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Attivita fisica nell'anziano: progetto over 60

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Academic year: 2021

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INDICE

INTRODUZIONE

1. ATTIVITÁ FISICA ED ETÁ ANZIANA

1.1 L'età anziana

1.2 Ginnastica ed esercizio fisico 1.3 Attività fisica adattata

2. PROBLEMATICHE DELL'ANZIANO

2.1 Cenni di patologia dell'invecchiamento

2.2 Alterazioni fisiche 2.3 Alterazioni psicosociali 2.4 Benefici dell'attività fisica

3. PROMOZIONE ATTIVITÁ FISICA

3.1 Barriere e fattori promuoventi l'attività fisica

3.2 Linee guida OMS riguardo l'attività fisica nell'anziano 3.3 Opportunità di movimento

4. PROGETTO “OVER 60”

4.1 Introduzione al progetto 4.2 Destinatari

4.3 Obiettivi generali e specifici 4.4 Programmazione

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4.6 Ambientazione 4.7 Tempistica 4.8 Mezzi e strumenti 4.9 Metodologia

4.10 Valutazione – monitoraggio – verifica finale 4.11 Esame morfologico e funzionale

4.12 Costi e valorizzazioni

CONCLUSIONI

BIBLIOGRAFIA

SITOGRAFIA

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INTRODUZIONE

L'argomento viene trattato a partire dagli aspetti demografici sottolineando l’urgenza della promozione dell’attività fisica quale strumento per la salute, in relazione agli epocali cambiamenti demografici in atto.

Vengono descritti i benefici che la pratica di attività fisica può fornire in termini di rallentamento dei normali processi di invecchiamento fisiologico, di prevenzione della comparsa di patologie e disturbi cronici, di salvaguardia dell’autonomia personale del singolo. Verranno poi illustrati i fattori che possono facilitare o, al contrario, ostacolare la pratica di attività fisica tra la popolazione anziana. Conoscere le possibili barriere, siano esse realmente esistenti o semplicemente percepite come tali, nonchè conoscere i punti di forza sui quali fare leva per facilitare l’adozione di stili di vita più attivi.

É inoltre presentato un approfondimento relativo alle caratteristiche che contraddistinguono i diversi tipi di attività, vengono fornite indicazioni per fare sì che la prescrizione dell’attività fisica possa essere il più possibile commisurata alle possibilità e capacità del singolo individuo, in relazione ai limiti imposti dall’età, dallo stile di vita e dall’eventuale presenza di patologie.

Tra i diversi tipi di attività ho vouluto proporre un progetto da me ideato, denominato “Over 60”, destinato ad utenti in età anziana con delle capacità cognitive ancora ottimali ma che vogliono prevenire le patologie tipiche dell'invecchiamento per garantire a sé stessi una buona autonomia personale, utilizzando come mezzo l'attività fisica che verrà svolta sia in palestra, sia in acqua, sia all'aperto.

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1. ATTIVITÁ FISICA ED ETÁ ANZIANA

1.1 L'età anziana

L'invecchiamento è un processo fisiologico che comporta una perdita di ordine funzionale e strutturale a livello delle cellule, dei tessuti e dei sistemi organici. La vecchiaia globalmente intesa, è quindi caratterizzata da un processo involutivo di tutti gli organi e tessuti, da alterazioni progressive ed inevitabili di ogni attvità fisiologica. La grande attenzione suscitata dall’invecchiamento della popolazione unita alla continua scoperta di sempre nuovi ed ulteriori vantaggi per la salute derivanti da uno stile di vita attivo, fanno di quello attuale un momento particolarmente propizio per la promozione dell’attività fisica.

L’invecchiamento della popolazione rappresenterà uno dei più importanti fenomeni sociali dei prossimi decenni. Tra le molteplici conseguenze di questo fenomeno, una in particolare appare carica di implicazioni: l’aumento delle aspettative di vita sarà accompagnato da un sostanziale incremento del numero di individui a rischio per malattie croniche e disabilità. Da qui nasce il bisogno che tali maggiori aspettative non debbano per forza tradursi in un mero prolungamento del numero di anni da vivere , spesso in cattive condizioni di salute, ma possano prospettarsi come anni da trascorrere nel pieno dell’autonomia funzionale, liberi da disabilità e senza gravi scadimenti della qualità della vita.

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processo di cambiamento demografico si è caratterizzato per una fecondità declinante e una mortalità, specifica per età, sempre più contenuta. Nel corso degli anni ‘70 e ‘80 i tassi di natalità si sono ulteriormente ridotti mentre quelli di mortalità sono rimasti costanti, a seguito del progressivo aumento della percentuale di popolazione anziana tra la popolazione in generale. In Italia, queste tendenze si sono caratterizzate per la particolare velocità con cui si sono manifestate: il tasso di fecondità, che negli anni ’60 era tra i più elevati in Europa, è divenuto il più basso tra tutti i paesi occidentali e al contempo sono stati raggiunti i più alti livelli di speranza di vita. In seguito a queste due tendenze, si è giunti nei primi anni ’80 alla crescita zero e nella seconda metà degli anni ’80 alla crescita negativa.

Per una piena comprensione della portata di questi cambiamenti non si deve guardare all’ammontare complessivo della popolazione, quanto piuttosto alla sua struttura, perché è proprio a questo livello che si sono verificate le modificazioni più rilevanti.

Il primo elemento da considerare consiste nel particolare aumento della porzione anziana sul totale della popolazione.

Nel 2000 la più alta

percentuale di

popolazione anziana (60 anni e più) sul totale è

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stata detenuta con un valore del 24,3% dall’Italia, che, secondo le previsioni dell’ONU, continuerà a mantenere tale primato anche nel 2050, con un’incidenza di ultrasessantenni sulla popolazione totale del 46,2%: per tale data, quindi, quasi una persona su due avrà più di 60 anni.

Dopo secoli di sostanziale stabilità si è giunti a quella che può essere definita una rivoluzione demografica, destinata a consumarsi nel giro di poche generazioni. In un futuro non lontano, molti paesi dell’Unione Europea assisteranno al cosiddetto fenomeno dello scambio generazionale, caratterizzato da una maggiore numerosità di anziani e vecchi rispetto a bambini e giovani. Attualmente l’Italia è il paese più vicino al verificarsi di tale scambio generazionale, considerando che nel 2000 la percentuale di giovani (0-19 anni) sul totale della popolazione ammontava al 19,2%, mentre quella degli anziani (65 anni e più) era pari al 18,2%, con una differenza quindi di un solo punto percentuale.

All’interno di questo fenomeno caratterizzato dalla continua crescita percentuale della popolazione anziana si inserisce un ulteriore elemento, ossia lo sviluppo non uniforme dei diversi segmenti che compongono la terza età. Tale sviluppo non uniforme è conosciuto come fenomeno della crescita differenziale della popolazione. Per fare un esempio in Italia, tra il 1955 ed il 1985, l’incremento totale della popolazione è stato del 18%, ma l’incremento della popolazione di età superiore ai 60 anni è stato del 72%, mentre l’incremento del numero di ultraottantenni è stato del 159%. La vistosa riduzione del segmento giovanile e la crescita differenziale della popolazione anziana, con la conseguente pesante crescita dell’indice di carico sociale e dell’indice di vecchiaia, hanno comportato e comportano precise implicazioni a livello economico,

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sociale e sanitario.

Un ulteriore aspetto che caratterizza il fenomeno dell’invecchiamento è rappresentato dall’aumento della vita media. Nel corso dei due ultimi secoli la vita media è raddoppiata. In Italia l’aspettativa di vita media si colloca oggi a circa 77 anni nel maschio e a 83 nella donna. È importante però fermarsi a valutare con attenzione la portata ed il significato di questo allungamento della vita, andando a considerare quale sia esattamente la porzione di tempo recuperato alla vita. La trasformazione più interessante del ciclo di vita va individuata nella longevità. La longevità tuttavia non ha una distribuzione omogenea su tutto l’arco della vita; non allunga in modo uguale la giovinezza, la vita adulta e la vecchiaia. Allunga la vecchiaia.

È su questo accadimento che si deve riflettere. Spesso la longevità si riduce a un normale e penoso deteriorarsi di un corpo usato ed invecchiato e ad un aumento sempre più vistoso della probabilità di andare incontro ad una malattia cronica e/o una disabilità. Di fronte a questo progressivo allungamento della vita, l’incremento degli anni passati in buona salute e la riduzione degli anni di disabilità e dipendenza divengono i due obiettivi fondamentali.

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L’importanza di incentivare la pratica di attività motoria in tutte le fasce della popolazione è ampiamente documentata e sostenuta dal mondo scientifico. Per fare un solo esempio, basti ricordare che la sedentarietà rappresenta per importanza il quarto fattore di rischio per le malattie di tipo cardiovascolare. Se la promozione della salute ha senso e valore per qualunque segmento della popolazione, ancor più ne acquista nel caso della popolazione anziana. Per chi è avanti negli anni l’esercizio fisico può rivelarsi come uno dei migliori strumenti a disposizione per allontanare da sé lo spettro di malattie croniche e disabilitanti, per garantirsi un’autonomia funzionale, fattori questi che costituiscono alcuni tra gli elementi fondamentali per mantenere intatta la qualità della vita.

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1.2 Ginnastica ed esercizio fisico

Le origini della ginnastica: Il nome deriva dal greco gymnòs ("nudo") e si riferisce alla consuetudine invalsa nella Grecia classica di eseguire esercizi ginnici a corpo nudo. Per gli antichi greci la ginnastica comprendeva diverse attività sportive corrispondenti all'attuale atletica leggera (corse, lanci, salti), alla lotta e al pugilato. La ginnastica venne praticata dalle civiltà antiche, come testimoniano numerosi reperti archeologici e documenti iconografici, alcuni dei quali risalenti all'antico Egitto, dove è possibile ritrovare sequenze figurative di atleti che praticano la ginnastica, sia la ritmica (che ricopriva un ruolo dominante) sia l'acrobatica, eseguita in forma individuale e collettiva. In alcune immagini, in particolare, sono rappresentati alcuni movimenti riconducibili all'attuale ginnastica sportiva. I greci furono quelli tra i popoli antichi che più praticarono la ginnastica, come è testimoniato dall'esaltazione che il mito greco fa degli eroi e degli dei legati da un particolare rapporto con questa disciplina, che qui assume una connotazione assimilabile all'arte (Ermete, Apollo). Anche se non è dato sapere dove e quando nacque un'organizzazione delle competizioni sportive e ginniche in particolare, certamente, fra il 6° e il 5° secolo a.C., in Grecia, la ginnastica divenne una disciplina professionale, a proposito della quale sono stati tramandati alcuni nomi di atleti, come Milone di Crotone. In quel periodo assunse particolare rilievo la ginnastica igienica, contrapposta a quella atletica, la cui

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pratica era raccomandata da Platone e dalla medicina greca. La ginnastica si diffuse largamente in età ellenistica ‒ che vide il moltiplicarsi dei ginnasi (edifici in cui si svolgevano gli allenamenti) in Grecia e Asia Minore ‒, mentre non trovò grande favore fra i romani che non amavano mostrarsi nudi e ritenevano la ginnastica atletica propria degli schiavi e degli stranieri, al contrario di altre attività sportive, maggiormente legate al combattimento in guerra, che invece vennero incoraggiate dalle autorità. Nel Medioevo la cultura fisica (trascurata dopo la caduta dell'impero romano a favore di altre attività come l'equitazione e l'esercizio delle armi) riacquistò importanza; durante l'Umanesimo si ebbe una nuova impostazione dell'educazione fisica, come è testimoniato dalla Casa giocosa fondata da Vittorino da Feltre (1378 circa-1446) a Mantova.

Con la ripresa degli insegnamenti della medicina greca, durante il Rinascimento anche la ginnastica, intesa come pratica igienica e medica, divenne un tema di approfondimento nei trattati degli studiosi dell'epoca, come nel caso dell'Artis gymnasticae libri sex di Girolamo Mercuriale (1530-1606).

Definizioni:

• Tutte le attività che tendono, mediante una serie ordinata di esercizi, a sviluppare l’apparato muscolare e dare robustezza e agilità al corpo umano. Dalla fine dell’Ottocento, la g. è diventata materia di insegnamento nelle scuole italiane, mentre parallelamente si sviluppavano a livello agonistico la g. artistica e, successivamente, quella ritmica e quella aerobica. Quest’ultima è, oggi,

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largamente diffusa anche come attività ricreativa, volta al mantenimento della condizione fisica e della salute.

• La ginnastica è la scienza che studia l'esercizio fisico, gli effetti che con esso si possono produrre sull'organismo umano e ha per fine il conseguimento e il mantenimento della buona salute (G.Mercuriale, 1530-1606).

Distinzione esercizio fisico – attività fisica:

Il termine ‘attività’ fisica’ si riferisce a qualsiasi tipo di movimento che determini un aumento della spesa energetica rispetto alla condizione di riposo, con ‘esercizio fisico’ invece si identifica una sottocategoria dell’attività fisica che comprende tutte le attività che richiedono il movimento del corpo umano eseguito però con delle finalità precise (riabilitazione, forma fisica, estetica, performance) e seguendo dei precisi criteri in termine di durata, intensità, frequenza.

Camminare, salire le scale, passeggiare con il cane, spostarsi in bicicletta sono quindi tutte forme di attività fisica; praticare cardiofitness, sollevare dei pesi per prepararsi ad uno sport, fare vasche in piscina, sono tutte forme di esercizio fisico.

L’attività fisica aspecifica ha un suo valore nel migliorare lo stato di salute, ma solo nei soggetti sedentari e solo per un periodo di tempo limitato; per continuare ad ottenere miglioramenti costanti sia del livello generale dello stato di salute, sia di alcuni

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parametri specifici, è necessario agire su alcune variabili quali intensità, durata, tipologia di esercizio: è necessario quindi passare dall’attività fisica all’esercizio fisico. Va da sé quindi che per ottenere miglioramenti significativi della stato di salute generale, ma anche di alcuni parametri specifici sia di ordine strettamente prestativo quali la forza, la resistenza cardiovascolare e la flessibilità, ma anche estetici, è necessario passare dall’attività fisica all’ l’esercizio fisico strutturato, pianificato e controllato.

Definizione esercizio fisico:

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1.3 Attività fisica adattata

Dall’inglese Adapted Physical Activity, o dal francese Activité Physique Adaptéz , significa attività fisica adattata ed è nota a livello internazionale con la sigla APA. In campo scolastico, il concetto di adattamento è ciò che distingue la tradizionale educazione fisica e sportiva, dall’attività fisica adattata.

La prima, l’educazione fisica, è tradizionalmente centrata sulla disciplina e richiede un adattamento degli studenti al piano di lavoro e ai suoi contenuti, secondo una logica di individualizzazione; la seconda,l’APA, adotta una logica inversa, parte dalle reali capacità e potenzialità degli allievi per costruire un percorso che sia per loro significativo, secondo una logica di personalizzazione. Se si assume l’ottica delle attività fisiche adattate si deve promuovere, quindi, un’educazione fisica e sportiva opportunamente modificata, in grado di valorizzare le capacità di tutti, e in particolare, di chi si trova in una situazione di disabilità.

Storia dell'attività fisica adattata:

L’adattamento dell’attività motoria e sportiva per le persone disabili è fatto abbastanza recente. L’idea nacque negli anni ‘40, nell’ambito della riabilitazione. L’iniziatore fu Ludwig Guttman (1899 – 1980), neurochirurgo, direttore del National Spinal Injures Immagine tratta da:

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reduci della seconda guerra mondiale, invalidi più o meno gravi, si rese conto dell’importanza della pratica motoria e sportiva per la loro riabilitazione. Guttmann ebbe il grande merito di comprendere il vantaggio della collaborazione attiva del paziente nella riabilitazione, soprattutto per la prevenzione e la terapia delle “affezioni satellite” che affliggono il mieloleso, quali la depressione, le patologie urinarie, le piaghe da decubito, ecc. Grazie allo sport i pazienti di Gutmann rinforzarono non solo la muscolatura delle braccia e delle spalle, raggiungendo risultati di molto superiori a quelli della chinesiterapia, ma ritrovarono anche la voglia di vivere e la volontà di essere attivi. L. Guttman fu anche l’iniziatore del basket in carrozzina; nel 1948 si svolsero a Stoke Mandeville i primi Giochi, in contemporanea con l’apertura delle Olimpiadi di Londra; nel 1952, questi divennero internazionali e nel 1960 a Roma si inserirono per la prima volta all’interno del contesto delle olimpiadi (1° paraolimpiade). Da allora, le Paraolimpiadi si svolsero ogni quattro anni in concomitanza con le Olimpiadi. Nel 1973 il termine APA comparve ufficialmente in Canada, ad opera di Clermond Simard, che lo utilizzò come risposta per definire le richieste particolari della popolazione anziana del Québec, avendo di mira il miglioramento dello condizioni di vita di questi soggetti con problemi particolari. Nel 1975 Jean Claude De Potter importò in Europa le tematiche e le esigenze delle persone con disabilità e si fece promotore di una serie di iniziative che pose all’attenzione degli organismi europei: UNESCO, ministri responsabili dello sport. Il Consiglio d’Europa, anche in seguito alle sollecitazioni di De Potter, istituì un apposito gruppo di studio che stilò nel 1984 la Carta Europea dello sport per tutti, in cui si sottolineò il valore sociale dell’accessibilità alla pratica sportiva da parte dei disabili; in essa si affermò,

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infatti, che: “l’accessibilità nella pratica sportiva da parte di utenti (pubblico e atleti) portatori di handicap diviene sempre più condizione indispensabile per fare dello sport un servizio ed un fenomeno rispondente alle attese della società”.

A Berlino nel 1986 fu data la prima vera definizione di APA: “APA comprende ogni movimento, attività fisica o sport che può essere praticato da individui limitati nelle loro capacità da deficit fisici, psicologici, mentali o da alterazioni di alcune grandi funzioni”.Alla base di tale pratica vi era l’idea che ciò che può essere fatto deve corrispondere alle reali capacità del soggetto, e che si debba partire da lui e dalle potenzialità residue del disabile. Nel 2000 il Consiglio Mondiale della Scienza dello Sport e dell'Educazione Fisica (ICSSPE, International Council of Sport Science and Physical Education), pubblicò un vademecum nel quale comparve una definizione aggiornata di APA, definita, secondo le direttive europee, come un “termine ombrello”, usato in tutto il mondo, per individuare un’area interdisciplinare di saperi e di attività che includono l’educazione fisica, il tempo libero, la danza, lo sport, il fitness e la riabilitazione, indirizzati a individui con impedimenti, di qualsiasi età e lungo il ciclo della vita:in esso sono integrate informazioni e risultati di ricerche di sottodiscipline delle scienze del movimento e dello sport (per esempio biomeccanica, psicologia dello sport, pedagogia dello sport ecc.), così come di altre aree scientifiche (medicina, riabilitazione scienze, psicologia ecc.) che si occupano dell’attività fisica e dello sport di persone con bisogni particolari e individui con disabilità”. Il concetto di APA definì, quindi, una vasta area interdisciplinare comprendente attività, discipline sportive e scienze al servizio delle persone diversamente abili, rivolte a identificare e risolvere problemi di motricità, sviluppare metodi di comportamento a supporto dell’avvio allo

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sport e a uno stile di vita attivo, a studiare sistemi di potenziamento della cooperazione dei servizi casa/scuola/comunità. Attualmente il concetto di APA si è ulteriormente ampliato, considerando tutti gli adattamenti utilizzati sia per la popolazione dei disabili sia per tutte le categorie di soggetti con problemi speciali: anziani, malati organici (diabetici, asma, obesi, anoressici ecc.), fino a comprendere soggetti che si trovano in situazione di disagio e di esclusione sociale, quali detenuti, malati di Aids, ecc. Tale elenco è destinato probabilmente ad arricchirsi ulteriormente, includendo le nuove categorie che via via si verranno a formare, quali, ad esempio, i bambini piccoli o degenti in ospedale, ecc.

Definizioni:

Analizzando le definizioni via via riviste e aggiornate dagli studiosi del settore proprio in relazione all’espansione e diversificazione dell’APA, partendo dalla prima, del 1989 e di seguito le successive che si sono susseguite in questi ultimi 35 anni, ci si può rendere conto della rapida evoluzione dell’APA, rapida se si pensa che è nata molto recentemente, nel 1973.

Attraverso le seguenti definizioni di seguito riportate, in ordine temporale, si può notare l'evoluzione avvenuta:

“Adapted Physical Activity” comprende ogni movimento, ogni attività fisica, ogni sport che può essere praticato da individui limitati nelle loro capacità da deficit fisici, psicologici, mentali o da alterazioni di alcune grandi funzioni” (Berlino 1989).

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• “Apa è un termine “ombrello” usato in tutto il mondo per individuare un’area interdisciplinare di saperi, includendo le attività di educazione fisica, tempo libero, danza, sport, fitness e riabilitazione per individui con impedimenti, a qualunque età e lungo il ciclo della vita. (De Pauw, 2000).

• APA viene definita come un corpo interdisciplinare di conoscenze indirizzate all'identificazione e soluzione di personali difficoltà in attività fisica. E' un servizio da erogare e un settore interdisciplinare di studio che supporta un'attitudine di accettazione di differenze individuali, sostiene e favorisce l'accedere ad uno stile di vita attivo e allo sport e promuove l'innovazione e l'erogazione di un servizio cooperativo e un sistema di autorizzazioni riconosciute. APA include, ma non è limitata a, educazione fisica, sport, tempo libero, danza e arti creative, nutrizione, medicina e riabilitazione (IFAPA board, 2004).

• Ogni movimento, attività fisica e sport essenzialmente basati sulle attitudini e motivazioni delle persone che hanno dei bisogni specifici che impediscono loro di praticare l’attività fisica in condizioni ordinarie (De Potter, Cagliari, 2004).

• Attività Fisica Adattata ha molti significati, ma il suo “focus” sono le differenze individuali nell’attività fisica che richiedono attenzioni speciali. L'adattamento significa cambiare, adattare, o regolare in relazione ai dati osservati. Le differenze individuali includono disfunzioni, disabilità, handicap e gli altri

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Adapted Physical Activity (APA) significa: > Una professione di erogazione di servizi > Una specializzazione accademica o di area > Un campo di conoscenza interdisciplinare > Una disciplina o sottodisciplina emergente > Una filosofia o insieme di convinzioni che guidano le attività pratiche > Un’attitudine all’accettazione che predispone ai vari comportamenti > Un sistema dinamico di teorie e pratiche interagenti > Un processo ed un prodotto (es. programmi nei quali si evidenzia l'adattamento)

> Una rete dedicata ai diritti della disabilità. (IFAPA board, 2006).

• In molti paesi i termini attività fisica ed educazione fisica sono intercambiabili. IFAPA tuttavia, ritiene corretto che il termine attività ponga l’accento sui bisogni durante tutto l’arco della vita, e in ogni ambito. Il termine educazione invece, dovrebbe essere utilizzato per porre l’attenzione su soggetti in età scolare in contesti educativi. APA ha numerosi punti di contatto con il termine intervento psicomotorio usato in alcune parti del mondo ” IFAPA board, 2006).

• Attività fisica e sport con quelle necessarie modifiche perchè persone con limitazioni diverse possano parteciparvi e possano farlo senza rischio per loro o per chi sta intorno. ( Joseph Lev , 2006, Israel).

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2. PROBLEMATICHE DELL'ANZIANO

2.1 Cenni di patologia dell'invecchiamento

Si hanno due espressioni dell'invecchiamento:

> Invecchiamento cellulare

> Invecchiamento cellulare

> Invecchiamento dei tessuti connettivi e della matrice extracellulare

> Invecchiamento dei tessuti connettivi e della matrice extracellulare

Invecchiamento cellulare:

Riguarda sia l'aspetto morfologico che funzionale e lo ritroviamo a carico delle seguenti strutture:

Membrane cellulariMembrane cellulari

Riduzione con l’età della componente fosfolipidica.

Riduzione con l’età della componente fosfolipidica.

Aumento di quella colesterolica – ed ancor più del rapporto colesterolo/

Aumento di quella colesterolica – ed ancor più del rapporto colesterolo/

fosfolipidi – così come delle molecole sature e diminuzione di quelle insature.

fosfolipidi – così come delle molecole sature e diminuzione di quelle insature.

Riduzione della fluidità , della capacità di trasporto proteico, della permeabilità

Riduzione della fluidità , della capacità di trasporto proteico, della permeabilità

agli elettroliti, soprattutto al potassio che può influire negativamente sulle

agli elettroliti, soprattutto al potassio che può influire negativamente sulle

attività di vari enzimi e idratazione del citoplasma.

attività di vari enzimi e idratazione del citoplasma.

Organuli citoplasmaticiOrganuli citoplasmatici

Mitocondri:

Mitocondri: danni a livello del mtDNA, irregolarità di forma e volume, ridotta danni a livello del mtDNA, irregolarità di forma e volume, ridotta capacità ad eseguire i processi di fosforilazione ossidativa e defosforilazione.

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Il loro ruolo nell’invecchiamento è importante non solo come produttori di ROS

Il loro ruolo nell’invecchiamento è importante non solo come produttori di ROS

e loro bersaglio, ma anche perché modulano l’espressione genica nucleare, la

e loro bersaglio, ma anche perché modulano l’espressione genica nucleare, la

risposta allo

risposta allo stress e all’apoptosi.stress e all’apoptosi. Apparato del Golgi:

Apparato del Golgi: va incontro a frammentazioni. va incontro a frammentazioni. Lisosomi:

Lisosomi: presentano una minore efficienza proteolitica che facilita la presentano una minore efficienza proteolitica che facilita la

formazione di lipofuscine: granuli elettrondensi derivati da lipidi perossidati,

formazione di lipofuscine: granuli elettrondensi derivati da lipidi perossidati,

proteine, carboidrati e metalli.

proteine, carboidrati e metalli.

I depositi di lipofuscina costituiscono una delle stigmate biologiche

I depositi di lipofuscina costituiscono una delle stigmate biologiche

dell’invecchiamento dei tessuti. Secondo alcuni autori potrebbero interferire

dell’invecchiamento dei tessuti. Secondo alcuni autori potrebbero interferire

negativamente sull’omeostasi cellulare favorendo così l’invecchiamento.

negativamente sull’omeostasi cellulare favorendo così l’invecchiamento.

Nucleo: Si osservano variazioni di forma e dimensioni, con alterazioni delSi osservano variazioni di forma e dimensioni, con alterazioni del rapporto nucleo/citoplasma.

rapporto nucleo/citoplasma.

La cromatina tende ad addensarsi con inclusioni di vescicole ed il DNA va

La cromatina tende ad addensarsi con inclusioni di vescicole ed il DNA va

incontro ad irrigidimento strutturale per comparsa di legami covalenti con le

incontro ad irrigidimento strutturale per comparsa di legami covalenti con le

proteine, che si traducono in una compromissione della capacità cellulare di

proteine, che si traducono in una compromissione della capacità cellulare di

proteosintesi.

proteosintesi.

I fenomeni regressivi hanno effetti diversi a seconda del tessuto:

• nei tessuti a nei tessuti a cellule perennicellule perenni, , in quello nervoso in particolare, che, in età moltoin quello nervoso in particolare, che, in età molto avanzata, può presentare una perdita di oltre il 50-60% del proprio patrimonio

avanzata, può presentare una perdita di oltre il 50-60% del proprio patrimonio

cellulare iniziale;

cellulare iniziale;

• meno evidenti e significative nei tessuti a meno evidenti e significative nei tessuti a cellule stabili,cellule stabili, dove le conseguenze dove le conseguenze sono essenzialmente in termini di ridotta capacità rigeneratrice di fronte a

sono essenzialmente in termini di ridotta capacità rigeneratrice di fronte a

stimoli adeguati;

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• praticamente irrelevanti nei tessuti apraticamente irrelevanti nei tessuti a cellule labilicellule labili ad alto turnover rigenerativo, ad alto turnover rigenerativo, come cute e mucose.

come cute e mucose.

Invecchiamento dei tessuti connettivi e della matrice extracellulare:

Invecchiamento dei tessuti connettivi e della matrice extracellulare:

Il tessuto connettivo è una delle componenti strutturali principali dell’organismo.

Il tessuto connettivo è una delle componenti strutturali principali dell’organismo.

L’osso, la cartilagine, il tessuto adiposo, la parete vasale, il derma, il tessuto connettivo

L’osso, la cartilagine, il tessuto adiposo, la parete vasale, il derma, il tessuto connettivo

di sostegno, sono tessuti connettivi differenziati, poiché la loro componente cellulare

di sostegno, sono tessuti connettivi differenziati, poiché la loro componente cellulare

specifica – osteocita, condrocita, adipocita etc.- è di derivazione della stessa cellula

specifica – osteocita, condrocita, adipocita etc.- è di derivazione della stessa cellula

indifferenziata, il fibroblasto.

indifferenziata, il fibroblasto.

Da qui il motivo per cui tutti questi tessuti hanno la stessa matrice extracellulare (ME),

Da qui il motivo per cui tutti questi tessuti hanno la stessa matrice extracellulare (ME),

che risulta composta da:

che risulta composta da:

– sostanze intercellulari amorfe,sostanze intercellulari amorfe, a loro volta suddivise in sostanze fondamentali,a loro volta suddivise in sostanze fondamentali, comprendenti proteine, glicidi, lipidi, acqua, ioni, sali e soluti, e sostanze cementanti,

comprendenti proteine, glicidi, lipidi, acqua, ioni, sali e soluti, e sostanze cementanti,

individuabili nei proteoglicani e nelle proteine di struttura;

individuabili nei proteoglicani e nelle proteine di struttura;

– sostanze intercellulari fibrose,sostanze intercellulari fibrose, rappresentate da collagene, fibre reticolari e fibrerappresentate da collagene, fibre reticolari e fibre elastiche.

elastiche.

E’ soprattutto alle diverse componenti macromolecolari della ME ed in particolare, alla

E’ soprattutto alle diverse componenti macromolecolari della ME ed in particolare, alla

loro struttura, organizzazione, biosintesi, che si devono le diverse proprietà del tessuto

loro struttura, organizzazione, biosintesi, che si devono le diverse proprietà del tessuto

connettivo.

connettivo.

Dalle loro modificazioni età-correlate dipendono molte delle manifestazioni che

Dalle loro modificazioni età-correlate dipendono molte delle manifestazioni che

caratterizzano l’invecchiamento, sia sul piano morfo-strutturale che funzionale,

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considerando anche che le componenti della ME influenzano l’attività cellulare.

considerando anche che le componenti della ME influenzano l’attività cellulare.

– Il

– Il collagenecollagene è la principale proteina del tessuto connettivo negli animali e è la principale proteina del tessuto connettivo negli animali e rappresenta nell’uomo circa il 6% del peso corporeo. E’ presente in tutti gli organi e

rappresenta nell’uomo circa il 6% del peso corporeo. E’ presente in tutti gli organi e

tessuti con la funzione di conferire resistenza alle forze tensive. La costante presenza

tessuti con la funzione di conferire resistenza alle forze tensive. La costante presenza

di glicina ogni due aminoacidi conferisce una grande stabilità alla proteina che risulta

di glicina ogni due aminoacidi conferisce una grande stabilità alla proteina che risulta

formata da una tripletta di filamenti proteici avvolti ad elica.

formata da una tripletta di filamenti proteici avvolti ad elica.

– Le

– Le fibre reticolari fibre reticolari rappresentano una forma diversificata di collagene, decorronorappresentano una forma diversificata di collagene, decorrono

isolate e formano reticoli intorno ai vasi, fibre nervose, fibre muscolari.

isolate e formano reticoli intorno ai vasi, fibre nervose, fibre muscolari.

– Le

– Le fibre elastiche, fibre elastiche, presenti maggiormente nei polmoni, nella cute, nei vasi epresenti maggiormente nei polmoni, nella cute, nei vasi e legamenti, formano reticoli soprattutto a livello delle grandi arterie. La loro

legamenti, formano reticoli soprattutto a livello delle grandi arterie. La loro

composizione aminoacidica idrofobica (glicina,alanina,valina) conferisce loro grande

composizione aminoacidica idrofobica (glicina,alanina,valina) conferisce loro grande

elasticità.

elasticità.

– I

– I proteoglicani proteoglicani sono macromolecole complesse costituite da una componente sono macromolecole complesse costituite da una componente proteica e una glucidica (pari al 95%), formata da glicosaminoglicani e

proteica e una glucidica (pari al 95%), formata da glicosaminoglicani e

mucopolissaccaridi acidi che possono esterificarsi con acido solforico

mucopolissaccaridi acidi che possono esterificarsi con acido solforico

(condroitinsolfato e cheratansolfato) o meno (acido ialuronico e condroitina). Sono

(condroitinsolfato e cheratansolfato) o meno (acido ialuronico e condroitina). Sono

strutture altamente idrofiliche e cariche negativamente, che regolano il contenuto

strutture altamente idrofiliche e cariche negativamente, che regolano il contenuto

idrico dei tessuti, limitano il passaggio dei soluti, interagiscono con le fibre collagene

idrico dei tessuti, limitano il passaggio dei soluti, interagiscono con le fibre collagene

per aumentare la resistenza alla compressione del connettivo.

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– Le

– Le glicoproteine di strutturaglicoproteine di struttura (fibronectina, laminina, trombospondina, integrine) (fibronectina, laminina, trombospondina, integrine) sono un gruppo di macromolecole presenti nella sostanza amorfa in percentuale ridotta

sono un gruppo di macromolecole presenti nella sostanza amorfa in percentuale ridotta

rispetto ai proteoglicani.

rispetto ai proteoglicani.

La loro funzione principale è di formare l’impalcatura della fibra elastica, costituendo

La loro funzione principale è di formare l’impalcatura della fibra elastica, costituendo

una trama fibrosa.

una trama fibrosa.

Con l’invecchiamento tutte queste macromolecole vanno progressivamente incontro a

Con l’invecchiamento tutte queste macromolecole vanno progressivamente incontro a

profonde modificazioni che riguardano la fase post-sintetica, come la glicazione e la

profonde modificazioni che riguardano la fase post-sintetica, come la glicazione e la

degradazione proteolitica anomala .

degradazione proteolitica anomala .

– Le

– Le fibre collagene fibre collagene aumentano di numero in rapporto altre componenti – anche perché diminuisce la loro suscettibilità ad essere attaccate dalle collagenasi; si formano inoltre legami crociati inter-ed intramolecolari che ne riducono la solubilità e l’ elasticità.

I fibroblasti producono meno collagene e le fibre presenti tendono a frammentarsi. Ad esempio dopo gli 80 anni i fibroblasti del tessuto cutaneo sintetizzano quasi il 70% in meno di tropocollagene rispetto ai soggetti giovani.

La frammentazione delle fibre collagene (accelerata anche dall’esposizione a UV) determina inoltre una riduzione della tensione meccanica del tessuto connettivo fattore questo fondamentale per la stimolazione dell’attività protosintetica dei fibroblasti.

– Le

– Le fibre elastiche fibre elastiche perdono progressivamente l’elasticità, sia per la degradazione dell’elastina che per il progressivo aumento di un’elastina anomala, la cosiddetta pseudoelastina dotata di minore elasticità e maggiore idrofobicità, che la rende più

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sensibile alle elastasi e, quindi, alla frammentazione.

– I proteoglicaniproteoglicani si riducono di numero e modificano la loro composizione molecolare per diminuzione della componente glucidica di glicosaminoglicani ed aumento di quella proteica, con conseguente alterazione dei rapporti con il collagene e minore capacità di trattenere i liquidi.

– Le glicoproteine di strutturaglicoproteine di struttura si riducono anch’esse, contribuendo ad alterare le caratteristiche strutturali e funzionali della ME.

Le conseguenze di questi eventi sono:

• progressivo irrigidimento ed idrofobia della ME;

• alterazioni del flusso di nutrienti alle cellule e di prodotti di rifiuto da essi;

• alterazione dei vari segnali chimici ed ormonali che partecipano ealterazione dei vari segnali chimici ed ormonali che partecipano e condizionano la vita e l’attività delle cellule.

condizionano la vita e l’attività delle cellule.

Teorie dell'invecchiamento

Esistono varie teorie riguardo l'invecchiamento e ognuna di queste pone un meccanismo specifico alla base del processo di invecchiamento.

Le teorie si dividono in due gruppi: > Teorie stocastiche

> Teorie stocastiche: propongono che l’invecchiamento sia causato da danni casuali alle macromolecole. Occorre però precisare che l’organismo può riparare o ricambiare le macromolecole alterate.

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> Teorie genetiche: propongono che alla base dell’invecchiamento vi siano programmi genetici continui come quelli che determinano lo sviluppo e la morfogenesi.

Teorie/meccanismi dell'invecchiamento:

Vedono l'invecchiamento come evento programmato le seguenti teorie: > Neuroendocrina

> Immunologica > Senescenza cellulare

Vedono l'invecchiamento come evento stocastico le seguenti teorie: > Mutazioni Somatiche e Riparazione del DNA

> Catastrofe da Errori

> Alterazioni delle proteine e del turn-over proteico

> Radicali Liberi (Stress ossidativo)/DNA mitocondriale

Teorie neuroendocrine:

La maggior parte si basa sul declino della funzionalità dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene che regola lo sviluppo, la crescita, la pubertà, il metabolismo e molte altre funzioni fisiologiche.

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Una delle maggiori evidenze sperimentali è il prolungamento della longevità di topi che hanno subito ipofisectomia.

I livelli di numerosi ormoni variano con l’età: alcuni di essi sono stati messi in relazione all’invecchiamento come ad esempio il GH e il DHEAS.

Teorie immunologiche:

Si basano sul ruolo importante del sistema immunitario nel mantenimento della salute e della sopravvivenza dell’organismo.

La risposta delle cellule T ai mitogeni diminuisce, così come aumenta la suscettibilità alle malattie infettive.

Con l’invecchiamento aumentano i fenomeni di autoimmunità, come evidenziato dai livelli di autoanticorpi nel siero.

Senescenza cellulare:

In coltura le cellule si replicano raddoppiando il loro numero (Population Doublings). Dopo un certo numero di divisioni si entra in una fase di diminuita capacità replicativa fino a che le cellule non si dividono più (limite di Hayflick).

La senescenza cellulare ha rappresentato per molti anni sia una teoria di quella che poteva essere la senescenza in vivo sia un utile modello per lo studio dell’invecchiamento in vitro. Sebbene oggi si pensi che la “senescenza replicativa” non riproduca l’invecchiamento cellulare in vivo la teoria ha ripreso vigore in seguito

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alla scoperta dei telomeritelomeri11 , che vengono rimossi parzialmente ad ogni ciclo

replicativo.

Mutazioni somatiche e Riparazione DNA:

Mutazioni somatiche e Riparazione DNA:

Con l’aumentare dell’età si accumulano mutazioni nelle cellule somatiche di cui i principali responsabili sono le radiazioni.

Parallelamente si assiste ad un declino età dipendente dell’efficienza di riparazione del DNA.

Catastrofe da errori:

Il processo di sintesi delle proteine è complesso, cosicché si può verificare la sintesi di proteine “errate”. Questo problema potrebbe essere superato dal normale ricambio delle proteine. Quando le proteine che contengono errori sono quelle coinvolte nel meccanismo di sintesi delle proteine, si potrebbe verificare un’amplificazione che porterebbe ad un elevato numero di proteine alterate incompatibili con le normali funzioni cellulari.

Alterazione delle proteine e del turnover proteico:

Le proteine sono alterate da numerosi processi tra cui la glicazione e l’ossidazione. E’

1 Il telomero è la regione terminale del cromosoma , composta di DNA altamente ripetuto , che non codifica per alcun prodotto proteico. Ha un ruolo determinante nell'evitare la perdita di informazioni durante la duplicazione dei cromosomi. La DNA polimerasi , infatti, non è in grado di replicare il cromosoma fino alla sua terminazione; se non ci fossero i telomeri, che quindi vengono accorciati ad ogni replicazione, la replicazione del DNA comporterebbe in ogni occasione una significativa perdita di informazione genetica.

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stato ipotizzato che l’accumulo di proteine alterate (dopo la sintesi) possa contribuire al fenomeno dell’invecchiamento.

Questo accumulo di alterazioni potrebbe anche essere secondario ad una maggiore emivita delle molecole che avrebbero così maggiore probabilità di essere danneggiate. Esiste una notevole evidenza sperimentale di un declino età associato dei processi di degradazione proteica che permetterebbero quindi un maggior accumulo di proteine alterate.

Radicali Liberi (Stress Ossidativo) e DNA mitocondriale:

Radicali Liberi (Stress Ossidativo) e DNA mitocondriale:

Le specie reattive dell’ossigeno (ROS, anione superossido, perossido di idrogeno, radicale idrossile) sono semplicemente il sottoprodotto del metabolismo aerobio indispensabile per la vita. Il danno provocato da questi radicali è progressivo con

l’aumentare dell’età e probabilmente correlato ad un calo contemporaneo delle difese antiossidanti.

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2.2 Alterazioni fisiche

Con l’avanzare dell’età si riscontra un deterioramento strutturale e funzionale in gran parte dei sistemi fisiologici, anche in assenza di disturbi avvertibili. Tali cambiamenti fisiologici dovuti all’avanzare dell’età interessano una vasta gamma di tessuti, organi e funzioni e possono cumulativamente influenzare le attività della vita quotidiana e il mantenimento dell’autonomia fisica nella fascia d’età più anziana. La diminuzione della capacità aerobica massimale (V˙O2max) e il ridotto rendimento dell’apparato muscolo-scheletrico con l’avanzare dell’età sono due esempi di invecchiamento fisiologico. Qualsiasi variazione in ciascuno di questi valori costituisce un fattore determinante di tolleranza al movimento e di capacità funzionale tra i più anziani. I valori di partenza in donne e uomini di mezza età preannunciano futuri rischi di disabilità, malattie croniche e decesso.

La diminuzione, dovuta all’invecchiamento, del V˙O2max e della forza indica, inoltre, che a ogni carico di esercizio submassimale ai soggetti più anziani si chiede spesso di esercitare una percentuale maggiore di capacità (e sforzo) massimale rispetto ai soggetti adulti più giovani. Un’altra caratteristica del processo fisiologico dell’invecchiamento è il cambiamento della composizione corporea, con serie Immagine tratta da: www.salute.gov.it

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conseguenze sulla salute e sulla funzione fisica dell’anziano. Esempi specifici si traducono nel graduale accumulo di massa grassa e relativa ridistribuzione tendente a depositarsi nelle regioni centrali e addominali durante la mezza età e nella riduzione del tessuto muscolare (sarcopenia) durante la mezza età e l’età matura, con conseguenti rischi di affezioni metaboliche e cardiovascolari.

In genere la popolazione anziana è fisicamente meno attiva della popolazione adulta più giovane. Benché la quantità di tempo impiegato quotidianamente nella ginnastica o in un’attività fisica e il dinamismo dello stile di vita di alcuni soggetti anziani siano talvolta equiparabili a quelli di soggetti adulti più giovani e normalmente attivi, i tipi di attività fisica che riscontrano maggior gradimento tra gli anziani sono, logicamente, di intensità inferiore (passeggiate, giardinaggio, golf, attività aerobiche a basso impatto) rispetto a quelle svolte dagli adulti più giovani (corsa, attività aerobiche a più alto impatto). Quindi si può affermare che l’invecchiamento si accompagna al declino del volume e dell’intensità dell’attività fisica.

Con l’età avanzata inoltre, aumenta il rischio relativo di incidenza e mortalità per diverse malattie croniche, quali: affezioni cardiovascolari, diabete di tipo 2, obesità, e alcuni tipi di neoplasie.

Tra la popolazione più anziana si riscontra inoltre la più elevata incidenza di patologie muscolo-scheletriche degenerative quali osteoporosi, artrite e sarcopenia. L’età è pertanto considerata un fattore primario dello sviluppo e dell’evoluzione di gran parte degli stati patologici degenerativi. Ciononostante, una regolare attività fisica contribuisce a una significativa riduzione di tali rischi. Questo è quanto emerge da studi con cui si dimostra un calo statisticamente significativo del rischio relativo di

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mortalità per patologie cardiovascolari e per tutte le cause tra soggetti classificati come allenati rispetto ai coetanei classificati come moderatamente allenati o non allenati (sedentari). Il più notevole aumento dei benefici sulla mortalità è riscontrabile rapportando gli adulti sedentari con quelli che svolgono un livello di attività fisica di livello direttamente superiore. Da ulteriori evidenze emerge che la forza e la potenza muscolare sono predittive di mortalità per malattie cardiovascolari e per tutte le cause, indipendentemente dalla salute cardiovascolare. Di conseguenza, per ridurre l’incidenza di patologie croniche e scongiurare l’eventualità di premorienza, a qualsiasi età è buona norma evitare la sedentarietà e impegnarsi almeno in un minimo di attività fisica quotidiana.

L’invecchiamento è un processo complesso che coinvolge diversi fattori interattivi, i quali comprendono processi di invecchiamento primario, effetti di “invecchiamento secondario” (risultanti da malattie croniche e comportamenti dello stile di vita) e fattori genetici. Nell’uomo lo studio dell’influenza dell’attività fisica sui processi di invecchiamento primario è problematico poiché i processi di invecchiamento cellulare e i meccanismi delle patologie sono strettamente intrecciati. A tutt’oggi nessun intervento sullo stile di vita, ginnastica compresa, si è rivelato in grado di prolungare in modo assodato la durata media della vita negli esseri umani. Piuttosto, una regolare attività fisica aumenta l’aspettativa media di vita grazie all’influenza contrastante sullo sviluppo di patologie croniche (mediante la mitigazione delle conseguenze dell’invecchiamento secondario). Inoltre, l’attività fisica limita l’influenza dell’invecchiamento secondario riattivando le capacità funzionali negli anziani precedentemente sedentari. Negli anziani i programmi allenamento aerobico e

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allenamento di resistenza possono incrementare la capacità aerobica e la forza muscolare rispettivamente del 20% –30% o più.

Sebbene il modello del cambiamento legato all’avanzare dell’età sia, per la maggior parte delle variabili fisiologiche, la curva discendente, alcuni soggetti presentano variazioni minime o nulle nell’ambito di una determinata variabile, mentre altri presentano alcuni miglioramenti con l’età. Per alcuni individui la funzionalità fisica varia con ritmi di cambiamento variabili nel tempo, rispecchiando plausibilmente livelli variabili di attività fisica e di altre influenze cicliche (stagionali) o meno prevedibili (infermità, traumi o lesioni). Tuttavia, in gran parte delle ricerche fisiologiche, perfino dopo aver considerato l’efficacia di differenti livelli di attività fisica, si riscontra ancora una sostanziale variabilità soggettiva (a un determinato punto nel tempo e nel ritmo di cambiamento nel tempo): tale variabilità sembra aumentare con l’età. La variazione individuale è inoltre evidente nelle risposte adattive a un programma di allenamento standardizzato; alcuni soggetti presentano cambiamenti sorprendenti in merito a una data variabile, laddove per altri gli effetti sono minimi. La definizione dell’ambito in cui fattori genetici e stile di vita influenzano i declini funzionali associati all’età, nonché la determinazione dell’importanza delle risposte adattive all’esercizio fisico in soggetti giovani e in quelli più anziani costituiscono un’area di ricerca attiva. Gli studi dell’esercizio fisico condotti su nuclei familiari e su coppie di gemelli riferiscono una significativa influenza genetica sulla funzione fisiologica allo stato di partenza e sulla capacità di risposta all’allenamento aerobico, sulle caratteristiche muscolo-scheletriche e sui fattori di rischio cardiovascolare. Quantunque il ruolo dei fattori genetici nella determinazione di alterazioni delle

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funzionalità (nel tempo e in risposta a programmi di esercizio fisico) degli anziani non sia ancora chiaro, è probabile che una combinazione di stile di vita e fattori genetici contribuisca all’ampia variabilità interpersonale riscontrata nei soggetti più anziani. Negli anziani ambosessi sedentari e sani, gli adattamenti critici fisiologici all’esercizio fisico aerobico submassimale sono, qualitativamente, analoghi a quelli dei soggetti più giovani e risultano adeguati nel soddisfare le principali esigenze regolatrici di adattamento dell’esercizio, tra cui il controllo della pressione arteriosa e l’irroramento degli organi vitali; l’aumento della distribuzione e dell’impiego di ossigeno e substrato nel muscolo attivo; il mantenimento dell’omeostasi della pressione arteriosa e la dissipazione del calore. Gli adattamenti cardiovascolari e neuromuscolari critici all’esercizio di resistenza (sia isometrico che dinamico) sembrano, parimenti, ben preservati negli anziani. simili a quelle riscontrate nei soggetti più giovani. Quantunque la probabilità di miglioramento assoluto tenda a essere inferiore negli anziani rispetto ai giovani, si riscontrano analogie di fondo negli incrementi relativi di molte variabili tra cui: V˙O2max, risposta metabolica all’esercizio submassimale, e tolleranza all’esercizio con allenamento aerobico e forza dei muscoli degli arti, resistenza e dimensioni in risposta all'allenamento di resistenza. L’invecchiamento fisiologico altera alcuni dei meccanismi e la durata di adattamento del soggetto anziano a un determinato stimolo (ossia, il soggetto anziano potrebbe impiegare più tempo per raggiungere il medesimo livello di miglioramento rispetto al più giovane) e tali meccanismi tendono a essere sessospecifici; nondimeno la capacità adattiva del corpo è ragionevolmente ben preservata, almeno fino ai settant’anni. Tuttavia durante le esigenze congiunte di intenso esercizio muscolare e di sollecitazioni caldo-freddo, i

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soggetti più anziani presentano effettivamente un’ulteriore riduzione della tolleranza all’esercizio e un aumentato rischio di malattia/lesioni legate al caldo o al freddo, rispetto ai soggetti più giovani. Le differenze di età nella tolleranza all’esercizio in ambienti con temperature elevate possono essere dovute, almeno in parte, a livelli inferiori di capacità aerobica nei soggetti anziani. La cessazione dell’allenamento aerobico negli anziani comporta una rapida perdita di risposta cardiovascolare e metabolica laddove gli adattamenti (neurali) indotti con l’esercizio sembrano più duraturi, analogamente a quanto osservato nella popolazione più giovane.

Nello studio di soggetti centenari o, comunque, longevi, si tende ad attribuire il segreto della longevità a uno stile di vita sano. Tre sono i comportamenti caratteristici puntualmente riscontrati: esercizio fisico regolare, il mantenimento di una rete sociale, un atteggiamento mentale positivo. Tra i fattori fisiologici più frequentemente associati alla longevità e all’invecchiamento positivo si contano: ipotensione; basso indice di massa corporea (IMC) e di adiposità centrale; normale tolleranza al glucosio (basse concentrazioni di glucosio plasmatico e insulina) e un profilo lipidico ematico ad azione ateroprotettiva; basse concentrazioni di trigliceridi e colesterolo LDH ed elevate concentrazioni di colesterolo HDL. Una regolare attività fisica pare l’unico comportamento relativo allo stile di vita a tutt’oggi ufficialmente identificato (ad eccezione, dell’adozione di un regime ipocalorico) in grado di influire favorevolmente su una vasta gamma di sistemi fisiologici e i fattori di rischio di malattie croniche e, inoltre, può essere associato a una migliore salute mentale e a una più soddisfacente integrazione sociale. Di conseguenza, nonostante le notevoli differenze di ambiente genetico tra soggetti di una determinata fascia d’età, pare che uno stile di vita

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comportante dell’attività fisica possa essere un fattore discriminante tra individui che sperimentano un invecchiamento positivo e quelli che non lo sperimentano.

Dopo averne parlato in maniera generale, possiamo andare a vedere più nel detteglio le alterazioni fisiche che si verificano nell'anziano:

Tessuto muscolare

Si ha una riduzione della massa (in funzione della attività fisica praticata e lavorativa), riduzione maggiore per le fibre bianche, riduzione del numero di capillari per unità motoria, riduzione della forza muscolare. Tutto questo si identifica con la sarcopenia, cioè perdita progressiva di massa muscolare e di forza età correlata causata da una ridotta attività fisica, modificazioni ormonali, riduzione del flusso ematico locale, malnutrizione. Prevenibile e reversibile con l’esercizio (esercizi aerobici e di resistenza).

Con la sarcopenia si instaura un circolo vizioso perché questa porta a un deterioramento della condizione fisica, debolezza muscolare e dispnea durante l'attività, per cui l'attività fisica non viene svolta e questo causa un ulteriore deterioramento della condizione fisica e debolezza muscolare, che fanno peggiorare ancora di più la sarcopenia.

Immagine tratta da: www.salute.gov.it

Immagine tratta da:

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Si ha quindi:

Riduzione di forza e potenza

La forza isometrica, concentrica ed eccentrica diminuiscono dall’età di 40 anni, e tale tendenza accelera dopo i 65–70. Rispetto alla parte superiore del corpo, la forza della parte inferiore diminuisce più velocemente. La potenza diminuisce più rapidamente rispetto alla forza.

Forza e potenza deficitarie sono predittive di disabilità nella terza età e di rischio di mortalità.

Ridotta resistenza allo sforzo

Diminuzione della resistenza. Con l’età può aumentare il mantenimento della forza a una data intensità relativa. Gli effetti dell’età sui meccanismi dell’affaticamento non sono chiari e dipendono dall’attività.

Ridotta velocità di recupero

Aumento del tempo di reazione. Rallentamento dei movimenti semplici e ripetitivi. Alterato controllo dei movimenti di precisione. Gli esercizi complessi sono maggiormente influenzati rispetto a quelli più semplici. Sono influenzate molte attività funzionali della vita quotidiana e aumenta il rischio di lesioni nonché del tempo di apprendimento dell’attività.

Flessibilità e arco di movimento (ROM)

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rachide (20%–30%) e delle caviglie (30%–40%) entro i 70 anni, specialmente nelle donne. Diminuzione dell’elasticità muscolare e tendinea. La scarsa flessibilità può comportare l’aumento del rischio di lesioni, cadute e mal di schiena. • Deficit di equilibrio (cadute)

I cambiamenti sensoriali, motori e cognitivi alterano la biomeccanica (sedersi, stare in piedi, muoversi). Questi cambiamenti, uniti a limitazioni ambientali possono influire negativamente sull’equilibrio e la mobilità. L’equilibrio compromesso aumenta il timore di cadere e può portare il soggetto a ridurre l’attività quotidiana.

Cause della sarcopenia

Sono state proposte varie teorie sull’origine della sarcopenia e soprattutto che tale origine non sia esclusivamente a livello muscolare.

La teoria che gode maggior consenso è quella che chiama in causa la degenerazione dei motoneuroni spinali (diminuzione del 50% rispetto al giovane nel midollo sacrale)

Un altro meccanismo che può contribuire alla sarcopenia è il declino età dipendente dei livelli di ormoni, come androgeni, estrogeni, ormone della crescita ed insulina, che sono importanti per il mantenimento della massa muscolare.

Un’ipotesi recente propone che causa della

Un’ipotesi recente propone che causa della sarcopenia sarcopenia sia uno sbilanciamento frasia uno sbilanciamento fra fattori lesivi e capacità di riparazione del muscolo. I fenomeni coinvolti nel danno

fattori lesivi e capacità di riparazione del muscolo. I fenomeni coinvolti nel danno

muscolare sono il danno ossidativo e l’infiammazione.

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Aspetti Funzionali

Conseguenza primaria della sarcopenia è la riduzione della forza muscolare, intesa come forza massima che può essere sviluppata da un muscolo.

Almeno tre ipotesi sono state formulate per spiegare tale osservazione:

- la presenza di un’incompleta attivazione volontaria della contrazione muscolare; - la sostituzione di tessuto muscolare con tessuto adiposo o fibroso;

- una modificazione del rapporto esistente tra i diversi tipi di fibre muscolari.

La maggior parte degli studi fissa l’esordio della sarcopenia in corrispondenza della quinta decade.Studi trasversali indicano che la forza muscolare si riduce gradualmente nel corso della vita adulta del 12-15% per decade fino ai settanta anni.Quelli longitudinali indicano una diminuzione ancora più consistente, pari anche al 60% ad 80 anniE possibile che la forza muscolare sia persa più rapidamente a livello degli arti inferiori rispetto ai superiori, forse per il diverso impiego nell’attività motoriaLa diminuzione della forza muscolare interessa entrambi i sessi, anche se sembra realizzarsi in misura percentualmente inferiore in quello femminile.

Anche la potenza muscolare – definita come prodotto della forza muscolare per velocità – subisce un declino con l’età, che è ancora più importante rispetto a quello della forza, dal momento che entrambi i fattori che la determinano risultano diminuiti.Infatti, di fronte ad una perdita media di forza muscolare di circa 1,5% anno, si riscontra una perdita media di potenza muscolare del 3,5% anno; il picco della potenza muscolare a 70 anni è mediamente inferiore del 40% rispetto al picco che si ha a 30 anni.

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Le cause comprendono: - riduzione della forza;

- riduzione della massima velocità di contrazione del muscolo ( a carico 0) per riduzione selettiva del numero e/o delle dimensioni delle fibre di tipoII, con riduzione globale della miosina a catene pesanti;

- maggiore sensibilità alle riduzioni della temperatura esterna per riduzione del pannicolo adiposo e alterazioni della termogenesi, con riduzione della velocità dei processi biochimici della contrazione.

Gli studi circa le variazioni della resistenza muscolare, definita come la capacità di un muscolo o di un gruppo muscolare di mantenere la forza o la potenza muscolare per un certo periodo di tempo, hanno raggiunto conclusioni non univoche.

Da quanto detto appare evidente che la sarcopenia determina un importante riduzione della funzionalità muscolare con conseguente aumento del rischio di disabilità. In una ricerca le donne con sarcopenia marcata avevano una prevalenza di disabilità di tre volte e mezzo superiore rispetto a quelle con minor perdita di massa muscolare, mentre negli uomini con sarcopenia la prevalenza era quattro volte superiore.I soggetti sarcopenici avevano inoltre più spesso una storia di cadute.

Conseguenze extra-muscolari della sarcopenia Sarcopenia e composizione corporea

Il metabolismo basale diminuisce con l’età, anche se il declino non è lineare in quanto subisce una progressiva accellerazione dopo i 40 anni negli uomini ed i 50 nelle

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donne. Tale comportamento è stato attribuito principalmente alla modificazione della composizione corporea con l’età ed in particolare alla sarcopenia. Esso è però dovuto anche ad altri fattori, come ad esempio la riduzione dell’attività metabolica della massa magra.

In conclusione, nel corso dell’invecchiamento la spesa energetica totale si riduce sia per la diminuzione del metabolismo basale che per la riduzione del livello di attività fisica. Il fatto che alla riduzione della massa muscolare si accompagni un aumento della massa grassa, è sicuramente dovuto anche alla non riduzione contemporanea dell’apporto calorico con la dieta.

La conseguenza è un bilancio energetico positivo, direttamente responsabile dell’aumento del tessuto adiposo con l’età, in particolare di quello addominale (obesità androide) che è associato ad un’aumentata morbilità e mortalità cardiovascolare.

Sarcopenia e tessuto osseo

Sarcopenia e tessuto osseo

Il carico meccanico esercitato dall’attività fisica sull’osso attraverso la contrazione

Il carico meccanico esercitato dall’attività fisica sull’osso attraverso la contrazione

muscolare è un fattore fondamentale nel condizionarne l’attività metabolica.

muscolare è un fattore fondamentale nel condizionarne l’attività metabolica.

La diminuzione della massa muscolare sarebbe una delle cause della

La diminuzione della massa muscolare sarebbe una delle cause della osteopenia osteopenia dada invecchiamento.

invecchiamento.

Il fatto che la massa ossea sia maggiore nei soggetti fisicamente attivi rispetto ai

Il fatto che la massa ossea sia maggiore nei soggetti fisicamente attivi rispetto ai

coetanei sedentari supporta tale ipotesi. In un recente studio condotto su uomini

coetanei sedentari supporta tale ipotesi. In un recente studio condotto su uomini

anziani la sarcopenia è stata correlata positivamente con la riduzione della massa ossea

anziani la sarcopenia è stata correlata positivamente con la riduzione della massa ossea

e con l’assottigliamento della corticale.

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Sarcopenia e tolleranza glucidica

Sarcopenia e tolleranza glucidica

Dal momento che il tessuto muscolare è il principale responsabile dell’utilizzazione

Dal momento che il tessuto muscolare è il principale responsabile dell’utilizzazione

del glucosio dopo test di carico orale, potrebbe sembrare plausibile l’ipotesi che la

del glucosio dopo test di carico orale, potrebbe sembrare plausibile l’ipotesi che la

sarcopenia rappresenti un fenomeno coinvolto nella patogenesi di intolleranza

sarcopenia rappresenti un fenomeno coinvolto nella patogenesi di intolleranza

glucidica di frequente riscontro nell’ anziano. In realtà, i più recenti studi hanno

glucidica di frequente riscontro nell’ anziano. In realtà, i più recenti studi hanno

dimostrato che il fattore responsabile della riduzione della capacità di utilizzazione del

dimostrato che il fattore responsabile della riduzione della capacità di utilizzazione del

glucosio è una condizione di insulino- resistenza, conseguente ad aumento del tessuto

glucosio è una condizione di insulino- resistenza, conseguente ad aumento del tessuto

adiposo a livello addominale ed allo stile di vita sedentario. Quindi il ruolo della

adiposo a livello addominale ed allo stile di vita sedentario. Quindi il ruolo della

sarcopenia è verosimilmente piuttosto modesto.

sarcopenia è verosimilmente piuttosto modesto.

Sarcopenia e termoregolazione

Sarcopenia e termoregolazione

La diminuzione della massa muscolare nell’anziano si ripercuote in misura

La diminuzione della massa muscolare nell’anziano si ripercuote in misura

significativa sulla capacità dell’organismo di adattarsi alle variazioni della

significativa sulla capacità dell’organismo di adattarsi alle variazioni della

temperatura, cioè sulla termoregolazione.

temperatura, cioè sulla termoregolazione.

La sarcopenia dell’anziano comporta una variazione delle proprietà fisiche del corpo

La sarcopenia dell’anziano comporta una variazione delle proprietà fisiche del corpo

umano con aumento del calore specifico, cioè dell’entità dell’aumento di temperatura

umano con aumento del calore specifico, cioè dell’entità dell’aumento di temperatura

corporea in rapporto ad un innalzamento di quella ambientale.

corporea in rapporto ad un innalzamento di quella ambientale.

La diminuzione con l’età del contenuto corporeo di acqua, localizzata principalmente a

La diminuzione con l’età del contenuto corporeo di acqua, localizzata principalmente a

livello della massa magra, determina inoltre una diminuzione del volume ematico

livello della massa magra, determina inoltre una diminuzione del volume ematico

effettivo, a cui consegue una minore capacità di aumentare la gittata cardiaca quando,

effettivo, a cui consegue una minore capacità di aumentare la gittata cardiaca quando,

in rapporto ad un’elevata temperatura, si realizza una vasodilatazione cutanea che

in rapporto ad un’elevata temperatura, si realizza una vasodilatazione cutanea che

richiede un maggior afflusso di sangue. Per tale motivo l’anziano ha una ridotta

richiede un maggior afflusso di sangue. Per tale motivo l’anziano ha una ridotta

capacità di disperdere calore a livello cutaneo.

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Cute

Con l’età la cute ed i suoi annessi ( terminazioni nervose, ghiandole, peli ed unghie) vanno incontro ad importanti modificazioni strutturali, morfologiche e funzionali come risultato dell’invecchiamento di per sé (invecchiamento intrinseco) e dell’esposizione ai raggi solari (fotoinvecchiamento).

L’invecchiamento colpisce tutti i componenti dell’apparato tegumentario:

• l’epidermide si assottiglia in seguito ad una diminuzione nell’attività delle cellule germinali, rendendo gli anziani molto più esposti alle lesioni e alle infezioni cutanee;

• il numero delle cellule di Langherans diminuisce di circa il 50% rispetto ai massimi livelli (circa a 21 anni). Questa diminuzione può condizionare la sensibilità del sistema immunitario e inoltre favorisce i danni e le infezioni cutanee;

la produzione di vitamina D3 diminuisce di circa il 75%. Questo può condizionare l’assorbimento di calcio e fosfato, aumentando la debolezza muscolare e diminuendo la resistenza ossea.

• l’attività dei melanociti si riduce e la pelle dei caucasici diventa molto chiara. Con meno melanina nella cute, gli anziani diventano più sensibili all’esposizione solare e più a rischio di scottature;

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