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LA VERA "QUESTIONE TUCIDIDEA": LA

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Academic year: 2021

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LA VERA "QUESTIONE TUCIDIDEA": LA SCHULDFRAGE

Chi è Tucidide? Il bravo generale punito da Ateniesi esasperati e folli? Oppure un uomo che mente e sapientemente occulta le proprie responsabilità? In “Tucidide. La menzogna, la colpa, l'esilio” Luciano Canfora attacca la leggenda tucididea per ricostruire la vera figura e la vera sorte che toccò al padre della storiografia, così come oggi la conosciamo. Qui di seguito un breve estratto dal libro.

«Ci sono due «questioni tucididee». La prima, ancora oggi molto frequentata dagli studiosi, fu impostata sin dal 1846 da Franz Wolfgang Ullrich, ma a ben vedere, era già presente ai critici antichi (a Dionigi, Su Tucidide, alle fonti di Marcellino, Vita, 47). Riguarda la individuazione del- le fasi compositive degli otto libri nei quali è racchiuso il racconto tucidideo della lunghissima guerra.

Problema affascinante ma non passibile di risoluzioni davvero conclusive, beninteso «senza mi- sconoscere l’utilità – scrisse, nei tardi anni Sessanta, Giovanni Pugliese Carratelli – di tante ri- cerche» e della «cospicua serie di divergenti saggi sulle fasi e i gradi della redazione e sui tem- pi della pubblicazione». Che peraltro sia da ipotizzare una prima stesura in abbozzi e poi una riscrittura che comportava aggiunte e aggiornamenti (ciò che, tutto sommato, pensavano già le fonti di Marcellino), e che il manoscritto d’autore dovesse perciò di necessità avere forma di

«schede» – tali da poter recepire inserzioni, sostituzioni, spostamenti etc. – è più che ovvio.

Ma è proprio un tale (necessario) modo di lavorare che di per sé offusca i cosiddetti «indizi in- terni». Invece il tipo di analisi della ‘composizione’ dell’opera tucididea che può dare frutti è quello mirante a riconoscere, nei limiti del possibile, i diversi gradi di elaborazione («l’anno- tare» e l’«abbellire» diceva ingenuamente Marcellino). E anche su questo piano, ammonisce Pugliese, non può escludersi che un autore consideri «insignificanti» alcune incongruenze, «co- me [accade] in tante opere che i loro autori [anche moderni] hanno licenziato come compiu- te».

Comunque è indiscutibile che i libri sulla guerra tra Atene e Siracusa rivelino una compiutezza che sentiamo fortemente carente ad esempio nella gran parte del quinto libro. Fallace può in- vece rivelarsi lo scavo mirante a individuare le parti scritte prima e quelle scritte dopo assu- mendo, per esempio, come indicatore i «riferimenti al 404». In tal caso l’errore è di datare ‘in blocco’ un’intera ‘parte’ o un libro in base all’acclarata datazione di una singola pagina. Ciò che non andrebbe mai perso di vista è che gli ‘strati’ compositivi attraversano o possono attraver- sare tutte le ‘parti’.

Esiste però anche un’altra – più scomoda e secondo taluni obsoleta – «questione tucididea».

Ed è quella che, con terminologia divenuta poi usuale nel secolo XX per eventi di portata mon- diale, è stata chiamata la Schuldfragetucididea. Se considerata col necessario tasso di buon senso, essa, a sua volta, riapre la questione ‘esilio’. Come si giustificava quella pesantissima condanna in rapporto alla condotta di Tucidide come stratego?

O Tucidide, nel raccontare ciò che fece in Tracia come stratego, nasconde le sue vere respon- sabilità? La sua condotta fu dunque davvero unschuldig («incolpevole») come risulterebbe dal suo racconto? E in tal caso dovremmo ripiegare sulla stereotipa soluzione «Cleone cattivissimo e assemblea popolare assatanata contro un innocente»? (Una risposta la cui larga diffusione si spiega con la clichettistica visione della realtà ateniese di quegli anni, nonostante l’isolato, ma sensato ammonimento di Eduard Schwartz: «Atene era uno Stato di diritto»).

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O invece colpa (Schuld) ci fu, e la reazione cleoniano-popolare assurge a reazione comprensi- bile, anzi al fondo encomiabile, per lo meno agli occhi dei «classicisti democratici»? Chi si è ac- canito a cercare di disvelare e stabilire la «colpa» di Tucidide stratego, lo ha fatto perché, in sostanza, riteneva inverosimile che egli fosse stato condannato a fronte dei comportamenti suoi descritti in IV, 104-107. (E perciò era portato a concludere che Tucidide non fosse stato veritiero).

Chi, invece, difende l’‘onore’ di Tucidide come storico veritiero, ha ripiegato sulla soluzione ap- parentemente più ‘comoda’: che cioè la condanna fosse dovuta alla congiunta sfrenatezza an- tiplutocratica di Cleone (promosso a «padrone della situazione») e alla leggerezza quasi irre- sponsabile del «popolo di Atene». È quasi superfluo soggiungere che affrontare questa seconda – e non irrilevante – «questione tucididea» investe anche problemi relativi alla prima «questio- ne»: giacché i tempi e i modi della composizione (e, prima ancora, della raccolta dei dati, delle testimonianze e dei documenti) sono in stretto rapporto con la condizione materiale e ambien- tale in cui il lavoro si esplicò. E ognun vede che la soluzione, in senso o in un altro, della

«Schuldfrage» comporta anche qualche conseguenza per quanto attiene alla affidabilità stessa del racconto tucidideo, in generale.»

Luciano Canfora, Tucidide

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