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1 Struttura Lorentziana dello Spazio-Tempo

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Academic year: 2021

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(1)

Note (Informali) sulla relativit` a ristretta

G.Falqui, Dipartimento di Matematica e Applicazioni, Universit`a di Milano–Bicocca.

Corso di Sistemi Dinamici e Meccanica Classica, a.a. 2008/2009.

Prima versione, 29 Gennaio 2008.

Commenti e correzioni sono benvenuti.

Queste note, delle quali sottolineo il carattere estrema- mente preliminare, riportano il contenuto delle lezioni sulla relativit`a ristretta tenute nell’ultima parte del corso. A breve una versione corretta.

Contents

1 Struttura Lorentziana dello Spazio-Tempo 1

1.1 Prime conseguenze . . . 5 1.2 Cinematica relativistica . . . 10 1.3 Composizione delle velocit`a . . . 13

2 Dinamica relativistica 14

3 Forze di natura elettromagnetica 18

3.1 Il quadrivettore della forza elettromagnetica . . . 22

1 Struttura Lorentziana dello Spazio-Tempo

Lo spazio-tempo della relativit`a ristretta di Einstein `e uno spazio affine quadridimensionale, detto anche spazio di Minkowski, dotato di una pseudometrica (o metrica lorentziana) di segnatura (1, 3), rappresentata dalla matrice

η =



 1

−1

−1

−1



 , (1.1)

(2)

L’insieme delle trasformazioni affini che preservano tale struttura `e detto gruppo di Poincar´e, che pu`o essere rappresentato come l’insieme delle trasfor- mazioni di R4 date da

x = Λαβxβ + aα, (1.2) con Λ ∈ O(1, 3), cio`e ΛT η Λ = η. Scrivendo per esteso questa relazione matriciale si ha (sottintendendo le somme sugli indici ripetuti in posizione diversa – cio`e uno in alto ed uno in basso):

Λαγηα,βΛβδ = ηγ,δ γ, δ = 1, . . . , 4. (1.3) Dalla simmetria delle equazioni, otteniamo che queste sono un insieme di 10 equazioni indipendenti nelle 16 variabili Λαβ. dato che i parametri aα sono arbitrari, otteniamo che il gruppo di Poincar´e `e un gruppo a 6 + 4 = 10 parametri continui. Dato che, come non `e difficile mostrare, le operazioni di inversione e moltiplicazione sono continue, si dice che P `e un gruppo di Lie di dimensione 10. Si usa definire gruppo di Lorentz L il sottoinsieme (che `e un sottogruppo) di P formato dalle applicazioni omogenee, cio`e quello delle applicazioni per cui il vettore delle traslazioni aα si annulla.

Vogliamo ora caratterizzare – almeno in parte – il gruppo L. La equazione (1.3) con γ = δ = 0 d`a:

Λα0ηα,βΛβ0 = η0,0 ⇔ η0,0 = η0,0Λ00Λ00+ X3 i,j=1

ηi,jΛi0Λj0.

Dato che η0,0 = 1 e ηi,j = −δi,j si ha

1 = Λ00 2

X3 i=1

Λi0

2 ⇒ Λ00

2 = 1 + X3

i=1

Λi0

2, (1.4)

da cui o Λ00 ≥ 1 o Λ00 ≤ −1. Notando che (1.1) implica (come nel caso del gruppo delle rotazioni) che

Det(Λ) = ±1

otteniamo che il gruppo di Lorentz L si suddivide in 4 componenti connesse, labellate dal segno del deteminante e dall’intervallo cui Λ00 appartiene.

In particolare la componente L+, qualificata da da {Det(Λ) = 1, Λ00 ≥ 1}

`e un sottogruppo di L, detta gruppo di Lorentz proprio ortocrono. Nel seguito ci atterremo alla descrizione di quest’ultimo. Ci`o `e giustificato dal fatto che,

(3)

se un elemento ¯Λ del gruppo di Lorentz non sta in L+, allora o P ¯Λ, o T ¯Λ o

−¯Λ(= P T ¯Λ) stanno in L+, dove le matrici P e T sono definite da

T =



 -1

Id3



 P =



 1

−Id3



 (1.5)

Consideriamo ora gli elementi del sottogruppo caratterizzati da Λ00 = 1. Da (1.4) e da (1.1) si ha che la forma di questi elementi `e data da

Λ =



 1

R



Non `e difficile rendersi conto che la matrice R che compare in questa formula deve essere una matrice del gruppo SO(3). Questo implica che, oltre alle traslazioni, anche la rappresentazione delle rotazioni spaziali `e la stessa nel gruppo di Galileo ed in quello di Poincar´e.

Veniamo ora per`o a descrivere la differenza sostanziale tra i due gruppi, cio`e i cosiddetti boosts, ovvero le trasformazioni tra sistemi in moto relativo.

Supponiamo di considerare due sistemi di riferimento associati ad osservatori O and O0tali che O0 veda O muoversi con velocit`a v (e quindi, per il principio di relativit`a, O vedr`a O0 muoversi con velocit`a −v). Una particella ferma rispetto ad O viene descritta da O da una linea di universo in cui le coordinate spaziali non variano; infinitesimamente vale allora:

dxαeα = dx0e0( cio`e dx1 = dx2 = dx3 = 0). (1.6) Per O0 vale

dx = Λβαdxα e dunque (dato che dxi = 0, i = 1, 2, 3):

dx00 = Λ00dx0, dx0i = Λi0dx0, i = 1, 2, 3. (1.7) ricordando che dx0 = c dt e dx00 = c dt0, si ha anche dt0 = Λ00dt. Per la velocit`a che O0 assegna alla particella (ed in particolare, ad O) si ha

v0i = dx0i

dt0 = Λi0dx0

Λ00dt = cΛi0

Λ00

, ⇒ Λi0 = v0i

c Λ00 = −vi

c Λ00, (1.8)

(4)

dove l’ultima equazione `e dovuta al fatto che v0i = −vi, gi`a ricordato pi`u sopra. Inserendo quest’ultimo risultato in (1.4) si ottiene

00)2 = 1 + |v|2

c200)2, ⇒ Λ00 = 1 q

1 −|v|c22 ,

dove si `e tenuto conto che stima considerando trasformazioni di L+. Il fattore q 1

1 − |v|c22

`e solitamente denominato nei testi di relativit`a con

q 1

1 − |v|c22

≡ γ.

Notiamo che (1.8) determina che la prima colonna di Λ `e data da (γ, −γv1

c , −γv2

c, −γv3 c)T; utilizzando ulteriormente le equazioni (1.3) si trova che la forma della matrice

Λ associata al boost di Lorentz `e

Λ =







γ −γvci

−γvci δij+ vivj γ−1|v|2







(1.9)

Osservazione. A differenza di quanto avviene nel gruppo di Galileo le ma- trici della forma (1.9) dipendono dai tre parametri di v, ma in generale non commutano ([Λv1, Λv2] 6= 0, n´e formano un sottogruppo di L+.

I boosts di Galileo si ritrovano nel limite c → ∞. Infatti, ricordando che x00 = c t0, x0 = c t, la matrice eΛ che lega le coordinate (t0, x0, y0, z0) alle (t, x, y, z) diventa

Λ =e





γ −γvc2i

−γvi δji + vivj γ−1|v|2





(5)

che, per c → ∞ diventa

Λec→∞=



1 0 0 0 v1 1 0 0 v2 0 1 0 v3 0 0 1



 .

1.1 Prime conseguenze

In queste argomentazioni considereremo due osservatori O e O0 tali che O veda O0 muoversi con velocit`a v = vex, cio`e diretta lungo l’asse x. Detto β = v

c, la matrice che connette le coordinate relative ai due osservatori sar`a dunque

ΛO0,O =



γ −γβ 0 0

−γβ γ 0 0

0 0 1 0

0 0 0 1



 ,

ed esplicitamente, si avr`a:













t0 = γ(t − β cx) x0 = γ(x − βct) y0 = y

z0 = z

(1.10)

Contemporaneit`a. Consideriamo due eventi E1 e E2, simultanei rispetto a O, che avvengono in punti diversi dello spazio. In generale sar`a:

∆t(= t2− t1) = 0, ∆x(= x2− x1) 6= 0.

Per O0 avremo, secondo la (1.10)

t01− t02 = ∆0t = γ(∆t − β

c∆x) = −γβ

c∆x 6= 0.

Dunque nella teoria della relativit`a ristretta cade il concetto di contempo- raneit`a “assoluta”: eventi contempopranei rispetto ad un osservatore possono non esserlo per un altro osservatore.

(6)

Contrazione delle lunghezze. Consideriamo una sbarra S = ~AB solidale al sistema O0, disposta sull’asse x0 ≡ x, dove x `e l’asse delle ascisse di un altro osservatore O, con O e O0 legati da una trasformazione di Lorentz (1.10). O0 assegner`a ad S la lunghezza l0(S) = x0A− x0B. Ora, dalle (1.10) si ha:

l0(S) = x0(A)−x0(B) = γ(xA−β c tA)−γ(xB−β, c tB) = γ(xA−xB)−γ β c(tA−tB) O effettuer`a (altrimenti non avrebbe senso) la misura della lunghezza di S con tB = tA, e dunque avr`a che

l(S) ≡= xB− xA

tB=tA

= l0(S)

γ > l0(S) se |v| > 0. (1.11) Dunque O, che vede S muoversi, misurer`a una lunghezza l(S) superiore alla lunghezza a riposo l0(S) misurata da quella di un osservatore solidale a S.

Dilatazione degli intervalli di tempo. Supponiamo ora che, per l’osservatore O0 due eventi E1 e E2avvengano nello stesso luogo (in particolare, x01 = x02), a istanti di temnpo successivi t02 > t01, in modo tale che ∆t0 = (t02 − t01) > 0.

L’osservatore O, sempre legato a O0 dalla (1.10), assegner`a ad E1 e E2 le corripondenti coordinate non “primate”; osserver`a che:

1. Per la distanza spaziale tra i due eventi:

x2− x1 ≡ ∆x = β c∆t = vx∆t, cosa usuale anche nella relativit`a di Galileo.

2. Invece, per la “distanza” temporale, si avr`a:

∆t0 = γ(∆t − β

c∆x) = dalla relazione sopra = γ∆t(1 − β2) =p

1 − β2∆t.

(1.12)

Dunque si avr`a

∆t = γ ∆t0,

ovvero la distanza temporale - misurata da O che `e “in moto” rispetto ad E1 e E2, tra i due eventi sar`a maggiore di quella misurata da O0, che li vede avvenire nello stesso luogo.

(7)

Cio`e, se un fenomeno (e.g., il decadimento di particelle radioattive) avviene, misurato da un osservatore in quiete con il fenomeno (e.g., la camera a bolle dove le particelle decadono) con periodo τ0, lo stesso fenomeno sar`a visto avvenire (da un osservatore in moto rispetto al fenomeno) con un periodo

τv = γτ0 > τ0 se |v| > 0.

Per finire, consideriamo ora il caso in cui la velocit`a del boost sia generica:

cio`e v non `e orientata rispetto ad alcun asse particolare.

Dalla analisi delle trasformazioni relative a boosts lungo l’asse x possiamo inferire che la componente spaziale x del vettore x, perpendicolare a v resta inalterata, mentre la componente parallela x|| si trasforma come x0|| = γ(x||− β c t), dove abbiamo indicato con β = v

c. Denotando con · l’ordinario prodotto scalare di trivettori, possiamo compendiare queste osservazioni nelle

relazioni 





t0 = γ(t − β· x c ) x0|| = γ(x||− β c t) x0 = x.

(1.13)

Osservando che valgono le formule:

x||= β· x

|β|2 β, x= x − x|| = x − β· x

|β|2 β (1.14) le (1.13) diventano





t0 = γ(t − β· x c ) x0 = x − β· x

|β|2 β+ γ β· x

|β|2 − β c t (1.15)

Definizione 1.1 Lo spazio affine A4 dotato della struttura pseudoeuclidea η, di segnatura (1, 3)

η : A4 × A4 → R

(p, q) 7→ ηµ ν(xµp − xµq)((xνp− xνq) = (x0p− x0q)2−P3

i=1(xip− xiq)2. (1.16)

(8)

`e detto Spazio-Tempo di Minkowski. L’insieme delle traformazioni affini che preservano la struttura ηµ ν `e il gruppo di Poincar´e P. Il sottogruppo di P celle trasformazioni omogenee – cio`e lineari – che preservano l’orientazione spaziale ed il verso del tempo `e – detto gruppo di Lorentz stretto o proprio ortocrono L+.

La coordinata x0 assegnata da un osservatore O ad un evento `e legata al tempo (misurato dallo stesso osservatore) in cui l’evento avviene da

x0 = c t

dove c `e la velocit`a della luce nel vuoto. c `e un invariante scalare per P.

A differenza dello spazio-tempo di Galileo, nello spazio-tempo di Minkowski non risulta definita una nozione di tempo assoluto, n`e, dunque, una nozione

“invariante” di contemporaneit`a.

Lo spazio-tempo di Minkowski `e dotato peraltro di un’altra struttura, detta struttura causale. Fissiamo una origine O in A4, ed un riferimento cartesiano pseudo-ortogonale (cio`e ortogonale rispetto ad η); ad ogni evento E `e associata la quaterna delle sue coordinate

(x0, x1, x2, x3) = (c t, x1, x2, x3) Valutiamo

η(xµ, xµ) = (x0)2

| {z }

=c2t2

− X3

i=1

(xi)2

| {z }

=|x|2

Dato che η `e indefinita, esiste una superficie ∂ C definita da

E ∈ ∂ C ⇔ ηµ,νxµxν = 0, (1.17) ovvero c t = ±|x|. La quadrica `e un “ipercono”, che suddivide M in due regioni C = C+ ∪ C e S = M \ ¯C, dove C `e l’insieme degli eventi la cui quadri-distanza dall’origine `e positiva.

Definizione 1.2 Diremo un quadrivettore (che rappresenta il quadri-intervallo tra un evento E e l’evento scelta come origine) x ∈ M :

i) Lightlike (nullo o di tipo luce) x ∈ ∂ C, ovvero se ηµ,νxµxν = 0.

ii) Timelike (di tipo tempo) se x ∈ C, ovvero ηµ,νxµxν > 0.

(9)

iii) Spacelike (di tipo spazio) se x ∈ S, ovvero ηµ,νxµxν < 0.

Graficamente si ha, sopprimendo una delle dimensioni spaziali, la seguente figura:

Figure 1: Il cono luce

Il significato fisico della partizione dell’insieme degli eventi in questi tre sot- tovariet`a `e il seguente: Supponiamo che x sia lightlike, ovvero ηµ,νxµxν = 0.

Questo significa che le sue coordinate spazio-temporali soddisfano la relazione

|x|2 = c2t2. (1.18)

Questa `e l’equazione di un fronte d’onda che esce da O a t = 0 e si propaga con velocit`a c. Dunque, ∂ C `e il luogo degli eventi connessi a O da segnali luminosi (o meglio, da onde elettromagnetiche).

Se ηµ,νxµxν > 0, cio`e se x `e timelike, allora si ha, in analogia con la (1.18), la relazione

|x|2 < c2t2 ⇔ |x|2

t2 < c2 (1.19)

Dunque la velocit`a (misurata da O) di un moto uniforme che connette O ad E `e minore di c, e dunque ammissibile. Anche in questo caso E pu`o essere ”influenzato” da O in maniera causale (se t > 0), o viceversa se t <

0. In questo caso diremo che O e E sono causalmente connessi. Si pu`o dimostrare che se due eventi cono causalmente connessi, l’accadere prima o dopo `e invariante rispetto al gruppo di Lorentz L+. Da qui la suddivisione di CAC in C+ (Futuro) e C (Passato).

Infine, se x `e spacelike, l’evento E non pu`o essere in alcun modo influen- zato da O, e viceversa. Inoltre, si pu`o anche dimostrare che esistono due osservatori inerziali per i quali l’ordine temporale tra O e E risulta invertito.

(10)

1.2 Cinematica relativistica

Diremo moto un insieme ordinato i eventi causalmente connessi. Ovvero, considerata una curva γ : I ⊂ R → M di classe C2 definita da

s 7→ xµ(s) richiederemo che, ∀s ∈ I il vettore tangente

(dx0

ds , · · · ,dx3

ds ) (1.20)

non sia spacelike. In questo modo, stiamo richiedendo che γ possa rappre- sentare un moto fisico. La condizione (1.20) dice che in ogni punto p = xµ(s), il vettore tangente alla curva non esce dal lightcone centrato in p. Si dice anche che un moto `e una curva causale.

Definizione 1.3 Una particella `e una coppia (γ, m0) dove γ `e un moto (cio`e il vettore tangente a γ non `e mai spacelike), e m0 `e un numero reale non negativo m0 ≥ 0), detto massa a riposo della particella.

Osserviamo che (nel caso m0 > 0, il caso di m0 = 0 verr`a caratterizzato pi`u oltre) m0 `e l’usuale massa di una particella Newtoniana (o Galileiana), misurata da un osservatore per il quale la particella `e a riposo.

Velocit`a Per definire la velocit`a di una particella (che deve essere un quadrivettore, cio`e invariante rispetto a trasformazioni di Lorentz), dobbi- amo individuare un parametro che possa giocare il ruolo che il tempo assoluto della relativit`a di Galileo gioca nella definizione usuale du velocit`a. Consideri- amo dunque un moto, e due punti/eventi su du esso (arbitrariamente vicini), ovvero

xµ(s), e xµ(s + ds) = xµ(s) + dxµ. Per due riferimenti O e O0 vale

ds2 = (c dt)2− X3

i=1

(dxi)2 = (c dt0)2− X3

i=1

(dx0i)2

Se la curva `e timelike, la forma quadratica ds2 `e definita positiva, ed `e un invariante scalare. Definiamo

dτ = s

d t − P3

i=1(dxi)2

c2 (1.21)

(11)

l’intervallo (in questo caso, infinitesimo) di tempo proprio della particella.

L’intervallo di tempo proprio `e un invariante scalare, perch`e (radice del) rapporto di due invarianti, ds2e c2. Se la curva (particella) `e sempre timelike, notiamo che dτ ‘e sempre positivo. Chiameremo tempo proprio l’integrale

Z s 0

dt(s0)

di questa quantit`a. Notiamo che il tempo proprio `e una funzione monotona.

Il significato fisico dell’intevallo di tempo proprio si eveince considerando un sistema O istantaneamente solidale con la particella. Allora per O si ha

ds2 = (cdt)2, ⇒ dτ = dt.

Cio`e, l’intervallo di tempo proprio `e l’intervallo di tempo misurato da un sistema di riferimento istantanemento solidale (o comovente) con la particella.

Peraltro, il significato di intervallo di tempo proprio (e dunque, anche di tempo proprio) `e vicino a quello intuitivo di tempo ”galileiano” solo per particelle strettamente timelike. Infatti, se considero una particella lightlike, ds2 = 0 e dunque dτ = 0. In questo senso, si dice che una particella lightlike

`e acronale.

L’interpretazione data qui sopra di intervallo di tempo proprio `e oper- ativa. Infatti, si `e detto che dτ = dt, dove t `e il tempo misurato da un osservatore inerziale istantaneamente comovente con la particella. In ogni altro sistama di riferimento,

2 = dt2

 1 − 1

c2 dxi

dt 2



= dt2(1 − (|v|

c )2) = dt2(1 − βv2), (1.22) dove |v| `e la (3)–velocit`a che l’osservatore in questione assegna alla particella.

Dunque

dτ = dt γv

. (1.23)

A questo punto possiamo dare la seguente

Definizione 1.4 Sia xµ(s) una curva C2 non spacelike nello spazio degli eventi M. Il vettore quadriveloci`a uµ di una particella `e dato da uµ= d xµ

dτ . Pi`u esplicitamente si ha:

uµ= (d ct dτ ,dxi

dτ ) = (γvc, γvvi), (vi = dxi

dt ). (1.24)

(12)

Osservazioni .

1. La quadrivelocit`a `e un 4-vettore. Infatti `e il (limite del) rapporto tra un vettore dxµ e lo scalare (di Lorentz) dτ .

2. Le componenti ”spaziali” (v1, v2, v3) della quadrivelocit`a uµ tendono, per c → ∞ – e dunque per una particella la cui velocit`a sia trascur- abile rispetto a quella della luce, alle usuali componenti del (tri)-vettore velocit`a della cinematica Newtoniana.

3. Se la particella `e lightlike, si pu`o utilizzare la parte significativa della seconda delle relazioni (1.24) per definire la sua quadrivelocit`a come un 4-vettore (ν0, νi) dove ν0 = c, |ν| = c.

4. La quadrivelocit`a di una particella ”ha solo 3 componenti libere” (come nel caso Galileiano). Consideriamo

ηµνuµuν = (u0)2− X3

i=1

(ui)2 = γ2c2− γ2|v|2 = γ2c2(1 − β2) = c2,

(1.25)

dato che γ = 1

p1 − β2. Quindi il prodotto pseudoeuclideo di uµcon se stesso `e (sempre nel caso di particelle strettamente timelike) pari alla velocit`a della luce al quadrato e dunque `e una costante. La conslusione, mutatis mutandis, vale anche per particelle lightlike (cio`e i ”fotoni”).

Infatti, per queste, ηµνuµuν = 0 identicamente.

Definiamo 4-accelerazione di una particella il 4-vettore aµ = d uµ

dτ = d2xµ

2 . (1.26)

Osserviamo che qui e prima, abbiamo sostanzialmente interpretato il tempo proprio τ come parametro opportuno per la descrizione del moto.

Proposizione 1.5 I quadrivettori velocit`a ed accelerazione di una particella timelike - sono ortogonali rispetto alla pseudometrica di Minkowski.

Dimostrazione. Dobbiamo mostrare che ηµ,νuµaν = 0. Abbiamo ηµ,νuµaν = ηµνuµd uµ

dτ = 1 2

d

dτ(ηµ,νuµuν) = 1 2

d

dτ(c2) = 0,

dove la seconda uguaglianza – che `e quella cruciale – segue dalla simmetria della forma ηµ,ν.

(13)

1.3 Composizione delle velocit` a

Affrontiamo prima il problema ristretto – ma sufficientemente significativo – della composizione di velocit`a dirette lungo lo stesso asse (che, per fissare le ideem supporremo essere l’asse x), nel quadro delle trasformazioni di Lorentz.

Ovvero considereremo tre osservatori O, O0, O00 tali che:

• la velocit`a di O0 rispetto a O sia v = (v, 0, 0);

• la velocit`a di O00 rispetto a O0 sia w = (w, 0, 0), e ci chiediamo qual `e la velocit`a che O assegna a O00.

Tradotto in termini di trasformazioni di Lorentz, il problema si formula (per poi risolverlo ....) nel seguente modo. La matrice (ci limitiamo a consid- erarre il problema come bidimensionale, nel ”piano” (t, x)) che connette due riferimenti inerziali in moto relativo con V = (V, 0, 0) (come sono i nostri tre sisteni di riferimento) `e data da

ΛV =

 cosh(θV) sinh(θV) sinh(θV) cosh(θV)

 , dove

tanh(θV) = V

c (1.27)

`e detta rapidit`a. Dalle assunzioni fatte, la trasformazione che lega O00 a O si ottiene componendo la trasformazione che lega O00a O0– rappresentata da Λw

– con quella che lega O0 a O, rappresentata da Λv. In termini ”gruppali”, la matrice che rappresenta la trasformazione tra O00 e O, dalla quale ricaveremo la legge di composizione delle velocit`a w ? v, `e dunque data dal prodotto delle matrici ΛW · Λv. Utilizzando le formule di addizione degli ”archi” iperbolici si ha

Λ(W ? V ) =

 cosh(θW + θV) sinh(θW + θV) sinh(θV + θV) cosh(θV + θV)

 , da cui, da (1.27)

tanh(θw?v) = w ∗ v

c = tanh(θv) + tanh(θw) 1 + tanh(θv) tanh(θw) =

v c +wc 1 + vcwc,

da cui si ha la legge di composizione delle velocit`a (nel caso semplice in questione) come

w ? v = w + v 1 + wvc2 .

(14)

2 Dinamica relativistica

Consideriamo una particella (timelike) (m0, xµ(s)) e la sua quadrivelocit`a uµ = (γc, γv). Definiamo 4-vettore energia–impulso (o anche ”energia–

quantit`a di moto”) il vettore

pµ = m0uµ= (m0γc, m0γv)

dove ricordiamo che m0 `e la massa a riposo della particella. Le componenti spaziali m0γv acquisiscono la forma pi`u familiare p = mv se si definisce la massa tout court - che per`o diventa una funzione di |v| come

m = m(|v|) = m0γv. (2.1)

pµ `e, per definizione, un 4-vettore. Dalla formula (1.25) otteniamo ηµ,νpµpν = pµpµ = m20c2.

In analogia con il caso Newtoniano, scriveremo le equazioni di moto come dpµ

dτ = Kµ. (2.2)

Data una linea di universo, queste equazioni definiscono il 4-vettore Kµ. Peraltro, nella dinamica si `e interessati al problema di ottenere le equazioni del moto per la particella, a partire da una espressione del lato destro di questa equazione, che si suppone di poter determinare a priori.

Noi non discuteremo qui in modo esaustivo le condizioni che deve sod- disfare Kµ; peraltro possiamo subito osservare che Kµ `e un quadrivettore che, in virt`u della sua definizioe e della Proposizione 1.5 deve soddisfare la relazione

ηµ,νKµuν = 0. (2.3)

Questa si evince dal fatto che ηµ,νKµuν = dpµ

dτ umu = m0

duµ

dτ uµ = 0.

Proposizione 2.1 Una particella libera (cio`e una per la quale Kµ = 0) si muove di moto rettilineo uniforme, ovvero, per un osservatore inerziale v = costante.

(15)

Dim. Dalla formula dt = γdτ otteniamo d

dτ = γ d dt. Scindiamo ora le equazioni (quadrivettoriali) dpµ

dτ = 0 nella componente tem- porale e in quelle spaziali - ricordando che pµ = (m0γc, m0γv) come





temp. : γd

dt(m0γc) = 0 ⇒ dγdt = 0 spaz. : γ d

dt(m0γv) ⇒ m0

dtv + γdv dt

= 0.

(2.4)

Dalla prima abbiamo che γ `e costante, e sostituendo nella seconda otteniamo la tesi.

Scriviamo le equazioni di Einstein-Newton in componenti, osservando che dt = γdτ ⇒ d

dτ = γ d dt La componente temporale d`a:

γ d

dt(m0γc) = K0 (2.5)

mentre le per le componenti spaziali si ha γ d

dt(m0γvi) = Ki, ovvero d

dt(m0γvi) = Ki γ Diremo le quantit`a fi = Ki

γ forze agenti. Dalla (2.3) si ha Kµuµ= K0u0−X

i

Kiui = 0, ⇒ K0γc = γfiγvi ⇒ cK0

γ =X

i

fivi = Π, (2.6) Ovvero, posso riscrivere la (2.5) come

du0 dt = Π

c,

(16)

dove Π `e la ordinaria potenza della forza, e individuare le componenti del quadrivettore potenza-forza come

(γv · f

c , γf ). (2.7)

Diremo che se la particella ha quadrivettore energia-impulso pµ non costante ripetto al tempo proprio τ , allora esiste un quadrivettore Kµ tale che

dpµ

dτ = Kµ,

ovvero che ”assorbe energia e momento”, cio`e d`a conto della interazione tra la particella e l’ambiente. Questo quadrivettore, pensato come funzione delle variabili spaziali, dovr`a avere una opportuna dipendenza dalle stesse per es- sere un quadrivettore. Per esempio, la forza di gravit`a non d`a origine ad unn quadrivettore. Peraltro, vedremo/giustificheremo che le forze elettro- magnetiche sono opportunamente descritte nel formalismo di Einstein (ci`o `e del tutto naturale).

Continuiamo ad esaminare le relazioni (2.2), in termini del quadrivettore energia-impulso. Si ha, da

dpµ dτ →



γdpdt0 = γcv · f γdpdti = γfi

e dunque 





d

dt(m0γc2) = v · f

d

dtpi = fi, cio`e dtd(m0γv) = dtd qm0

1−v2c2v = f

Chiamando massa della particella la quantit`a m = m0γ osserviamo che le equazioni per le componenti spaziali possono essere messe nella forma usuale di Newton,

dp dt = f .

L’equazione per la componente temporale `e forse pi`u interessante. Abbiamo

che d

dt(m0γc2) = Π.

(17)

Nella meccanica Newtoniana si ha che la potenza di una forza `e la derivata temporale dell’energia cinetica di una particella. Nella meccanica relativis- tica, vediamo che la ”potenza” `e la derivata temporale dell’energia E = m0γc21. In generale chiamiamo energia della particella la quantit`a

E = p0c = m0c2+ T ,

dove con T abbiamo indicato la energia cinetica relativistica, T = E − lim

v→0E = m20c2(γ − 1).

Osserviamo che nel limite |v|/c << 1, γ − 1 `e 12|v|2/c2, e dunque T diventa la ordinaria energia cinetica. Dalla definizione di quadrivettore energia impulso, pµ= m0uµ otteniamo la relazione fondamentale

pµpµ= m20c2( costante ). (2.8)

”Particella” lightlike Per una particella lightlike dτ = 0. Quindi non possiamo usare il tempo proprio per parametrizzare il moto. Rispetto ad un paramentro (monotono) λ che parametrizza il moto si ha uµ = xµ

dλ con (la particella `e lightlike),

uµuµ= 0.

Dunque, rispetto ad un osservatore inerziale, uµ= (dx0

dλ,dxi

dλ) = dx0

dλ (1, dλ dx0

dxi

dλ) = cdt dλ(1,1

cvi).

Dunque l’equazione uµuµ= 0 d`a

c2

dt dλ

2

(1 − |v|2 c2 ) = 0

e dunque la particella viaggia alla velocit`a della luce c. Sempre dalla stessa equazione, si osserva che la massa a riposo di una particella lightlike (fotone)

`e nulla.

1Da cui la formula ”popolare” E = mc2....

(18)

3 Forze di natura elettromagnetica

Prima di discutere (alcuni aspetti de) la forza di Lorentz ed il campo elet- tromagnetico nel quadro della relativit`a speciale, conviene riconsiderare ed ampliare le nostre nozioni sulla geometria delle spazio di Minkowski.

Ricordiamo che la grandezza principale `e la metrica pseudoeuclidea

η =



 1

−1

−1

−1



 , (3.1)

e la equazione che caratterizza le trasformazioni di Lorentz Λ la equazione ΛT ηΛ = η ⇔ ΛµσΛνρηµν = ηρσ.

Possiamo identificare un quadrivettore (rispetto alle trasformazioni di Lorentz) come una quaterna Aµ che trasforma (appunto sotto trasformazioni caratterizzate da Λµν come

A= ΛµνAν (3.2)

dove abbiamo usato la convenzione di Einstein di somma rispetto all’indice ripetuto. Si dice anche che, se Aµ trasforma come un quadrivettore con- trovariante. Il motivo di questa denominazione risiede nelle seguenti consid- erazioni.

Vediamo che le componenti di un vettore controvariante trasformano come quelle del vettore ”intervallo spazio-temporale tra due eventi”.

Un elemento dello spazio duale αµ si pu`o identificare con la quaterna delle sue componenti. Questa quaterna trasformer`a, sotto una trasformazione di Lorentz, secondo (come deve, dall’algebra lineare) con la inversa della trasposta della trasformazione delle coordinate di un vettore. Si pu`o scrivere questa osservazione come

αµ = αν0Λνµ, (3.3)

dove si osservi cha il trasformato α0 `e a nel membro a destra (cosicch`e, per avere α0µ in funzione di αν si deve invertire la matrice Λ), e la somma `e sull;indice di riga di Λ.

In questo modo si ha che, scrivendo la valutazione di un elemento del duale su un vettore come

hα, Ai = αµAµ,

(19)

la quantit`a `e invariante per trasformazioni di Lorentz (si dice, `e uno scalare di Lorentz).

Osserviamo anche che, a livello matriciale, si ha, da (3.1) ΛTηΛ = η ⇒ ηΛTη = 1,

dato che η2 = 1 ⇔ η−1 = η. Dunque,

Λ−1 = ηΛTη ⇒ (Λ−1)T = (ΛT)−1 = ηΛη. (3.4) Questo `e in perfetta analogia con il gruppo delle rotazioni. L’unica differenza

`e che nella inversione/trasposizione degli elementi del gruppo di Lorentz, vengono cambiati alcuni segni. Pi`u in dettaglio, decomponendo Λ ∈ L come

Λ =





Λ00 a

bT A





 (3.5)

si ha che la matrice, e.g. ηΛη, si decompone come

ηΛη = (ΛT)−1 =





Λ00 −a

−bT A





. (3.6)

Ora osserviamo che la definizione del prodotto pseudoscalare η(A, B) = ηµνAµBν

permette di identificare vettori nello spazio di Minkowski con covettori (ele- menti del duale), dato che la matrice η `e non degenere. Questa identificazione

`e data, esplicitamente, dall’associare al 4-vettore A il covettore α(A) = η · A;

in componenti si ha

αµ(A) = ηµ,νAµ⇒ (α0, αi) = (A0, −Ai).

In questo caso si dice che le αµ = (A0, −Ai) sono le componenti covarianti del 4-vettore A, ed anche che abbiamo, tramite l’equazione qui sopra abbassato

(20)

l’indiceµtramite la metrica η, od anche trasformato l’indice di controvarianza in indice di covarianza moltiplicando per η.

Osserviamo che questa operazione `e consistente con le trasformazioni di Lorentz. Infatti le operazioni di ”abbassamento” dell’indice e le trasfor- mazioni di Lorentz commutano. Ovvero otteniamo lo stesso ”risultato” se prima abbassiamo l’indice e poi operiamo una trasformazione di Lorentz, oppure se prima trasformiamo secondo Lorentz e poi abbassiamo l’indice.

Infatti

α0 = (ΛT)−1α = (da(3.4)) = ηΛηα = (α = ηA) = ηΛη2A) = ηΛA = η A0. (3.7) Sempre grazie alla non-degenerazione del prodotto pseudo-scalare, possiamo, dato un 4-vettore covariante α, alzare il suo indice - e considerarne le cue componenti controvarianti. Ovviamente per fare ci`o si deve utilizzare la matrice inversa delle η, che `e, come elementi, uguale ad η, ma deve essere considerata come una matrice con entrambi gli indici in alto:

η−1 ≡ ηµ,ν, ηµρηρν = δνµ.

Dato un 4-vettore covariante αµ, la sua forma controvariane `e dunque data da

Aµ = ηµναν = (α0, −αi).

Supponiamo ora di avere due vettori (e.g., controvarianti) Aµe Bν. Sappiamo che il prodotto pseudoscalare ηµνAµBν = AνBν `e uno ”scalare” di Lorentz.

Peraltro, da A e B possiamo formare la ”matrice” 4 × 4 G di componenti Gµν = AµBν

Data una trasformazione di Lorentz, si avr`a Aµ → A= ΛµσAσ, Bν → B = ΛνρBρ, e dunque

Gµ,ν → G0µ,ν = A0µB = ΛµσΛνρAσBρ = ΛµσΛνρGρσ, (3.8) o, in termini matriciali, G → G0 = ΛGΛT, come `e facile vedere.

Definizione 3.1 Chiameremo un oggetto a due indici Gµ,ν che trasformi come (3.8) un tensore di rango 2 completamente controvariante. Dato un tensore siffatto, Gµν, si possono considerare anche la sua forma completa- mente covariante, ottenuta abbassando entrambi gli indici come

Gµ,ν = ηµσηνρGσρ,

(21)

ed anche le sue forme miste

Gµν = Gµρηρν, Gµν = ηµρGρν.

Osservazione. Si pu`o parlare di simmetria o antisimmetria solo per le forme completamente covarianti o completamente controvarianti dei tensori.

Per finire, osserviamo la seguente propriet`a. Supponiamo di avere un campo scalare Φ(x), e di considerare il suo gradiente

grad(Φ) = (∂Φ

∂x0, ∂Φ

∂x1, ∂Φ

∂x2, ∂Φ

∂x3), denotato con ∂µΦ.

Operando una trasformazione di Lorentz xµ→ x = Λµνxν abbiamo

∂Φ

∂xµ = ∂Φ

∂x

∂x

∂xµ = ∂Φ

∂xΛνµ.

Osserviamo dunque che il gradiente di uno scalare trasforma come un 4- vettore covariante. Dunque ∂µΦ = ηµννΦ, che, in componenti `e

µΦ = (∂Φ

∂x0, −∂Φ

∂x1, −∂Φ

∂x2, −∂Φ

∂x3)

`e un 4-vettore controvariante. Analogamente, dato un 4 vettore (controvari- ante) Aν, la tabella

Fµν = ∂µAν

trasformer`a come un tensore di rango 2 completamente controvariante.

In pi`, possiamo osservare che l’operatore di D’Alembert o delle onde di velocit`a v = c (in 1 + 3 dimensioni),

 := 1 c2

2

∂t2 − X3

i=1

si pu`o scrivere come (ricordando che x0 = ct)

 = ∂µµ = ηνµµν, ed `e uno scalare di Lorentz, cio`e

0µ = ∂µµ,

(22)

dove x sono le coordinate di un altro osservatore inerziale. Ricordando che le soluzioni fondamentali di (f ) = 0 sono del tipo

f (t, x, y, z) = φ(x · n − ct) + φ+(x · n − ct),

dove n `e un versore, e descrivono onde che propagano con velocit`a c nella direzione individuata da n, possiamo concludere che onde che propagano con velocit`a c rispetto ad un osservatore sono viste propagare con la stessa velocit`a c da ogni altro osservatore.

3.1 Il quadrivettore della forza elettromagnetica

Sappiamo dalla sezione 2 che le equazioni di Newton-Einstein per una parti- cella si scrivono come

dpµ

dτ = Kµ, Kµ= (γ

cv · f , γf ). (3.9) Consideriamo il caso di una particella di massa a riposo m0 > 0 e carica e.

Dagli esperimenti, sappiamo che posta in un campo elettrico E e magnetico B essa `e soggetta alla forza di Lorentz, che, nel sistema c.g.s., `e data da

f = e(E + 1

c(v × B)) = e

c(Ec + (v × B)). (3.10) Dunque, secondo la regola della parte a destra di (3.9) il quadrivettore asso- ciato alla forza di Lorentz `e dato da

Kµ= e

c(γE · v, γcE + γv × B)). (3.11) Ricordando la espressione (1.24) della quadrivelocit`a uµ= (γc, γv) = (u0, u), possiamo riscrivere (3.11) come

Kµ= e

c(E · u, Eu0u × B)). (3.12) Per vedere (o giustificare) che il lato destro di questa equazione definisce un quadrivettore di Lorentz, `e necessario riconsiderare (e reinterpretare) le equaioni di Maxwell.

(23)

Ricordiamo che le equazioni di Maxwell per E e B (cio`e, nel vuoto) in opportune unit`a di misura (unit`a di Gauss) si scrivono nel seguente modo:

∇ · B = 0 (Il campo magnetico non ha sorgenti) (3.13)

∇ × E +1 c

∂ B

∂ t = 0 (Legge di Faraday) (3.14)

∇ · E = 4πρ (Legge di Coulomb) (3.15)

∇ × B − 1 c

∂ E

∂ t = 4π

c j (Legge di Amp`ere–Maxwell). (3.16) I campi (rispettivamente, scalare e vettoriale) ρ e j che compaiono al membro di destra delle ultime due equazioni sono la densit`a di carica ρ e l’intensit`a di corrente j; esse sono legate dalla equazione di conservazione della carica

∂ ρ

∂ t + ∇ · j = 0. (3.17)

Osserviamo subito come l’equazione di conservazione della carica ammetta una naturale interpretazione relativistica. Se consideriamo il quadrivettore Jµ= (cρ, j), la (3.17) si scrive come

∂J0

x0 +X

i

∂Jk

∂xk = ∂µJµ = 0

Consideriamo ora le equazioni (3.13,3.14), ovvero le equazioni omogenee.

Supponendo che si stia lavorando in un ap[eryo contraibile di R4 si ha

B = ∇ × A. (3.18)

Sostituendo questo risultato nella (3.14) otteniamo

∇ × E + 1 c

∂ t∇ × A = 0 ⇔ ∇ × (E + 1 c

∂ A

∂ t ) = 0. (3.19) Sempre supponendo che i campi siano definiti in un aperto contraibile, pos- siamo dunque porre

−E − 1 c

∂ A

∂ t = ∇Φ. (3.20)

Il campo scalare Φ ed il campo vettoriale A si chiamano, rispettivamente, potenziale scalare e potenziale vettore del campo elettromagnetico (E, B). I

(24)

potenziali scalare e vettore, non sono univocamente definiti dai campi ”fisici”

(cio`e misurabili) (E, B). Infatti, posto (Φ0, A0) = (Φ +1

c

∂ λ

∂ t, A − ∇λ), (3.21)

per una arbitraria funzione λ = λ(r, t) (regolare) sullo spazio-tempo, vediamo che le equazioni (3.18,3.20) sono soddisfatte da (Φ, A) se e solo se lo sono da (Φ0, A0).

L’invarianza espressa da (3.21) si chiama invarianza di gauge. Usando l’invarianza di gauge per trovare potenziali (Φ, A) che soddisfino la consizione supplettiva (detta gauge di Lorentz)

1 c

∂Φ

∂t + ∇ · A = 0. (3.22)

Con queste condizioni, le equazioni disomogenee di Maxwell assumono, per i potenziali, una forma particolarmente semplice. Consideriamo la legge di Gauss ∇ · E = 4πρ; sostituendo (3.20) si ha

−1

c∇(∂ A

∂ t ) − ∆Φ = 1 c2

2

∂t2Φ − ∆Φ = 4πρ, (3.23) dove abbiamo utilizzato (3.22) nella forma

∇ · A = −1 c

∂Φ

∂t.

Utilizzando invece l’identit`a operatoriale rot·rot A =(grad div-laplaciano)(A), si ottiene, nella legge di Amp`ere-Maxwell,

−∆A + grad(div(A)) +1 c

∂ t(gradΦ) + 1 c2

2A

∂t2 = 4πj c che si riduce, utilizzando (3.22) a

1 c2

2A

∂t2 − ∆A = 4πj

c . (3.24)

Ricordando l’aespressione dell;operator di D’Alembert delle onde lineari che si propagano con velocit`a c, osserviamo che possimao scrivere le equazioni di Maxwell nel gauge di Lorentz come:

 Φ = 4πρ

A = 4πjc . (3.25)

(25)

Notiamo che se conglobiamo i potenziali scalare e vettore nel quadrivettore Aµ= (Φ, A)

l’equazione di invarianza di gauge (3.21) assume la forma covariante A= Aµ+ ∂µλ,

e il gauge di Lorentz (3.22) si scrive come l’equazione scalare

µAµ = 0.

Inoltre l’operatore D’Alembertiano con c=velocit`a della luce nel vuoto si scrive come (ricordando che x0 = ct),

 = ∂µµ,

cosicch`e le equazioni (3.23) e (3.24) si conglobano in

Aµ = 4π

c Jµ. (3.26)

Osserviamo infine che, utilizzando opportunamente le formule per l’innalzamento e l’abbassamento degli indici abbiamo:

Ex = −1 c

∂ Ax

∂ t − ∂ Φ

∂ x = −∂ A1

∂ x0 − ∂ A0

∂ x1 = −(∂0A1− ∂1A0),

dato che ∂1 = −∂x ed analogamente Ey = −(∂0A2− ∂2A0), Ez = −(∂0A3

3A0). Inoltre, Bz = ∂ Ay

∂ x − ∂ Ax

∂ y = (∂ A2

∂ x1 − ∂ A1

∂ x2 = −(∂1A2− ∂2A1)

e le analoghe per By, Bz. Dunque possiamo affermare che E e B contribuis- cono a formare un tensore (antisimmetrico) di rango 2 la cui forma comple- tamente controvariante `e

Fµν = ∂µAν− ∂νAµ=



0 −Ex −Ey −Ez

Ex 0 −Bz By

Ey Bz 0 −Bx

Ez −By Bx 0



 (3.27)

(26)

Questo tensore si chiama tensore del campo elettromagnetico. `E utile ribadire che Fµν non dipende dalla scelta del gauge. Infatti, dalla relazione definitoria (la prima) in (3.27) si vede che Fµν `e, per la sua antisimmetria, invariante per trasformazioni di gauge Aµ→ Aµ+ ∂µλ.

Per finire, osserviamo come alle equazioni del moto di una particella car- ica in un campo elettromagnetico si possa dare una forma manifestamente covariante. Dalle (3.9) e (3.12) si ha che queste sono date da

dpµ

dτ = Kµ , Kµ= e

c(E · u, Eu0+ u × B)). (3.28) Ora, considerando la espressione esplicita di Fµν in termini di E e B, e ricordando che uµ= (u0, −ui) si vede che le (3.28) si possono scrivere come

dpµ dτ = e

cFµνuν. (3.29)

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