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Le traduzioni greche di Virgilio su papiro: analisi di P.Berol. 21138 e PSI VII 756

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INDICE

1. Introduzione ...3

1. 1. Le traduzioni greche di Virgilio e il bilinguismo ...3

1. 2. Il bilinguismo e le relazioni ufficiali ...4

1. 2. 1. Le traduzioni dei documenti ufficiali e il Mon. Anc. ...6

1. 3. L’insegnamento bilingue nell’Antichità ...8

1. 3. 1. Glossari ...10

1. 3. 2. Materiali grammaticali ...11

1. 3. 3. Testi ...12

1. 4. I glossari di Virgilio ...14

2. P. Berol. 21138 ...17

2. 1. Una descrizione papirologia di P. Berol. 21138 ...17

2. 2. Una analisi lemma per lemma di P. Berol. 21138 ...19

Aen. I 211-215: ...19 Aen. I 218-220: ...23 Aen. I 222-225: ...23 Aen. I 227-232: ...26 Aen. I 234-236: ...29 Aen. I 238-242: ...30 Aen. I 244-247: ...32 Aen. I 250-251: ...34 Aen. I 276-281: ...34 Aen. I 283-285: ...37 Aen. I 289-297: ...38 Aen. I 398-400: ...43

(2)

Aen. I 411-412: ...44 Aen. I 420-422: ...44 Aen. I 528: ...45 Aen. I 617-618: ...46 Aen. I 729-731: ...47 Aen. I 747-749: ...48 Aen. II 51-53: ...50 Aen. II 60-61: ...51 Aen. II 71-73: ...52 Aen. II 107-108: ...54

2. 3. Una analisi stilistica complessiva di P. Berol. 21138 ...56

3. PSI VII 756 ...64

3. 1. Una descrizione papirologia di PSI VII 756 ...64

3. 2. Una analisi lemma per lemma di PSI VII 756 ...66

Aen. II 443-457: ...66

Aen. II 467-482: ...73

Aen. II 494-512: ...79

Aen. II 522-535: ...87

3. 3. Una analisi stilistica complessiva di PSI VII 756 ...95

4. Una discussione incrociata di P. Berol. 21138 e PSI VII 756 ...105

ABBREVIAZIONI ...109

TESTI ANTICHI ...110

BIBLIOGRAFIA ...112

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1. INTRODUZIONE

1. 1. LE TRADUZIONI GRECHE DI VIRGILIO E IL BILINGUISMO

Scopo del presente elaborato, quale emerge chiaramente dal titolo, è lo studio e l’analisi delle traduzioni greche di Virgilio, testimoniate da P. Berol 21138 e PSI VII 756. Tuttavia, è impossibile la comprensione del suddetto fenomeno se non collocato nel più vasto orizzonte del bilinguismo.

Il bilinguismo è caratteristica tipica dell’Impero Romano , dove la conoscenza e 1 2 l’apprendimento di una seconda lingua era molto comune, soprattutto in zone e in ambiti in cui il contatto tra lingue diverse era frequente. In particolare la forma di bilinguismo prevalente nel mondo romano era quella che implicava la conoscenza sia della lingua latina sia della lingua greca. Questa specifica forma di bilinguismo nasce, si può dire, quasi con la stessa Roma: dapprima i contatti tra i due mondi furono mediati dagli Etruschi ma, in seguito, con la fondazione di πόλεις greche in Sicilia essi diventarono diretti . 3

Fino alla prima età imperiale la conoscenza della lingua greca a Roma era un fenomeno molto più frequente della conoscenza della lingua latina ad Atene. A Roma, infatti, la conoscenza del greco era diffusa sia negli strati della popolazione più colta, dove esso veniva percepito come lingua della cultura (non a caso, i primi lavori letterari latini consistevano nella traduzione di opere greche) sia negli strati più bassi, dove molti schiavi erano di origine greca e frequentemente si esprimevano nella loro lingua madre. La differenza fondamentale tra le due categorie di latinofoni con buona padronanza della lingua greca (esponenti di un alto rango sociale da una parte e schiavi dall’altra) sta nel fatto che i primi lo appresero a seguito di un percorso di istruzione, mentre i secondi lo conoscevano fin da bambini . 4

Per approfondire l’accezione specifica del termine, si rimanda a J.N. Adams 2003, 3-8. 1

Esso, secondo E. Dickey 2012, 4, può essere definito persino «multilingual». 2

B. Rochette 1997a, 15. 3

E. Dickey 2012, 4 e J.N. Adams 2003, 9-14. 4

(4)

Con l’istituzione dell’impero tetrarchico, fu invece il latino ad accrescere non solo il suo prestigio ma anche la sua utilità, diventando la lingua ufficiale dell’Impero e, quindi, di ogni comunicazione politica, amministrativa, burocratica e persino militare.

1. 2. IL BILINGUISMO E LE RELAZIONI UFFICIALI

Il rapporto tra le due lingue nell’ambito delle relazioni ufficiali si può riassumere in alcuni momenti chiave della storia di Roma.

Dapprima, nell’epoca ellenistica, le due lingue si svilupparono parallelamente all’interno di un quadro politico unito, ma il latino veniva usato soltanto occasionalmente dai magistrati romani di fronte a destinatari greci. La lingua che in questi contesti veniva preferita era quella greca. Tuttavia, con l’inizio del I sec. a.C. il peso della lingua latina si fece più sentire, svolgendo, però, a livello pubblico un ruolo ancora superficiale: nelle province orientali essa era percepita unicamente quale lingua utile per comunicazioni esterne . Un forte impulso 5 all’impiego di essa in Oriente fu quello impresso dalla Constitutio Antoniniana (212 d.C.) , che cercò di rendere il latino il codice universale dell’Impero, 6 rimpiazzando il predominio del greco . 7

L’apice dell’utilizzo della lingua latina fu raggiunto con gli imperatori Diocleziano e Costantino: entrambi attuarono una politica linguistica aggressiva, proclamando il latino lingua ufficiale di tutto l’Imperium Romanum. Tale provvedimento, ad una analisi storica più approfondita, risulta come una risposta “naturale” ai profondi mutamenti sociali che il mondo orientale si trovava ad affrontare: le élites tradizionali erano sparite di fronte all’affermazione dell’esercito e della cancelleria, entrambe carriere che potevano essere intraprese

B. Rochette 2008, 86. Si veda anche J. Kramer, 2013, 44, che individua cinque tipi di 5

documenti per cui l’impiego del latino era obbligatorio. B. Rochette 1997a, 105ss.

6

Nonostante l’emanazione del decreto molti testi ufficiali continuarono ad essere redatti 7

in greco, in B. Rochette 1997a, 118-114. Si veda, però, anche J.N. Adams 2003, 562ss, dove sono elencate tipologie di documenti che, di necessità, dovevano essere redatte in latino anche nel caso in cui il cittadino romano in questione parlasse esclusivamente greco.

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solo da persone che avessero una certa conoscenza e della lingua latina e del diritto romano . A conferma dell’efficace politica linguistica si prendano in 8 considerazione le parti ufficiali dei testi epigrafici delle province orientali del periodo: esse sono formulate in latino. Ad ogni modo, in seguito, in alcune zone dell’Impero orientale tale imposizione si dimostrò del tutto inutile tanto che, soprattutto dopo il trasferimento della capitale dell’Impero ad Oriente, la lingua latina subì una fase di grande decadenza : sebbene, con i successori di 9 Diocleziano e poi di Costantino, Bisanzio fosse definita Nova Roma, quale legittima erede della Vetus Roma, «la position du latin commençait à s’affaibilir dans la mesure où l’Empire Romain d’Orient se transformait en empire hellénique» . 10

Furono, comunque, anche altri i fattori che favorirono la diffusione del latino in Oriente . In primis la presenza di colonie romane in terra greca facilitò un certo 11 ampliamento d’orizzonte per l’impiego della lingua latina, che, appunto, veniva usata dalla popolazione trasferitasi da Roma, mentre i popoli autoctoni tendevano comunque a conservare il proprio carattere greco. Tale processo fu agevolato anche dallo sviluppo del commercio internazionale, la cui rotta principale era quella che collegava Roma con l’Oriente. In questa direzione fu forte la spinta apportata dall’istallazione dell’esercito romano nella terra greca , non solo perché 12 le reclute ellenofone potevano imparare il latino, ma anche perché le popolazioni ellenofone era soggette a continui contatti con i soldati, lì stanziatisi, parlanti, per lo più, latino. Infine, soprattutto in età più tarda, anche la diffusione della Chiesa in Oriente promosse l’impiego del latino, lingua divenuta ufficiale nell’ambito ecclesiastico.

B. Rochette 2008, 88 e R.E. Gabel 1970, 289ss. 8

B. Rochette 1997a, 116-128. 9

J. Kramer 2013, 45. 10

Si veda, per approfondire, B. Rochette 1997a, 144ss. 11

Si veda J.N. Adams 2003, 608: «In the Roman army…the same kinds of documents 12

turn up now in Latin now in Greek, a fact which suggests that there was not a fixed linguistic policy consistent with claims that Latin was the ‘official language’ of the army...That said, Latin was clearly a sort of supreme or super-high language in the army, which was bound to be used in certain circumstances». A riguardo, anche J. Kramer 2013, 44.

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1. 2. 1. Le traduzioni dei documenti ufficiali e il Mon. Anc.

In questa occasione, è interessante accennare alle testimonianze dei

Senatusconsulta relativi all’amministrazione e alla gestione delle province greche.

Come affermato precedentemente , dall’inizio della Repubblica fino all’epoca 13 della tetrarchia, anche a livello pubblico la lingua greca svolgeva un ruolo imprescindibile nei contatti con le province orientali . In questo quadro, dunque, 14 non stupisce che le suddette testimonianze presentino un testo greco e, spesso, si può ipotizzare che fossero traduzione di un originale latino o, altrimenti, che 15 fossero stati elaborati in greco, ma sulla base di una terminologia ufficiale di matrice latina . 16

A tal proposito, uno studio illuminante è quello offerto da Laffi (2013). In esso, vengono passati all’esame singoli documenti di produzione romana che consentono di recuperare termini ed espressioni di uso tecnico, per approfondire il lessico greco del processo romano, tralasciando i problemi legati ai concetti teorici della linguistica e della socio-linguistica. Sebbene tra i documenti analizzati dallo studioso solamente uno presenti una versione ufficiale latina , a 17 conclusione dell’indagine svolta Laffi giunge ad affermare che il lessico greco, sia nel campo penale sia nel campo del processo civile (anche se con maggiori difficoltà), tende ad offrire una traduzione piana e comprensibile dei termini latini, ma con una presenza costante di calchi dal latino, soprattutto di fronte ai tecnicismi della procedura formulare. Per quanto riguarda il lessico del processo romano in età imperiale, esso giunge a fissarsi, a divenire standard, anche grazie

Si rimanda al §1. 2. Il bilinguismo e le relazioni ufficiali. 13

Si veda B. Rochette 2008, 86: «l’administration romaine se sert donc du latin à l’Est 14

comme langue de comunication externe, alors que le grec l’emporte comme langue de communication interne».

A tal riguardo è appropriato Suet. Aug. 89. 1 (si quid res exigeret, Latine formabat 15

vertendumque alii dabat), dove è testimoniata la consuetudine di Augusto di redigere ogni

testo ufficiale in latino, delegando ad appositi incaricati la versione greca. Si veda B. Rochette 1997a, 97.

Alcuni documenti di questo genere sono oggetto di discussione in J.N. Adams 2003, 16

564ss.

Senatusconsultum de Asclepiade. Per approfondire si rimanda a U. Laffi 2013, 5-7. 17

(7)

al contributo di giuristi, come Erennio Modestino ed altri, presenti all’interno del Digesto. Adiutori di questo processo di fissazione, sebbene ad un livello meno tecnico e più elementare, sono gli Hermeneumata Pseudodositheana.

Un’analisi dei Senatusconsulta quali traduzione di un originale latino fu svolta nel 1943 anche da Reichmann. Le sue conclusioni risultano coerenti con i risultati di Laffi: è evidente la presenza di un originale latino che viene seguito pedissequamente, parola per parola, tanto che una comprensione completa del contenuto sarebbe impossibile senza la comparazione con il testo originale, soprattutto per quanto riguarda le espressioni tecniche della lingua latina.

Esiti molto differenti sono quelli ottenuti, sempre dallo stesso Reichmann , 18 nell’analisi stilistica del Monumentum Ancyranum . La fruibilità, infatti, della 19 versione greca delle Res Gestae Divi Augusti è completa a prescindere dalla presenza del testo originale latino : il traduttore, seppur mantenendo una certa 20 aderenza al testo latino, evidente nella conservazione di alcuni latinismi e nella struttura complessiva della frase, modella il discorso non solo rispettando le esigenze della lingua greca, ma anche avendo riguardo delle capacità di comprensione dei parlanti greco . Questo ultimo elemento si evince chiaramente 21 dalla modificazione di alcuni luoghi del testo, in cui il contenuto non era di facile fruizione per un madrelingua greco . Testimonianza della peculiarità letteraria 22 della versione greca delle Res Gestae è la scelta delle parole: non sempre un determinato vocabolo latino ha il suo esatto corrispondente in un solo termine greco, tanto che non possono essere rintracciate “equazioni fisse” . Quindi, in 23

V. Reichmann 1943, 19-27. 18

Anche l’analisi di tale iscrizione, definita «die Königin aller» (T. Mommsen 1965, 19

247), è pregnante perché è l’unica delle attestazioni delle Res Gestae Divi Augusti che presenti insieme e una versione latino del testo (sulle due antae all’interno del pronao del tempio di Ancyra) e una versione greca (sul muro esterno della cella meridionale del medesimo tempio). Per approfondire si rimanda a A.E. Cooley 2009 e J. Scheid 2007.

V. Reichmann 1943, 19: «Jene waren in so rätselhafter Sprache abgefaßt, daß der Sinn 20

oft nur durch das Lateinische erkennen war, das Griechisch im Mon. Anc. dagegen ist für sich allein verständlich».

E, in particolare, nel presente contesto, dei Galati abitanti ad Ancyra. 21

Questo meccanismo di semplificazione/esplicitazione del testo è attuato ogni volta che 22

vi è un riferimento ad istituzioni romane.

Si fa riferimento a V. Reichmann 1943, 35: «feste Gleichungen». 23

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conclusione, questa testimonianza è del tutto singolare dal momento che, pur presentando una traduzione greca fedele all’originale, la versione greca risulta del tutto comprensibile indipendentemente dal confronto con il testo latino.

1. 3. L’INSEGNAMENTO BILINGUE NELL’ANTICHITÀ

In questa sede è interessante anche approfondire le modalità attraverso le quali, nell’antichità, viene appresa una seconda lingua e, quindi, un individuo diviene bilingue. Il processo può essere di tipo empirico, quale risposta naturale ad un determinato stimolo dell’ambiente, o (più o meno) istituzionalizzato, ovvero regolato all’interno di un contesto didattico, scolastico. Nel contesto del presente elaborato, seppur anche nel mondo antico ci siano attestazioni di individui divenuti bilingui o poliglotti grazie ad un apprendimento empirico , focalizziamo 24 la nostra attenzione sulla seconda modalità . 25

Riprendendo quanto affermato precedentemente , quasi con la stessa fondazione 26 di Roma nasce da parte dei Romani l’interesse nei confronti della cultura greca, in generale, e della lingua greca, in particolare. Dunque, non stupisce il fatto che, sul finire dell’età repubblicana, l’insegnamento della lingua greca fosse già inquadrato in un certo curriculum studiorum, generalmente intrapreso dai giovani aristocratici. La lingua greca era percepita come una lingua universale tanto che 27 veniva insegnata e studiata prima della stessa lingua latina . Tale apprendimento 28 terminava con un viaggio in Grecia, generalmente ad Atene, per raggiungere una padronanza della lingua completa e sviluppare un bilinguismo pressoché perfetto.

B. Rochette 2008, 81. 24

Per approfondire il tema della scuola nell’antichità si indica R. Cribiore 1996. 25

Si rimanda al §1. 1. Le traduzioni greche di Virgilio e il bilinguismo. 26

Cic. Arch. 23: Graeca leguntur in omnibus fere gentibus, Latina suis finibus exiguis 27

sane continentur.

Quint. Inst. 1. 1. 12-14: a sermone Graeco puerum incipere malo, quia Latinum, qui 28

pluribus in usu est, vel nobis nolentibus perbibet, simul quia disciplinis quoque Graecis prius instituendus est, unde et nostrae fluxerunt. non tamen hoc adeo superstitiose fieri velim, ut diu tantum Graece loquatur aut discat, sicut plerisque moris est. hoc enim accidunt et oris plurima vitia in peregrinum sonum corrupti et sermonis, cui cum Graecae figurae adsidua consuetudine haeserunt, in diversa quoque loquendi ratione pertinacissime durant. non longe itaque Latina subsequi debent et cito pariter ire. ita fiet ut, cum aequali cura linguam utramque tueri coeperimus, neutra alteri officiat.

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Ciò è confermato da Quintiliano in persona, primo maestro della storia ad essere stipendiato dall’Impero: egli giunse persino ad affermare che la lingua straniera, e in questo caso il greco, deve essere appresa cum lacte nutricis, in modo tale da acquisire un eloquio corretto, privo di vizi . Tuttavia nel IV sec. d.C., con la 29 perdita d’utilità, la conoscenza del greco, divenuto per i Romani puro esercizio letterario, fu sempre più rara tanto che Sant’Agostino arrivò a definire il greco come peregrina lingua . 30

Se da un lato il bilinguismo nella parte occidentale dell’Impero subì un certo declino, dall’altra nella parte orientale a partire dal III d.C. la lingua latina iniziò a svolgere un ruolo da protagonista . Essa non divenne mai lingua di cultura, ma 31 funse da «langue de service» , utile per scopi pratici, mezzo efficace per 32 l’avanzamento sociale ed economico. Sebbene si presuma che l’apprendimento del latino nel mondo orientale fosse meno comune e meno uniformemente diffuso nei diversi strati sociali rispetto all’apprendimento del greco nel mondo occidentale, sono quantitativamente maggiori i documenti che ne testimoniano l’esistenza . 33

Tuttavia tale processo di apprendimento non ebbe mai un esatto ordinamento curricolare all’interno dell’insegnamento elementare . Si ha notizia, soprattutto, 34 di un sistema di apprendimento superiore, rivolto a coloro che volessero intraprendere una carriera di tipo giuridica, burocratica o militare . In particolare, 35

Quint. Inst. 1. 1. 4-5 e 8-11. 29

Aug. Conf. 1. 14: cur ergo graecam etiam grammaticam oderam talia cantantem? nam 30

et Homerus peritus texere tales fabellas et dulcissime vanus est et mihi tamen amarus erat puero. credo etiam graecis pueris Vergilius ita sit, cum eum sic discere coguntur ut ego illum. videlicet difficultas, difficultas omnino ediscendae linguae peregrinae quasi felle aspergebat omnes suavitates graecas fabulosarum narrationum.

Plu. Quaest. Plat. 10.3 = Mor. 1010 d: ὡς δοκεῖ µοι περὶ Ῥωµαίων λέγειν ὁρῶ µέλλω † 31

νῦν ὁµοῦ τι πάντες ἄνθρωποι χρῶνται. B. Rochette 2008, 88.

32

Soprattutto di natura papiracea: E. Dickey 2012, 6-10. 33

E. Dickey 2012, 5. 34

Di fronte a questi cambiamenti sociali e alla diffusione sempre più massiccia della 35

lingua latina in oriente, reagì pubblicamente Libanio, filosofo del IV d.C., appartenente alla seconda sofistica, lamentandosi della perdita di prestigio subita dalla lingua greca, collegata alla decadenza degli studi di retorica. Tuttavia la lingua latina divenne fattore così importante in Oriente che il filosofo stesso fu costretto a chiamare dei retori da Romani per insegnare latino nella sua scuola. Si veda: Liban. Or. 2, 43-44 e Epist. 539.

(10)

rimane famosa la scuola di diritto di Beirut grazie alle testimonianze di 36 personaggi illustri quali Gregorio Neocesare, detto il Taumaturgo e Gregorio di Nazianzo . 37

Dai numerosi ritrovamenti papiracei emergono materiali didattici di vario genere: dagli strumenti più elementari di approccio allo studio di una lingua straniera , a 38 quelli di portata più elevata . Per comodità, di seguito verranno suddivisi in tre 39 categorie, proposte da Dickey . 40

1. 3. 1. Glossari

I glossari o lexica sono strumenti elementari per lo studio di una lingua e, sicuramente, in base a ciò che è conservato sia per via della tradizione medievale sia per via papiracea, erano molto comuni nell’antichità. I vocaboli contenuti al loro interno potevano essere ordinati secondo un criterio alfabetico (glossari

alfabetici) oppure suddivisi in capitula in base all’argomento (capitula rerum). La

natura pratica dello studio del latino portò indiscutibilmente al fatto che la seconda tipologia di glossari fosse più comune. Non stupisce nemmeno il fatto che i vocaboli più frequenti riguardassero il cibo, il commercio, l’esercito e la legge. I glossari possono essere distinti in altre due tipologie idiomata, in cui sono presenti nozioni grammaticali, ed hermeneumata . Ulteriore distinzione è quella 41 proposta da Kramer: sono definiti Gebrauchglossare i glossari destinati ad un uso La città di Beirut era in generale un grande centro di cultura bilingue, «considérée, déjà 36

au Ier s. apr. J.-C., comme una île de latinité dans le monde hellénophone» (B. Rochette 2008, 88).

In particolare, si rimanda a B. Rochette 1997a, 165-175. 37

E.g. P. Ant. 1 presenta la traslitterazione in lingua greca dell’alfabeto latino. 38

E.g. PSI I 110 presenta una copia de De Catilinae coniuratione di Sallustio, con 39

annotazioni in lingua greca. Tale papiro, dunque, testimonia probabilmente un esercizio di lettura di un testo letterario latino da parte di un parlante greco dotato di una buona capacità di comprensione (E. Dickey 2014, 48).

E. Dickey 2012, 11-15. 40

Distinzione che risale allo stesso Carisio (Char. 379. 3-10: Idiomata quae sunt nostri 41

sermoni innumerabilia quidem debent esse. ea enim sunt omnia quae pro nostro more efferimus et non secundum Graecos. sed ut breviter dicamus, aut ex generis nominum fiunt, quae contra more Graecorum nos habemus (nam cum dicimus hic honor ἡ τιµή, fit apud nos masculini, apud illos feminini generis), aut ex verborum significationibus contrariis, velut luctor παλαίω). Si veda anche J. Kramer 2013, 50-52.

(11)

quotidiano per mano di persone poco istruite, mentre per Schulglossare si intendono quei glossari contenenti elementi di grammatica, destinati ad un pubblico più colto . 42

È necessario sottolineare l’utilità e la comodità di tali liste di vocaboli (ragion per cui sono giunte fino all’era moderna in una discreta quantità): i glossari erano utili sia nel caso qualcuno avesse voluto apprendere nuovi vocaboli, sia nel caso non fosse stato conosciuto il significato di uno specifico termine, sia nel caso venisse prodotto un nuovo glossario . 43

1. 3. 2. Materiali grammaticali

I testi di grammatica hanno uno status particolare dal momento che sopravvivono sotto i nomi di noti autori antichi e sono conservati per via della tradizione medievale. Essi sono nella lingua che descrivono e, perciò, si suppone che l’insegnante stesso provvedesse ad una traduzione orale del testo nel contesto di una lezione. Le grammatiche si distinguono principalmente in due categorie: una categoria è costituita dalle grammatiche redatte per gli stessi madrelingua , 44 mentre l’altra è costituita da quelle redatte per parlanti non nativi della lingua in questione . La seconda categoria è la più comune, dal momento che è molto 45 funzionale per l’apprendimento di una nuova lingua: tali grammatiche sono spesso scritte in un linguaggio più semplice e meno ricercato. Un esempio del tutto particolare è rappresentato dalla grammatica bilingue di Dositeo (grammatico del IV d.C.): essa è una grammatica della lingua latina dotata (solo in parte) di una

C. Gloss. Biling. I - II. Simile è anche la distinzione tra «glossaires populaires» e 42

«érudits» dallo stesso proposta in J. Kramer 2013, 43-56.

Si veda E. Dickey 2012, 12 e in particolare «the normal ancient method for acquiring a 43

bilingual glossary was apparently to copy or adapt an existing work, rather than create a new one ex nihilo».

E.g. De lingua latina di Varrone. 44

E.g. Institutiones grammaticae di Prisciano, Ars grammatica di Carisio e di Dositeo. 45

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traduzione in lingua greca , utile anche per i latini che volessero apprendere la 46 lingua greca . 47

1. 3. 3. Testi

A questo gruppo di testimoni appartengono manuali di conversazione (colloquia), testi di letteratura e testi legali . I manuali di conversazione sono molto comuni e 48 sicuramente molto utili per coloro che vogliano apprendere una lingua per fini pratici . Essi sono bilingui, avendo di fianco al testo latino una traduzione 49 “colonnare” in lingua greca. Toccano vari argomenti ma, per lo più, presentano 50 scene di vita quotidiana (quasi nella forma di vignette), offrendo sia informazioni linguistiche sia culturali. Il fatto che tra i papiri egiziani essi siano di gran lunga più numerosi delle grammatiche, ben testimonia l’istanza pratica dell’apprendimento della lingua latina in Oriente. Vari esemplari di colloquia sono contenuti all’interno degli Hermeneumata Pseudodositheana, miscellanea di materiali bilingui greco-latini, finalizzati all’apprendimento dell’una o dell’altra lingua. Nemmeno la buona presenza di testimoni papiracei (e pergamenacei) contenenti testi di letteratura latina con annotazioni grammaticali, sussidi prosodici o vere e proprie traduzioni in lingua greca, sorprende, dal momento 51 che, nel processo di apprendimento di una lingua, il discente deve essere messo alla prova non solo con la conversazione orale, ma anche con la lettura. Gli autori latini che emergono dai materiali bilingui greco-latini sono in primis Virgilio , 52

Essa è definita «a running Greek translation» da Dickey 2016, 4; 2012, 13; 2014, 41. 46

E. Dickey 2012, 13 e 2016, 1-9. 47

L’esistenza di testi legali latini con annotazioni in lingua greca non sorprende 48

soprattutto se vengono collocati nel contesto della didattica del diritto nel mondo antico. B. Rochette 1997a, 188ss.

49

Si veda ora ed in seguito E. Dickey 2016, 10. 50

M.C. Scappaticcio 2013a, 117-138, B. Rochette 1997a, 195 e R.E. Gabel 1970, 51

311-316.

Di cui si tratterà più ampiamente in seguito: §1. 4. I glossari di Virgilio. 52

(13)

Cicerone , Terenzio , Giovenale , Sallustio e Seneca . Ciò non desta 53 54 55 56 57 sorprese, poiché costoro possono essere definiti come autori “canonici” della letteratura latina . Per lo stesso motivo la predominanza, tra le varie attestazioni, 58 di Cicerone, per quanto riguarda la prosa, e di Virgilio, in particolare dell’Eneide, per quanto riguarda la poesia, risulta naturale. Soprattutto la presenza di quest’ultima è del tutto coerente con la sua stessa natura: essa è emblema del mondo romano ed espressione efficace del mos maiorum, della fides e della

pietas . Sulla stessa scia Gigante afferma che anche in Egitto si giunge ad 59 accogliere «il nome indiscutibilmente autorevole, del grande poeta romano, che diventa sinonimo di sapientissimus, sophotatos: da portatore di poesia diventa maestro di sapienza» . In ogni caso, le versioni greche dei testi latini presenti nei 60 suddetti materiali bilingui hanno tutte in comune una certa tecnica di traduzione, ovvero la tecnica κατὰ πόδα, verbum de verbo (parola per parola) . Dunque, tutte 61 presentano una certa aderenza al testo originale, una determinata tendenza a semplificare le forme arcaiche e l’ordo verborum intricato, tipico della poesia, e un uso massiccio di termini raccolti nei glossari . Proprio per questi motivi un 62 contesto didattico-scolastico è quello che, quasi unanimemente, è ritenuto più consono all’impiego di questi materiali . 63

P. Rain. Cent. 163; P. Ryl. I 61 + P. Vindob. L 127; PSI Congr. XXI 2; P. Ryl. III 477. 53

P. Oxy. XXIV 2401; P. Vindob. L 103. 54 CPL 37. 55 PSI I 110. 56 Markus - Schwendner 1997. 57

R.E. Gabel 1970, 287 e B. Rochette 1997a, 196ss. 58

Per approfondire si rimanda a B. Rochette 2008, 101-103. 59

M. Gigante 1985, 43. 60

Tale tecnica è spesso in contrasto con quella sensus e sensu, che si pone come obiettivo 61

una traduzione che colga il senso globale e completo del testo, piuttosto che una traduzione esatta dei singoli vocaboli, spesso estrapolati dal contesto. Si veda a riguardo B. Rochette 1997a, 296-297.

Si rimanda al §1. 3. 1. Glossari. 62

Ma di questo si tratterà più ampiamente in seguito. 63

(14)

1. 4. I GLOSSARI DI VIRGILIO

Come è stato già affermato , non desta stupore il fatto che i testimoni bilingui di 64 Virgilio siano più numerosi dei testimoni bilingui di tutti gli altri scrittori latini messi insieme, dal momento che «Virgile est l’auteur scolaire par excellence» . 65 Ecco, di seguito, l’elenco dei testimoni : 66

1) Berlin, Ägyptisches Museum und Papyrussammlung, P. Berol. Inv. 21138 = BKT IX 39 (TM 62957) — seconda metà del IV sec. d.C.

2) Alexandria, Bibliotheca Alexandrina, Antiquities Museum, P. Fouad 5 (TM 62962) — V sec. d.C.

3) Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, PSI VII 756 (TM 62963) — IV - prima metà del V sec. d.C.

4) Manchester, John Rylands University Library, P. Ryl. II 478 + Alexandria, Bibliotheca Alexandrina, Antiquities Museum, P. Cair. JE 85644 + Milano, Università Cattolica del Sacro Cuore, P. Mil. I 12 (TM 62954) — seconda metà del IV - prima metà del V sec. d.C. 67

5) Wien, Österreichische Nationalbibliothek, Papyrussammlung, P. Vindob. L 102 f (TM 64952) — seconda metà del IV - prima metà del V sec. d.C. 68 6) Oxford, Sackler Library, Papirology Rooms, P. Oxy. L 3553 (TM 62968) —

V-VI sec. d.C.

7) Cambridge, University Library, P. Oxy. VIII 1099 (TM 62970) — V-VI sec. d.C.

8) Wien, Österreichische Nationalbibliothek, Papyrussammlung, P. Vindob. L 24 (TM 62969) — V-VI sec. d.C.

Si rimanda al §1. 3. 3. Testi. 64

B. Rochette 1997a, 208. 65

Qui viene seguito M. Fressura 2017. 66

E.G. Turner 1939 e M. Fressura 2007. 67

M. Fressura 2016b. 68

(15)

9) New York, Morgan Library & Museum, P. Ness. (=P. Colt) II 13 (TM 62974) — prima metà del VI sec. d.C. 69

10) Wien, Österreichische Nationalbibliothek, P. Vindob. L 62 (TM 64953) — prima metà del VI sec. d.C. 70

11) Milano, Biblioteca Ambrosiana, L 120 sup., scriptio inf. (TM 62964) — VI sec. d.C. 71

Tutti questi materiali presentano, dunque, una edizione latino-greca dell’Eneide. Sono tutti sotto forma di codice e presentano un testo bilingue e digrafico. Hanno una mise en page “colonnare”: una colonna contiene il testo di Virgilio scomposto in lemmi, mentre l’altra contiene le glosse greche, il più possibile in corrispondenza dei lemmi latini. Tale struttura è del tutto funzionale e, secondo 72 Gabel, proprio sulla base dell’analogia tra Virgilio e Omero, essa è determinata dall’impaginazione colonnare delle parafrasi e dei glossari omerici . 73

È necessario in primis specificare che non si tratta sempre di materiale papiraceo: P. Oxy. L 3553, P. Oxy. VIII 1099, P. Vindob. L 24 e L 120 sup. (scriptio inf.) hanno un supporto pergamenaceo. Anche le dimensioni della pagina variano: esse sono di grande formato per i testimoni papiracei (il formato più grande è quello di PSI VII 756: 330 x 340 mm), di formato più ridotto per i testimoni pergamenacei (e.g. P. Oxy. L 3553 130 x 240 mm). Anche sul piano paleografico manca una certa omogeneità: i testimoni si dividono in codici di confezione libraria, allestiti con molta cura e raffinatezza calligrafica (P. Ryl. II 478 + P. Cair. JE 85644 + P. Mil. I 12, P. Vindob. L 102 f, P. Oxy. L 3553, P. Oxy. VIII 1099, P. Vindob. L 24, P. Ness. II 13, P. Vindob. L 62 e L 120 sup.) e codici pieni di trascuratezza nell’allestimento della pagina, caratterizzati da scritture non-librarie (P. Berol. 21138, P. Fouad 5 e PSI II 756). Ulteriore differenza emerge dalla veste colonnare

Si veda C.J. Kramer 1938; Casson - Hettich; M.C. Scappaticcio 2012 e 2013a; M. 69

Fressura 2013a.

M. Fressura 2009b e 2016a. 70

Si veda G. Galbiati 1927; E.A. Lowe 1922; J. Kramer 1996; M.C. Scappaticcio 2009. 71

E. Dickey 2015, 807-821. 72

R.E. Gabel 1970, 298-299. 73

(16)

dell’impaginazione: solo P. Berol. 21138, P. Fouad 5 e PSI II 756 sono dotati di quattro colonne di scrittura (L1-G1; L2-G2), mentre le altre edizioni ne contengono due. Queste differenze portano a ritenere che si tratti di «due modelli produttivi concorrenti» : uno privato, che tende all’informalità grafica e alla 74 funzionalità pratica; uno, prodotto delle officine scrittore, che presenta un discreto livello grafico . In ogni caso, è ipotizzato un contesto didattico-scolastico per 75 entrambi i modelli.

Nota obbligatoria è quella da fare riguardo la modalità di compilazione dei glossari virgiliani: essa è probabilmente la medesima. A partire, infatti, da una edizione monolingue dell’Eneide, il compilatore allestiva la colonna di testo latino, organizzandolo in lemmi composti da 2 - 3 parole. Dopo aver completato la colonna latina, procedeva con l’inserimento delle glosse greche a fianco, sempre secondo una struttura colonnare . Per l’elaborazione della traduzione, spesso il 76 compilatore poteva servirsi di glossari bilingui, selezionando, talvolta, non un solo termine bensì due (doppia glossa) . 77

Nel presente elaborato, verrà offerta, a seguito di una più specifica descrizione papirologica una analisi stilistica di due testimoni bilingui greco-latini di Virgilio, P. Berol. 21138 e PSI VII 756. Tale analisi vuole sottolineare le affinità e le particolarità dei singoli lavori di traduzione, dapprima studiati singolarmente, poi messi a confronto, col fine di individuarne e delinearne meglio la natura e la destinazione d’uso.

M. Fressura 2017, 12. 74

Sono più dettagliatamente analizzate le differenze tra le varie edizioni greco-latine di 75

Virgilio in M. Fressura 2017, 9-24 e M. Fressura 2013b, 71-116.

Per ciascun testimone si può supporre che la mano del compilatore del testo greco fosse 76

la stessa del testo latino, dal momento che le due scritture presentano tratti del tutto sovrapponibili. Si rimanda in particolare a M. Fressura 2017, 11.

Si rimanda a quanto affermato nel § 1. 3. 1. Glossari. 77

(17)

2. P. BEROL. 21138

2. 1. UNA DESCRIZIONE PAPIROLOGIA DI P. BEROL. 21138

Il P. Berol. 21138 (BKT IX 39, TM 62957) è composto da dieci frammenti di un 78 antico codice papiraceo, bilingue e digrafico. Esso è il frutto di un acquisto, compiuto dall’Ägyptisches Museum di Berlino, di materiali provenienti dal Fayyum . I suddetti frammenti, conservati in due cornici (A e B), sono di 79 grandezza varia, molto danneggiati ai margini e nelle superfici, anche a causa dell’azione di insetti carticoli. Essi costituiscono insieme la gran parte di un bifoglio. Il codice papiraceo è un esemplare dei cosiddetti “glossari virgiliani”, dal momento che presenta pagine contenenti due colonne latine (di testo virgiliano) affiancate dalle colonne greche (le rispettive traduzioni). Dunque, la pagina del glossario berlinese ha quattro colonne (L1-G1; L2-G2) . Le colonne latine hanno 80 un’ampiezza abbastanza regolare (30-35 mm), mentre quella delle colonne greche è soggetta ad una maggiore variazione (30-45 mm) . Interessante è il fatto che, 81 data l’ampiezza stabilita a priori delle colonne, spesso una glossa greca di eccessiva lunghezza è costretta a insinuarsi nell’interlinea della colonna latina a fianco. Lo stesso fenomeno dimostra che le colonne latine sono state scritte precedentemente rispetto a quelle greche . 82

Il papiro è datato alla seconda metà del IV sec. d.C. Per quanto riguarda la scrittura, si può affermare che quella latina è una corsiva nuova, come anche quella greca, che, però, è di base maiuscola. Sono presenti molte legature e viene spesso rotto lo schema bilineare. Entrambe le scritture sono state vergate dalla stessa mano, dato deducibile dalla notevole somiglianza dei tratti. Hanno persino

CLA Add. I 1813. 78

Niente di più preciso è possibile ricavare dai precedenti studi e dagli inventari. 79

Soltanto altri due “glossari virgiliani” latino-greci hanno la suddetta struttura 80

colonnare. In particolare P. Fouad. I 5 e, come andremo a vedere, PSI VII 756. Si rimanda a §1. 4. I glossari di Virgilio.

Per una descrizione più dettagliata della mise en page, si rimanda a H. Maehler 1979, 81

18-41, M. Fressura 2017, 27-31 e M.C. Scappaticcio 2013b, 49-52. M. Fressura 2017, 28 e M.C. Scappaticcio 2013b, 50.

(18)

tratto identico a/α, e/ε, h/η, i/ι, o/ο, p/ρ, u/υ . Non ci sono abbreviazioni se non in 83 rari casi; invece -que è sempre reso solo con -q. Si nota l’assenza di accenti e altri segni (nemmeno lo iota muto viene trascritto) . Inoltre, non sono numerosi gli 84 errori grafici dettati dalla pronuncia tarda e l’utilizzo del ν efelcistico non è indiscriminato (tende, infatti, ad evitare lo iato). Le correzioni sono effettuate dalla stessa mano e spesso, probabilmente, in scribendo.

Le lettere greche sembrano essere più ricche di inchiostro e il calamo, quindi, risulterebbe essere stato intinto più spesso durante la scrittura delle glosse rispetto a quella dei lemmi. Questa nota ha portato Maehler a ipotizzare che lo scriba e il compilatore fossero la stessa persona . Alla stessa conclusione, ma mosso da 85 diverse considerazioni, giunge Fressura, sulla base dell’ekthesis impropria di

sicaniae r. 277 (Aen. I 557) . 86

In definitiva, il testo riportato dal codice doveva essere completo e continuo. E, probabilmente, esso doveva essere contenuto da tre fascicoli di quaternioni e da un quarto quinione, come emerge dai calcoli di Maehler e Fressura . I frammenti 87 di P. Berol. 21138, in particolare, attestano: Verg. Aen. I 211-215, 217-220, 222-225, 227-232, 234-236, 238-242, 244-248, 250-252, 276-281, 283-285, 289-291, 292-297, 398-400, 411-412, 419-422, 528, 556-558, 617-628, 729-731, 747-749, 755-756; II 50-53, 60-62, 71-71, 84-86, 107-108.


M. Fressura 2017, 29. 83

Fressura, a rr. 160-161 (Aen. I 277-278), nota un segno di paragraphos di cui non è del 84

tutto sicuro (M. Fressura 2017, 29).

H. Maehler 1979, 20-21: «In den griechschen Kolumnen ist die Feder durchweg 85

häufiger neu eingetaucht worden, d.h. sie wurden langsamer oder mit größeren Pausen geschrieben, obwohl doch dem Schreiber das Griechische wahrscheinlich vertrauter war. Das läßt sich nur so erklären, daß er beim Schreiben dieser Kolumne immer wieder lateinische Wörter in einem Lexikon nachsehen mußte».

Per approfondire, si rimanda a M. Fressura 2017, 30. 86

Si veda M. Fressura 2017, 30 e H. Maehler 1979, 21. 87

(19)

2. 2. UNA ANALISI LEMMA PER LEMMA DI P. BEROL. 21138

Il papiro berlinese 21138 è stato edito per la prima volta nel 1975 da Herwig Maehler . La suddetta edizione fu immediatamente riveduta e migliorata nel 88 1979 dallo stesso studioso durante il quindicesimo congresso internazionale di papirologia, tenutosi a Bruxelles . Tuttavia, per la stesura del mio elaborato, 89 l’edizione di riferimento è quella offerta da M. Fressura nel 2017, spesso, affiancata dal contributo di M.C. Scappaticcio del 2013 . 90

Aen. I 211-215:

-

211. 1: nudant, γύµνουσι: sul piano morfologico, come sul piano etimologico e semantico, i due verbi si corrispondono a pieno (CGL II 265, 39; II 74, 34, ed anche Ernout - Meillet, 449).

-

212. 1: pars, µέρος: anche in questo caso la corrispondenza semantica è netta (Ernout - Meillet, 485). Essa è anche largamente testimoniata in CGL II 142, 20; 367, 61; 499, 29, etc. L’assenza dell’articolo determinativo, nella resa greca, non sorprende, ma è coerente con il senso della frase.

-

212. 2: in frustra, εἰς κόπαια: a livello di significato e di struttura si corrispondono perfettamente (CGL II 73, 52 e II 353, 18). Infatti in questo caso

frustra non è l’avverbio, ma il plurale di una forma particolare del sostantivo frustum (si tratta inoltre di una variante rispetto alla vulgata virgiliana che

attesta frusta). È poco probabile, comunque, che tale espressione fosse usuale nella lingua greca dal momento che τὸ κόπαιον è attestato solo due volte in tutta la letteratura greca (Alciphr. 3.7: ὁ δὲ κόπαιον εὐµέγεθες παρώθει ταῖς γνάθοις; Callistr. ap. Suid. s.v. σελάχιον: Σελάχιον: ἰχθύδιον, ὃ µόνον ζῳοτοκεῖ, πρῶτον ᾠοτοκῆσαν ἐν αὑτῷ, πλὴν βατράχου. εἴρηται δὲ ἀπὸ τοῦ ἔσω

H. Maehler, Vergilius latino-graeco, in T. Brandis, G. Achten, F. Anzelewsky, P.J. 88

Becker (Hrsg.), Zimelien. Abendländische Handschriften das Mittelalters aus den

Sammlungen der Stiftung Preussischer Kulturbesitz Berlin. Ausstellung 13. Dezember 1975 - 1. Februar 1976, Wiesbaden 1975, 13, testo che, purtroppo, non ho avuto la

possibilità di visionare. H. Maehler 1979, 18-41. 89

M.C. Scappaticcio 2013b. 90

(20)

λεχώζειν. Καλλίστρατος δὲ τὸ τοῦ ἰχθύος κόπαιον). L’assenza dell’articolo è coerente con il contesto.

-

212. 3: secant, τέµνουσι: si corrispondono completamente (CGL II 453, 16), sia sul piano semantico, sia su quello stilistico. Si può parlare di una sorta di grado zero della traduzione.

-

212. 4: veribusque, καὶ τοῖς ὀβελίσκοις : è interessante notare come la lingua 91 greca possieda una congiunzione enclitica esattamente equivalente al -que latino, ovvero τε, ma qui il traduttore sceglie la parola tonica. Forse ciò esprime una esigenza pratica di maggior chiarezza. I sostantivi, veru e ὀβελίσκος, si corrispondo molto bene (CGL II 378, 48 e II 528, 26) anche se possiamo notare, nella traduzione greca, una sorta di “ritocco”, nel senso che la traduzione pedissequa del termine latino sarebbe stata ὀβελός. L’utilizzo dell’articolo, nella glossa, risulta superfluo. Forse esso è presente per evidenziare la funzione sintattica del sostantivo e/o per conferire concretezza all’immagine.

-

212. 5: trementia, τὰ τρέµοντα: anche qui la corrispondenza è di 1:1, piena e senza ritocchi (CGL II 201, 13). La costruzione grammaticale della frase corrisponde: essi sono participi presenti attivi, concordati, rispettivamente, con

frustra e κόπαια (come l’articolo determinativo greco bene esplicita).

-

212. 6: figunt, ἐνπήσσουσι: questa corrispondenza è chiara e si basa sul fortissimo legame che intercorre tra figo e πήσσυµι (CGL II, 407, 37). Però, in questo caso, la traduzione greca aggiunge una sfumatura di concretezza del gesto tramite il preverbo ἐν-, corrispondente al latino in- . 92

-

213. 1: litore, τῷ αἰγιαλῷ: la corrispondenza è epica, il termine αἰγιαλός è usato da Omero per indicare la spiaggia in Il. 4, 422, Od. 22, 385, etc. Tale corrispondenza è comunque attestata da CGL II 124, 4; 220, 5; 502, 13; 544, 9; III 20, 15; 296, 72; 354, 35; 67; 396, 9; 409, 73; 454, 72; 509, 46. L’articolo conferisce maggiore concretezza alla scena.

Per Scappaticcio (2013b) il papiro attesterebbe 212. 4: veribusque, καὶ τοῖς ὀβελίσκοις 91

κ(αί) e, quindi, la glossa presenterebbe l’iterazione della congiunzione καί.

Si rimanda al lemma 495. 1 di PSI VII 756, nel §3. 2. Una analisi lemma per lemma di 92

(21)

-

213. 2: aëna, τά χαλκία: la corrispondenza semantica è chiara, anche se tramite la testimonianza di CGL III 498, 75 e II 12, 2 si può capire come la traduzione ordinaria del termine latino sarebbe stata λέβης. È probabile che in tal caso il traduttore abbia prediletto il termine τὸ χαλκίον (che rievoca oltre al significato più concreto e pregnante di “caldaia, vaso di rame”, anche quello di ὁ χαλκός, οῦ, “rame”), per mantenere lo stesso legame etimologico che il sostantivo latino ha con la parola che indica aes, aeris. L’utilizzo dell’articolo determinativo conferisce maggiore concretezza alla scena.

-

213. 3: locant, ἑδράζουσι: corrispondenza chiara senza coloriture particolari (CGL II 330, 60; III 238, 33).

-

213. 4: alii, ἄλλοι: corrispondenza perfetta. L’assenza dell’articolo manifesta una buona sensibilità del traduttore, dal momento che οἱ ἄλλοι, come significato, è più affine a ceteri.

-

213. 5: flammasque, τὰς φλόγας: continua la corrispondenza perfetta, ma viene omessa la congiunzione. L’utilizzo dell’articolo è corretto: sembra quasi avere un intento chiarificatorio.

-

213. 6: ministrant, ὑπηρέτουσι: anche qui la corrispondenza è perfetta (CGL II 465, 19; III 80, 3; 161, 17; 411, 33).

-

214. 1: tum, τότε: chiara e perfetta corrispondenza (CGL II 457, 41; 203, 11).

-

214. 2: victu, τῇ τροφῇ: corrispondenza chiara e testimoniata da CGL II 208, 14; 489, 60; 514, 25, etc. L’articolo determinativo conferisce maggior concretezza al sostantivo e ne sottolinea la funzione sintattica.

-

214. 3: revocant, ἀνακαλοῦνται: la corrispondenza semantica sembra chiara, così come quella etimologica: i verbi radicali non si corrispondono a pieno ma ricoprono un’aerea semantica molto vicina . Il preverbo ha assolutamente lo 93 stesso valore. Può essere usata come testimonianza di ciò la glossa CGL II 63, 29: euocatis ~ ἀνακληθέντον (l. ἀνακληθέντων), in cui la parte latina del lemma sarebbe un errore per revocatis.

-

214. 4: vires, τὰς δυνάµεις: connubio ben riuscito, CGL II 281, 26, etc. Vis al singolare avrebbe il suo corrispettivo in βία, ma al plurale indica qualcosa di

Si rimanda ad OLD e LSJ ad loc. La differenza di diatesi è dovuta al valore medio 93

(22)

più concreto, proprio come αἱ δυνάµεις. Tale concretezza è enfatizzata dall’uso dell’articolo. Va anche sottolineato il fatto che l’espressione δύναµιν/ δυνάµεις ἀνακαλεῖν, sebbene non sia propria del greco classico, è comune nel greco ellenistico.

-

214. 5: fusique, καὶ κεχυµένοι : i termini, entrambi participi passivi di tempo 94 perfetto, rispettivamente dal verbo fundo e dal verbo χέω, si corrispondono a pieno, non solo in base a CGL ma anche in base all’etimologia (Ernout - Meillet, 260).

-

214. 6: per herbam, ἀνὰ τὴν βοτάνην: La corrispondenza tra herba e βοτάνη è evidentemente attestata dai glossari (CGL II 258, 54; III 73, 71; 200, 5; 265, 27; 357, 21, etc.), invece per + acc. è più facilmente tradotto con διά. Tuttavia, la suddetta espressione non trova attestazioni in tutta la letteratura greca. In questo caso l’uso dell’articolo, nella traduzione greca, è un po’ pleonastico.

-

215. 1: Inpletur, ἐνπλήσσονται : è un binomio che crea qualche problema dal 95 momento che il significato del verbo greco è “colpire, cadere su” e non coincide con quello del verbo latino. Potrebbe perciò trattarsi di un errore per ἐνπλήθονται, dovuto alla pronuncia aspirata di θ . Pur ammettendo che sul 96 piano semantico la corrispondenza è buona, la scelta compiuta dal compilatore risulta singolare dal momento che ἐµπλήθοµαι è attestato solo in Q.S. 2.472, nella forma ἐνιπλήθονται.

-

215. 2: veteris, παλαιοῦ: corrispondenza buona, CGL II 392, 32; III 184, 42; 255, 33, etc.

-

215. 3: Bacchi, οἴνου Βάκχου: la corrispondenza è evidente, anche se non attestata sul piano glossografico . Però, nel caso della traduzione greca, la 97

metonimia è sciolta, per raggiungere una maggior chiarezza, forse a fine

didattico: Bacco per vino.

Per quanto riguarda la scelta della congiunzione si rimanda al lemma 212. 4. 94

Si noti la mancanza di assimilazione tra preverbo e base verbale in entrambe le forme. 95

Si ricorda, inoltre, che la vulgata virgiliana presenta impletur. LSJ: to be filled.

96

Per la corrispondenza tra i nomi propri degli dei si rimanda a Pape - Benseler, I 194. 97

(23)

-

215. 4: pinguisque, καί: nuovamente il -que viene “sciolto” e non tradotto con la congiunzione enclitica τε . 98

Aen. I 218-220:

-

218. 1: spemque, ἐλπίδος: equivalenza perfetta tra lemma e glossa (CGL II 187, 1; II 295, 41, 508, 37, etc.) anche se cambia il caso (forse il verbo greco, che a noi non compare, ha una reggenza diversa rispetto a quello latino). L’assenza dell’articolo, nella glossa, non fa difficoltà, dal momento che esso è un concetto astratto.

-

218. 2: metum, φόβου: la corrispondenza tra i vocaboli è chiara, CGL II, 129, 25, 479, 34, ma, anche qui, viene cambiato il caso del sostantivo. L’assenza dell’articolo, nella glossa, non fa difficoltà, dal momento che esso è un concetto astratto.

-

219. 1: seu, sive, ἤτοι: corrispettivo attestato in CGL II 325, 65.

-

219. 2: pati, πάσχειν: traduzione chiara e perfetta, i verbi si corrispondono sia sul piano etimologico sia su quello semantico (Ernout - Meillet, 488). Sul piano morfologico si ha una discrepanza nella diatesi, dal momento che patior è un verbo deponente.

Aen. I 222-225:

-

222. 1: Cloanthum, Κλοάνθον: ci troviamo di fronte ad un nome proprio, che viene direttamente traslitterato nella lingua greca, senza modificazioni.

-

223. 1: Et iam, καὶ δὴ τέλος ἦν: la corrispondenza è attestata in CGL II 63, 4, ma possiamo notare la reiterazione, nella traduzione greca, del nesso τέλος ἦν, che è presente, correttamente, nel lemma successivo.

-

223. 2: Finis erat, τέλος ἦν: chiaro il parallelo e attestato in CGL II 72, 14; 542, 32; 515, 23; 545, 41; III 407, 13; 469, 12, etc. L’assenza dell’articolo, nella traduzione greca, non crea difficoltà, ma, anzi, è del tutto coerente con il contesto.

Si rimanda infatti al lemma 212. 4. 98

(24)

-

223. 3: Cum Iuppiter, ὅτε ὁ Ζεύς: la traduzione è corretta e coerente è, anche, l’uso dell’articolo . Cum ~ ὅτε è attestato in CGL II 118, 55. 99

-

223. 4: aethere summo, ὑψηλῷ αἰθέρει: la corrispondenza tra gli aggettivi è attestata in CGL II 469, 33, anche se l’aggettivo latino, a livello morfologico, è al grado superlativo, mentre quello greco è al grado positivo. Aether ~ αἰθήρ è attestato in CGL II 220, 23 e III 293, 67. Si noti, comunque, l’errore di declinazione del sostantivo αἰθήρ, che, essendo un sostantivo della III declinazione con il tema in liquida, nel caso dativo presenterebbe l’uscita in -ι, mentre essa è in -ει. È possibile che l’errore sia di scrittura, dal momento che i parlanti greco nel periodo ellenistico pronunciavano il dittongo ει come ι (pronuncia itacistica). Infine, è necessario ricordare che il vocabolo latino è un prestito dal greco (Ernout - Meillet, 13). L’assenza dell’articolo determinativo, nella traduzione greca, è coerente con la natura del sostantivo “monosemantica” . 100

-

224. 1: despiciens, καθορῶν: la corrispondenza tra i suddetti verbi si trova in

GCL II 46, 42, nel senso specifico di guardare dall’alto (si noti la differenza

rispetto alla vulgata, in cui troviamo dispiciens).

-

224. 2: mare, τὴν θάλασσαν: la corrispondenza tra le due parole è molto comune nelle traduzioni (come si può vedere da CGL II 127, 16; 326, 13; 606, 44; 531, 11; 547, 65; 566, 25; III 29, 10; 146, 18; 168, 65; 204, 61, etc.). Anche l’utilizzo dell’articolo è coerente con il contesto.

-

224. 3: velivolum, τὴν ἀρµενοπετῆ: la corrispondenza tra gli aggettivi è attestata in CGL II 245, 7 (si noti l’errore presente nel glossario ma corretto da Martini: ἀρµενοποτές, in luogo del corretto ἀρµενοπετές). In questo lemma crea difficoltà il fatto che l’aggettivo greco non sia attestato nei testi della letteratura greca, sebbene sia presente il concetto del “volo” nella parte finale della parola (πετ-, πέτοµαι, volare), e quello di “nave”, di “barca a vela” (LSJ: τά ἄρµενα, tackle of a ship, sails) nella parte iniziale. Stesse caratteriste mostra anche ἱστιοπετής, attestato in CGL II 332, 31, come glossa di velivolus.

Si veda, a sostegno di tale affermazione, Pape - Benseler, I 441. 99

Si rimanda a L. Heilmann, Grammatica storica della lingua greca, Torino 1963, 302. 100

(25)

L’articolo è usato correttamente, per sottolineare la funzione attributiva dell’aggettivo rispetto al sostantivo (τὴν θάλασσαν).

-

224. 4: terrasque, καὶ τὰς γάς: la corrispondenza tra i sostantivi è chiara, senza alcuna nota stilistica. Interessante è, nuovamente, notare come nella traduzione greca si preferisca utilizzare la congiunzione coordinante καί rispetto a quella enclitica τε, del tutto corrispondente al -que latino . La presenza dell’articolo 101 è coerente con il contesto.

-

224. 5: iacentis, βεβληµένας: si noti in questo lemma la semplificazione attuata dalla traduzione greca nel rendere una forma arcaica (iacentis, per iacentes) con una del tutto comprensibile e comune (infatti la terminazione -µένας è ionico-attica). Inoltre va notata la forma grammaticale del participio latino, che è un presente attivo, mentre in greco abbiamo un participio perfetto medio. La corrispondenza tra iaceo ~ βάλλω potrebbe risultare dapprima difficile. Ma se pensiamo al significato letterale di βεβληµένας, “che sono state gettate” (LSJ A II b), e di iacentis, “che giacciono”, tale difficoltà si affievolisce. Inoltre, proprio in questa direzione va la testimonianza di CGL II 257, 2, che traduce il verbo greco βέβληµαι con iaceo.

-

225. 1: litoraque, καὶ τοὺς αἰγιαλοῦς: la corrispondenza è molto attestata e si noti, nuovamente, l’utilizzo della congiunzione coordinante copulativa tonica καί al posto dell’enclitica τε, esatto corrispondente del -que, presente nel testo virgiliano . Anche qui l’utilizzo dell’articolo è coerente. 102

-

225. 2: Et latos, καὶ πλατεῖς: latus ~ πλατύς è attestato in CGL II 409, 5; III 470, 34. Dunque abbiamo una corrispondenza chiara e priva di marche stilistiche.

-

225. 3: populos, δήµους: anche qui la corrispondenza è chiara e attestata da

CGL II 153, 43; 269, 38; III 305, 44; 515, 3. Si noti in questo caso l’assenza

dell’articolo, che invece accompagna ogni altro complemento oggetto qui retto da despiciens.

-

225. 4: sic, οὕτως: chiara corrispondenza attestata da CGL II 183, 26; 390, 34.

Si rimanda al lemma 212. 4. 101

Per l’associazione dei sostantivi si rimanda a 213. 1, mentre per l’uso della 102

(26)

-

225. 5: vertice, τῇ κορυφῇ: anche qui la corrispondenza è attestata da CGL II 490, 22; 514, 15; 539, 56; 552, 12; etc. Nuovamente, l’uso dell’articolo è pertinente.

Aen. I 227-232:

-

227. 1: pectore, τῷ στήθει: tale corrispondenza è chiara e testimoniata da CGL II 144, 6; 437, 49; III 12, 49; 86, 1; etc. Anche l’utilizzo dell’articolo è coerente: tende a specificare il fatto che si tratti del cuore di Giove/Zeus.

-

227. 2: curas, φροντίδας: è sempre una corrispondenza chiara e diretta, testimoniata da CGL II 473, 19 e III 468, 44. Si noti l’assenza dell’articolo determinativo, forse dovuta alla lacuna che determina la perdita del lemma talis (aggettivo riferito a curas).

-

228. 1: tristior, στυγνότερα: attestata in CGL II 439, 24; III 79, 21. La corrispondenza rispetta anche la morfologia: entrambi sono aggettivi al grado comparativo.

-

228. 2: et lacrimis, καὶ δακρυ-: non è chiara la terminazione della glossa (anche se prevedibilmente la lacuna nasconde un dativo plurale). I due termini si corrispondono a pieno (CGL II 497, 8; 523, 8; 545, 50; III 560, 16 e C. Gloss.

Biling. I 3, 10; 16, 166) ed essi presentano la stessa radice indo-europea

(Ernout - Meillet, 336). L’assenza dell’articolo, nella traduzione greca, non crea problemi.

-

228. 3: oculos, τοὺς ὀφθαλµοῦς: corrispondenza attestata in CGL II 390, 51; III 350, 31; 458, 28 e C. Gloss. Biling. I 14, 19. Equivalente è anche la funzione sintattica del sintagma: entrambi sono accusativi di relazione. L’utilizzo dell’articolo nella traduzione greca è corretto. Esso tende ad esplicitare il fatto che si tratti, proprio, degli occhi di Venere/Afrodite.

-

228. 4: suffusa, ὑποκεχυµένη: corrispondenza molto buona tra i due participi perfetti. Essi non solo presentano la stessa forma verbale, ma hanno anche la stessa radice indo-europea (Ernout - Meillet, 360) e i preverbi sub- e ὑπο- corrispondono completamente . 103

Si rimanda, per approfondire, al lemma 214. 5. 103

(27)

-

228. 5: nitentis, τοὺς λαµπρόντας: ancora qui notiamo la semplificazione di una forma arcaica latino in una più comprensibile greca (nitentis, sta per nitentes). L’utilizzo di λάµπω come traduzione di niteo è testimoniata da CGL II 358, 37. Corretto è l’uso dell’articolo nella traduzione greca, che tende ad esplicitare il legame sintattico tra il presente participio, con valore attributivo, e il sostantivo, τοὺς ὀφθαλµοῦς.

-

229. 1: alloquitur, προσλαλεῖ: tale corrispondenza è presente in CGL II 10, 48.

-

229. 2: Venus, ἡ Ἀφροδίτη: molto testimoniata, in particolare in CGL II 206, 11; 253, 54; III 8, 63; 72, 31; etc. Si veda anche Pape - Benseler, I 182. La presenza dell’articolo determinativo è coerente con l’esigenze della lingua greca.

-

229. 3: o qui res, ὦ ὅστις τὰ πράγµατα: o ~ ὦ corrispondenza evidente. Qui ~ ὅστις testimoniata da CGL II, 167, 1. Τὰ πράγµατα, buona traduzione di res, latino (CGL II 414, 60; 499, 24; 508, 29; 524, 20), con corretto utilizzo dell’articolo.

-

229. 4: hominunque, ⟦καὶ⟧ τῶν ἀνθρώπων τε: interessante in questo caso l’utilizzo della congiunzione enclitica τε proprio in corrispondenza del -que latino (cosa che nel resto dei casi è evitata, e viene preferito il καί, segno di coordinazione più chiaro ed esplicito) . La corrispondenza tra i sostantivi è 104 sostenuta da CGL II 69, 9; 227, 38; III 11, 30; 84, 67 174, 20; etc. e da C.

Gloss. Biling. I 1, 119; 2, 94; 16, 51; 2, 94;16, 39; II 10, 12; 10, 15. Inoltre,

anche su base semantica, è del tutto esatta dal momento che entrambe le parole individuano il concetto di “uomo” in quanto “essere umano” (LSJ A: both as a generic term and of individuals opp. gods; OLD 1: a human being (of either sex)). Sullo stesso piano va letta la scelta di usare l’articolo determinativo: ovvero, per marcare il fatto che Virgilio indicasse tutti gli appartenenti al genere umano.

-

229. 5: deumque, καὶ τῶν θεῶν: notiamo la preferenza nella traduzione greca per la congiunzione coordinante καί, rispetto al τε (forse, appunto, per motivi di chiarezza) . I sostantivi si corrispondono a pieno, sia secondo le attestazioni 105 Si rimanda, per la scelta della congiunzione, al lemma 212. 4.

104

Si rimanda, per la scelta della congiunzione, al lemma 212. 4. 105

(28)

in CGL II 48, 13; 327, 35; 535, 9; III 4, 66; 144, 63; 278, 15; etc., sia perché presentano la stessa radice indo-europea (Ernout - Meillet, 170). L’uso dell’articolo determinativo è corretto, dal momento che si vuole fare riferimento a tutta la categoria degli dei.

-

230. 1: aeternis, αἰωνίαις: corrispondenza testimoniata da CGL II 221, 41; III 242, 28; 290, 25; 423, 49. Corretta è, secondo il contesto, l’omissione dell’articolo, nonostante la presenza di esso sarebbe stata utile per marcare il legame sintattico tra il suddetto aggettivo e il sostantivo (separato per iperbato) a cui è riferito.

-

230. 2: regis, εἰθύνεις: traduzione corretta sulla base di CGL II 285, 29.

-

230. 3: imperiis, ἐπιταγαῖς: corrispondenza testimoniata da CGL III 137, 43. Tale espressione, però, non è usata comunemente nel greco classico, ma piuttosto in quello tardo.

-

230. 4: et fulmine, καὶ κεραυνῷ: traduzione comune e corretta (CGL II 74, 14; 348, 8; 501, 57; 526, 26; 543, 46; III 9, 64; etc.). Come per ἐπιταγαῖς, l’assenza dell’articolo determinativo non crea difficoltà nemmeno in questa glossa.

-

230. 5: terres, πτοεῖς: corrispondenza attestata in CGL II 425, 45.

-

231. 1: quid meus, τι ὁ ἐµός: quid ~ τι (testimoniata da CGL II 167, 8; 455, 22; III 160, 22; 343, 28, etc) è una traduzione che rispetta anche l’etimologia, in quanto i pronomi presentano la stessa radice indo-europea (Ernout - Meillet, 559). Lo stesso si può dire di meus ~ ἐµός (CGL II 296, 13; III 140, 32; 341, 19 e Ernout - Meillet, 391). Anche l’utilizzo dell’articolo determinativo è pertinente ed enfatizza lo speciale legame che lega Venere ad Enea.

-

231. 2: Aeneas, Aἰνίας : traduzione scorretta del nome dell’eroe, forse dovuta 106 alla pronuncia del greco ellenistico. Infatti ci si aspetterebbe il corretto Αἰνείας, oppure Αἰνέας.

-

231. 3: In te, εἰς σέ: traduzione letterale, senza alcuna nota stilistica.

-

231. 4: committere, ἀµαρτῆσαι: la scelta di tale verbo è particolare perché è attestato come traduzione di committo solo in CGL II 106, 15 e 105, 3 e perché rispetto alla versione latina ne specifica il senso, anche con la stessa

La presente scrittura del termine greco è probabilmente causata dalla pronuncia 106

(29)

morfologia, ovvero l’infinito aoristo (mentre, secondo la vulgata latina, ci aspetteremmo un infinito presente).

-

231. 5: tantum, τοσοῦτον: giusta traduzione (CGL II 457, 36 e C. Gloss. Biling. I 2, 60; 61).

-

232. 1: quid Troes, τι οἱ Τρῶες: quid ~ τι, corrispondenza chiara e precedentemente analizzata . Anche i sostantivi sono in perfetta 107 corrispondenza (Pape - Benseler, II 1561) e l’articolo determinativo è usato in modo coerente.

-

232. 2: potuere, ἐδυνήθησαν: buona traduzione (CGL ΙΙ 281, 28; ΙΙΙ 7, 45; 460, 43 e C. Gloss. Biling. I 16, 135; 138), che però presenta da una parte il tempo perfetto, mentre dall’altra il tempo aoristo (passivo, in quanto δύναµαι è un verbo medio-passivo).

Aen. I 234-236:

-

234. 1: Romanos, τοὺς Ῥωµαίους: traduzione lineare, senza notazioni stilistiche (Pape - Benseler, II 1318). La corrispondenza tra le parole, oltre ad essere evidente, è testimoniata da CGL III 343, 16; 462, 53, etc. Anche l’uso dell’articolo determinativo è corretto.

-

234. 2: olim, ποτε: traduzione chiara, anche se olim ~ πάλαι è maggiormente presente in CGL (II 392, 29; III 471, 37).

-

234. 3: volventibus, κυλιοµένων: la corrispondenza tra i due verbi è testimoniata da CGL II 211, 26; 356, 39. Si noti il fatto che nella traduzione greca si preferisce la diatesi media. Ovviamente il caso ablativo del latino è sostituito dal genitivo.

-

235. 1: fore, ἔσεσθαι: corrispondenza chiara e corretta, senza particolarismi stilistici.

-

235. 2: ductores, καθηγεµόνας: tale associazione non è attestata da CGL (che testimonia, invece, II 379, 9: ductor ~ ὀδηγός). Il sostantivo greco ha comunque un significato congruo ed adatto (LSJ A: leader, guide). L’assenza dell’articolo determinativo, nella traduzione greca, è coerente con la funzione che il sostantivo ricopre nella frase.

Si rimanda per l’uso del pronome interrogativo al lemma 231. 1. 107

(30)

-

235. 3: a sanguine, ἀπὸ αἵµατος: la traduzione risulta corretta e letterale.

Sanguis ~ αἷµα è molto attestato (in CGL II 178, 27; 220, 33; 491, 70; 516, 19;

etc.). L’assenza dell’articolo non crea problemi.

-

235. 4: Teucri, τοῦ Τεύκρου: corrispondenza chiara ed evidente (Pape - Benseler, II 1512). L’uso dell’articolo non è necessariamente richiesto dalla lingua greca nel contesto presente, ma evidenzia la funzione sintattica della parola.

-

236. 1: qui, οἵτινες: chiara traduzione del pronome relativo, come si può vedere da quanto detto precedentemente per il lemma 229. 3.

-

236. 2: mare, τὴν θάλασσαν: corrispondenza chiara, senza notazioni stilistiche, come già affermato . Anche l’uso dell’articolo è coerente, sebbene non sia 108 estremamente necessario.

Aen. I 238-242:

-

239. 1: fata, µοίρας: la traduzione è chiara e testimoniata da CGL II 372, 37; 503, 51; 530, 8; 547, 29 e C. Gloss. Biling. I 16, 40. Stupisce l’assenza dell’articolo determinativo, che, in questo contesto, sarebbe previsto.

-

240. 1: nunc eadem, νῦν ἡ αὐτὴ: anche qui, la traduzione è chiara, sia su base grammaticale, sia su base etimologica. Corretto è anche l’uso dell’articolo.

-

240. 2: fortuna, τύχη: di nuovo abbiamo una traduzione corretta, attestata anche in CGL III 8, 65; 83, 23; 168, 47; 237, 8: 348, 46; etc.

-

240. 3: viros, τοὺς ἄνδρας: corrispondenza perfetta, supportata da CGL II 209, 23; II 227, 11; 508, 47; III 182, 5; etc. e C. Gloss. Biling. II 10, 4; 6. L’utilizzo dell’articolo determinativo è coerente con la prassi della lingua greca e con il contesto.

-

240. 4: tot, ἐν τοσαύταις: interessante qui è notare come l’ablativo di causa efficiente del latino sia reso, in greco, col complemento di stato in luogo figurato ἐν + dativo. Tot ~ τοσοῦτος è testimoniato da CGL II 457, 34-37.

-

240. 5: casibus, δυστυχείαις: traduzione corretta sulla base di CGL II 101, 31. Si noti, anche, l’assenza dell’articolo.

Si rimanda, appunto, al lemma 224. 2. 108

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