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Forte Portuense

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Academic year: 2021

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Forte Portuense

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Periodo di costruzione: dal 1877 al 1881 Superficie: 5,2 ettari

Costo di realizzazione: £ 733.000 compresi espropri Contesto: completamente inglobato nella città Modifiche: demolizione di parte del fossato per l’allargamento della via Portuense

Compendio: diversi edifici civili ad uso pubblico e privato

L’ingresso corazzato

L’accesso al Forte Portuense avviene, come vuole la prassi militare, sul fronte di gola, il lato più riparato del forte, quello che guarda verso la città ed è quindi il meno esposto al nemico, che si immagina possa venire dal mare, sul fronte opposto chiamato fronte di tiro. L’antico ponte levatoio (o ponte mobile), oggi è stato modificato in ponte fisso in calcestruzzo per permettere un ingresso agevole e a norma.

Originariamente il ponte mobile si componeva di due parti:

una parte fissa chiamata dormiente e una apribile, il levatoio.

Il levatoio originale, in legno, è andato perduto; al suo posto si trova oggi una soletta in cemento armato, che poggia sui pilastri in ghisa originali che sostenevano il dormiente.

Dal ponte si arriva all’ngresso monumentale del forte che, chiamato in gergo militare garitta, è costituito da due elementi architettonici: l’impalcato a prova di bomba (un telaio in calcestruzzo e riporti di terra, solidale con la roccia di tufo della Collina degli Irlandesi, che regge il portone d’ingresso) ed il portone corazzato vero e proprio, in ferro. L’impalcato presenta elementi decorativi come lesene, l’architrave

In alto:

Localizzazione del Forte Portuense rispetto al centro urbano di Roma.

Nella pagina a fianco:

Dettaglio della garitta monumentale.

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e rivestimenti bugnati con una mera funzione estetica. Di recente il portale è stato anche riarmato: sono state cioè rimontate sull’architrave le insegne militari del Forte, con il nodo sabauda (precedentemente riposte in magazzino).

La studiosa Francesca Ritucci, nel suo lavoro di studio sul Forte spiega la presenza di elementi decorativi, in un complesso dal carattere meramente funzionale: «Quello che vediamo è un lungo muro di cinta sempre uguale a se stesso fino al momento in cui, in prossimità delle porte, il progettista sente l’esigenza di una nobilitazione, il bisogno di collegarsi alla Storia, abbandonando la mera funzione cui è relegato un muro. Ed è nel portone d’ingresso che si nota l’incredibile scollamento tra due memorie e due modi di progettare, è qui che l’architetto ricorre al lessico avuto in eredità dal Rinascimento, riprendendolo al punto in cui lo hanno lasciato i Sangallo e Leonardo»

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.

All’interno dell’impalcato è montata la porta corazzata in ferro, restaurata a metà anni Duemila e depurata dalla ruggine. Varcata la porta corazzata vi è un androne a pianta

rettangolare, con volta a botte, affiancato da quattro ambienti

30. A. Anappo, Il Forte Portuense, Fondo Riva Portuense, In alto:

Prospetto di ingresso al forte

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funzionali: la stanza dell’ufficiale di guardia, la stanza del corpo di guardia, l’ascensore delle polveri (provenienti dalla polveriera al piano inferiore) ed infine il piccolo deposito di polveri per la difesa di prossimità.

Superati i quattro ambienti e l’androne si accede a un crociccio, percorso dalla grande galleria anulare, che è una strada sotterranea con volte a botte che percorre l’intero perimetro del Forte.

La piazza d’armi

Al termine del tratto in galleria la luce penetra improvvisa, irrompendo da una piazza scavata al centro esatto del forte, circa due piani sotto il piano di campagna.

Questo dislivello è proprio caratteristico dei forti, ed è ciò che li

distingue, come visto, dai castelli: un castello è sostanzialmente

un’opera di costruzione, si sceglie un’altura prominente e su

di essa si edificano in elevazione mura, torrioni e tutti gli

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spazi per la vita della comunità urbana del castello e della guarnigione militare. Il forte invece è l’esatto contrario, è un’opera di scavo: si prende un’altura prominente, e tutte le opere vengono scavate al di sotto del piano di campagna, affinché, da fuori, nulla sia visibile della macchina da guerra che si trova al di sotto. Non vi sono torri, o luoghi della vita quotidiana, il forte è un gigante dormiente, che rimane per la gran parte del suo tempo disabitato. Poi, al segnale di allarme, i militi alloggiati in altre parti della città, convergono in gran fretta verso il forte interessato dalle operazioni e la macchina bellica si risveglia. Tutto ciò è pienamente comprensibile osservando le caratteristiche orografiche della piazza d’armi di Forte Portuense.

La piazza d’armi, che è chiamata anche spianata, spiazzo interno o cortile, è la parte del forte destinata alle esercitazioni militari e alle adunanze. Misura circa mezzo ettaro e ha forma trapezoidale irregolare, con il lato sinistro attraversato dal corpo longitudinale del traversone. Almeno in origine la piazza era in parte coperta con un pavé in sampietrini.

La presenza del corpo centrale del traversone conferisce alla piazza una forma ad U. Il braccio rivolto verso la città è in pratica uno stretto spazio di passaggio, la cui parete di scarpa è inclinata ed occupata oggi come in origine da vegetazione e da una rampa di accesso agli spalti del piano superiore. Dopo il tratto ricurvo a gomito si entra nella piazza vera e propria, costituita da un’ampia spianata in direzione del fronte marino.

La scarpa del traversone è inclinata e inerbita, e percorsa da una rampa, mentre il muro di scarpa del fronte marino è

Nella pagina a fianco:

Arcate dei ricoveri delle truppe viste dalla piazza d’armi

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caratterizzato dai prospetti verticali del Quartiere d’armi, con le serie ripetitive di arcate che danno accesso alle camerate di fanteria.Su questo fronte sono presenti elementi decorativi:

come i marcapiani in travertino, i laterizi fini di colore ocra e rosso, e le gronde in ghisa (doccioni) per il drenaggio delle acque provenienti dagli spalti sovrastanti.

Vi era su tutta la piazza, un impianto di illuminazione elettrica in rame a doppio binario, con elementi di raccordo in porcellana, che permetteva l’addestramento notturno. Nei pressi del gomito è ancora oggi presente l’imbocco di una cisterna per la raccolta delle acque reflue; poco distante, nella galleria che dà accesso alla casamatta rivolta ad est, è presente un pozzo con rubinetteria che attingeva acqua dalla cisterna.

Complessivamente le scarpe inclinate conferiscono alla piazza l’aspetto di un anfiteatro. Il paramento murario è realizzato in cotto, mentre le cornici delle aperture sono in travertino, sovrastate da piattabande ad arco ribassato, con conci che si dipartono a raggiera. In alto il cornicione in travertino e la balaustra sono le ultime strutture del muro di scarpa prima del terrapieno.

Il traversone, che come visto è il corpo centrale della piazza

d’armi, è una costruzione in muratura la cui funzione militare

era ostacolare la penetrazione nemica all’interno del Forte. In

caso di attacco con penetrazione fulminea di forze nemiche

all’interno del forte, il traversone costituiva un ostacolo interno

e impediva il tiro d’infilata nelle camerate di fanteria, che

potevano così avere il tepo di reagire in armi. Si tratta di una

serie longitudinale di piccoli camerini e stanze, le cui funzioni

erano: il comando in tempo di pace, la stanza dell’ufficiale

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medico, l’infermeria, la farmacia, una latrina e alcune riservette di munizionamento. Pur essendo meno robusta di quelle sopra il quartiere d’armi, anche il terrapiaeno di copertura del traversone è a prova di bomba. Il traversone è attaccato all’androne d’ingresso tramite un grande camerone, adibito in origine a cucina e vivanderia.

Benchè Forte Portuense non sia stato mai direttamente investito da azioni belliche, è diffusa la memoria popolare che vuole che la piazza d’armi sia stato il triste scenario di alcune esecuzioni sommarie durante la Seconda Guerra Mondiale.

In particolare sembra che, di tanto in tanto, nel quartiere Portuense si siano uditi gli echi di gragnuole di colpi di fucile ben diversi da quelli delle esercitazioni, lasciando intendere che all’interno del forte si siano svolte esecuzioni sommarie per fucilazione. Questa circostanza non è stata però riscontrata nei mattinali della Questura, nei quali i nomi dei fucilati italiani, anche in caso di esecuzione sommaria, venivano comunque riportati. È probabile dunque che in realtà lo scenario di queste vicende non fosse Forte Portuense ma il vicino forte Bravetta, luogo purtroppo deputato dal Regime fascista alle esecuzioni capitali. Negli Anni Novanta, nel corso di pubblici dibattiti, la questione è stata pubblicamente discussa e l’ipotesi di esecuzioni sommarie è stata affermata da una pluralità di testimoni: non si tratta di testimoni diretti perché nessun civile poteva entrare nel forte, ma di abitanti del quartiere pronti a giurare che le gragnuole di fucilerie che duravano meno di un minuto ed erano seguite dal silenzio, c’erano state per davvero.

Purtroppo, ad oggi, non è possibile né affermare né smentire

questa circostanza.

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Il quartiere d’armi

Il quartiere d’armi è una caserma ipogea, destinata ad ospitare i militari del forte. Si trova due piani sotto il piano di campagna (circa 9 metri al di sotto), sebbene riceva luce naturale dalla piazza d’armi, anch’essa ipogea.

La particolarità di questa caserma è che, contrariamente alla prassi militare, non si trova nel fronte di gola (cioè quello che guarda la città, più riparato da un eventuale cannoneggiamento nemico), ma proprio sul fronte di tiro, seppur coperto da un robusto terrapieno a prova di bomba.

Si sviluppa su un unico piano alla stessa quota della piazza d’armi, anche se non mancano riservette poste nei vani scala di collegamento con i livelli superiori delle batterie di artiglieria.

Si estende per complessivi 2500 metri quadri.

Gli ambienti, denominati tutti ricoveri, sono di varie tipologie:

il tipo più comune è la camerata di fanteria, un grosso stanzone con volta bottata destinata all’alloggio in branda della truppa, chiamata in gergo militare anche ricovero di III classe; ma vi sono anche vi sono anche stanze più piccole di II o I classe destinate agli ufficiali e agli ufficiali superiori, magazzini per il munizionamento, latrine e locali di servizio.

Ciò che differenzia questi spazi sono le rifiniture: gli ambienti di III classe, diversamente dagli altri, non sono intonacati ma presentano murature a vista in tufo e selce, con volte in calcestruzzo e mattoni cotti.

Due lunghi corridoi longitudinali con pietre a vista, sorretti da serie di archi, attraversano l’intero quartiere d’armi. I corridoi si caratterizzano per le prospettive dai lontanissimi

Nella pagina a fianco:

Due viste opposte della piazza d’armi Fonte: materiale fotografico fornito in sede di concorso.

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punti di fuga, in cui le arcate che delimitano le camerate di fanteria costituiscono un elemento modulare. Così «Una volta stabilita la forma, cioè il numero, la grandezza principale, il resto diventa sottomultiplo. La fortezza stessa è a suo modo un grande multiplo, un moltiplicatore di forza e di tempo. La sua arma è il ritardo, la sua forza nel produrre lentezza, nel dilatare il tempo vedere la fortezza come una soglia tra fuori e dentro, un margine mobile nello spazio»

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.

Nelle camerate è ancora oggi visibile, sul pavimento, il segno lasciato delle brande, disposte in serie come nei convitti. È stato calcolato che la capacità di alloggio delle camerate fosse di complessive 700 persone, tra fanti e artiglieri. Non si tratta però di truppe residenti, ma di truppe normalmente alloggiate altrove che in caso di attacco nemico potevano concentrarsi nei forti per il solo tempo necessario alle operazioni di difesa

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«All’interno di ognuno di essi si troverà un limitato presidio, in massima parte composto di milizie mobili e territoriali, per opporsi almeno fino all’arrivo di un esercito di soccorso»

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. Alle due estremità del quartiere d’armi, e centralmente, nella rampa che porta alla casamatta, sono presenti alcune ridotte.

Si tratta di locali di piccole dimensioni, in cui poter proseguire un’ultima resistenza, anche qualora il forte fosse invaso con successo dal nemico: si trattava di fortini all’interno del forte.

Sempre a margine del quartiere d’armi si trovano alcune stanze

31. A. Anappo, Il Forte Portuense, Fondo Riva 32. M. Carcani, I forti di Roma, Roma, Voghera Carlo 33. Ivi.

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interne di I o II classe, con pareti intonacate, nelle quali è ancora visibile l’impianto di illuminazione a doppio binario su fili in rame con raccordi in porcellana.

Dal quartiere d’armi, attraverso scale elicoidali poste in fondo a talune delle camerate, perforando il terrapieno antibomba, si accede a due livelli di piani superiori. Il primo livello è ancora costituito da ambienti ipogei privi di luce naturale (si tratta probabilmente di depositi, che all’occorrenza potevano diventare delle ridotte), ed è chiamato mezzanino, mentre il secondo livello, immediatalente al di sotto del piano di campagna, è costituito da camminamenti e osservatori che davano accesso alle postazioni superiori dei piani di batteria.

Le batterie sono postazioni in piattaforma a cielo aperto per il tiro delle artiglierie, intervallate traverse, elementi di separazione disposti perpendicolarmente al parapetto, che servivano a proteggere dai tiri d’infilata. Nel piano di batteria è ancora oggi visibile un camminamento a cielo aperto, protetto da parapetto, che serve come percorso di comunicazione, e serviva anche alle sentinelle per compiere il giro di ronda, il ramparo.

Nel piano di batteria - oggi inerbito e completamente

riconquistato dalla fitta vegetazione - sono ancora oggi

riconoscibili delle piazzole per il tiro delle artiglierie, con

piccole riservette, e postazioni per cannoniere in barbetta,

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così chiamate dal divampare del fuoco che, bruciando l’erba cresciuta sull’argine sottostante la bocca di fuoco (troniera), sparando, “fa la barba” al terreno antistante.

Le artiglierie, oggi completamente rimosse, erano delle consuete tre tipologia in funzione del calibro: calibro piccolo (21-100 mm), medio (101-210) o grosso (superiori). Erano presenti sia mortai che obici (artiglierie con rapporto tra lunghezza della canna e calibro inferiore a 22) sia cannoni (lunghezze della canna superiori). Sul piano delle batterie sono inoltre riconoscibili delle torrette in muratura per l’osservazione.

Si conosce infine l’esistenza, senza che sia possibile individuarne i resti, di un telegrafo ottico: si trattava di un mezzo di comunicazione in grado di porre in contatto un forte con quello vicino, e quindi, attraverso un sistema di rimbalzo delle comunicazioni, Forte Portuense con tutti gli altri frti di Roma. Si trattava di un congegno di riflessione su specchi: le riflessioni brevi (punti) e quelle lunghe (linee) componevano vocaboli in alfabeto morse, ma venivano utilizzati anche altri segnali convenzionali.

Le artiglierie di Forte Portuense potevano battere a fuoco o cannoneggiare le alture del Casaletto, di Affogalasio, di Monte delle Piche, oppure sul versante opposto la Valle del Tevere, i Prati di Tor di Valle, i Monti del Truglio e le colline di Santa Passera. In questo modo Forte Portuense presidiava la ferrovia e lo snodo ferroviario retrostante di Trastevere. Rispetto alle Mura (Porta Portese) il forte si trova 3,5 km più avanti.

Al di là dello spesso strato di terre, sia di roccia naturale che

terra di riporto, che costituisce il terrapieno antibomba, si

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trova il muro verticale di scarpa in laterizio, con funzione di contenitore delle terre e di fronte di tiro, esposto all’eventuale cannoneggiamento nemico.

Come la quasi totalità dei forti militari di Roma, Forte Portuense non è stato mai direttamente coinvolto in azioni militari. Un aneddoto popolare, che ha trovato riscontro anche dal diretto interessato, vuole il 10 settembre 1943, quando i Tedeschi bussarono al Forte Portuense, ci fosse un unico fante di presidio del Forte e che egli li abbia fatti entrare rimanendo pacificamente disarmato, senza spargimento di sangue.

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Le casematte

La casamatta è un locale fortificato a prova di bomba, che prende il nome da casa marzia (cioè casa di Marte, il dio delle armi): è il luogo dove si concentra la maggior potenza di fuoco, che in caso di attacco diretto diventa il cuore militare del forte, e si trova ovviamente sul fronte di fuoco, in posizione centrale e sporgente rispetto al Forte. Il fronte di fuoco misura 180 metri ed è costituito da due facce angolate con al vertice la casamatta e ai due estremi due altre strutture fortificate, le mezzecaponiere.

Internamente alla casamatta si distinguono varie parti funzionali. La parte esposta al nemico è chiamata cannoniera e ha finestre svasate, per permettere il bordeggio delle artiglierie.

Accanto alla cannoniera vi sono due ampie finestre affacciate sul fossato: esse consentono il tiro in infilata sulla linea di nemici, nel caso tentino un attacco lungo il fossato.

In posizione arretrata la casamatta ha alcune riservette, contenenti munizioni per alcune ore di fuoco ininterrotto, per

34. A. Anappo, Il Forte

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«opporsi al nemico fino all’arrivo di un esercito di soccorso»

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. A fianco vi sono stanzini fortificati per l’ultima difesa e sortite (dette anche portine o posterle) sul piano del fossato, per le azioni di risposta. Le funzioni delle sortite sono numerose: si tratta di piccole porte in posizione riparata e recondita, che consentono la comunicazione rapida fra interno ed esterno;

offrendo un accesso secondario quando il portone principale è sotto attacco, consentono la sortita dei difensori per un attacco di sorpresa, e in caso sia necessaria l’evacuazione, funzionano da uscita di soccorso.

La casamatta è direttamente collegata alla piazza d’armi mediante un piano inclinato: si tratta di una galleria a scorrimento veloce, lungo la quale è possibile, in caso di attacco, portare pezzi di artiglieria su ruote all’interno, sfruttando la pendenza naturale della galleria.

Se la funzione della casamatta centrale è presidiare le due facce angolate del fronte di fuoco, il compito di presidiare quelle laterali del forte è affidata a due piccole fortificazioni angolari, chiamate mezze caponiere, poste agli angoli tra il fronte di fuoco e i due fronti laterali e destinate a battere il fossato con armi da fuoco in infilata.

Esse sono simili per struttura alla casamatta centrale, con la differenza che la cannoniera è orientata, anziché al bordeggio, al brandeggio, cioè lo spostamento della bocca da fuoco sull’asse orizzontale. Sulle cortine delle mezze caponiere si aprono delle caditoie, condotte inclinate per il lancio di bombe

a mano contro gli attaccanti nel fossato.

35. M. Carcani, I forti di Roma, Roma, Voghera Carlo

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La caponiera e gli altri corpi minori

Una quarta fortificazione, la caponiera, difende l’ingresso, e corrispondente ad essa si trova, sull’altro lato del fossato asciutto, e all’esterno del forte, il deposito delle polveri (polveriera).

Il piano del fossato ospita ampi magazzini (viveri, artiglieria, munizioni) dotati di montacarichi. Vi sono cunicoli di soccorso e caditoie e una galleria sotterranea che percorre l’intero forte.

Una scala e un montacarichi portano alla polveriera sotterranea, al livello inferiore; una rampa carrabile, accessibile anche ai mezzi di artiglieria permette la salita ai piani di batteria.

In caso di aggressione, la risposta attiva era tuttavia affidata all’avancorpo della caponiera, sporgente rispetto al muro di scarpa: poteva battere il fossato in infilata, cioè con un unico tiro radente che colpiva l’intera colonna nemica, e supportare la garitta sul fianco operando quello che si dice un tiro incrociato. Dall’androne si può raggiungere sia il piano del fossato, sia quello in alto della batteria con percorsi diversificati:

a scala il primo, a rampa il secondo per l’accesso dei pezzi di artiglieria pesante. Al piano del fossato, più basso rispetto a quello dell’ingresso, l’organisnmo sotterraneo si dispone alla difesa. Passaggi, profonde gallerie ritrovate nel terreno, collegano zone di disimpegno, locali per il fiancheggiamento delle caponiere, ed elementi distributivi verticali come rampe, scale e montacarichi.

Il fossato è esso stesso una fortificazione difensiva, che serve ad

ostacolare l’avanzata dell’attaccante. Ripete per forma la pianta

trapezoidale del forte ed è di tipo “asciutto”, non veniva cioè

riempito d’acqua come i castelli medievali, ma la sua funzione

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era raccogliere le macerie dei bombardamenti, affinché non ostruissero le bocche di fuoco. Il fossato asciutto ha inoltre delle funzionalità strategiche: vi possono partire le sortite dei difensori, mentre dalla casamatta, dalle mezze caponiere e dalla caponiera sul fronte di gola si poteva far fuoco sugli attaccanti.

Nel fossato, la parete a cortina che coincide col fronte di fuoco del forte prende il nome di scarpa o parete interna; la parete opposta, cioè quella esterna ed aperta verso la campagna si chiama controscarpa. Nella parete di controscarpa erano un tempo presenti dei camminamenti al di sopra degli spalti, oggi perduti a causa dei riutilizzi del terrapieno della controscarpa.

La scarpa e la controscarpa si definiscono entrambe, in gergo militare, cortine.

I lavori di costruzione

L’altura dove sorge il forte è chiamata in origine Collina degli

Irlandesi, in memoria di un casolare di proprietà del Collegio

Irlandese, che viene distrutto per far posto al forte. La collina è

il punto orografico più alto dell’area portuense, interseca la Via

Portuense, controlla a vista la Valle del Tevere sulla sinistra, dista

3,5 km dal Bastione di Porta Portese, ed infine traguarda (cioè

controlla a vista) sulla destra il fianco sinistro del vicino Forte

Bravetta. Nell’estate 1877 la commissione militare ispezionò

l’altura degli Irlandesi per una prima ricognizione, e già in

quell’occasione dispose profondi modellamenti sulla collina

tra cui lo sbancamento della sommità, lo scavo per 8 metri

circa di un’area poligonale sotto il piano che diventerà poi la

piazza d’armi, e la formazione con i materiali di riporto di una

cintura di spalto artificiale scarpata in direzione dell’odierno

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largo La Loggia; infine viene prevista la deviazione a valle di via Portuense, come ostacolo ad un’eventuale avanzata nemica.

Quando la commissione torna sulla collina una seconda volta, a distanza di pochi giorni, visiona sul terreno il tracciato delimitato da picchetti, dai quali emerge già il disegno di un forte corazzato circondato da un fossato asciutto lungo il perimetro murario lievemente scarpato.

Il progetto del Forte Portuense viene approvato dal ministro della Guerra, generale Luigi Mezzacapo: i lavori iniziano il 12 novembre 1877, per opera della Divisione Materialedella Direzione del Genio militare.

Il 7 febbraio 1878 il generale Enrico Cosenz, ex comandante della Divisione militare di Roma, scrive al ministro della Guerra per invitarlo a visionare il cantiere: «Signor Generale, ho ricevuto i suoi due biglietti e l’accerto che il ritardo del primo non produsse nessun inconveniente. Io desidererei che ella vedesse i forti Portuense e Troiani e sono sempre a sue disposizioni. Queste gite lungi dall’essere un disturbo per me, mi sono invece molto utili». Dal biglietto si capisce chiaramente che la costruzione del Forte è avviata ed il Ministero della guerra Bruzzo segue l’andamento dei lavori, per il tramite del generale Cosenz.

A fine 1881 la collina ha l’aspetto di un «tartaruga corazzata»,

da cui sporgono i soli piani di batteria, la cannoniera e le

lunette laterali. La geometria complessiva disegna un poligono

prussiano, cioè un trapezio irregolare. Le sole sporgenze sono

quelle della casamatta sul fronte, degli orecchioni alle estremità

dei fianchi e della caponiera sul fronte di gola.

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IL FORTE OGGI

L’esonero dalle funzione militari (1946-1983)

Dall’Ufficio tecnico erariale proviene una minuziosa relazione sullo stato del forte nell’immediato Dopoguerra:

«Il Forte Portuense risulta di forma irregolare con giaciture varie, in parte in pendio ed in parte collinare. La sola area pianeggiante è costituita dallo spiazzo interno al Forte, ed ad alcune zone limitrofe alle varie costruzioni e manufatti che insistono nell’accorpamento»

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.

Questo ‘contenitore’, un tempo isolato nel suo contesto urbano, oggi sembra essere diventato ‘contenuto’ da un tessuto circostante ormai opprimente. Attorniato com’è dal quartiere, sembra scomparire se non fuoriuscissero alberi ed arbusti dal suo perinietro. Questa boscaglia anonima nasconde la sua storia a quanti, pur risiedendo nei suoi pressi, non percepiscono mininamente la sua esistenza.

A guerra conclusa l’Erario relaziona sulla devastazione operata dai Tedeschi, occupanti del Forte: «Le riservette ed i locali presentano molte manchevolezze, disfacimento dei pavimenti, mancanza di vetri e avarie a infissi di porte e finestre, cancelli, intonaci. Danneggiati gli impianti elettrici ed idraulici».

Nel 1956 il Forte viene esoneratoufficialmente da funzioni militari. Diventa un immenso deposito di materiali del genio, documenti d’archivio, armi e munizioni desuete.

Una relazione del Dopoguerra, sempre dell’Ufficio tecnico erariale descrive lo stato del forte subito dopo la partenza dei Tedeschi:

36. A. Anappo, Il Forte Portuense, Fondo Riva

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«Tutte le costruzioni e manufatti risultano in cattive condizioni generali. Anzi, alcune di esse nonché varie riservette, risultano danneggiate dalla devastazione operata dai Tedeschi all’atto di abbandonare la Capitale. Le riservette ed i locali presentano molte manchevolezze, tra le quali la più importante è determinata dal disfacimento dei pavimenti, oltre alla mancanza di numerosi vetri e le avarie agli infissi di porte e finestre, cancelli, intonaci. Infine risultano danneggiati gli impianti elettrici ed idraulici».

Dopo il 1945 le superfici risultano ancora così distribuite:

«Circa 1 ettaro è coperto dalle costruzioni utilizzate in parte per uso abitazioni, in parte per uso archivio del Ministero della Guerra, mezzo ettaro di terreno è costituito dallo spiazzo interno al Forte. Un ettaro e mezzo circa di terreno, cioè la restante, costituisce una striscia per il fossato e le strade che delimitano la proprietà demaniale militare».

All’inizio degli anni ‘60 ci furono i primi dibattiti sulla possibilità di dare del forte un utilizzo volto alla collettività.

Il quotidiano «Il Tempo» ha testimoniato dell’abbandono in cui versava il forte all’epoca: una pagina di cronaca del 7 novembre 1961, con una prosa aulica, descrive così lo stato del forte:

«Il mare di cemento e di mattoni del quartiere Portuense si

è arrestato ai margini di una vasta area di circa quarantamila

metri quadri, coperta da una vegetazione fitta e selvaggia,

interrotta da profondi fossati e recintata tutto intorno da filo

spinato. È il vecchio Forte Portuense, che forza ormai non ha

più, e lo dimostra pietosamente un misero resto di garitta che

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espone al vento e alla pioggia un superstite scheletro di ferro con qualche brandello di cemento ancora aggrappato di qua e di là. C’è poi la casa del custode, impegnato strenuamente in opere bucoliche, e un certo numero di capannoni adibiti alla conservazione di registri e documenti vetusti».

1961. Andreotti e la variante al Piano Regolatore

Nel 1961 scende in campo la politica. Si fa avanti l’idea di trasferire il forte dal Demanio statale a quello comunale, destinando l’area ad uso della cittadinanza.

Il Tempo riferisce di un comizio al Portuense il 12 marzo 1961, in cui l’allora ministro Giulio Andreotti, «prese formale impegno di cedere il Forte al Comune per l’attuazione delle importanti opere di carattere pubblico e sociale che esso onora di ospitare».

Gli interventi non tardano. Il 31 marzo 1961 viene approvata la variante 115 bis al Piano regolatore, che vincola l’area del forte come «zona M3», cioè servizi pubblici di quartiere:

parco pubblico, campo sportivo, terreno edificabile (per la costruzione di una scuola e di una chiesa).

Rimaneva tuttavia ancora il problema delle numerose

artiglierie presenti nel forte, e di parte consistente dei locali

impiegata come magazzino. Scriveva Il Tempo: «Tutta l’area è

di proprietà demaniale e in possesso dell’autorità militare. Non

c’è il minimo segno però, che l’autorità militare sia disposta

a lasciare effettivamente libero il capannone; documenti e

registri potrebbero facilmente trovare una sede più funzionale

altrove».

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Lo sgombero avverrà solo cinque anni dopo. Con una nota del 10 agosto 1966, il la Direzione Generale del Genio, dispone il trasferimento delle artiglierie: «Un’area disponibile ed idonea all’installazione di capannoni per il ricovero del materiale attualmente ricoverato al Forte Portuense è stata effettuata presso l’ex Stabilimento Innocenti Tor Sapienza».

Il 9 marzo 1967 il Ministero della Difesa autorizza la consegna provvisoria del forte al Comune di Roma, per consentire la sistemazione di servizi di quartiere, ma contemporaneamente autorizza anche la demolizione di una lunetta del forte, per consentire la rettificazione della via Portuense che proprio al tempo della costruzione del forte era stata deviata fino a compiere un mezzo giro del forte, a scopo difensivo.

La strada viene realizzata, e così la scuola e la chiesa. Per la realizzazione dei servizi occorre invece attendere molto ancora.

Il recupero (1984-2004)

Inizia a questo punto la questione dei vincoli.

Con una declaratoria del Ministero dei beni culturali del 13 luglio 1984 il forte diventa «bene culturale» del demanio indisponibile dello Stato, ramo storico-artistico-archeologico, ai sensi della legge 1089 del 1939.

I vincoli di tutela, assai pesanti, sono difficilmente compatibili

con la destinazione a servizi di quartiere proposta dal Piano

regolatore. A mitigare i vincoli interviene una legge del

1986, stabilendo che il bene culturale può essere dato in

concessione ad un ente pubblico o ad un’istituzione culturale,

per un massimo di 19 anni, per lo svolgimento dei compiti

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istituzionali dell’ente assegnatario. Ma rimane ancora lontana la possibilità di svolgervi servizi di quartiere o dalla sub- locazione all’associazionismo locale, che è ancora vietata.

Una declaratoria del 13 luglio 1984 del Ministero dei Beni Culturali dichiara il forte di «particolare interesse» ai sensi della legge 1089 del 1° giugno 1939, inserendolto tra i beni demaniali del ramo artistico-storico-archeologico sottoposti a vincoli di tutela. Il vincolo maggiore per questo tipo di beni è costituito dall’inalienabilità.

Il programma dell’Associazione Forte Portuense.

Nel 1996 si costituisce un’associazione, chiamata Associazione Forte Portuense, che individua nella struttura fortificata la possibilità di promuovere attività artistiche, trasformandolo in un centro culturale polivalente.

Tra i soggetti promotori vi sono la Scuola materna di via degli Irlandesi, il Centro anziani Ciricillo, la Scuola popolare di musica di Testaccio, e le associazioni Assoraider (scout), Idonea (imprenditoria femmininile) e Ars RomaSedici.

L’associazione si propone come raggruppamento di organizzazioni che già si occupano di specifiche forme d’arte.

Alla base della progettualità dell’associazione vi è l’idea che al Forte, che ha perduto la sua funzione originaria di strumento militare, occorre assegnarne una nuova, affinché non rappresenti più un luogo di degrado e si trasformi, per il quartiere, in una risorsa.

Le destinazioni d’uso auspicabili secondo le analisi

dell’Associazione sono varie: il forte viene visto come una

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struttura ideale per ospitare le sedi di alcune delle associazioni di quartiere, per organizzare mostre itineranti e temporanee e come spazio ginnico e ricreativo per le scuole. La piazza d’armi viene concepita come uno spazio per concerti, teatro e cinema all’aperto, mentre corsi di musica, ludoteca e laboratori artistici sale informatiche, bar, ristorante, video-caffè, e molto altro sono le attività che possono essere inserite all’interno dei volumi emergenti.

L’intento era già allora quello di rendere Forte Portuense un’attrazione per l’intera città, contribuendo alla riqualificazione di un quartiere sempre meno periferico e caratterizzato dalla scarsità di attività culturali. L’Associazione vede una tale struttura come parte integrante del piano più generale di sviluppo del Quadrante Ovest di Roma.

Si riporta di seguito uno stralcio del programma di intervento dell’Associazione:

«Tutti i laboratori saranno caratterizzati da un’attenzione particolare alla prevenzione del disagio giovanile e all’integrazione multi-etnica, con riunioni periodiche dei vari responsabili, incluso un esperto di psicologia dell’età evolutiva, per migliorare le dinamiche interrelazionali e le potenzialità espressive individuali. Le attività previste sono:

1) Musica: Scuola Popolare di Musica di Testaccio; corsi e lezioni aperte (previsti posti anche per un pubblico di uditori);

corsi di strumento; corsi di musico-terapia; sede della Banda

di Arvalia; sale prova; biblioteca e ricerca; banca dati musicisti;

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concerti.

2) Artigianato: Associazione IDONEA mostre di artigianato;

laboratori (ceramica, cucito, ricamo, tessitura, legno, ecc.) per adulti e bambini.

3) Attività per i giovani: Scout Assoraider attività scoutistiche (riunioni, ecc.) attività all’aria aperta; organizzazione periodica di visite guidate e attività ludiche aperte ai cittadini.

4) Attività artistiche: ARS ArteRomaSedici; laboratori di disegno, pittura, fotografia e ceramica artistica; mostre espositive delle produzioni interne ai laboratori organizzazione di eventi espositivi di artisti nazionali ed internazionali; lezioni e seminari sull’uso del disegno e del colore; corsi di formazione per insegnanti sul disegno e la sua interpretazione; gruppi di disegnoterapia.

5) Accoglienza socio-culturale; sportello per informazioni agli stranieri; corsi sull’uso della lingua italiana per stranieri.

6) Cinema, ristoro, attività varie: Ristorazione Bar; Chiosco.

Si prevedono anche spazi comuni, in particolare una grande sala polivalente, probabilmente da costruire nella parte scoperta del Forte, per avvenimenti che richiamano un pubblico più numeroso: concerti, danza, spettacoli teatrali, rassegne cinematografiche.

Con questa gamma di attività, l’Associazione Culturale Forte

Portuense conta di coinvolgere gli abitanti del quartiere,

trasformando una struttura abbandonata ed a rischio di

degrado in una risorsa capace di produrre fermento culturale

e nuova occupazione, sia diretta che indotta.»

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1996-1998. La concessione

Il 17 dicembre 1996 la XV Circoscrizione di Roma vota una risoluzione «per l’utilizzazione pubblica e la valorizzazione dell’ex forte Portuense», chiedendo al Comune di acquisire il forte in concessione dal Demanio, offrendo in cambio la bonifica del verde e la realizzazione di un progetto architettonico e di valorizzazione. In questo percorso è significativo l’appoggio dei parlamentari locali, la deputata Giovanna Meandri e la senatrice Carla Rocchi.

Il 16 maggio 1997 il Comune approva la risoluzione della XV circoscrizione, e formula una memoria al Demanio. Il 13 ottobre 1997 il Demanio statale concede il forte in concessione.

La concessione si perfeziona solo nel maggio 1998, attraverso un verbale di concessione e l’effettiva consegna delle chiavi, e ha durata brevissima: 18 mesi, il tempo necessario per la bonifica dagli ordigni bellici e per permettere i rilievi e la redazione di un progetto tecnico-funzionale, architettonico, economico e finanziario.

Il recupero

I primi sopralluoghi rivelarono subito la presenza di ordigni bellici a rischio esplosione, e così una lunga fase di sminamento bloccò i lavori al forte per tutto il 1999.

Il 12 aprile 2000 il problema delle mine viene preso in mano da Regione Lazio e dal Ministero per i Beni culturali, che stanziò 1,6 miliardi di lire per svolgere, oltre lo sminamento e la messa in sicurezza, anche la sistemazione a parco e uno studio tecnico.

Nella primavera 2004 iniziarono i lavori, ma i fondi in realtà

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bastarono solo per la totale messa in sicurezza dagli ordigni bellici e per un primo restauro conservativo, diretto dall’arch.

Belardi della Soprintendenza, mentre la pulizia del verde venne svolta in maniera piuttosto sommaria.

Si dovette affrontare il problema delle tonnellate di rifiuti (prodotti soprattutto dalla escavazione del fossato, che viene riportato ai volumi originari) che furono però ripuliti grazie ad un nuovo finanziamento di 40mila euro ottenuto dall’assessorato all’Ambiente del Comune, in accordo con l’Ama.

Ad ottobre venne completata inoltre la costruzione di un nuovo asilo, che sostituì i sei padiglioni in amianto della vecchia scuola.

La situazione di oggi

Ad oggi il Forte è chiuso al pubblico. Attorno ad esso sono stati realizzati diversi manufatti spesso anche edificati in circostanze di abusività, ed essi sono diventati i veri protagonisti dell’area, appropriandosi talvolta degli ambienti stessi del forte.

L’ingresso principale non è visibile dalla via Portuense: di

fronte ad esso si trovano le strutture del centro sportivo, ed

una costruzione che, oggi abitata da un privato, aveva ospitato

gli spazi della casa del custode. Queste strutture si appoggiano

quasi al muro esterno del fossato, rendendolo inaccessibile da

quello che era il lato originale. Per poter visitare il forte si deve

passare dalla cosidetta gobba, ossia quella parte del fossato che

a fine anni ‘60 era stata letteralmente tagliata per permettere

l’ampiameno della via Portuense: qui un cancello separa il

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fossato dal marciapiede esterno, e attraverso esso si percorre un tratto che costeggiando il muro di cinta dell forte arriva ai piedi della garitta. Si devono salire delle scale per poter raggiungere il ponte fisso che si trova alla quota di calpestio degli ambienti del forte.

Nella parte di compendio che confina con il fronte di fuoco trovano posto due strutture che ospitano degli archivi militari, con il relativo intorno completamente inaccessibile e chiuso all’esterno. Spostandosi verso via degli Irlandesi si incontrano l’attuale asilo, in disuso, e la bocciofila del centro anziani, unico ambiente veramente vissuto di questa area, grazie all’iniziativa della attivissima comunità di anziani locale. Per chiudere, all’esterno del perimetro del compendio del forte, ma morbosamente attaccato ad esso, si trova il mercato di Santa Silvia, accessibile dall’omonimo largo sul quale si affaccia anche la Parrocchia.

Come si vedrà più avanti, tutte queste funzioni non

devono essere eliminate, in quanto sorte nel tempo spesso

per iniziativa privata degli abitanti del quartiere, e quindi

chiaramente necessari all’interesse del pubblico, ma devono

essere completamente ripensati, in modo da far tornare Forte

Portuense il vero grande protagonista della scena e restituirlo

alla città di Roma (e non solo alla comunità locale) perché

rientri a far parte come merita dell’immenso patrimonio

architettonico della città come testimone di una fetta di storia,

ad oggi quasi dimenticata, di inestimabile valore.

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Uno dei magazzini privati

Una residenza privata di fronte al portale principale, ex casa del custode

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Il mercato di Santa Silvia

La facciata della Parrocchia di Santa Silvia

Il centro sportivo visto

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