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5 Elaborazione elettronica nel calcolo delle strutture in c.a.

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Academic year: 2021

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tware di calcolo strutturale ha la possibilità di modellare e calcolare una struttura a telaio in calcestruzzo armato. Si farà riferimento alla struttura descritta nella figura 5.1. Per questa struttura si prenderanno in esame gli aspetti legati alla modellazione, all’impostazione del- le analisi e all’analisi dei risultati secondo i requisiti dell’Eurocodice 8 (5).

Per la realizzazione del modello a elementi finiti e per l’esecuzione dell’analisi è stato utilizzato il software ModeSt (3), sviluppato dalla società Tecnisoft s.a.s. che fa uso del solutore ad elementi finiti Xfinest (4), sviluppato dalla Ce.A.S. s.r.l.di Milano. Il modello analizzato è riportato nel progetto denominato “Telaio” che potrà essere visionato dopo avere installato la versione Free del software ModeSt (3), contenuta nel CD-ROM allegato a questo testo, e quindi presenta un numero di nodi inferiori a 100. Il modello è contenuto all’interno del progetto “Telaio” .

Nella guida in linea del software ModeSt (3) e nel tutorial disponibile una volta instal- lata la versione Free viene descritto come aprire un progetto esistente e come rendere atti- va una struttura. La struttura descritta in questo capitolo può essere modificata a piacimen- to rimanendo nei limiti della versione di prova. Oltre a quanto descritto in questi paragrafi la versione Free dispone anche di alcuni moduli per la progettazione e verifica degli ele- menti strutturali secondo il D.M. 1996 e secondo l’Ordinanza n° 3431. L’utente potrà per- tanto ricalcolare la struttura secondo queste normative arrivando fino alla generazione de- gli esecutivi per le travi e i pilastri.

5.1 Le tre fasi della progettazione strutturale

La progettazione di una struttura in calcestruzzo armato è un attività molto complessa che si articola attraverso diverse fasi. Il progettista ha di solito a disposizione una serie di dati progettuali quali carichi, vincoli, dati del terreno, a cui si aggiungono le indicazioni di ca- rattere architettonico che impongono determinate scelte a livello di strutturale (si pensi alle travi in spessore). Unendo tutte queste informazioni si dovrà individuare un adeguato mo- dello di calcolo che meglio riassuma il comportamento reale dell’edificio.

I calcoli forniranno una serie di risultati numerici che consentiranno di attivare la fase di analisi e di verifica fino ad arrivare alla progettazione delle armature nei singoli elemen- ti strutturali (travi, pilastri, setti ecc). In generale possiamo suddividere la progettazione strutturale assistita con l’uso di un software in tre fasi distinte:

– pre-processing,

– soluzione del sistema matriciale, – post-processing.

La prima fase è quella nella quale il progettista ipotizza lo schema strutturale e lo tra- duce in un modello congruente agli elementi finiti, completo di vincoli e di carichi. Questa è una fase cruciale perché nella generazione del modello saranno prese decisioni che si ri-

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Figura 5.1 Esempio di un modello di una struttura in c.a.

5.2 Il modello geometrico

Se pensiamo alla realizzazione di una tipica struttura a telaio in calcestruzzo armato e sup- ponendo di lavorare con un software agli elementi finiti partiremo inserendo una serie di elementi monodimensionali che consentono di modellare la presenza delle travi e dei pila- stri.

Nella definizione di questo modello dovremo in generale rispettare due esigenze: da un lato la necessità di individuare lo schema statico della struttura, dall’altro di adeguare il modello di calcolo ad uno schema architettonico. Questa seconda esigenza, che si aggiunge a quella ben nota di modellazione, è un aspetto ormai presente in numerosi software di progettazione strutturale diffusi nel settore dell’ingegneria civile. In questi software oltre all’obiettivo di produrre risultati si vuole anche fornire in modo automatico esecutivi grafi- ci relativi agli elementi strutturali in calcestruzzo armato. Tali esecutivi vanno considerati come “basi grafiche” da completare tramite software di disegno CAD.

Se un software di calcolo ha l’obiettivo di risolvere anche questo aspetto in pratica deve avere una doppia “anima”: da un lato consentire di creare il modello ad elementi finiti, dall’altra deve consentire il posizionamento degli elementi finiti nella loro reale posizione di costruzione, vale a dire deve poter gestire il cosiddetto “filo fisso”.

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strutturale monodimensionale il software crea delle “zone rigide” solo nella direzione dell’asse degli elementi stessi. Vedere figura 5.2, tratta da (1).

Figura 5.2 Approccio con modellazione di tipo a.

Figura 5.3 Approccio con modellazione di tipo b.

b) Creazione di un modello in cui gli elementi vengono definiti senza riferimenti a fili architettonici ma in posizione baricentrica. I nodi delle travi, posizionati in corrispondenza del baricentro, saranno a quota diversa da quella di estradosso solai; la quota dei nodi dei pilastri è pari alla quota del piano medio delle travi. Per ogni elemento strutturale monodi- mensionale il software crea delle “zone rigide” solo nella direzione dell’asse degli elementi stessi. Non vi sono offset nel piano della sezione delle aste. Vedere figura 5.3, tratta da (1).

c) Creazione di un modello in cui gli estremi superiori dei pilastri e dei muri verticali coincidono con le quote di estradosso solaio. In corrispondenza degli impalcati l’estra- dosso ed i nodi delle travi sono posti alla stessa quota dell’estradosso solai. In questo caso

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Figura 5.4 Approccio con modellazione di tipo c.

Ognuno degli approcci descritti può essere in teoria utilizzato senza grossi problemi in termini di modellazione. Rimane però il problema di comprendere l’effetto delle varie op- zioni sul comportamento della struttura.

In generale possiamo affermare che l’ultimo tipo di modellazione è da sconsigliare so- prattutto se usato in combinazione con una opzione di piano rigido che agisce in corri- spondenza dei nodi strutturali di ogni impalcato. In questo caso infatti si può verificare (1) come nascano delle discontinuità “artificiali” nel diagramma delle azioni interne flettenti sulle travi (considerati sul tratto deformabile delle travi) che si sommano a quelli corretti e attesi, legati alla presenza di azioni concentrate o di azioni esercitate da elementi strutturali secondari.

L’opzione (b) è interessante perché permette di impostare la struttura inserendo tutti gli elementi in modo baricentrico (come tipicamente avviene in presenza di software di calco- lo general purpouse). Tuttavia questa modellazione porta alla perdita delle informazioni relative al filo fisso degli elementi e quindi impedisce la produzione automatica degli ela- borati grafici.

L’opzione (a) può essere considerata un buon compromesso tra i gli approcci (b) e (c).

Da un lato si lavora sui fili fissi nella fase di introduzione, dall’altra si tiene conto nella ge- nerazione degli oggetti della presenza di zone rigide in corrispondenza dei nodi strutturali.

La figura 5.5 mostra una parte di una struttura che è sta modellata facendo uso dell’ap- proccio tipo (c). Tramite l’attivazione della vista tridimensionale si può notare come la tra- ve individuata dai nodi 4011 e 4012 è posizionata con i nodi all’estradosso del solaio men- tre il pilastro 3011-4011 è posizionato con i nodi all’esterno dell’ingombro del pilastro.

Infine un altro possibile approccio fa uso di rigid link. Nella figura 5.6 è riportato a ti- tolo di esempio il particolare di un nodo nel quale sono evidenziati il modello con riferi- mento alle linee d’assi, (delimitato dai nodi indicati tramite dei cerchi) e il possibile model- lo di calcolo riportato ai baricentri delle aste.

I rigid link sono elementi finiti particolari in quanto consentono di collegare nodi non coincidenti tra loro con l’obiettivo di trasmettere un certo numero di azioni interne. Nel nostro caso potrebbero essere utili per risolvere i nodi trave-pilastro. Il comportamento del nodo è discusso in più dettaglio nel capitolo 2.

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Figura 5.5 Modellazione con tentativo di rispettare la collocazione geometrica degli assi delle travi e dei pilastri.

Figura 5.6 Particolare del posizionamento di travi e pilastri.

Consideriamo ora l’andamento del momento flettente nel pilastro (fig. 5.7).

Avvicinandosi al nodo dall’alto, il momento flettente cresce e la sezione nella quale è ragionevole collocare il massimo è la sezione di estradosso della trave. Analogamente, il momento flettente nella trave cresce avvicinandosi al nodo. La sezione alla quale raggiun- ge il massimo coincide con il filo del pilastro. Il nodo è soggetto ad un complesso stato di sforzo. In questa sede è sufficiente riconoscere che un buona rappresentazione del nodo, agli effetti del comportamento del telaio, è quella di corpo rigido delimitato dai fili della colonna e da estradosso ed intradosso delle travi.

È chiaro che l’utilizzo di questo tipo di elementi è sostanzialmente diverso rispetto a quello di fare uso di aste con offset, in quanto certamente dal punto di vista del comporta- mento dinamico complessivo dell’edificio comporta una maggior rigidezza, con periodi propri conseguentemente ridotti. Dal punto di vista delle azioni interne, consente di leggere le azioni su travi e pilastri al filo esterno del nodo, anziché all’intersezione degli assi.

Questo approccio consente un ulteriore affinamento della modellazione, in quanto in condizioni sismiche si ricorre spesso a travi alte e a pilastri di sezione considerevole.

Nel CD-ROM il lettore potrà ritrovare il modello realizzato facendo uso dell’approccio (a). Eventualmente per esercizio potrà provare ad eseguire gli altri tipi di modellazione.

Nel caso dei rigid link non disponendo, nel caso di ModeSt (3), di questi elementi specifici si potrà fare uso di elementi beam fittizi svincolati in modo opportuno nei due estremi a seconda di quali tipi di azioni vogliamo trasmettere.

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Figura 5.7 Distribuzione dei momenti flettenti e dei tagli, nel rigid link.

5.3 La gestione dei carichi elementari

Una volta definito il modello di calcolo la fase successiva da affrontare è quella legata all’inserimento dei carichi. La definizione dei carichi consiste in generale in una prima de- finizione dei carichi elementari (peso, permanenti, accidentali, ecc.), seguita dalla genera- zione, in funzione della normativa utilizzata, delle combinazioni di carico.

La definizione dei carichi elementari è una procedura ormai piuttosto semplice e conso- lidata. Tipicamente si parte dall’archiviazione del peso proprio che viene calcolato automa- ticamente a partire dai dati degli elementi finiti inseriti in precedenza. Nella fase di archi- viazione di questo carico troviamo due aspetti che dovremo risolvere per ogni caso ele- mentare:

– Le definizione dei coefficienti moltiplicativi da usare nelle combinazioni agli stati limite – La gestione del carico in termini di sicurezza e variabilità

Come previsto dal metodo degli stati limite a ogni carico deve essere associata una “ti- pologia”. In questo modo sarà possibile caratterizzare il carico stesso con due diversi coef- ficienti (γ) da utilizzare uno nel caso in cui il carico aumenti la sicurezza della struttura ed uno nel caso in cui la diminuisca. Purtroppo nella realtà di una struttura molto complessa non è facile determinare a priori se certi carichi aumentino o no la sicurezza della struttura e quindi ModeSt (3) consente di operare in entrambe le ipotesi. Si pensi ai carichi acciden- tali in un capannone in cui i pilastri si comportano come mensole: associati alle azioni si- smiche potrebbero essere a favore di sicurezza in quanto diminuiscono l’eccentricità dello sforzo normale, mentre senza le azioni sismiche gli stessi carichi aumentano semplicemen- te la compressione nel pilastro e quindi sono a sfavore di sicurezza. Resta inevitabilmente compito dell’utente operare le necessarie distinzioni per limitare il numero di casi da esa- minare da parte di ModeSt (3). Ogni condizione di carico può quindi essere classificata come a favore di sicurezza, a sfavore di sicurezza o ambigua. In quest’ultimo caso vengo- no generati entrambi i casi di sollecitazione (se i due coefficienti γ sono diversi), creando però un notevole numero di combinazioni da esaminare. I carichi di tipo variabile possono inoltre essere considerati come di base o come carichi indipendenti. Anche in questo caso ModeSt consente di operare la corretta classificazione dei carichi, introducendo anche la tipologia ambigua che comporta la creazione di entrambe le combinazioni.

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Figura 5.8 Archiviazione del peso proprio.

Nella figura 5.8 sono riportati, a titolo di esempio, i coefficienti usati per la gestione del peso proprio strutturale. Si nota come i coefficienti siano quelli previsti dagli Eurocodici 1 ed 8. Nel nostro esempio il peso proprio per noi è sempre a sfavore e quindi verrà sempre considerato con il coefficiente massimo.

Come evidenziato nella figura 5.9 nella scheda di archiviazione del peso sceglieremo la tipologia di carico elementare denominata “permanente EC1”.

Altro carico tipico è quello relativo ai solai. Questi carichi sono tipicamente associati ad aree di carico. Per semplificare il lavoro dell’utente i software mettono a disposizione strumenti automatici per la generazione rapida di queste aree di carico e per la determina- zione dei carichi sulle travi di coronamento di questa aree. L’utente deve procedere defi- nendo i valori dei carichi permanenti ed accidentali, le aree di carico e la direzione di sca- rico (di solito si ipotizza una ripartizione a trave, come da figura 5.10 per esempio); il sof- tware provvede a calcolare i carichi sulle aste che costituiscono il perimetro dei solai.

Nella fase di archiviazione del carico dei solai potremo generare due diversi set di cari- co, uno per quelli permanenti e l’altro per quelli accidentali. Nel caso dei carichi accidenta- li, dovendo rispettare le indicazioni dell’Eurocodice, potremo fare uso del coefficiente Φ per eventualmente scontare il contributo dei carichi variabili. Nella figura 5.11 si nota co- me è stato considerato un coefficiente pari a 0,33.

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Figura 5.9 Coefficienti moltiplicativi per peso proprio.

Altro interessante parametro riguarda la modalità di ripartizione dei carichi. Siccome abbiamo considerato dei carichi di area, e quindi non abbiamo inserito alcun elemento finito per la simulazione dei solai potremo comunque fare in modo di distinguere tra le aste esterne e le aste interne per tenere conto che queste ultime nella realtà assorbono un maggiore carico rispetto a quelle terminali a causa dell’effetto iperstatico. Questa è una tipica approssimazione gestita dai software di calcolo. È responsabilità dell’utente che potrà decidere se tenerne conto oppure no. Globalmente la somma dei carichi non viene modificata.

Definiti i carichi da solaio gli altri carichi seguono le stesse considerazioni viste in pre- cedenza e si rimanda alla documentazione del software per i maggiori dettagli. Alla fine le condizioni di carico elementari possono essere visualizzate come nella figura 5.12.

Esaminando la figura 5.12 si nota come tutti i carichi sono definiti come “a sfavore di sicurezza” e con variabilità “ambigua”. Nella figura 5.13 si può osservare lo schema rias- suntivo dei coefficienti che il software utilizzerà per generare le combinazioni di carico agli stati limite.

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Figura 5.10 Schemi di carico dei solai per piano tipo di edificio.

Figura 5.11 Coefficienti per la definizione dei solai di piano.

Figura 5.12 Riassunto dei casi di carico elementari coi relativi coefficienti.

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Figura 5.13 Coefficienti per le combinazioni di carico agli stati limite.

5.4 La gestione delle masse sismiche

Tornando alla definizione ed archiviazione dei casi elementari di carico vi è un altro aspet- to che l’utente deve saper gestire correttamente. Si tratta dei coefficienti per la definizione delle matrici di massa in caso di analisi dinamica con la tecnica dello spettro di risposta.

L’analisi dinamica secondo il metodo dello spettro di risposta prevede una prima fase in cui viene eseguita un’analisi modale. Questa analisi richiede la determinazione sia della matrice di rigidezza sia della matrice di massa della struttura. Nei termini della matrice di massa compaiono i contributi legati ai carichi gravitazionali agenti sulla struttura che ven- gono trasformati in masse secondo opportune direzioni. L’aspetto importante da considera- re è che queste direzioni devono essere scelte dall’utente in base al risultato che si vuole raggiungere.

Esaminando la figura 5.12 è opportuno notare come tutte le condizioni di carico ele- mentari sono state generate con coefficienti 1 nelle colonne Mx, My e Jpz. In questo modo i carichi verranno tutti trasformati in masse che agiranno in direzione orizzontale ed attor- no all’asse globale Z della struttura. Questa è l’opzione tipica utilizzabile quando si svolge un analisi dinamica di un edifico, ma è bene che l’utente possa decidere con semplicità ed intervenire sulla modalità di generazione delle masse. In questo caso ad esempio non viene considerato il sisma in direzione Z.

Altro aspetto è quello relativo alla modalità di generazione della matrice di massa. In generale possiamo avere due diversi approcci: consistent e lumped.

Nel caso di approccio tipo Consistent la matrice di massa del generico elemento finito viene generata facendo uso delle stesse funzioni di forma utilizzate per la generazione dei termini delle matrici di rigidezza. Lo schema Consistent porta ad avere una matrice di mas- sa “piena”, con termini diversi da zero anche fuori diagonale. L’approccio lumped prevede invece che le masse siano concentrate in corrispondenza dei nodi di congruenza della strut- tura con la conseguenza che la matrice di massa risulterà diagonale. La figura 5.14, tratta da (1), mostra in modo semplice la differenza tra i due approcci. Nel caso di matrice di massa generata in modo Lumped in pratica le masse vengono concentrate nei nodi del mo- dello.

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mentre per gli altri carichi bisogna procedere creando masse concentrate ai nodi. Sebbene Xfinest possa generare matrici di massa Consistent per il peso proprio ModeSt (3) per sem- plicità genera sempre matrici di massa Lumped.

Figura 5.14 Schematizzazione “lumped” e “consistent”.

5.5 La scelta dei vincoli

Nella modellazione degli elementi strutturali di un edificio in calcestruzzo armato tutti gli elementi (mono e bidimensionali) vengono di solito inseriti in modo da trasmettere tutte le componenti di sollecitazione. In questo modo la parte più delicata diviene la definizione dei vincoli con il terreno. Nel campo dell’ingegneria la maggior parte dei software consen- tono di modellare il comportamento del terreno utilizzando l’approccio alla Winkler: il ter- reno viene schematizzato come un letto di molle a comportamento elastico, resistente a trazione e compressione nella sua versione lineare. Questo tipo di schematizzazione viene di solito introdotto utilizzando elementi finiti beam e shell specifici in cui la matrice di ri- gidezza deriva dalla teoria classica delle travi e delle piastre su suolo alla Winkler. In altri casi si introducono molle equivalenti ai nodi degli elementi calcolate in automatico dal sof- tware stesso sulla base dei già citati dati di input (costante di sottofondo ed impronta tra- sversale della fondazione) con il terreno.

Nel nostro esempio la struttura di fondazione è costituita da un graticcio di travi rove- sce (fig. 5.15). L’elemento beam utilizzato è quello di Xfinest (4), specifico per le travi su suolo elastico.

Definita la fondazione la struttura troverà in automatico un vincolo elastico in direzione Z globale a quota terreno. Allo scopo di impedire moti rigidi in orizzontale l’utente dovrà intervenire per bloccare lo spostamento anche nel piano orizzontale (direzioni X ed Y ) e rispetto ad una rotazione attorno all’asse Z.

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Figura 5.15 Fondazione a graticcio.

Figura 5.16 Vincoli aggiuntivi per i nodi della fondazione.

Da un punto di vista numerico basterebbe vincolare un unico nodo per garantirsi contro eventuali labilità. Tenendo però conto che la struttura ha di fatto una sua parte al di sotto del terreno potremo considerare tale tipo di vincolo su tutti nodi in fondazione (vedi figura 5.16).

5.6 Le opzioni di calcolo

Definito il modello ed i vincoli si tratta di definire in che modo eseguire il calcolo struttu- rale. In questa fase coesistono da una parte le tipiche impostazioni di calcolo per un soluto- re agli elementi finiti dall’altra i vari parametri richiesti dalla normativa nel caso intendia- mo eseguire analisi sismiche.

In prima istanza l’utente deve stabilire che tipo di analisi svolgere. Prescindendo dalla classica analisi statica, l’Eurocodice permette di svolgere in generale i seguenti tipi di ana- lisi:

– analisi statica equivalente, – analisi sismica dinamica,

– analisi statica non lineare (o di pushover), – analisi dinamica non lineare.

Le analisi ovviamente differiscono tra loro in base all’obiettivo che si vuole raggiunge- re ed ovviamente all’impegno richiesto all’utente. Le prime due analisi sono certamente i

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Nell’illustrazione del significato dei vari parametri si fa riferimento direttamente alle schede attivabili dal software ModeSt (3).

Nel momento in cui attiviamo il comando per l’attivazione del calcolo strutturale con metodo agli elementi finiti l’utente si trova a disposizione una scheda composta da diverse sezioni. La prima è quella relativa all’impostazione degli aspetti generali del calcolo (fig.

5.17).

All’interno di questa sezione possiamo evidenziare quattro parti essenziali:

– tipo di normativa da utilizzare, – tipo di calcolo da svolgere, – opzione sui piani rigidi,

– modalità di trasferimento delle masse in caso di analisi sismica.

Figura 5.17 Scheda per l’impostazione degli aspetti generali del calcolo strutturale.

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muoversi tenendo conto delle rigidezza mutue che si scambiano gli elementi che conver- gono in ogni piano. L’opzione quindi prescinde dal considerare rigidezze aggiuntive che potrebbero provenire dalle strutture presenti negli impalcati quali i solai.

La seconda opzione è quella maggiormente utilizzata nei calcolo di strutture a telaio.

Consiste nell’imporre l’opzione di piano infinitamente rigido (opzione master-slave) su tutti gli impalcati definiti nella struttura. Questa opzione porta a vincolare gli spostamenti relativi nel piano orizzontale di uno stesso impalcato ma garantisce l’inflessione delle travi.

L’opzione consente di ridurre il numero di gradi di libertà di un modello velocizzando la fase di calcolo simulando la presenza dei solai. È importante notare come questa opzione ha anche un impatto a livello di analisi dinamica modale in quanto la massa di ogni impal- cato viene concentrata nel centro di massa dell’edificio diminuendo quindi anche il numero di autovalori attivabili.

Figura 5.18 Aste a raggiera per controvento solai.

L’altra tecnica attivabile prevede la possibilità di eseguire il controventamento a livello dei singoli solai, fig. 5.18, tratta da (1). Questa opzione viene di solito risolta individuando, per ogni solaio, un centro geometrico; in corrispondenza di questo punto viene creato un nuovo nodo, collegato ai nodi esistenti sul contorno del solaio con elementi di elevata rigi- dezza assiale. Questi elementi possono essere di tipo truss o beam (con opportuni svincoli per ripristinare un comportamento a biella). In questo modo si impone ai nodi di mantenere

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mento solai differenziandola tra i diversi impalcati. In questo modo diviene possibile valu- tare correttamente la presenza di zone particolari ma tipiche di un edificio quali le copertu- re inclinate spingenti.

È interessante inoltre accennare ad altre soluzioni quale la modellazione delle solette in calcestruzzo tramite una mesh di elementi finiti bidimensionali aventi un comportamento puramente membranale. La mesh può essere anche grossolana in quanto la sua funzione è solo quella di ripartire le forze orizzontali. Nel nostro esempio è stata considerata l’opzione di piano-rigido a tutti i piani con esclusione della copertura.

5.6.3 Opzioni di trasferimento delle masse

Nel caso di un’analisi sismica dinamica è opportuno definire in che modo il software deve considerare le masse che non appartengono agli impalcati. In generale è sufficiente fare in modo che le masse intermedie generate a seguito della modellazione (si pensi ai nodi di elementi shell di setti verticali) vengano trasferite sugli impalcati più vicini. In questo mo- do, se è stata attivata anche l’opzione di piano rigido, potremo sempre ragionare con tre gradi di libertà dinamici per ogni piano.

Proseguendo nell’analisi delle opzioni di calcolo, volendo svolgere un’analisi sismica, dobbiamo definire i parametri sismici relativi all’edificio (fig. 5.19). Queste opzioni cam- biano nei dettagli tra le diverse normative ma nella sostanza consistono nel definire un set di parametri che consenta al software di individuare un primo valore di calcolo del coeffi- ciente di struttura (o behaviour factor secondo la denominazione dell’Eurocodice 8). Que- sto coefficiente è di estrema importanza perché consente di determinare le ordinate degli spettri di progetto da utilizzare in fase di calcolo.

5.6.4 Considerazioni sul coefficiente di struttura q

Nei capitoli 1 e 2 sono state introdotti le nozioni relative al concetto di coefficiente di struttura. Nell’ambito di un software di calcolo strutturale di solito si hanno a disposizione degli strumenti automatici per la determinazione di questo valore in modo rapido tenendo conto delle indicazioni presenti nella normativa utilizzata. In alternativa l’utente può inse- rire il coefficiente che ritiene più opportuno.

Nel nostro caso si è supposto di essere nella situazione di media duttilità (DCM), con un sistema strutturale a telaio (moment resisting frames). Si ottiene pertanto un valore fina- le di q = 4. Il valore viene inserito direttamente nella casella in modo da sovrascrivere quanto calcolato automaticamente dal programma, che applica quanto previsto dall’Ordi- nanza 3431 (figura 5.20), leggermente diverso dall’Eurocodice 8.

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Figura 5.19 Sezione per l’impostazione dei “Dati struttura”.

Tabella 5.1 Coefficienti per la determinazione dei valori di q0.

Tipologia strutturale Classe di duttilità

DCM DCH

a) Telai incastrati 4 5αu

b) Telai con controventi concentrici – controventi diagonali

– controventi a V

4 2

4 2,5

c) Telai con controventi eccentrici 4 5αu

d) Struttura a pendolo invertito 2 2αu

e) Struttura con nuclei in cemento armato o setti Vedi sezione 5 f) Telaio iperstatico con controventi concentrici 4 4αu

g) Telai iperstatici con tamponamenti

– tamponamenti in cemento armato o muratura

disconnessi in contatto con il telaio 2 2

– tamponamenti in cemento armato connessi Vedi sezione 7

– tamponamenti isolati dal telaio iperstatico

(vedi i telai iperstatici) 4 5αu

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Figura 5.20 Determinazione del fattore di struttura q.

Le successive opzioni riguardano il controllo delle eccentricità di piano. Nell’analisi di un edificio le normative moderne quali l’Eurocodice 8, per tenere conto delle possibili va- riazioni nelle masse strutturali e nella applicazione delle azioni sismiche, richiedono di considerare eccentricità artificiali del centro di massa per ogni piano della struttura in dire- zione perpendicolare a quelle di azione del sisma e pari a una certa percentuale delle di- mensioni degli impalcati (di solito il 5%).

Questa richiesta non è di poco conto perché impone di calcolare per ogni piano le di- mensioni trasversali della struttura rispetto alla direzione del carico e di realizzare analisi modali diverse per ogni configurazione di massa “variata”. Questo approccio viene di soli- to semplificato. Ad esempio l’Eurocodice 8 prevede due possibili approcci:

– considerare un coefficiente moltiplicativo delle azioni a valle di un analisi con centro di massa non variato,

– adottare un momento torcente aggiuntivo alle azioni sismiche sia che derivino da un ana- lisi statica equivalente sia da un analisi modale.

Questo secondo approccio è quello disponibile nel software ModeSt (3) e per questo motivo viene messa a a disposizione la scheda relativa ai dati di piano (fig. 5.21). Per ogni impalcato viene mostrato il valore di eccentricità calcolato automaticamente dal software ed eventualmente modificabile dall’utente.

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Figura 5.21 Dimensioni trasversali dell’edificio ed eccentricità aggiuntive.

5.6.5 Dati di calcolo

Altro gruppo di parametri importanti è quello contenuto nella scheda relativa ai “dati di calcolo”. Nel caso di analisi sismica dinamica la scheda avrà la configurazione riportata nella figura 5.22.

Le informazioni che dovremo fornire sono le seguenti:

– la zona sismica e quindi l’accelerazione orizzontale massima, – la categoria del suolo di fondazione,

– eventuali altri coefficienti moltiplicativi, – angolo di ingresso del sisma,

– ordinate dello spettro di risposta di progetto, – numero modi da estrarre,

– numero modi da considerare,

– attivazione dello stato limite di danno,

– attivazione degli stati limite non sismici (per valutare l’effetto dei carichi statici), – attivazione del momento torcente aggiuntivo per considerare le eccentricità addizionali.

5.6.5.1 Dati base per l’analisi sismica

Nell’esempio considerato, l’edifico è sito in Zona 3, il terreno è classificato di tipo A, con un angolo di ingresso di 0° (con anche il valore pari a +90°). Non vi sono coefficienti mol- tiplicativi di tipo topografico. Il coefficiente di importanza è pari a 1.

5.6.5.2 Forma dello spettro di risposta

L’Eurocodice 8, in presenza di indagini geotecniche poco approfondite, suggerisce di considerare due differenti tipi di spettro, uno di tipo 1 e l’altro di tipo 2. Questi spettri dif- feriscono tra loro per la forma e la sequenza dei valori dei periodi che definiscono la curva dello spettro stesso. Nella tabella 5.2 sono riportati a titolo di esempio i valori dei periodi base che definiscono lo spettro per le varie categorie di terreno A,B,C,D,E. Nell’esempio in esame la categoria del suolo considerata è la A. Lo spettro è quello di tipo 1.

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Figura 5.22 Dati di calcolo per analisi sismica statica.

Tabella 5.2 Valori dei periodi base per uno spettro di tipo 1, secondo l’Eurocodice 8.

5.6.6 Modalità di combinazione delle azioni sismiche

Per quanto riguarda la fase di estrazione degli autovalori in generale esistono diverse tecniche utilizzabili. In questa sede non si vuole entrare nel merito dei diversi approcci ma possiamo menzionare come i due tipici metodi correntemente utilizzati prendono il nome di “metodo di iterazione nel sottospazio” e “metodo di Lanczos”. Il primo è uno dei primi metodi sviluppati storicamente ed è certamente il più utilizzato tra i vari software di calco- lo agli elementi finiti. Il secondo presenta un’approccio matematico più esteso, utile anche

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Figura 5.23 Opzioni avanzate di controllo del solutore Xfinest (4).

A valle dell’estrazione dei modi di vibrare il software procederà alla combinazione dei singoli modi. L’Eurocodice 8 propone due tipi di combinazione, quella denominata SRSS (square root of the sum of the square) in cui la risposta sismica complessiva è calcolata come la somma dei valori assoluti delle singole risposte modali e la combinazione del tipo CQC (Complete Quadratic Combination Method) che a differenza del metodo precedente consente di tener conto del segno delle singole componenti modali. La generica componen- te uk della risposta sismica è data da una combinazione quadratica delle componenti uk,j

(j=1, N modi) in cui i coefficienti di combinazione fra due modi distinti dipendono dai co- efficienti di smorzamento dei due modi e dal rapporto fra le due frequenze. Questo metodo risulta più preciso del metodo SRSS nel caso di strutture che presentano modi di vibrare molto vicini tra loro.

Per quanto riguarda invece il numero di modi da estrarre e da considerare in fase di combinazione, l’Eurocodice 8 prevede due diversi possibili criteri:

– un numero di modi tale da movimentare almeno l’85% delle masse in ogni direzione,

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Nel nostro caso, trattandosi di un semplice edificio intelaiato si sono considerati 15 modi di vibrare, lasciando attivo il vincolo della percentuale di massa minima pari all’85%, come richiesto dall’Eurocodice 8.

Per quanto riguarda la modalità di combinazione delle azioni sismiche nel caso dell’

Eurocodice 8 dovremo considerare o la formula di combinazione quadratica o la regola del 30%. Entrambe le formule sono disponibili in ModeSt (3). I valori massimi della risposta ottenuti da ciascuna delle due azioni orizzontali applicate separatamente potranno essere combinati sommando, ai massimi ottenuti per l’azione applicata in una direzione, il 30%

dei massimi ottenuti per l’azione applicata nell’altra direzione. L’aspetto importante consi- ste non solo nelle particolari formule di combinazione ma nel fatto che l’azione sismica viene considerata comunque come un azione risultante rispetto a due direzioni.

Figura 5.24 Opzioni per l’accoppiamento dei carichi variabili.

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Volendo rispettare le richieste dell’Eurocodice 1 e 8 verranno generate le seguente tipo- logie di combinazione:

– combinazione per lo stato limite ultimo sismico considerando con e senza eccentricità, – combinazione per lo stato limite ultimo statico,

– combinazione per lo stato limite di esercizio per combinazioni rare, – combinazione per lo stato limite di esercizio per combinazioni frequenti, – combinazione per lo stato limite di esercizio per combinazioni quasi permanenti.

La gestione dei carichi variabili è essenziale perché da questa dipende in massima parte il numero finale delle combinazioni di carico. Abbiamo già visto come in fase di definizio- ne dei carichi elementari, per ognuno di questi, è possibile stabilire il tipo di sicurezza e la variabilità. Oltre a queste informazioni possiamo aggiungerne un’altra e cioè se tra i cari- chi variabili definiti esiste una sorta di correlazione (accoppiamento).

Ad esempio le condizioni di carico elementari dovute alla neve potrebbero essere defi- nite entrambe come “ambigue”, ossia sia di base sia indipendenti, ma sarà opportuno im- porre, nella scheda di gestione degli ambienti, che siano tra loro disaccoppiate. Al contra- rio se per motivi di convenienza di modellazione un certo carico (ad esempio l’accidentale di solaio) è stato diviso in due o più condizioni di base diverse occorrerà imporre che le due condizioni base siano considerate, cioè accoppiate, in quanto concettualmente rappre- sentano una sola condizione di carico.

Facendo riferimento al nostro esempio avendo generato quattro carichi variabili dello stesso tipo ed un carico accidentale tipo neve imporremo al programma di considerare i carichi variabili relativi ai solai come carichi “accoppiati” in fase di generazione delle combinazioni di carico. Il carico neve è invece considerato “disaccoppiato” rispetto agli altri carichi variabili.

5.6.8 Combinazioni di carico

A seguito di questa scelte potremo accedere all’ultima scheda per generare le combinazioni di carico. il numero delle combinazioni totali generate per il nostro esempio è riportato nel- la figura 5.25.

Si noti la successione nelle diverse tipologie di combinazione nella tabella della figura 5.25. Le prime (dalla 1 alla 8) sono quelle relative allo stato limite ultimo in presenza di sisma, in cui è stata considerata anche l’eccentricità aggiuntiva gestita dal software tramite un carico torcente di tipo statico; l’altro gruppo, dalla combinazione numero 9 alla 16, è relativo allo stato limite di danno (sempre con il torcente aggiuntivo). Seguono poi le com- binazioni (dal numero 17 al 18) relative alle verifiche di resistenze per soli carichi statici

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Figura 5.25 Combinazione di carico generate dal programma.

5.6.9 Autodiagnostica del solutore

Prima di iniziare il calcolo è opportuno ritornare alla finestra di gestione delle opzioni del solutore per evidenziare un aspetto di non poco conto. Tra le possibili opzioni che Xfinest (4) consente di attivare vi sono anche i possibili messaggi di warning che potrebbero na- scere a seguito di problemi durante la fase di analisi. Queste opzioni hanno l’obiettivo di aiutare l’utente in quella procedura che ormai le normative moderne prescrivono come ne- cessaria per la validazione del calcolo strutturale. Attraverso segnalazioni evidenziabili a video e su file il software aiuta l’utente nell’individuare situazioni critiche di analisi che per strutture complesse sarebbe moto difficile se non impossibile intercettare o prevedere.

Abbiamo visto come la modellazione di una struttura è un operazione piuttosto com- plessa perché porta alla realizzazione di un modello composto da numerosi elementi finiti tra di loro differenti nel comportamento e nella formulazione matematica. Nella fase di so- luzione del sistema matriciale possono verificarsi alcune criticità di calcolo che possono essere evidenziate solo dal solutore tramite opportuni messaggi di warning. Se necessario il solutore stesso dovrà interrompere l’elaborazione.

Riassumiamo di seguito i principali punti critici nei quali è essenziale il ruolo della messaggistica da parte del solutore:

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mo esame, sempre fondamentale, della deformata toglierebbe ogni dubbio sull’esito del calcolo ma la situazione richiederebbe un intervento a monte del solutore che in questi casi non dovrebbe portare a termine il calcolo. Nel caso dei gradi libertà inattivi (già presentati precedentemente) non bloccati dall’utente, il solutore dovrà segnalare l’anomalia.

b) I gradi di libertà inattivi rappresentano situazioni in cui nella struttura non sono pre- senti veri e propri movimenti, ma solo spostamento di alcuni nodi. Questo accade ad esem- pio quando si ha la connessione tra elementi a differente numero di gradi di libertà (connes- sione tra elemento truss ed elemento beam svincolato). Queste pseudo labilità se non inter- cettate dall’utente in fase di modellazione e/o in fase di calcolo dal solutore possono portare a risultati inaccettabili e l’utente deve conoscere come poter procedereper risolverli ma soprat- tutto conoscere se il solutore interviene in suo aiuto ed in che modo. In generale sarebbe op- portuno che durante l’analisi in presenza di tali situazioni il solutore interrompa il calcolo se- gnalando chiaramente la presenza di un problema-. L’utente potrà decidere di proseguire nell’analisi ma dovrà comunque intervenire a valle di essa per rivedere il modello.

c) Il problema del “malcondizionamento” strutturale è legato alle situazioni in cui si hanno strutture che presentano zone in cui la differenza di rigidezza è molto elevata. Il malcondizionamento della soluzione comporta che le soluzioni trovate possono essere e- normemente” sensibili a perturbazioni sui dati iniziali, vale a dire che ModeSt (3) e varia- zioni dei dati iniziali comportano grande differenze nei risultati, cosa chiaramente non ac- cettabile. Una efficace modalità di ricerca di situazioni di questo tipo è quella relativa al controllo sui pivot , cioè il valore dei termini posti sulla diagonale principale della matrice di rigidezza rispetto ai quali vengono eseguite le operazioni di fattorizzazione della matrice di rigidezza della struttura.

In fase di calcolo il rapporto tra i pivot massimi e minimi viene raffrontato ad un oppor- tuno valore di tolleranza che dipende dalla precisione della macchina. Nel caso tale rappor- to sia molto piccolo si possono distinguere i seguenti casi: nel modello ho una rigidezza molto piccola quindi la soluzione è legata ad una scelta progettuale oppure ho una rigidez- za nulla (labilità) che per motivi numerici è ancora un numero molto piccolo. Non è possi- bile distinguere a priori in quale dei due casi ci si trova, è compito quindi dell’utente capire se il problema è legato al modello o alla scelta progettuale. Senza voler entrare in dettagli tecnici, è opportuno che il software in questa situazione evidenzi un messaggio di attenzio- ne che risulti come un “campanello d’allarme” sul modo in cui si è modellata la struttura o sulle scelte progettuali stesse. Nel caso di Xfinest (4) per esempio vi è un controllo di que- sto tipo. Se questo rapporto supera il grado di precisione massimo del computer il solutore genera un messaggio di warning.

d) Uno dei problemi tipici è quello legato alla qualità delle mesh di elementi finiti bi- dimensionali. In fase di meshatura può capitare che, di fronte a forme molto irregolari,

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5.6.10 Analisi dei risultati

Dopo avere eseguito il calcolo e prima di passare alla fase di progettazione e verifica degli elementi strutturali in calcestruzzo armato, l’utente deve svolgere una serie di indagini nu- meriche per comprendere il comportamento della struttura modellata.

Le prime verifiche riguardano i controlli relativi alla regolarità strutturale. Il tema della regolarità è un argomento tipico delle normative moderne. I requisiti di regolarità riguar- dano la distribuzione della massa e della rigidezza all’interno della struttura muovendosi in pianta e attraversi i vari piani. Questi controlli servono per prevenire comportamento irre- golari nei confronti di azioni orizzontali con il rischio di portare alla crisi elementi struttu- rali che in condizioni statiche non avrebbero alcun problema.

L’Eurocodice 8 distingue tra regolarità in pianta e regolarità in elevazione.

Nella prima convergono requisiti quali:

– simmetria nella distribuzione delle rigidezza e delle masse per forze orizzontali, – geometria compatta della struttura lungo i diversi piani,

– rigidezza di piano molto più alta di quella flessionale, – controllo nel valore della snellezza in pianta,

– confronto tra i valori di “eccentricità strutturale” e “raggio torsionale”.

Nella seconda dovremmo rispettare i seguenti limiti:

– nessuna interruzione lungo l’altezza di pilastrate, setti, ecc., – variazione della rigidezza e della massa di tipo costante o graduale,

– presenza di arretramenti nelle forma della struttura che rispettino le limitazioni imposte.

Molti di questi requisiti possono essere verificati attraverso semplici considerazioni ge- ometriche e di forma della struttura.

Allo scopo di dare qualche prima indicazione su queste tematiche per quanto riguarda la simmetria in termini di rigidezza laterale e di massa molto utile è l’analisi dei primi mo- di di vibrare. In presenza di una struttura regolare ci aspettiamo che i primi due modi siano flessionali. Nel nostro caso la cosa è confermata dalla rappresentazione grafica delle de- formate modali dei primi due modi di vibrare (fig. 5.26) e dalla figura 5.27 che riassume i valori numerici delle percentuali di massa coinvolte nei singoli modi. Per i primi due modi la massa coinvolta è nettamente di tipo flessionale.

Per quanto riguarda invece la distribuzione delle masse in elevazione ModeSt (3) forni- sce un comando che descrive numericamente la variazione di masse attraverso i piani. La figura 5.28 mostra il dettaglio numerico.

Una volta identificato il livello di regolarità strutturale l’utente potrà procedere alla fase di analisi. In questa fase gli strumenti a disposizione saranno sia di tipo numerico (tipica- mente tabelle) sia grafico (mappe di colore ecc).

A titolo di esempio e per concludere la descrizione di questo esempio, si riportano al- cuni risultati utili alla comprensione del comportamento strutturale.

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Figura 5.26 Deformata per il primo modo di vibrare.

Figura 5.27 Tabella con i valori delle percentuali di massa per singolo modo di vibrare.

È opportuno considerare come ognuno dei risultati sarò in generale relativo a una sola delle combinazioni di carico definite. Questo per facilitare la comprensione dei risultati. È chiaro che in fase di progettazione delle armature e quindi di verifica, il programma proce- derà a considerare tutte le combinazioni definite, cioè l’inviluppo.

Un primo risultato importante sarà l’analisi della configurazione deformata in presenza di carichi verticali più il sisma e in presenza dei soli carichi verticali.

La deformata per la combinazione di carico 1 relativa ad un telaio trasversale è riporta- ta nella figura 5.29.

La deformata, che è sdoppiata in quanto il sisma viene considerato con doppio segno e relativa al sisma in direzione X, mostra chiaramente il comportamento a telaio con i pilastri doppiamente incastrati alle estremità.

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Figura 5.28 Variazione in % della massa lungo l’altezza.

Figura 5.29 Deformata per la combinazione di carico 1.

Altro interessante risultato è quello relativo all’andamento delle pressioni sul terreno. Il diagramma riportato nella figura 5.30 è quello relativo alla combinazione di carico numero 20, relativa al caso dei carichi per combinazione rara.

Infine si riporta un altro interessante diagramma relativo ad una delle travi in elevazio- ne. Per esempio nella figura 5.31 è riportato il diagramma per l’asta 206 (asta 6 del secon- do impalcato) per la combinazione allo stato limite ultimo 4, relativa alla somma dei cari- chi statici e del carico sismico agente in direzione Y più il 30% di quello agente in direzio- ne X. Come è possibile verificare dalle figure 5.32 e 5.33 l’asta appartiene a un telaio in- terno posto in direzione Y globale. Lungo l’asta sono riportati valori minimi agli estremi ed il valore massimo in campata. Si noti come il programma visualizza i valori di momento separando la parte derivante dai carichi statici da quella derivante dai carichi sismici. Que- sta modalità di output non è l’unica disponibile ma è utile perché consente un’utile valuta- zione dell’incremento di sollecitazione per effetto del sisma.

Quanto spiegato in questo capitolo ha solo lo scopo di riassumere alcune tipiche opera- zioni che vengono di solito svolte dagli utenti che desiderano impostare un calcolo struttu- rale secondo le indicazioni di normative agli stati limite.

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Figura 5.30 Diagramma delle pressioni sul terreno.

Figura 5.31 Diagramma dei momenti per la trave 206.

È opportuno precisare che a valle dell’analisi si apre la fase importante e delicata rela- tiva alla verifica degli elementi strutturali. Questa fase presuppone da un lato il recupero delle azioni derivanti dal calcolo dall’altra l’introduzione di nuovi parametri legati alle ca- ratteristiche delle armature (ferri longitudinali, staffe ecc) che il progettista ritiene di con- siderare. Un’ulteriore complicazione per l’utente sarebbe poi quella legata alla necessità, nel caso di progettazione ad alta duttilità, di modificare le azioni derivanti dal calcolo.

Questo approccio consentirebbe di seguire il cosiddetto principio di “gerarchia delle resi- stenze” ma impone operazioni molto complesse ad oggi difficili dall’essere risolte in modo esaustivo anche da software automatici di calcolo.

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Figura 5.32 Posizione del telaio rispetto alla struttura (evidenziato in colore rosso).

Figura 5.33 Vista piana del telaio contenente la trave numero 206.

5.7 Note sull’installazione ed uso della versione Free del software Modest

La versione Modest Free inclusa nel testo rappresenta una versione limitata ma perfetta- mente funzionante del software per la progettazione strutturale Modest, che fa uso del so- lutore Xfinest. Questa versione è completamente gratuita ed è rilasciata allo scopo di di- mostrare le potenzialità del programma e permetterne l'utilizzo per il calcolo e la progetta- zione di piccole strutture. Le limitazioni di questa versione sono:

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Una volta installato il programma sarà possibile caricare il progetto e la struttura de- scritti in questo capitolo seguendo le seguenti indicazioni:

– dal menù file del programma selezionare il comando Apri Progetto – selezionare il progetto denominato TELAIO e premere pulsante aprile

L’apertura del progetto caricherà automaticamente la struttura denominata TELAIO_1.

L’utente dovrà solo attivare una finestra di modellazione (per i dettagli dei comandi Mo- dest si veda il tutorial della versione Free).

5.8 Ringraziamenti

Si ringrazia l’ing. Luca Ferrari e l’ing. Paolo Odorizzi della società Harpaceas, l’ing. Paolo Papi e l’ing. Bernardo Daddi della Società Tecnisoft per avere messo a disposizione il sof- tware ModeSt, l’ing. Bruno Becci e l’ing. Pierangelo Felotti della Società Ce.A.S. per aver messo a disposizione il software Xfinest.

5.9 Bibliografia

1. Ghersi, A. Perretti, P.Sattamino, A. Brenna, La validazione del calcolo strutturale e- seguito con il computer, Maggioli, 2006.

2. K.J. Bathe, Finite Element Procedures in Engineering Analysis, Prentice-Hall, 1982.

3. Guida in linea, ModeSt, Tecnisoft, versione 7.10, ottobre 2006.

4. Manuale Utente, Xfinest, Ce.A.S, novembre 2005.

5. Eurocodice 8, Design of structures for earthquake resistance – Part 1: General rules, seismic actions and rules for buildings.

Riferimenti

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