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Le Parabole del Maestro -1

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Academic year: 2022

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Le Parabole del Maestro -1

Probabilmente, dopo gli eventi principali che hanno caratterizzato la vita di Gesù sulla terra, le maggioranza delle persone che abbia letto almeno una volta i Vangeli ricorda quelle storie raccontate da Gesù che prendono il nome di Parabole.

Oggi inizieremo una serie di riflessioni proprio sulle parabole di Gesù.

Le parabole costituiscono circa il 35% dei discorsi di Gesù riportati nei Vangeli, quindi più di un ¼ degli insegnamenti del Signore è avvenuto attraverso di esse.

Basterebbe solo questo dato a farci capire l’importanza di studiare e comprendere le parabole.

Ovviamente questi racconti sono pieni di fascino ed è facile farci coinvolgere da esse mentre le leggiamo, apparentemente sembrano anche molto semplici da capire.

Eppure per molti secoli nella storia della chiesa sono state comprese in modo errato. Fino quasi alla fine del XIX secolo c’era infatti la tendenza a interpretare le parabole sotto un profilo esclusivamente allegorico, cercando cioè un significato nascosto in ogni personaggio e in ogni dettaglio contenuto nel racconto.

Ad esempio Agostino d’Ippona, pur essendo un illustre studioso della Scrittura, aveva identificato l’uomo aiutato dal Buon Samaritano addirittura … in Adamo, la locanda in cui fu curato era la chiesa e l’oste addirittura l’apostolo Paolo!!!

Ovviamente in questo modo si riusciva a far dire alle parabole qualunque cosa… (e qualunque eresia!) ma si perdeva completamente l’insegnamento che il Maestro aveva impartito.

Forse per questo motivo e per questa difficoltà un professore di omiletica disse al suo allievo, che era il noto pastore Chuck Smith, “non predicate sulle parabole se non avete 30 anni di esperienza nella predicazione”.

Ovviamente, data la mia età, non ho ancora 30 anni di esperienza nella predicazione ma non seguirò questo consiglio, ma vi prometto che certamente non seguirò, in questo caso, neppure l’esempio di Agostino!

Cos’è una parabola?

Una parabola è prima di tutto una storia tratta dalla realtà circostante ed utilizzata per illustrare una lezione spirituale.

È una storia con un obiettivo, con un insegnamento.

Le parabole hanno lo scopo di lanciarci sempre una sfida, stimolarci ad una decisione ed esigono sempre una risposta da parte nostra.

E questo è anche l’obiettivo di queste predicazioni.

La Parabola dei 4 terreni: 4 tipi di risposte al Vangelo

(Matt 13:1-23) Oggi mediteremo su quella che è comunemente conosciuta come la “Parabola del Seminatore”.

Lettura: Matteo 13:1-9

Il titolo dato a questa parabola prende spunto dal fatto che inizia proprio con le parole Matt 13:3 … «Il seminatore uscì a seminare …

Ma in realtà l’enfasi, il soggetto principale di questa parabola non è il seminatore, di cui non si parla più dopo la prima affermazione, e neppure il seme di cui si parla immediatamente dopo, ma soprattutto i 4 tipi di terreni su cui il seme cade.

Perciò preferisco chiamare questa parabola come “La parabola dei 4 terreni”.

Attraverso questa serie di messagi non voglio semplicemente darvi il frutto del mio studio, ma anche aiutarvi a comprendere come potete raccoglierlo voi stessi.

Quindi cercherò di fornire degli elementi che potranno esservi utili quando in futuro leggerete e mediterete sulle parabole.

Questa è una parabola molto semplice e lo è ancora di più perché è Gesù stesso a spiegare quali sono i punti e l’insegnamento principali.

In un certo senso è una parabola introduttiva ad un lungo insegnamento che il Maestro farà attraverso varie parabole.

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Per prima cosa sarà molto utile per noi capire quando e a chi la parabola venne raccontata.

In questo caso queste risposte sono contenute nei primi due versetti di questo capitolo: Mt 13:1 In quel giorno [ND in quello stesso giorno] Gesù, uscito di casa, si mise a sedere presso il mare; 2 e una grande folla si radunò intorno a lui; cosicché egli, salito su una barca, vi sedette; e tutta la folla stava sulla riva. 3 Egli insegnò loro molte cose in parabole, dicendo:

1. Il contesto della Parabola a. Quando?

Qual’era quel giorno di cui parla Matteo?

Questo giorno fu molto importante nel ministero di Gesù. Potremmo dire, ricordando la precedente serie di predicazioni, che sarebbe potuto essere inserito a pieno titolo fra i “Momenti Fondamentali della vita di Gesù”.

Infatti da questo momento in poi il ministero di Gesù cambia e iniziò ad insegnare attraverso le parabole.

Probabilmente il racconto di questo giorno inizia già al cap 12:9, Gesù si trova in Galilea.

Era lo stesso giorno in cui Gesù aveva identificato i discepoli e chiunque avrà fatto la volontà del Padre nella sua famiglia, mettendo in questo modo in secondo piano la propria famiglia terrena.

Mt 12:48-49«Chi è mia madre, e chi sono i miei fratelli?» E, stendendo la mano verso i suoi discepoli, disse:

«Ecco mia madre e i miei fratelli!

Questa non fu un’affermazione casuale da parte di Gesù.

Stava a significare la distinzione esistente tra coloro che semplicemente ascoltavano e aderivano intellettualmente, come le folle e i Farisei, e coloro che, invece, ubbidivano alla volontà di Dio, come i discepoli.

I capitoli precedenti al racconto di questa parabola mostrano la crescente opposizione al riconoscimento di Gesù quale Messia.

Infatti a questo punto del suo ministero, dopo aver insegnato e fatto vari miracoli, venne accusato dai Farisei di scacciare i demoni con l’aiuto di Belzebù (cioè Satana) e ancora immediatamente dopo gli venne chiesto un segno per provare la sua messianicità, come se non fosse stato sufficiente ciò che già aveva mostrato fino a quel momento.

Ecco in questo giorno, o forse in quello immediatamente successivo a questi avvenimenti, comunque in questo contesto Gesù raccontò la parabola dei 4 terreni.

b. A chi?

La risposta qui è molto semplice: 2 … e una grande folla si radunò intorno a lui; cosicché egli, salito su una barca, vi sedette; e tutta la folla stava sulla riva. 3 Egli insegnò loro molte cose in parabole …

C’era una folla. Tante persone. Così tanta gente che Gesù dovette allontanarsi sulla barca per poter essere ascoltato da tutti.

Ma ad un certo punto Gesù smette di parlare alla folla e iniziò a parlare ai discepoli, che probabilmente erano con lui sulla barca, e a loro spiegò la parabola dei 4 terreni.

Ma prima di farlo spiegò il motivo per cui parlava in parabole.

2. Perché Gesù parlava in parabole?

Ci sono almeno 3 motivi per cui lo faceva:

a. Per spiegare

10 Allora i discepoli si avvicinarono e gli dissero: «Perché parli loro in parabole?» 11 Egli rispose loro: «Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli;

Qualche tempo fa leggevo un libro sull’arte della comunicazione. Non era un libro cristiano, ma riconosceva in Gesù il più grande comunicatore, il più grande insegnante e nelle parabole il veicolo

migliore per insegnare.

In effetti le parabole non furono inventate da Gesù, ma i maestri ebrei facevano grande uso delle parabole. Perfino nell’AT sono contenute numerose parabole: quella della vigna dell’Eterno (Is 5:1-7) Infatti, che cosa facciamo anche noi quando vogliamo far comprendere qualcosa che non è di facile comprensione? Facciamo degli esempi.

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In un certo senso le parabole furono usate da Gesù come esempi per insegnare ai discepoli i misteri del Regno dei cieli.

Questo è molto bello perché ci parla del fatto che Gesù rivela la verità a coloro che desiderano conoscerla.

b. Per nascondere

La seconda ragione per cui Gesù parlava in parabole forse è particolarmente sorprendente.

Infatti se da una parte Gesù parlava in parabole affinché i discepoli comprendessero, dall’altra parte uno scopo era di non far comprendere agli altri.

10 Allora i discepoli si avvicinarono e gli dissero: «Perché parli loro in parabole?» 11 Egli rispose loro: «Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli; ma a loro non è dato. 12 Perché a chiunque ha sarà dato, e sarà nell'abbondanza; ma a chiunque non ha sarà tolto anche quello che ha. 13 Per questo parlo loro in parabole, perché, vedendo, non vedono; e udendo, non odono né comprendono. 14 E si adempie in loro la profezia d'Isaia che dice:"Udrete con i vostri orecchi e non comprenderete; guarderete con i vostri occhi e non vedrete; 15 perché il cuore di questo popolo si è fatto insensibile: sono diventati duri d'orecchi e hanno chiuso gli occhi, per non rischiare di vedere con gli occhi e di udire con gli orecchi, e di comprendere con il cuore e di convertirsi, perché io li guarisca".

Quest’altra parte della risposta di Gesù è molto dura. In altre parole Gesù parlava in parabole per esercitare un giudizio contro coloro, la maggioranza fra il popolo d’Israele, che avevano rifiutato la sua predicazione e quindi il Regno di Dio.

Questo ci fa comprendere che con Dio non possiamo giocare. Dio è misericordioso e pieno di grazia, ma è anche santo e giusto e chiama il peccatore in giudizio. La possibilità che Lui da per credere e poter essere salvati non sono necessariamente infinite!

c. Per separare

La terza ragione per cui Gesù insegnava in parabole era per separare i veri discepoli tra coloro che non lo erano. Abbiamo visto come a questo punto del ministero di Gesù molte folle lo cercavano, ma non tutti coloro che lo accompagnavano erano discepoli.

Non tutti coloro che lo ascoltavano lo seguivano veramente, né intendevano farlo.

12 Perché a chiunque ha sarà dato, e sarà nell'abbondanza; ma a chiunque non ha sarà tolto anche quello che ha. … 16 Ma beati gli occhi vostri, perché vedono; e i vostri orecchi, perché odono!

I misteri del Regno dei cieli possono essere capiti solo da coloro che hanno gli occhi per vedere e le orecchie per udire.

Il Signore conosceva quelli che erano Suoi e solo a loro rivelava questi misteri.

3. La spiegazione della Parabola

Una delle cose belle di questa parabola è che non dobbiamo inventare niente perché Gesù stesso l’ha spiegata ai discepoli.

Come ho già detto, il focus del racconto non è il seminatore, né il seme, ma i 4 terreni che accolgono in modo diverso la semina della Parola di Dio.

a. Un unico “buon” seme

La lezione principale e più ovvia di questa parabola è che non tutti rispondono allo stesso modo alla Parola di Dio.

Abbiamo visto il contesto nel quale Gesù raccontò la parabola.

Sicuramente i discepoli si sentirono lusingati ad essere indicati da Gesù come parte della sua famiglia più stretta, addirittura rispetto anche a quella terrena.

Ma, allo stesso tempo, stavano iniziando a prendere coscienza che non tutti avrebbero, come loro, seguito il Maestro e questo avrebbe certamente causato loro dei problemi, quegli stessi che il Maestro stava vivendo.

Era il momento giusto per Gesù di far comprendere loro che il seme della Parola è buono, sempre buono e che il risultato dipende dal terreno, cioè da colui che riceve il seme della Parola e da come lo riceve.

E d’altra parte nella loro stessa storia come gruppo di discepoli avrebbero visto che per un certo periodo è anche possibile mascherare un certo tipo di raccolto. Giuda avrebbe ingannato tutti loro!

Questa parabola è incoraggiante per chi è impegnato a predicare la Parola e il Vangelo.

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Quante volte siamo stati frustrati nel non vedere un risultato dopo aver raccontato della grazia di Dio e dell’opera di Cristo?

Se è importante conoscere il contesto precedente, non è meno importante conoscere quello che segue.

Di lì a poco i discepoli sarebbero stati mandati in missione da Gesù.

A quel punto non avrebbero visto l’accettazione o il rifiuto della Parola predicata dal Maestro, ma predicata da loro.

Loro sarebbero stati il seminatore.

E Gesù preventivamente li incoraggia anche con questa parabola, mostrando che il seme è sempre, ovviamente, buono.

Anche noi abbiamo la promessa biblica della bontà ed efficacia della Parola di Dio Is 55:11 così è della mia parola, uscita dalla mia bocca: essa non torna a me a vuoto, senza aver compiuto ciò che io voglio e condotto a buon fine ciò per cui l'ho mandata.

Dobbiamo fidarci di questa promessa!

La Parola di Dio ha sempre un effetto: a volte quello di salvare, a volte quello di avvertire, a volte quello di giudicare! E noi siamo chiamati a proclamare questa parola.

2Cor 3:15-16 Noi siamo infatti davanti a Dio il profumo di Cristo fra quelli che sono sulla via della salvezza e fra quelli che sono sulla via della perdizione; per questi, un odore di morte, che conduce a morte; per quelli, un odore di vita, che conduce a vita

Ed allo stesso tempo, poiché non conosciamo i cuori degli uomini, quindi la loro fertilità come terreno, dobbiamo essere impegnatia predicare il Vangelo ad ogni creatura, confidando nel fatto che uno solo fa crescere e quest’uno è Dio stesso!

E che noi non siamo responsabili per i risultati della nostra predicazione, ma per l’impegno, la cura e la costanza che mettiamo in essa.

1Cor 3:6-8 Io ho piantato, Apollo ha annaffiato, ma Dio ha fatto crescere; quindi colui che pianta e colui che annaffia non sono nulla: Dio fa crescere! Ora, colui che pianta e colui che annaffia sono una medesima cosa, ma ciascuno riceverà il proprio premio secondo la propria fatica.

b. 4 raccolti da 4 tipi di terreno

Eccoci al cuore della parabola.

Gesù spiega perché il buon seme della Parola non produce sempre lo stesso frutto.

In ogni semina e raccolto ci sono molte variabili e una di queste, sicuramente la più determinante, è la qualità del suolo.

Con 4 tipi di terreno il Maestro illustra 4 tipi di condizione spirituale che possono caratterizzare il nostro cuore e determinano la risposta dell’uomo alla Parola di Dio.

1. Un cuore arido come la strada

Gesù racconta che la prima parte del seme è caduta lungo la strada.

Questo è ovviamente possibile quando si semina a spaglio, come avveniva ai tempi di Gesù, ma anche non molti decenni fa ancora in Italia e forse qualcuno lo fa ancora. In questo tipo di semina il seminatore ha una borsa in cui sono contenuti i semi. Infila la mano nella borsa, prend un pugno di semi, e li lancia in aria finché cadano sul terreno.

Ovviamente cadendo si depositano in vari punti del terreno stesso ed è facile che seminando in questo modo sui bordi del terreno, alcuni semi finiscano sulle strade attigue ai campi.

Al tempo di Gesù, come ancora oggi, di solito le strade di campagna sono strade di terra battuta, che è diventata dura a furia di camminarci, da non permettere neppure la crescita dell’erba selvatica.

Ecco, questo seme è caduto in un terreno di questo tipo.

Un terreno duro, come può essere duro anche il cuore dell’uomo, così come Gesù aveva appena detto del popolo d’Israele 15 perché il cuore di questo popolo si è fatto insensibile: sono diventati duri d'orecchi

Il seme è stato seminato, la Parola è stata predicata, annunciata, ma un simile cuore è talmente duro a causa del peccato che non permette al seme di germogliare.

A volte per alcuni è proprio così: la parola è stata udita, forse anche ascoltata con interesse, forse anche ascoltata più volte … ma non ha mai portato frutto.

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Quante volte ci è capitato di discutere con qualcuno riguardo la Parola di Dio anche in modo interessante, ma dopo quell’occasione mai più alcun segnale, alcun frutto.

La Parola che può germogliare è stata predicata, ma come il seme che, visibile sulla strada, è appetibile per gli uccelli, così viene portata via dal maligno da un cuore di questo tipo.

Un cuore così duro, può anche ricevere dal Signore un’immediato giudizio, così come avvenne col Faraone al tempo di Mosè. Per varie volte è scritto che Eso 7:22 … il cuore del faraone si indurì:

egli non diede ascolto…

Fino al momento in cui leggiamo Eso 10:20 Ma il SIGNORE indurì il cuore del faraone …

Non sfidiamo il Signore come il Faraone, non restiamo duri dopo aver sentito la Parola: Ebr 3:7-8 Perciò, come dice lo Spirito Santo: «Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori…

2. Un cuore superficiale come luoghi rocciosi

Di solito prima di seminare un campo viene dissodato dalle pietre.

Ma a volte ci sono certe rocce che non possono essere rimosse, tanto sono grandi, non essendo rocce lisce ci sono delle parti di terra che si depositano nelle fessure.

Una parte del seme seminato è caduta in un terreno di questo tipo. Essendoci un po’ di terra il seme attecchisce e germoglia, ma non avendo molto terreno, quindi molto nutrimento, si secca velocemente.

Il Signore Gesù dice che questo terreno, o questo cuore, è colui che ode la parola e subito la riceve con gioia.

Quante volte abbiamo visto persone ascoltare la Parola ed essere immediatamente colpite da essa. Le abbiamo viste piangere nel riconoscere la grazia di Dio e magari pregare. Hanno iniziato un cammino che ci ha entusiasmato. E ci sembrava la “nostra” grande conquista … Ma poi, poco tempo dopo, iniziano le difficoltà, le prove. La famiglia ostacola la fede, gli amici iniziano a deridere, i colleghi di lavoro prendono le distanze a causa della “nuova religione” e questa persona inizia a venir meno riguardo la fede.

Cos’è successo? Non riusciamo a crederci. Solo il giorno prima ci eravamo salutati con grande entusiasmo e grandi progetti per il Signore, ma il giorno dopo non c’è più niente di tutto questo.

Tutto svanito!

Quante persone ancora oggi ricevono la parola di Dio in questo modo, anche con gioia … Quante persone sono felici di aver frequentato uno o anche tutti i nostri incontri di culto. Quante persone sono venute a ringraziarmi dopo aver sentito una mia predicazione …

Ma dove sono ora? Il loro cuore non da più segni di vita spirituale!

Un cuore superficiale, che aveva accolto la Parola velocemente perché forse aveva poco ragionato sulla fede e sull’impegno cristiano. Era come quell’uomo che aveva iniziato a costruire la torre ma non aveva calcolato il costo e alla fine non era riuscito a finirla!

3. Un cuore preoccupato come fra le spine

La terza parte del seme è caduta finalmente sul terreno vero, a differenza dei primi due qui c’è la reale possibilità di veder il raccolto. Ma purtroppo quel terreno aveva già ricevuto altro tipo di seme ed erano nate prima delle spine.

E così quando il seme ha germogliato le spine erano già più alte della nuova piantina e hanno finito per soffocarla.

Il Signore Gesù dice che questa condizione è simile a quella di un uomo che ha ascoltato la Parola, ma poi la sua fede viene soffocata da vari tipi di sentimenti: le preoccupazioni e il desiderio o l’avidità delle ricchezze.

Si è sempre molto discusso se questo tipo di terreno possa o meno descrivere un credente.

Forse no, ma non raramente è questa l’immagine che danno molti credenti!

Hanno accolto la Parola, hanno sperimentato la vita cristiana, hanno camminato per un tempo della loro vita nella piena soddisfazione che viene da Gesù, ma poi hanno deviato il loro sguardo altrove, lontano dal Maestro.

Come il salmista Asaf, hanno guardato gli increduli che prosperano senza fede, convincendosi che forse non valga tanto la pena essere cristiani, privandosi di certi piaceri per amor di Dio.

Ma non sono arrivati alle stesse conclusioni del salmista che ha considerato effimera la condizione di una simile ricchezza e spensieratezza.

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Perciò hanno finito per desiderarla e per vivere non più secondo lo Spirito, ma secondo la carne.

Quanti cristiani sono in questa condizione. Quanti cristiani dotati di meravilgiosi doni per servire i Signore e la Sua chiesa, sono infruttuosi perché sono prima di tutto insoddisfatti e preoccupati.

Oppure al contrario: finalmente dopo tanta ricerca è arrivato il lavoro, la condizione economica va meglio, ci si può permettere qualche piccolo lusso … la famiglia è tornata unita dopo la crisi, il problema dei figli si è risolto …

Ci aspetteremmo una esplosione di ringraziamento e di crescita, e invece … quella persona sembra spegnersi lentamente …

A queste persone il Signore Gesù rivolge un dolce invito con una meravigliosa promessa: Mt 6:3-34 Cercate prima il regno e la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno date in più. Non siate dunque in ansia per il domani …

4. Un cuore pronto come la buona terra

Ed infine il seme cade anche nella buona terra.

Ovviamente, come la terra non ha alcun vanto per essere fertile, allo stesso modo nessun cuore in cui la Parola ha attecchito e produce frutto potrà mai vantarsi che ciò sia avvenuto perché era migliore di altri.

È solo per la grazia di Dio che l’uomo può accogliere la Parola nel proprio cuore e portare frutto.

Un’ultima nota su questo terreno, anche se non è l’insegnamento principale della parabola, è che non tutti coloro che ricevono la Parola portano lo stesso frutto.

Ma questo finale non deve trarci in inganno facendoci pensare che basti manifestare un frutto anche minimo nella nostra vita.

Ogni pianta ha una sua capacità produttiva.

.. Egli porta del frutto e, così, l'uno rende il cento, l'altro il sessanta e l'altro il trenta è la capacità produttiva di ogni pianta. Anche chi da il trenta o il sessanta sta in realtà portando, non il 30 o il 60% del proprio potenziale frutto, ma il 100% di quanto è dotato.

4. Quale terreno sei?

Forse l’idea che abbiamo sempre avuto dell’insegnamento di questa parabola è che ci riguardi una sola volta nella vita. Che riguardi solo come gli uomini accolgono il Vangelo.

I credenti possono pensare di essere il terreno “numero 4” che ha accolto la predicazione del Vangelo e di essere per sempre quel terreno.

Voglio, stamattina, suggerire un’applicazione forse un po’ “alternativa”.

Tutte le volte che la Parola è predicata e noi l’ascoltiamo o tutte le volte che la leggiamo e la studiamo, siamo davanti alla possibilità di essere uno di questi 4 terreni.

Anche questa mattina!

Com’è il tuo cuore davanti alla Parola di Dio?

È duro e arido, è superficiale o frettoloso, è preoccupato o troppo impegnato oppure aperto e fertile?

Ascolti ciò che è giusto, ma non permetti che possa cambiare la tua vita?

Ascolti, ma i tuoi pensieri sono spesso distratti e le tue volontà vanificate dalla mancanza di riflessione?

Ascolti con interesse e accogli la Parola, ma davanti alle difficoltà o anche ai momenti piacevoli della vita, la metti in soffitta?

Come risponderai alla Parola di Dio?

La mia speranza e la mia preghiera, innanzitutto per me stesso, la mia famiglia, e tutti voi, è che possiamo sempre essere un terreno fertile in cui il seme della Parola potrà germogliare e portare frutto, così che potremmo vivere nella benedizione e nella delizia che provengono solo dall’accoglierla e metterla in pratica.

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