DIPARTIMENTO DI FARMACIA
Corso di Laurea Magistrale in FarmaciaTESI DI LAUREA
L’aderenza terapeutica nel paziente diabetico di tipo II analizzata attraverso i risultati del progetto di Pharmaceutical Care “Gestiamo insieme il diabete!”, realizzato dal Dipartimento di Farmacia in collaborazione con l’Ordine dei
Farmacisti di Massa Carrara
Relatori: Candidata:
Prof.ssa Alma Martelli Sara Di Terlizzi Prof. Vincenzo Calderone
INDICE Capitolo 1
1.1.L’aderenza terapeutica: definizione e criticità………pag.1 1.2. La Pharmaceutical Care come metodo per migliorare la cura e
l’aderenza del paziente………pag.5
Capitolo 2
2.1. Il ruolo sociale del farmacista nella Pharmaceutical Care: l’intervento per aumentare l’aderenza alle terapie………pag.9 2.2 Il farmacista e la Pharmaceutical Care: la percezione del paziente…...pag.13
Capitolo 3
3.1. Conoscenze e competenze necessarie per la rivalutazione
professionale del farmacista………...pag.18 3.2. Quali ostacoli deve superare il farmacista per fornire un servizio di Pharmaceutical Care efficace?...pag.21
Capitolo 4
4.1 L’impatto economico della Pharmaceutical Care……….pag.23
Capitolo 5
5.1 Gestione dell’aderenza ed epidemiologia del diabete: stato
dell’arte………pag.25 5.2 Determinanti sociali e culturali come possibili indicatori di una
mancata aderenza alla terapia diabetica………..pag.28 5.3 Interventi attuabili dal farmacista nella prevenzione del
diabete………...pag.29 5.4 Impatto economico della mancata aderenza alla terapia
5.5 Prevalenza ed incidenza della malattia diabetica in aumento: rilevanza della modifica dello stile di vita………..pag.34
Capitolo 6
6.1 Che cos’è MUR……….pag.37 6.2 Italia e Progetto Re-I-Mur: l’attuazione del modello di derivazione anglosassone per i pazienti asmatici italiani………....pag.40
Capitolo 7
7.1 Scopo della ricerca………pag.45
Capitolo 8
8.1 Materiali e metodi……….pag.46
Capitolo 9
9.1 Risultati e discussione………...pag.51 Risultati sul totale dei partecipanti………..pag.51 Risultati in base al genere………pag.59 Risultati in base all’età………....pag.68 Risultati in base al BMI………...pag.77 Risultati in base al grado di istruzione………pag.93 Risultati in base al lavoro………...pag.112
Capitolo 10
10.1 Conclusioni………pag.128
Bibliografia………...pag.130 Sitografia………..pag.151
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CAPITOLO 1
1.1 L’aderenza terapeutica: definizione e criticità
Quando scelti e utilizzati in modo appropriato i farmaci possono migliorare la qualità della vita e gli esiti sanitari. Tuttavia, l'uso inappropriato dei farmaci può portare a una farmacoterapia inefficace e può causare reazioni avverse e danni al paziente. La mortalità e la morbilità legate a problemi correlati all’uso dei farmaci sono una delle principali preoccupazioni per la salute pubblica (Ernst F.R. et al., 2001). Gli errori terapeutici che mettono in pericolo la sicurezza dei pazienti sono una delle principali cause di lesioni e danni evitabili nei sistemi sanitari in tutto il mondo (WHO, 2017).
L’aderenza terapeutica è un fenomeno complesso e multidimensionale. Complessa è stata anche la strada che ha portato alla definizione odierna.
Già Ippocrate molti secoli fa era a conoscenza del fatto che i pazienti spesso fingessero di aver preso il loro farmaco (Sackett D.L., 1979) e di come ciò potesse portare a un fallimento della terapia nonché ad una possibile morte, e scriveva nel Decorum: “Tieni d'occhio i difetti dei pazienti, che spesso li fanno mentire sul prendere le cose prescritte. Perché non prendendo bevande spiacevoli, purganti o altro, a volte muoiono”.
Per una prima definizione moderna dobbiamo rifarci all’Oms che nel giugno 2001 ha definito l’aderenza come “la misura in cui il paziente segue le istruzioni mediche” (WHO, 2001) ma questo è stato solo un punto di partenza. Il termine “istruzioni” infatti implicava che il paziente fosse un destinatario passivo e accondiscendente della consulenza di un esperto piuttosto che un collaboratore attivo nel processo di trattamento (WHO, 2003). La collaborazione tra paziente e sanitario risulta invece essere centrale nel processo di miglioramento dell’aderenza terapeutica. Nel 2003 l’OMS (organizzazione mondiale della sanità) infatti definisce l’aderenza alla terapia a lungo termine rifacendosi alle definizioni di Haynes (Haynes R.B., 1979) e Rand (Rand C.S., 1993) come: “la misura in cui il comportamento di una persona nell'assunzione di farmaci, nel seguire una dieta, e/o nell’ attuare cambiamenti dello stile di vita, corrisponde alle raccomandazioni
2 concordate da un fornitore di assistenza sanitaria”. Si parla quindi di raccomandazioni concordate e non più di istruzioni.
Nella definizione di aderenza è molto importante comprendere che questo termine si differenzia dal termine conformità (compliance). “Compliance” è una parola con connotazioni negative, che suggerisce sottomissione: infatti i pazienti conformi "si sottomettono" alle prescrizioni di medici per prendere le loro medicine o seguire un loro consiglio (Anonymous, 1997). Il termine aderenza invece riduce l'attribuzione di maggiore potere del medico nella relazione medico – paziente (Sackett D.L. et al., 1975).
Anche se spesso i termini aderenza e conformità sono usati in modo intercambiabile le loro connotazioni sono in qualche modo diverse: l'aderenza presuppone l'accordo del paziente con le raccomandazioni, mentre la conformità implica la passività del paziente. Come descritto da Steiner e Earnest (Steiner J.F. et al., 2000), entrambi i termini sono problematici nel descrivere il comportamento di assunzione di farmaci perché "esagerano il controllo del medico sul processo di assunzione di farmaci". Le complesse questioni relative all'assunzione di farmaci per le malattie croniche non possono essere facilmente distillate in una sola parola. Il riconoscimento di questa complessità aiuterà ad evitare di assegnare la colpa esclusivamente al paziente e aiuterà a identificare soluzioni efficaci tramite la collaborazione fra i due.
A partire da David Sackett (Sackett D.L. et al., 1975) - che per primo si interessò all’aderenza terapeutica intorno al 1972, quando si rese conto che nell'ipertensione le risposte imprevedibili o deludenti al trattamento erano probabilmente dovute alla scarsa aderenza - il tema è diventato sempre più attuale. Negli anni la ricerca sulla aderenza si è concentrata sull'entità e sui fattori determinanti della non aderenza e sulle strategie per migliorare l’ aderenza. Una delle ragioni più sorprendenti della mancanza di progressi nella ricerca sulla conformità è (oltre alla mancanza di comprensione della pratica di prescrizione dei medici) l'assenza di un fattore cruciale: la prospettiva del paziente (Donovan J.L., 1995).
3 Migliorare l’aderenza terapeutica è un obiettivo fondamentale per implementare la cura del paziente: infatti nel suo rapporto del 2003 sull’aderenza ai farmaci (Sabaté E., 2003), l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha citato la dichiarazione di Haynes et al asserendo che “Aumentare l'efficacia degli interventi di aderenza può avere un impatto molto maggiore sulla salute della popolazione rispetto a qualsiasi miglioramento di trattamenti medici specifici”.
Tra i pazienti con malattia cronica infatti circa il 50% non prende i farmaci come prescritto (Sabaté E., 2003; Lee J.K. et al., 2006). I regimi medici odierni sempre più complicati rendono ancora meno probabile che i medici siano in grado di obbligare alla conformità e che sia più importante che collaborino con i pazienti nel fare ciò che è giusto insieme.
I fattori che contribuiscono alla scarsa aderenza ai farmaci sono una miriade e comprendono quelli che sono correlati ai pazienti, quelli correlati ai medici e quelli correlati ai sistemi di assistenza sanitaria. Fra i fattori correlati ai pazienti ci sono ad esempio un’alfabetizzazione sanitaria non ottimale (Raynor D.K., 2008), scarsa conoscenza della patologia (Ryan A.A., 1999) e mancanza di coinvolgimento nel processo decisionale del trattamento (Haynes R.B. et al., 2002). Solo negli Stati Uniti, si stima che 90 milioni di adulti abbiano un'alfabetizzazione sanitaria inadeguata (Kindig D. et al., 2004) che li mette a rischio per un aumento dei tassi di ospedalizzazione e risultati clinici peggiori (Baker D.W. et al., 1998; Mancuso C.A. et al., 2006). Le credenze e gli atteggiamenti sanitari del paziente riguardo all'efficacia del trattamento, alle loro precedenti esperienze con terapie farmacologiche e alla mancanza di motivazione influenzano anche il grado di aderenza ai farmaci. (Osterberg L. et al., 2005; Brunner R. et al., 2009). Fra i fattori che sono correlati ai medici ci sono ad esempio prescrizione di regimi farmacologici multifarmaco complessi (Bangalore S. et al., 2007; Hussein M.A. et al., 2010), barriere comunicative e culturali (Perez-Stable E.J. et al., 2004), comunicazione inefficace di informazioni sugli effetti avversi e fornitura di assistenza da parte di più medici. Farmaci con una sola assunzione giornaliera possono essere preferibili ai farmaci con dosi multiple al giorno perché minimizzare la frequenza di dosaggio ha dimostrato di migliorare
4 l'aderenza (Schroeder K. et al., 2004). Ci sono poi fattori relativi ai sistemi di assistenza sanitaria ad esempio limiti di tempo per le visite, accesso limitato alle cure e mancanza di tecnologia dell'informazione sanitaria (Gordon K. et al., 2007). Poiché gli ostacoli all'adesione ai farmaci sono complessi e vari, le soluzioni per migliorare l'aderenza devono essere multifattoriali.
La non aderenza ai farmaci o l'incapacità dei pazienti di assumere i loro farmaci come prescritto, è un grave problema di salute pubblica ma contribuisce anche ad aumentare i costi di morbilità, mortalità e assistenza sanitaria (Cutler R.L et al., 2018). Una percentuale tra il 30% e il 50% dei pazienti con malattie croniche non riesce a seguire il regime terapeutico, portando a scarsi risultati clinici e costi sanitari superflui dovuti all'aumento dei ricoveri (Bosworth H.B. et al., 2011).
La scarsa aderenza al trattamento medico compromette gravemente gli esiti dei pazienti e aumenta la mortalità dei pazienti. Secondo l'OMS, migliorare l'aderenza alla terapia medica per le condizioni di ipertensione, iperlipidemia e diabete produrrebbe benefici sanitari ed economici molto sostanziali (Sabaté E., 2003). E’ stato infatti stimato che i costi annuali della non aderenza ai farmaci variano da $100 a $290 miliardi negli Stati Uniti (New England Healthcare Institute, 2016), € 1,25 miliardi in Europa (Pharmaceutical Group of the European Union, 2016) e circa $7 miliardi miliardi in Australia (IMS Institute for Healthcare Informatics 2012, AIHW, 2016). Inoltre, il 10% dei ricoveri negli anziani è attribuito a non aderenza ai farmaci (Sokol M.C. et al., 2005; Vermiere E. et al., 2001) con il tipico paziente non aderente che richiede tre visite mediche extra all'anno, con un aumento dei costi di trattamento di $2000 all'anno (American Pharmacists Association, 2003).
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1.2 La Pharmaceutical Care come metodo per migliorare la cura e l’aderenza del paziente
E’ stato quindi necessario trovare dei metodi per migliorare la cura e l’aderenza terapeutica del paziente: una possibile soluzione al problema della mancata aderenza è la Pharmaceutical Care.
La Pharmaceutical Care si basa sul rapporto tra il paziente e gli operatori sanitari che si assumono la responsabilità di fornire assistenza ai pazienti, essa comporta la partecipazione attiva del paziente e del fornitore di assistenza sanitaria alle decisioni di terapia farmacologica. La Pharmaceutical Care ha tre funzioni principali: identificare potenziali ed effettivi problemi correlati al farmaco, risolvere i problemi reali legati al farmaco e prevenire i problemi legati al farmaco. Sebbene esistano diversi termini come i servizi di farmacia clinica, i servizi cognitivi, la medication management (gestione della malattia) e la medication review (revisione della malattia), tutti condividono la stessa filosofia e gli stessi obiettivi vale a dire "la fornitura responsabile della terapia farmacologica allo scopo di ottenere risultati definiti che migliorano la qualità della vita di un paziente" (Roughead L. et al., 1990). Le attività di Pharmaceutical Care includono l'erogazione di farmaci, il fornire informazioni sui farmaci, il consiglio ai pazienti, la revisione dell’adeguatezza della terapia farmacologica e il monitoraggio delle reazioni avverse ai farmaci.
Più di una definizione di Pharmaceutical Care è stata data e quella più ampiamente accettata è "la Pharmaceutical Care è la fornitura responsabile di terapia farmacologica allo scopo di ottenere risultati definiti che migliorano la qualità della vita di un paziente" stilata da Hepler e Strand nel 1990 (Hepler C.D. et al., 1990).
Un approccio più incentrato sul paziente è stato approvato da Linda Strand et al (Strand L.M., 1997), che nel 1997 ha dichiarato che la Pharmaceutical Care non è solo una teoria, ma anche una filosofia di pratica. Da allora, si sono evoluti nuovi termini e concetti di cura dei pazienti correlati ai farmaci, come la Medicines Management (Chapman S., 1998) (gestione del medicinale), la Disease
6 Management (Lee A.J. et al., 1998) (gestione della malattia) e la MTM (American Pharmacists Association 2008) – medication therapy menagement (gestione della terapia farmacologica). Ad oggi rimane ancora una sostanziale confusione su ciò che la Pharmaceutical Care includa e su come differenziarla da tali altri termini. Secondo McGivney et al. (McGivney M.S. et al., 2007), ad esempio, MTM integra sia la filosofia e la pratica della Pharmaceutical Care che gli elementi della gestione delle malattie.
Alcuni autori e autorità considerano la Pharmaceutical Care come una responsabilità condivisa da tutti gli operatori sanitari, mentre altri lo limitano alla professione in farmacia.
Una definizione più moderna è stata data anche dal Pharmaceutical Care Network Europe nel 2013, al termine del dibattito è stata individuata la definizione più esaustiva di Pharmaceutical Care, ovvero: “il contributo del farmacista a garantire la salute dei pazienti in modo tale da ottimizzare le terapie e favorire il raggiungimento degli obbiettivi terapeutici”. Poiché nel processo di assistenza farmaceutica sono previste diverse attività e servizi, non sono menzionate attività specifiche nell'ambito delle definizioni (Alleman S.S et al., 2014).
Il Workshop per lo sviluppo delle definizioni fu organizzato il 5 febbraio 2013 a Berlino. 44 esperti nel campo dell'assistenza farmaceutica furono invitati e un totale di 24 persone (tutti i farmacisti, 14 membri del PCNE) parteciparono a questo incontro di un giorno, in rappresentanza di 11 diversi paesi europei, più gli Stati Uniti e l'Australia. Durante l’incontro i partecipanti furono divisi in otto gruppi ed ogni gruppo fornì una definizione di Pharmaceutical Care, successivamente i gruppi vennero accorpati in gruppi di dimensioni crescenti fino ad ottenere una definizione condivisa.
I partecipanti sottolinearono che era importante avere una definizione breve e semplice per evitare confusione e promuovere la diffusione. Il concetto di Pharmaceutical Care e la sua relazione con altri termini come ''Pharmacist Care'', ''Pharmacy Practice'' e ''Medication Management'' venne discusso in una fase iniziale della sessione. Alcuni partecipanti sostennero che la Pharmaceutical Care
7 non doveva essere affatto ridefinita, ma che era la sua relazione con altri termini che necessitava chiarimenti.
Colui che deve prestare la Pharmaceutical Care fu un'area di conflitto tra i partecipanti. Alcuni sostennero che sarebbe dovuto essere il farmacista esclusivamente, mentre altri optarono per l'uso di "professionista sanitario" o "professionista competente". Tuttavia, la maggior parte dei partecipanti convenne che era importante definire specificamente il ruolo del farmacista come fornitore primario, senza però escludere altri professionisti. Poiché Pharmaceutical Care è un termine per lo più usato dai farmacisti, la professione avrebbe dovuto quindi essere nominata nella definizione. Inoltre, si ritenne che la definizione dovesse "motivare i farmacisti a eseguire la Pharmaceutical Care ". Tutti i partecipanti, tranne uno, convennero di utilizzare il termine "contributo del farmacista" nella definizione. I partecipanti convennero di non usare il termine "paziente", ma furono inizialmente indecisi se utilizzare "individual", "society" o sia "individual and society". Alla fine, tutti accettarono l'uso di "individui", perché la Pharmaceutical Care potrebbe essere rivolta a un gruppo di persone contemporaneamente, ma dovrebbe essere un servizio su misura per ogni destinatario individualmente. I partecipanti concordarono di includere anche l’espressione “favorire il raggiungimento degli obiettivi terapeutici”, sottolineando che con l’utilizzo della Pharmaceutical Care il farmacista non può migliorare i risultati sulla salute direttamente, ma può agire aiutando gli individui a “farlo da soli”. Era chiaro per tutti i partecipanti che la Pharmaceutical Care dovesse avere a che fare con la cura intorno ai farmaci. D'altra parte, alcuni partecipanti volevano anche rivolgersi a servizi che non includevano farmaci, perché gli individui spesso non avevano solo problemi di terapia farmacologica quando si avvicinavano a un farmacista. Tutti i partecipanti accettarono di non menzionare le attività specifiche come parte della Pharmaceutical Care nella definizione. Le principali preoccupazioni erano che vi fossero diverse attività e servizi forniti in diversi paesi, e si preferì non menzionarle dal momento che la Pharmaceutical Care non dovrebbe essere intesa come la fornitura di servizi autonomi, ma piuttosto come un processo integrato legato a una valutazione individuale (Alleman S.S. et al., 2014).
8 Nel corso degli anni la Pharmaceutical Care è stata collegata con crescente importanza al miglioramento dei risultati clinici e all’alleggerimento dell'onere economico sanitario (Gallagher J. et al., 2014) ed è fornita negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Canada e in molti altri paesi in tutto il mondo (Farris K.L.F. et al., 2005; Martín-Calero M.J. et al., 2004). La Pharmaceutical Care e il ruolo del farmacista risultano quindi essere centrali nel miglioramento dell’aderenza terapeutica dei pazienti.
Il dovere del farmacista di oggi sono infatti sempre più orientati al paziente poiché il focus primario del farmacista è il benessere dei pazienti (Mikeal R.L. et al., 1975; Strand L.M. et al., 1990). Nel fornire Pharmaceutical Care utilizzando un approccio sistematico, i farmacisti lavorano con il paziente in modo individualizzato tramite fasi cruciali come la valutazione iniziale, l'identificazione del problema correlato al farmaco, la programmazione e l'accompagnamento di azioni complementari (che includono azioni educative sul paziente) (de Oliveira D.R. et al., 2006).
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CAPITOLO 2
2.1 Il ruolo sociale del farmacista nella Pharmaceutical Care: l’intervento per aumentare l’aderenza alle terapie
Fin dalla sua nascita, l'obiettivo primario della Pharmaceutical Care era quello di dare alle farmacie l'opportunità di andare oltre il “semplice” ruolo di dispensare il farmaco giusto (Babar Z.U. et al., 2017) e di contribuire così ad avere un impatto positivo sulla morbilità e mortalità farmacologica prevenibile di un paziente, garantendo una terapia farmacologica sicura ed efficace (Hepler C.D. et al., 1990). Non a caso, solo i farmacisti – nessun altro professionista – hanno riconosciuto l'importanza della Pharmaceutical Care inizialmente (van Mil J.W. et al., 2004) e recentemente anche il termine stesso è stato percepito come un limite intrinseco che scoraggia la diffusione della Pharmaceutical Care al di là del loro mondo professionale (Hill P., 2012).
Le continue trasformazioni nella gamma di ruoli svolti dai farmacisti hanno una portata globale. Secondo l'OMS infatti, i farmacisti dovrebbero essere non solo dispensatori di farmaci, ma anche membri attivi di un team terapeutico, agendo in funzione delle esigenze sanitarie dei pazienti (WHO, 1998), i quali, a loro volta, potrebbero così beneficiare delle conoscenze che i farmacisti hanno acquisito nel loro percorso di studio farmacoterapeutico (Negaard B.J. et al., 2020). Un ruolo speciale è svolto dal farmacista impiegato nelle farmacie pubbliche che si occupano direttamente dei pazienti. Sempre più spesso, questo tipo di farmacista è l'unica persona a contatto con pazienti affetti da problemi di salute meno gravi, e generalmente è il più importante consulente di farmaci OTC (over-the-counter) per tali pazienti (De Bolle L., 2015). La scelta dei farmaci OTC adatti, il monitoraggio degli acquisti e dell'utilizzo, l'accesso alle cure farmaceutiche e alla consultazione, dovrebbero essere aspetti quotidiani del lavoro svolto dal farmacista impiegato nelle farmacie pubbliche (Bergman J.F., 2003). In molti paesi in tutto il mondo, come la Gran Bretagna, gli Stati Uniti, l'Australia, e la Nuova Zelanda, i farmacisti possono redigere prescrizioni per farmaci assunti per disturbi minori, che non richiedono una diagnosi medica, ed eseguire cure farmaceutiche personali. Secondo una ricerca condotta in questi paesi, i pazienti
10 sono d’accordo con il fatto che i farmacisti siano qualificati per scrivere prescrizioni, fornire consigli, offrire consulenze sanitarie e promuovere l'assistenza sanitaria (Hoti K. et al., 2011; Aedes C.E. et al., 2011). Sono soddisfatti delle consulenze farmacologiche che ricevono (Nabhani-Gebara S. et al., 2019) e considerano il farmacista come un soggetto che fornisce assistenza sanitaria (Ekenga V. et al., 2018). Secondo l'approccio della Pharmaceutical Care, una volta che un medico ha fatto una diagnosi e prescritto un farmaco, se necessario, anche il compito di selezionare il farmaco più appropriato per ottimizzare la sicurezza, l'efficacia e l'efficacia economica delle terapie, potrebbe idealmente essere assegnato al farmacista (Teichert M. et al., 2016). Ciò consentirebbe al farmacista di sfruttare al meglio il suo ruolo fondamentale di professionista sanitario specializzato in prodotti farmaceutici, generando potenzialmente notevoli risparmi nelle spese farmaceutiche (Garattini L. et al., 2017). I vantaggi derivanti dall’assunzione da parte dei farmacisti di più attività sanitarie primarie, possono infatti essere significativi, sia in termini di miglioramento della vita di qualità del paziente che di aumento dei benefici finanziari (Etemad L.R. et al., 2003; Cooper R.J. et al., 2017).
Poiché l'aderenza ai farmaci è un importante contributo al miglioramento della salute del paziente, i sistemi sanitari devono evolversi in modo da enfatizzarne l'importanza. I cambiamenti del sistema sanitario sono infatti necessari per garantire che sia assegnato al paziente un tempo sufficiente per discutere gli aspetti dell'aderenza ai farmaci (Abbo E.D. et al., 2008). I vincoli di tempo possono essere affrontati sviluppando un approccio all'assistenza sanitaria basato sul team. L'importanza di un approccio basato sul team per la gestione dell'uso dei farmaci è evidenziata dai servizi di gestione della terapia farmacologica (MTMS) incaricati dal Medicare Prescription Drug Improvement and Modernization Act del 2003 (Medicare Prescription Drug, Improvement, and Modernization Act of 2003). I servizi di gestione della terapia farmacologica, forniti principalmente attraverso farmacisti di comunità, sono infatti progettati per fornire istruzione e consulenza con l’obiettivo di migliorare la comprensione dei farmaci utilizzati, migliorare l'aderenza alla terapia e rilevare le reazioni avverse ai farmaci. Studi preliminari suggeriscono che la partecipazione dei pazienti ai programmi MTMS
11 migliora l'aderenza ai farmaci e gli esiti del paziente (Pellegrino A.N. et al., 2009; Fox D. et al., 2009; Planas L.G. et al., 2009): pertanto, i medici dovrebbero incoraggiare i pazienti idonei a partecipare a questi tipi di programmi.
La dimissione ospedaliera rappresenta una minaccia significativa per la qualità e la continuità della terapia farmacologica a causa di molteplici fattori come: i cambiamenti nei piani terapeutici dei farmaci dei pazienti, la ridotta capacità dei pazienti di recepire informazioni sulla gestione della malattia e informazioni riguardo i farmaci, la trasmissione non ottimale di informazioni fra medico e paziente e un follow-up insufficiente (Kripalani S. et al., 2007). Questa cura discontinua può provocare problemi legati al farmaco (DRP) nel periodo post dimissione, portando a esiti negativi che vanno dal disagio o dall'insoddisfazione del paziente fino agli eventi farmacologici avversi prevenibili, con conseguente aumento dell'utilizzo dell'assistenza sanitaria (Borgsteede S.D. et al., 2011; Forster A.J. et al., 2003; Johnson J.A. et al., 1995). Quindi stabilire la continuità delle cure dopo la dimissione dall'ospedale è di massima importanza. La continuità dell'assistenza è un processo complesso e interdisciplinare. I farmacisti ospedalieri hanno dimostrato di svolgere un ruolo fondamentale negli aspetti informativi ed educativi dell'assistenza transitoria, trasferendo le informazioni di dimissione e fornendo servizi di consulenza ai pazienti (Schnipper J.L. et al., 2006; Warden B.A. et al., 2014). Una volta che il paziente è tornato a casa è necessario un adeguato follow-up in quanto i pazienti possono trovarsi di fronte, ad esempio, a problemi di aderenza dovuti a conoscenze inadeguate o alla mancanza di comprensione circa la loro (nuova) cura o riguardo la complessità di piano terapeutico (Artinian L., 2006; Makaryus A.N. et al., 2005). Dopo che i pazienti ricevono le prescrizioni di dimissione, i farmacisti di comunità sono generalmente i primi fornitori di cure primarie consultati dai pazienti e sono quindi in una posizione adatta per affrontare i DRP post-dimissione, rafforzando così il piano di dimissione ospedaliero. La ricezione da parte del farmacista del piano completo di dimissione dei farmaci ospedalieri sarebbe un prerequisito, in quanto consentirebbe loro di ottenere un quadro clinico più completo del paziente (Nickerson A. et al., 2005). Tuttavia, nel contesto attuale, il farmacista di comunità di solito non ha accesso a queste informazioni. Pertanto, è necessaria
12 una stretta collaborazione tra i farmacisti di comunità e i loro colleghi ospedalieri per facilitare una gestione tempestiva e adeguata dei DRP (Ellitt G.R. et al., 2009).
Dal momento che quasi un quinto dei pazienti ricoverati torna nuovamente in ospedale entro 30 giorni, è stata posta maggiore attenzione al miglioramento della qualità del processo di transizione, per ridurre i costi e migliorare l'assistenza ai pazienti (Unruh M.A. et al., 2017). Studi precedenti hanno evidenziato diversi problemi significativi legati ai farmaci al momento della dimissione (Coleman E.A. et al., 2005), fra i quali spicca anche una mancanza di comprensione del paziente: il 50% dei pazienti non era infatti in grado di indicare il nome e lo scopo dei loro farmaci al momento della dimissione.
La continuità dell'assistenza alla dimissione del paziente dall'ospedale è quindi un aspetto critico di un'assistenza di alta qualità (Clare J. et al., 1998; Hellesø R. et al., 2004) soprattutto per quanto riguarda i pazienti fragili con comorbidità (Halasyamani L. et al., 2006). Un'assistenza altamente affidabile richiede una stretta collaborazione tra gli operatori sanitari oltre i confini organizzativi, stabilendo così una rete interdisciplinare (Cohen S.G. et al., 1997). Sfortunatamente, informazioni incomplete o errate e errori di comunicazione tra i fornitori di cure ospedaliere e le molteplici parti riceventi, spesso aumentano la possibilità di eventi avversi. Questi possono condurre a situazioni di pericolo di vita, trattamenti evitabili, ricoveri non pianificati (Cheah L.P. et al., 2005; Simpson K., 2005) e costi aggiuntivi (Friedman B. et al., 2004; Foekema H. et al., 2004; Leendertse A.J. et al., 2008).
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2.2 Il farmacista e la Pharmaceutical Care: la percezione del paziente
In molti paesi, dove i nuovi ruoli dei farmacisti si stanno sviluppando in modo dinamico, alcuni pazienti non sono consapevoli o non sono del tutto convinti del ruolo professionale del farmacista, quindi non riescono a sfruttare al meglio l'ampia gamma di servizi farmaceutici da lui offerti (Schommer J.C. et al., 2009; Schommer J.C. et al., 2014; You H. et al., 2011). Una ricerca condotta a Malta mostra che i pazienti chiedono principalmente consigli ai farmacisti di comunità su cosa comprare e come utilizzare farmaci da banco, ma se hanno bisogno di consigli sulla salute, tendono a consultare un medico (Wirth F. et al., 2010). Tuttavia, i clienti ritengono anche che le aree di crescita più importanti per il ruolo dei farmacisti siano quelle in cui essi sono in comunicazione con i medici, per sostenere i pazienti con malattie croniche, e quelle in cui essi offrono servizi diagnostici (misurazione della pressione sanguigna, glicemia, ecc.) (Vella M. et al., 2015). Nel Regno Unito, il ruolo del farmacista di comunità percepito dal pubblico, variava dal 32% dei pazienti, che vedeva i farmacisti principalmente come commercianti, al 26% che li riteneva essere principalmente interessati alla salute, al 42% che li vedeva impegnarsi in egual modo sia per la salute che per gli affari (Hargie O. et al., 1992). Secondo un altro studio, l'importanza del ruolo del farmacista per quanto riguarda la salute pubblica è stato valutato dai pazienti come relativamente basso, mentre le attività legate ai loro ruoli tradizionali, come i consigli sull'uso dei farmaci e gli effetti collaterali sono stati valutati come i più alti (Ali M.K. et al., 2018). Una ricerca condotta da Gidman et al. evidenzia come i pazienti considerino ancora il ruolo principale del farmacista come dispensatore di farmaci (Gidman W. et al., 2012). Tuttavia, in alcuni paesi, la percezione pubblica dei ruoli dei farmacisti è più ampia.
Secondo una ricerca australiana condotta da Tan E.C. et al., i pazienti di questo paese riconoscono il contributo che i farmacisti apportano all'assistenza sanitaria primaria ed esprimono un alto livello di soddisfazione per le consultazioni condotte nelle farmacie (Tan E.C. et al., 2013), anche se la maggioranza considera ancora l’erogazione del farmaco come il ruolo primario del farmacista. D'altra parte, la ricerca di Hoti et al., indica che i pazienti australiani accettano che i
14 farmacisti scrivano prescrizioni e forniscano consigli (Hoti K. et al., 2011), attestando quindi l'alto livello di fiducia che ripongono nei farmacisti e nelle loro competenze. Anche i pazienti provenienti da altri paesi affidano ai farmacisti un'ampia gamma di compiti che coinvolgono la cura del paziente, la consulenza sanitaria e la promozione della salute, trattandoli quindi come parte integrante di un gruppo di specialisti sanitari (Eades C.E et al., 2011; Nabhani-Gebara S. et al., 2019; Ekenga V. et al., 2018; Catic T. et al., 2013; Perepelkin J., 2011; Saffouh E. et al., 2011; Sabater-Galindo M. et al., 2017). Una ricerca condotta da Jaber D. in Giordania ha messo in luce che, anche nei paesi in via di sviluppo, i pazienti valutano molto positivamente le competenze farmaceutiche dei farmacisti e tendono a vedere il loro ruolo come consulenti piuttosto che come meri dispensatori di farmaci (Jaber D. et al., 2019).
La comunità professionale dei farmacisti si trova quindi ad affrontare una sfida sostanziale per cambiare la loro immagine professionale nella società: da venditori impiegati in un "negozio di farmaci" a consulenti responsabili per la salute dei pazienti. Sembrerebbe estremamente importante studiare i fattori che determinano la percezione ristretta del ruolo del farmacista. Valutare le cause di questa situazione potrebbe infatti contribuire a migliorare le relazioni paziente-farmacista, e portare all'espansione del ruolo svolto dai farmacisti migliorandone così anche la loro immagine all'interno della comunità (Majchrowska A. et al., 2019).
Uno studio che mira a esplorare le percezioni dei consumatori riguardo alla Pharmaceutical Care fornita dai farmacisti di comunità in relazione ai farmaci da banco è stato condotto da Chen H. et al., tramite interviste semistrutturate, ai consumatori (n = 97) nella città di Yinchuan, in Cina, fra gennaio e marzo 2015. I 4 temi principali emersi sono stati le aspettative sulla Pharmaceutical Care, l'atteggiamento verso la competenza del farmacista, l'esperienza di automedicazione e i suggerimenti per migliorare la Pharmaceutical Care. I partecipanti sono stati reclutati, in modo casuale, tra i clienti di10 farmacie comunitarie in ogni distretto. Sono state completate 97 interviste in totale.
15 Dalle interviste è emerso che la maggior parte dei partecipanti aveva grandi aspettative nei confronti dei farmacisti nel fornire Pharmaceutical Care per quanto riguarda l'uso di farmaci OTC. Scegliere il farmaco giusto era la più grande preoccupazione dei partecipanti. La maggior parte di loro ha espresso la loro aspettativa di ottenere farmaci adeguati, specifici per le loro malattie. Inoltre, alcuni partecipanti volevano che i farmacisti di comunità spiegassero maggiormente le indicazioni dei farmaci, la loro composizione e gli effetti farmacologici di ogni componente. I partecipanti erano generalmente preoccupati per la sicurezza dei farmaci e speravano quindi di ottenere istruzioni sufficienti rispetto a questa tematica dai farmacisti di comunità. Rispetto all'efficacia terapeutica, i partecipanti hanno mostrato un minore interesse per quanto riguarda il prezzo, ma volevano comunque che i farmacisti di comunità suggerissero farmaci economici.
Anche se i partecipanti avevano grandi aspettative sulla Pharmaceutical Care dei farmacisti di comunità, non tendevano però a cercare assistenza farmaceutica da farmacisti di comunità. La ragione principale di ciò era la sfiducia nella loro competenza farmacologica: la maggior parte dei partecipanti era particolarmente preoccupata del fatto che i farmacisti di comunità non avessero abbastanza conoscenze professionali per fornire Pharmaceutical Care. Alcuni partecipanti pensavano che anche la mancanza di capacità comunicative dei farmacisti di comunità contribuisse alla sfiducia generale. I partecipanti hanno poi dichiarato che, avendo una diffidenza generale nei confronti delle competenze del farmacista comunitario, avevano spesso ripiegato verso l’automedicazione con farmaci OTC scelti in modo autonomo, facendo quindi affidamento più sulle proprie esperienze personali, rispetto alla consulenza di un esperto (Chen H. et al., 2018).
Questo studio ha quindi rilevato che i consumatori partecipanti si aspettavano che i farmacisti della comunità fornissero Pharmaceutical Care. Analogamente ai risultati ottenuti in precedenti ricerche, le aspettative più importanti dei consumatori in materia di assistenza farmaceutica riguardavano raccomandazioni di farmaci adeguati e consulenza professionale sui farmaci (Villako P. et al., 2007). Inoltre, i partecipanti a questo studio hanno mostrato interessi espliciti nel
16 conoscere ulteriori dettagli su componenti dei farmaci e sulle loro azioni farmacologiche. Poiché i farmaci OTC dello stesso gruppo terapeutico hanno spesso effetti simili, i consumatori vorrebbero conoscere maggiori informazioni sui farmaci alternativi, per aiutarli a compiere scelte informate. Da questo studio è emerso anche un senso di sfiducia nella competenza dei farmacisti, come motivo chiave per i consumatori nel richiedere o meno Pharmaceutical Care ai farmacisti comunitari. La letteratura ha dimostrato che le esperienze passate di interazioni insoddisfacenti con i farmacisti scoraggiano i consumatori ad accettare i consigli di quest’ultimi (Barnes J.M. et al., 1996; Barner J.C. et al., 1998). Come dimostrato in questo studio, le esperienze negative avevano portato alla sfiducia nelle competenze dei farmacisti in termini di certificazione e qualificazione, conoscenze professionali, capacità di comunicazione e atteggiamento. Una volta che i consumatori hanno perso la fiducia nei farmacisti, diventa difficile per quest’ultimi fornire Pharmaceutical Care. Questa constatazione implica che la fiducia (o la sfiducia) dei consumatori nel farmacista comunitario svolge un ruolo significativo nel determinare la qualità dell'assistenza farmaceutica. Un'altra conseguenza significativa della sfiducia nella competenza dei farmacisti è stata la crescente pratica di automedicazione da parte dei consumatori con farmaci OTC. Come dimostrato in questo studio, senza consultarsi con i farmacisti di comunità, i consumatori partecipanti si affidavano alle loro esperienze personali o ai suggerimenti dei loro parenti o amici nella scelta dei farmaci OTC. In generale consideravano i farmaci OTC sicuri e non erano a conoscenza dei potenziali rischi dell'automedicazione con i farmaci OTC (Wertheimer A.I. et al., 2008; Hughes C.M., 2003).
Questo studio ha infine messo in luce il fatto che i consumatori avrebbero permesso ai media di influenzare la loro scelta di farmaci OTC, soprattutto quando si trattava di informazioni sul farmaco trovate su Internet, informazioni spesso non soggette a una regolamentazione rigorosa, molto confuse o persino fuorvianti (Wilkes M.S. et al., 2000). Senza consigli professionali e affidabili da parte del farmacista, l'automedicazione dei consumatori con farmaci OTC potrebbe facilmente comportare un aumento dei rischi legati ai farmaci.
17 La comprensione reciproca tra consumatori e farmacisti è fondamentale per la fornitura di assistenza farmaceutica presso la farmacia comunitaria (Morgall J.M. et al., 1997; Worley M.M. et al., 2007; Mey A. et al., 2013). Pertanto, costruire (o ricostruire) la fiducia dei consumatori nella competenza farmacologica è la chiave per promuovere l'assistenza farmaceutica per quanto riguarda l'uso di farmaci OTC in farmacia. I farmacisti stessi, e i responsabili politici dovrebbero impegnarsi per realizzare questo obiettivo. In primo luogo, i responsabili politici dovrebbero legittimare il ruolo professionale e le qualifiche dei farmacisti comunitari come fornitori di assistenza sanitaria nella sanità pubblica. In secondo luogo, i titolari di farmacie dovrebbero riconoscere la Pharmaceutical Care fornita dal farmacista come una caratteristica necessaria e intrinseca del loro servizio di farmacia, fornendo risorse per sostenerla. In terzo luogo, i farmacisti hanno bisogno di migliorare le proprie conoscenze professionali, capacità di comunicazione e atteggiamento. In particolare, i farmacisti devono imparare a comunicare con i pazienti in modo semplice invece che rigorosamente scientifico per facilitare l'attenzione dei pazienti e aumentare la loro comprensione (Gastelurrutia M.A. et al., 2009). Allo stesso tempo, è necessario che l'istruzione pubblica contribuisca a incentivare l'alfabetizzazione sanitaria, la consapevolezza dei rischi per la salute associati al consumo irrazionale di farmaci e il riconoscimento del ruolo professionale dei farmacisti nel salvaguardare la loro sicurezza (Chen H. et al., 2018).
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CAPITOLO 3
3.1 Conoscenze e competenze necessarie per la rivalutazione professionale del farmacista
I farmacisti hanno bisogno di formazione e supporto per sviluppare e migliorare le loro competenze pratiche utili a fornire una Pharmaceutical Care completa (Schommer J.C. et al., 1996). Il concetto di assistenza farmaceutica basata sull'evidenza richiede formazione e istruzione a partire dal livello universitario. Gli studenti di Farmacia hanno quindi bisogno di essere istruiti su come applicare professionalmente la scienza nella cura dei pazienti. (Al-Quteimat O.M. et al., 2014).
Poiché il paziente è il "core" della Pharmaceutical Care, stabilire un rapporto di cura nei suoi confronti implica non solo capacità tecniche di informazione e comunicazione, ma anche aspetti emotivi ed empatia (van Mil J.W. et al., 2004). Non basta essere gentili con i pazienti (Van Mill F., 2003): si raccomanda un approccio narrativo per la consulenza al fine di aumentare la qualità della Pharmaceutical Care (Naß J. et al., 2016). I farmacisti devono ascoltare attentamente i pazienti come una parte importante dell'attività di Pharmaceutical Care. I pazienti più fragili (che hanno maggiori probabilità di avere risultati sanitari incerti) potrebbero rappresentare il miglior 'bersaglio' per dimostrare l'efficacia della Pharmaceutical Care (Bouvy M.L., 2013). Questo nuovo approccio implicherebbe cambiamenti sostanziali nella formazione classica per i laureati in Farmacia. Il corso di laurea infatti, sebbene riformato, è ancora focalizzato prevalentemente su discipline scientifiche come la chimica, la fisica e la biologia (Silcock J. et al., 2004), indipendentemente dalla diversa durata degli studi universitari in tutta Europa (ad esempio 4 anni nel Regno Unito, 5 in Italia, anche 6 in Francia).
I farmacisti devono essere ascoltatori attivi e dimostrare empatia verso i propri pazienti (McDonough R.P., 1996). Prima che i farmacisti possano iniziare il processo di Pharmaceutical care, devono quindi stabilire una “relazione terapeutica” con i loro pazienti. La relazione terapeutica è una partnership o
19 un'alleanza tra il farmacista e il paziente che ha lo scopo di ottimizzare le esperienze farmacologiche del paziente (Hasan S., 2008). Si basa sulla fiducia, sul rispetto, sull'autenticità e sull'impegno, con lo scopo specifico di facilitare lo scambio di informazioni e competenze, in modo tale che i pazienti possano ottenere il miglior risultato possibile dalle terapie farmacologiche (Cipolle R. et al., 1991).
Il futuro della pratica farmaceutica include avere farmacisti con l'autorità e l'autonomia per gestire la terapia farmacologica e per essere responsabili per gli esiti terapeutici dei loro pazienti. Essi raggiungeranno questo obiettivo collaborando e comunicando con altri operatori sanitari e con i pazienti, coordinando la gestione della terapia farmacologica dei pazienti tramite un approccio di squadra, per ottenere risultati terapeutici ottimali (Hritcko P.M., 2006).
Tuttavia, per raggiungere questo scopo, il curriculum formativo universitario del farmacista dovrà essere maggiormente incentrato sulla la cura del paziente in un ambiente clinico. Laddove infatti la formazione universitaria del farmacista sarà mirata ad una cura paziente-centrica, i futuri farmacisti prenderanno coscienza della loro responsabilità professionale nei confronti del paziente al pari di altri professionisti sanitari. Un modo efficace per insegnare la responsabilità è che gli studenti sviluppino un senso di "bisogno" del paziente. La genesi di questo senso di bisogno si ha per la prima volta quando uno studente aiuta un paziente e il paziente lo ringrazia o gli fa sapere come il suo intervento renderà la sua gestione medica più facile o mitigherà un particolare effetto avverso e migliorerà quindi la qualità di vita del paziente. Questo motiverà gli studenti a migliorare l'apprendimento, per diventare il miglior farmacista possibile. Questo "bisogno" dovrebbe quindi essere sperimentato già nel primo anno professionale e per tutta l'istruzione curricolare e non curricolare dello studente (Robert K. et al., 1995). Gli studenti di farmacia dovrebbero avere continue opportunità e incoraggiamenti, a partire dall'inizio del percorso universitario, di interagire con i pazienti intesi come persone. Gli studenti infatti imparano davvero a conoscere gli aspetti della cura solo dopo aver lavorato con un paziente che assume un determinato farmaco,
20 ad esempio cercando di decidere con il paziente quale dosaggio funzioni meglio o risolvendo un problema di farmacoterapia legato al farmaco nel contesto dei vincoli del mondo reale (Droege M., 2003).
Le interazioni professionali ampliate richiedono ai laureati di possedere maggiori capacità di problem-solving, efficaci capacità di pensiero critico e buone capacità decisionali. Per facilitare i risultati di apprendimento, necessari per praticare l'assistenza farmaceutica, dovranno quindi essere prese in considerazione modifiche al corso di studi e alle varie strategie didattiche.
Pertanto, oltre alle conoscenze e alle competenze cliniche, il corso di studi dovrebbe enfatizzare la creazione di valori professionali e di atteggiamenti compatibili con la pratica contemporanea e futura della farmacia, quali: agire in modo responsabile, assumersi la responsabilità delle proprie azioni, ma anche essere cordiale, dimostrando rispetto per gli altri, per le loro credenze e sistemi di valori. Mettendo quindi le esigenze dei pazienti al di sopra delle proprie e agendo con onestà e integrità, ovvero riassumendo, essendo una figura affidabile.
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3.2 Quali ostacoli deve superare il farmacista per fornire un servizio di Pharmaceutical Care efficace?
Poiché la prescrizione e l'erogazione di farmaci sono ancora rigidamente separate nella maggior parte dei paesi europei (van Mil J.W. et al., 2004), la Pharmaceutical Care rischia di dare origine a conflitti di ruolo, in particolare con i medici di medicina generale, nell'ambiente della farmacia di comunità. Per evitare ciò è quindi altamente raccomandata una collaborazione fluida con essi (Roberts A.S. et al., 2008).
Inoltre, ma non meno importante, la regolamentazione farmaceutica dei margini di distribuzione può incidere in modo sostanziale sulla credibilità delle attività di Pharmaceutical Care. Un problema ancora aperto in paesi europei come l'Italia è che le farmacie di comunità sono principalmente remunerate attraverso una percentuale (ancora elevata) di prezzi al pubblico per l'erogazione di farmaci rimborsabili (Garattini L. et al., 2016), diversamente da paesi come i Paesi Bassi e il Regno Unito, dove i margini di distribuzione sono "pagamenti per il servizio" non correlate ai prezzi al dettaglio già da molto tempo. L'adozione diffusa di questo tipo di remunerazione in tutti i paesi dell'UE ridurrebbe drasticamente la preoccupazione che la Pharmaceutical Care nelle farmacie possa essere guidata da incentivi commerciali quando interviene sulle prescrizioni.
In generale, i farmacisti hanno sempre un potenziale "conflitto di interessi" quando lavorano in una farmacia privata, a causa del loro duplice ruolo di professionista della salute e agente commerciale. Questo conflitto diventa fondamentale quando il farmacista è anche il negoziante in paesi come l'Italia, la Francia e la Spagna, dove la stragrande maggioranza delle farmacie è ancora privata (Garattini L. et al., 2012). La chiara prova che il ragionamento commerciale (inevitabilmente) prevale sugli obblighi della professione sanitaria è l'ampia gamma di prodotti, oltre ai farmaci, venduti nella maggior parte delle farmacie private (circa 4,5 miliardi di euro in Italia, 17,4% del fatturato totale), di cui alcuni che dovrebbero di fatto entrare in conflitto con la formazione del farmacista, come i prodotti omeopatici (circa 255 milioni di euro in Italia). Dal momento che il vero marketing è quello di attirare clienti aggiuntivi per altri
22 prodotti (Garattini L. et al., 2016), grazie al monopolio sui farmaci rimborsabili (ancora circa il 60% del fatturato totale nelle farmacie italiane), sembra che questa caratteristica intrinseca renda difficile considerare l'introduzione di una Pharmaceutical Care affidabile in ambienti in cui il monopolio genera ancora un reddito considerevole per un gran numero di piccole farmacie obbligatoriamente di proprietà di singoli farmacisti. Oltre alla necessità di aggiornare la formazione dei farmacisti, l'introduzione di un approccio credibile di Pharmaceutical Care nelle farmacie richiede ancora riforme di vasta portata della politica farmaceutica in molti paesi europei (Garattini L. et al., 2018).
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CAPITOLO 4
4.1 L’impatto economico della Pharmaceutical Care
A livello globale, ci sono sempre più persone che vivono più a lungo con multimorbidità (Garin N. et al., 2015) e che richiedono regimi di trattamento complessi e cure farmaceutiche coordinate (Ryan C. et al., 2019). Queste complessità pongono particolari sfide nella fornitura di cure farmaceutiche efficaci, accessibili e tempestive, soprattutto quando si tratta di polifarmacia o regimi di farmaci complessi (Crews J.E. et al., 2004). La polifarmacia è la prescrizione di più farmaci a un singolo individuo (Duerden M. et al., 2013) ed è spesso classificata come l’utilizzare quattro o più farmaci (Masnoon N. et al., 2017). La polifarmacia problematica deriva da interazioni farmacologiche avverse, monitoraggio inappropriato e non aderenza del paziente.
La multimorbidità e la polifarmacia aumentano il rischio di eventi avversi (ADE), con una prevalenza segnalata di reazioni avverse ai farmaci nelle persone anziane fino al 78% (Cahir C. et al., 2014). Un adulto anziano su cinque, sopra i 65 anni, è a rischio di uso inappropriato e potenzialmente dannoso di farmaci da prescrizione (Zhan C. et al., 2001). E’ stato inoltre stimato che gli ADE causino annualmente quasi 100.000 ricoveri di emergenza degli adulti di 75 anni negli Stati Uniti (Budnitz D.S. et al 2011). Gli errori possono verificarsi in diverse fasi di utilizzo dei farmaci, quando deboli sistemi di gestione dei farmaci e/o fattori umani come la fatica e le cattive condizioni ambientali influenzano la prescrizione, la trascrizione, l'erogazione, la somministrazione e le pratiche di monitoraggio (Hawkins S.F. et al., 2017).
I problemi legati ai farmaci costano circa 42 miliardi di dollari l'anno in tutto il mondo (WHO, 2017) e possono essere gestiti e ridotti meglio dall'implementazione dell'assistenza farmaceutica nei servizi sanitari (Royal S. et al., 2006; Martirosyan L. et al., 2012; Gammie T. et al., 2016; Chinthammit C. et al., 2015). I servizi farmaceutici clinici prevengono le reazioni avverse e le ospedalizzazioni diminuendo la morbilità correlata ai farmaci (Royal S. et al., 2006) e possono migliorare la qualità della vita, soprattutto nei pazienti adulti più
24 anziani con condizioni croniche (Fegadolli C. et al., 2011). Inoltre, gli esami diagnostici, i ricoveri ospedalieri, le consultazioni, le visite ad altri servizi sanitari e i costi dei farmaci possono così essere potenzialmente diminuiti (Jokanovic N. et al., 2016; Strand L.M. et al., 2004).
La diminuzione delle spese derivanti dall'implementazione della Pharmaceutical Care può generare risparmi di 5377 USD per evento avverso evitato e 421.810 dollari all'anno per farmacista che svolge pratica clinica (de Oliveira D.R., 2011). Strand L.M. et al. nel 2004 hanno identificato una diminuzione di 1.134.162 dollari delle spese totali in 3 anni (Strand L.M. et al., 2004). La revisione sistematica e gli studi di meta-analisi mostrano risultati significativi in termini di benefici, ricoveri ospedalieri, durata della degenza ospedaliera, mortalità e risoluzione dei problemi correlati al farmaco, ma indicano anche che tali risultati sono possibili e decisivi solo quando i servizi farmaceutici clinici adottano un'analisi sistematica della farmacoterapia (Royal S. et al., 2006; De Rijdt T. et al., 2008; Holland R. et al., 2008; Von Gunten V. et al., 2007). È evidente che, quando i pazienti sono sistematicamente monitorati da un farmacista, possono presentare risultati migliori legati alla pressione sanguigna, all'emoglobina glicata, all'albuminuria, all'insufficienza renale e all'iperlipidemia, compresi i pazienti anziani polimedicati (Soler O. et al., 2019).
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CAPITOLO 5
5.1 Gestione dell’aderenza ed epidemiologia del diabete: stato dell’arte
Il diabete mellito è un grave problema di salute pubblica che è determinato da un alterato metabolismo di carboidrati, proteine, e grassi a causa di alterata secrezione di insulina, insulino-resistenza o entrambi (DeFronzo R.A. et al., 2015). Con una prevalenza globale del diabete dell'8,5% nel 2014 secondo varie stime, entro il 2040 il numero delle persone colpite sarà passato da 422 milioni a 642 milioni nel mondo (WHO, 2016; Al-Lawati J.A., 2017). Il diabete mellito e le sue complicazioni sono tra le cause più importanti di mortalità nel mondo. Nell'ultimo decennio, la prevalenza del diabete è aumentata rapidamente a causa di un aumento dell'età media della popolazione, del background ereditario, delle abitudini alimentari malsane, dello stile di vita sedentario e dell'aumento dell'obesità, in linea con la crescita dell'urbanizzazione (Zhang N. et al., 2017). La prevalenza del diabete è stimata all' 8,5% negli adulti di età superiore ai 18 anni nel 2014, ed è aumentata in modo significativo negli ultimi tre decenni, soprattutto nei paesi a basso e medio reddito (WHO, 2016).
L'aderenza alle terapie a base di anti-diabetici orali è un grave problema nel diabete, con fino a due terzi dei pazienti che non prendono i loro farmaci come prescritto (Cramer J.A., 2002; Krass I. et al., 2015). La scarsa aderenza ai farmaci è associata a una scarsa risposta glicemica, con pazienti che prendono l'80% del farmaco previsto, ottenendo così la metà della riduzione dell'emoglobina glicata prevista (Farmer A.J. et al., 2016).
Il test dell’emoglobina glicata o glicosilata, detto anche HbA1c, è raccomandato come esame attendibile per diagnosticare il diabete attraverso un esame del sangue (Definition and Diagnosis of Diabetes Mellitus and Intermediate Hyperglycemia: Report of a WHO/IDF Consultation, 2006). L’emoglobina glicata misura il livello di glucosio presente nel flusso sanguigno e quindi gli zuccheri che possono legarsi all’emoglobina, tramite un processo chiamato glicosilazione. Una volta che lo zucchero si lega all’emoglobina, vi rimane per l’intera durata della vita del globulo rosso, che è di circa 120 giorni.
26 Maggiore sarà il livello di glucosio nel sangue, maggiore sarà la quantità che si lega ai globuli rossi (Nathan D.M. et al., 2007). L’esame dell’emoglobina HbA1c è più attendibile del singolo valore di glicemia perché esprime una media dei valori di glicemia degli ultimi 4 mesi, risulta quindi essere meno influenzato da ciò che si è mangiato la sera, prima di eseguire la singola misurazione dei valori di glicemia a digiuno (Nathan D.M. et al., 2007). Diminuire il valore dell’emoglobina glicata può ritardare o prevenire lo sviluppo di retinopatie, compicanze ai reni e ai nervi nelle persone affette da diabete mellito.
Nei pazienti diabetici questo esame viene spesso utilizzato per rilevare se e quanto la patologia sia sotto controllo: rappresenta infatti una buona indicazione sull’efficacia delle modifiche allo stile di vita e degli eventuali farmaci in uso. È stato stimato che i rischi delle principali complicanze legate al diabete (retinopatia diabetica, nefropatia diabetica, neuropatia diabetica) si riduca di circa il 3% ogni 1 mmol/mol di HbA1c. L’esame dell’emoglobina glicata può anche essere prescritto come test diagnostico per il diabete e come test di screening per le persone ad alto rischio. L’introduzione come strumento di diagnosi risale infatti al 2011, ossia da quando l’OMS ne ha raccomandato l’utilizzo indicando come limite superiore un valore di 6,5% (48 mmol/mol) (WHO, 2011) (Gindro R., 2020). (Figura 1)
HbA1c (%) HbA1c (mmol/mol) Utilizzo
4.0 20 Limite inferiore in soggetti non diabetici 5.4 36 Limite superiore in gravidanza (1° e 2° trimestre 5.7 39 Diagnosi di prediabete 6.5 48 Diagnosi di diabete
La Figura 1 mostra i valori di riferimento dell’emoglobina glicata.
Il diabete è associato ad un aumento da 2 a 4 volte del rischio di sviluppare una malattia coronarica. Il rischio di infarto miocardico in pazienti con diabete e nessuna prova di malattia coronarica corrisponde a quello di pazienti senza
27 diabete che hanno avuto un precedente infarto miocardico (Haffner S.M. et al., 1998). Nel recente rapporto del Gruppo di trattamento degli adulti del Programma Nazionale di Educazione al Colesterolo (Expert Panel on Detection, Evaluation, and Treatment of High Blood Cholesterol in Adults 2001) al diabete mellito di tipo 2 è stato associato un alto rischio di malattia coronarica (Haffner S.M. et al., 1998). Nei pazienti con malattia coronarica nota e diabete, i tassi di mortalità si avvicinano al 45% in 7 anni e al 75% in 10 anni (Haffner S.M. et al., 1998). I risultati sono peggiori nei pazienti diabetici per ogni manifestazione di malattia coronarica. I pazienti diabetici che presentano angina instabile hanno maggiori probabilità di sviluppare infarto miocardico, e i pazienti diabetici con infarto miocardico hanno maggiori probabilità di morire rispetto agli individui non diabetici (Kjaergaard S.C. et al., 1999). Uno studio riguardo l’esito dell'angina instabile condotto in 6 nazioni ha dimostrato che il diabete ha aumentato la mortalità legata all’angina del 57% (Malmberg K. et al., 2000). Lo SHOCK (SHould we emergently revascularize Occluded Coronaries for cardiogenic shocK) trial of revascularization ha rilevato un aumento del 36% della morte nei pazienti diabetici con shock cariogeno, che complica l’infarto del miocardio (Shindler D.M. et al., 2000). Dopo l'infarto miocardico, nei pazienti diabetici il tasso di mortalità ad un mese risulta aumentato del 58% (Miettinen H. et al., 1998). Inoltre circa il 50% dei pazienti diabetici muore 5 anni dopo un infarto miocardico, il doppio del tasso riscontrato nei pazienti non diabetici (Herlitz J. et al., 1998). Allo stesso modo, il diabete aumenta anche il rischio di ictus (Folsom A.R. et al., 1999; Jamrozik K. et al., 2000).
Nel Baltimore-Washington Cooperative Young Stroke Studio, è stato dimostrato che il rischio di ictus è aumentato di oltre 10 volte nei pazienti diabetici di età inferiore ai 44 anni, che va fino a 23 volte nei giovani uomini bianchi (Rohr J. et al., 1996). Ma non solo, il diabete aumenta anche la mortalità correlata all'ictus, raddoppia il tasso di ictus ricorrente e triplica la frequenza della demenza correlata all'ictus (Luchsinger J.A. et al., 2001, Hankey G.J. et al., 1998). Il diabete associato a malattia arteriosa periferica aumenta l'incidenza e la gravità dell'ischemia negli arti circa da 2 a 4 volte (Abbott R.D. et al., 1990). I dati della coorte Framingham e gli studi di Rotterdam mostrano un aumento della
28 insufficienza circolatoria agli arti inferiori, del soffio vascolare femorale e la diminuzione degli ABI (ankle-brachial index, marker dell’arteriopatia obliterante degli arti inferiori) (Abbott R.D. et al., 1990; Meijer W.T. et al., 1998; Hiatt W.R. et al., 1995). Inoltre la malattia arteriosa periferica dovuta al diabete colpisce spesso i vasi degli arti distali, come le arterie tibiali e peroneali, limitando il potenziale sviluppo di vasi collaterali e riducendo le opzioni per la revascolarizazione (Jude E.B. et al., 2001). In quanto tali, i pazienti con diabete hanno maggiori probabilità di sviluppare forme sintomatiche della malattia, come la claudicatio intermittens, l’ischemia critica d’arto (CLI) e l'amputazione dell’arto. Il diabete infatti è la prima causa per numero di amputazioni non traumatiche negli Stati Uniti. Per i pazienti di età compresa tra 65 e 74 anni, il diabete aumenta il rischio di amputazione di oltre 20 volte, mettendo questi pazienti a grande rischio di perdita degli arti (CDC – Centers for Disease Control and Prevention, 1998).
5.2 Determinanti sociali e culturali come possibili indicatori di una mancata aderenza alla terapia diabetica
Identificare quali pazienti sono propensi a non essere aderenti avrebbe chiari benefici nella realizzazione di interventi volti a migliorare l'aderenza ai farmaci e, di conseguenza, a migliorare il controllo glicemico. La scarsa aderenza alla terapia del diabete è associata ad un’ampia gamma di fattori, tra cui caratteristiche cliniche (sesso femminile, età più giovane, etnia non bianca), altre comorbilità come la depressione (Krass I. et al., 2015), la classe di farmaci assunti (alcune sono meno maneggevoli di altre) e lo “shift” nella prescrizione, cioè il passaggio ad altri farmaci dopo aver verificato il fallimento terapeutico con la metformina che rappresenta la prima linea (McGovern A. et al., 2018). Altri fattori limitanti l’aderenza sono il carico totale giornaliero di pillole (Kirkman M.S. et al., 2015), il sistema sanitario (assicurazione, costi di farmaci) (Krass I. et al., 2015; Kirkman M.S. et al., 2015) e fattori psicosociali (credenze farmacologiche, fiducia nel medico) (Polonsky W. et al., 2016; McSharry J. et al., 2016).
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5.3 Interventi attuabili dal farmacista nella prevenzione del diabete
Nonostante l'esistenza di terapie efficaci e i benefici dimostrati derivanti da uno stretto controllo della glicemia e di altri fattori di rischio cardiovascolare, come la pressione sanguigna e i lipidi del siero, numerose evidenze indicano che il raggiungimento degli obiettivi raccomandati per la cura di questa patologia rimane non ottimale tra i pazienti con diabete di tipo 2 (Charpentier G. et al., 2003; Eliasson B. et al., 2005; Kemp T.M. et al., 2005). La mancanza di aderenza al trattamento e altre raccomandazioni potrebbero spiegare questi risultati dato che oltre il 50% dei pazienti trattati cronicamente non segue i cambiamenti di stile di vita raccomandati o non assume la farmacoterapia prescritta (Debussche X., 2014). I fattori che contribuiscono a bassi livelli di aderenza includono regimi di trattamento complessi, effetti collaterali dei farmaci, scarsa comunicazione paziente-medico, credenze e risorse finanziarie dei pazienti, disturbi psichiatrici e compromissione della memoria (Nam S. et al., 2011; Vermeire E. et al., 2001).
Al fine di affrontare le attuali sfide del raggiungimento degli obiettivi terapeutici tra la popolazione diabetica, dovrebbero essere sviluppati e implementati nuovi modelli di fornitura di assistenza sanitaria. Grazie alla loro esperienza nella farmacoterapia e alla loro accessibilità nella comunità, i farmacisti sono in grado di costruire forti relazioni con i pazienti e diventare una fonte affidabile di informazioni. Pertanto, i farmacisti sono in una posizione ideale per educare i pazienti, monitorare e promuovere l’aderenza ai regimi terapeutici e di auto-cura, che hanno un impatto positivo sul raggiungimento degli esiti terapeutici nel diabete (American College of Clinical Pharmacy, 2012; Nichols-English G.J. et al., 2002). Inoltre, grazie alle loro vaste conoscenze scientifiche e tecniche, i farmacisti sono particolarmente attenti a determinati aspetti, come l'insorgenza di reazioni e le interazioni farmacologiche avverse, e fattori specifici associati all'invecchiamento e alle comorbilità. A causa della natura complessa del diabete, e come raccomandato dall'American Diabetes Association, si dovrebbe cercare un approccio collaborativo e integrato di squadra per la sua gestione, in cui il paziente deve svolgere un ruolo attivo insieme a un team sanitario multidisciplinare (American Diabetes Association, 2015). I farmacisti possono
30 quindi fungere da "ponte" tra i pazienti e gli altri operatori sanitari, garantendo così la continuità delle cure, che è essenziale nella gestione delle malattie croniche come il diabete.
Il farmacista può svolgere un ruolo rilevante nella prevenzione primaria e secondaria delle malattie cardiovascolari. Oltre all'erogazione di farmaci, il farmacista può fornire interventi più diretti (ad esempio, educazione ai farmaci e gestione delle malattie), come supporto all'azione del medico, al fine di migliorare l'aderenza ai farmaci, per raggiungere gli obiettivi degli esiti terapeutici desiderati e per migliorare l'uso sicuro dei farmaci (Swieczkowski D. et al., 2016). L'intervento diretto del farmacista nella cura dei pazienti, in alternativa all'approccio convenzionale, ha dimostrato di influenzare favorevolmente gli esiti terapeutici e di sicurezza in diverse malattie, come dislipidemia, ipertensione arteriosa, obesità, asma o broncopneumopatia cronica ostruttiva, malattie infettive (compresa l'immunizzazione influenzale), condizioni psichiatriche e prevenzione dell'osteoporosi (Chisholm-Burns M.A. et al., 2010; George P.P. et al., 2010; Tan E.C. et al., 2014). Una recente panoramica delle revisioni sistematiche ha documentato un impatto positivo sugli esiti dei pazienti (pressione sanguigna e riduzione dell'emoglobina glicata) dei servizi di farmacia clinica mirati a specifiche patologie cardiovascolari, come l'ipertensione o il diabete mellito (Rotta I. et al., 2015).
I servizi di Pharmaceutical Care per le malattie cardiovascolari possono essere grosso modo classificati in tre gruppi: attività rivolte ai pazienti, attività rivolte agli operatori sanitari e quelle fornite nell'ambito di un lavoro di squadra multidisciplinare (Moullin J.C. et al., 2013; Sabater-Hernández D. et al., 2016). (Figura 2)
L'educazione dei pazienti e la consulenza su farmaci, malattie e trattamenti non farmacologici (fra i quali ha grande importanza l'indicazione di uno stile di vita appropriato, tramite semplici consigli a banco) sono attività tradizionali del farmacista. Questi servizi mirano a migliorare la conoscenza dei pazienti e a promuovere il corretto uso dei farmaci, a favorire l'aderenza al trattamento e a preservare uno stato di salute ottimale. Il farmacista deve anche valutare possibili
31 problemi legati alla sicurezza dei farmaci nei pazienti trattati, fornendo consigli specifici e documentando tali eventi al medico responsabile del paziente.
Tuttavia, le attività più interessanti e potenzialmente di successo che un farmacista può compiere sono quelle che comportano un intervento diretto in un team multidisciplinare. I servizi multidisciplinari basati sul team includono la revisione dei farmaci e gli adeguamenti della terapia farmacologica, in cui il farmacista ha l'autonomia di gestire i farmaci secondo protocolli clinici predefiniti o accordi di collaborazione con il medico, e l'elaborazione o il perfezionamento di una storia di farmaci completa e affidabile. Così come la riconciliazione terapeutica e il follow-up dopo la dimissione ospedaliera. Di particolare interesse è lo sviluppo di programmi strutturati per il rilevamento, la prevenzione o il controllo di fattori di rischio specifici, tra cui la misurazione della pressione sanguigna, della glicemia e dei lipidi, e la fornitura di test diagnostici con segnalazione medica, come ECG a riposo a 12 lead, Holter pressorio, monitoraggio ECG Holter di 24 ore, realizzati anche attraverso strumenti di telemedicina (Omboni S. et al., 2017).
Figura 2. Elenco riassuntivo dei principali servizi che i farmacisti sono in grado di offirire al fine di migliorare il sistema di prevenzione e gestione dei rischi cardiovascolari dei pazienti (Omboni S. et al., 2017).
I servizi di assistenza diabetica forniti dai farmacisti sono stati riconosciuti come una pietra miliare per migliorare le conoscenze, l'aderenza ai farmaci, gli esiti clinici e la qualità della vita correlata alla salute in vari ambienti in tutto il mondo (Mamaghanian A. et al., 2017). È stato infatti dimostrato che i programmi di assistenza farmaceutica forniti dai farmacisti si trasformano in significativi