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Il carcinoma di derivazione follicolare familiare della tiroide: nuove strategie chirurgiche. Studio su 68 casi in età pediatrica, adolescenza e giovani adulti

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica,

Molecolare e dell’Area Critica

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN MEDICINA E CHIRURGIA TESI DI LAUREA

Il carcinoma familiare di derivazione follicolare

della tiroide: nuove strategie chirurgiche.

Studio su 68 pazienti in età pediatrica,

adolescenti e giovani adulti

Anno accademico 2017/2018

RELATORE Prof. Claudio Spinelli CANDIDATO

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(3)

3

Indice

1

INTRODUZIONE

6

2

TIROIDE

9

2.1 ANATOMIA DELLA TIROIDE 9

2.1.1 ANATOMIA MACROSCOPICA 9

2.1.2 VASI E NERVI 10

2.1.3 VASI LINFATICI E LINFONODI 12

2.1.4 ANATOMIA MICROSCOPICA 14

2.2 CENNI DI EMBRIOLOGIA DELLA TIROIDE 14

2.3 FISIOLOGIA 16

3

CARCINOMA DIFFERENZIATO DELLA TIROIDE

18

3.1 CLASSIFICAZIONE WHO NEOPLASIE DELLA TIROIDE 18

3.2 CLASSIFICAZIONE CARCINOMI 18

3.3 EPIDEMIOLOGIA 19

3.3.1 CARCINOMA PAPILLARE DELLA TIROIDE (PTC) 20 3.3.2 CARCINOMA FOLLICOLARE DELLA TIROIDE (FTC) 20

3.4 PTC 21

3.4.1 PATOGENESI: FATTORI GENETICI 21

3.4.2 PATOGENESI: FATTORI AMBIENTALI 22

3.4.3 MORFOLOGIA 23

(4)

4

3.5 FTC 26

3.5.1 PATOGENESI: FATTORI GENETICI 26

3.5.2 PATOGENESI: FATTORI AMBIENTALI 26

3.5.3 MORFOLOGIA 27

3.5.4 VARIANTI ISTOLOGICHE 27

4

CARCINOMA DI DERIVAZIONE FOLLICOLARE FAMILIARE (FNMTC)

29

4.1 SINDROMI FAMILIARI CON PREDOMINANZA DI TUMORI NON TIROIDEI 31

4.1.1 POLIPOSI ADENOMATOSA FAMILIARE (FAP) 31

4.1.2 SINDROME DI COWDEN 33

4.1.3 SINDROME DI WERNER 37

4.1.4 COMPLESSO DI CARNEY 38

4.1.5 SINDROME DI PENDRED 42

4.1.6 SINDROME DI MCCUNE-ALBRIGHT 45

4.1.7 SINDROME DI DICER1 46

4.1.8 ATASSIA TELANGECTASIA 48

4.1.9 SINDROME DI LI-FRAUMENI 51

4.1.10 SINDROME DI PEUTZ-JEGHERS 54

4.2 SINDROMI FAMILIARI CON PREDOMINANZA DI TUMORI TIROIDEI NON MIDOLLARI 56

4.2.1 CARCINOMA PAPILLARE FAMILIARE PURO (FPTC) 57 4.2.2 CARCINOMA PAPILLARE FAMILIARE DELLA TIROIDE ASSOCIATO A NEOPLASIA PAPILLARE RENALE 59 4.2.3 CARCINOMA PAPILLARE FAMILIARE CON GOZZO MULTINODULARE 61 4.2.4 CARCINOMA NON MIDOLLARE FAMILIARE TIPO 1 62

4.3 CONSIDERAZIONI GENERALI SULLE SINDROMI FAMILIARI ASSOCIATE AL CARCINOMA TIROIDEO 63

5

STUDIO

65

5.1 MATERIALI E METODI 65

5.1.1 SELEZIONE DEI PAZIENTI 65

5.1.1.1 Sesso 67

(5)

5

5.1.1.3 Focalità 68

5.1.1.4 Invasione capsulare 68

5.1.1.5 Estensione extracapsulare 69

5.1.1.6 Diametro 69

5.1.1.7 Hashimoto e Gozzo Multinodulare 70

5.1.1.8 Metastasi linfonodali e periferiche 70

5.1.1.9 Persistenza e Ricorrenza 71

5.1.2 PROTOCOLLO DIAGNOSTICO PREOPERATORIO 71

5.1.3 FOLLOW-UP POSTOPERATORIO 71

5.1.4 RAZIONALE DELLO STUDIO 72

5.1.5 ANALISI DEI DATI 73

5.2 RISULTATI 73

5.3 DISCUSSIONE 91

5.4 CONCLUSIONI 100

(6)

6

1 Introduzione

Il cancro non midollare della tiroide (NMTC) è sempre più frequente in tutto il mondo. Oltre all'esposizione alle radiazioni ionizzanti, la storia familiare è stata considerata un possibile fattore di rischio. Secondo la letteratura, sebbene la maggior parte dei NMTC siano sporadici, i tumori familiari possono rappresentare il 10-15% dei casi di carcinoma tiroideo differenziato di derivazione follicolare. La presenza di carcinoma papillare è una caratteristica istologica abituale del carcinoma familiare non midollare della tiroide (FNMTC). La neoplasia tiroidea è stata evidenziata con maggior frequenza nelle sindromi familiari, come la poliposi adenomatosa familiare (FAP), phosphatase and tensin homolog gene (PTEN)-hamartoma tumor syndrome (PHTS), la sindrome di Cowden, il complesso di Carney e la sindrome di Werner. I carcinomi tiroidei nelle sindromi genetiche multitumorali sono malattie eterogenee, tendono a condividere alcune caratteristiche simili, compresa la comparsa precoce, e sono solitamente bilaterali e multicentriche. La sindrome FNMTC viene diagnosticata quando tre o più membri della famiglia hanno NMTC in assenza di altre sindromi associate note. Inoltre, i pazienti con carcinoma familiare tiroideo hanno un rischio maggiore di insorgenza di un secondo tumore primitivo nel tratto genitourinario, alla mammella, nel sistema nervoso centrale, nel tratto digestivo, nelle ghiandole salivari e sarcomi.1,2

Molti lavori sui fattori prognostici del NMTC si sono incentrati sull'impatto dell'età alla diagnosi, delle dimensioni del tumore, dell'estensione extratiroidea e della presenza di metastasi regionali e a distanza. Questi fattori, così come le caratteristiche istologiche, come l'invasione vascolare, sono stati incorporati in modelli di previsione del rischio ampiamente accettati.3 Sebbene la storia familiare sia stata suggerita come predittore di esito sfavorevole per i pazienti con NMTC, sono state riportate evidenze contrastanti. Inoltre, a differenza del tumore midollare della tiroide, non è stata ancora identificata alcuna base genetica distinta per le NMTC ereditarie. Inoltre, la storia familiare non è attualmente riconosciuta come importante nei modelli di stima del rischio della malattia.

(7)

7

Il FNMTC rappresenta circa il 3-7% di tutti i tumori della tiroide che provengono da cellule epiteliali follicolari tiroidee.4 Il primo articolo nel 1955, su uno studio condotto su gemelli omozigoti5, ha dimostrato come la familiarità abbia un effetto sul rischio di sviluppo della malattia nei parenti, con un aumento fino a dieci volte maggiore del rischio di NMTC per i parenti di primo grado.6,7 Il FNMTC è istologicamente indistinguibile dalla forma sporadica della malattia. Attualmente, le basi genetiche specifiche per la FNMTC non sono chiare. Gli studi suggeriscono che il FNMTC abbia un comportamento autosomico dominante con penetranza incompleta ed espressività variabile.8,9 Sebbene i geni specifici, che causano il carcinoma familiare non midollare, siano ancora da identificare, nuove tecniche di genetica molecolare hanno identificato un certo numero di geni di potenziale suscettibilità che possono essere implicati. Questi includono MNG1 (cromosoma 14q31),10 TCO (cromosoma 19p132),11 NKX2-1 (cromosoma 14q13.3), come fattore di rischio di carcinoma papillare tiroideo nei pazienti con gozzo multinodulare familiare,12 o solo di FNMTC,13 fPTC/PRN (cromosoma 1q21),14 NMTC1 (cromosoma 2q21),15 DICER1 (cromosoma 14q32),16 FTEN (cromosoma 8p23.1-p22),17 FOXE1 (cromosoma 9q22.33),13 e SRGAP1 (cromosoma 12q14).18

Nonostante questi progressi, non è ancora disponibile un test genetico per la FNMTC. La mancanza di un test di laboratorio specifico per il FNMTC ha portato allo sviluppo di una definizione clinica basata sulla storia familiare. La definizione più rigorosa di FNMTC richiede che ad almeno 2 parenti di primo grado (compreso il paziente in questione) sia stata diagnosticata la NMTC, in assenza di una sindrome familiare nota (come la sindrome di Cowden, la FAP, il complesso di Carney, o la sindrome di Werner, associate ad un aumento noto del rischio di NMTC). Questa definizione si basa sul fatto che quando a 2 persone in 1 famiglia (incluso il paziente in questione) viene diagnosticata la NMTC, esiste circa il 50% di probabilità che il paziente abbia la malattia di tipo familiare. Secondo Charkes19, se solo 2 membri della stessa famiglia sono colpiti, la probabilità che non si tratti di un evento sporadico è del 38%. Questa probabilità che non si tratti di un evento sporadico sale sopra il 95% quando sono colpiti 3 membri della famiglia.19,20 In quanto tale, la definizione clinica di FNMTC "vero" può essere confermata solo quando si identificano 2 ulteriori

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8

parenti di primo grado con una diagnosi di malignità dello stesso sottotipo istologico.21

Tuttavia, una definizione clinica presenta una serie di problemi. Chiaramente, il primo membro della famiglia (caso indice) diagnosticato con NMTC non può essere correttamente identificato come portatore di malattia familiare; stessa cosa vale per il secondo, fino a 3 casi.

All'interno di ampie coorti di NMTC, circa il 10-15% dei pazienti ha un'anamnesi familiare positiva.22,23 Tuttavia, un ulteriore esame rivela che meno del 5% dei pazienti con 2 o più parenti di primo grado affetti soddisferebbero la definizione clinica più rigorosa di FNMTC.24 La rarità del vero FNMTC è una delle ragioni per cui gli studi hanno avuto la tendenza a includere tutti i pazienti con un'anamnesi familiare positiva. È quindi importante, stabilire i giusti parametri che caratterizzino la diagnosi clinica.

Questo lavoro vuole essere un’analisi organizzata delle conoscenze inerenti al carcinoma familiare di derivazione follicolare, sindromico o puro familiare, evidenziate fino ad oggi, allo scopo di fare chiarezza sull’importanza della familiarità anche nelle neoplasie non midollari della tiroide. Il nostro studio retrospettivo caso-controllo nasce con lo scopo di evidenziare le proprietà clinicopatologiche, paragonando le caratteristiche di SNMTC e FNMTC, che permettano di delineare la definizione di diagnosi clinica di FNMTC. I risultati ottenuti sono poi stati di spunto per un ulteriore studio: il gruppo FNMTC è stato ulteriormente stratificato in 3 categorie in relazione all’anagrafica, al fine di compiere un’analisi per età.

Lo studio tende, dunque, a delineare le caratteristiche clinicopatologiche dirimenti, che definiscano il FNMTC e lo differenzino dal SNMTC, e a dimostrare la presenza di eventuali difformità legate all’età.

(9)

9

2 Tiroide

2.1 Anatomia della tiroide

La tiroide è una ghiandola endocrina impari e mediana situato nella regione anteriore del collo.

2.1.1 Anatomia macroscopica

La tiroide presenta dimensioni largamente variabili per età, sesso e ambiente. Solitamente alla nascita si aggira sugli 0,1-0,2g mentre nell’adulto attorno a 15-20g.

La tiroide è formata da due lobi laterali uniti da un istmo mediano. I lobi presentano forma conica ad apice superiore e, nell’adulto, si estendono dal quinto anello tracheale a metà altezza della cartilagine tiroide per tre centimetri. L’istmo collega i lobi a livello delle basi ed è aderenze ai primi due anelli tracheali. Nel 50% dei casi si forma anche il lobo piramidale o piramide del Morgagni, un piccolo prolungamento della ghiandola che si estende solitamente in alto a sinistra, raggiungendo, fino a superarlo, l’osso ioide e talvolta la radice della lingua; esso testimonia il tragitto intrapreso dalla tiroide durante la vita uterina. Può essere presente il muscolo elevatore della tiroide, una formazione fibro-muscolare che la collega all’osso ioide.

La tiroide esibisce una superficie liscia, piuttosto molle, di colore rosso bruno. La ghiandola è in rapporto posteriormente con la superficie ventrale della laringe e i primi due anelli tracheali. Sulla linea mediana l’istmo è ricoperto dalle fasce cervicale media e superficiale, anteriormente i lobi sono coperti parzialmente dai muscoli omoioideo, sternotiroideo e sternocleidomastoideo, nonché dalla fascia cervicale media che copre i suddetti muscoli sottoioidei; lateralmente oltre che dai due muscoli sternocleidomastoidei, più superficialmente dai fasci del muscolo platisma.

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La tiroide è avvolta dalla guaina peritiroidea, guaina fibrosa di dipendenza della fascia cervicale media, che mette in rapporto la ghiandola con le strutture circostanti. Ad essa si ancorano, posteriormente, dei fasci connettivali che assicurano la ghiandola alla cartilagine tiroidea della laringe tramite il legamento sospensore, alla guaina fibrosa del fascio vascolonervoso attraverso i legamenti laterali esterni e alla cartilagine cricoidea e ai primi anelli tracheali per mezzo dei legamenti laterali interni. Tramite questi tralci la ghiandola è ben connessa alla struttura laringotracheale, tale da seguire tutti i movimenti del capo e la deglutizione lungo l’asse verticale. La guaina peritiroidea delinea uno spazio occupato dalla ghiandola rivestita a sua volta dalla sua capsula connettivale. La capsula e la guaina sono separate da una zona denominata spazio pericoloso, occupata da un intreccio arterovenoso composto dai vasi afferenti ed efferenti, responsabili dell’irrorazione dell’organo. Il lobo sinistro, infine, nella sua porzione postero-sinistra aderisce ad una parte della faccia anteriore del condotto faringoesofageo, così da creare un interstizio nel quale passa il nervo laringeo inferiore.

2.1.2 Vasi e nervi

La tiroide è irrorata superiormente dalle arterie tiroidee superiori destra e sinistra, rami collaterali delle due carotidi esterne, inferiormente dalle arterie tiroidee inferiori destra e sinistra, rami terminali del tronco tireocervicale, a sua volta originatosi dalle arterie succlavie, e talvolta dall’arteria tiroidea ima, ramo dell’arteria carotide comune o dell’arteria brachiocefalica, che giunge primariamente a livello dell’istmo, scorrendo lungo la faccia ventrale della trachea sulla linea mediana.

Dal microcircolo intratiroidea il sangue si porta nelle vene reflue, le quali formano un plesso all’interno dello spazio pericoloso. Dal plesso originano le vene tiroidee inferiori, tributarie delle vene succlavie, le vene tiroidee medie, presenti in circa la metà dei pazienti e le vene tiroidee superiori, che aggettano nelle vene giugulari interne, tributarie a loro volta delle vene succlavie.

L’innervazione tiroidea è mantenuta dai nervi del simpatico cervicale e dai due nervi laringei del nervo vago, ovvero il nervo laringeo superiore e il nervo laringeo

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inferiore, o ricorrente. Il nervo laringeo superiore ha origine dal nervo vago all’altezza della base cranica e scende accompagnando l’arteria carotide interna fino a livello dell’osso ioide, dove si divide nei suoi due rami; il ramo interno ha funzione prevalentemente sensitiva a livello della laringe, il ramo esterno segue la superficie laterale del muscolo costrittore faringeo inferiore e poi anteriormente lungo l’arteria tiroidea superiore. A livello della penetrazione dell’arteria nella capsula tiroidea, il nervo si medializza attraversando il muscolo cricotiroideo. Per questo il ramo esterno non risulta ben visibile e durante intervento di lobectomia il rischio di sezionare o intrappolare tale ramo, a causa di una legatura troppo alta dei vasi tiroidei superiori, è elevato. Il nervo laringeo ricorrente risale lungo la trachea lateralmente al legamento sospensore. A destra origina dal vago nel punto di incrocio con l’arteria succlavia e risale lungo il solco tracheo-esofageo destro; a sinistra si distacca dal nervo vago nel punto di incrocio con l’arco aortico, passando medialmente e inferiormente all’aorta, e scorrendo poi nel solco tracheo-esofageo sinistro. I due nervi laringei ricorrenti entrano in laringe all’altezza dell’articolazione cricotiroidea, inferiormente al margine caudale del muscolo cricotiroideo. A questo livello i rami risultano adiacenti alla parte maggiormente posteriore della tiroide, all’arteria tiroidea inferiore e alla paratiroide superiore; durante un intervento di lobectomia o tiroidectomia, ciò richiede un’attenzione particolare da parte del chirurgo, perche una dissezione troppo vigorosa può causare lesioni del nervo laringeo ricorrente. La funzione motoria del nervo è l’abduzione delle corde vocali omolaterali; perciò una sua lesione può portare a disfonia grave post-chirurgica iatrogena e tosse inefficiente se la lesione è monolaterale e la corda rimane paralizzata in abduzione. In caso di lesione bilaterale può causare perdita completa della voce se le corde sono bloccate in posizione mediana, fino a ostruzione delle vie aeree che può rendere necessaria l’intubazione e la tracheostomia, oppure la paralisi in abduzione può determinare un normale passaggio dell’aria ma un aumentato rischio di infezioni respiratorie superiori e inferiori, per l’inefficacia del riflesso della tosse.

(12)

12 2.1.3 Vasi linfatici e linfonodi

Il drenaggio linfatico della tiroide è molto esteso ed è caratterizzato da una estrema variabilità. I vasi linfatici affiancano per lo più i grossi collettori venosi del collo. I rapporti dei vasi linfatici e dei linfonodi con la ghiandola e con le altre strutture vascolari, muscolari e venose sono di stretta contiguità: le fasce costituiscono delle barriere le quali in condizioni patologiche (come l’invasione carcinomatosa) impediscono o almeno ritardano lo sconfinamento del processo nelle strutture contigue.

(13)

13

 Comparto centrale, esteso fra i due fasci vascolonervosi del collo (VI livello), di cui fanno parte i linfonodi cervicali anteriori profondi:

o linfonodi infraioidei,

o linfonodi prelaringei,

o linfonodi pretracheali,

o linfonodi paratracheali,

o linfonodi peritiroidei, in cui vanno compresi i linfonodi sovra e sottoistmici, il linfonodo precricoideo (linfonodo delfico di Poirier e Cope) ed i linfonodi ricorrenziali.

 Comparto laterale:

o linfonodi perigiugulari alti (II livello), in stretta correlazione con la vena giugulare, delimitati posteriormente dal terzo superiore muscolo sternocleidomastoideo, superiormente dalla base cranica, lateralmente del muscolo stiloioideo e anteriormente dell'osso ioide,

o linfonodi perigiugulari medi (III livello), delimitati posteriormente dal terzo

medio del muscolo sternocleidomastoideo e anteriormente sempre dall'osso ioide e dalla cartilagine tiroidea,

linfonodi perigiugulari inferiori (IV livello), delimitati dalle stesse strutture del III livello ma più inferiormente,

o linfonodi sovraclaveari, linfonodi del nervo accessorio spinale e catena cervicale trasversa (V livello).

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14 2.1.4 Anatomia microscopica

Dalla capsula connettivale che riveste intimamente la ghiandola si dipartono esili tralci che si approfondano nel contesto dell’organo e lo suddividono in aree irregolari denominati lobuli. Con i tralci connettivali si fanno strada le suddivisioni dei vasi e dei nervi che raggiungono le singole unità funzionali della ghiandola.

I lobuli sono composti da circa 20-40 follicoli regolarmente distribuiti, rivestiti da epitelio cuboidale o cilindrico basso e ripieni di tireoglobulina. Ogni follicolo è bordato da una singola fila di tireociti che poggiano su una membrana basale, i quali circoscrivono una cavità ripiena di materiale amorfo, la colloide, ricchissima di tireoglobulina, componente fondamentale della ghiandola, indispensabile per la formazione degli ormoni tiroide e marker importantissimo per il follow-up post-chirurgico di pazienti tiroidectomizzati per carcinoma.

I tireociti possono avere inoltre un aspetto differente se in attivo metabolismo dal momento che risultano ricche in mitocondri, con citoplasma molto ampio; sono dette cellule ossifile o cellule di Hurtle o oncociti.

Oltre ai tireociti, sono presenti le cellule C o pararfollicolari, che costituiscono lo 0,1% delle cellule tiroidee e secernono l’ormone ipocalcemizzante calcitonina.

2.2 Cenni di embriologia della tiroide

La tiroide si abbozza verso il 17° giorno come un piccolo diverticolo entodermico originato dalla parete ventrale dell’intestino faringeo in un punto situato al limite tra l’abbozzo del corpo e quello della radice della lingua, tra la prima e la seconda tasca faringea. Il cordone presto si canalizza, formando il dotto tireoglosso, e si fa strada verso il basso, al davanti o al di dietro o all’interno dell’osso ioide, ove giunge a ridosso dell’abbozzo laringotracheale verso la 7a settimana. Giunto a questo punto si biforca dando luogo a due gemme, che rappresentano i due abbozzi dei lobi, che rimangono collegati dall’istmo sulla linea mediana. Presto il dotto tireoglosso regredisce più o meno completamente. Un suo difetto di riassorbimento può

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15

determinare condizioni parafisiologiche, come nel caso della formazione del lobo piramidale, presente nel 75% dei pazienti nel tratto più caudale, o come il foro cieco nel punto da cui è originato il dotto a livello della base linguale. Può succedere che permangano lungo il tragitto anche altri residui, condizioni spesso francamente patologiche, sotto forma di ghiandole tiroidi accessorie o formazioni cistiche, cervicali o linguali, a varia evoluzione.

Durante questi eventi organogenetici l’abbozzo endodermico si fonde con l’abbozzo del corpo ultimobranchiale, che nel frattempo era stato raggiunto e colonizzato da cellule di origine neuroectodermica, giunte dalle creste neurali, che daranno poi origine alle cellule C o parafollicolari.

(16)

16

2.3 Fisiologia

La tiroide produce due famiglie di ormoni:

 Ormoni tiroidei triiodiotironina T3 e tiroxina T4,  Calcitonina.

In risposta a fattori stimolanti prodotti dall’ipotalamo, le cellule tireotrope dell’ipofisi anteriore rilasciano TSH, o tireotropina, nel circolo generale. Il legame del TSH al suo recettore a livello dell’epitelio follicolare della tiroide determina l’attivazione e la modificazione conformazionale del recettore, permettendo così il legame con una proteina G. l’attivazione di questa proteina determina un incremento dei livelli intracellulari di cAMP, che stimola l’aumento di volume della tiroide, la sintesi e il rilascio degli ormoni tiroidei per mezzo di una protein-chinasi cAMP-dipendente. La dissociazione della sintesi e del rilascio dell’ormone tiroideo dall’influenza controllata delle vie di regolazione della tireotropina determina la cosiddetta autonomia tiroidea con conseguente iperfunzione.

Le cellule costituenti l’epitelio follicolare, i tireociti, convertono la tireoglobulina in T4 e in quantità minori in T3; questi vengono rilasciati nel circolo sistemico, dove la maggior parte di questi peptidi si lega in modo reversibile alle proteine plasmatiche, come la globulina legante la tiroxina (TBG) e la transtiretina, responsabili del trasporto degli ormoni fino ai tessuti periferici. Le proteine di legame sono necessarie al mantenimento del livello sierico delle forme libere di T3 e T4, entro limiti precisi, e assicurano una rapida disponibilità ormonale a livello dei tessuti.

A livello periferico, la maggior parte della tiroxina libera è deiodata e convertita in triiodiotironina, forma attiva dell’ormone tiroideo; il T3, infatti, si lega ai recettori intranucleari per gli ormoni tiroidei presenti nelle cellule bersaglio con affinità dieci volte superiore a T4 e con un’attività proporzionalmente maggiore.

L’interazione tra T3 e i suoi recettori nucleari TR determina la formazione di un complesso multiproteico ormone-recettore, che si lega a specifici elementi di

(17)

17

risposta all’ormone tiroideo (TRE) presenti nei geni bersaglio, regolandone la trascrizione.

L’ormone tiroideo è responsabile di diversi effetti cellulari. Agisce favorendo l’incremento del catabolismo dei carboidrati e dei lipidi, e aumenta la stimolazione della sintesi proteica in un’ampia varietà di cellule. Il risultato globale di questi processi consiste in un aumento del metabolismo basale. Inoltre, l’ormone tiroideo presenta un ruolo chiave nello sviluppo cerebrale durante il periodo fetale e neonatale; infatti l’ipotiroidismo prenatale o nell’infanzia porta a un ritardato sviluppo del sistema nervoso centrale, una crescita alterata e una maturazione tissutale anomale. Ne consegue un ritardo mentale in persone con bassa statura, condizione clinica caratteristica, denominata cretinismo.

La seconda famiglia di cellule presenti in tiroide sono le cellule parafollicolari o C, cellule voluminose intercalate tra i tireociti e applicate sulla membrana basale del follicolo, ma sprovviste di una porzione luminale. Esse sono le responsabili della produzione dell’ormone calcitonina, che accumulano all’interno delle vescicole di secrezione insieme ad altri componenti come la serotonina e la somatostatina. Il rilascio di questo ormone è regolato dalle concentrazioni plasmatiche dello ione calcio, che provoca la secrezione vescicolare in condizioni di ipercalcemia. Infatti, la calcitonina ha come bersaglio principale l’osso, in cui inibisce il riassorbimento dei Sali di calcio causando una riduzione della calcemia. E’ quindi un ormone ipocalcemizzante, in equilibrio funzionale con il paratormone prodotto dalle paratiroidi, ormone ipercalcemizzante. Ha inoltre un effetto a livello intestinale, dove riduce l’assorbimento del calcio introdotto con la dieta e a livello renale, dove inibisce il riassorbimento di fosfati dai tubuli renali e l’attivazione della vitamina D, e incrementa l’escrezione di calcio.

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3 Carcinoma differenziato della tiroide

3.1 Classificazione WHO neoplasie della tiroide

- Neoplasie Primitive

o Neoplasie di Derivazione Follicolare

 Neoplasie Benigne (come Adenoma Follicolare)  Neoplasie Maligne

 Carcinomi Ben Differenziati (DTC)

̵ Carcinoma Papillare della Tiroide (PTC) ̵ Carcinoma Follicolare della Tiroide (FTC)  Carcinomi Scarsamente Differenziati

 Carcinomi Anaplastici

o Neoplasie Parafollicolari (o tumori neuroendocrini)  Neoplasie Benigne

 Neoplasie Maligne o Carcinomi Midollari o Neoplasie non Epiteliali

 Linfoma MALT (spesso associato a Tiroidite di Hashimoto)  Angiosarcoma

- Neoplasie Secondarie o Metastasi

3.2 Classificazione Carcinomi

- Carcinoma Ben Differenziato

o Carcinoma Papillare della Tiroide e varianti (80%) o Carcinoma Follicolare della Tiroide e varianti (5-15%) - Scarsamente Differenziato (<5%)

- Anaplastico (1-2%)

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3.3 Epidemiologia

I tumori endocrini in età pediatrica rappresentano approssimativamente il 4-5% di tutte le neoplasie osservate. Il 40-45% di questi tumori originano dalle gonadi, i 30% dalla ghiandola tiroidea ed il 20% dall’ipofisi; i rimanenti casi originano dalle paratiroidi, dalla corteccia e dalla midollare dei surreni.

Il carcinoma della tiroide rappresenta meno dell’1% di tutte le neoplasie maligne quando si considerino tutte le fasce di età.

Nei bambini e negli adolescenti, costituisce circa il 3% di tutte le neoplasie, con un’incidenza annua stimata intorno allo 0,2-0,4 casi per milione di bambini.

Nell’adolescente (15-21 anni) e nel giovane adulto (22-39 anni) è una delle neoplasie più comuni, rappresentando il 13% dei carcinomi invasivi e l’11% di tutti i carcinomi, invasivi ed in situ in queste fasce di età. Nelle altre fasce di età il carcinoma della tiroide rappresenta, invece, il 2-2,5% delle neoplasie.26

Il carcinoma differenziato della tiroide non è comune in età pediatrica. Esso rappresenta il 1,4-3% di tutti i carcinomi diagnosticati nei bambini. Questa percentuale corrisponde a circa il 7% dei tumori della testa e del collo in età pediatrica. L’incidenza annua stimata è intorno allo 0,2-0,4 per milione di bambini. Essa non varia significativamente tra i diversi paesi europei o extraeuropei, fatta eccezione per le Repubbliche della Bielorussia e dell’Ucraina, colpite da radiazioni ionizzanti successive all’incidente di Chernobyl del 1986. A partire dal 1990 in queste regioni, nei bambini esposti, è stato documentato un incremento di circa trenta volte del carcinoma tiroideo di tipo papillare, specialmente nel gruppo di età inferiore ad un anno al momento del disastro nucleare.27

Il rapporto tra femmine e maschi del CDT varia a seconda dell’età. Fino a 12 anni, cioè l’età media del menarca, il rapporto F:M è circa 1:1, mentre cresce a favore delle femmine dopo i 12 anni, fino a raggiungere un picco di 3:1, simile a quello degli adulti, verso i 18 anni. In generale, dunque, è stata riscontrata una predominanza femminile in età giovane-adulta o nella mezza età; al contrario, i casi che si manifestano nell’infanzia e nell’età adulta avanzata sono ugualmente distribuiti tra i sessi.

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Nei giovani pazienti con diagnosi di carcinoma della tiroide, il tasso di sopravvivenza a 5 anni è del 98 – 100%, assicurando un’eccellente prognosi a lungo termine nella maggior parte dei casi.25

Nel nostro Paese, fra il 1991 e il 2005, l’incidenza del carcinoma tiroideo è circa raddoppiata (+ 115% nelle femmine e + 84% nei maschi) ed il PTC si è confermato la forma più prevalente rispetto agli altri istotipi.

Negli Stati Uniti circa l’1,8% dei nuovi casi di carcinoma della tiroide si manifesta sotto i 20 anni d’età, e fra i 15 e i 19 anni è l’8° tumore più frequente (il 2° nelle giovani donne, con rapporto femmine:maschi pari a 5:1) con esordio non solo in forma di nodulo tiroideo ma frequentemente anche come adenopatia ripetitiva latero-cervicale.

3.3.1 Carcinoma Papillare della Tiroide (PTC)

Rappresenta la neoplasia più comune della tiroide (80%) e la più frequente neoplasia endocrina. Sebbene possa insorgere ad ogni età, il suo picco di incidenza è tra i 25 e i 50 anni. Negli ultimi 30 anni l’incidenza è aumentata notevolmente e in particolare nelle donne. Infatti, in Europa l’incidenza è di 1,9/100000/anno per gli uomini e di 3,4/100000/anno nelle donne. Ciò è strettamente correlato alle radiazioni ionizzanti e il rischio aumenta, in particolare, se l’esposizione è avvenuta durante le prime due decadi. In Italia annualmente si calcolano 675 nuovi casi nei maschi e 2579 nelle femmine.

3.3.2 Carcinoma Follicolare della Tiroide (FTC)

Il carcinoma follicolare rappresenta il 5-15% di tutti i tumori tiroidei maligni. E’ un tumore più comune nelle donne, poco meno rispetto al carcinoma papillare. Il picco d’insorgenza è posticipato di circa un decennio rispetto al papillare; infatti il

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picco si ha tra i 40 e i 60 anni. L’incidenza è nettamente più elevata nelle regioni a carenza di iodio, dove può raggiungere anche il 25-40% dei carcinomi tiroidei.

Nella popolazione pediatrica il carcinoma follicolare è estremamente raro e presenta un’incidenza annua di 0,5/1 milione di abitanti. Negli ultimi decenni questo dato è in crescendo; è infatti stimato un incremento annuo di 1% di diagnosi in età pediatrica.

3.4 PTC

3.4.1 Patogenesi: fattori genetici

L’attivazione della via delle MAP-chinasi è una delle caratteristiche della maggior parte dei carcinomi papillari e può avvenire in seguito due meccanismi principali. Il primo meccanismo implica riarrangiamenti del gene RET o NTRK1 (Neurotrophic Tyrosine Kinase Receptor 1); entrambi i geni codificano per le tirosin-chinasi recettoriali transmembrana. Il secondo meccanismo, invece, implica l’attivazione di mutazioni puntiformi in BRAF, il cui prodotto è una componente intermedia della segnalazione nella via delle MAP-chinasi. Il gene RET si trova sul cromosoma 10q11 e la tirosin-chinasi recettoriale che codifica, normalmente non è espressa nelle cellule follicolari della tiroide. Nel carcinoma papillare, un’inversione paracentrica del cromosoma 10 o una traslocazione reciproca tra i cromosomi 10 e 17, mettono il dominio tirosin-chinasico di RET sotto il controllo trascrizionale dei geni costitutivamente espressi nell’epitelio della tiroide. I nuovi geni di fusione così formati sono noti come RET/PTC e sono presenti nel 20-40% dei carcinomi papillari della tiroide. Esistono oltre 15 partner di fusione del gene RET e due in particolare sono osservabili comunemente dei carcinomi papillari sporadici, ovvero i geni di fusione RET/PTC1 e RET/PTC2. La frequenza dei riarrangiamenti di fusione RET/PTC è

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significativamente più elevata nei tumori papillari insorti dopo esposizione a radiazioni ionizzanti.

Inversioni paracentriche o traslocazioni del gene NTRK1 sul cromosoma 1q21 sono presenti nel 5-10% dei carcinomi papillari della tiroide, e le proteine risultanti vengono espresse costitutivamente nelle cellule della tiroide, portando ad attivazione della via delle MAP-chinasi e di altre vie oncogene di regolazione.

Nel 30-50% dei carcinomi papillari della tiroide sono, infine, presenti mutazioni con acquisizione di funzione nel gene BRAF, solitamente una variazione valina-glutammato sul codone 600. La presenza di mutazioni del gene BRAF è correlata a fattori di prognosi infausti, quali patologia metastatica ed estensione extra ghiandolare.28,29

Quindi le principali mutazioni nel carcinoma papillare coinvolgono i geni di fusione RET/PTC e NTRK1, oppure il gene BRAF; queste sono infatti mutazioni mutualmente esclusive. I carcinomi papillari presentano, dunque, o una o l’altra alterazione, mai entrambe contemporaneamente. Inoltre, i riarrangiamenti RET/PTC e le mutazioni puntiformi di BRAF non sono rilevabili negli adenomi o nei carcinomi follicolari.

3.4.2 Patogenesi: fattori ambientali

Il principale fattore di rischio ambientale per il carcinoma papillare della tiroide sono le radiazioni ionizzanti, in particolare nei primi due decenni di vita. Questa associazione è stata particolarmente studiata seguendo nel tempo diversi bambini esposti alle radiazioni conseguenti alle bombe nucleari di Hiroshima e Nagasaki del 1945 e nei pazienti con la medesima età che presentavano patologie benigne della testa e del collo (tinea capitis, patologie timiche) o patologie maligne (linfoma), e ce per questo avevano effettuato radioterapia a scopo terapeutico. In seguito, dopo il disastro nucleare di Chernobyl del 1986, è stato osservato un importante aumento dell’incidenza del carcinoma papillare nelle zone con esposizione più massiccia, quali Bielorussia, Ucraina e l’est Europa in generale.27

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L’aumento importante di incidenza è stato osservato nelle prime due decadi di vita; con l’aumentare dell’età, invece, è stato riportato un decremento progressivo dell’incidenza stessa, fino ai 40 anni, dopo i quali, alcuni studi, dimostrano come l’esposizione a radiazioni sembra non essere più correlata all’insorgenza del carcinoma. Questo è stato ipotizzato che sia dovuto all’attiva proliferazione delle cellule tumorali dell’epitelio della tiroide nel bambino, al contrario dell’adulto, dove avrebbero un potenziale replicativo più limitato.

3.4.3 Morfologia

Generalmente i carcinomi papillari sono lesioni multifocali, ma possono presentarsi anche come solitarie. Alcuni tumori possono essere ben circoscritti e perfino capsulati; altri possono infiltrare l’adiacente parenchima con margini mal definiti. Le lesioni possono contenere aree di fibrosi e calcificazione e spesso sono cistiche o emorragiche. La superficie di taglio rivela a volte formazioni papillari che possono portare alla diagnosi.

La caratteristica presentazione macroscopica è un insieme di papille ramificate costituite da assi fibrovascolari veri, rivestiti da epitelio cuboide neoplastico di uno o più strati. Nella maggior parte delle neoplasie l’epitelio che ricopre le papille è costituito da cellule cuboidali ben differenziate, uniformi e ordinate ma, in una minoranza di casi, le papille sono costituite da epitelio discretamente anaplastico con una notevole variabilità nella morfologia delle cellule e dei nuclei.

La diagnosi di carcinoma papillare, dal punto di vista microscopico, si basa sulla presenza all’interno dei nuclei di cromatina finemente dispersa, che assume un aspetto otticamente vuoto o chiaro, che giustifica la definizione di nuclei a vetro smerigliato o a occhi dell’orfanella Annie. Inoltre, le invaginazioni del citoplasma possono dare, nelle sezioni istologiche, l’aspetto di inclusioni intranucleari o di solchi intranucleari.

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All’interno delle lesioni, generalmente nella struttura centrale delle papille, sono spesso presenti calcificazioni concentriche, che prendono il nome di corpi psammomatosi. Queste calcificazioni sono importanti per la diagnosi differenziale, in quanto non si riscontrano praticamente mai nei carcinomi follicolari o midollari.

Focolai d’invasione tumorale dei vasi linfatici sono spesso presenti, mentre l’invasione dei vasi sanguigni è relativamente rara, soprattutto nelle lesioni più piccole. Le metastasi ai linfonodi cervicali satelliti, in particolare del compartimento centrale, sono stimate intorno al 50%.

3.4.4 Varianti istologiche

 Variante follicolare: è la più comune e la più comunemente soggetta a errori diagnostici. Presenta i caratteristici nuclei del carcinoma papillare ma ha un’architettura quasi totalmente follicolare. È una forma a prognosi migliore, con una minor presenza di metastasi linfonodali e sistemiche e una minor diffusione per contiguità. Presenta una notevole maggior frequenza di mutazioni RAS, a discapito di un ridotto numero di alterazioni RET/PTC. Anche le mutazioni BRAF, se presenti, sono diverse dalla variante classica, provocando un aumento di attività minore.

 Variante a cellule alte: ha pessima prognosi ed è una forma tipica degli anziani. È caratterizzata da cellule alte colonnari, con altezza almeno il doppio della larghezza e citoplasma intensamente eosinofilo, che rivestono le strutture papillari, e nuclei chiari non stratificati. Tende a presentare maggior frequenza di invasione vascolare, metastasi cervicale e a distanza e invasioni extratiroidee; questa variante è caratterizzata da mutazioni prevalentemente dei geni BRAF (50-100%) e RET/PTC.

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 Variante a cellule colonnari: è una forma aggressiva con prevalenza maggiore nel maschio rispetto alle femmine. Tende a dare metastasi cervicali e a distanza. Le cellule sono uguali a quelle della variante a cellule alte, tranne per il fatto che i nuclei sono piccoli e pluristratificati. Il citoplasma risulta lievemente eosinofilo e chiaro. L’architettura può essere papillare, ma anche solida o cribriforme.

 Variante sclerosante diffusa: compare in individui giovani, compresa l’età pediatrica. È una variante multifocale che occupa interamente la tiroide. L’architettura è papillare ma può presentare aree solide con nidi di metaplasia squamocellulare. Questa forma è caratterizzata da estesa fibrosi diffusa a tutta la ghiandola, spesso associata a un rilevante infiltrato linfocitario che simula una tiroidite di Hashimoto. Le metastasi linfonodali sono quasi sempre presenti. La metà di questi tumori presenta la traslocazione RET/PTC.

 Microcarcinoma papillare: forma identica alla variante classica, ma con dimensioni inferiori al centimetro. È in aumento nelle femmine e solitamente risulta confinato all’interno della capsula tiroidea. Spesso è un reperto incidentale in fase chirurgica e può essere il precursore del carcinoma papillare variante classica.

 Variante solida/trabecolare

 Variante solida-follicolare

 Variante solida

 Variante capsulata

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26  Variante a stroma linfoide

 Variante non altrimenti specificata (NAS)

3.5 FTC

3.5.1 Patogenesi: fattori genetici

Il 30-50% dei carcinomi follicolari della tiroide presenta mutazioni nella via di regolazione PI3K/AKT, le quali portano all’attivazione costitutiva di questa via oncogena. Le mutazioni che riguardano questa via sono varie; esse comprendono mutazioni puntiformi con acquisizione di funzione di RAS e PIK3CA, amplificazioni di PIK3CA e mutazioni con perdita di funzione di PTEN, un gene oncosoppressore e regolatore negativo. L’aumento progressivo delle mutazioni di RAS e PIK3CA giustifica l’ipotesi dell’evoluzione dell’adenoma follicolare benigno a carcinoma follicolare.30

Nel 40% è stata descritta, inoltre, una traslocazione specifica (2;3)(q13;p25). Questa traslocazione crea un gene di fusione costituito da porzioni di PAX8, un gene omeobox importante nello sviluppo tiroideo, e il PPARG (Peroxisome Proliferator-Activated Receptor), ovvero un recettore ormonale nucleare implicato nella differenziazione terminale delle cellule.

3.5.2 Patogenesi: fattori ambientali

Il maggior fattore di rischio ambientale per il carcinoma follicolare della tiroide è la carenza iodica, e di conseguenza l’associazione con il gozzo.

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27 3.5.3 Morfologia

Il carcinoma follicolare della tiroide si manifesta come un nodulo singolo, che può essere ben circoscritto o ampiamente infiltrante. Per quanto riguarda le forme ben circoscritte, risulta spesso complessa la diagnosi differenziale all’esame macroscopico con gli adenomi follicolari. Le lesioni più grandi generalmente penetrano la capsula e infiltrano i tessuti adiacenti del collo ben oltre la capsula tiroidea. Alla superficie di taglio hanno un colore che va dal grigio al rosa e, talora, quando sono presenti grandi follicoli ripieni di colloide, sono lievemente traslucidi. Microscopicamente, mentre le forme circoscritte uniformi mantengono un aspetto a architetturale a piccoli follicoli piuttosto conservato, le forme infiltranti perdono la loro architettura e formano nidi o amine cellulari. Qualunque sia la struttura, i nuclei non mostrano le caratteristiche tipiche del carcinoma papillare e mancano i corpi psammomatosi. L’infiltrazione è preponderante all’interno dei vasi sanguigni, a differenza del carcinoma papillare che predilige i vasi linfatici.31

3.5.4 Varianti istologiche

 Variante minimamente invasiva (MI-FTC): presenta aspetto capsulato simile ad un adenoma; la diagnosi differenziale è essenzialmente istologica post-chirurgica. Questa forma è caratterizzata da infiltrazione della capsula a tutto spessore con aspetto fungoide e infiltrazione dei vasi della capsula e fuori dalla capsula stessa.

 Variante ampiamente invasiva (WI-FTC): invade il parenchima tiroideo e i tessuti molli extratiroidei, e ha ampie aree a crescita solida o trabecolare; è meno differenziato della variante minimamente invasiva e presenta più figure mitotiche.

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 Variante a cellule chiare o di Hurtle (HC-FTC): è una forma caratterizzata dalla presenza di cellule chiare simili a quelle del carcinoma renale, con cui entra in diagnosi differenziale. Queste cellule contengono abbondante citoplasma granulare eosinofilo, composto essenzialmente da glicogeno e dilatazioni mitocondriali che conferiscono il tipico aspetto chiaro. La diagnosi differenziale con il carcinoma renale o la metastasi da carcinoma delle paratiroidi è affidata all’immunoistochimica.

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4 Carcinoma di derivazione follicolare familiare (FNMTC)

Il carcinoma di derivazione follicolare familiare ben differenziato della tiroide si distingue nel carcinoma papillare (PTC) e il carcinoma follicolare (FTC) della tiroide. In letteratura, i carcinomi familiari di derivazione follicolare ammontano a circa il 5-15% dei carcinomi non midollari tiroidei, dal momento che la maggior parte dei pazienti presenta un carcinoma sporadico.

Le sindromi familiari tiroidee sono classificate in carcinoma familiare midollare della tiroide (FMTC), derivato dalle cellule C o parafollicolari, producenti la calcitonina, e in carcinoma familiare di derivazione follicolare o carcinoma familiare non midollare della tiroide (FNMTC), derivato dalle cellule follicolari.

Il 25% dei pazienti con carcinoma midollare della tiroide (MTC) presentano una forma familiare; in ogni caso questa quota ammonta all’1% di tutti i pazienti con carcinoma della tiroide.

Il carcinoma familiare di derivazione follicolare o carcinoma familiare non midollare della tiroide può essere distinto in due gruppi clinico-patologici differenti. Il primo gruppo include sindromi familiari caratterizzate dalla predominanza di tumori non tiroidei, come la poliposi adenomatosa familiare (APC), la sindrome dell’amartoma PTEN correlato (sindrome di Cowden), o il complesso di Carney. Il secondo gruppo, invece, include sindromi familiari caratterizzate dalla predominanza di carcinomi familiari papillari della tiroide (PTC), come il carcinoma associato al carcinoma papillare a cellule renali o il fPTC con gozzo multinodulare.

La maggior parte dei progressi nella genetica dei carcinomi familiari tiroidei sono stati fatti in pazienti con MTC. Questo è solitamente una componente di multiple neoplasie endocrine, come la IIA o la IIB, oppure si esprime come sindrome da carcinoma familiare midollare puro della tiroide. Le caratteristiche genetiche presenti nel carcinoma familiare derivato dalle cellule C sono conosciute e le correlazioni

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genotipo-fenotipo sono ben stabilite. Le mutazioni nei pazienti con FNMTC isolato, invece, non sono ancora state definite precisamente, come per il MTC.32 Nella maggior parte dei casi, i pazienti sono a conoscenza della sindrome familiare che definisce il loro aumentato rischio d’insorgenza del carcinoma della tiroide. Il clinico deve essere ben informato per poter riconoscere una possibile sottostante sindrome familiare, quando un paziente giunge in ambulatorio con un carcinoma tiroideo.33 Alcune caratteristiche morfologiche del carcinoma tiroideo possono mettere in allerta il medico riguardo alla possibile presenza di una sindrome da carcinoma familiare, che potrebbero portare a più approfondite valutazioni genetiche.34

Sindromi familiari con predominanza di tumori non tiroidei:

 Poliposi familiare adenomatosa (FAP)  Sindrome di Cowden  Sindrome di Werner  Complesso di Carney  Sindrome di Pendred  Sindrome di McCune-Albright  Sindrome di DICER1  Atassia Telangectasia  Sindrome di Li-Fraumeni  Sindrome di Peutz-Jeghers

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Sindromi familiari con predominanza di tumori tiroidei non midollari:

 Carcinoma papillare familiare puro (fPTC) o Con ossifilia

o Senza ossifilia

 Carcinoma papillare famliare con carcinoma papillare a cellule renali  Carcinoma papillare familiare con gozzo multinodulare

 Carcinoma non midollare familiare tipo 1

4.1 Sindromi familiari con predominanza di tumori non tiroidei

4.1.1 Poliposi Adenomatosa Familiare (FAP)

La poliposi adenomatosa familiare è ereditata come un tratto autosomico dominante causato da una mutazione germinale nel gene adenomatous polyposis coli (APC). Il gene APC è un gene oncosoppresore situato sul cromosoma 5q21. I pazienti affetti, tipicamente, presentano migliaia di adenomi sparsi per il corpo, che sono localizzati primariamente a livello del colon e del retto. Potenzialmente, tutti i pazienti affetti da FAP andranno incontro a cancro colonrettale per progressione a neoplasia di uno o più degli adenomi, se a essi non è stata precedentemente diagnosticata la poliposi adenomatosa familiare e se non è stata trattata chirurgicamente con proctocolectomia totale. La maggior parte dei pazienti, inoltre, sviluppa polipi del fondo gastrico, che difficilmente progrediscono e si trasformano. I polipi duodenali e della regione periampollare sono polipi adenomatosi e hanno un

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alto rischio di progressione a carcinoma, stimato di oltre 200 volte maggiore rispetto ai polipi dei pazienti della popolazione generale.

I pazienti possono presentare manifestazioni extraintestinali che includono osteomi, malformazioni dentarie, cisti epidermiche, tumori desmoidi, ipertrofia congenita del pigmento dell’epitelio retinico (CHRPE), epatoblastoma, medulloblastoma e carcinoma della tiroide.

I pazienti affetti da poliposi adenomatosa familiare presentano un rischio aumentato di sviluppare un carcinoma papillare della tiroide (PTC). Il PTC, infatti, è una delle manifestazioni extraintestinali della FAP. Giovani donne affette da FAP sono particolarmente a rischio d’insorgenza di questo tipo di tumore, con un rischio approssimativamente di 160 volte superiore della popolazione generale, e il carcinoma papillare della tiroide insorge con una frequenza maggiore di 10 volte rispetto a quanto succede per il carcinoma papillare sporadico della tiroide. La prevalenza di pazienti affetti da FAP, che sviluppano un carcinoma papillare della tiroide varia tra il 2 e il 12%.

I carcinomi tiroidei associati alla poliposi adenomatosa familiare sono, solitamente, bilaterali e multifocali, con caratteristiche istologiche diverse rispetto ai carcinomi sporadici, con aree solide e aree composte da cellule mandrino, particolari cellule fusiformi con nucleo allungato e corde di collagene, e spesso sono associati con marcata fibrosi. Le caratteristiche cellulari e nucleari tipiche dei carcinomi sporadici, come nucleo chiaro, la scanalatura nucleare e la pluristratificazione, sono assenti in questo sottotipo.

La variante cribriforme-morulare del carcinoma papillare della tiroide (CMv-PTC) è una rarissima variante del PTC, rappresentando solamente lo 0.1-0.2% dei sottotipi istologici, o meno di 1 su 500 casi dei carcinomi papillare della tiroide. La prognosi di questa variante, complessivamente, ricalca la prognosi media della variante classica del carcinoma papillare della tiroide; meno del 10% dei casi mostrano un’aggressività biologica e clinica importante. Ciononostante, tra i pazienti affetti da FAP, che presentano un carcinoma papillare della tiroide sincrono, più del 90% dei casi riportano la variante cribriforme-morulare. Mentre non tutte le CMv-PTC sono

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associate alla poliposi adenomatosa familiare, una significativa proporzione di casi di FAP si associa a questa variante. Questo significa che in un paziente che si presenti con un carcinoma papillare della tiroide, variante cribriforme-morulare, il medico deve sempre sospettare la presenza sottostante di questa sindrome.35

Questa forma di PTC è solitamente bilaterale, insorge in giovane età e è 10 volte più comune in pazienti di sesso femminile affetti da FAP.

CMv-PTC è associato con mutazioni germinali e somatiche del gene APC e dei geni delle β-catenine. A differenza della variante classica, questa forma raramente presenta metastasi linfonodali e sistemiche, ed è caratterizzata da un’ottima prognosi.

Il gene APC è espresso in modo ubiquitario in tutti i tessuti normali, e è un regolatore negativo della via di Wnt. L’inattivazione dell’oncosoppressore APC dà il via all’aumento di insorgenza di neoplasie colonrettali e di tutte le manifestazioni extraintestinali dette sopra, compreso il carcinoma papillare della tiroide. Mutazioni del gene APC portano alla sintesi di una proteina troncata, che occupa il sito legante le β-catenine e, perciò, esso non può degradare le β-catenine.36

4.1.2 Sindrome di Cowden

La sindrome di Cowden rientra nelle sindromi PTEN correlate (PHTS, o PTEN Hamartoma Tumor Syndrome), accompagnata dalla sindrome di Bannayan-Riley-Ruvalcaba (anche nota come sindrome di Bannayan-Zonana), la sindrome di Proteus e Proteus-simile, e la sindrome SOLAMEN (Segmental Overgrowth, Lipomatosis, Arteriovenous Malformation and Epidermal Nevus).

La malattia di Cowden, è una genodermatosi. La sindrome di Cowden è una malattia autosomica dominante, causata da una mutazione germinale nel gene oncosoppressore PTEN (phosphatase and tensin homolog), ovvero una delezione sul cromosoma 10q23.3. Si tratta di una condizione non comune, ereditata in modo

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autosomico dominante e fa parte di uno spettro di altri disturbi che hanno mutazioni nel gene della fosfatasi e della tensina omologa (PTEN).37,38

La sindrome di Cowden rappresenta la presentazione fenotipica più comune di questo spettro e classicamente è caratterizzata da molteplici amartomi che possono verificarsi in qualsiasi organo. Caratteristicamente, i pazienti con sindrome di Cowden sviluppano lesioni mucocutanee e macrocefalia. La maggior parte dei pazienti affetti dalla malattia tende a sviluppare nel corso della vita una neoplasia maligna della tiroide, dell'endometrio o del seno. È necessario un approccio multidisciplinare al trattamento, con test di screening dei tumori di primaria importanza. I farmaci attualmente allo studio mostrano risultati incoraggianti.

Questo disordine è caratterizzato dall’insorgenza di amartomi multipli e carcinomi della tiroide, del polmone, e dell’utero. Il 66.6% dei pazienti affetti dalla sindrome di Cowden sviluppa patologie tiroidee, includendo gozzo multinodulare, multipli noduli adenomatosi, adenoma follicolare, carcinoma follicolare e, meno frequentemente, carcinoma papillare. La maggior parte dei disordini tiroidei, che insorgono nei pazienti affetti da tale sindrome, sono di origine follicolare e sono lesioni tiroidee, caratteristicamente, multicentriche, bilaterali, benigne o maligne.39

La valutazione dei pazienti con sospetta malattia di Cowden consiste in vari test. Una biopsia cutanea può essere molto utile in presenza di lesioni cutanee come trichilemmomi o fibromi sclerotici. Un emocromo completo, un test di funzionalità tiroidea, feci per sangue occulto, immagini o analisi delle urine possono essere molto utili per identificare possibili neoplasie maligne.40

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35

L'International Cowden Syndrome Consortium ha stabilito i criteri diagnostici:

 Criteri principali

o Malattia di Lhermitte-Duclos o Carcinoma della tiroide o Macrocefalia

o Cancro al seno  Criteri minori

o Tumori genitourinari o malformazioni o Lipomi

o Fibromi

o Ritardo mentale

o Malattia fibrocistica del seno o Amartomi gastrointestinali

o Lesioni tiroidee, come il gozzo multinodulare.

I pazienti devono avere due criteri principali per poter essere diagnosticati con la malattia di Cowden, di cui uno deve necessariamente essere la malattia di Lhermitte-Duclos o la macrocefalia.

Paziente con un criterio maggiore e tre criteri minori, o quattro criteri minori possono essere diagnosticati con la malattia di Cowden.

Il carcinoma follicolare è uno dei criteri maggiori e un’importante caratteristica nella sindrome di Cowden. Queste neoplasie sono più frequentemente multicentriche, e progrediscono da un preesistente adenoma follicolare. Invece, il carcinoma papillare della tiroide è raramente associato a questa sindrome. Multipli noduli adenomatosi in uno sfondo di tiroidite linfocitaria e/o di iperplasia C-cellulare sono ritrovamenti distintivi nella sindrome di Cowden. L’anatomopatologo dovrebbe mettere in guardia il clinico, per la possibilità di cotale diagnosi.

Questi pazienti presentano malformazioni del sistema scheletrico come palato alto-arcuato, scoliosi o macrocefalia. Più dell'85% dei pazienti può avere

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coinvolgimento gastrointestinale con polipi amartomatosi. Il rischio di cancro al colon nei pazienti è leggermente elevato. Leiomiomi uterini e cisti ovariche possono verificarsi nelle femmine e possono produrre anomalie mestruali con un possibile aumento del rischio di carcinoma endometriale dal 20% al 30%. Le femmine con la malattia di Cowden sono anche ad un rischio molto più elevato di carcinoma mammario, con circa l'85% delle femmine con la sindrome di Cowden che sviluppano il carcinoma mammario in qualche momento della loro vita. È interessante notare che il carcinoma mammario è stato riportato anche negli uomini. La malattia fibrocistica benigna e i fibroadenomi sono comunemente riscontrati anche nelle donne. Anomalie tiroidee come gozzo, cisti dei dotti tiroidei e adenomi sono anch'essi comuni. Anche il rischio di carcinoma tiroideo è aumentato fino al 30%. Un gangliocitoma displastico del cervelletto, chiamato anche malattia di Lhermitte-Duclos, è un tumore benigno del cervelletto specifico della malattia di Cowden. Il carcinoma renale può essere presente in fino al 30% dei pazienti. Il melanoma del cancro della pelle è anche aumentato nei pazienti con malattia di Cowden e può verificarsi nel 5% dei pazienti.

La diagnosi di lesione tiroidea, anticipa di diversi anni la diagnosi di sindrome di Cowden. I criteri diagnostici attuali includono il carcinoma follicolare (presente nel 10-15%), come criterio maggiore, mentre il gozzo multinodulare (includendo multipli noduli adenomatosi) e l’adenoma follicolare sono criteri minori (presenti nel 50-67%).41 I noduli adenomatosi sono inusualmente numerosi, oltre il centinaio, non sono capsulati, omogenei, non mobili, di colore giallastro, mancanti di colloide gelatinosa; istologicamente, sono solidi, cellulati e composti di piccoli follicoli privi di abbondante colloide, strettamente adesi gli uni con gli altri. Qualche nodulo può presentare una fine e discontinua rima d tessuto fibroso, che simula una capsula.42,43

Alla colorazione immunoistochimica, il 63% dei casi affetti da sindrome di Cowden mostrano una perdita completa dell’espressione di PTEN e il 37%, invece, una perdita eterogenea dello stesso.

L’alta incidenza di patologie tiroidee nei pazienti affetti dalla sindrome di Cowden giustifica lo screening tiroideo precoce con gli ultrasuoni e la soglia più bassa per la raccomandazione all’intervento chirurgico.35,44

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37 4.1.3 Sindrome di Werner

La sindrome di Werner è una rara sindrome progeroide, ovvero una sindrome caratterizzata da invecchiamento precoce, che tipicamente inizia a esprimersi dalla terza decade. La presentazione clinica include una facies anziana con pelle fine, rughe, alopecia, e atrofia muscolare in proporzione all’età del paziente. I pazienti affetti da questa sindrome hanno una statura ridotta, a causa dell’assenza del picco di crescita nel periodo puberale.

Questi pazienti, inoltre, presentano dei disordini età-correlati, come il diabete, l’osteoporosi, la cataratta, malattia vascolare periferica, o diversi tipi di tumori maligni. Sia l'alta frequenza che le caratteristiche clinicopatologiche del carcinoma supportano l'ipotesi che la sindrome di Werner sia una sindrome che predispone all’insorgenza di tumori. Queste caratteristiche includono: l'età precoce di insorgenza, un'alta frequenza di forme di tumori specifici, compresi i tipi di tumore non comuni, siti tumorali insoliti, e la presenza di tumori sincroni, spesso istologicamente distinti, in singoli pazienti.45,46 Tumori e disordini cardiaci sono le più comuni cause di morte di questi pazienti, che hanno una vita media di circa 54 anni.

È una malattia autosomica recessiva, causata da una mutazione nel gene WRN sul cromosoma 8p11-p12. Questo gene codifica per una proteina che è, contemporaneamente, una RecQ elicasi e una esonucleasi, importante nella riparazione e replicazione del DNA.

I pazienti hanno un rischio tre volte più alto della popolazione normale di sviluppare il carcinoma follicolare e sei volte più alto di sviluppare il carcinoma anaplastico della tiroide, in giovane età. La percentuale d’incidenza totale del carcinoma della tiroide nei pazienti con la sindrome d Werner è del 18%. Il rischio d’insorgenza del carcinoma papillare è aumentato soprattutto nella razza caucasica; questa alta prevalenza di carcinoma tiroideo giustifica il precoce screening ultrasonografico in questi pazienti.

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38 4.1.4 Complesso di Carney

Il complesso di Carney è una patologia autosomica dominante, caratterizzata da alterazioni della pigmentazione della pelle e delle mucose, lesioni cutanee diversamente pigmentate, non endocrine, e una varietà di neoplasie endocrine, come adenoma ipofisario, malattia pigmentata nodulare surrenale, tumori a cellule di Sertoli e Leydig, e tumori tiroidei.

I pazienti affetti dal complesso di Carney posso presentare caratteristiche comuni ad altre sindromi MEN. La tiroide è, solitamente, multinodulare, con multipli noduli adenomatosi, adenomi follicolari, e la copresenza di carcinoma follicolare (FTC) e carcinoma papillare (PTC) avviene nel 15% circa dei pazienti.47

Il complesso di Carney è malattia rara con una prevalenza sconosciuta. Nella più grande serie di pazienti genotipizzati, il 63% erano donne e il 37% erano maschi.

La malattia è causata da mutazioni inattivanti o grandi delezioni del gene PRKAR1A situato sul cromosoma 17q22-24 che codifica per la subunità regolatoria di tipo Iα del gene della proteina chinasi A (PKA). Più recentemente, i componenti del complesso sono stati associati a difetti di altre subunità della PKA, come le sottounità catalitiche PRKACA (iperplasia surrenale) e PRKACB (macchie pigmentate, mixomi, adenomi pituitari). Più del 70% dei pazienti con diagnosi di CNC sono portatori di mutazioni del gene PRKAR1A (locus CNC1) e questa percentuale sale all'80% per i pazienti con sindrome di Cushing dovuta a malattia adrenocorticale primaria pigmentata nodulare (PPNAD). Alcune famiglie hanno mappato il locus CNC2. Il PRKACA copy number gain (CNG) è stato osservato in pazienti con iperplasie surrenali, ma non nel complesso di Carney. Il PRKACB CNG è stato visto solo in un paziente con CNC. Per la maggior parte dei casi PRKAR1A-negativi la causa genetica rimane sconosciuta.48,49

Le manifestazioni cliniche del complesso di Carney sono piuttosto variabili e l'intero spettro della malattia si sviluppa solitamente su un arco di molti anni. Anche

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se la diagnosi viene fatta raramente alla nascita, l’età di diagnosi varia dal nel secondo anno di vita fino al quinto decennio di vita, ma l’età media di diagnosi è 20 anni.50,51

Manifestazioni d’organo:

o Tessuto Tegumentario  Lentiggini (70-80%)  Nevo Blu (40%)

 Nevo Blu Epitelioide (40%)  Mixomi Cutanei (30-50%)  Macchie Caffè e Latte (rara)  Lesioni Depigmentate (rara)  Nevo di Spitz (rara)

o Ipofisi

 Iperplasia Somatomammotropa (67%)

 Elevazione asintomatica di GH, IGF-1 o Prolattina (>75%)  Adenoma GH-secernente con Acromegalia (10-12%)  Prolattinomi (rara)

o Occhio

 Lentiggini Facciali e Palpebrali (70%)  Mixomi Oculari (16%)

 Schwannomi Pigmentati dell’Uvea (rara) o Tiroide

 Patologia Cistica o Nodulare (>75%)  Adenomi Benigni (>25%)

 Carcinoma (PTC o FTC) (>10%) o Cuore

 Mixomi Cardiaci (20-40%) o Pancreas

 Carcinoma a Cellule Acinari (2.5%)  Adenocarcinoma (2.5%)

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40 o Fegato

 Adenoma Epatocellulare (rara) o Surrene

 Malattia Nodulare Pigmentosa Primaria della Corteccia Surrenale (PPNAD) (25-60%)

 Carcinoma Adrenocorticale (rara) o Testicolo

 Tumore a Grandi Cellule Calcificanti di Sertoli (LCCSCT) (41%)

 Tumore a Cellule di Leydig (rara) o Ovaio

 Cisti Ovarica (14%)  Adenoma Sieroso (14%)  Teratoma Cistico (14%) o Polmone

 Mixomi Polmonari e del Capezzolo (20%)  Adenomi Duttali (20%)

 Fibroadenomi Mixoidi (20%) o Utero

 Tumori Mixoidi (rara) o Osso

 Osteocondromixoma (rara) o Guaina Nervosa

 Schwannoma Psammomatoso Melanocitico (PMS) o Altri Organi

 Tumori Misti delle Paratiroidi (rara)  Cisti Broncogena (rara)

 Carcinoma del Colon e dello Stomaco (rara)  Istiocitoma Fibroso Peritoneale (rara)

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La diagnosi di Complesso di Carney si basa su criteri maggiori e criteri minori. Per fare la diagnosi, un paziente deve presentare due dei criteri maggiori, confermati da test istologici, di imaging o biochimici o soddisfare un criterio maggiore e uno minore.50,52

Criteri Maggiori:

o Pigmentazione cutanea a macchia con una tipica distribuzione (labbra, congiuntiva, mucosa vaginale e peniena)

o Mixoma cutaneo e mucosale, o mixoma cardiaco

o Mixomatosi polmonare o ritrovamenti alla RM suggestivi per questa diagnosi

o Malattia nodulare pigmentosa primaria della corteccia surrenale (PPNAD) o glucocorticoidi nelle urine, come risposta paradossalmente positiva alla somministrazione di desametasone durante il test di Liddle

o Acromegalia, a causa di un adenoma GH-secernente

o Tumore a grandi cellule calcificanti di Sertoli (LCCSCT) o calcificazioni caratteristiche all’ecografia del testicolo

o Carcinoma tiroideo (a qualsiasi età) o noduli multipli ipoecogeni all’esame ecografico in età prepuberale

o Schwannoma psammomatoso melanocitico (PMS) o Multipli nevi blu o nevi blue epitelioidi

o Adenoma duttale del polmone o Osteocondromixoma

Criteri Minori:

o Familiare di primo grado affetto

o Varianti patogenetiche attivanti di PRKACA (sostituzione di singola base) e PRKACB

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La durata media di vita media per i pazienti con CNC è di 50-55 anni, ma con un'attenta sorveglianza l'aspettativa di vita può essere normale. Le cause di morte più comuni sono legate a complicanze del mixoma cardiaco, come emboli (ictus), cardiomiopatia post-operatoria e aritmie cardiache, così come Schwannoma psammomatoso melanocitico metastatico, tumori del pancreas e altri tumori.52

4.1.5 Sindrome di Pendred

La sindrome di Pendred (PS) è un disturbo autosomico recessivo che è associato a sordità neurosensoriale, anomalie congenite profonde dell'osso temporale, gozzo e difetti di organicazione dello ioduro, con test positivo di scarico del perclorato dal gozzo, di solito in tarda infanzia o in prima età adulta.

La sindrome di Pendred è causata da una mutazione del gene SLC26A4, che codifica per la pendrina, un trasportatore di cloruro di iodio.

Nella tiroide e nell’orecchio interno in particolare, la pendrina probabilmente è adibita al trasporto di ioni ioduro fuori dalle cellule; è responsabile quindi di un equilibrio appropriato tra particelle cariche, come gli ioni cloruro e bicarbonato. Le mutazioni nel gene SLC26A4 influenzano, quindi, l'attività della pendrina, causando uno squilibrio degli ioni e dei livelli dei fluidi nell'orecchio interno. Questi cambiamenti possono alterare la struttura dell'orecchio interno, influenzando così l'udito. Il gene SLC26A4 si trova sul cromosoma 7q22.3-7q31.1 e consiste di 21 esoni.53,54

Alcuni studi hanno dimostrato che la pendrina presenti 12 domini transmembrana, e che sia i residui amino che carbossi termininali si trovino nel citosol. Nei suoi residui carbossiterminali intracellulari, la pendrina e altre proteine codificate dai geni SLC26A, contengono un cosiddetto dominio STAS (trasportatore di solfato e antagonista del fattore antisigma). Anche se la funzione esatta di questo dominio attende una caratterizzazione più dettagliata, è stato suggerito che sia in

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grado di interagire con il dominio regolatorio del CFTR (regolatore di conduttanza transmembrana della fibrosi cistica) in alcuni epiteli.

Il fenotipo clinico classico consiste nella triade sordità neurosensoriale, gozzo e un'anomala organizzazione dello ioduro con o senza ipotiroidismo. La prevalenza della sindrome di Pendred è stata stimata tra 7,5 e 10 per 100,00. È importante sottolineare che la sindrome di Pendred rappresenta circa il 4-10% di tutti i casi di sordità ereditaria. Pertanto, può essere la causa più frequente di sordità sindromica.55

Il deficit uditivo neurosensoriale, che è l'elemento costante obbligatorio nella sindrome, è solitamente il riscontro che porta alla diagnosi. In genere, l'ipoacusia è congenita e profonda. Più raramente, il deficit uditivo si sviluppa più tardi nell'infanzia con un progressivo peggioramento, che può essere aggravato dall'esposizione a traumi acustici o barotraumi. Il deficit uditivo è bilaterale, anche se può essere presente un'asimmetria. I segni clinici includono l'assenza di una reazione al suono o un ritardo nell'acquisizione del linguaggio. Al giorno d'oggi, con l'aumento del test uditivo obbligatorio per i neonati, il deficit uditivo può essere rilevato durante lo screening neonatale.

Un ingrossamento gozzigeno della tiroide è presente in modo variabile. La variabilità può dipendere dai metodi utilizzati per valutare l'ingrandimento della tiroide e può anche dipendere dall'assunzione di iodio. Alcuni studi hanno suggerito che un gozzo è presente nel 50-83%. L'ingrandimento della tiroide può essere progressivo durante l'infanzia e l'adolescenza, con il risultato finale di un gozzo multinodulare. In particolare, lo sviluppo del gozzo è molto variabile tra gli individui colpiti delle stesse famiglie e tra i diversi tipi. Mentre la tiroide può essere di dimensioni normali in alcuni individui affetti, altri sviluppano gozzo molto grande con estensione retrosternale. I livelli sierici di tireoglobulina possono essere elevati parallelamente all'aumento del volume tiroideo.56

È interessante notare, tuttavia, che mutazioni bialleliche nel gene SLC26A4 sono state associate anche all'ipoplasia tiroidea. Non è chiaro perché alcuni pazienti

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