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cap. 3 “PARAMORFISMI DELL’ETÀ EVOLUTIVA”

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cap. 3 “PARAMORFISMI DELL’ETÀ EVOLUTIVA”

3.1 - Generalità

I paramorfismi si presentano come alterazioni dell'atteggiamento posturale esclusivamente su base funzionale senza lesioni organiche.

Tuttavia anche se nella maggioranza dei casi i paramorfismi sono forme reversibili e spesso regrediscono spontaneamente, devono comunque essere diagnosticate precocemente per essere trattate con successo.

Nell’età dello sviluppo queste alterazioni morfologiche non devono essere sottovalutate e trascurate altrimenti si possono trasformare in forme assai più gravi con modificazioni della struttura scheletrica.

I paramorfismi sono determinati da squilibri, in particolare muscolo-legamentosi, che possono originare da fattori diversi : ereditari, costituzionali, ormonali, esogeni, psicologici,ambientali.. ecc.".

Fattori Ereditari

Nel tentativo di definire corretta la postura di un soggetto dobbiamo essere realistici ed accettare i limiti imposti da un possibile fattore ereditario. Senza dubbio di fronte ad un problema posturale di questo tipo si possono ottenere dei miglioramenti ma non si deve creare nel soggetto l’aspettativa di un cambiamento radicale della forma.

Fattori Costituzionali

E’ questo un fattore che gioca un ruolo significativo nell’origine delle alterazioni della normale morfologia corporea (deviazioni posturali). I paramorfismi sono spesso riconducibili ad un fenotipo di costituzione debole, il quale durante il periodo pre-puberale registra un accrescimento in lunghezza spropositato rispetto allo sviluppo muscolare che risulta debole e insufficiente.

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Fattori Endocrini

La regolazione dell’accrescimento corporeo dipende anche dal corretto funzionamento delle ghiandole endocrine quali l’ipofisi, la tiroide, le gonadi ecc.

Al fine di mantenere un buon equilibrio del sistema neuroendocrino è sconsigliabile nell’età evolutiva sottoporre il ragazzo ad attività intense e troppo impegnative come per esempio un’attività sportiva stressante dal momento che tutto ciò può avere un’influenza negativa sulle modificazioni biologiche tipiche di questo periodo della vita.

Fattori Esogeni

Durante l’età evolutiva un’alimentazione insufficiente (per esempio carenza di vitamine) oppure una dieta sbilanciata (per es. ipercalorica), possono essere fattori predisponesti per l’insorgenza di un alterato accrescimento corporeo con tutte le conseguenze negative che questo comporta. I molti studi effettuati sulle alterazioni posturali hanno evidenziato come i paramorfismi si riscontrino prevalentemente in ambienti socio-economici di basso livello e in ambienti dove le condizioni igienico sanitarie sono spesso scarse e precarie.

Inoltre lo stile di vita sedentario e particolari atteggiamenti posturali contribuiscono all’insorgenza di queste alterazioni.

Fattori Psicologici

Non tutti i problemi di tipo posturale possono essere affrontati soltanto in termini prettamente fisici, muscolo-scheletrici o di condizionamento ambientale. Particolari posture possono essere l’espressione di disturbi emotivi che si manifestano sovente unitamente a problemi della personalità. La testa pendente e le spalle abbassate di alcuni giovani per esempio, sono chiare manifestazioni di timidezza e di scarsa fiducia in se stessi. In questi casi i soli specifici esercizi di rieducazione posturale non saranno sufficienti se non coadiuvati da un adeguato sostegno psicologico teso a formare un efficace e mirato sinergismo.

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Abbiamo detto prima che per paramorfismi si intendono alterazioni della forma e dell'atteggiamento del corpo che pur allontanandosi dalla norma, restano al di fuori della patologia per la loro reversibilità, poiché non sostenute da alterazioni organiche.

Sia ben chiaro che questa esclusione di alterazioni organiche deve intendersi a carico del sistema scheletrico e muscolare improntato ad atteggiamenti paramorfici poiché alterazioni anatomiche di una certa rilevanza, ad esempio a carico delle vie aeree superiori, possono indurre paramorfismi del torace oltre a veri e propri dismorfismi scheletrici del viso e, pertanto, la patogenesi deve essere valutata nel quadro generale delle funzioni organiche.

3.2 - Paramorfismi del rachide

Tra i paramorfismi più comuni distinguiamo:

- ipercifosi - accentuazione della curva cifotica dorsale - iperlordosi - accentuazione della curva lordotica lombare - scapole alate

- atteggiamento scoliotico. Da citare anche :

- rigidità lombare - dorso piatto

- abitus astenico ( detto portamento rilassato) I paramorfismi del rachide possono essere suddivisi in:

- simmetrici (atteggiamento cifotico o ipercifosi(dorso curvo), dorso piatto, abitus astenico, scapole alate, atteggiamento lordotico o iperlordosi) che agiscono sul piano sagittale;

- asimmetrici (atteggiamento scoliotico, scapole e spalle asimmetriche) che agiscono sul piano frontale.

Ipercifosi ed atteggiamento ipercifotico

E’ il più classico ed il più frequente paramorfismo dell'età scolare. Distinguiamo:

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- Cifosi mobili, o atteggiamento ipercifotico o dorso curvo astenico, ipercifosi posturale quando un volontario sforzo di a raddrizzamento o una correzione passiva (ad esempio il decubito dorsale), possono facilmente essere realizzati.

- Cifosi parzialmente o totalmente fissate o rigide, o ipercifosi, (erroneamente denominata "Cifosi"), rappresenta una cifosi patologica quando l'angolo della cifosi dorsale è maggiore di 35° (es da malattia di Scheuermann) per la quale rimandiamo al capitolo dei Dismorfismi dell’età evolutiva).

Cifosi mobili

Il dorso curvo posturale consiste in un aumento della cifosi dorsale generalmente accompagnato da un'accentuata lordosi lombare. Talvolta la cifosi può essere anche molto marcata, ma rimane comunque clinicamente discretamente mobile, facilmente e volontariamente correggibile.

Secondo Hanberg gli atteggiamenti cifotici dell'età giovanile sarebbero da attribuirsi in prevalenza ad una ipostenia dei muscoli erettori del tronco cui consegue un'accentuazione della curva fisiologica. Alla componente muscolare si sovrappone una importante difficoltà neuromotoria di controllo posturale e, molto spesso, un atteggiamento psicologico di introversione, di "chiusura" (termine non a caso utilizzato nel parlare comune).

Il mancato adeguamento tra efficienza muscolare e richiesta funzionale, spesso si manifesta in occasione di un rapido accrescimento staturale. Alla radiografia i corpi vertebrali hanno contorni di normali dimensioni e non vi sono segni né di cuneizzazione né di irregolarità delle limitanti. Non essendoci una deformazione ossea pertanto si tratta di un semplice atteggiamento posturale.

Sono generalmente curve ben correggibili ma potenzialmente possono andare incontro a strutturazione con conseguente rigidità; è anche possibile che un grave dorso curvo posturale dell'età giovanile possa in età

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adolescenziale divenire un Morbo di Scheuermann (con il riscontro di cuneizzazione vertebrale), anche se spesso alla verifica a posteriori si possono nelle radiografie precedenti già notare alterazioni molto lievi della forma vertebrale.

E' dovuto ad insufficienza della muscolatura estensoria dipendente da gracilità costituzionale ma, più spesso dagli squilibri muscolari propri dell'accrescimento in lunghezza e in spessore dei muscoli, aggravato dall'accrescimento scheletrico.

All’atteggiamento cifotico si associa a livello del cingolo scapolare uno scivolamento delle scapole in avanti e lateralmente e una più o meno modesta intrarotazione dell’arto superiore.

Questa è una delle situazioni più comuni e può avere cause psicologiche, posturali, educative. È infatti la sedentarietà e l'assunzione di posizioni scorrette che determinano l'accentuarsi della fisiologica curvatura cifotica dorsale.

L'associazione paramorfismo dorsale e patologie delle vie aree superiori come dorso curvo e vegetazioni adenoidee ed ipertrofie tonsillari è talmente minima per cui è da ritenersi che la concomitanza sia più casuale che determinante, mentre gravi stenosi delle vie aeree superiori determinando paramorfismi toracici per diminuita ventilazione polmonare, possono indurre il paramorfismo dorsale con la creazione di un circolo vizioso di aggravamento l'uno dell'altro.

Il persistere di una curva anomala del rachide nella regione del dorso, infatti, provoca dapprima un allungamento della muscolatura dorsale e un accorciamento di quella pettorale; a lungo andare determina un progressivo adattamento e conseguente irrigidimento dei legamenti e una deformazione a cuneo dei corpi vertebrali.

In un primo momento il soggetto è capace di riportare il busto nella situazione di normalità. Successivamente non si è più in grado di farlo,cosicché il capo tende a scendere sul petto,il collo si protende in avanti,le spalle si avvicinano allo sterno e le scapole tendono ad alzarsi.

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Questa postura, nel tempo, diviene stabile e immodificabile: i corpi delle vertebre anteriori sono sottoposti a una pressione tale da non riuscire più a svilupparsi in modo organico ed assumono una forma a cuneo.

Tale condizione è enunciata dalla Legge di Delpech che dice “dove l'azione del carico è maggiore, l'accrescimento della vertebra subisce un rallentamento; dove invece è minore il carico, è più rapido l'accrescimento. Se il soggetto non reagisce in tempo, il carico preme dunque sulla concavità della curva e la deformazione, a poco a poco, diventa irreversibile”.

Rilevante importanza assume quindi una terapia d'azione immediata e mirata al fine di bloccare l'evoluzione del paramorfismo e quindi non aumentarne la gravità rischiando di farlo diventare un dismorfismo, ma, anzi, migliorando e se possibile correggendo del tutto l'alterazione. Nei casi non gravi di paramorfismi anche all’età di 17-18 anni è ancora abbastanza semplice e rapido riottenere la mobilità,mentre in presenza di altre patologie,quali la scoliosi,occorre un trattamento di anni.

Iperlordosi ed atteggiamento iperlordotico

Consiste in una accentuazione della curva fisiologica lombare dovuta ad uno squilibrio muscolare con prevalenza dei muscoli paravertebrali sullo scarso trofismo dei muscoli addominali con concorso dei muscoli ileopsoas e psoas ed un basculamento in avanti del bacino.

La lordosi lombare è una zona del rachide totalmente mobile interposta tra due tratti rigidi (le cifosi sacrale e toracica) che si riconfigura in base alle richieste funzionali determinate dalla necessità posturale rispetto ai punti fissi dati dall'orientamento del bacino e dall'orizzontalità dello sguardo. Quindi un aumento della lordosi in ortostasi, essendo generalmente secondaria ad un incremento della cifosi toracica e/o ad una antiversione del bacino, raramente richiede trattamento.

Sono poi da considerare con particolare attenzione i rari casi di iperlordosi causati da deformazione congenita del rachide lombare, da stenosi spinale negli acondroplastici e secondari a procedure di shunt lombo-peritoneali.

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Raramente l’iperlordosi si presenta isolata: pertanto sarà utile l’eliminazione delle cause concomitanti all’instaurarsi del problema, quali appunto l’ atteggiamento in dorso curvo, eventuali difetti degli arti inferiori e della deambulazione, attività fisiche e/o sportive iperlordosizzanti, utilizzo di scarpe col tacco alto…....

La ginnastica respiratoria mantiene in costante attività anche la muscolatura addominale.

Scapole alate

L 'osservazione dei soggetti con un asse clavicolare più lungo rispetto alla norma, è visto come un distacco tra le scapole che, lateralizzandosi, fanno risultare dal versante posteriore del tronco un dorso ampio e piatto. In visione laterale viene invece percepita una piattezza palese sia del dorso che del torace come un'insufficiente o scarso trofismo dei muscoli dorsali, trapezio, romboide, gran dentato ed in visione frontale come prevalenza dei muscoli pettorali.

Le scapole alate si manifestano come una mancata adesione delle stesse alla parete toracica. Il bordo vertebrale appare sollevato e spesso la scapola è orientata secondo una linea obliqua in direzione antero-esterna. Questo è l'atteggiamento base, ma in alcuni soggetti vi si presenta un asse

clavicolare decisamente minore associato a cifosi del tratto dorsale ( t1-t12); di conseguenza si presenta un'accentuata sporgenza delle scapole che rendono il dorso ricurvo: "dorso curvo". Questi paramorfismi ribattezzabili in "Ali di pollo o dorso del gatto" non permettono lo sviluppo del muscolo gran pettorale data l'anteposizione dei monconi delle spalle. I pettorali sono muscoli adduttori dell'omero e per effetto della loro biarticolarità vengono portati in avanti aprendo l'articolazione scapolo toracica. Visto il modificato

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assetto della colonna vertebrale e delle clavicole, tra l'ultima vertebra cervicale (c7) ed il tratto toracico si nota un accorciamento dei muscoli pettorali, che divengono incapaci di distendersi completamente; il muscolo può quindi subire soltanto allungamenti parziali, fino a dimezzare la sua forza effettiva a carico dei muscoli anteriori delle spalle (deltoide anteriore) e dei muscoli posteriori - estensori del braccio (tricipite brachiale).

Questo paramorfismo che si manifesta in associazione al dorso curvo influisce, in modo considerevole, sulla respirazione rendendola molto superficiale.

Raramente possiamo trovare casi monolaterali di scivolamento di una scapola da un lato con rotazioni e asimmetrie delle spalle associate a particolari tipi di "scoliosi".

Atteggiamento scoliotico

Consiste in una deviazione laterale della colonna sul piano frontale caratterizzata però dalla mancanza di elementi di strutturazione vertebrale. Come per il dorso curvo anche nel caso dell’atteggiamento scoliotico spesso sono necessari dei controlli periodici nel dubbio di un viraggio verso una forma lieve di dismorfismo.

E' il più importante dei paramorfismi per la precocità della insorgenza di alterazioni ingravescenti irreversibili.

Questa alterazione, la cui insorgenza per vizi posturali, è imputata alla scuola, tanto che ha come sinonimo scoliosi scolastica o scoliosi funzionale; è caratterizzata dall'assenza di alterazioni scheletriche, è inizialmente di modesta entità, sempre auto-correggibile, con colonna libera in tutti i suoi movimenti, è costantemente correggibile con la pressione bimanuale, la flessione e la sospensione.

Essa ha spesso inizio in sede dorsale con convessità destra. Talvolta si instaura una lieve curva lombare di compenso sinistro convessa. Solo il precoce riscontro dell'alterato atteggiamento e l’attuazione immediata di

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adeguata terapia può ovviare all’aggravamento successivo con torsione vertebrale, aumento del triangolo della taglia e disassamento del tronco, deformità verso cui può evolvere questo paramorfismo.

Rigidità lombare.

La limitazione della motilità del tratto lombare nel senso della flessione troverebbe secondo alcuni AA. la sua origine nel tratto lombare stesso per particolari condizioni anatomiche dell'apparato capsulo-legamentoso mentre per altri l'origine sarebbe da ricercare in un deficit di lunghezza o in un ipertono dei muscoli posteriori della coscia (semitendinoso, bicipite femorale, semimembranoso).

L'importanza quindi di questo paramorfismo, che non è di alterato atteggiamento bensì di limitata funzione a sfondo costituzionale, consiste precisamente nel favorire l'insorgenza di un dorso curvo.

Dorso piatto

E' dato dall'appianamento delle curve vertebrali e dalla eccessiva verticalizzazione del bacino; si distingue anche esso in tre tipi:toracico, lombare, totale. Il tipo totale è il più frequente.

Si ritiene da alcuni conseguenza di una cifosi lombare alta passata inosservata che abbia avuto come compenso l'appiattimento della curvatura dorsale.

Questo paramorfismo sarebbe legato ad alterazioni rachitiche ed il suo riscontro si è fatto più raro in concomitanza con la diminuzione del rachitismo.

Come gli altri paramorfismi rachidei anche questo incide sulla funzionalità respiratoria e in particolar modo quando si associa ad una riduzione del diametro antero-posteriore del torace.

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Abitus astenico o portamento rilassato

Il portamento rilassato è dovuto all’incapacità del corpo di opporsi alla forza di gravità e ne altera la forma. Il soggetto si presenta con capo inclinato in avanti,addome prominente,spalle cadenti,piedi piatti ecc. L’abito astenico è considerato la causa di vari paramorfismi.

Si pensa sia dovuto:

- ipotonia muscolare (tono della muscolatura al di sotto della normalità); - lassità legamentosa;

- componenti di origine psicologica.

Si evidenzia in modo particolare durante la crescita ed è legato soprattutto a fattori quali il clima, l'alimentazione, l'ambiente, l'esercizio fisico. È abbastanza frequente ed è caratteristico degli individui longilinei e di quelli gracili (astenici). Il portamento rilassato in genere si risolve spontaneamente dopo la crisi puberale,ma i vari atteggiamenti (dorso curvo,scapole alate ecc.) possono diventare anche permanenti. Per attenuare o correggere tale paramorfismo si deve praticare un’attività motoria non eccessivamente pesante che interessi soprattutto le parti carenti.

3.3 - Paramorfismi del ginocchio

Si parla di:

Ginocchio varo o valgo fisiologico per indicare un’estrema, ma normale

variazione dell’allineamento del ginocchio durante l’infanzia e nella pubertà. L’asse tibiale , che normalmente all’altezza del ginocchio decorre quasi rettilineo, viene a formare un angolo aperto in fuori tra femore e tibia, angolo considerato fisiologico di circa 9° formato dall’incrocio dell’asse diafisario con la linea di gravità. Il valore normale di quest'angolo è di 175° ovvero 5° di valgismo.

Nel maschio il valgismo fisiologico viene mascherato dalle parti molli; la donna invece, avendo un bacino più largo presenta una deviazione maggiore rispetto all’uomo (12-15°).

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Ginocchio varo e valgo per indicare un’anomala variazione del normale

allineamento del ginocchio.

Il ginocchio varo

Si definisce tale in presenza di una eccessiva distanza (superiore a 5 cm ) tra i condili femorali mediali valutata a piedi uniti e quando l’angolo esterno delimitato dall’asse femoro-tibiale è maggiore di 170° gradi.

Nel ginocchio varo, volgarmente detto “a parentesi”, la gamba risulta addotta rispetto alla coscia ne risulta che il carico maggiore tenderà a concentrarsi a livello del comparto mediale del ginocchio e

precisamente a livello del condilo femorale mediale. Nel ginocchio varo l’apparato muscolo-legamentoso è sottoposto a sovraccarico tensivo in corrispondenza del comparto laterale ed al contrario a lassità in corrispondenza di quello mediale.

La causa dell’insorgenza di questo

paramorfismo può essere ricercata in atteggiamenti compensatori o in posizioni viziate dell’anca.

L’eccessiva preparazione fisica a cui sono sottoposti i giovani calciatori e la pratica continua di questo sport durante l’infanzia e l’adolescenza possono favorire lo sviluppo di questo paramorfismo. Nel gioco del calcio infatti, soprattutto quando praticato a livello agonistico, l’articolazione del ginocchio è sottoposta ad un carico e ad una forza di torsione elevati.

Chantrain ha ipotizzato che un eccesso di stress e di sforzo a carico di un’articolazione in fase di crescita, dovuta alla pratica intensa di uno sport, può favorire l’insorgenza di deformità articolari (Chantrain A., Knee joint in soccer players: osteoarthiritis and axis deviation). In ogni caso, poiché il ginocchio varo predispone all’osteoartrite e ad altre lesioni e milioni di bambini giocano a

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calcio a livello agonistico , sarebbe necessario approfondire maggiormente questa relazione.

Il ginocchio valgo

Si definisce tale in presenza di una eccessiva distanza tra i malleoli mediali valutata a ginocchia unite ( superiore a 5 cm ) e quando l’angolo esterno delimitato dall’asse femoro-tibiale è minore di 170° gradi.

Il ginocchio valgo, volgarmente detto a “X”, può manifestarsi in seguito ad una ipotonia muscolo-legamentosa generalizzata ed all’aumento del peso corporeo e del volume delle cosce.

Nel ginocchio valgo l’apparato muscolo-legamentoso è sottoposto a sovraccarico tensivo in corrispondenza del comparto mediale ed al contrario a lassità in corrispondenza di quello laterale.

Il carico maggiore tenderà a concentrarsi a livello del comparto laterale del ginocchio e precisamente a livello del condilo femorale laterale.

3.4 - Paramorfismi del piede

Il piede piatto flessibile

Si definisce piatto il piede caratterizzato da una riduzione in altezza della volta plantare che comporta un aumento della superficie di appoggio; è di regola associato ad un eccesso di pronazione della sottoastragalica, a valgismo del calcagno e supinazione dell’avampiede. E’ una condizione che riguarda molti bambini, e una buona percentuale di adulti.

Nell’individuo non adulto e comunque di età inferiore ai 9-10 anni il piede tende ad avere una superficie di appoggio più ampia ed un abbassamento

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dell’arcata longitudinale mediale: questo perché il piede del bambino è un piede “grasso” e perché il calcagno, non avendo ancora completato la sua migrazione al di sotto dell’astragalo , viene a trovarsi nel fisiologico atteggiamento in valgismo tipico dell’età infantile; solo intorno ai 9-10 anni il piede del bambino ha compiuto la maggior parte del suo processo evolutivo e può, per questo, essere parametrizzato al piede dell’adulto; ed è a questa età che, se identificato come patologico può beneficiare di correzione chirurgica preventiva di disturbi futuri.

Clinicamente si presenta con riduzione , o annullamento della normale arcata longitudinale mediale e con convessità del profilo esterno del piede, la larghezza della superficie di appoggio all’istmo, in un individuo adulto e nel bimbo di età 9-10 anni affetto da piattismo, è maggiore della metà della larghezza del tallone anteriore.

Nel radiogramma laterale in carico è rilevabile un aumento dell’angolo Costa-Bertani ( sotteso tra il punto più basso del processo posteriore del calcagno , il punto più basso della testa dell’astragalo ed il punto più basso del sesamoide mediale ; normale 115° circa ).

Caratteristiche particolari e frequenti che le appartengono sono: il valgismo del calcagno, la pronazione del retropiede, l’insufficienza muscolo-legamentosa dei muscoli propri del piede e dei muscoli supinatori .

E’ possibile classificare il piede piatto seguendo molteplici parametri.

Una prima classificazione si basa sull’età di insorgenza e/o di diagnosi, in base alla quale il piede piatto viene definito dell’ infanzia, dell’adolescenza, o dell’età adulta.

Un’altra classificazione si basa sulla clinica, identificando in un 20% dei casi il piede piatto sintomatico (cause possibili sono alterazioni ossee congenite, talo verticale o sinostosi, o acquisite, traumi, patologie; alterazioni muscololegamentose quali obesità, lassità, malattie reumatiche o endocrine; alterazioni neuromuscolari quali poliomelite, retrazione del tendine di Achille, paralisi, miopatie, traumi TP), e nel restante 80% dei casi un piede piatto asintomatico, idiopatico, generalmente associato a lassità legamentosa

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coinvolta tra l’altro nella patogenesi di pronazione calcaneare e ginocchio valgo.

In base all’osservazione dell’impronta plantare, invece, vengono considerati, oltre al piede normale, tre gradi detti di Viladot:

I. in cui l’impronta a livello del mesopiede si presenta allargata, senza tuttavia arrivare a rappresentare la metà dell’impronta stessa a livello dell’avampiede;

II. in cui questa larghezza, ancora maggiore, non supera quella dell’avampiede:

III. (piede piatto inveterato), in cui l’impronta plantare a livello mediale si presenta addirittura convessa;

Classicamente secondo un criterio etiopatogenico distinguiamo invece un piede piatto primitivo o congenito , da un piede piatto secondario a forme traumatiche, iatrogene, infettive, reumatiche, endocrine, neurologiche, da lassità ligamentosa, da disassetto sovra-segmentario; e infine un piede piatto idiopatico, di gran lunga più frequente.

Il piede piatto pediatrico flessibile è un paramorfismo, a carattere idiopatico e

la sua evoluzione essendo variabile, può sfociare in alcuni casi in un vero e proprio dimorfismo.

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Tra i piattismi secondari numerosi sono quelli inseriti nel contesto delle

lassità legamentose sistemiche anche senza che sia possibile identificare

una patologia del collagene nota che configuri sindromi quali il Marfan o Ehler Danlos.

Sono proprie forme fruste di patologie associate a lassità ligamentosa a costituire il substrato anatomo-patologico su cui si realizza il piattismo: sotto l’azione del carico nella fase di ammortamento del passo si realizza una eccessiva pronazione della sottoastragalica, con eccessiva adduzione, plantarizzazione ed anteposizione dell’astragalo, la cui testa si trova protrusa nella coxa stessa; i meccanismi passivi di ammortamento dello shock di impatto al suolo risultano funzionalmente insufficienti a frenare la modificazione di assetto del retropiede indotta dal vettore di carico, che passa medialmente al calcagno; l’astragalo, osso della gamba in questa fase di catena cinetica chiusa , in continuazione quasi diretta con l’asse della tibia, sembra mediare il trasferimento del carico con la testa che quasi poggia direttamente al suolo; ed è solo per l’intervento , evocato in via riflessa, dei flessori retromalleolari mediali che si ha normalizzazione dei rapporti astragalo-calcaneali.

La anatomia patologica di queste forme è caratterizzata dalla protrusione della testa dell’astragalo nella coxa pedis nell’appoggio in carico plantigrado; questa protrusione si annulla facendo assumere al soggetto, sempre in carico, la posizione digitigrada: i flessori retromalleolari mediali, sollevando il sustentaculum tali, sollevano la testa dell’astragalo riducendo la protrusione della testa stessa e la deformità in piattismo. E’ importante tenere in considerazione il fatto che la protrusione della testa dell’astragalo riducibile attivamente è caratteristica di tutte le forme di piattismo associate a lassità ligamentosa conclamata o frustra; la riducibilità attiva dei rapporti astragalo-calcaneali , talora la si ritrova nelle forme di piattismo associata ad eccessiva torsione tibiale interna: in questo caso essendo eccessivamente medializzato il vettore dell’asse di carico della tibia , anche una normale struttura di ammortamento passivo, poiché sottoposta ad un carico sfavorevole, può andare incontro a “cedimento mediale”.

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Ed è in questo tipo di piattismi del bambino associati a lassità ligamentosa che trova indicazione elettiva la rieducazione funzionale.

Di frequente riscontro nei bambini sono i piattismi secondari a disassetto sovrasegmentario : una eccessiva torsione tibiale interna , una intrarotazione globale dell’arto inferiore od altro difetto assiale o torsionale che tenda ad azzerare la fisiologica apertura esterna dell’angolo bimalleolare, guida l’astragalo in rotazione interna con adduzione e plantarizzazione del collo e della testa , aumento della divergenza astragalo-calcaneale, pronazione della sottoastragalica, medializzazione dell’asse di carico della tibia, e, per il meccanismo precedentemente descritto, appiattimento della volta;in questi casi , a deformità non strutturata, portando manualmente l’arto in rotazione esterna, si corregge il patologico assetto del retropiede e si risolleva la volta; la normalizzazione dei rapporti astragalo-calcaneali si realizza anche attivamente assumendo il carico digitigrado. Ai fini del trattamento appare chiara la necessità di un corretto inquadramento eziopatogenetico di ogni singola deformità. Quanto ai principi di carattere generale,in riferimento al piede piatto del bambino l’orientamento attuale riserva meno spazio che in passato alle ortesi correttive, intendendosi modernamente il piede più che “una struttura da modellare dall’esterno”, un organo cibernetico che compie il suo sviluppo ontogenetico sulla scorta delle informazioni genetiche e delle informazioni ambientali.

Anatomia e biomeccanica

Nel piede piatto la volta è abbassata in conseguenza dello svolgimento dell’elica. I segmenti sovrapodalici sono prevalentemente intraruotati, con medializzazione della pinza bimalleolare e conseguente deviazione in valgo della struttura astragalica.

Pertanto il cardine di tale deformita’ si trova a livello del retropiede, composto da calcagno e da astragalo a contatto tra di loro per mezzo dell’articolazione sottoastragalica.

La lassità legamentosa e l’insufficienza muscolare fanno si che la struttura subisca un cedimento. L’astragalo normalmente posto al di sopra dell’osso

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calcaneale, subisce uno scivolamento verso il basso, in avanti e internamente, trascinando con sè tutte le ossa ad esso connesse anteriormente, e costringendo il calcagno a ruotare internamente.

Da qui scaturiscono le alterazioni di moto caratteristiche della condizione in esame, in particolare la pronazione prolungata oltre il 60% del tempo totale di contatto al terreno, che porta ad un’insufficienza del piede come leva rigida all’atto della propulsione (momento in cui dovrebbe invece supinare), oltre che ad un iperlavoro dei muscoli supinatori.

Il calcagno si presenta, oltre che everso, in flessione plantare, l’astragalo scivolato in senso anteromediale e all’interno insieme allo scafoide. I cuneiformi e i metatarsi rispondono sublussandosi verso l’alto. L’articolazione tibioperoneoastragalica è estesa, la subastragalica pronata, la Chopart abdotta e flessa dorsalmente, il resto del piede è supinato.

Nel caso specifico, a retropiede pronato l’avampiede risponde con una supinazione per mantenere le teste metatarsali aderenti al terreno.

Il muscolo Tibiale posteriore e Peroneo lungo sono insufficienti nello stabilizzare il mesopiede, e il difetto è molto più evidente a catena cinetica chiusa, quindi sotto carico. Blocchi meccanici alla pronazione calcaneare che ne deriva sono i legamenti tibio-calcaneare e interosseo e i muscoli supinatori (tibiali, estensore

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proprio alluce (ELA), tricipite), che hanno anche lo scopo di rallentare e contribuire ad arrestare la pronazione del piede.

La pronazione del retropiede e la

successiva supinazione

dell’avampiede provocano un movimento elicoidale nel piede con la scomparsa della volta e la caratteristica caduta dell’arco longitudinale interno.

In realtà il valgismo del retropiede può presentarsi isolato, o addirittura associarsi a un cavismo plantare, questo può essere possibile nel caso in cui si

accompagni un

aumentato tono

muscolare ad un valgismo primario. Nel piede osservato in senso cranio-podalico, è possibile

descrivere un

triangolo di carico tra

i punti di appoggio plantari (calcagno – I e V metatarso). Esiste un punto D a livello del quale si concentra la forza peso prima di scaricarsi sui suddetti punti di appoggio; nel caso del piede piatto questo punto viene a trovarsi al di fuori di questo triangolo, e questo fa si che le sollecitazioni si scarichino soprattutto in senso mediale.

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Eziopatogenesi

Le cause del piede piatto vanno ricercate prima di tutto nella deformità in valgopronazione del calcagno e nella protrusione plantare mediale della testa astragalica. E’ difficile stabilire a quale livello, anche temporale, abbia origine una tale deformità, e se sia secondaria all’insufficienza legamentosa e muscolare, o se piuttosto sia causa di queste ultime.

Molti studi hanno di volta in volta provato a identificare concause eziopatogenetiche e fattori di rischio: se viene universalmente riconosciuta l’enorme entità del fattore età, altrettanto non può essere affermato con sicurezza per ciascuno degli altri fattori considerati, quali lassità legamentosa, sesso, obesità (secondo Mickle i bambini in soprappeso ed obesi i bambini grassi presentano una maggior area a contatto con il terreno, per la maggior quantità di tessuto sottocutaneo non accompagnato da una corrispondente maggior altezza dell’arco plantare). Più importante sembra la correlazione con l’uso delle diverse calzature: in uno studio indiano Udaya investiga l’importanza del tipo di scarpa indossata, giungendo alla conclusione che calzature rigide favoriscono l’insorgere del piattismo, mentre l’uso di sandali, o l’abitudine di camminare scalzi, siano protettivi; questa visione viene confermata da uno studio di Echerri su una popolazione pediatrica congolese basata sullo studio di parametri podometrici (angolo di Clarke, e indici di Chippaux Smirak e Staheli).

Wolf in particolare studia il ciclo del passo mettendo a confronto alcuni parametri con e senza l’uso di calzature, giungendo alla conclusione che scarpe mediamente rigide influenzino molto poco la rotazione tibiale, poco di più la flessione tibiotalare, molto i movimenti del mesopiede e la torsione del piede.

Il piede cavo

Si definisce piede cavo il piede caratterizzato da un aumento in altezza della volta plantare con conseguente riduzione della superficie di appoggio;è presente di regola un varo di calcagno, talora un varo escurvato, ed una

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pronazione dell’avampiede; fa eccezione il piede cavo-valgo piede che sembra piatto ma non lo è: è un piede cavo la cui volta si è coricata medialmente; ne fanno la spia il profilo esterno concavo e la riduzione almeno nelle fasi iniziali della superficie di appoggio.

L’impronta plantare del piede cavo documenta una larghezza dell’istmo inferiore ad 1/3 della larghezza del tallone anteriore. Altre caratteristiche cliniche tipiche del piede cavo sono la sua rigidità, e la instabilità del retropiede; questa è connessa in parte con le anomalie strutturali di assetto che lo caratterizzano (varo ed escurvato di calcagno) ed in parte con il disturbo neurologico che spesso è alla base del cavismo stesso. Secondo un criterio etiopatogenetico il piede cavo si distingue in :

- Congenito - Acquisito - Essenziale

Il piede cavo congenito è una rara forma di natura disontogenetica già presente alla nascita caratterizzata da un cavismo prevalentemente antero-interna; spesso è associata una plica plantare al medio piede e griffe del I° dito.

Il piede cavo acquisito può essere secondario a patologie neurogene, miopatie, traumi, processi degenerativi, a patologie delle parti molli….

Il piede cavo essenziale raccoglie tutte le forme in cui non si riesce ad identificare una noxa patogena, in tutto non più del 10%.

Secondo un criterio morfologico e considerando la deformità sul piano sagittale il piede cavo può essere distinto in: cavo anteriore, cavo posteriore, cavo misto.

Il cavo anteriore è caratterizzato da una equinizzazione dei metatarsali tale che ad angolo tibio-astragalico di 115°, l’avampiede risulta slivellato rispetto al retropiede di oltre 1 cm (normalmente di oltre 1 cm).

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il cavo posteriore è caratterizzato da talizzazione del calcagno; l’asse del calcagno normalmente è talizzato di 20°-25°rispetto al suolo: un aumento della sua talizzazione configura un cavismo posteriore; il suo apice è alla Chopard ed clinicamente il tallone anteriore e posteriore non sono slivellati; in forma pura è in relazione con ipovalidità del tricipite della sura, tipico della poliomelite, oggi rappresenta la minoranza dei casi,

il cavo misto dato dall’associazione delle due precedenti forme è con il piede cavo anteriore la forma di più frequente riscontro; il suo apice è alla Chopard e la Lisfranc.

Tra le anomalie del piede cavo sul piano sagittale devono essere considerate anche le griffe delle dita , nelle varianti prossimale e distale, non strutturate o strutturate a seconda che siano riducibili passivamente o meno sollevando le teste metatarsali.

Quanto all’aspetto frontale, tipicamente il cavismo si accompagna a varo di calcagno; questo può essere primitivo e determinante la comparsa del cavismo, oppure secondario ad esso in quanto indotto dal cavismo stesso. Un varismo primitivo di calcagno e quindi una supinazione primitiva della sottoastragalica induce una pronazione dell’avampiede ; ciò comporta avvolgimento della “elica” podalica e cavizzazione del piede. Per contro un cavismo anteriore con equinizzazione prevalente del primo raggio , comporta, nel momento in cui l’avampiede stesso va in carico una supinazione della sottoastragalica ed un varismo secondario di calcagno. Di queste successioni cronologiche nella insorgenza e nella evolutività della deformità in cavismo deve essere tenuto conto in ambito di programmazione terapeutica. In caso di varismo primitivo o secondario ma strutturato, si dovrà intervenire prima sul retropiede e successivamente sull’avampiede; viceversa in caso di varismo secondario non strutturato di calcagno dovrà essere corretta per prima la deformità originaria dell’avampiede.

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