• Non ci sono risultati.

2. La sostenibilità di un prodotto e la filiera

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "2. La sostenibilità di un prodotto e la filiera"

Copied!
13
0
0

Testo completo

(1)

2. La sostenibilità di un prodotto e la filiera

2.1 La filiera

Il primo passo per integrare la CSR nella gestione aziendale è quello di definire obiettivi strategici orientati al perseguimento di una crescita sostenibile.

Risulta fondamentale che i progetti per uno sviluppo sostenibile siano ben distribuiti nelle relazioni a monte e a valle della filiera, per consentire alle imprese di migliorare la propria capacità di interazione con fornitori distributori, al fine di estrarre il potenziale innovativo insito nella cooperazione35 e incrementare il valore e la qualità degli output di processo36.

Ma cosa si intende per filiera? si intende l’insieme delle aziende che partecipano allo sviluppo della catena di un prodotto, in termini di creazione, trasformazione, distribuzione, commercializzazione e fornitura del prodotto stesso. Quindi si tratta di un insieme di attività che partono dagli input, dalle materie prime ed arrivano fino alla consegna del prodotto al consumatore, svolte da attori diversi e che si differenziano a seconda del numero di passaggi che il prodotto subisce.

La filiera è distinta in corta e lunga a seconda del numero di operatori che vi operano ed in base al numero dei km che le materie prime ed il bene percorrono.

Individuare la dimensione della filiera può essere determinante per capire il grado di competitività dei prodotti e servizi offerti dall’azienda. Un’ impresa può gestire tutta la filiera o parte di essa ed ambire a completare la filiera vuol dire ottenere maggior valore aggiunto sul prodotto finito, nonostante sia opinione diffusa che il valore di cui si                                                                                                                          

35Dyer, J. H., & Singh, H. (1998). The relational view: Cooperative strategy and sources of interorganizational competitive advantage. Academy of management review, 23(4), 660-679.Tencati, A., & Zsolnai, L. (2009). The collaborative enterprise. Journal of Business Ethics, 85(3), 367-376.

36Dallocchio, M., F. Perrini, A. Russo, and C. Vurro. (2010) Creare Valore Nella Supply Chain:

Modelli Di Gestione a Confronto, Egea, Milano.

Citati in: Perrini F., Vurro C. L’implementazione della CRS nei rapporti di filiera delle piccole e medie imprese: un’analisi quantitativa del contesto italiano.

(2)

appropriano gli attori a valle delle filiera sia notevolmente maggiore, in proporzione, a quello percepito dagli attori a monte.

La struttura di una filiera cambia molto a seconda della categoria di prodotti che si va ad analizzare. La filiera agro-alimentare, per esempio, è una di quelle filiere che suscita particolare interesse per un consumatore che è sempre più attento alla salute e alla qualità dei cibi che consuma.

Il concetto di filiera agroalimentare è efficacemente espresso da Saccomandi37 che la “definisce come l’insieme degli agenti economici, amministrativi e politici che, direttamente o indirettamente, delimitano il percorso che un prodotto agricolo deve seguire per arrivare dallo stadio iniziale di produzione a quello finale di utilizzazione, nonché il complesso delle interazioni delle attività di tutti gli agenti che determinano questo percorso.”

La prima fase di una filiera agro-alimentare consiste nella fase di produzione delle materie prime alimentari nella quale sono coinvolte le imprese produttrici di beni quali latte, cereali, frutta, verdura ecc. I prodotti ottenuti nel primo anello della filiera sono destinati a subire una fase di trasformazione svolta dalle industrie di produzione e trasformazione alimentare, come le imprese per la raccolta dei prodotti ortofrutticoli, per la mungitura delle mucche da latte, per la macellazione dei bovini, per la lavorazione dei pomodori, per la produzione di marmellate, yogurt e surgelati.

Nella terza fase sono coinvolte le imprese di confezionamento, etichettatura e imballaggio. Infine nell’ultima fase, quella della distribuzione, lavorano le società di trasporto e distribuzione. 38

                                                                                                                         

37Saccomandi, V. (1999). Economia dei mercati agricoli, il Mulino. 38 Fonte: http://www.eat-ing.net/getpage.aspx?id=39

(3)

Chiaramente la lunghezza della filiera dipende dal numero delle imprese che sono coinvolte lungo la stessa e dalle fase produttive che un prodotto subisce fino alla sua realizzazione.

Fig. 3 Schema generale di una filiera

Fonte: G.G. D’Ancona La filiera agro-alimentare

Il vantaggio di costituire una rete di imprese che vadano a formare una filiera produttiva nasce dalla consapevolezza del ruolo che essa gioca nella competitività delle singole imprese e dei loro prodotti/servizi. Le imprese agricole, per esempio, tendono a integrare le fasi a valle per cercare di riappropriarsi di quote di valore e cercare di spuntare condizioni migliori nelle contrattazioni.

Dal lato della domanda, invece, si è diffusa la consapevolezza della complessità e della molteplicità di soggetti che stanno dietro ad un’organizzazione produttiva, di conseguenza è cresciuta l’attenzione verso la natura del processo produttivo e le

(4)

caratteristiche del prodotto finito. Conoscere, di conseguenza, la filiera diviene importante per il consumatore.39

Tutto ciò può tradursi nella cosiddetta “tracciabilità di filiera” cioè nella possibilità di risalire a tutte le fasi che hanno contribuito alla creazione di uno specifico prodotto. Ai fini della tracciabilità non è tanto importante la zona di produzione o la tradizione produttiva (come per i marchi DOP) ma chi è intervenuto, materialmente e non, in tutte le fasi della filiera. La possibilità di poter risalire tutta la filiera permette al consumatore di riconoscere le responsabilità di tutti coloro che hanno partecipato all’ottenimento del prodotto, di conoscere la natura e la provenienza dalle materie prime, i metodi di fornitura, di lavorazione, di commercializzazione ecc. del prodotto stesso.

2.2 La sostenibilità nella filiera

Il consumatore, come già più volte ribadito, è sempre più attento ai criteri di sostenibilità che le aziende mettono in atto per la realizzazione dei loro prodotti a livello generale, ma diventano particolarmente esigenti quando si parla di prodotti agroalimentari.

La sicurezza e la salute fisica e mentale stanno alla base dei bisogni dell’uomo e la possibilità di conoscere con esattezza il prodotto oggetto dell’acquisto, da dove proviene, che sostanze o metodi di lavorazione siano stati utilizzati diventa fondamentale per ogni individuo. Per questo la sostenibilità della filiera agroalimentare è considerata primaria per la sua importanza nel consumo.

Gli esponenti politici, l’opinione pubblica e i rappresentati del mondo accademico hanno posto l’attenzione sull’importanza dei benefici connessi all’introduzione volontaria delle tematiche sociali e ambientali nei rapporti con gli attori della filiera,                                                                                                                          

39 Carbone A. (2014) Filiere Agroalimentari: definizioni, organizzazione e protagonisti (e

problemi nella realtà italiana) Materiale del corso di Economia del Settore Agroalimentare a.a. 2013-2014.

(5)

considerando i crescenti rischi connessi alla perdita di controllo sulle filiere disperse geograficamente.40

Trovano spazio, in tale ambito, gli studi sull’adozione di pratiche responsabili negli scambi lungo la filiera produttiva, con particolare riferimento ai temi ambientali, alla tracciabilità, al rispetto dei diritti umani e al diversity management nella selezione dei fornitori41. L’attenzione è stata posta sui potenziali vantaggi legati all’adozione di modelli cooperativi basati sul coinvolgimento degli attori di filiera nella co-creazione di standard e strumenti di gestione responsabile42. La necessità di adottare un diverso approccio nella gestione della filiera produttiva trova ragione nei rischi della crescente esternalizzazione delle filiere43. Nonostante siano riconosciuti gli effetti positivi (abbattimento dei costi di produzione) connessi alle strategie di outsourcing c’è da prendere in considerazione un evidente problema: la perdita di controllo sulle fasi di produzione e distribuzione esternalizzate al mercato.

Spesso, la pressione dei produttori sulla riduzione indiscriminata dei costi ha incentivato gli attori a monte della filiera, soprattutto quando localizzati in Paesi in via di sviluppo,                                                                                                                          

40Carter, C. R. (2005). Purchasing social responsibility and firm performance: The key mediating roles of organizational learning and supplier performance. International Journal of Physical Distribution & Logistics Management, 35(3), 177-194.

Maloni, M. J., & Brown, M. E. (2006). Corporate social responsibility in the supply chain: an application in the food industry. Journal of business ethics, 68(1), 35-52.

41 Carter, C. R. (2005). Purchasing social responsibility and firm performance: The key mediating roles of organizational learning and supplier performance. International Journal of Physical Distribution & Logistics Management, 35(3), 177-194.

42 Dyer, J., and H. Singh: (1998) 'The Relational View: Cooperative Strategy and Sources of

Interorganizational Competitive Advantage', Academy of Management Review, 660-­‐679. Perrini, F., and A. Russo: (2008) 'Illycaffè: Value Creation through Responsible Supplier Relationships', Journal of Business Ethics Education, 83-­‐114.

Verwaal, E., & Hesselmans, M. (2004). Drivers of Supply Network Governance: An Explorative Study of the Dutch Chemical Industry. European Management Journal, 22(4), 442-451.

Weisband, E. (2009). The virtues of virtue social capital, network governance, and corporate social responsibility. American Behavioral Scientist, 52(6), 905-918.

Citati in: Perrini, F., & Vurro, C. L’implementazione della CSR nei rapporti di filiera delle piccole e medie imprese.

43 Daboub, A. J., & Calton, J. M. (2002). Stakeholder learning dialogues: How to preserve ethical responsibility in networks. Journal of Business Ethics, 41(1-2), 85-98.

(6)

a un’incessante corsa verso il basso con significative conseguenze sulla riduzione del costo del lavoro, degli investimenti ambientali e delle spese sociali, con impatti considerevoli sulla riduzione della qualità e del valore delle produzioni44.

Di conseguenza le filiere agroalimentari, per gestire i rischi connessi alla conseguente perdita di immagine, reputazione, e valore del brand, hanno posto l’attenzione verso i concetti della letteratura che vedono riconsiderato il ruolo della responsabilità economica, sociale e ambientale lungo la propria catena produttiva. Molti studi hanno approfondito gli strumenti che le aziende possono mettere in pratica nell’ottica di una gestione della responsabilità sociale lungo la filiera, a partire dalla gestione della “problematica ambiente”.

Attraverso la valutazione dell’impatto ambientale dei beni e servizi oggetto di transazione, l’implementazione di strumenti di gestione specifici e di progetti volti al riciclo, riutilizzo, recupero e smaltimento delle risorse45 evidenziano come sia possibile migliorare la qualità, incrementare l’efficienza produttiva e rafforzare la capacità di creare valore per i clienti finali grazie ad una riduzione degli sprechi46.

                                                                                                                         

44 Lim, S. J., & Phillips, J. (2008). Embedding CSR values: The global footwear industry’s evolving governance structure. Journal of Business Ethics, 81(1), 143-156.

Maloni, M. J., & Brown, M. E. (2006). Corporate social responsibility in the supply chain: an application in the food industry. Journal of business ethics, 68(1), 35-52.Citati in: Perrini, F., & Vurro, C. L’implementazione della CSR nei rapporti di filiera delle piccole e medie imprese. 45Carter, C. R., & Dresner, M. (2001a). Purchasing's role in environmental management: cross-­‐ functional development of grounded theory. Journal of Supply Chain Management, 37(2), 12-27.Carter, C. R., & Dresner, M. (2001b). Purchasing's role in environmental management: cross-­‐functional development of grounded theory. Journal of Supply Chain Management, 37(2), 12-27.

46 Carter, C. R., & Carter, J. R. (1998). Interorganizational determinants of environmental purchasing: initial evidence from the consumer products industries*. Decision Sciences, 29(3), 659-684.

(7)

Ingenti benefici si possono ottenere anche andando a valorizzare la sfera dei diritti umani lungo tutta la filiera, dal rispetto delle comunità locali, alla tracciabilità delle produzioni fino alle pari opportunità.47

L’introduzione di tematiche sociali nelle relazioni di filiera porta allo sviluppo di comportamenti basati sulla fiducia, ad una riduzione dei comportamenti opportunistici da parte del personale, ad una riduzione dei costi di transazione, nonché ad un incremento del coinvolgimento degli attori a valle e a monte della filiera condividendo obiettivi comuni volti alla creazione del valore per il cliente.48

Combinando elementi interni ed esterni, è possibile identificare quattro diversi approcci alla gestione della filiera:

-­‐ Approcci negoziali: questo di tipo di approccio si riscontra in settori in cui vi è un basso potere d’influenza sulla propria filiera, la filiera è dispersa, le imprese sono collocate in posizioni periferiche e vi sono scarsi contatti tra i singoli attori. In tali contesti, gli incentivi alla diffusione di pratiche e strumenti di responsabilità livello di filiera sono labili, in quanto difficilmente visibili49 e associati a elevati costi di controllo e monitoraggio. Spesso gli attori della filiera dichiarano di essersi ispirati ai principi di CSR pur non avendolo fatto nella

                                                                                                                         

47Carter, C. R., Auskalnis, R. J., & Ketchum, C. L. (1999). Purchasing from minority business enterprises: Key success factors. Journal of Supply Chain Management, 35(4), 28-32.

Emmelhainz, M. A., & Adams, R. J. (1999). The apparel industry response to “sweatshop” concerns: A review and analysis of codes of conduct. Journal of Supply Chain Management, 35(2), 51-57.

Mamic, I. (2005). Managing global supply chain: the sports footwear, apparel and retail sectors. Journal of business ethics, 59(1-2), 81-100.

48 Morgan, R. M., & Hunt, S. D. (1994). The commitment-trust theory of relationship marketing. The journal of marketing, 20-38.

Carter, C. R., & Jennings, M. M. (2004). The role of purchasing in corporate social responsibility: a structural equation analysis. Journal of business Logistics, 25(1), 145-186.

Citati in: Perrini, F., & Vurro, C. L’implementazione della CSR nei rapporti di filiera delle piccole e medie imprese.

49Roberts, S. (2003). Supply chain specific? Understanding the patchy success of ethical sourcing initiatives. Journal of business ethics, 44(2-3), 159-170.

(8)

realtà, o al massimo sono state pratiche a breve termine, funzionali alla gestione della problematica del momento.

-­‐ Approcci dittatoriali: in questi contesti le filiere disperse sono dominate da attori centrali che assumono una posizione dominante, dotati di elevato potere contrattuale nelle relazioni.

L’impresa centrale è in grado di far leva sulla propria posizione per forzare i propri fornitori e distributori all’adeguamento a pratiche e politiche di sostenibilità50.

L’impresa dominante è in grado di negoziare con gli attori a monte e a valle della filiera, organizzando gli scambi a proprio vantaggio in quanto, difficilmente, le filiere disperse contrasteranno tali pressioni.

-­‐ Approccio acquiescente: tale approccio si riscontra tra attori che occupano posizioni periferiche in una filiera densa di relazioni. In questi contesti, alle imprese non rimane altra scelta che accettare passivamente le richieste di adeguamento per non essere escluse dalla filiera stessa51. A differenza dell’approccio negoziale vi è una trasparenza dei contributi individuali tale da rendere impossibili comportamenti minimali verso le politiche sociali.

Le imprese in posizione periferica saranno incentivate a nascondere, almeno nel breve periodo, il disinteresse verso le politiche etico sociali, fino all’uscita dalla filiera52.

                                                                                                                         

50 Neville, B. A., and B. Menguc (2006) 'Stakeholder Multiplicity: Toward an Understanding of

the Interactions between Stakeholders', Journal of Business Ethics, 377-­‐391.

Jacobs, D. (1974). Dependency and vulnerability: An exchange approach to the control of organizations. Administrative science quarterly, 45-59.Citati in: Perrini, F., & Vurro, C. L’implementazione della CSR nei rapporti di filiera delle piccole e medie imprese.

51 Rowley, T. J. (1997). Moving beyond dyadic ties: A network theory of stakeholder influences. Academy of management Review, 22(4), 887-910.

52Van Tulder, R., Van Wijk, J., & Kolk, A. (2009). From chain liability to chain responsibility. Journal of business ethics, 85(2), 399-412.

(9)

-­‐ Approccio partecipativo: in questo contesto gli attori centrali sono inseriti in una fitta rete di relazioni e la volontà di adottare un approccio dittatoriale, da parte degli attori centrali, è contrastata dalla capacità di auto-organizzazione degli altri attori della filiera. Le organizzazioni centrali assumono il ruolo di mediatori tra gli attori a valle e a monte della filiera, al fine di realizzare processi di cooperazione in una logica eco-sostenibile.53

Il successo dell’operazione dipenderà dalle capacità dei mediatori nell’essere aperti al dialogo con i partener, sostenendoli nelle scelte decisionali, stimolando, così, processi di innovazione e miglioramento continuo.54

Le aziende che intendono promuovere una politica di sostenibilità, rintracciabile lungo tutta la filiera possono agire su diverse fasi della stessa. L’attenzione posta verso un efficiente sistema logistico del sistema di distribuzione è un buon punto di partenza per le aziende che vogliono promuovere la sostenibilità ad ogni livello della filiera. Per aumentare i carichi dei veicoli e, quindi, ridurre al minimo i mezzi in circolazione possono essere adottate politiche relative all’uso di mezzi di maggiori dimensioni o alla localizzazione dei centri di distribuzione, ponendo l’attenzione anche sull’impatto ambientale, privilegiando veicoli che riducono al minimo le emissioni. Nel caso, ad                                                                                                                          

53 Detomasi, D. A. (2007). The multinational corporation and global governance: Modelling global public policy networks. Journal of Business Ethics, 71(3), 321-334.

Frenkel, S. J., & Scott, D. (2002). Compliance, Collaboration, and Codes of Labor Practice: The" adidas" Connection. California Management Review, 45(1), 29-49.

Citati in: Perrini, F., & Vurro, C. L’implementazione della CSR nei rapporti di filiera delle piccole e medie imprese.

54 Frenkel, S. J., & Scott, D. (2002). Compliance, Collaboration, and Codes of Labor Practice: The" adidas" Connection. California Management Review, 45(1), 29-49.

Dyer, J. H., & Singh, H. (1998). The relational view: Cooperative strategy and sources of interorganizational competitive advantage. Academy of management review, 23(4), 660-679. Perez-Aleman, P., & Sandilands, M. (2008). Building value at the top and the bottom of the global supply chain: MNC-NGO partnerships. California management review, 51(1), 24-49.

Citati in: Perrini, F., & Vurro, C. L’implementazione della CSR nei rapporti di filiera delle piccole e medie imprese

(10)

esempio, dei trasporti intercontinentali si preferisce il trasporto marittimo a quello aereo.

Per quanto riguarda, invece, la distribuzione dei prodotti ai centri urbani si possono adottare sistemi che raggruppino i carichi in alcuni punti, ai margini delle città, per permettere una distribuzione più adatta al contesto urbano.

Spesso i prodotti vengono distribuiti dalla grande distribuzione, ma stanno assumendo molta importanza anche le filiere che promuovano il legame più stretto tra produttore e consumatore con notevoli riscontri positivi tra cui: l’equa distribuzione del valore con una maggiore remunerazione dei produttori per il minor numero di intermediari, maggiore tracciabilità e qualità dei prodotti, maggiore fiducia e di conseguenza maggiore fedeltà del consumatore. Spesso, però, si tratta di realtà recenti, che svolgono perlopiù vendita diretta e necessitano di conoscenze e competenze innovative; per questo hanno bisogno di un maggiore sostegno, da ogni punto di vista, rispetto ad una grande azienda.

Le iniziative da considerare, a tale fine, sono molte tra cui i cosiddetti GAS55 (gruppi di acquisto solidali) in cui vengono stipulati accordi di acquisto duraturi tra produttore e consumatore, potendo sfruttare le economie di scale per il consumatore e assicurare maggiori vendite al produttore. Si istaura, così, un rapporto solidale tra le due parti. L'aspetto etico, o solidale, di tali gruppi è quindi l'aspetto ritenuto più importante, e altrettanto fondamentale risultano essere le relazioni sociali, il legame con l’ambiente e con le tradizioni.

Il Documento base dei GAS fa riferimento a quattro filoni per indicare motivazioni e linee guida per gli acquisti:

• Sviluppare e mettere in pratica il consumo critico

                                                                                                                         

55 I Gruppi di Acquisto Solidale (GAS) sono gruppi organizzati, che promuovono l’acquisto di

(11)

• Sviluppare e creare solidarietà e consapevolezza • Socializzare

• L'unione fa la forza

I principi di equità e solidarietà si estendono quindi:

• ai membri del GAS;

• ai produttori e loro lavoratori; • ai popoli del sud del mondo; • al rispetto dell'ambiente.56

Anche la formazione di cooperative o mercati d’incontro tra produttori, agricoltori e distributori per ridurre i costi di transazione e condividere le rispettive conoscenze è considerata un’efficace misura di sostegno. Le amministrazioni locali, a tal fine, possono promuovere fiere e sagre in cui pubblicizzano eventi legati alla gastronomia e al cibo locale. È chiaro che ogni iniziativa a favore della sostenibilità ha bisogno di un sostegno, soprattutto finanziario ed è questo che l’Unione Europea cerca di fare attraverso la PAC (Politica Agricola Comunitaria)57 a sostegno dell’agricoltura biologica e alla cura dell’ambiente naturale.

                                                                                                                         

57 Ai sensi dell'articolo 33 del trattato della Comunità europea (ex articolo 39 del Trattato di

Roma firmato nel 1957) viene attribuito alla PAC il ruolo di:

• incrementare la produttività dell'agricoltura sviluppando il progresso tecnico

assicurando lo sviluppo razionale della produzione agricola come pure un impiego migliore dei fattori di produzione in particolare della manodopera;

• assicurare un tenore di vita equo alla popolazione agricola grazie in particolare al

miglioramento del reddito individuale di coloro che lavorano nell'agricoltura;

• stabilizzare i mercati e garantire la sicurezza degli approvvigionamenti; • assicurare prezzi ragionevoli nelle consegne ai consumatori.

(12)

Molte iniziative finanziarie sono adottate al fine di agevolare il passaggio da un’agricoltura convenzionale ad un’agricoltura biologica, per far fronte a costi di marketing e di certificazione.

Ogni azienda è diversa dall’altra, ognuna è caratterizzata da una propria dimensione, da un proprio core business ed ognuna è in grado di mettere in atto specifiche strategie per raggiungere le performance desiderate.

Le imprese che decidono di investire sulle fase a monte della filiera, cioè sulla fase di fornitura, hanno l’obiettivo di riuscire a produrre internamente ciò che avrebbero dovuto acquistare all’esterno con lo scopo di conseguire una riduzione dei costi. È chiaro che le imprese che adottano questa strategia sono imprese dove il costo dei fornitori ha un peso molto rilevante e i requisiti tecnologici, per produrre internamente la materia, possono essere facilmente appresi. Il fine ultimo di questa strategia è quello di riuscire a spuntare un vantaggio competitivo che permetta all’impresa di ottenere un prodotto/servizio di maggiore qualità, perfezionandone le performance, migliorando l’assistenza al cliente; ma anche un vantaggio in termini di indipendenza derivante dal fatto che riesce a procurarsi la materia in maniera autonoma, non dovendo, quindi, subire gli aumenti dei prezzi da parte dei fornitori.

Le imprese che adottano, invece, strategie di investimento nelle fasi a valle (vendita) della filiera sono imprese in cui, molto probabilmente, i costi relativi ai fornitori non sono rilevanti ma lo sono, invece, i costi di distribuzione. I distributori, spesso, trattano più marche contemporaneamente e puntano su prodotti che riescono a vendere più facilmente per spuntare maggiori profitti.

La scelta di evitare i tradizionali canali di distribuzione, introducendo punti vendita di proprietà dell’impresa o tramite internet, crea una maggiore visibilità sul mercato e ciò

(13)

ha senso se permette all’impresa di abbattere i costi tradizionali di distribuzione, creando un vantaggio competitivo sui concorrenti.

Le considerazioni che un’impresa deve fare nel momento in cui prende certe decisioni devono essere molto ponderate in quanto, spesso, gli svantaggi legati ad un’integrazione verticale non sono da sottovalutare.

L’impresa deve essere in grado di valutare quali sono le capacità e le attività che devono essere preservate all’interno dell’impresa stessa e quali, invece, vale la pena esternalizzare in quanto più economicamente conveniente ed efficiente.

Indipendentemente dalla tipologia di filiera, le strategie che possono essere avviate verso una maggiore sostenibilità possono essere svariate e risulta importante riuscire a diffondere la sostenibilità in tutte le fasi della filiera stessa.

Nonostante l’interesse e l’attenzione del consumatore verso queste tematiche sia sempre crescente, in molte imprese, spesso di piccole dimensioni dove le politiche non sono ben formalizzate, l’orientamento alla sostenibilità non è diffuso lungo tutta la filiera ma solo in alcune fasi che l’impresa riesce a gestire direttamente. Il tipo di filiera e la sua organizzazione può condizionare la sostenibilità complessiva ed anche le performance delle singole imprese che ne fanno parte.

Riferimenti

Documenti correlati

Carciofi confezionati utilizzando un film plastico estensibile manualmente Artichokes wrapped with extensible polyvinyl chloride film. Carciofi commercializzati nel banco frigo a

 Trasferimento alle aziende di tecnologie post-raccolta (conservazione refrigerata e packaging) utili per prolungare la shelf-life del carciofo in relazione alle loro

Innovazione di processo e prodotto nella filiera del carciofo Spinoso sardo: Il progetto CarBio.. Viddalba, 20

mettere a punto i parametri di conduzione della fase di coltivazione (esempio: temperatura, umidità, livello di ossigenazione, ecc…), in funzione dell'effettiva composizione

Protocollo di coltivazione (tecniche di potatura e irrigazione) finalizzato ad incrementare l'efficenza produttiva delle piantagioni di ficodindia ed a ridurre le

Controllo delle erbe infestanti ed altri organismi nocivi per le colture Effetti attesi. Incremento dei margini di redditività aziendali

Gli obiettivi del progetto sono: identificare le varietà più idonee per la trasformazione, al fine di migliorare la sostenibilità agronomica ed

Infine, sarà predisposta un’attività di scouting per le innovazioni riguardanti la gestione della acque reflue del frantoio per individuare e dunque adottare una soluzione al