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UNIVERSITA’ DI PISA

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DI PISA

DIPARTIMENTO DI SCIENZE AGRARIE, ALIMENTARI E

AGRO-AMBIENTALI

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN

“PROGETTAZIOENE E GESTIONE DEL VERDE URBANO E DEL

PAESAGGIO”

TESI DI LAUREA

Progettazione di un giardino terapeutico presso la Fondazione

Stella Maris, Calambrone (PI)

Candidato:

Lorenzo Latini

Relatore: Correlatore:

Prof. Paolo Vernieri Prof. Salvatore Brunello Consorti

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Sommario

Ringraziamenti ... 4

INTRODUZIONE ... 5

1.

Ortoterapia ... 7

1.1Cos’è l’ortoterapia ... 7

1.1.1 Personale qualificato per la terapia ... 8

1.2Efficacia dell’ortoterapia ... 8

1.3Cenni storici dell’ortoterapia ... 10

1.4L’ortoterapia nei luoghi di cura ... 12

1.4.1 Cosa sono gli healing gardens ... 12

1.4.2 Linee progettuali per un healing garden ... 13

1.4.3 Esempi di ortoterapia applicata ... 16

2.

IRCCS – Fondazione Stella Maris ... 27

2.1Introduzione ... 27

2.2 Breve storia della fondazione ... 28

2.3 Inquadramento territoriale ... 30

2.4 Scopi e patologie trattate ... 31

2.5 DCA-Disturbi del comportamento alimentare ... 33

2.6 Classificazione dei DCA ... 34

2.7Descrizioni dei luoghi di cura ... 40

3.

Proposta progettuale negli “Orti di A.D.A” ... 44

3.1 Gli “Orti di A.D.A” (Assistenza disturbi alimentari) ... 44

3.2 Studio e caratteristiche attuali del sito ... 50

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4. Interventi di progettazione ... 59

4.1 Pianificazione delle aree d’intervento ... 59

4.2 Il percorso e i materiali utilizzati ... 61

4.3 Scelta della vegetazione ... 63

4.4 Manutenzione del verde e sicurezza interna ... 73

4.5 Computo metrico estimativo ... 73

5. Render fotografici ... 78

6. Conclusioni ... 81

7. Bibliografia e sitografia ... 83

8. Allegati ... 86

Allegato 1: Tavola dello stato attuale ... 86

Allegato 2: Masterplan... 86

Allegato 3: Tavola delle opere a verde ... 86

Allegato 4: Tavola degli arredi ... 86

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Ringraziamenti

Un ringraziamento particolare va al Prof. Paolo Vernieri per l’aiuto e la dedizione offerta nella stesura della tesi e per i preziosi insegnamenti e consigli dispensati oltre il solo ambito accademico.

Grazie anche alla Dott.ssa Sandra Maestro, a Nicola Zannoni ed a tutto lo staff della Fondazione Stella Maris e degli Orti di ADA per il sostegno e la disponibilità avuti nella realizzazione del giardino terapeutico.

Un grazie particolare anche a tutti i colleghi universitari, amici e compagni di avventure che mi hanno supportato per tutto il tempo.

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INTRODUZIONE

Fin dall’antichità l’aspetto spirituale e terapeutico del rapporto dell’uomo con la natura è stato sempre conosciuto. Molte tra le mitologie e religioni del mondo hanno avuto origine in un giardino dove presenziavano piante ornamentali, officinali e alimentari.

Si è a conoscenza che i primi giardini in assoluto furono quelli impiantati in mezzo ai deserti della Mesopotamia, composti da palme che erano riusciti ad acclimatare. Sulle terrazze degli edifici sacri, e dinnanzi ai santuari erano sempre presenti elementi naturali, da qui si inizia a capire la correlazione tra natura e sacralità.

Nella civiltà Egizia, il giardino prese ampio spazio e significato. Questo si deve, oltre alla continuità e stabilità della civiltà, alla presenza di acqua proveniente dal Nilo e dai contatti con l’Asia. Nell’abbattimento dei boschi per ricavare spazi agricoli, venivano lasciati alcuni sicomori ai limiti, sia per delimitare i bordi sia perché questo albero era considerato come divinità benefica cui offrire sacrifici; la sua ombra proteggeva gli amanti ed era gradita ai vivi e ai morti.

Anche la civiltà Persiana era nota per la venerazione per gli alberi, che permeava tutta la società. La simmetria con la quale realizzavano i giardini non era solo questione di ordine e rigore, ma era una rappresentazione mistica dell’Universo, data la divisione in quattro parti dei giardini. Il giardino è quindi un ideale sia di freschezza, con le sue erbe e i suoi ruscelli, sia di fecondità.

I giardini Greci invece non avevano nulla di “bello”, ma mantenevano l’aspetto sacro, erano di fatto piantati vicino a qualche santuario consacrato a una divinità della fecondità.

Viceversa l’ellenismo, collegato sia al mondo greco che a quello orientale, fu particolarmente ricco di giardini e parchi. Questa ricchezza è stata dovuta ai contatti con la civiltà persiana e quella egizia. Poco a poco nelle città ellenistiche si completano i portici con passeggiate ombreggiate. Il platano è oggetto di una predilezione particolare. Da queste tecniche si originerà il giardino romano. Il giardino privato romano però terrà origine anche da quei giardini dell’ellenismo inseriti nelle dimore private. Ciò non si tradusse solo nel ricopiare i giardini della Magna Grecia, ma fu imposta al giardino romano un’estetica che riuniva la poesia, la scultura e la pittura ellenica. Nascono le composizioni dei paesaggi e l’Ars topiaria, dall’opera di paesaggisti e non di semplici potatori. Il giardino paesaggista romano è dunque un quadro proiettato, composto da motivi che esprimono una visione della Natura in cui non sono mai assenti dei, eroi e defunti. Cappelle, tombe e santuari di ogni tipo, e attraverso di

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6 loro la Natura si impregna di un senso del divino che sopravvive nei giardini dell’Occidente fino ai giorni nostri. Per la religione del tempo non c’era alcun sacrilegio nell’utilizzare per il proprio piacere santuari consacrati alle divinità. Questo piacere era anzi la prova della presenza divina, una sorta di sacra armonia fra l’anima umana e gli spiriti della terra e del mondo. Per questo il parco romano si popola di statue singole e di gruppi scultorei in cui erano rappresentati miti e leggende.

Dopo la caduta dell’impero Romano, i giardini assunsero nuovi volti divisi in spazi religiosi e spazi laici. Il lato religioso è cullato tra le braccia dei monasteri che assegnano agli spazi verdi un ruolo all’interno della propria economia materiale e spirituale. Questa assegnazione si traduce con il nome di hortus conclusus, che diventa parte integrante delle architetture monastiche. Tali giardini stavano a simboleggiare l’Eden primigenio, chiuso all’esterno come una fortezza che si schiudeva ai privilegiati con le sue essenze aromatiche. Il lato laico era rappresentato dai giardini cavallereschi, in cui ci si poteva perdere in corteggiamenti e amori clandestini.

Con l’avvento del Rinascimento i giardini iniziano a seguire i canoni progettuali degli edifici. Vengono quindi utilizzate recinzioni, elementi architettonici, la vegetazione organizzata in parterre bordate da siepi e non da meno l’importanza di acqua e ornamenti vari.

La vicinanza della natura e del giardino con l’uomo è stata sempre molto forte, con epoche in cui la sacralità del verde era al centro di tutto alternate ad epoche in cui l’uomo dominava su tutto. Nonostante questo l’uomo ha sempre avuto bisogno della natura per soddisfare le proprie esigenze e mai come nel periodo odierno la necessità è così forte.

Basta pensare al ritorno al mondo dell’agricoltura che stiamo vivendo, in cui la ricerca del contatto con la natura è sempre più indispensabile. Inquinamento ambientale,

riscaldamento urbano, eventi meteorici ma anche stress, ansie, depressione e tutto ciò che altera lo stato di salute umano può essere attenuato dal contatto con il mondo vegetale, in tutte le forme, colori, aromi. Il contatto con la terra, l’attività all’aria aperta, la

familiarizzazione con le specie vegetali sono i punti cardini dell’ortoterapia, terapia in grado di donare sollievo da problematiche psicomotorie, come abbondantemente dimostrato dalla scienza e come accettato dall’opinione pubblica.

Nei capitoli a seguire si cercherà di definire l’ortoterapia, la sua origine e storia, le funzioni e gli studi che hanno portato il semplice contatto con la natura ad essere motivo di sollievo e benessere.

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1. Ortoterapia

1.1 Cos’è l’ortoterapia

L’ortoterapia è una pratica a supporto delle terapie di riabilitazione di persone affette da disturbi psicofisici vari, attraverso il quale si punta al recupero delle capacità della persona, basandosi sull’incoraggiamento dei soggetti a prendersi cura del verde. Questo tipo di approccio alle persone con difficoltà, delle quali ci si ripromette il miglioramento dello stato di salute, si imposta come un intervento che, più esaustivamente di altri approcci, copre l’intero range dei bisogni, delle aspettative e delle soddisfazioni della persona in difficoltà. Recentemente la letteratura mondiale, attraverso la pubblicazione di vari articoli, ha dimostrato in modo evidente come questa metodica di terapia basata sul contatto con il verde, abbia influito positivamente sulle condizioni psicofisiche dei pazienti. Sono state interessate sfere psicologiche come benessere, memoria, autostima, quest’ultima ha garantito un’integrazione maggiore da parte dei soggetti al gruppo, ottenendo di

conseguenza una produttività fisica che altrimenti sarebbe stata assente o minima. Altro punto a favore la terapia orticolturale lo ottiene attraverso la riduzione dello stress, come è stato dimostrato da uno studio condotto su venti ragazzi delle scuole elementari (Lee M.J. et al., 2018). Per la giusta esecuzione della terapia, è indiscutibile la necessità di una figura professionale debitamente formata, capace di finalizzare gli obiettivi proposti

progressivamente, per rendere efficace al massimo la terapia (http://www.assiort.it/). Un altro aiuto per comprendere meglio il tema della riabilitazione attraverso il “verde” ce lo dà l’American horticultural therapy association che definisce gli horticultural therapy

gardens, ovvero i giardini per la terapia orticolturale. Gli Atha sono di fatto dei giardini terapeutici, progettati per raggiungere obiettivi nel trattamento della persona e

principalmente per supportare le attività orticole. Un giardino per la terapia orticolturale è inoltre progettato in modo tale che gli stessi fruitori siano in grado di curare la vegetazione del giardino stesso

(http://www.architetto.info/news/green-building/ortoterapia-e-benessere/).

Mentre in Europa l'ortoterapia sta muovendo i suoi primi passi, negli Stati Uniti quest'ultima viene praticata da circa 40 anni. Vi sono centri specializzati di fama internazionale, e reparti di ortoterapia negli ospedali importanti (Ospedale universitario di New York).

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1.1.1 Personale qualificato per la terapia

Il paziente viene sempre messo al primo posto, migliorare la sua condizione fisica e mentale, facendolo sentire a proprio agio, felice, utile, rilassato è l’obiettivo principe della terapia orticolturale. Per il raggiungimento di tale obiettivo si necessita di uno staff organizzato e preparato, capace di sostenere il proprio compito ed in grado di garantire un raggiungimento dei fini terapeutici. I medici, il personale specializzato, gli infermieri e tutto l’organico che lavora a favore dei pazienti, dovrebbero provenire da studi formativi inerenti alla tipologia di argomento di cura trattato e delle metodologie applicate. Alcuni dati provenienti da studi condotti negli USA rivelano che circa il 60% degli utenti che popolano i giardini di cura è composto dal personale medico e sociale (http://www.healingardens.it/). Importante e non da sottovalutare è anche la presenza familiare che garantisce un clima confidenziale per il paziente, che potrebbe sentirsi alienato nella struttura in cui viene ricoverato. Inoltre i familiari potrebbero fungere da ponte di collegamento tra i pazienti e lo staff, garantendo una comunicazione chiara e rendendo meno traumatico possibile l’approccio con la terapia. Rendere l’ambiente familiare e confortevole sicuramente influisce positivamente sulle capacità dell’individuo, garantendo una sorta di benessere, che potrebbe anche accelerare la guarigione o limitare i disturbi causati dalla patologia.

1.2 Efficacia dell’ortoterapia

Prima di parlare di ortoterapia bisognerebbe fare un passo indietro, capendo cosa c’è alla base di questo metodo di terapia. Alla base troviamo l’orticoltura, che vede tante definizioni, ma fondamentalmente consiste in tutte quelle pratiche e conoscenze che portano alla nascita e crescita di fiori, frutta, verdura, alberi e arbusti, con un uno sviluppo parallelo emotivo e fisico dei singoli individui, recando sollievo e benessere in termine di salute psicofisica (Relf, 1992 cit. in Simson & Straus, 1998). Con questa definizione si cerca di spiegare come l’orticoltura, attraverso il contatto tra pianta e individuo o la semplice

contemplazione, possa donare benefici alle persone che la praticano e a quelle che gli stanno intorno (Simson & Straus, 1998).

L’applicazione dell’orticoltura in centri di riabilitazione potrebbe banalmente essere

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9 sostenere la tesi è Lewis (1976) che evidenzia le differenze che esistono fra le attività di giardinaggio e la terapia orticolturale che, pur essendo per la maggior parte solo una

questione di punti di vista e di dettagli, appaiono decisive. Secondo l’autore infatti, mentre il giardinaggio può migliorare il benessere della comunità o di gruppi di persone che vivono nello stesso ambiente e che dividono interessi e valori, la terapia orticolturale riguarda le interazioni uomo-pianta in modo molto più intimo. L’obiettivo primario dell’orticoltura è il recupero e il benessere individuale dei pazienti mentre le piante costituiscono solo un sottoprodotto del processo di riabilitazione.

La cura delle piante presenta delle caratteristiche uniche, la campagna infatti ha sempre offerto ai meno abili un ambiente tollerante e creativo. Le attività che si possono svolgere comprendono: il lavoro nelle serre, la cura dei giardini, la produzione di manufatti con prodotti che la natura ci offre, la vendita dei prodotti agricoli e la coltivazione dei campi. Gestire e seguire le piante consente a chi se ne occupa di vivere e godere al meglio di tutto il loro ciclo di sviluppo: la loro crescita, la loro vita riproduttiva e la morte gli forniscono

l’immagine e la sensazione di un mondo vitale in tutte le sue fasi. L’orticoltura e il

giardinaggio si prestano molto bene al lavoro di gruppo, alla manipolazione e alla manualità, al lavoro all’aria aperta ed all’interazione con l’ambiente (Chermaz, 2003).

Gli effetti dell’ortoterapia sono molteplici, si possono schematizzare in due importanti grandi categorie, parlando così di aspetto terapeutico e sociale.

L’aspetto terapeutico è l’essenza vera e propria di questa metodica di terapia, riguarda infatti i benefici cognitivi, fisici e comportamentali. Vengono implementati e interessati tutti quei campi legati alle funzioni cerebrali come la capacità di comunicazione, di pensiero, di concentrazione, scrittura e lettura. In parallelo l’utilizzare strumenti di lavoro leggeri, ed eseguire movimenti in serie, ritmati, in una successione definita fa sì che anche le abilità motorie degli individui vengano interessate. Il contatto, la visione dei colori, la percezione degli odori sono tutti stimoli che vanno ad interagire con la fascia sensoriale, apportando nuovi stimoli per la persona. Il semplice seminare una determinata area crea una serie di azioni come il contare i semi, il contatto con la terra da preparare, capire lo spazio che bisogna occupare, che portano l’individuo a rendersi conto della necessità di

un’organizzazione. Quindi avviene un miglioramento comportamentale anche per quanto riguarda, come detto prima, la riduzione dello stress, dell’affaticamento mentale, tutto indotto dal contatto con la natura.

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10 L’aspetto sociale può essere spiegato partendo dal fatto che molti pazienti dal momento in cui vengono ricoverati tendono a manifestare isolamento, insicurezza o ad avere una visione pessimistica. Svolgere attività come il seminare una pianta e farla crescere, responsabilizza il paziente rendendolo più sicuro di se, aumentano le capacità affettive, viene migliorata l’autonomia. Inoltre partecipare in gruppo rende gli individui coinvolti in modo collettivo, con scambio di idee e aiuti fisici, tutto questo per contrastare le sensazioni di solitudine e depressione che spesso accompagnano i pazienti nei primi momenti del ricovero.

1.3 Cenni storici dell’ortoterapia

L’ortoterapia nonostante sia una metodica estremamente attuale ha le sue fondamenta che risalgono alla fine del 1600, ma poi fu Benjamin Rush, il padre della psichiatria americana, che alla fine del 1700 affermò che lavorare il terreno e coltivare le piante aveva un effetto benefico sulla salute della mente (Tereshkovic, 1975). L’eccezionale innovazione ed efficienza delle sue scoperte fu talmente grande che si diffusero ben presto dappertutto negli Stati Uniti ed anche in Europa, tanto che nella seconda metà dell’800 a Philadelphia il Friends Hospital installò la prima serra con scopi esclusivamente terapeutici (Lewis, 1976). Questo secolo, soprattutto la seconda metà, produsse le pubblicazioni di diversi studi scientifici sull’ortoterapia, iniziando anche la messa a punto di terapie specifiche. Furono stabiliti dei criteri scientifici da seguire, per dare vita a dei programmi per l’interazione con le piante, per la cura di soggetti con disagi psicofisici provocati da traumi di diversa natura. L’Occupational Therapists Association (Associazione di Terapisti Occupazionali), nata in Inghilterra, nel 1936 accettò e inserì nel proprio inventario l’orticoltura come mezzo di terapia. Questo fu un grande passo nel riconoscimento di questa disciplina come terapia nei casi di disabilità psichiatrica e fisica. Nel 1953 venne applicata per la prima volta la terapia orticolturale nei parchi pubblici, grazie al propagatore dell’arboreto dell’Università di Harvard Louis Lipp. Tre anni dopo, lo stesso Louis Lipp, iniziò un programma simile presso l’arboreto di Kirtland, in Ohio. Sei anni dopo il New York University Medical Centre,

rinominato Istituto di medicina riabilitativa, iniziò un programma di ortoterapia nella serra appositamente costruita, che continua ad essere applicato anche nei giorni nostri, con tutti gli aggiornamenti dovuti. Negli anni ‘70 fu fondata l’American Horticultural Therapy

Association (AHTA) (Associazione Americana dei terapisti orticolturali). Questa associazione ha lo scopo di promuovere lo sviluppo a livello americano, ma anche internazionale,

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11 dell’orticoltura e di tutte le attività collegate, elevare la professionalità delle figure

professionali dell’ortoterapia con continui aggiornamenti e migliorare i risultati dei

programmi che utilizzano questo tipo di terapia (Davis, 1995). Quasi contemporaneamente in Gran Bretagna, precisamente nel 1978, Chris Underhill fondò la Society for Horticultural Therapy (Società dei terapisti orticolturali), venti anni dopo la stessa fu rinominata Thrive. Proprio in questo stato ogni anno circa 60.000 persone partecipano a programmi di ortoterapia organizzati dal Thrive.

I pazienti della struttura sono suddivisi in base alle diverse patologie, più precisamente:  29% sono disabili con problemi di apprendimento

 24% disabili mentali

 14% con le entrambe patologie  16% con disabilità fisica

 17% hanno altri problemi (malati terminali, persone che hanno subito traumi, o persone che provengono da disagio sociale).

In risposta alle società nate in America e in Gran Bretagna, la Francia ha promosso la realizzazione di un parco accessibile ai disabili. L’associazione francese Relais-Nature Jouy-Vélizy ha messo a disposizione molti volontari, che insieme ai ragazzi disabili hanno realizzato un orto accessibile sulle orme dello storico “jardin potager” (orto-giardino). In questo spazio vastissimo, di circa 150000 m2, circa 40000 m2 sono stati destinati

all’orto-giardino vero e proprio e 90 m2 sono stati adibiti alla costruzione di una serra. Il parco

comprende vari componenti, da quella boschiva, a quella a prato, ai resti del giardino storico, edifici rurali e rovine di un castello. Si può usufruire del giardino in molti modi, dalle pratiche di giardinaggio, specializzate per i non vedenti, persone con disabilità motorie e mentali, di tutte le fasce d’età, alle zone adibite all’apicoltura, alle zone incentrate sull’allevamento di animali da cortile. È presente anche una vecchia cucina con un antico forno a legna per il pane, tutti strumenti rurali capaci di intrattenere e stimolare sia la

persona con la disabilità che il visitatore che si vuole prendere una pausa dai ritmi della città. Non manca neppure la fase di ricerca, che si dedica all’interazione con acqua, alberi e aria, per un contatto puro con gli elementi fondamentali della vita.

Altro paese da cui prendere esempio è l’Olanda, che offre molteplici aree verdi urbane e non attrezzate per l’ortoterapia e accessibili a tutti. Uno dei giardini olandesi più particolare e significativo è quello progettato per persone disabili a Frederiksoord, nella provincia di

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12 Drenthe. Il giardino si sviluppa per circa 5000 m2, nei quali vengono svolte varie attività

guidate come passeggiate attraverso essenze aromatiche, per lo stimolo sensoriale dei non vedenti. Vengono tenuti anche dei corsi, incentrati sull’orticoltura, in cui sono spiegati i passaggi base da eseguire per la cura dell’orto. Il tutto è pensato in un’ottica di accessibilità, con la messa a disposizioni di sedie a rotelle per gli anziani e disabili oppure postazioni di lavoro rialzate in modo che tutti possano usufruirne senza eccessivi sforzi fisici.

Si possono elencare altri esempi di aree verdi attrezzate per l’ortoterapia in olanda, come ad esempio:

 Il giardino per non vedenti De Wittenborg  Il giardino modello Groesbeek

 Il giardino Botanico di Tuinen.

Infine anche il Belgio ha avuto il suo ruolo nello sviluppo di aree verdi significative. Basta pensare alle realizzazioni come il giardino di riabilitazione annesso al Centro di sclerosi multipla di Overpelt, in cui viene praticata ancora ad oggi la terapia orticolturale ed il giardino a Nijmenghen, costruito apposta per essere usufruito da persone con capacità motorie ridotte, nella casa di cura Joachim en Anna (Zoppi, 2001).

1.4 L’ortoterapia nei luoghi di cura

1.4.1 Cosa sono gli healing gardens

Spesso associato alla parola inglese garden, utilizzata nel contesto di terapie e cura, troviamo un altro termine che è “healing”. La traduzione letteraria dall’inglese di questo termine è “guarigione”, detto in altri termini un ripristino della salute, intesa sia come fisica che mentale. Nonostante la traduzione letteraria sia di per sé esaustiva, con healing gardens si possono intendere i giardini semplicemente connessi ad una struttura di cura, oppure i giardini utilizzati direttamente per il trattamento di guarigione o infine i giardini utilizzati indirettamente come sostegno per il paziente nel suo percorso riabilitativo

(http://www.healingardens.it/learn.php).

L’healing garden è quindi una sorta di contenitore metaforico, tradotto praticamente come spazio esterno e talvolta interno progettato appositamente in un’ottica di miglioramento del benessere e della salute degli individui. Questo contenitore raccoglie trattamenti di tipo

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13 passivo attraverso cui vengono tratti benefici (l’osservazione, la meditazione o il semplice stare in giardino), e altri di tipo attivo, in cui avviene un coinvolgimento pratico con le varie essenze del giardino (ortoterapia e tutte le attività analoghe, terapie riabilitative di tutti i generi).

La progettazione di questi giardini è quindi molto importante, deve essere studiata nel modo più accurato e ottimizzata per il tipo di paziente che andrà ad accogliere.

Per primi devono essere considerati i pazienti delle strutture di cura, soggetti principali degli healing gardens. Sono persone nella maggior parte dei casi caratterizzate da uno stato di debolezza psicologica e motoria, che mostrano segni evidenti di sofferenza e che richiedono una concentrazione nella fase di progettazione tale da rispettare tutte le loro esigenze. Queste persone possono essere di tutte le età, avere patologie cliniche e abilità motorie diverse, per cui è necessaria una progettazione specifica per il tipo di paziente.

Altri fruitori degli healing gardens sono i famigliari e amici dei pazienti stessi. Spesso vengono non considerati nell’ottica della progettazione, ma il loro carico di sofferenza e il loro coinvolgimento danno un ruolo non secondario ai pazienti. Si cerca di creare aree in grado di alleviare lo stress ed in qualche modo rendere il carico di sofferenze meno pesante, il contatto con la natura è quindi perfetto per questo tipo di finalità.

Infine c’è da considerare anche tutto il personale medico e lo staff che segue i pazienti, e che insieme a loro condividono il fardello della malattia. Viene molte volte dato per scontato che la loro professionalità e preparazione sia garanzia di successo, senza effetti collaterali. La realtà è che lo stretto contatto con il paziente per tempi prolungati può anche portare a fenomeni di disillusione e impotenza, comportate da aspettative riposte non realizzate. Un accumulo di stress per loro potrebbe causare un abbassamento della qualità della vita e influire di conseguenza sulla qualità del loro lavoro. Queste cause potrebbero poi sfociare in una minore qualità del rapporto con i pazienti ed in una trascuratezza del loro impegno professionale (Senes G.,2013).

1.4.2 Linee progettuali per un healing garden

La diversificazione dei fruitori dei giardini di guarigione implica che da una parte gli spazi debbano essere progettati in modo differenziato, per accogliere le esigenze di tutti senza distinzioni. Dall'altra parte c’è da tenere conto che ci deve essere una sorta di collegamento

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14 concettuale tra gli spazi progettati, in modo che nessuno si trovi alienato in un posto diverso (Senes G.,2013).

Sensazione di sicurezza

Uno dei tanti aspetti che va sempre tenuto in considerazione è la vulnerabilità del paziente. Questa vulnerabilità, indotta dalla malattia, è quasi sempre accompagnata da altre

sensazioni sgradevoli come depressione e fobia dell’ambiente circostante. Si dovrà quindi rendere il giardino un luogo sicuro, accogliente e confortevole. Si possono adottare diverse soluzioni, anche in combinazione, partendo da quelle più banali come una recinzione, che per prima reca nel paziente un sollievo (Tenngart, 2011). Di più particolare gestione sono elementi come le sculture, i materiali che compongono il giardino, le essenze arboree e arbustive e il design del giardino e dell’edificio ospitante. Tutti questi elementi devono essere presi in considerazione ed essere usati a nostro vantaggio, adottando soluzioni progettuali semplici e armoniose (Cooper Marcus, 1999).

Diversificazione delle attività

La monotonia è sinonimo di negatività nel caso degli healing gardens. Infatti avere più attività da svolgere, diversificate sia nel modo di farle che nel tempo, rende l’ospite più partecipe e interessato. È bene inserire vari gradi di attività, in modo tale che le esperienze del visitatore varino gradualmente. Possiamo prendere due esempi opposti per quanto riguarda il carico di esigenza applicativa. L’inserimento di un laghetto, magari provvisto di piccoli giochi d’acqua, non richiede grande partecipazione da parte dell’ospite, l’attività di osservazione e meditazione è quella che caratterizza l’acqua. In opposizione c’è sicuramente la coltivazione di piante, che invece richiede sforzo fisico per primo e a seguire uno sforzo mentale nell’eseguire le operazioni correttamente. L’utilizzo di entrambe le soluzioni, intermediate con attività di diverso carico occupazionale, fa sì che la fruizione del parco risulti interessante e mai deleteria.

Le otto caratteristiche di Grahn

Patrik Grahn negli anni novanta suggerì le otto caratteristiche che un giardino potrebbe avere e di come esse stimolino diversamente i visitatori. Le caratteristiche sono:

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15  Serenità: il clima di serenità viene dato dalle persone circostanti che sono quiete,

assenza di spazzatura e rifiuti o erbacce. Inoltre la pace e il silenzio dominano, interrotti solamente dai suoni della natura;

 Naturalità: l’area è dominata dalla natura selvaggia, quindi piante spontanee nate naturalmente lì, rocce, muschi e quant’altro ricordi i luoghi naturali;

 Ricchezza di specie: non solo presenza di molte specie vegetali, ma anche di quelle animali;

 Spazio: il fattore dello spazio è quello che maggiormente impressiona il visitatore, dandogli una sensazione come quella di entrare in un mondo parallelo;

 Ordinarietà: uno spazio aperto che inviti al paziente a rimanere, dandogli una sensazione di familiarità;

 Il giardino del piacere: è un luogo racchiuso e intimo, nel quale si può ritrovare l’armonia e la pace con se stessi;

 Festa: è il luogo d’incontro nel quale maggiormente è sentita l’aria di festa e di svago;  Cultura: sinonimo di storia, dove è possibile riassaporare le sensazioni del passato.

Privacy e interazione sociale

L’equilibrio tra le attività orticole in gruppo e la propria intimità è di fondamentale importanza e va sempre rispettato. Come già detto prima, le ricerche dimostrano che le persone che ricevono un supporto sociale sono in minor parte soggette a stress e depressione e tendono ad isolarsi di meno. Altre ricerche ancora dimostrano che per le interazioni sociali sono migliori gli ambienti chiusi e circoscritti, in cui sia più facile far avvenire una socializzazione attiva riscontrando risultati di partecipazione maggiori. Al contrario il paziente preferisce spazi ampi, con vedute suggestive e sedute, da cui può osservare le altre persone. Questi elementi, uniti alla vegetazione che fa da cornice, permettono al paziente di stare in intimità con se stesso (Cooper, 1999).

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1.4.3 Esempi di ortoterapia applicata

Sempre più realtà stanno accettando l’ortoterapia come metodo appurato di cura. Di seguito verranno elencati una serie di healing gardens in Italia e all’estero, in cui viene praticata ortoterapia.

Il giardino degli abbracci – Ospedale San Carlo (MI)

L’azienda ospedaliera del San Carlo di Milano è stata uno dei primi esempi pratici della costruzione di un healing garden. Ciò ha reso questo ospedale uno dei modelli di riferimento per avanguardia nei nuovi modelli di cura delle persone.

Questo giardino è stato realizzato grazie al contributo tra il Day Hospital del reparto di Psichiatria che fa riferimento al Dipartimento di Salute Mentale, diretto dal Dott. Giuseppe Biffi, dell’Azienda Ospedaliera San Carlo Borromeo di Milano e il Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali dell’Università degli Studi di Milano.

Il progetto viene sinteticamente diviso in due corpi funzionali:

1. L’orto sinergico: sviluppato sotto forma di un percorso, attraverso il quale è possibile svolgere attività terapeutiche attraverso la coltivazione di aiuole e la gestione di un frutteto;

2. Il “giardino degli abbracci”: sviluppato invece in un’ottica di stimolazione dei sensi, attraverso l’interazione con aiuole contenenti diverse essenze erbacee, arbustive ed arboree (Figura 1).

Il giardino degli Abbracci è composto di vari elementi, come il percorso sensoriale, realizzato seguendo un andamento sinuoso. Proprio per simboleggiare il gesto dell’abbraccio sono state realizzate delle aiuole con forma a “C”, realizzate a collinetta, composte da diverse specie cromaticamente differenti, in modo da stimolare differenti reazioni.

Inoltre lungo il percorso sono stati disposti elementi differenti per suono e dimensione, che insieme ai colori cercano di coprire un range di stimoli più grande.

Tutto il giardino degli abbracci è circondato da un vasto prato fiorito, costituito

prevalentemente da specie perenni in grado di attirare insetti gradevoli come le farfalle. Il prato è gestito in modo naturale, non tagliato in modo regolare, per dare l’effetto di crescita naturale. Immersi in questo prato sono stati messi a dimora alberi con grandi chiome, che oltre a simboleggiare l’essenza della vita, hanno anche una funzione pratica. Sono stati

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17 infatti disposti in modo tale da formare un piccolo boschetto, in cui si può trovare ristoro nei giorni più caldi.

L’altra grande area del parco è quella dominata dall’orto sinergico. Lo sviluppo è stato pensato come un’imitazione dei luoghi naturali. Il percorso, anziché essere realizzato con geometrie squadrate è stato pensato sinuoso, proprio per richiamare la sinuosità delle linee che troviamo in contesti naturaleggianti. Nelle insenature sono stati inseriti dei cumuli di terra, appositamente pacciamati, che accolgono piante orticole. La gestione di questo orto segue i canoni della coltivazione sinergica, quindi una consociazione di specie quanto più naturale, l’assenza di utilizzo di prodotti fitosanitari e l’impiego di fertilizzanti naturali prodotti localmente. Lo scopo principe dell’orto, non è in sé per sé la produzione, ma il coinvolgere i paziente a prendersi cura di loro stessi e “dell’altro”. Ad implementare la socializzazione dei pazienti, sono stati istituiti corsi di orticoltura e laboratori didattici, tutto questo per evitare quanto più possibile situazioni di isolamento

(http://www.sancarlo.mi.it/?q=news/healing-garden-il-giardino-degli-abbracci-dellospedale-san-carlo-di-milano-0).

Figura 1: Giardino degli abbracci, ospedale San Carlo di Milano (http://www.tecnicaospedaliera.it/healing-garden-allao-san-carlo-borromeo-di-milano/).

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18 Residenza per anziani – RSA Saccardo, Milano

Le RSA sono le residenze sanitarie assistenziali, introdotte in Italia verso la metà degli anni ’90, sono strutture sanitarie, anche se non fanno parte dei complessi ospedalieri. Sono adibite all’accoglienza per un tempo variabile da pochi giorni all’indeterminato di persone, soprattutto anziani, non più autosufficienti, che hanno bisogno di essere seguiti da

specialisti.

La Residenza Saccardo (Figura 3) è nata nel 2005, nella zona nord-est di Milano ed unisce la struttura di ricovero con elementi di comfort ambientali, in grado di donare benessere psico-fisico. È stata quindi realizzata un area verde di circa 4000 m2, dove il verde avesse appunto

una funzione terapeutica. Nulla è stato lasciato al caso, sono stati presi in considerazione elementi come distribuzione degli spazi, coni di visuali piacevoli, scelte di colori ed illuminazione precise.

L’idea di progettazione era quella di dare una sorta di continuità tra l’interno della struttura e l’esterno, in modo che il verde e l’edificio non fossero due cose separate. Sono state installate delle vetrate, dalle quali è possibile vedere il giardino dall’interno ed accedervi poi attraverso porte vetro. Questo ha anche una valenza psicologica, in quando il paziente può interagire attivamente con il giardino ma anche passivamente, semplicemente sfruttando i punti di visuale. Entrambe le soluzioni portano comunque un benessere, non solo ai pazienti, ma anche ai visitatori ed al personale.

Il giardino è popolato da diverse specie arboree e erbacee, scelte secondo criteri cromatici e aromatici precisi. L’atmosfera è resa piacevole e rilassante grazie ad un impianto sonoro che emette musica, da una fontana presso cui è possibile riposarsi e leggere nelle sedute

circostanti. Se si cerca più privacy è stato adibito uno spazio apposito, in cui ci si può rilassare in solitudine. Percorrendo il sentiero in autobloccanti si incontrano delle piante di lavanda che segnalano la presenza di strutture a vasca adibite all’ortoterapia (Figura 2).

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19 Figura 2: vasca per l’horticultural therapy, usufruibile da persone su sedie a rotelle

(https://www.im-servizitecnici.com/wp-content/uploads/2017/09/TO_2007_007.pdf).

Le attività che vengono svolte seguono tre diversi programmi, quello terapeutico per l’attenuazione della patologia, quello attitudinale che segue il lato occupazionale ed infine quello sociale per l’implementazione del benessere e della qualità della vita.

A completare l’area verde c’è il prato, tenuto basso da costanti tagli di manutenzione, in cui è consigliato camminare scalzi per avere stimoli positivi, che possono poi anche derivare dall’interazione con il frutteto, e da tutto quello che concerne la raccolta dei frutti.

Tutte le attività svolte presso la residenza sono programmate con cura e professionalità dal servizio di Animazione Culturale e gestite da educatori professionali. In base alla

caratteristiche personali, le attività sono per il singolo paziente o per piccoli/grandi gruppi. Le attività sono di varia natura: manuali, ludiche, cognitive, occupazionali, musicali, di giardinaggio, spettacoli, iniziative culturali aperte anche al territorio, visite in città, gite di gruppo.

L’impegno riabilitativo punta allo sviluppo, al recupero ed al mantenimento delle abilità personali, delle autonomie sociali e delle capacità operative.

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20  Area manipolativa-sensoriale: laboratorio manuale, giardinaggio, cura di sé

 Area cognitiva: giochi cognitivi, cineforum, documentario, dibattito

 Area ludico-ricreativa: giochi ricreativi, giochi motori, musica, feste ed eventi  Area affettivo-relazionale: presa in carico dell’ospite, face to face, pet therapy, doll

therapy

 Macro area: radio, foto, giornale, uscite (http://www.korian.it/strutture/casa-di-riposo-milano-saccardo-alzheimer/).

Figura 3: Residenza per anziani, RSA Saccardo, Milano (http://www.missaglia.com/residenze-assistenziali-saccardo/).

Per la realizzazione di questo parco sono state seguite delle linee guida, che sono un

riassunto di quello che dovrebbe essere l’interfacciare un healing garden con il mondo della terapia. Per prima cosa si è pensato alla sicurezza ed al comfort, quindi alla creazione di sedute lungo il percorso ed alla creazione di spazi intimi, anche vicini alle entrate (per mantenere elevato il senso di sicurezza nel paziente), tutto questo mantenendo una possibilità di visibilità e controllo da parte dello staff. Un altro punto importante è quello della diversità, intesa come attività da svolgere, dal semplice riposo, all’ortoterapia di gruppo fino ad attività singole come la lettura. Importante è anche la presenza di segnaletica,

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21 installata in punti strategici, che insieme ai percorsi intuitivi andasse a rendere

inequivocabile la fruizione del parco. Altri elementi importanti, spesso considerati come ovvi, sono stati la posizione del punto di accesso che permette un’individuazione immediata dell’ingresso, il tipo di pavimentazione e la larghezza dei percorsi che permette il passaggio di due sedie a rotelle contemporaneamente, l’utilizzo di piante arboree già mature in grado quindi di garantire ombra e infine la fontana. Quest’ultima è stata pensata come elemento estetico in grado di donare relax e per renderla tale è stato modulato il suono dell’acqua, agendo sull’erogazione della stessa, in modo che non risultasse di disturbo ad azioni svolte nelle vicinanze come la semplice conversazione.

Dianova Onlus – Garbagnate Milanese

La associazione terapeutica di Garbagnate è situata nel comune di Garbagnate milanese a nord-ovest di Milano. L’associazione si trova nel “Villaggio artigianale di Garbagnate”, che comprende 15 casette, due delle quali gestite dall’associazione Dianova.

Dianova è un’associazione Onlus, nata in Italia negli anni ottanta, che sviluppa programmi e progetti per il trattamento della tossicodipendenzae deldisagiogiovanile.

È stato realizzato un orto sociale e privo di barriere architettoniche per promuovere le attività educative rivolte ai più piccoli.

L’orto sociale segue le linee guida della coltivazione biologica e vicino all’area di coltivazione è stata allestita una piazzetta didattica per i laboratori del Social Camp. L’associazione Dianova ha avviato il progetto "Orto Social Comunitario" finanziato dalla Fondazione Comunitaria Nord Milano,all’interno del bando 2014. L’oggetto del bando era “contrasto ai fenomeni di povertà e marginalità” e, grazie ai fondi raccolti dalla lotteria benefica, il progetto dal titolo "Orti e rapporti: coltivare la terra per condividere valori" nella Comunità di Garbagnate è stato completamente realizzato.

L’architetto Chiara Guazzoni, esperta di orticoltura, ha poi tenuto un corso coinvolgendo otto utenti della Comunità di Garbagnate. Grazie a questi 40 incontri gli utenti hanno potuto imparare in aula e praticamente i principi della botanica e le tecniche basilari di semina, il tutto naturalmente in un’ottica di gestione biologica.

L’orto è stato realizzato seguendo dei canoni di progettazione razionali, primo tra i quali l’abbattimento di barriere architettoniche. Sono state poi installate delle vasche per la piantumazione e la semina dell’orto. Ad ausilio dell’orto è stata anche installata una serra,

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22 che oltre la funzione concreta produttiva, permette agli ospiti di stimolare concentrazione, estro e capacità di prendere decisioni.

Per spiegare le attività sono stati istituiti dei laboratori di ortoterapia all’interno delle attività del Social Camp. Tutte le attività legate all’orticoltura garantiscono poi una serie di benefici, per prima la semina delle piante che porta il paziente a prendere la decisione, concentrarsi ed avere pazienza. Per migliorare lo stato fisico interviene la preparazione della zona d’orto, che oltre lo sforzo richiede anche ingegno e organizzazione logica. Come prolungamento della preparazione dell’orto c’è poi tutta la manutenzione dello stesso. Come ultima pratica colturale c’è il travaso delle piante che, come la semina, richiede concentrazione e pazienza. L’obiettivo finale di questo progetto è l’attivazione di stage e tirocini formativi, presso le aziende del locali del territorio, per favorire l’inserimento socio-lavorativo dei partecipanti. Indirettamente invece si cerca di promuovere delle abitudini di vita sane, una corretta alimentazione ed il rispetto per la natura (https://www.dianova.it).

Ospedale Ca’ Foncello – Treviso

Il reparto pediatrico dell’Ospedale Ca’ Foncello di Treviso nel 2008 ha inaugurato il proprio healing garden, un giardino un po’ fuori dagli schemi. I 230 m2 infatti si trovano sul tetto, al

terzo ed ultimo piano del complesso di edifici ospedalieri. L’Oasi, così è stata chiamata l’area verde adibita alla fruizione dei più piccoli, e miglior nome non poteva essere scelto per questa “isola” di benessere in mezzo al costruito. Il senso di protezione e serenità è quello che il giardino pensile vuole far trasparire, attraverso tutti i suoi elementi compositivi. Partendo dall’interno dell’edificio stesso si può seguire il piccolo fiume, che sfocia nel giardino attraversando le grandi vetrate che si interpongono tra l’interno e l’esterno. Il fiumiciattolo è scavalcato in alcuni punti da ponticelli in legno che permettono

l’attraversamento divertendosi e in alcuni punti sono state piazzate delle pietre con le quali si possono misurare i propri passi.

L’ampia parete a vetri permette la visione del giardino in tutte le stagioni, regalando la visione di alberi, arbusti e piante del sottobosco che formano un quadro naturale

strabiliante. Al suo interno il giardino presenta una serie di elementi di intrattenimento che permettono ai bambini di divertirsi ed interagire tra loro. All’interno del boschetto appaiono nascoste delle sagome in legno raffiguranti cervi che spuntano come a spiare dagli arbusti. Ed ancora una tenda fatta di salice intrecciato in cui nascondersi, panchine su cui poter

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23 riposare o interagire con altri bambini, un portico in cui ripararsi e ristorarsi d’estate, il tutto circondato da piante che schermano la vista del resto dell’ospedale.

Ogni giorno in questo ambiente i bambini ricoverati, con i volontari di varie associazioni svolgono attività come lettura, clownterapia, pet therapy, ortoterapia e tante altre. La terapia orticolturale rientra in un progetto chiamato “Giardini in corsia” che vede ogni bambino come creatore del proprio giardino dell’Eden. Infatti sono stati messi a disposizione elementi naturali come terra, sassi, piante e altri ancora attraverso i quali è possibile

realizzare giardini in miniatura. Utilizzando piccoli contenitori si può dare vita ad un “Giardino del cuore”, mentre se si utilizzano elementi di appiglio si può pensare ad un “Giardino in aria” che si muove con il vento ed emette suoni. Sono piccoli giardini portatili che i bambini possono portare con se in stanza, a casa oppure tenere nell’Oasi insieme a quelli dei compagni, concedendosi la soddisfazione ottenuta dalla cura messa nel realizzarlo e mantenerlo (http://www.trafioriepiante.it/infogardening/poltrona/GiardinoInCorsia.htm).

Alnarp Rehabilitation Garden – Svezia

Si tratta di uno dei primi giardini della Scandinavia pensato per la guarigione dallo stress (Figura 4). Il giardino è nato nel 2002 presso la Swedish University of Agricultural Sciences da un progetto di area verde adibita alla guarigione. L’istituire un healing garden nei pressi della struttura universitaria è stato visto come un’opportunità di terapia a persone affette da malattie come la sindrome da burnout. Questa è una sindrome che risulta da vari eventi di stress che interessano professionisti e operatori che durante il giorno hanno a che fare con relazioni interpersonali. Questo porta la persona affetta ad atteggiamenti negativi verso i clienti, verso il lavoro, la vita e se stessi, causa anche calo di soddisfazione lavorativa, disimpegno nell’organizzazione, riduzione della qualità della vita con peggioramento dello stato di salute.

Sarà quindi impiegata una serie di programmi terapeutici orticoli, gestiti dagli scienziati dell’università, e successivamente utilizzati anche come possibili casi studio per gli studenti. Il team che segue il progetto è composto da due terapisti specializzati in orticoltura, un architetto del paesaggio, un terapista occupazionale, un fisioterapista ed un pedagogo medico antroposofico. Ogni paziente ha il proprio medico responsabile, per la partecipazione al programma i pazienti devono soffrire di patologie come STFR (stress-triggered fatigue

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24

reaction), fatica, depressione e correlati, sindrome da burnout, dolori alla schiena o alla testa

(Stigsdotter & Grahn 2003 Grahn 2010, Tenngart 2011).

Nel giardino terapeutico di Alnarp gli obiettivi principali sono tre:

 Primo obiettivo: terapia orticolturale e attenzione alle pratiche orticole;

 Secondo obiettivo: meno pratico rispetto al primo, si concentra sulla natura e sul recupero delle abilità;

 Terzo obiettivo: introduzione di camere di degenza dalla Scuola Cognitiva.

Figura 4: Alnarp Rehabilitation Garden (https://commons.wikimedia.org/wiki/File:3D-sketch-depicting-the-Alnarp-rehabilitation-garden.jpg).

Rady Children's Hospital and Health Center - San Diego, CA, USA

Il Rady Children’s Hospital ha le proprie sedi in tutte le contee di San Diego, mentre il nucleo principale è situato al 3020 Children’s Way di San Diego.

Ad usufruire dell’ospedale, per la maggior parte, sono i bambini e le famiglie che sono alla ricerca di spazi che offrano loro benessere e distrazione. Tutto questo lo possono ottenere grazie ai giardini dell’ospedale, appositamente progettati per garantire ai pazienti, famiglie e visitatori possibilità di svago, relax, godersi l’aria aperta e dal distogliersi dalle cure mediche. A seguire verranno elencati i giardini di cura con le proprie caratteristiche che li rende peculiari.

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25 1. The Leichtag Family Healing Garden - Il principio sul quale si basa la progettazione di

questo giardino di cura è radicato nell’impegno a soddisfare in modo costante i bisogni fisici, emotivi, mentali e spirituali dei bambini, delle loro famiglie e del personale attraverso l’ambiente che li circonda (Figura 5). L’obiettivo principale è quello di riuscire ad ottenere un miglioramento della mente e del corpo delle

persone che ne fruiscono. L’idea generale era che il giardino fosse un luogo per tutta la famiglia, un rifugio per allontanarsi dallo stress dell'ambiente tecnologico e

asfittico dell'Ospedale.

Concretamente il progetto si basa su due temi principali, quello della natura e quello dell'arte, elementi che trasmettono sensazioni di benessere a chiunque ne

usufruisca, sia attivamente che passivamente. Il progetto vede le rappresentazioni degli elementi fondamentali della vita come il cielo, la terra, l'oceano e le piante, oltre a tutti i tipi di animali, che simboleggiano bellezza e speranza. Il giardino è anche popolato da una serie di sculture animate, con le quali è possibile interagire, create da artisti locali. Entrando infatti come prima cosa si vede un enorme

dinosauro, che invita i bambini ad entrare, riponendo in loro un senso di familiarità e gioco. Nel corpo del giardino troviamo anche un muro con le costellazioni che di notte si illumina, un mulino a vento posizionato in un angolo che quando inizia a girare velocemente emette colori sensazionali. Infine troviamo il muro delle ombre che proietta sagome di animali su superfici piastrellate di diversi colori. Tutte queste installazioni artistiche cercano di rendere il giardino come un gioco, in modo tale da far rilassare i bambini ricoverati.

2. Carley's Magical Gardens - Questo giardino è stato realizzato in memoria del piccolo Carley Jean Copley. Il progetto è stato realizzato grazie ai genitori di Carley, Elizabeth e Michael Copley, che hanno organizzato una raccolta fondi grazie alla quale è stato possibile procedere con la progettazione dei giardini.

Ogni giardino che compone l’area è rappresentato da un tema principale ed elementi speciali, il tutto creato per ispirare fiducia e tranquillità:

 Il giardino dei sogni: il sentiero principale è formato da passerelle sinuose che trasportano i visitatori attraverso un particolare giardino tropicale. La

particolarità di questo giardino è rappresentata dal "nido di colibrì", composto interamente di tessere di mosaico colorate. Spicca per i suoi mille colori ed è il

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26 fulcro dei giardini, insieme alle grandi farfalle veleggiate che danno l’idea del volo, essendo sospese sopra la testa dei visitatori.

 Il giardino dell'amicizia: il tema di questo giardino è l’ambientazione fantastica. Come elemento principale c’è una grande casetta, che internamente si presenta simile ad un labirinto. Arredata internamente con giochi di specchi, un trono in cui sentirsi re o regina una volta seduti e sculture di bronzo nascoste in armadi segreti, fa credere ai visitatori di essere entrati in un altro mondo. Fuori è situato un gazebo per le famiglie, in cui trovare ristoro nelle giornate più calde, affiancato da due sculture in bronzo che fungono da guardiane della casa.

 Carley's Buggy Garden: ispirato all'amore per gli insetti di Carley, il Buggy Garden include una panchina a forma di bruco con un’ala che fuoriesce, costruita su misura a simboleggiare il cambiamento e la trasformazione.

Nell’ottobre del 2010 il Rady Children’s Hospital ha aperto le porte del nuovo padiglione per la cura di patologie acute. Questo ospedale è il caposaldo di riferimento a San Diego che si occupa di patologie che colpiscono i bambini. Così con l’apertura del padiglione per la cura di patologie acute sono stati garantiti 154 nuovi posti letto, per affrontare la grave mancanza di assistenza di questo tipo nella regione.

Nell’area del parco dedicata alla cura di queste patologie acute sono stati realizzati tre giardini “magici” sempre dedicati a Carley. Il primo è situato appena fuori dall'ingresso principale, ed è il Giardino Ausiliario dei Bambini di Rady, che vede la presenza di diversi leoni marini in bronzo, di palme e di tartarughe che sorseggiano il tè.

Il secondo invece si trova al di fuori del Peckham Center for Cancer & Blood Disorders, al secondo piano, ed è subito nota la presenza di un giardino interattivo. Il giardino è stato realizzato appositamente tenendo conto del grande rischio dei bambini di contrarre infezioni da germi e muffe. Quindi l'erba che è stata installata è artificiale ma sembra reale, per

rendere il tutto più verosimile possibile. È stata allestita anche una casetta sull’albero con giochi interattivi in cui i bambini possono strisciare all'interno.

Situato sulla terrazza al terzo piano, all'estremità sud dell'edificio, c’è una scena di giardino interattivo con cani in bronzo, sculture di cuccioli ed elementi sonori interattivi

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27 Figura 5: The Leichtag Family Healing Garden

(https://www.rchsd.org/about-us/who-we-are/healing-environment/healing-gardens/).

2. IRCCS – Fondazione Stella Maris

2.1 Introduzione

L’Istituto Stella Maris di Pisa ad oggi è una delle strutture più d'avanguardia per l'assistenza, per il recupero e per la ricerca sulle devianze dello sviluppo e sulle disabilità dell’infanzia e dell’adolescenza (Figura 6).

Figura 6: Ingresso IRCCS-Fondazione Stella Maris, Calambrone (PI) (https://www.google.it/maps).

E’ un Istituto di ricovero e di cura a Carattere Scientifico, cioè un Ospedale di Ricerca

strettamente collegato all'Università di Pisa, all'Azienda Universitario-Ospedaliera Pisana ed a tutta la Regione Toscana. È un Istituto di composizione articolata, accoglie diversi ambiti

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28 professionali, gestiti da circa 300 dipendenti e molti tirocinanti, presso il quale operano clinici, ricercatori e docenti universitari di prestigio internazionale. Come istituto ha ricevuto anche diversi riconoscimenti per l’utilizzo di tecnologie e metodologie d’avanguardia, per l’assistenza di pazienti affetti da disturbi gravi che possono colpire l’essere umano nel suo periodo di crescita e di sviluppo. L'Istituto infatti assiste principalmente bambini ed

adolescenti con le principali e più frequenti patologie del sistema nervoso e della mente. In molti dei casi si riscontrano miglioramenti o guarigioni, ma alcune volte succede che altri sviluppano disabilità durature o permanenti, questo poi costituirà un grave ostacolo per la loro vita adulta, l’inserimento nella società ed il rapporto con i propri cari. Fra queste disabilità ricordiamo i disturbi del movimento (i più gravi sono gli spastici), l'epilessia (malattia spesso curabile ma talvolta resistente), i disturbi del linguaggio e

dell'apprendimento (spesso gravi, che possono compromettere l'intelligenza e il profitto scolastico), il ritardo mentale (bambini che non sviluppano il pensiero astratto tipico della specie, e rimangono fermi alle capacità dell'infanzia), i disturbi d'ansia e dell'umore (che possono ostacolare il pensiero e il rapporto sociale), i rari ma gravissimi disturbi precoci della socializzazione (tra cui anzitutto l'autismo), i disturbi della personalità e della condotta (che portano ai comportamenti antisociali come la delinquenza e la droga), i disturbi

dell’alimentazione, oggi sempre più diffusi tra gli adolescenti, le malattie gravi della mente o psicosi (come la schizofrenia).

Nel corso dell’anno, l’Istituto ricovera in media più di 1.700 bambini ed effettua più di 4.000 visite ambulatoriali.

2.2 Breve storia della fondazione

La Fondazione Stella Maris origina da una convenzione, stipulata nell’agosto del ‘58 tra l’Opera Diocesana di Assistenza di San Miniato e la Clinica Neurologica e Pediatrica

dell’Università di Pisa. Venti anni dopo, precisamente il 25 settembre 1970, grazie al decreto del Presidente della Repubblica ottenne il riconoscimento come persona giuridica di diritto privato, i cui interessi sono esclusivamente di natura privata e possono comprendere anche i fini di lucro. Tre anni dopo, con il decreto emanato ai sensi dell’art.1 della legge 12 febbraio 1968 n.132 il Ministro della Sanità le ha conferito la nomina di Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS). Questo riconoscimento viene emesso solo per strutture d’eccellenza finalizzate nella ricerca scientifica, nel campo biomedico ed in quello

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29 dell’organizzazione dei servizi sanitari. Per essere definiti tali devono anche effettuare

prestazioni di ricovero e cura di alta specialità o svolgere altre attività aventi i caratteri di eccellenza.

Un altro momento che ha segnato la storia della fondazione è stato quello della stipula della convenzione con l’Università di Pisa avvenuto nel novembre del 1976 che ha reso la Stella Maris un Istituto universitario convenzionato. A seguire poi la stipula di un protocollo d’intesa con la Regione Toscana che le ha attribuito la “funzione regionale” per la

Neuropsichiatria infantile (22 luglio 1996). Un ulteriore protocollo d’intesa con la Regione Toscana, più recente nell’aprile del 2005, ha consolidato l’attribuzione alla Stella Maris in modo esclusivo della funzione regionale ospedaliera di Neuropsichiatria infantile. Infine c’è stato l’accordo attuativo del suddetto protocollo intervenuto tra la Fondazione Stella Maris, l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana e l’Università degli Studi di Pisa.

Il primo Presidente della Fondazione Stella Maris è stato Mons. Aladino Cheti, affiancato dal Prof. Pietro Pfanner, Neuropsichiatra e Direttore Medico-Pedagogico, dalla Prof.ssa Mara Marcheschi, Neuropsicologa, dal Prof. Renzo Bartalena, Pediatra e Direttore sanitario, dal Prof. Mario Brotini Direttore didattico interno, nonché dalla Sig.na Alfiera Gori coordinatrice dell’attività amministrativa.

La Fondazione Stella Maris attualmente ha la sede legale a San Miniato ma svolge la sua attività a Calambrone (Pisa), dove l’edificio originario, donato dalla Diocesi di San Miniato, è stato nel tempo oggetto di successivi ampliamenti.

Oltre che presso la sede centrale di Calambrone la Fondazione Stella Maris opera presso San Miniato - Casa Verde e La Scala, Montalto di Fauglia

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2.3 Inquadramento territoriale

L' I.R.C.C.S. "Stella Maris" si trova a Pisa, in località Calambrone, sul litorale tirrenico, tra Livorno e Tirrenia-Marina di Pisa - Viale del Tirreno 331 (Figura 7).

Calambrone è una frazione del comune italiano di Pisa, in Toscana.

La frazione confina a nord con Tirrenia e a sud con il comune di Livorno, sul Mar Ligure. Tuttavia il termine viene utilizzato anche per indicare le aree a nord del comune di Livorno, oggi a carattere strettamente portuale, dove si trova infatti la stazione ferroviaria di Livorno Calambrone.

Figura 7: IRCCS Fondazione Stella Maris, Calambrone (PI)

(https://www.google.it/maps/place/IRCCS+Fondazione+Stella+Maris/@43.6081161,10.2917513,511m/data =!3m1!1e3!4m5!3m4!1s0x12d5eaef35e74029:0xa3c7bbf02ddfb3ef!8m2!3d43.6077483!4d10.2921259?hl=it).

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2.4 Scopi e patologie trattate

Gli scopi attualmente posti come obiettivi, della Fondazione Stella Maris, vengono chiaramente indicati nello Statuto all’art. 2

Nell’articolo 2 viene detto che: La Fondazione poggia la propria attività su radici ben profonde, ancorate all’amore per il prossimo e per la vita, anche la più delicata e

svantaggiata, ispirandosi costantemente ad una visione di vita libera e creativa dell’uomo, con grande riferimento dell’antropologia cristiana.

Utilizzando queste come basi, la Stella Maris ha fondato la propria istituzione perseguendo la sua filosofia con umanità e spirito religioso. Conforme alle leggi e alle disposizioni nazionali, gli scopi principali della Fondazione sono:

 La ricerca: di natura scientifica biomedica e pedagogico-sociale sui disturbi neurologici e psichiatrici in età evolutiva, per di più anche sul loro trattamento comprese gli eventuali collegamenti con le età successive.

Nello specifico vengono eseguiti studi ed elaborate ricerche sull’origine, la

prevenzione, la diagnosi precoce, la cura e la riabilitazione dei disturbi prima citati. Il tutto viene fortificato da una collaborazione con l’Università di Pisa, le Università toscane ed altre Università ed Istituti di ricerca italiani e stranieri;

 Il lancio di attività: la ricerca e la scelta di attività idonee per la riabilitazione fisica, psicologica e sociale dei pazienti in età evolutiva e successive, che presentano disturbi neurologici e psichiatrici. Il tutto ha come fine ultimo il recupero della loro vita personale e sociale, favorendoli anche per un futuro inserimento nei vari settori lavorativi;

 Formazione, preparazione e aggiornamento professionale: l’efficienza dell’organico sanitario è uno dei punti chiave per una corretta gestione dei pazienti. Puntare quindi su degli operatori che si impegnino nelle attività della Fondazione e, più in generale, nei settori sanitari di propria specializzazione, fa sì che si crei una rete di competenze atta a garantire una visione più olistica per le patologie trattate;

 Sensibilizzazione: cercare di diffondere i temi trattati con l’ausilio di convegni e riunioni per arrivare alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica sui temi della disabilità in età evolutiva e in quelle successive. Associare sempre alla

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32 nei settori di biomedica e pedagogico-sociale, garantendo aggiornamenti sulle ultime scoperte in questi ambiti;

 Informazione e promozione: incrementare costantemente le divulgazioni prodotte aventi come tematiche etica e bioetica, con un occhio in particolare al settore della neurologia e psichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, rispettando le connessioni con le età future;

 Approfondimento culturale: sviluppo e conoscenza di argomenti e temi educativi, scaturiti dallo studio e dalla ricerca di fenomeni possibili in età evolutiva, comprese le interazioni con le età successive;

 Promozione di iniziative: tali iniziative sono incentrate su programmi per il

coinvolgimento dei Paesi in via di sviluppo nell’ambito delle proprie finalità. Un altro tema trattato è quello della formazione di staff medici e tecnici dagli organismi italiani e internazionali di volontariato destinati alla collaborazione con tali paesi nel settore della neurologia e psichiatria infantile;

 Adempimento di ogni altro incarico che gli viene fornito dal Ministero della Salute e dalla Regione Toscana.

Per la realizzazione degli scopi a fondo scientifico, la Fondazione collabora, mettendo a disposizione le proprie strutture funzionali, con l’Università di Pisa. Tale collaborazione fa sì che vengano soddisfatte tutte le esigenze accademiche in modo esaustivo, creando una connessione e delle opportunità di lavoro futuro per gli studenti. I rapporti tra la Stella Maris e l’Università di Pisa sono attualmente regolati dall’apposita convenzione, conforme alle vigenti normative in materia, per quanto applicabili.

Per quanto riguarda gli aspetti di ricovero, cura e riabilitazione, la Fondazione, in collaborazione con l’Azienda Ospedaliero Universitaria di Pisa e con altre Aziende

ospedaliere territoriali toscane, terrà conto nella propria programmazione di servizi delle indicazioni contenute nel Piano Socio-Sanitario della Regione Toscana per la stipula di convenzioni, in aggiunta allo specifico Protocollo d’Intesa con la Regione Toscana. La Fondazione infine si riserva di porre in atto servizi concernenti altri ambiti

socio-assistenziali e per il raggiungimento dei suoi scopi, potrebbe prendere adesione ad iniziative di istituzioni ed associazioni che perseguono finalità analoghe a quelle indicate dallo Statuto.

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2.5 DCA-Disturbi del comportamento alimentare

Con l’acronimo DCA (disturbi del comportamento alimentare) si intendono tutti quei disturbi contrassegnati da un rapporto travagliato e problematico con il cibo ed il proprio peso corporeo, da cui scaturisce un condizionamento sulla stima di sé stessi (P. Santonastaso, 2006).

La Società Italiana di Psicopatologia dell’Alimentazione (SIPA) afferma che tali patologie hanno origine nella maggior parte dei casi durante l’adolescenza o nei primi anni dell’età adulta e che bersagliano maggiormente il sesso femminile. Si è osservato un maggiore rischio di insorgenze nei paesi industrializzati in categorie di persone che hanno a che fare quotidianamente con il proprio fisico come: ballerine, ginnaste e modelle.

A scatenare questo disturbo si pensa siano una serie di fattori genetici, sociali, biologici e psicologici che interagendo tra loro sfociano nella malattia.

Gli aspetti comportamentali definiti “tipici” di una persona che soffre di un Disturbo del Comportamento Alimentare sono: digiuno, limitazione dell’alimentazione, crisi bulimiche (l’ingestione di una notevole quantità di cibo in un breve lasso di tempo accompagnata dalla sensazione di perdere il controllo, ovvero non riuscire a controllare cosa e quanto si mangia), vomito autoindotto, assunzione impropria di lassativi e/o diuretici al fine di contrastare l’aumento di peso, intensa attività fisica finalizzata alla perdita di peso. Alcuni soggetti possono ricorrere anche ad uno o più di questi comportamenti, ma ciò non implica necessariamente che esse soffrano di un disturbo alimentare.

I principali Disturbi del Comportamento Alimentare, secondo il DSM-V (American Psychiatric Association), sono: la pica, il disturbo da ruminazione, il disturbo evitante/restrittivo

dell’assunzione di cibo, l’anoressia nervosa e la bulimia nervosa. I disturbi secondari sono: il disturbo da alimentazione incontrollata (o Binge Eating Disorder; BED), rappresentato dalle frequenti crisi bulimiche ma senza la ricorrenza di comportamenti di compensazione per il controllo del peso corporeo, a seguire i disturbi alimentari non altrimenti specificati (NAS), è la categoria utilizzata per racchiudere quei pazienti che, pur avendo un disturbo alimentare clinico evidente, non soddisfano i criteri per una diagnosi piena, infine ci sono i disturbi alimentari con altre specificazioni.

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34 Per descrivere l’epidemiologia dei DCA, prima di tutto bisogna tenere a fuoco l’ambito in cui si immerge, ossia gli individui definiti prima “a rischio” che sono rappresentati

prevalentemente da tipologie di pazienti quali le danzatrici, le studentesse, le modelle e le atlete.

La ricerca presa in considerazione evidenza come nel sesso femminile si possa stimare che l’incidenza annua di anoressia nervosa sia circa di 8 casi ogni 100.000 abitanti, mentre quella di bulimia nervosa di circa 12 casi ogni 100.000 abitanti e di come le fasce di popolazione più interessate siano quelle che ricadono nel range dai 15 ai 19 anni per l’AN e dai 20 ai 24 anni per la BN. Nei maschi invece la frequenza annua si colloca tra lo 0,02 e 1,4 ogni 100.000 abitanti per l’AN e intorno a 0,8 ogni 100.000 abitanti per la BN (Santonastaso P.).

2.6 Classificazione dei DCA

Pica

La pica, anche detta allotriofagia, fa parte del gruppo dei disturbi del comportamento alimentare ed è caratterizzato dall’ingestione, continua nel tempo, di sostanze prive di nutrienti come terra, sabbia, carta, gesso etc. Questo tipo di comportamento viene spesso riscontrato in soggetti come: donne in gravidanza, soggetti in stato di isteria, elmintiasi e in alcune tipologie di psicosi. La gravante di questa condizione risiede nella tossicità dei materiali che vengono ingeriti, come ad esempio nell’ingerimento di vernice che contiene piombo (Clayton, 1985).

Ci sono dei criteri, stabiliti dalla DSM-V, che sono indispensabili per diagnosticare la pica evitando fraintendimenti. I criteri sono:

a) L’ingestione di sostanze non commestibili, ovvero prive di contenuto alimentare, deve avvenire per almeno un mese

b) L’ingestione di sostanze non commestibili deve essere inappropriata rispetto allo stadio di sviluppo dell’individuo

c) L’ingestione di sostanze non commestibili non deve far parte di una pratica culturalmente sancite o socialmente normata

d) Se il comportamento d’ingestione si manifesta esclusivamente nel contesto di un altro disturbo mentale, si dovrebbe porre una diagnosi separata di pica solo se il

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35 comportamento d’ingestione è sufficientemente grave da giustificare ulteriore

attenzione clinica

Questi criteri sono preceduti da spiegazioni di alcune terminologie utilizzate per definirli. In primis viene utilizzato il termine non commestibile perché la diagnosi di pica non viene eseguita con l’ingestione di prodotti dietetici, quindi con basso contenuto calorico. Per il criterio b) viene specificato che nel caso di bambini ci deve essere un minimo di età di 2 anni per la possibile diagnosi di pica, in tal modo si esclude l’istinto naturale umano di portate oggetti alla bocca ed ingerirli che ci accompagna nei primi anni di vita.

La pica, in base al tipo di elemento ingerito, cambia il suo nome diventando geofagia quando vengono ingeriti vari tipi di terreni, xilofagia associata al legno, tricofagia per ingestione di capelli e lana, litofagia per ingerimento di rocce etc.

(http://www.stateofmind.it/2017/03/pica-mangiare-alimenti-insoliti/).

Disturbo da ruminazione

Conosciuto anche con il termine mericismo, questo tipo di disturbo del comportamento alimentare si caratterizza per il continuativo rigurgito del cibo per almeno 1 mese.

Solitamente questo è un tipo comportamento che quotidianamente accompagna la persona che ne è colpita. Durante i pasti comunemente consumati infatti il cibo prima viene ingerito, poi viene rigurgitato in bocca. Il tutto infine può essere poi rimasticato, ringoiato o sputato, senza nausea o disgusto o conati di vomito.

La manifestazione di questo disturbo può avvenire durante tutta la vita di una persona, ricerche hanno dimostrato che i soggetti più colpiti sono quelli affetti anche da disabilità intellettive. In età infantile la possiamo collocare nei bambini tra i 3 e i 12 mesi di vita, ma nella maggior parte dei casi avviene una remissione spontanea del disturbo.

In ragazzi adolescenti ed in adulti, affetti da disturbi mentali, si possono notare

comportamenti tipici come il mangiare in pubblico o prima di situazioni sociali. Avviene un camuffamento delle azioni, attraverso gesti come un colpo di tosse o la copertura della bocca con la mano.

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