• Non ci sono risultati.

Risonanzamagneticaebobinearadiofrequenza 1

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Risonanzamagneticaebobinearadiofrequenza 1"

Copied!
31
0
0

Testo completo

(1)

Capitolo

1

Risonanza magnetica e bobine a

radiofrequenza

La Risonanza Magnetica per Imaging (Magnetic Resonance Imaging, MRI) `

e una tecnica utilizzata principalmente in campo medico per produrre im-magini ad alta definizione dell’interno del corpo umano. L’MRI `e basata sui principi della Risonanza Magnetica Nucleare (NMR), una tecnica spet-troscopica usata per ottenere informazioni di tipo microscopico, chimico e fisico sulle molecole. La tecnica `e stata chiamata imaging mediante risonan-za magnetica piuttosto che imaging mediante risonanrisonan-za magnetica nucleare a causa delle connotazioni negative associate alla parola nucleare negli ultimi anni ’70. L’MRI `e nata come tecnica di imaging tomografico, in grado cio`e di produrre un’immagine del segnale NMR di una sottile fetta del corpo umano. Da normale tecnica di produzione di immagini tomografiche si `e evoluta fino a divenire una tecnica di imaging volumetrico.

(2)

1.1 Principi fisici MRI 2

1.1

Principi fisici MRI

1.1.1

Propriet`

a magnetiche dei nuclei

I nuclei atomici sono costituiti da protoni e neutroni e possono essere pensati come piccole sfere elettricamente cariche ruotanti a grande velocit`a attorno al proprio asse. Tale rotazione `e regolata dal numero quantico di spin. Questi nuclei si comportano quindi come piccoli magneti, ed i deboli campi magnetici che generano originano dei momenti magnetici (fig. 1.1). Ad ogni nucleo `e associato un momento angolare ρ dato da:

ρ = h

2πI (1.1.1)

dove h `e la costante di Plank, e I `e il numero quantico di spin, che pu`o assumere valori interi o semi-interi, dipendenti dal numero di protoni e neu-troni presenti nel nucleo. Poich´e, come detto, al nucleo `e associata una carica

N

S

Figura 1.1: I nuclei ruotano su se stessi e si comportano come magnetini elementari

elettrica, esso sviluppa un momento magnetico di dipolo µ:

µ = γρ (1.1.2)

Il rapporto tra il momento magnetico e il momento angolare della rotazione viene detto rapporto giromagnetico γ ed assume valori caratteristici per ogni

(3)

1.1 Principi fisici MRI 3

tipo di nucleo. Attualmente la quasi totalit`a dell’imaging RM `e impostata sul segnale proveniente dai nuclei di idrogeno, anche se `e in studio l’impiego di altri nuclei atomici. Il nucleo dell’idrogeno non ha neutroni ed `e costituito da un solo protone; fra i vari nuclei questo `e il pi`u adatto ad essere preso in considerazione per uno studio di risonanza magnetica poich´e `e presente in grande abbondanza nel corpo umano, sotto forma di acqua (il corpo `e costituito per il 70% da acqua) e legato chimicamente a formare zuccheri, grassi e proteine, ed inoltre `e dotato di un rapporto giromagnetico ottimale (42,58 MHz/T).

Se consideriamo i nuclei di idrogeno come piccoli magneti, possiamo assumere che la loro distribuzione all’interno dei tessuti biologici sia casuale; in questa situazione non esiste una differenza di energia tra i vari livelli di spin ed i momenti hanno tutti la stessa intensit`a, ma orientazione casuale.

Se il campione viene sottoposto ad un campo magnetico statico B0di elevata

B

0

Figura 1.2: Sottoposti a un forte campo magnetico, i nuclei si allineano nella direzione di B0

intensit`a, costante nel tempo ed omogeneo nello spazio, i nuclei si vanno ad orientare secondo tale campo nella direzione parallela (up) od antiparallela (down) (fig 1.2) a seconda della minore o maggiore energia dei nuclei: la differenza di energia fra i due stati `e linearmente proporzionale all’intensit`a

(4)

1.1 Principi fisici MRI 4

del campo magnetico applicato (effetto Zeeman):

∆E = γ h

2πB0 (1.1.3)

All’equilibrio termico il numero di nuclei nello stato ad alta energia `e lieve-mente inferiore al numero di nuclei che si trovano nello stato a bassa energia:

Nup

Ndown

= eKT∆E (1.1.4)

Comunque la differenza numerica tra questi due gruppi non `e molta ed `e possibile considerare un unico vettore risultante, detto di magnetizzazione macroscopica M0; aumentando l’intensit`a del campo statico B0, cresce

pro-porzionalmente anche quella del vettore M0 con conseguente aumento della

quantit`a di segnale utile per le immagini RM.

I nuclei non sono esattamente allineati secondo la direzione dell’asse z; in-fatti, oltre al moto intrinseco di rotazione intorno all’asse nucleare (fig. 1.1), i nuclei sono soggetti ad un movimento di precessione intorno alla direzione del campo magnetico principale, intendendo con questo termine il movimen-to relativamente lenmovimen-to compiumovimen-to dall’asse di un corpo in rotazione atmovimen-torno alla superficie di un cono ideale, come illustrato in figura 1.3.

La velocit`a e la frequenza di precessione sono proporzionali all’intensit`a del campo magnetico principale B0 secondo l’equazione di Larmor:

ω0 = γB0 (1.1.5)

1.1.2

Segnale di risonanza magnetica

Il termine risonanza si riferisce a un fenomeno fisico secondo il quale due sistemi in grado di scambiarsi energia lo fanno maggiormente quanto pi`u `e

(5)

1.1 Principi fisici MRI 5

alta la loro affinit`a strutturale intrinseca. Per quanto riguarda la risonanza magnetica, il sistema accettore di energia `e rappresentato dai nuclei del cam-pione biologico ordinati secondo il campo magnetico B0, mentre il sistema

erogante energia `e costituito da onde elettromagnetiche (B1) dello spettro

delle radio frequenze.

La condizione indispensabile affinch´e si verifichi il fenomeno della risonanza magnetica `e che l’onda RF di interrogazione B1 sia di frequenza uguale a

quella di precessione dei protoni di idrogeno del campione in esame.

In questo modo una frazione dei nuclei che si trovano a bassa energia assorbe energia fornita dal campo RF e salta allo stato ad alta energia; questo fa s`ı che l’equilibrio termico venga distrutto. Successivamente, non appena terminata l’irradiazione, i nuclei in eccesso nello stato ad alta energia tendono a tornare in quello a bassa energia per ripristinare l’equilibrio del sistema emettendo, sotto forma di campo elettromagnetico RF, l’energia che avevano acquisito.

Andando dunque a stimolare i nuclei con un campo a radiofrequenza B1,

Spin

Precession

B0

Figura 1.3: Movimento di precessione del nucleo atomico

i protoni vengono eccitati, quindi tendono a tornare nello stato di minima energia (magnetizzazione netta con direzione parallela al campo statico B0)

emettendo un segnale a radiofrequenza alla frequenza ω0 (segnale FID: Free

(6)

perpendi-1.1 Principi fisici MRI 6

colarmente alla direzione del campo statico (bobina RF di ricezione). In funzione della durata dell’applicazione del campo a radiofrequenza avremo un maggiore o minore assorbimento di energia da parte dei nuclei e una conseguente variazione della magnetizzazione longitudinale e trasversa. E’ dunque la durata dell’impulso a RF che determina l’ampiezza dell’angolo di deflessione del vettore magnetizzazione M0. Se, ad esempio, eccitiamo il

si-stema con un impulso RF a 90◦, il vettore di magnetizzazione M0 allarga il

raggio della propria orbita precessionale, fino a porsi in rotazione sul piano trasversale (fig. 1.4).

All’eccitazione protonica segue, quindi, una fase durante la quale gli spin

B0

Up

Down precession

precession

Figura 1.4: Effetto del’eccitazione del campo B1

tendono a liberarsi dall’energia in sovrappi`u, fino a tornare alla condizione iniziale che `e pi`u stabile e probabile.

Questo riassetto nucleare viene detto rilassamento e comporta la totale ces-sione dell’energia ricevuta (fig. 1.5). Poich´e i nuclei di idrogeno sono immersi in ambienti molecolari diversi, in relazione alla composizione chimica dei tes-suti, diverse saranno le modalit`a di cessione dell’energia. In altre parole ogni tessuto si lascia attraversare dall’energia in maniera diversa relativamente al-la propria composizione e struttura molecoal-lare. Alcuni tessuti ostacoleranno

(7)

1.1 Principi fisici MRI 7

la cessione del sovrappi`u energetico (rilassamento pi`u lungo) e altri invece ne acceteranno il passaggio (rilassamento pi`u breve). I principali responsabili di questa variabilit`a nell’accettare o meno energia sono individuabili nei moti browniani, che generano scambi termodinamici diversi da tessuto a tessuto, e nel numero di interazione all’interno del sistema protonico stesso. Queste differenze sono quantificabili attraverso l’introduzione del concetto di entit`a fisiche costituente i parametri intrinseci del segnali RM.

I principali parametri del segnale sono la densit`a protonica (DP), il tempo di rilassamento T1 e il tempo di rilassamento T2.

La densit`a protonica `e l’espressione della quantit`a di protoni di idrogeno riso-nanti per unit`a di volume di tessuto (voxel) ed `e responsabile dell’ampiezza massima del FID. Questo parametro aumenta con l’aumentare dell’intensit`a del campo magnetico, poich´e pi`u elevata `e l’intensit`a di B0 maggiore sar`a la

probabilit`a di allineamento dei protoni all’allineamento del campo magneti-co. I tempi di rilassamento T1 e T2 rappresentano, rispettivamente, il tempo

(8)

1.2 Hardware MRI 8

che regola l’annullarsi della magnetizzazione trasversa creata da un impulso a RF (esprimibile matematicamente come tempo necessario all’annullamen-to del 63% di tale magnetizzazione), e il tempo che regola il ripristino della magnetizzazione longitudinale dopo un impulso RF, che matematicamente `e il tempo necessario al recupero del 63 % del valore globale di tale magne-tizzazione. A prima vista i due fenomeni potrebbero sembrare legati da una proporzionalit`a inversa, in realt`a il recupero della magnetizzazione longitu-dinale `e generalmente pi`u lungo del decadimento di quella trasversa e quindi in generale T1 `e maggiore di T2; ci`o dipende principalmente dalla struttura

molecolare nella quale si trovano i protoni (T1 e T2 risultano uguali solo nei

liquidi puri).

I processi di rilassamento svolgono quindi un ruolo fondamentale all’interno dell’imaging RM. Infatti le variazioni nei tempi di rilassamento tra tessu-ti biologicamente diversi forniscono la chiave per evidenziare i contrastessu-ti per discriminazioni anatomiche, in quanto il decadimento del segnale nel tempo dipende dall’ambiente molecolare in cui i nuclei si trovano. Inoltre, la dif-ferenza tra i tempi di rilassamento misurati e quelli di riferimento fornisce un potente meccanismo per la rivelazione di patologie; per esempio, i tempi di rilassamento magnetici nucleari dei tessuti sani sono differenti da quelli dei tumori.

1.2

Hardware MRI

I principali componenti di un tomografo per Risonanza Magnetica sono mostrati in figura 1.6.

(9)

gene-1.2 Hardware MRI 9

rare un campo magnetico statico di intensit`a opportuna, con grande omo-geneit`a e stabilit`a nel tempo: una bassa omogeneit`a di campo dar`a origine ad immagini di scarsa qualit`a poich´e i protoni del campione in esame, non trovandosi alla stessa intensit`a di campo magnetico, non risentiranno tut-ti dell’impulso RF e non precesseranno alla stessa frequenza di risonanza. Esistono in commercio tomografi che utilizzano diversi tipi di magnete e che

RF Coil gradient Coils Magnet and Shim

X Gradient Amplifer Y Gradient Amplifer Z Gradient Amplifer RF Amplifer Waveform Generator RF Eletronics ADC’s

CPU

Data Storage Console Image procesor Image Display Shim Control

Figura 1.6: Schema a blocchi di un tomografo RM

possiedono caratteristiche tecniche differenti, ma anche costi di acquisto e di gestione diversi. I pi`u usati sono:

• magnete permanente: `e formato da blocchi di materiale ad alta memo-ria magnetica che, una volta magnetizzati, mantengono per un tempo indefinito il campo magnetico; questo permette risparmio di energia elettrica e garantisce costi di gestione limitati. Il magnete permanente, oltre al limite del peso e di una bassa intensit`a di B0, denuncia

(10)

an-1.2 Hardware MRI 10

che difficolt`a di omogenizzazione del campo magnetico stesso legato all’assemblaggio dei blocchi di materiale.

• magnete resistivo: `e paragonabile ad una elettrocalamita, formata da spire di materiale conduttore nel quale circola costantemente corrente ad alta intensit`a; il problema principale di questo tipo di magnete `e rappresentato dalla grande quantit`a di calore generato dal passaggio di corrente, per fenomeni di resistenza elettrica, nel conduttore, con conseguente necessit`a di raffreddamento. Il consumo di energia elettrica `

e elevato e i campi magnetici sono di intensit`a bassa (0,2-0,3 T ). • magnete superconduttivo: `e costruito con materiali che, alla

tempe-ratura prossima allo zero assoluto, si lasciano attraversare dalla corrente elettrica opponendo una resistenza nulla e creando cos`ı un B0 di elevata

intensit`a; i costi di gestione sono limitati ma hanno un elevato costo di acquisto;

• magnete ibrido: costruito unendo le tecnologie relative ai magneti per-manenti ed ai magneti resistivi.

I magneti shimming sono bobine di compensazione utilizzate per au-mentare l’omogeneit`a del campo magnetico, e possono essere sistemi passivi od attivi: i primi sono realizzati in fase di costruzione del magnete e correg-gono le disomogeneit`a dovute al magnete stesso, i secondi utilizzano bobine inserite internamente all’apparecchio oppure gli stessi gradienti di campo.

Le bobine a radiofrequenza (par. 1.5) si possono considerare come delle vere e proprie antenne che servono ad emettere i segnali a RF necessari a perturbare l’allineamento protonico (bobine di trasmissione) ed a ricevere

(11)

1.2 Hardware MRI 11

Figura 1.7: Immagini di birdcage coils (a sinistra) e surface coil (a destra)

i deboli segnali emessi dai tessuti durante la fase di rilassamento (bobine di ricezione).

Nei moderni sistemi RM esiste una bobina di trasmissione, fissata nella parte interna del magnete, che trasmette i segnali generati dal generatore di forme d’onda e amplificati dall’amplificatore di potenza. Tale bobina, denominata body coil `e utilizzata sia come bobina trasmettente che ricevente, per lo stu-dio di grandi volumi corporei, quali l’addome ed il torace.

Le bobine di ricezione si dividono in bobine di volume ed in bobine di su-perficie. Le prime hanno di solito la forma di un cilindro cavo, al cui interno si posiziona la struttura da esaminare; ultimamente tali bobine sono state sostituite da quelle a gabbia di uccello (birdcage (fig. 1.7)), composte da una serie di sbarre dette rod, ciascuna delle quali riceve il segnale, migliorando notevolmente l’SNR. Le bobine di superficie, come lo stesso nome indica, sono in grado di ricevere il segnale dalle strutture superficiali contigue, con una caduta del segnale RM ad andamento quadratico con l’aumentare della distanza, tra campione in esame e bobina. Con il loro utilizzo si ha il van-taggio di poter adottare piccoli FOV senza pregiudicare il SNR, inoltre non si hanno significativi artefatti da ribaltamento (fold over) (Fig. 1.7).

(12)

1.3 Equazione di Bloch 12

I gradienti di campo sono bobine che generano campi magnetici variabi-li nello spazio e nel tempo che si sommano al campo statico B0. Vengono

posizionati lungo le tre direzioni dello spazio X, Y, Z attorno al magnete e possono essere di selezione, di preparazione o di lettura, permettendo l’i-dentificazione spaziale di ogni voxel in esame e la ricostruzione dell’imma-gine. Vengono caratterizzati dal parametro slew-rate, che indica il rapporto fra massima potenza e tempo necessario al raggiungimento del 100% del duty-cicle, e si misura pertanto in mT/m/msec.

Infine il computer, nel tomografo, rappresenta il cervello del sistema e controlla, tramite opportune interfacce, tutte le operazioni eseguite, dalla sintonia delle bobine, alla digitalizzazione dei segnali analogici ricevuti, alla trasformata di Fourier, alla ricostruzione e la visualizzazione dell’immagine, a tutte le operazioni di postprocessing, come il calcolo di distanze, superfici, intensit`a di segnale. Proprio per questo deve possedere una elevata capacit`a di calcolo oltre ad una grande memoria ed un’alta velocit`a di acquisizione dei dati.

1.3

Equazione di Bloch

Si premette che, per condurre l’analisi svolta in questo paragrafo, verran-no introdotti concetti relativi alle bobine a radiofrequenza che rappresentaverran-no una componente fondamentale per i sistemi di MRI nonch´e l’oggetto di stu-dio di questo lavoro di tesi, e saranno trattate pi`u approfonditamente nel paragrafo 1.5.

Considerando il campione in esame come un sistema avente in ingresso il campo magnetico B(t) e in uscita la magnetizzazione nucleare M (t), la

(13)

de-1.3 Equazione di Bloch 13

scrizione fenomenologica della dipendenza della magnetizzazione nucleare M (t) dal campo magnetico applicato B(t) `e data dall’equazione di Bloch. Questa equazione fornisce uno dei modelli pi`u semplici per il comportamento di spin nucleare dopo l’eccitazione tramite impulsi, e assume la forma:

dM dt = γM × B −  Mxx + Mˆ yyˆ T2  − Mz+ M0 T1  ˆ z (1.3.1) in cui Mx, My e Mz, sono le componenti della magnetizzazione M, avente

come valore di equilibrio M0z e dove B `ˆ e composto da un campo statico

omogeneo B0 orientato secondo l’asse z, da un campo perpendicolare a

ra-diofrequenza e da un gradiente di campo magnetico lineare Bg(x, y, z). La

direzione di ˆz, parallela al campo statico B0 `e detta longitudinale, mentre il

piano che contiene i versori ˆx e ˆy `e detto trasverso.

Per la risoluzione dell’equazione di Bloch si consideri inizialmente l’appli-cazione del solo campo statico B0.

Il termine γM × B descrive il moto di precessione dei nuclei atomici ed assumendo come valori iniziali per le componenti della magnetizzazione i termini Mx0, My0 e Mz0, risolvendo l’equazione di Bloch si ottiene:

Mx(t) = e − t T2 M0 xcos(ω0t) − My0sin(ω0t)  (1.3.2) My(t) = e − t T2 M0 xsin(ω0t) − My0cos(ω0t)  (1.3.3) Mz(t) = Mz0e − t T1 + M0(e− t T1) (1.3.4)

La componente longitudinale decade dal suo valore iniziale M0

z verso il suo

valore di equilibrio M0, mentre la componente trasversa ruota a frequenza

ω0 e decade a zero. Una forma compatta dell’espressione della componente

trasversa della magnetizzazione si ottiene definendo:

(14)

1.3 Equazione di Bloch 14

con la quale si ha:

M (t) = M0e(jω0t −T2t )

(1.3.6) dove:

M0 = Mx0 + jMy0 (1.3.7) Per ricondurre lo studio a casi di interesse fisico, si supponga eterogeneo il campione in esame, per cui la magnetizzazione totale diventa M (t, r), dove r, vettore di componenti x, y e z, rappresenta la posizione nel volume in esame. Si procede con l’analisi dell’equazione di Bloch considerando adesso anche l’applicazione del campo gradiente, il cui effetto `e quello di far precessare a frequenze diverse protoni localizzati in differenti punti dello spazio. Il campo gradiente `e composto da tre componenti chiamate Gx(t), Gy(t) e

Gz(t), ciascuna delle quali `e generata da tre bobine indipendenti, ed il campo

magnetico diviene:

B(t, x) = B0z + [Gˆ x(t)x + Gy(t)y + Gz(t)z] ˆz (1.3.8)

I tre gradienti possono essere raggruppati in un vettore gradiente G(t) di componenti Gx(t), Gy(t) e Gz(t) per cui si pu`o scrivere:

B(t, x) = [B0 + G(t) · r] ˆz (1.3.9)

La localizzazione spaziale `e dovuta al campo gradiente G(t) · r: infatti, con-siderando il caso particolare in cui il gradiente sia statico, G(t) = G, la frequenza di Larmor ˜ω del campione nella posizione r `e:

˜

ω(r) = γ(B0 + G · r) (1.3.10)

Da questa relazione si evince che variando il segnale di stimolo di ingresso mediante diversi campi gradiente, ogni punto del campione pu`o essere reso

(15)

1.3 Equazione di Bloch 15

distinguibile tramite la rivelazione della frequenza di Larmor. La soluzione dell’equazione di Bloch in notazione complessa diventa adesso:

M (t, r) = M0(r)e(j ˜ω(r)t −T2(r)t ) (1.3.11)

dove, rispetto alla 1.3.6, si `e aggiunta la dipendenza da r e si `e sostituito ˜

ω(r) con ω0.

Ricapitolando, se un gradiente statico G viene applicato al campione, la frequenza di oscillazione della magnetizzazione rivelata ˜ω diviene dipendente da r e questa dipendenza spaziale si riflette sul segnale di uscita.

Si consideri adesso anche il campo a radiofrequenza che serve per eccitare i nuclei in modo che possano emettere il segnale utile; la bobina che trasmette questo segnale al campione genera un campo magnetico a RF B1(t) descritto

da:

B1(t) = 2B1(t) cos(ωt)ˆx (1.3.12)

Il fenomeno della risonanza si verifica quando la frequenza di irradiazione ω uguaglia la frequenza naturale di precessione dei protoni ω0. Gli impulsi RF

applicati sono caratterizzati da un parametro α dato da:

α = γ Z T

0

B1(t)dt (1.3.13)

dove T rappresenta la durata dell’impulso applicato ed α `e l’angolo del quale ruota la magnetizzazione. Risulta quindi evidente che possiamo ruotare il vettore magnetizzazione, allontanandolo dalla sua posizione di equilibrio di un qualunque angolo desiderato, attraverso l’applicazione di un campo magnetico oscillante sul piano traverso.

(16)

1.4 Sistema di rivelazione 16

1.4

Sistema di rivelazione

In figura 1.8 `e rappresentato lo schema a blocchi di un sistema di rive-lazione per imaging MR, in cui si assume come ingresso il segnale magne-tizzazione M(t) e come uscita il segnale S(t). Analizziamo in dettaglio ogni componente dello schema a blocchi.

Bobina di Ricezione Rete di Accoppiamento Preamplificatore

Rivelatore di Fase

Filtro

Low Pass ADC

Console

Rivelatore di Fase

Filtro

Low Pass ADC

Figura 1.8: Schema a blocchi del sistema di rivelazione NMR

La bobina di ricezione circonda il campione e si comporta da antenna captando la magnetizzazione nucleare del campione stesso e convertendola in una tensione fluttuante V (t). La relazione che lega queste due grandezze `e la seguente:

V (t) = −d dt

Z

M (t, r) · Bc(r)dr (1.4.1)

dove Bc(r) descrive la sensibilit`a della bobina di ricezione in differenti punti

dello spazio ed `e calcolabile come rapporto tra il campo magnetico generato dalla stessa bobina e la corrente che vi scorre.

La geometria della bobina e la sua posizione devono essere tali che il valore della componente trasversale di Bc(r) sia la pi`u grande possibile, mentre la

componente longitudinale deve fornire un contributo minimo alla tensione di uscita in modo che il suo valore possa essere trascurato: questo `e una conseguenza del fatto che la componente Mz(t, r) decade lentamente con

(17)

1.4 Sistema di rivelazione 17

trasversale oscilla con un periodo da 0,05 µs a 0,2 µs. Per la sensibilit`a della bobina si assuma:

Bc(r) = aˆx + bˆy (1.4.2)

in cui a e b sono delle costanti. Questa equazione descrive una bobina che ha sensibilit`a uniforme verso il campione, ma la cui direzione di massima sensibilit`a non coincide con la direzione del campo RF applicato: queste assunzioni sono ambedue realistiche, in quanto una bobina progettata cor-rettamente avr`a una piccola deviazione rispetto ad una uniformit`a ideale ma la direzione di massima sensibilit`a pu`o essere difficile da controllare.

Vedremo comunque che questa indeterminazione nella direzione sar`a tenu-ta in conto nella fase del segnale di uscitenu-ta e sar`a causa di difficolt`a ridotte. Sostituendo la 1.4.2 nella 1.4.1 e ricordando la 1.3.5 si ottiene:

V (t) = −d dt Z [aMx(t, r) + bMy(t, r)] dr = = −d dt Z < [(a − jb)M (t, r)] dr (1.4.3) Con l’espressione 1.3.11, scrivendo M0(r) in forma polare:

M0(r) = A(r)ejθ(r) (1.4.4) e con le seguenti sostituzioni:

a = k cos φ0 e b = k sin φ0 si ottiene: V (t) = −d dt Z A(r)e−T2(r)1 k cos[ω0(r)t + θ(r) + φ0]dr (1.4.5)

Si pu`o notare che l’effetto della bobina di ricezione su Mx(t, x) `e quello di

(18)

1.4 Sistema di rivelazione 18

della bobina) e l’introduzione di uno sfasamento φ0.

Per la linearita degli operatori di derivazione ed integrazione si ha:

V (t) = kω0 Z A(r)e−T2(r)t  1 + ωh(r) ω0  sin [ω0(r)t + θ(r) + φ0] + + 1 ω0T2(r) cos [ω0(r)t + θ(r) + φ0]  dr (1.4.6)

dove ωh(r) = γh(r), in cui h(r) `e il contributo dei gradienti al campo totale.

Essendo i termini ωh(r)

ω0 e

1

ω0T2 trascurabili rispetto all’unit`a e definendo φ

0 = φ + π 2, si ottiene: V (t) = k0 Z A(r)e−T2(r)t cos [(ω0 + ωh(r)) t + θ(r) + φ] dr (1.4.7)

in cui tutte le costanti moltiplicative sono incluse in k0.

Riassumendo, la magnetizzazione nucleare M (t, r) induce una tensione di uscita V (t) nella bobina di ricezione, chiamata segnale NMR.

La rete di accoppiamento trasferisce il segnale dalla bobina al preampli-ficatore ed ha lo scopo di realizzare l’adattamento di impedenza fra il carico rappresentato dalla bobina di ricezione ed il cavo di collegamento con gli sta-di a valle. Essendo questa rete lineare, gli unici effetti introdotti sul segnale NMR sono una variazione del guadagno k0 e della fase φ del segnale.

Il preamplificatore `e un amplificatore a radiofrequenza a basso livello di rumore, il quale ha il compito di rendere sufficientemente bassa la cifra di rumore complessiva della catena di ricezione: il fattore di rumore del pri-mo stadio contribuisce direttamente a quello della catena di ricezione, ed il guadagno di potenza disponibile riduce l’effetto della cifra di rumore degli stadi a valle.

(19)

1.4 Sistema di rivelazione 19

spettro `e centrato sulla pulsazione di irradiazione ω0, ed opera una

con-versione di frequenza attraverso una frequenza angolare di riferimento pari anch’essa ad ω: se attraverso un filtro passa basso preleviamo la componente in banda base possiamo inviare il segnale cosi ottenuto ad un convertitore analogico digitale. Il principio descritto di seguito `e quindi quello del classico ricevitore supereterodina. Si consideri inizialmente un singolo rivelatore, in particolare quello presente sul canale A.

Il rivelatore in esame ha in ingresso due segnali, il segnale NMR V(t) 1.4.6 ed un segnale di riferimento che oscilla ad una frequenza uguale alla frequenza del segnale di irradiazione ω, detto ad esempio Sr = a cos(ωt). Effettuando

la moltiplicazione di questi due segnali e ricordando che i valori delle fre-quenze ω ed ω0 sono molto simili, all’uscita del singolo rivelatore `e presente

la somma di due componenti, una centrata in zero ed una centrata in 2ω0.

Il filtro passa basso rimuove tutte le componenti del segnale eccetto quella centrata in zero, cosi che il segnale Sa(t) presente dopo il filtro `e:

Sa(t) = k0

Z

A(r)e−T2(r)t cos [(ω0− ω)t + β] dr (1.4.8)

dove β = ωh(r)t + θ(r) + φ. Il circuito sfasatore ha in ingresso il segnale di

riferimento Sr(t) ed in uscita il segnale ˜Sr(t):

˜

Sr(t) = asen(ωt) (1.4.9)

Seguendo lo stesso ragionamento per il canale B, in uscita al filtro passa basso si ottiene :

Sb(t) = k0

Z

A(r)e−T2(r)t sin [(ω0 − ω)t + β] dr (1.4.10)

Considerando il segnale complesso tale che S(t) = Sa − jSb si ottiene:

S(t) = k0 Z

A(r)e−T2(r)t + j{[ω0−ω+ωh(r)]t + [θ(r)+φ]}

(20)

1.5 Introduzione alle bobine RF 20

Ricordando la 1.3.11 si pu`o legare M(t) alla magnetizzazione ottenendo:

S(t) = K Z

M (t, r)e−jωtdr (1.4.12)

dove k = k0ejφ `e una costante arbitraria complessa e:

M (t, r) = Mx(t, r) + jMy(t, r) (1.4.13)

Il convertitore analogico-digitale effettua la conversione del segnale com-plesso costituito dai due canali in una doppia stringa di numeri digitali {Sn}.

In uscita si ha:

Sn= K

Z

M (t, r)e−jωn∆tdr (1.4.14) dove ∆t `e l’intervallo di campionamento. Questa relazione lega il segnale di uscita campionato {Sn} alla magnetizzazione del campione M(t,r).

1.5

Introduzione alle bobine RF

Le bobine a radiofrequenza (RF coils), conosciute anche come risuonatori RF e sonde RF sono componenti fondamentali di un sistema RM e hanno due funzioni: quello di generare impulsi alla frequenza di Larmor per l’ec-citazione dei nuclei del campione in esame (bobina trasmittente) e quella di captare il segnale emesso dai nuclei alla stessa frequenza (bobina ricevente). Il campo magnetico prodotto dagli impulsi a radiofrequenza generati dalla bobina di trasmissione `e indicato in letteratura come B1 e ha una direzione

perpendicolare a quella del campo magnetico principale.

Per ottenere immagini MR di alta qualit`a, le bobine devono possedere due requisiti fondamentali:

(21)

1.5 Introduzione alle bobine RF 21

• quando sono utilizzate in trasmissione, devono generare un campo B1

omogeneo nel volume di interesse (ROI - Region of Interest), in modo da eccitare uniformemente i nuclei, e possedere un campo di vista (FOV - Field of View) quanto pi`u elevato possibile, perch`e spesso la regione di interesse non `e nota a priori.

• quando utilizzate in ricezione, devono garantire un elevato rapporto segnale-rumore (SNR) e devono poter ricevere il segnale RF con lo stesso guadagno per ogni punto del volume in esame.

In base al principio di reciprocit`a dei campi elettromagnetici, se la bobina ricevente soddisfa tale propriet`a ed `e utilizzata come trasmittente, deve essere in grado di produrre un campo omogeneo. La recente tendenza all’utilizzo di campi magnetici B0 sempre pi`u alti (nell’ambito della ricerca si `e arrivati

ad utilizzare anche campi superiori a 8 T negli studi sugli esseri umani e a 17,6 T per quelli sugli animali), offre una strada in pi`u per l’innalzamento del SNR raggiungile, utilizzato spesso per migliorare la risoluzione spaziale (negli esseri umani si sono ottenuti anche risoluzioni che stanno sotto 1 mm). Il passo pi`u importante per l’ottimizzazione del SNR, come per l’ottimiz-zazione dell’omogeneit`a del campo RF, rimane comunque la progettazione delle bobine RF.

Infatti, ogni particolare applicazione ha dei propri requisiti che devono es-sere soddisfatti, pertanto la bobina a radiofrequenza deve eses-sere progettata ad hoc, in base al problema che si ha di fronte; non esiste una bobina che sia ottima per qualunque tipo di applicazione.

Nel corso degli ultimi 25 anni sono state sviluppate diverse tipologie di bobine RF le quali, secondo la loro forma, possono essere classificate in due gruppi:

(22)

1.5 Introduzione alle bobine RF 22

• bobine di volume, che di solito hanno la forma di un cilindro cavo, al cui interno si posiziona il campione da esaminare. Queste bobine sono caratterizzate dal cosiddetto Filling Factor, il quale d`a un’indicazione di quanto le dimensioni della bobina siano prossime a quelle del campione sotto esame, e quindi anche di quale sia il rapporto segnale rumore atteso; `e evidente che maggiore sar`a tale fattore tanto pi`u alto sar`a il rapporto segnale rumore, poich´e la regione di spazio che non fornisce segnale utile ma contribuisce solo al rumore, `e tanto minore quanto pi`u le dimensioni della bobina sono vicine a quelle del campione stesso. Questa classe di bobine RF comprende molti tipi di risuonatori, tra cui: Helmholtz coils, saddle coils, e birdcage coils. Tra tutte queste, le birdcage coils sono le pi`u utilizzate grazie alla loro capacit`a di generare un campo B1 altamente omogeneo su di un grande volume all’interno

della bobina.

• bobine di superficie, sono bobine aperte, in grado, come lo stesso nome indica, di ricevere il segnale dalle strutture superficiali contigue. Di questo gruppo fanno parte single-loop e multiple-loop coils di varie forme. Esse sono molto pi`u piccole delle volume coils ed hanno un valore di SNR pi`u grande poich´e ricevono il rumore solo da zone vicine, ma hanno per`o un’omogeneit`a del campo B1 relativamente bassa, e

pertanto vengono utilizzate principalmente in ricezione.

Spesso vengono usate due bobine separate: una per la trasmissione, tipica-mente una birdcage coil, che garantisce un’eccitazione uniforme della zona interessata, ed un’altra per la ricezione, in genere una surface coil, posiziona-bile molto vicino alla regione di interesse, che ha la caratteristica di avere un

(23)

1.5 Introduzione alle bobine RF 23

piccolo campo di vista (FOV). Quando questo avviene `e importante garantire il loro disaccoppiamento elettronico e geometrico in modo da minimizzare la mutua induttanza che deriva dal fatto che le due bobine sono accordate sulla stessa frequenza.

1.5.1

Fattore di qualit`

a

Nella schematizzazione di una bobina a radiofrequenza tramite il meto-do del circuito equivalente risulta semplice mettere in evidenza come, in un tale sistema, esistano delle perdite di cui bisogna tener conto. Infatti in una schematizzazione ideale i conduttori della bobina possono essere considerati induttori puri, privi di resistenza, ma in realt`a essi presentano una parte resistiva che pu`o influenzare il comportamento della stessa bobina; nel caso in cui la bobina sia utilizzata in fase di trasmissione l’effetto della resistenza dei conduttori `e quello di una dissipazione di potenza, mentre, se si utilizza in ricezione, si avr`a un aumento del rumore in ingresso al sistema. Un para-metro importante per rappresentare le perdite dovute alla parte resistiva dei conduttori `e il cosiddetto fattore di qualit`a, indicato con Q, che pu`o essere espresso come:

Q = ω0L

R (1.5.1)

dove L `e l’induttanza e R `e la resistenza caratteristica dell’induttore, che pu`o essere considerata in serie. In linea di massima possiamo dire che tale fattore influenza notevolmente il comportamento della bobina e di tutto il sistema, in quanto si ha che SN R ∝ Q12. Lo stesso discorso si ripete

chiara-mente per i condensatori, caratterizzati anch’essi da perdite resistive, quindi la scelta di tali componenti va fatta orientandosi verso alti fattori di qualit`a.

(24)

1.5 Introduzione alle bobine RF 24

Il parametro Q pu`o essere espresso anche in modo diverso, come:

Q = f0 Bv

(1.5.2)

in cui f0 `e la frequenza di risonanza del sistema e Bv `e la banda passante del

circuito risonante; tale definizione, in particolare, evidenzia quella che `e la selettivit`a del circuito risonante. Il fattore di qualit`a ricopre, quindi, un ruo-lo molto importante, in quanto consente di tener conto delle perdite citate precedentemente e, pi`u in generale, di tutti i meccanismi di perdita di un dato sistema. Nel caso delle bobine a radiofrequenza `e necessario considerare perdite dovute alle interazioni magnetiche nella regione di campo vicino della bobina e perdite dovute alle interazioni elettriche, che si traducono per lo pi`u in dissipazioni di potenza sul campione in esame. Per determinare i relativi contributi dei vari meccanismi di perdita la via seguita `e quella di misurare il fattore Q in differenti condizioni di carico, ovvero di inserire all’interno della bobina il campione da analizzare (condizione di bobina caricata). Con tali prove si verifica di quanto il Q della bobina caricata diminuisce rispet-to a quello della bobina non caricata, misurando cos`ı le perdite sul campo rispetto a quelle della bobina. Un parametro molto importante da prendere in considerazione `e il rapporto tra il fattore di qualit`a della bobina scarica e quello della bobina con carico, cio`e:

r = Qscarica Qcarica

= 1 + Rcampione Rcoil

(1.5.3)

Infatti, nel caso in cui r ∼= 1, le perdite sono prevalentemente dovute alla bobina, mentre nel caso in cui r  1, le perdite sono dovute essenzialmente al carico; in questo senso si pu`o dire che un valore ottimale di r `e intorno a 4-5. Inoltre, sfruttando tale rapporto `e possibile calcolare la sensibilit`a

(25)

1.5 Introduzione alle bobine RF 25

S della bobina che si sta analizzando, riferita ad un valore di sensibilit`a S0

relativo ad una bobina ideale, tramite la formula: S S0 = r 1 − 1 r = s 1 − Qcarica Qscarica (1.5.4)

E’ doveroso far notare che il fattore di qualit`a `e un parametro in grado di caratterizzare qualunque bobina, sia essa una bobina di volume o di superficie.

1.5.2

Eccitazione e rivelazione in quadratura associata

alle bobine a radiofrequenza

Secondo la teoria della risonanza magnetica, pu`o essere fornita energia ai nuclei (e quindi per il principio di reciprocit`a da questi ricevuta) utilizzando un campo magnetico polarizzato circolarmente ruotante alla frequenza di Larmor.

Facendo riferimento ad una polarizzazione circolare sia in trasmissione che in ricezione, rispetto ad una lineare, si ha nel primo caso il vantaggio di dimezzare la potenza generata, e di aumentare di un fattore √2 il SNR in ricezione. Un campo magnetico polarizzato linearmente B1 = B1cos (ωt) ˆx,

pu`o essere decomposto in due campi polarizzati circolarmente, ruotanti in verso opposto fra loro, ed aventi ampiezza dimezzata rispetto a quello di iniziale: B1 = B1 2 [cos (ωt) ˆx + sin (ωt) ˆy] + B1 2 [cos (ωt) ˆx − sin (ωt) ˆy] (1.5.5) Di queste due componenti solamente quella ruotante nel verso della magnetiz-zazione interagisce con il campione, mentre l’altra rappresenta della potenza

(26)

1.5 Introduzione alle bobine RF 26

perduta.

Quindi, generando solo la componente utile si ha un dimezzamento della potenza richiesta. Relativamente al SNR, si deve osservare che il segnale ad RF emesso dai nuclei consiste in un campo magnetico polarizzato circolar-mente, il quale pu`o essere decomposto in due componenti lineari e mutua-mente ortogonali. Dunque una ricezione del segnale in quadratura permette un incremento del SNR di un fattore√2. Prendendo come esempio una

bird-Phase

Shifter

0 90 Tx Rx Bobina RF

Figura 1.9: Schema di alimentazione di una bobina in polarizzazione circolare

cage coil, come mostrato in figura 1.9, `e opportuno utilizzare in trasmissione un circuito che divida la potenza trasmessa in due canali e che introduca sui due segnali cos`ı generati uno sfasamento di 90◦.

L’uscita dei due canali viene utilizzata per alimentare la bobina in due punti sfasati spazialmente di 90◦, in modo che i due campi polarizzati linearmente e sfasati temporalmente di 90◦, diano luogo ad una polarizzazione circolare col verso di rotazione desiderato.

Sempre dalla stessa figura si osserva come in ricezione sia necessario sfasare di 90◦ i segnali raccolti da due punti in quadratura sulla bobina, in modo da ottenere due segnali in fase che possano cos`ı esser combinati coerentemente.

(27)

1.6 Bobine di superficie 27

1.6

Bobine di superficie

Le bobine di superficie forniscono un rapporto segnale-rumore pi`u alto rispetto a quelle di volume; questo si verifica a causa della loro pi`u piccola regione di sensibilit`a, che comporta una diminuzione della quantit`a di rumore ricevuta. Allo stesso tempo queste bobine sono caratterizzate da un piccolo campo di vista (FOV), che, invece, nelle applicazioni per imaging clinico `e desiderato essere il pi`u grande possibile. Una possibile soluzione a questo problema, e sicuramente la pi`u semplice, consiste nell’utilizzare una bobina RF di superficie (singleloop coil) che sia ”grande” ed abbia il minor SNR possibile, oppure riposizionare una bobina pi`u piccola, ripetendo ogni volta lo studio in relazione alla parte esaminata (ma quest’ultimo `e un metodo molto dispendioso in termini di tempo). Un’altra possibile soluzione consiste nell’utilizzare delle multiple-loop coils o coil array, chiamati in NMR phased array.

1.6.1

I phased array

Le bobine phased array, di cui un esempio `e mostrato in figura 1.11, sono particolari antenne costituite da pi`u unit`a poste in parallelo in cui ciascuna bobina riceve indipendentemente dalle altre. La prima formulazione teorica riguardo a tali tipi di bobine ed al loro utilizzo si deve a Roemer e Hayes nel 1989 e, ad oggi, sono praticamente presenti in ogni scanner di Riso-nanza Magnetica, grazie al fatto che consentono di ottenere un’immagine con ampio campo di vista e un buon rapporto segnale-rumore, senza incre-mentare il tempo di scansione. Il numero massimo di bobine utilizzabili in un array dipende dall’omogeneit`a del magnete e dal fatto che ogni bobina

(28)

1.6 Bobine di superficie 28

Figura 1.10: Schema di una bobina phased array

necessita di un disaccoppiamento elettronico, cio`e di un proprio ricevitore e di un proprio hardware per l’acquisizione dei dati. Inoltre se si considerano due bobine identiche, risonanti alla stessa frequenza f0, e si affiancano, la

mutua induttanza che si genera porta ad uno splittamento della f0 in due

diverse frequenze di risonanza, con una conseguente riduzione di sensibilit`a alla frequenza di risonanza f0. Per eliminare o ridurre questo accoppiamento

si possono sovrapporre le bobine fino ad avere mutua induttanza uguale a zero; in questo modo realizziamo un disaccoppiamento geometrico. Nel

ca-f0 f0

Figura 1.11: Effetto dell’interazione di due bobine alla frequenza di risonanza

so di bobine circolari rilevazioni sperimentali hanno indicato come distanza ottima dei centri il 75% del diametro, in quelle quadrate il 90% del lato.

(29)

1.7 Campi RF in campioni biologici 29

1.7

Campi RF in campioni biologici

Come discusso precedentemente, nella MRI i nuclei sono eccitati da campi a radiofrequenza denominati B1. Per i sistemi MRI che usano un basso valore

di campo magnetico statico (minore di 0,5 T) la frequenza di Larmor e quindi la frequenza del campo B1 `e molto bassa e le dimensioni del corpo umano

rappresentano solo una piccola frazione della lunghezza d’onda. In questi casi le interazioni tra il campo B1 e il corpo umano possono essere trascurate

e il B1 pu`o essere studiato in assenza del corpo umano. Inoltre, il campo

elettrico associato con il campo B1 `e trascurabile, cos`ı come il rapporto di

assorbimento tra energie specifiche SAR (Specific energy Absorption Rate)1

A causa delle limitazione del Rapporto Segnale Rumore (SNR) associato alle basse frequenze, i sistemi con basso B0 non garantiscono la possibilit`a

di sviluppo e utilizzo di applicazioni come la MRI funzionale, e conseguente-mente sono stati sviluppati sistemi con un valori di B0 pi`u alto.

Naturalmente, ad un incremento di B0 corrisponde un aumento lineare della

frequenza associata al campo B1, secondo l’equazione di Larmor 1.1.5. A

titolo di esempio consideriamo che la frequenza di risonanza per un sistema a 4T `e 171 Mhz. A queste frequenze, le interazioni tra il campo B1 e il corpo

umano non possono essere trascurate.

1Il rapporto di assorbimento specifico (SAR) `e una misura della potenza dissipata in

un campione biologico. E’ definito come:

SAR = Energia RF totale dissipata nel campione [J oule]

T empo di esposizione [Secondi] · massa del campione [kg](W atts/Kg). La United Sates Food and Drug Administration (USFDA) raccomanda un limite al valore di SAR. Il SAR deve essere minore di 0,4 W/Kg per l’intero corpo, e 3,2 W/Kg per la testa.

(30)

1.7 Campi RF in campioni biologici 30

Questa interazione `e causata dalla risonanza dielettrica, poich`e la lunghezza d’onda effettiva del campo B1 non `e pi`u comparabile con le dimensioni del

corpo umano. Una forte interazione non solo degrada l’omogeneit`a del cam-po B1, e quindi la qualit`a dell’immagine, ma pu`o avere effetti riguardanti la

sicurezza; alcune parti del corpo come il cervello e gli occhi, possono risentire dell’aumento di temperatura causato dall’incremento di SAR.

Le interazioni elettromagnetiche con il corpo umano associate alla MRI sono state studiate da un elevato numero di ricercatori. I primi lavori erano basati su semplici modelli che approssimavano il corpo umano come un clindro infinitamente lungo, e la testa come una sfera. Le soluzioni analitiche di-mostrano che all’aumentare della frequenza, l’interazione tra i campi elettro-magnetici e i campioni biologici diventa sempre pi`u forte, e non pu`o essere trascurata.

Riconosciute le limitazioni dei metodi analitici, i lavori pi`u recenti si sono concentrati su metodi numerici. Molti di questi si sono basati su analisi ap-prosimate in due dimensioni (2D) e pi`u tardi si `e passati alle analisi in tre dimensioni. Per esempio, Yang et al. (1993) utilizzarono il Metodo degli Elementi Finiti 2 D (FEM); Han e Wright(1993) usarono il metodo delle Differenze Finite nel Dominio del Tempo (FDTD) per studiare gli effetti del-la penetrazione del campo RF causato dalle bobine superficiali. Ochi et al. (1992 - 1995) svilupparono il metodo dei momenti (MoM) per l’analisi delle bobine MRI. Jin e Chen (1996) svilupparono un Fast 2D FEM per studiare la disomogeneit`a del campo B1 e il SAR di birdcage coils, sia schermate che

non schermate, e caricate con modelli di testa umano e del tronco umano. Yang et al. (1994), Harrison and Vaughan (1996), e Simunic et al. (1996)

(31)

1.7 Campi RF in campioni biologici 31

applicarono un simulatore 3D FEM a un modello di bobina caricata con un semplice fantoccio di testa umana. Jin et al. (1996) e Chen et al. (1998) svilupparono due efficienti e accurati metodi numerici per investigare le ite-razioni tra i campi elettromagnetici con la testa umana usando un modello anatomico 3D molto accurato. Entrambi i metodi possono calcolare il campo elettrico, il SAR e il campo B1 creato da una bobina per MRI.

Nel prossimo capitolo verrano introdotti alcuni metodi numerici utilizzati per studiare le relazioni tra campioni biologici e campi RF relativi ad ap-plicazione MRI. Sar`a analizzato in modo pi`u approfondito il metodo FDTD (Finite Difference Time Domain) che sta alla base del simulatore impiegato per lo studio delle bobine analizzate in questo lavoro di tesi.

Figura

Figura 1.1: I nuclei ruotano su se stessi e si comportano come magnetini elementari
Figura 1.2: Sottoposti a un forte campo magnetico, i nuclei si allineano nella direzione di B 0
Figura 1.3: Movimento di precessione del nucleo atomico
Figura 1.4: Effetto del’eccitazione del campo B 1
+7

Riferimenti

Documenti correlati

Si consideri, inoltre, che: le perdite localizzate sono pari a 2,5 m, la lunghezza totale della condotta alla mandata è di 90 m, la velocità dell’acqua è di 6 m/s, il dislivello tra

Sia data una particella di spin 1/2 in un campo magnetico costante ~ B diretto lungo l’asse x3. il valor medio

I valori medi che coinvolgono l’impulso sono facilmente calcolati usando φ(p) quelli nelle coordinate usando lo stato dato. Nell’evoluzione temporale applicheremo il teorema

DI NOMINARE quali membri parte della Commissione di valutazione delle offerte per l’affidamento dei lavori di “Nuovo padiglione espositivo polo fieristico”, i

 a partire dalle ore 12.30 e sino alle ore 17:30 di tutte le seconde domeniche del mese di novembre degli anni 2017/2020 (quindi i giorni 12 novembre 2017, 11 novembre 2018,

 il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, 4 marzo 2020, avente ad oggetto: “Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n.. 6, recante

Si nota che l’integrale diverge e che la velocit` a risultante dovrebbe essere infinita, l’energia fornita da un generatore ideale dovrebbe essere infinita..

[r]