in forma più facilmente assorbibile ed incorporabile nelle ossa e/o che sia più facile assumere latte e derivati piuttosto che calcio sotto forma di integratore.

Prosegue nell’età adulta, durante la quale un corretto apporto di calcio è essenziale per mantenere nei limiti fisiologici il calo della massa ossea (1000mg/d tra i 18 e i 30 anni e 800mg/d tra i 30 e i 59 anni). Oltre i 65 anni sono necessari 1500mg/d di calcio, per

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pareggiare la perdita di massa ossea età-correlata (circa 55mg/die).

L’apporto alimentare di calcio deriva in elevata percentuale dai prodotti caseari, dalle verdure ma anche dall’acqua.

Le acque minerali ad elevato contenuto di calcio e povere di sodio sono in grado di coprire circa il 40% del fabbisogno giornaliero e questo può essere sicuramente utile nel caso si debba limitare l’apporto di grassi saturi presenti nei latticini. E’ verosimile che il calcio contenuto nell’acqua minerale, sia assorbito a livello del tratto gastrointestinale nello stesso modo del calcio introdotto sotto forma di sali minerali. L’acqua minerale rappresenta quindi un’ottima fonte alternativa e/o complementare e recenti studi dimostrerebbero che le acque minerali ricche di calcio, pur inducendo un incremento non significativo della calciuria, riducono significativamente l’escrezione urinaria di ossalato e non modificano la sovrasaturazione urinaria per i sali di calcio. L’introito di calcio di per sè non garantisce il suo assorbimento se non associato ad adeguate quantità di vitamina D.

La vitamina D risulta il secondo dei nutrienti essenziali per la salute dell’osso.

La carenza di vitamina D favorisce lo sviluppo dell’osteoporosi attraverso la riduzione dell’assorbimento intestinale del calcio con conseguente iperparatiroidismo secondario.

La vitamina D può essere sintetizzata a livello cutaneo mediante esposizione al sole o essere introdotta con l’alimentazione. Le fonti alimentari di vitamina D sono

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rappresentate da uova, latte e pesce (salmone, sardina, tonno, gamberetti).

L’esposizione alla luce solare converte il 7-deidrocolesterolo in vitamina D3 (colecalciferolo).

Numerosi studi hanno rivelato che il trattamento combinato calcio/vitamina D è in grado di ridurre la perdita di osso ed il rischio di fratture vertebrali sia nell'uomo che nella donna.

Le cause di ipovitaminosi D sono:

Ipoparatiroidismo, prolungato allattamento al seno, malattie granulomatose, osteomalacia oncogenetica, rachitismo ereditario, ipertiroidismo.

La prevenzione e il trattamento dell'ipovitaminosi D è con l'alimentazione, l'esposizione al sole e con farmaci a base di vit. D.

Tipo alimento Quantità giornaliera VG %

Pane 1 fetta 8 %

Cereali con aggiunta di calcio 1 tazza 15 % Rape verdi / cavoli 1 porzione 15 % Fichi secchi / arancio 2 fichi o 1 arancio 6-4 % Latte intero scremato 1 tazza 30 %

Yogurt fresco 1 tazza 35 %

Formaggio 30 g 20 %

Uova 2 uova 8 %

Pizza con formaggio 1/4 pizza 25 %

Mandorle e noccioline 5-10 10 %

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PREVENIRE LE FRATTURE E RIDURRE IL RISCHIO DI CADUTE

La diagnosi precoce di osteopenia o di osteoporosi è fondamentale, in quanto le fratture sono spesso una conseguenza di un trauma da caduta. Le cause da caduta sono riconosciute essere multifattoriali. Esse includono problemi di vista, calzature non idonee, scarso equilibrio e coordinazione, debolezza, ambienti domestici e salute generale precari, dieta e medicine in eccesso.

Per le persone fragili è importante consigliare l’utilizzo di ausili per camminare, protettori imbottiti del femore ed esercizi adeguati per migliorare la densità ossea, l’equilibrio e la forza.

Un’accurata valutazione sul rischio di cadute dovrebbe sistematicamente essere fatta e, di conseguenza, essere eliminati, per quanto possibile, i fattori di rischio.

La postura flessa con accentuazione della cifosi dorsale, che spesso si sviluppa nelle persone anziane, può spostare il baricentro più vicino al loro limite di stabilità e favorire le cadute.

Sono fortemente consigliati a tal proposito, esercizi di stretching dei tratti cervicali e dorsali, esercizi di rinforzo dei muscoli estensori del tronco e dei romboidi, educazione posturale in stazione seduta e eretta.

Lo sviluppo dell’equilibrio e l’addestramento alle cadute, in ambiente ambulatoriale e domiciliare, può essere fatto in molti modi, utilizzando tecniche fisioterapiche diverse. Un utente prevalentemente sedentario, che ha perso sicurezza nel corso degli anni, spesso presenta dolori muscolo-scheletrici deve seguire una progressione graduale durante la fase di allenamento. Per ottenere risultati soddisfacenti si deve proporre un lavoro molto vario con l’utilizzo di elementi di base che, combinati tra loro, offrono una varietà di esercizi sufficienti per ogni esigenza ( ad es. palle di varie dimensione, piani oscillanti, linee a terra utilizzate per eseguire esercizi in posizioni diverse, quali quadrupedia, prono, supino, su un piede solo, etc… )

Il principale presupposto di un approccio comportamentale è che la disabilità presente in soggetti con diagnosi di osteoporosi sia influenzata non solo dalla malattia somatica, ma anche da fattori psicologici e sociali. L’aumento del rischio di cadute e di conseguenti fratture può dipendere anche dalle attitudini, dalle convinzioni e dal disagio psicologico.

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L’allenamento e la forma fisica sono la costruzione per non cadere e la chiave per ridurre la paura di cadere. In aggiunta ad esercizi specifici e ad attività di equilibrio e coordinazione, è stato suggerito che la capacità nel riprendersi da una caduta e il trattamento della caduta fossero incorporati nei programmi di forza fisica.

È opportuno ritenere che l’esercizio fisico in generale abbia delle capacità positive sull’invecchiamento e che, probabilmente, intervenga in modo diretto anche nel processo di senescenza biologica.

In effetti l’ipocinesia ha un grosso ruolo nella genesi dell’invecchiamento precoce, e, d’altra parte, una razionale attività muscolare è in grado di regolare la vitalità di un organismo che invecchia sia in condizioni normali che patologiche.

L’attività muscolare nel soggetto che invecchia si è dimostrata non solo un mezzo di attivazione generale ma anche di stimolazione su vari organi e funzioni, acquistando così una valenza preventiva, perché in grado di ridurre il fisiologico decremento delle capacità dell’organismo, ed anche un carattere terapeutico, non sostituibile da alcun farmaco. A fini preventivi, appare quindi indispensabile sottolineare che una certa attività motoria deve essere prevista nello stile di vita di ogni persona, regolata ovviamente da aspetti individuali e dal tipo di occupazione abituale. A questo proposito va tenuto presente che il processo d’invecchiamento esercita, a sua volta, una progressiva influenza sulla tolleranza al lavoro muscolare per cui, col passare degli anni, esistono risposte tipicamente individuali che è necessario conoscere per un adeguato lavoro fisico. Gli effetti dell’esercizio fisico in età adulta, si possono generalizzate in benefici a livello del sistema muscolo-scheletrico, neuromotorio, endocrino-metabolico, cardio-circolatrorio, respiratorio, circolatorio e del comportamento-personalità.

ATTIVITA' FISICA E OSTEOPOROSI

Oltre ai suddetti effetti, l’attività motoria interviene anche e soprattutto nella prevenzione dell’osteoporosi: numerosi studi hanno evidenziato, tra i fattori preventivi, l’importanza dell’attività motoria, in quanto le sollecitazioni causate dall’esercizio stimolano il metabolismo osseo e quindi favoriscono un maggior sviluppo della massa scheletrica.

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Per questo gli atleti presentano valori molto elevati di densitometria ossea e quindi, negli anni successivi, potranno far fronte alla fisiologica sottrazione ossea partendo da depositi più consistenti. Quindi, una persona sedentaria, potrà procurasi un sufficiente “magazzino” di tessuto osseo svolgendo una regolare e monitorata attività motoria, non necessariamente agonistica.

Anche per le donne in post-menopausa, che abbiano già problemi di densità minerale ossea, vale questo concetto: l’iscrizione a specifici corsi, idonei alle proprie capacità fisiche, servirà a limitare la velocità di evoluzione della malattia.

L’apparato scheletrico appare come una unità funzionale capace di autoregolare la propria mineralizzazione in funzione del calcio e delle forze muscolari a cui è sottoposto; gli stimoli meccanici da carico, attraverso la fase di pressione esercitata durante l’attività motoria, si trasformano in correnti piezoelettriche, che stimolano direttamente l’attività osteoblastica. Quindi la riduzione di carico, della forza e della massa muscolare, portano ad una progressiva perdita di massa ossea: esiste una forte reciprocità tra immobilizza-zione e riassorbimento osseo. Lo stimolo ottimale è quello che si riflette lungo l’asse di carico dell’osso (baricentro) in modo da operare positivamente sulla colonna vertebrale (la zona più soggetta all’osteoporosi). Pertanto stimoli come la deambulazione, mediante la fase di pressione esercitata dall’osso ed associata alla forza muscolare, determinano incremento della massa ossea in quelle zone sottoposte alla loro influenza.

Nell’osteoporosi mettere sotto carico lo scheletro appare appropriato, utilizzando esercizi fisici di impegno crescente e di durata protratta; l’esercizio deve essere, inoltre, personalizzato per ogni paziente, in relazione alle capacità e possibilità funzionali: utili a tal proposito appare un’analisi del bilancio articolare e muscolare.

L’esercizio fisico, l’attività motoria e l’apprendimento di norme posturali corrette, costituiscono così la base delle strategie di recupero funzionale e di medicina riabilitativa; occorre però evidenziare che l’attività motoria da sola non può intervenire nel contenimento della perdita minerale ossea e quindi dovrà essere opportunamente integrata da un’appropriata cura farmacologica.

L’attività motoria, in definitiva, può avere EFFETTO PREVENTIVO nei confronti dello stato di decalcificazione che si riscontra a livello dello scheletro.

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problemi sono molto diversi: è stato riportato che in soggetti di sesso femminile che praticano attività fisica intensa, si possono avere delle modificazioni ormonali tali da indurre uno stato di ipoestrogenismo che, se protratto, potrebbe portare ad una riduzione di massa ossea.

Le ripetute sollecitazioni date dall’esercizio fisico potrebbero inoltre portare, a loro volta, ad un aumento delle fratture da stress; attualmente questo problema è stato inserito nel quadro più grande dell’omeostasi calcica e dell’equilibrio tra gli ormoni responsabili della neoformazione e decostruzione ossea. In effetti, in alcune discipline sportive, dove per questioni di rapporto peso/potenza gli apporti energetici sono contenuti, gli apporti di calcio possono risultare molto al di sotto di quelli raccomandati per la popolazione generale.

L’attività fisica regolare, oltre a mantenere la massa dell’osso costante, rinforza la muscolatura e le articolazioni; anche se, per essere veramente efficace, l’attività fisica dovrà calibrarsi alle proprie forze e caratteristiche.La mancanza di un’adeguata e costante quantità di movimento accentua la progressiva perdita del tono-trofismo muscolare (sarcopenia) e del contenuto minerale del tessuto osseo, tipiche dell’eta avanzata, con conseguente aumento del rischio di fratture e d’immobilizzazione. Il programma motorio, indipendentemente dalle finalità che si propone, deve tener conto delle condizioni cliniche generali del soggetto, della sua abilità motoria e del grado di efficienza fisica residua, delle sue attitudini, della sua “storia sportiva”, nonchè del tempo disponibile e del contesto sociale in cui vive.

La diffusa abitudine alla vita sedentaria consiste in un importante fattore di sviluppo dell’osteoporosi, dimostrato dal fatto che un prolungato periodo di permanenza forzata a letto comporta una eliminazione urinaria di calcio; la stessa diminuirà non appena viene esaurito lo stato di inattività. Si può così affermare che la mancata attività fisica, anche quotidiana, porta ad una diminuzione della massa ossea.

Si ritiene che il modello osseo sia strettamente dipendente dalle forze di trazione e di compressione che vengono ad agire su di esso, per cui l'attività motoria deve essere

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specifica, razionale e mirata.

E' opportuno allenare specificatamente le regioni scheletriche da rinforzare.

Si deve aumentare progressivamente il carico, per avere effetti positivi sulla matrice ossea.

Il tessuto osseo si adatta alle variazioni delle sollecitazioni in modo diverso per età; di conseguenza, l'attività motoria praticata in età pre-adolescenziale può ridurre il rischio di fratture nella senescenza.

Generalmente è bene far eseguire esercizi per le capacità coordinative che sono determinanti per la prevenzione di cadute ed esercizi per il miglioramento delle capacità condizionali che incidono sulla struttura dello scheletro.

L'effetto positivo legato all'attività fisica si estingue entro tempi brevi dalla sua sospensione.

L'effetto sulle capacità coordinative ha un tempo di latenza maggiore.

L'esercizio fisico, di per sé, determina uno stress fisico su tutto il corpo, oltre ad incrementare l'afflusso di sangue all'osso, coinvolge il sistema endocrino stimolando la produzione ormonale a favore della neoformazione, quindi genera benefici qualsiasi tipo di pratica sportiva.

Una regolare attività motoria conferisce maggiore resistenza, equilibrio e coordinazione, riducendo il rischio di cadute.

Lo scopo dell'attività in soggetti affetti da osteoporosi è quello di creare una stimolazione meccanica dinamica, per ottenere un miglioramento della mineralizzazione ossea.

Nei soggetti che non hanno praticato attività costante e negli anziani, l’attività fisica deve essere indirizzata, nelle fasi iniziali, al graduale recupero della mobilità articolare e del tono muscolare, attraverso esercizi di allungamento e di ginnastica, anche in acqua, per sfruttare l’effetto mio-rilassante della temperatura e l’azione di massaggio dell’acqua stessa (acquagym).

Tra le varie attività aerobiche proponibili, sicuramente quella più facilmente realizzabile dalla maggior parte dei soggetti, è il camminare. Successivamente, la marcia di buon

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passo e tutte le attività aerobiche svolte contro la forza di gravità (attività antigravitazionali a carico naturale) sono le proposte più idonee per favorire l’aumento delle masse muscolari e conseguentemente la rimineralizzazione ossea.

Sono, quindi, consigliati sport aerobici che prevedono impatti con il suolo, a basso impatto come la bicicletta, ginnastica posturale, gli esercizi atti ad incrementare la forza muscolare, la flessibilità, l'equilibrio; a moderato impatto come la camminata, il ballo, la palestra, e ad alto impatto come la corsa.

Da bandire sono sicuramente gli esercizi ginnici che consistano in una flessione forzata del busto in avanti sul bacino, quelle che prevedono il sollevamento pesi, o che siano potenzialmente traumatici come il calcio, la pallavolo o il rugby. Poiché i pazienti con osteoporosi non sono più giovanissimi, appare opportuno sconsigliare alcuni esercizi ginnici che implichino un carico sulla superficie anteriore dei corpi vertebrali, per il pericolo di cedimenti, oppure il sollevamento di pesi.

Per migliorare la densità ossea occorre un'attività motoria prolungata:

seduta di allenamento, che deve essere aerobica di impatto, deve durare minimo 40 minuti e ripetuta minimo 3 volte a settimana.

Uno studio dimostrava come l'attività eseguita 5 volte a settimana con una intensità pari al 60-75% della FC max e protratta per 6 mesi poteva influire positivamente sulla densità della massa ossea e sul mantenimento delle capacità funzionali.

È utile integrare con un lavoro che miri all' aumento della forza resistente, aumentando gradualmente i carichi e riducendo il numero di ripetizioni per serie.

Inoltre l'attività deve essere basata sul miglioramento dell'equilibrio e della deambulazione, quindi tutto ciò che può essere utile a migliorare il rendimento motorio del soggetto in tutte le attività quotidiane, riducendo il rischio di incorrere in cadute.

Per sviluppare un protocollo di lavoro è bene ricordarsi che ci sono delle componenti proprie di ogni soggetto, da tenere in considerazione e valutare, quali: l'età, il grado di osteoporosi, i farmaci assunti, le capacità individuali, patologie concomitanti...

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LA SEDUTA ALLENANTE

Si possono così raggruppare le precauzioni da seguire durante la pratica di attività motoria in semplici regole:

✔ Assicurarsi un adeguato spazio per la pratica dell’attività, senza ostacoli od oggetti pericolosi (spigoli, vetrate, ecc…) e sufficientemente ampio per compiere i movimenti corretti;

✔ Mettere i pesi in un contenitore: evitare quindi di lasciare i pesi liberi nella stanza, in quanto gli stessi potrebbero essere una grossa fonte di pericolo;

✔ Non camminare con le cavigliere allacciate o altri attrezzi: l’insolito peso potrebbe far perdere l’equilibrio, diventando difficoltoso ribilanciare il corpo per evitare la caduta;

✔ Bere a sufficienza: idratarsi correttamente è di buona regola, soprattutto se si manifesta una grossa sudorazione o una temperatura molto calda;

✔ Allenarsi tra i pasti: evitare quindi di allenarsi a digiuno da troppo tempo o subito dopo i pasti;

✔ Iniziare con un riscaldamento: per attivare la muscolatura e prepararla all’attività; ✔ Mantenere una buona postura: controllare che la postura sia sempre quella

corretta, in modo da evitare che uno specifico lavoro muscolare risulti inefficace e potenzialmente nocivo;

✔ Rilassare la muscolatura non coinvolta nel movimento;

✔ Eseguire i movimenti lentamente: per aumentare la sicurezza e l’efficacia dell’esercizio stesso (movimenti lenti richiedono più unità motorie e coinvolgono più fibre muscolari nel sollevamento),

✔ Continuare a respirare: una respirazione continua e ritmata durante l’esercizio consente una corretta ossigenazione al muscolo impiegato nell’esercizio;

✔ Progredire con cautela: aumentare il carico solo quando si riesce a sollevare un peso per 8 volte di seguito, senza fatica e senza bisogno di riposo (qualora si dovesse sospendere il programma per troppo tempo riprendere ad allenarsi con carichi inferiori).

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Occorre seguire delle indicazioni didattiche per la seduta di allenamento e dei principi per lo svolgimento di un esercizio e la programmazione dell'attività fisica.

1) Specificità

L’adattamento osseo alle sollecitazioni meccaniche è principalmente locale, per cui è opportuno allenare specificatamente le regioni scheletriche da rinforzare.

L’attività è efficace sulla deposizione di matrice ossea in relazione al punto di inserzione del muscolo che sta lavorando.

2) Sovraccarico

Gli effetti positivi sulla matrice ossea si vedono se viene aumentato progressivamente il carico meccanico, che deve superare una soglia minima. D’altro canto, va considerato che un eccesso di sollecitazioni produce un osso con minore resistenza biomeccanica.

3) Valori di partenza

Il maggior sviluppo di massa ossea si nota in soggetti che partono da una massa ossea minore. Va tenuto presente che il tessuto osseo si adatta alle variazioni delle sollecitazioni in modo diverso a seconda dell’età.

L’esercizio fisico è più osteogenico (stimola di più il rinforzo osseo) durante lo sviluppo rispetto all’età matura. Di conseguenza, l’attività motoria praticata in età pre-adolescenziale può ridurre il rischio di fratture nella senescenza.

4) Riduzione degli effetti positivi

Con l’avvicinarsi del raggiungimento della massima densità ossea si rendono necessari maggiori sforzi fisici per poterla incrementare ulteriormente.

5) Reversibilità

L’effetto osteogenico positivo legato all’attività fisica, si estingue entro tempi abbastanza brevi dalla sua sospensione. Lo stesso vale per le attività coordinative, seppure sia un processo più lento, senza adeguata esercitazione si estingue anch’esso.

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6) Precisione

Si deve chiarire l’obiettivo ed il tipo di percorso, deve essere analizzata l’esecuzione dell’esercizio.

7) Gradualità

Si procede con carichi di lavoro ridotti, per poi proseguire lentamente, a seconda delle capacità individuali.

8) Variazione

Lo stimolo dell’osso su diverse linee di forza consente un miglioramento maggiore; appare utile anche per sconfiggere la noia

9) Personalizzazione

Individualizzare anche se il lavoro viene svolto in gruppi di più persone.

10) Costanza e regolarità

Necessario un arco temporale non inferiore ai 6 mesi di lavoro.

Una frequenza non inferiore alle 3 sedute settimanali e l'attività svolta nella seduta allenante non deve cessare prima di 40'.

In conclusione deve essere un'attività d'impatto quali corsa, camminata, ballo, attività motoria di gruppo a carico naturale o con minimi sovraccarichi...

E' bene ridurre scompensi posturali in qualsiasi momento della vita e dal punto di vista dell'esperto non si possono non considerare le caratteristiche antropometriche, cronologiche e lo stato di salute di ogni soggetto che incontriamo.

La seduta prevede

Fase iniziale di riscaldamento (warm up):

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generale inteso a preparare il corpo al lavoro più specifico delle fasi successive; una parte di questa fase va dedicata allo stretching, che deve essere programmata nella parte iniziale e finale di ogni seduta per favorire la mobilità dei capi articolari e la distensione delle strutture muscolo-tendinee.

Utilizzare il maggior numero di canali sensoriali possibili in questa fase di riscaldamento per permettere una più precisa interiorizzazione e comprensione del movimento.

In generale vanno bene tutti quegli esercizi a bassa intensità che fungano da attivazione muscolare, eseguendo lentamente l’esercizio successivo senza pesi e con escursione articolare completa.

Fase centrale di esercizio fisico più propriamente detto:

Deve mirare all’incremento dell’efficienza e della capacità di lavoro dei grandi apparati, in particolare gli apparati cardiocircolatorio, respiratorio e muscolo-scheletrico.

Il programma va iniziato con carichi e stimoli sottomassimali, poiché sia efficace deve essere progressivo in termini di impatto e di intensità man mano che la capacità aerobica e la forza migliorano.

Deve comunque comportare uno stress meccanico superiore a quello abituale per garantire un effetto osteogenico (stimolo allenante).

Attività aerobica comportante carico: esercizio aerobico di impatto medio alto per soggetti che svolgono regolarmente attività fisica; esercizi a medio basso impatto per soggetti non abituati.

Gli esercizi ad alto impatto non sono consigliati in pazienti con disturbi articolari, periodi prolungati possono determinare lesioni muscolo-scheletriche.

La seduta effettuata in palestra deve favorire un incremento della massa muscolare attraverso l’utilizzo di piccoli attrezzi in grado di stimolare la forza muscolare.

Fase di defaticamento (cool down):

E' la fase finale del lavoro dove si dedica il tempo allo stretching per favorire la mobilità dei capi articolari e la distensione delle strutture muscolo-tendinee e può prevedere quello

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che viene definito rilassamento, nella forma che si preferisce: corsa lenta defaticante, massaggi, crioterapia...

Attività in palestra della durata effettiva di circa 1 ora.Riscaldamento:

10' camminata (per principianti) / corsa (per esperti) 5' esercizi di mobilità articolare per arti inferiori 5' mobilità articolaredegli arti superiori

Esercizi isometrici:

Core stability 2 serie di 30'' ciascuno di: plank, plank laterale, back plank, superman.

SEDUTA SPECIFICA PER UOMINI

Esercizi con utilizzo di macchine isotoniche per potenziamento arti inferiori: 2 serie di: (recupero tra le serie di 1')

8 ripetizioni di leg press / squat libero 15 ripetizioni di leg curl

Per potenziamento arti superiori: 2 serie di: (recupero tra le serie di 1')

12 ripetizioni panca orizzontale con bilanciere 12 ripetizioni lat machine

12 ripetizioni shoulder press (o spinte in alto con manubri da posizione seduta) 12 ripetizioni ercolina per tricipite con corda

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SEDUTA SPEDIFICA PER DONNE

Esercizi con utilizzo di macchine isotoniche per potenziamento arti inferiori: 3 serie di: (recupero tra le serie di 1')

15 ripetizioni leg press / squat libero 2 serie di: (recupero tra le serie di 45'')

12 ripetizioni abduttori (abductor machine) 12 ripetizioni adduttori (adductor machine)

10' camminata / corsa

Per potenziamento arti superiori: 3 serie di: (recupero tra le serie di 1')

12 ripetizioni spinte su panca inclinata con manubri

2 serie di: (recupero tra le serie di 45'')

12 ripetizioni lat machine presa avanti

12 ripetizioni spinte con manubri o shoulder press 12 ripetizioni ercolina rec 45”/1'

Esercizi a corpo libero per potenziamento della muscolatura estensoria del tronco e muscolatura addominale:

3 serie di crunch e crunch inverso con recupero di circa 45'' 3 serie di lower back con recupero 1'

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Defaticamento:

10' camminata (per principianti) / corsa lenta (per esperti) 5' stretching

5' ginnastica respiratoria intrinseca

3' postura con metodo Mézières in decubito supino

Esercizio aerobico di impatto della durata di circa 1 ora, da effettuare outdoor o in palestra su tapis roulant.Riscaldamento:

10' camminata o cyclette (per principianti) 10' corsa lenta (per esperti)

5' esercizi di mobilità articolare per arti inferiori 5' stretching

Attività aerobica comportante carico per principianti:

5 volte: 1' di corsa ad alta intensità 80% FC max alternato a 3' di corsa lenta / camminata veloce

Attività aerobica comportante carico per esperti: 20' corsa lenta al 65 % della FC max

10' corsa a media-alta intensità 70 – 80 % della FC max

Defaticamento:

10' camminata 5' stretching

5' ginnastica respiratoria intrinseca

Riferimenti

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