SISTEMA STATISTICO NAZIONALE
ISTITUTO NAZIONALE DI STATISTICA
Settore
Popolazione
Popolazione comunale
per sesso, età e stato
civile
Anni 2002-2005
2
0
0
6
I settori
Ambiente, territorio, climatologia
Popolazione, matrimoni, nascite, decessi, flussi migratori
Sanità, cause di morte, assistenza, previdenza sociale
Istruzione, cultura, elezioni, musei e istituzioni similari
Comportamenti delle famiglie (salute, letture, consumi, etc.)
Amministrazioni pubbliche, conti delle amministrazioni locali
Giustizia civile e penale, criminalità
Conti economici nazionali e territoriali
Occupati, disoccupati, conflitti di lavoro, retribuzioni
Indici dei prezzi alla produzione, all’ingrosso e al consumo
Agricoltura, zootecnia, foreste, caccia e pesca
Industria in senso stretto, attività edilizia, opere pubbliche
Commercio, turismo, trasporti e comunicazioni, credito
Importazioni ed esportazioni per settore e Paese
AMBIENTE E TERRITORIO
POPOLAZIONE
SANITÀ E PREVIDENZA
CULTURA
FAMIGLIA E SOCIETÀ
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
GIUSTIZIA
CONTI NAZIONALI
LAVORO
PREZZI
AGRICOLTURA
INDUSTRIA
SERVIZI
COMMERCIO ESTERO
Alla produzione editoriale collocata nei 14 settori si affiancano le pubblicazioni periodiche dell’Istituto:
Annuario statistico italiano, Bollettino mensile di statistica e Compendio statistico italiano.
SISTEMA STATISTICO NAZIONALE
ISTITUTO NAZIONALE DI STATISTICA
Settore
Popolazione
Popolazione comunale
per sesso, età e stato
civile
A cura di: Marco Marsili
Per chiarimenti sul contenuto
della pubblicazione rivolgersi a:
Servizio Popolazione, Istruzione e Cultura
Tel. 06-46737353 - Fax 06-46737621
e-mail: posas@istat.it
Popolazione comunale per sesso, età e stato civile
Anni 2002-2005
Informazioni n. 29 - 2006
Istituto nazionale di statistica
Via Cesare Balbo, 16 - Roma
Coordinamento:
Servizio produzione editoriale
Via Tuscolana, 1788 - Roma
Video impaginazione: Carlo Nappi
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Indice
Introduzione ... Pag.
7
1 - Popolazione comunale per sesso età e stato civile al 1° gennaio 2002-2005 ... “ 9
1.1 - La struttura per età della popolazione residente dal 1° gennaio 2002 al 1° gennaio 2005…...
“ 9
1.2 - Conseguenze dell’invecchiamento e delle strategie di formazione e scioglimento delle famiglie
sulla composizione della popolazione per stato civile …………...………...…. “ 13
2 - Nota metodologica ... “ 21
2.1 - Il trattamento statistico dei dati della rilevazione Istat/Posas…………...………...……
“
21
2.2 - Dal dato amministrativo al dato statistico………....…...……. “
23
2.3 - Aggiustamento della struttura per anno di nascita al 31 dicembre 2001…………...……...…...
“
25
2.4 - Aggiustamento della struttura per anno di nascita al 31 dicembre 2002 e 2004………...…...
“
33
2.5 - Aggiustamento della struttura per stato civile………....…………...
“
34
TAVOLE STATISTICHE
Tavola 1 - Popolazione residente per ripartizione geografica, sesso ed età al 1° gennaio 2002-2005 ...
“ 39
Tavola 2 - Popolazione residente per regione, sesso ed età al 1° gennaio 2002-2004…...………..
“ 63
Tavola 3 - Popolazione residente per classe di età, ripartizione geografica, sesso e stato civile al 1°
gennaio 2002-2005 ………...………
“ 129
Tavola 4 - Popolazione residente per classe di età, regione, sesso e stato civile al 1° gennaio 2002-2005 “ 141
TAVOLE SU CD-ROM
Tavola 5 - Popolazione residente per regione, ripartizione geografica, sesso, età e stato civile al 1° gennaio
2002-2005
Introduzione
Con la presente pubblicazione l'Istat consolida la propria attività nel settore della produzione di statistiche
territoriali sulla popolazione. Infatti, dopo il rilascio dei dati definitivi strutturali del XIV Censimento generale
della popolazione e delle abitazioni, viene riportato a regime il rilascio annuale di stime per sesso, età e stato
civile a livello territoriale comunale. Nel volume sono riportate in forma cartacea le tavole statistiche sulla
popolazione residente per sesso, età e stato civile a livello nazionale, di ripartizione geografica e di regione al 1°
gennaio 2002, 2003, 2004 e 2005. Tali tavole sono riportate anche nel cd-rom allegato che contiene, inoltre, le
tavole statistiche a livello di provincia (103) e di comune.
La base per le stime di popolazione è fornita dai dati che ciascuna Anagrafe comunale trasmette
annualmente all'Istat per permettere la realizzazione della Rilevazione della popolazione residente comunale per
sesso, anno di nascita e stato civile al 31 dicembre (mod. Istat/Posas), avviata la prima volta nel 1992.
Il modello di rilevazione viene compilato sulla base del conteggio delle schede individuali di residenza,
conservate nell’anagrafe del comune alla data del 31 dicembre. Si tratta, dunque, d’informazioni provenienti da
registri di natura prettamente amministrativa che, prima di poter essere rilasciate, richiedono alcune necessarie
verifiche metodologiche.
Nel ricordare la rilevanza, amministrativa e statistica, dei registri di popolazione, va pure ricordato che essi
non sempre rispecchiano perfettamente la situazione reale della distribuzione territoriale della popolazione. Per
diversi motivi, la distanza tra fonte amministrativa e dato statistico è, infatti, significativamente rilevabile in
alcune situazioni, ma questo comunque non impedisce che nella maggioranza dei casi la distorsione del dato
amministrativo possa essere ricondotta entro termini statisticamente accettabili, e in ogni caso gestibili ai fini
della produzione di stime attendibili.
Questa riflessione di carattere generale porta a ricordare che, nel caso specifico della rilevazione Posas, le
procedure di controllo e correzione sono tali che, fra i dati inviati dai Comuni e quelli validati e rilasciati
dall’Istat il passaggio non è automatico. In altre parole, i dati statistici qui pubblicati non corrispondono
(sempre) alla meccanica sommatoria di dati amministrativi. Al contrario, le stime su scala comunale vengono
compiute sulla base di criteri di valutazione statistici, d’affidabilità e coerenza complessiva, del dato aggregato
puramente amministrativo fornito dalle Anagrafi. In particolare, le stime pubblicate coincidono con le cifre
fornite dai Comuni stessi - e pubblicate annualmente dall'Istat in Popolazione e movimento anagrafico dei
comuni - per quanto riguarda i totali di popolazione, ma non necessariamente per quanto concerne la struttura
per età e stato civile.
Per le ragioni sopra indicate, consultando le tavole del presente volume e confrontandone i dati con quelli
riportati in annuari prodotti da parte di alcuni Uffici di statistica degli Enti locali potrebbe accadere di
riscontrare talune differenze.
I due paragrafi immediatamente successivi hanno lo scopo di illustrare i principali risultati della rilevazione,
soffermandosi in particolare sull’analisi dell’invecchiamento della popolazione, dal livello nazionale in giù,
spingendosi a contemplare anche alcune analisi a livello comunale e sull’analisi della distribuzione della
popolazione per stato civile.
1 - Popolazione comunale per sesso, età e stato civile – Anni 2002-2005
1.1 - La struttura per età della popolazione residente dal 1° gennaio 2002 al 1° gennaio 2005
Al 1° gennaio 2005 la popolazione residente ammonta nel complesso a 58.462.375 unità, mentre alla stessa
data del 2004, del 2003 e del 2002 ammontava, rispettivamente a 57.888.245, 57.321.070 e 56.993.742 unità
(prospetto 1.1). Pertanto, l’incremento della popolazione è stato dello 0,9 per cento medio annuo tra il 1°
gennaio 2002 ed il 1° gennaio 2005. La popolazione risiede per il 26 per cento nel Nord-ovest, per il 19 per
cento nel Nord-est e nel Centro, per il 24 per cento nel Sud e per il restante 12 per cento nelle Isole, senza
significative variazioni nel corso di questo triennio. La crescita della popolazione è stata particolarmente forte
nel Centro-nord del Paese, con un incremento medio annuo dell’1,1 per cento nel Nord-ovest, dell’1,2 per cento
nel Nord-est e dell’1 per cento nel Centro, mentre nel Sud e nelle Isole la crescita si è fermata rispettivamente
allo 0,4 e allo 0,3 per cento.
Prospetto 1.1 – Popolazione residente al 1° gennaio 2002-2005 per sesso e ripartizione geografica
RIPARTIZIONE GEOGRAFICA
Maschi Femmine Totale Distribuzione per 100
AL 1° GENNAIO 2002 Nord-ovest 7.206.796 7.729.650 14.936.446 26,2 Nord-est 5.161.654 5.476.864 10.638.518 18,7 Centro 5.247.115 5.664.321 10.911.436 19,1 Sud 6.773.068 7.137.758 13.910.826 24,4 Isole 3.198.609 3.397.907 6.596.516 11,6 Italia 27.587.242 29.406.500 56.993.742 100,0 AL 1° GENNAIO 2003 Nord-ovest 7.262.985 7.770.100 15.033.085 26,2 Nord-est 5.226.099 5.523.612 10.749.711 18,8 Centro 5.282.016 5.698.896 10.980.912 19,2 Sud 6.790.546 7.157.053 13.947.599 24,3 Isole 3.204.577 3.405.186 6.609.763 11,5 Italia 27.766.223 29.554.847 57.321.070 100,0 AL 1° GENNAIO 2004 Nord-ovest 7.369.232 7.847.293 15.216.525 26,3 Nord-est 5.298.785 5.585.244 10.884.029 18,8 Centro 5.352.291 5.771.768 11.124.059 19,2 Sud 6.823.148 7.194.126 14.017.274 24,2 Isole 3.225.152 3.421.206 6.646.358 11,5 Italia 28.068.608 29.819.637 57.888.245 100,0 AL 1° GENNAIO 2005 Nord-ovest 7.493.203 7.945.238 15.438.441 26,4 Nord-est 5.380.080 5.650.570 11.030.650 18,9 Centro 5.415.770 5.830.189 11.245.959 19,2 Sud 6.854.041 7.230.151 14.084.192 24,1 Isole 3.233.710 3.429.423 6.663.133 11,4 Italia 28.376.804 30.085.571 58.462.375 100,0
La crescita della popolazione nel periodo in esame, favorita prevalentemente dal saldo positivo delle
migrazioni con l’estero (+960.656), dal saldo positivo tra recuperi e regolarizzazioni post-censuari (+553.636) e
soltanto di poco controbilanciati dal saldo negativo della dinamica naturale (-45.659), non ha impedito
comunque la crescita dell’invecchiamento della popolazione. Nel panorama mondiale l’Italia continua ad essere
uno dei Paesi con la popolazione più anziana, com’è testimoniato dal fatto che al 1° gennaio 2005 la
popolazione di 65 anni e più ammonta al 19,5 per cento - dunque quasi un residente su cinque - contro il 18,7
per cento che risultava al 1° gennaio 2002, ricordando che il medesimo indicatore era pari al 13,1 per cento
all’inizio degli anni Ottanta (prospetto 1.2). Aumenta, analogamente, la percentuale di popolazione con 80 anni
e più. La popolazione dei cosiddetti “grandi vecchi” al 1° gennaio 2005 incide per il 5 per cento del totale, ossia
un residente su venti. Lo squilibrio della popolazione in favore delle età più elevate è ancora più rilevante,
considerando che la riduzione dei livelli di fecondità negli ultimi venticinque anni ha comportato una riduzione
costante negli anni della popolazione dei giovani d’età fino a 14 anni, scesa nel 2005 a rappresentare il 14,1 per
cento del totale, contro il 22,6 per cento del 1980. Conseguentemente il rapporto tra anziani e giovani ha
mostrato anch’esso un costante aumento negli anni, dal 58 per cento del 1980 al 137,8 per cento del 2005. Nel
medesimo periodo la popolazione in età attiva, tra i 15 ed i 64 anni, si è mantenuta pressoché stabile, crescendo
relativamente poco: dal 64 al 66 per cento. La composizione interna di questa componente della popolazione è
andata tuttavia anch’essa invecchiando. Infatti, mentre la popolazione d’età 15-39 anni è scesa da 19 milioni 850
mila del 1980 a 19 milioni 498 mila del 2005 – con un contenimento della riduzione favorito anche dal
contributo delle iscrizioni dall’estero – quella d’età 40-64 anni è aumentata nel medesimo periodo da 16 milioni
450 mila a 19 milioni e 330 mila. Ne consegue che, rispetto al totale della popolazione residente, la quota di
popolazione in età 15-39 anni scende dal 35,2 al 33,4 per cento, mentre la quota di popolazione in età 40-64
anni si vede aumentata dal 29,2 al 33 per cento. Anche alla luce di quest’ultima considerazione va interpretata la
crescita recente dell’indice di dipendenza strutturale, ossia del rapporto tra popolazione in età attiva e non attiva
il quale, benché fosse pari al 57,9 per cento nel 1980, è in seguito cresciuto dal 46 per cento del 1990 al 50,6 per
cento del 2005. Infatti, mentre in passato sul rapporto “attivi/non attivi” prevaleva soprattutto il peso della
popolazione d’età 0-14 anni, negli anni più recenti la riduzione della fecondità e l’aumento della sopravvivenza
hanno spinto la crescita dell’indicatore di dipendenza soprattutto per l’aumento della popolazione anziana.
Guardando, infatti, al solo indice di dipendenza degli anziani, che del primo è una parte, si rileva una crescita
lineare negli anni – dal 20 al 29 per cento – che ha posto in chiara luce il problema dello sbilanciamento tra
popolazione in età attiva e popolazione anziana.
Prospetto 1.2 – Indicatori di struttura della popolazione
ANNIRIPARTIZIONI 0-14 anni per 100 15-64 anniper 10065 anni e più per 10080 anni e più per 100 vecchiaia (a)Indice di
Indice di dipendenza strutturale (b) Indice di dipendenza anziani (c)
Età media della popolazione (d) Al 1° gen 1980 22,6 64,4 13,1 2,1 57,9 55,4 20,3 35,9 Al 1° gen 1990 16,8 68,5 14,7 3,1 87,6 46,0 21,5 38,6 Al 1° gen 2000 14,3 67,6 18,1 3,9 126,6 48,0 26,8 41,4 Al 1° gen 2002 14,2 67,1 18,7 4,4 131,4 49,1 27,9 41,9 Al 1° gen 2003 14,2 66,8 19,0 4,6 133,8 49,8 28,5 42,2 Al 1° gen 2004 14,1 66,6 19,2 4,8 135,9 50,1 28,9 42,3
AL 1° GENNAIO 2005 – PER RIPARTIZIONE GEOGRAFICA
Nord-ovest 12,9 66,3 20,8 5,2 160,7 50,8 31,3 43,8 Nord-est 13,2 66,3 20,5 5,6 155,5 51,0 31,0 43,6 Centro 13,1 66,0 21,0 5,5 160,5 51,6 31,8 43,7 Sud 16,3 66,8 16,9 4,1 103,7 49,7 25,3 40,0 Isole 15,6 66,9 17,6 4,3 112,6 49,6 26,3 40,7 Italia 14,1 66,4 19,5 5,0 137,8 50,6 29,3 42,5
A livello territoriale l’invecchiamento della popolazione è un processo demografico allargato a tutte le aree
del Paese. Il fenomeno si presenta particolarmente avanzato nel Centro-nord, dove la popolazione con 65 anni e
più al 1° gennaio 2005 oltrepassa la quota del 20 per cento del totale e quella con 80 anni e più il 5 per cento.
Nella medesima area del Paese la percentuale di giovani fino a 14 anni si è andata ulteriormente riducendo, fino
a raggiungere in media un valore di circa il 13 per cento. Nel Mezzogiorno giovani e anziani sono
numericamente ancora abbastanza in equilibrio ma con una chiara tendenza verso un ulteriore processo
d’invecchiamento della popolazione. Per la presenza della Sardegna, la situazione è leggermente più sfavorevole
nelle Isole che al Sud. Nel primo caso, infatti, la quota di giovani è del 15,6 per cento, mentre quella d’anziani è
pari al 17,6 per cento; nel secondo si registrano, rispettivamente, quote del 16,3 e 16,9 per cento.
Ad un livello d’analisi territoriale più profondo l’invecchiamento della popolazione costituisce un
fenomeno caratterizzato da una variabilità molto elevata. La sua geografia non segue solo la classica
differenziazione tra un Centro-nord più anziano e un Mezzogiorno più giovane. La variabilità è notevole anche
all’interno delle stesse regioni del Centro-nord e del Mezzogiorno. Molto vasta è, infatti, la variabilità del livello
d’invecchiamento che si rileva fra province appartenenti alla medesima regione, così come, in alcuni casi, è
possibile inquadrare zone limitrofe ed omogenee benché collocate dal punto di vista amministrativo in regioni
diverse. Sulla base dei dati del 2005 si rileva come la popolazione anziana abbia raggiunto in alcune province
quote molto elevate (figura 1.1); il massimo si osserva in provincia di Savona con una percentuale di persone di
65 anni e più del 26,8 per cento, valore più che doppio rispetto a quello della provincia di Napoli (13,3 per
cento), che rappresenta il minimo. Da un confronto con i dati del censimento del 1991 si rileva un incremento
sia dei livelli minimi (ancora Napoli 9,9 per cento) che massimi (Trieste 24,1 per cento), con un campo di
variazione rimasto abbastanza stabile intorno al livello dei 14 punti percentuali. Le province più “vecchie” al
2005 sono concentrate nel Nord-ovest, in particolare in Liguria (26 per cento il minimo regionale detenuto dalla
provincia d’Imperia), ed in Piemonte (Alessandria 26 per cento, Vercelli 24,4 per cento, Asti 24,3 per cento,
Biella 23,9 per cento), e in Emilia-Romagna per quel concerne il Nord-est (Ferrara e Piacenza, ma anche
Ravenna, Bologna e Parma, mostrano valori compresi tra il 23,2 ed il 25,3 per cento). S’individua, pertanto,
un’area geografica costituita da province contigue che si estende su tre diverse regioni. Sempre nel Nord-est,
Trieste, pur perdendo il primato di provincia più vecchia d’Italia che deteneva nel 1991,
si mantiene su livelli
molto elevati con un 26,6 per cento di ultrasessantaquattrenni. Nel Centro, presentano valori particolarmente
elevati le province di Siena (25,1 per cento), Grosseto (24,8 per cento) e Terni (24,6 per cento). Le aree del
Paese dove più bassa è la quota d’anziani sono prevalentemente collocate nel Mezzogiorno. Infatti, mentre tra le
25 province più “vecchie” del Paese non ne figura alcuna del Mezzogiorno, tra le 25 province più giovani se ne
individuano ben 19, delle quali 7 nelle sole Isole. Tuttavia, anche nel Mezzogiorno non mancano realtà nelle
quali il livello d’invecchiamento supera il dato medio nazionale (19,5 per cento). Si tratta di tutte le province
dell’Abruzzo e del Molise, la più “giovane” delle quali è Teramo (20,2 per cento), mentre la più “vecchia” è
Isernia (22,3 per cento). Livelli superiori alla media nazionale si riscontrano, peraltro, anche in alcune province
di altre regioni del Mezzogiorno, come Benevento (20,6 per cento), Potenza (20,3 per cento), Messina (19,7 per
cento), Enna (19,9 per cento) e Oristano (19,8 per cento).
Informazioni interessanti derivano anche dalla considerazione degli aspetti strutturali dei Comuni secondo
le loro caratteristiche altimetriche (di montagna, collina o pianura) e dimensionali (ampiezza demografica). I
dati relativi al 2005 evidenziano che i Comuni con percentuale di ultrasessantaquattrenni inferiore al 10 per
cento, appena 59, si sono ridotti di otto volte rispetto al 1991 (dal 5,6 per cento allo 0,7 per cento); in questi
Comuni risiede l’1,5 per cento della popolazione totale e lo 0,7 per cento della popolazione anziana.
Parallelamente, i Comuni a più forte invecchiamento, dove si riscontra una percentuale di
ultrasessantaquattrenni superiore al 25 per cento, sono saliti dal 14 per cento nel 1991 al 25,5 per cento nel
2005; in questi Comuni risiede il 9,5 per cento della popolazione totale e ben il 13,5 per cento della popolazione
anziana.
I comuni più “vecchi” sono soprattutto quelli di modesta dimensione demografica e quelli collocati nelle
zone di montagna. Nei comuni fino a mille abitanti la percentuale di anziani oltre i 64 anni è in media del 25,9
per cento, in quelli di montagna del 21,6 per cento. Nei comuni di media dimensione, da 15 mila a 50 mila
abitanti, la percentuale di anziani scende al 17,9 per cento, per poi risalire nelle città fino a 250 mila abitanti
(19,6 per cento) e nei grandi comuni (21,2 per cento). L’invecchiamento risulta pertanto concentrato soprattutto
nelle grandi città e nei piccoli comuni: l’indice di vecchiaia è in media del 220 per cento nei comuni fino a mille
abitanti, scende al 121 per cento nei comuni con una popolazione compresa tra i 15 mila e i 50 mila abitanti e
risale al 161 per cento nelle grandi città (prospetto 1.3).
Prospetto 1.3 – Livello d’invecchiamento nei Comuni per classe di ampiezza demografica e zona altimetrica al 1°
gennaio 2005
TIPOLOGIA DEI
COMUNI Popolazione 65 annie più Popolazione 80 anni e più Indice di vecchiaia
Indice di dipendenza strutturale Indice di dipendenza anziani Residenti di 65 anni e più sul totale dei residenti di 65 anni e più in Italia
Residenti sul totale dei residenti in Italia
CLASSE DI AMPIEZZA DEMOGRAFICA
Fino a 1.000 25,9 7,6 219,5 60,5 41,6 2,5 1,9 1.001-3.000 21,6 5,8 159,5 54,1 33,2 9,3 8,4 3.001-5.000 19,9 5,2 141,4 51,4 30,1 7,8 7,7 5.001-15.000 18,4 4,6 126,5 49,2 27,5 22,5 23,7 15.001-50.000 17,9 4,4 120,9 48,8 26,7 21,9 23,7 50.001-250.000 19,6 5,1 140,2 50,4 29,4 19,4 19,3 Oltre 250.000 21,2 5,4 160,7 52,2 32,2 16,6 15,3 ZONA ALTIMETRICA Montagna 21,6 5,9 159,4 54,1 33,2 14,2 12,8 Collina 19,8 5,1 138,6 51,6 30,0 39,9 39,2 Pianura 18,7 4,6 131,7 48,8 27,8 45,9 47,9
Comuni montani fino a
500 residenti 28,6 8,9 274,8 64,0 46,9 0,4 0,2
Italia 19,5 5,0 137,8 50,6 29,3 100,0 100,0
1.2 - Conseguenze dell’invecchiamento e delle strategie di formazione e scioglimento delle famiglie sulla
composizione della popolazione per stato civile
Gli effetti dell’invecchiamento, oltre a riflettersi sulla popolazione in generale, hanno un inequivocabile
impatto sulla stessa allorquando la si consideri suddivisa per stato civile. Insieme alle strategie di formazione e
scioglimento della famiglia attuate nel corso degli anni, l’invecchiamento condiziona tanto l’ammontare quanto
la struttura per età dei celibi/nubili, dei coniugati, dei divorziati e dei vedovi. Ad esempio, le ondate del processo
riproduttivo, passando da un regime d’alta ad uno di bassa fecondità, come si è assistito in Italia nel corso degli
ultimi trent’anni, condizionano l’ammontare e la struttura della popolazione celibe/nubile, frenando di fatto la
disponibilità d’individui sul mercato coniugale e familiare. Sono le strategie di formazione della coppia, in
questo caso, che fanno sì che la popolazione celibe/nubile si sia mantenuta in equilibrio in conseguenza della
decisione sempre più diffusa di posticipare il matrimonio. Come ulteriore esempio di condizionamento tra
invecchiamento e struttura per stato civile si può citare l’effetto di una più prolungata sopravvivenza rispetto al
passato. Tale effetto si ripercuote sulla distribuzione per stato civile nelle età anziane, laddove il differenziale di
mortalità tra uomini e donne è tale che il numero di vedove sia nettamente superiore al numero di vedovi.
ravvedono particolari variazioni, all’infuori di un leggero incremento della popolazione con stato civile di
divorziato/a e una leggera diminuzione della popolazione celibi/nubili. Anche rispetto a dieci anni fa la struttura
per stato civile si è mantenuta abbastanza stabile. Rispetto al 1° gennaio 1995, infatti, la diminuzione della
popolazione celibe/nubile è stata circa di un punto percentuale (-1,1 per cento), mentre la popolazione coniugata
ha avuto un leggero incremento (+0,2 per cento) così com’è aumentata sia la popolazione divorziata (+0,6 per
cento) sia quella vedova (+0,2 per cento).
Analizzando i dati della popolazione per stato civile secondo il genere si evidenziano sostanziali differenze:
per i maschi è più alta la quota di coloro che non hanno ancora acquisito un legame coniugale (44,5 contro 36,3
per cento), mentre è più bassa la quota dei divorziati (1,2 contro 1,7 per cento) a causa di una più spiccata
propensione a contrarre seconde nozze. Infine, in virtù del già citato vantaggio di sopravvivenza femminile, la
percentuale di vedove è cinque volte superiore a quella dei vedovi.
Prospetto 1.4 – Popolazione per stato civile, sesso e classi d’età al 1° gennaio 2002-2005, distribuzione percentuale
2002
2003 2004 2005
STATO CIVILE
Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale TOTALE Celibi/Nubili 44,2 36,2 40,1 44,2 36,1 40 44,3 36,2 40,1 44,5 36,3 40,3 Coniugati/e 52,3 49,6 50,9 52,3 49,6 50,9 52,2 49,5 50,8 51,9 49,3 50,6 Divorziati/e 1,0 1,4 1,2 1,0 1,5 1,3 1,1 1,6 1,3 1,2 1,7 1,4 Vedovi/e 2,5 12,8 7,8 2,5 12,8 7,8 2,5 12,8 7,8 2,5 12,7 7,7 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 16-39 ANNI Celibi/Nubili 65,9 52,4 59,2 66,3 52,8 59,7 66,9 53,4 60,3 67,9 54,3 61,2 Coniugati/e 33,7 46,4 40,0 33,2 46,0 39,5 32,6 45,4 38,9 31,7 44,4 38,0 Divorziati/e 0,4 0,8 0,6 0,4 0,9 0,6 0,4 0,9 0,7 0,4 0,9 0,7 Vedovi/e 0,1 0,3 0,2 0,1 0,3 0,2 0,0 0,3 0,2 0,0 0,3 0,2 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 40-64 ANNI Celibi/Nubili 11,6 8,9 10,2 12 9,1 10,5 12,4 9,5 10,9 13,0 9,9 11,4 Coniugati/e 84,8 81,0 82,9 84,4 80,9 82,7 83,9 80,7 82,3 83,3 80,3 81,8 Divorziati/e 2,2 2,8 2,5 2,2 3,0 2,6 2,4 3,2 2,8 2,5 3,4 2,9 Vedovi/e 1,4 7,2 4,4 1,3 6,9 4,2 1,3 6,7 4,0 1,2 6,4 3,9 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 65 ANNI E PIÙ Celibi/Nubili 7,0 9,7 8,6 7,0 9,5 8,5 6,9 9,3 8,3 6,9 9,1 8,2 Coniugati/e 79,4 40,6 56,5 79,6 41 56,9 79,7 41,5 57,3 79,9 42,0 57,7 Divorziati/e 0,9 1,1 1,0 0,9 1,1 1,0 1,0 1,2 1,1 1,0 1,2 1,1 Vedovi/e 12,7 48,6 33,9 12,5 48,4 33,6 12,4 48,1 33,3 12,2 47,6 32,9 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
celibi ed un 31,7 per cento di coniugati, contro un 54,3 per cento di nubili ed un 44,4 per cento di coniugate.
Nella classe d’età 40-64 anni, invece, i celibi rimangono ancora, ma di poco, percentualmente superiori alle
nubili (13,0 e 9,9 per cento) mentre i coniugati superano le coniugate (83,3 e 80,3 per cento). In linea con le
conseguenze dell’invecchiamento e dell’adozione di stili di vita differenziati tra uomini e donne, in tale classe,
inoltre, è più alta la percentuale di divorziate e di vedove: 3,4 e 6,4 per cento contro, rispettivamente, 2,5 e 1,2
per cento dei maschi.
Prospetto 1.5 – Percentuale di celibi/nubili alle età 25-29 anni per sesso e provincia al 1° gennaio 2005
PROVINCE Maschi Femmine Totale PROVINCE Maschi Femmine Totale
Torino 82,8 64,6 73,9 Pisa 85,9 68,1 77,3 Vercelli 84,5 63,4 74,1 Arezzo 80,3 62,2 71,3 Biella 83,7 64,8 74,5 Siena 83,6 66,2 75,0 Verbano-Cusio-Ossola 86,1 66,1 76,4 Grosseto 85,4 69,3 77,5 Novara 82,9 62,1 72,9 Perugia 83,0 63,7 73,5 Cuneo 78,3 54,6 66,7 Terni 84,7 66,1 75,5
Asti 81,7 59,8 71,0 Pesaro e Urbino 82,9 63,1 73,1
Alessandria 84,7 64,9 75,0 Ancona 85,0 65,9 75,6
Aosta 84,2 65,0 74,9 Macerata 84,6 63,1 74,0
Varese 83,4 64,2 74,1 Ascoli Piceno 86,4 66,9 76,8
Como 84,0 63,8 74,1 Viterbo 84,4 63,5 74,1 Lecco 84,2 62,5 73,7 Rieti 86,2 66,6 76,6 Sondrio 84,8 61,4 73,3 Roma 87,9 73,3 80,6 Milano 86,4 69,4 78,1 Latina 84,0 63,9 74,1 Bergamo 82,2 57,8 70,4 Frosinone 83,6 62,5 73,1 Brescia 80,2 55,7 68,3 L'Aquila 87,2 70,2 79,0 Pavia 84,8 65,4 75,3 Teramo 83,9 64,2 74,1 Lodi 83,6 59,6 72,0 Pescara 84,7 65,3 75,1 Cremona 83,1 60,9 72,4 Chieti 85,6 65,3 75,6 Mantova 82,4 60,3 71,7 Isernia 85,3 66,2 76,3 Bolzano 88,6 72,5 80,7 Campobasso 86,0 66,0 76,2 Trento 82,5 58,8 70,8 Caserta 77,7 52,6 65,1 Verona 82,9 60,1 71,8 Benevento 84,3 61,9 73,0 Vicenza 81,9 57,4 70,1 Napoli 75,1 53,1 64,0 Belluno 85,8 66,0 76,0 Avellino 82,7 60,5 71,6 Treviso 82,0 61,9 72,3 Salerno 81,9 58,8 70,5 Venezia 86,1 68,9 77,8 Foggia 78,5 57,7 68,2 Padova 86,9 67,8 77,6 Bari 80,3 57,8 69,2 Rovigo 87,2 67,7 77,7 Taranto 80,1 59,1 69,8 Pordenone 82,7 62,3 73,1 Brindisi 79,1 58,7 69,0 Udine 86,2 68,2 77,5 Lecce 83,2 64,3 73,7 Gorizia 85,1 67,4 76,9 Potenza 85,7 62,3 74,3 Trieste 86,1 71,2 78,8 Matera 85,9 63,4 74,8 Imperia 84,2 66,9 75,6 Cosenza 83,1 61,4 72,3 Savona 86,9 69,8 78,3 Crotone 76,2 54,9 65,5 Genova 88,0 72,3 80,3 Catanzaro 82,0 59,9 71,1
La Spezia 85,9 68,6 77,3 Vibo Valentia 81,9 56,7 69,5
Piacenza 84,0 64,4 74,4 Reggio di Calabria 80,7 56,3 68,4
Parma 84,8 65,8 75,5 Trapani 81,7 54,1 68,1
Reggio nell'Emilia 80,2 58,0 69,3 Palermo 76,3 53,9 65,2
L’analisi territoriale della popolazione per stato civile fornisce interessanti spunti di riflessione in merito ai
comportamenti individuali sulla scelta della formazione o dello scioglimento della famiglia. Un chiaro esempio
è quello fornito dall’analisi del tasso di celibato/nubilato giovanile, calcolato come proporzione di celibi/nubili
in età compresa tra i 25 e i 29 anni sulla popolazione della stessa età (prospetto 1.5). I valori più bassi si
riscontrano nel Mezzogiorno, escludendo la Sardegna, con in testa le province siciliane dove spicca il minimo
assoluto di Caltanissetta con il 60,2 per cento di celibi/nubili (48 per cento le sole nubili), seguita da Ragusa
(61,1 per cento), Catania (64,2 per cento) ed Agrigento (64,3 per cento). Delle province del Nord, soltanto
Cuneo (66,7 per cento) e Brescia (68,3 per cento) presentano valori di celibato/nubilato giovanile molto bassi,
mentre la prima provincia del Centro è Arezzo (71,3 per cento) con un valore vicino a quello medio nazionale
(73,2 per cento).
Prospetto 1.6 – Percentuale di celibi/nubili alle età 50-54 anni per sesso e provincia al 1° gennaio 2005
PROVINCE Maschi Femmine Totale PROVINCE Maschi Femmine Totale
Torino 11,5 7,1 9,3 Pisa 9,3 6,5 7,9 Vercelli 12,4 6,7 9,6 Arezzo 10,0 5,9 7,9 Biella 12,3 7,3 9,8 Siena 10,8 6,7 8,7 Verbano-Cusio-Ossola 14,3 7,9 11,1 Grosseto 11,5 8,3 9,9 Novara 10,8 6,6 8,7 Perugia 10,7 7,5 9,1 Cuneo 14,1 6,3 10,3 Terni 10,2 7,5 8,8
Asti 12,4 6,2 9,3 Pesaro e Urbino 11,4 7,2 9,3
Alessandria 12,7 7,5 10,1 Ancona 10,1 6,4 8,3
Aosta 16,8 8,3 12,7 Macerata 11,8 6,5 9,1
Varese 10,4 7,5 9,0 Ascoli Piceno 9,9 6,3 8,1
Como 11,7 8,2 9,9 Viterbo 9,9 6,1 8,1 Lecco 12,6 9,4 11,0 Rieti 10,6 7,1 8,9 Sondrio 15,2 8,8 12,1 Roma 12,2 11,6 11,8 Milano 12,1 9,4 10,7 Latina 6,7 5,6 6,2 Bergamo 12,1 7,8 10,0 Frosinone 9,1 7,3 8,2 Brescia 12,1 7,9 10,1 L'Aquila 10,4 7,5 9,0 Pavia 13,4 7,6 10,5 Teramo 9,2 5,7 7,4 Lodi 12,4 6,7 9,6 Pescara 8,9 7,2 8,0 Cremona 14,7 7,7 11,3 Chieti 9,1 5,7 7,4 Mantova 11,2 7,6 9,4 Isernia 12,1 12,0 12,1 Bolzano 16,1 11,7 13,9 Campobasso 9,2 7,2 8,2 Trento 14,1 9,2 11,7 Caserta 6,1 8,7 7,4 Verona 11,7 7,7 9,7 Benevento 8,1 6,9 7,5 Vicenza 12,1 7,1 9,7 Napoli 7,4 9,6 8,5 Belluno 16,3 9,4 12,8 Avellino 8,7 8,5 8,6 Treviso 11,4 7,5 9,5 Salerno 7,6 8,3 8,0 Venezia 11,0 7,4 9,2 Foggia 7,5 8,4 8,0 Padova 11,9 8,4 10,2 Bari 6,3 8,2 7,3 Rovigo 10,8 7,5 9,2 Taranto 6,5 7,4 7,0 Pordenone 13,5 7,7 10,6 Brindisi 7,0 10,1 8,6 Udine 14,9 7,8 11,4 Lecce 6,1 10,3 8,3 Gorizia 14,9 7,7 11,3 Potenza 8,9 8,3 8,6 Trieste 13,9 8,4 11,1 Matera 7,2 8,0 7,6 Imperia 14,0 8,7 11,3 Cosenza 8,7 8,3 8,5 Savona 13,6 8,2 10,9 Crotone 7,4 9,0 8,2 Genova 14,1 9,3 11,7 Catanzaro 9,2 8,8 9,0
La Spezia 11,8 6,3 9,0 Vibo Valentia 11,1 8,8 10,0
Piacenza 14,9 8,5 11,7 Reggio di Calabria 10,6 9,1 9,8
Parma 13,2 8,9 11,0 Trapani 8,4 7,9 8,2
Reggio nell'Emilia 11,7 7,7 9,7 Palermo 8,8 11,2 10,0
È viceversa proprio la Sardegna, la regione nella quale il celibato/nubilato a queste età si presenta molto
elevato. Infatti, dopo Oristano, dove si rileva il massimo nazionale (84,4 per cento), le restanti province sarde si
assestano tutte ai primi posti della graduatoria. Per il resto, in quasi tutte le province del Centro-nord il mercato
matrimoniale – per scelta individuale o per oggettive difficoltà materiali – sembra assumere aspetti
notevolmente più critici. E’ interessante, da questo punto di vista, rilevare l’estrema diversità che sussiste tra le
province contenenti le aree metropolitane, quindi le più popolose, del Centro-nord e del Mezzogiorno. Infatti,
mentre le province di Roma, Genova, Firenze, Bologna, Venezia e Milano presentano valori elevati, compresi
nella fascia tra il 77 e l’81 per cento, le province di Napoli e Catania, oltre la già citata Palermo, sono
all’opposto estremo con valori del 64, 65 per cento. Si discostano da tale contesto la provincia di Bari (69,2 per
cento), con un valore tuttavia significativo per il Mezzogiorno, e le province di Torino e Verona più vicine alla
media nazionale.
Come ricordato in precedenza, all’aumentare dell’età lo scenario della composizione per stato civile tende a
mutare radicalmente, e le diversità territoriali che trapelano all’età giovanili tendono a sfumare. L’indicatore di
celibato/nubilato definitivo, calcolato come proporzione di celibi/nubili tra i 50 e i 54 anni sulla popolazione
della stessa classe d’età, offre chiare indicazioni a riguardo, considerando che oltre tal età i primi matrimoni
sono decisamente rari
1. Secondo tale indicatore, al 1° gennaio 2005, per il totale Italia, il 9,7 per cento della
popolazione non ha mai contratto matrimonio (prospetto 1.6). Le province nelle quali il celibato definitivo si
presenta in assoluto più basso sono quelle di Latina e Ragusa, che non superano il 7 per cento. Viceversa, così
come per il celibato giovanile, si conferma la singolarità delle province sarde per la presenza di livelli in
assoluto più elevati anche per il celibato definitivo: alla provincia di Nuoro, con il 18 per cento, spetta il primato
d’individui che non hanno mai vissuto l’esperienza coniugale, seguita da Oristano (14,3 per cento) e Sassari
(13,7 per cento). Per il resto, s’individuano valori elevati di celibato definitivo anche in numerose province
dell’arco alpino, dove sembrerebbe quasi che le particolari condizioni ambientali e d’isolamento della
popolazione, in luoghi dove è frequente la presenza sul territorio di Comuni di piccola dimensione demografica,
condizionino la formazione di famiglie. Le province di Bolzano, Belluno, Aosta, Sondrio, Trento e Pordenone,
con livelli di celibato definitivo intorno al 12-14 per cento, ne sarebbero una testimonianza. Lo stesso dicasi per
la provincia d’Isernia (12,1 per cento) nel Mezzogiorno, un’altra area del Paese con caratteristiche simili a
quelle dell’arco alpino, da anni sottoposta ai processi di spopolamento ed invecchiamento. Scendendo da Nord a
Sud si osserva una differenza di genere molto importante per quel che riguarda il celibato definitivo. A livello di
media nazionale quest’ultimo si presenta più accentuato per i maschi (10,9 per cento) che per le femmine (8,6
per cento) e questa peculiarità viene rispettata in tutte le province Centro-Settentrionali, dove generalmente si
rilevano proporzioni in entrambi i sessi più elevate. In molte province del Mezzogiorno, caratterizzato come
visto da proporzioni più contenute di celibato definitivo, sono sovente le femmine a superare i maschi nel
mancato matrimonio. Tra le possibili cause di tali differenze, si può citare per il Centro-nord una più alta
divorzialità, cui si accompagna un’elevata propensione dei divorziati a passare a seconde nozze con donne
nubili; inoltre non vanno dimenticati i movimenti migratori sull’asse Sud-Nord, i quali possono aver indotto
squilibri nel mercato matrimoniale tanto nelle regioni d’origine quanto in quelle di destinazione.
La propensione al divorzio, con tendenza in aumento e più elevata stando alle cifre nel Centro-nord
2, viene
confermata anche attraverso i dati strutturali sulla popolazione. In questo caso lo scioglimento del matrimonio
presenta delle diversità territoriali ancora più marcate che nelle situazioni prima ricordate. Infatti, a fronte di una
media nazionale di divorziati pari all’1,4 per cento, la collocazione di tutte le province del Mezzogiorno è ben al
di sotto di tale valore (prospetto 1.7). In particolare, all’infuori della provincia di Pescara, dove si registra la
percentuale massima di divorziati per il Mezzogiorno (1,2 per cento), nessun’altra provincia di tale ripartizione
supera l’1 per cento, con i livelli minimi, appena dello 0,4 per cento, rilevati nelle province di Nuoro e Crotone.
Lo scioglimento del matrimonio rimane quindi più diffuso nelle province del Centro-Nord. Le proporzioni
più alte di divorziati si raggiungono a Trieste (3,9 per cento) e ad Imperia (3,5 per cento), seguite ad una certa
distanza da Aosta, Genova, La Spezia e Savona (2,6 per cento). Livelli minimi di divorziati per il Nord si
riscontrano in alcune province lombarde, esattamente a Lecco (1,1 per cento) e Bergamo (1,2). Per il Centro, la
1
Nel 2002 la quota di primi matrimoni d’individui di oltre 54 anni d’età è stata dell’1 per cento per i maschi e dello 0,5 per cento per le femmine.
2Nel 2003 il tasso di divorzialità, calcolato come rapporto tra i divorzi concessi e la popolazione coniugata, è stato pari all’1,5 per mille su scala
provincia con la più elevata proporzione di divorziati è invece Livorno (2,1 per cento). I livelli minimi si
rilevino invece in tre province del Lazio, ossia a Frosinone (0,7 per cento), a Rieti (0,8 per cento) e a Latina (0,9
per cento). Tra i grandi bacini metropolitani si collocano in discreta posizione le province di Genova (2,6 per
cento) e di Bologna (2,5 per cento), seguite da Torino (2,2 per cento), e da Roma e Milano (2 per cento). Anche
tra le province del Mezzogiorno, nonostante un’evidente più bassa propensione al divorzio, sono tuttavia
sovente proprio i bacini metropolitani quelli dove si riscontra una più elevata percentuale di divorziati rispetto al
resto della ripartizione, come nel caso di Catania (0,9 per cento), Palermo (0,8 per cento) e Napoli (0,7 per
cento).
Prospetto 1.7 – Percentuale di divorziati per sesso e provincia al 1° gennaio 2005
PROVINCE Maschi Femmine Totale PROVINCE Maschi Femmine Totale
Torino 1,8 2,6 2,2 Pisa 1,2 1,7 1,5 Vercelli 1,9 2,3 2,1 Arezzo 1,2 1,6 1,4 Biella 2,0 2,6 2,3 Siena 1,2 1,7 1,4 Verbano-Cusio-Ossola 1,8 2,2 2,0 Grosseto 1,8 2,2 2,0 Novara 1,5 2,0 1,8 Perugia 1,0 1,5 1,3 Cuneo 1,6 1,9 1,7 Terni 1,2 1,7 1,5
Asti 1,7 2,1 1,9 Pesaro e Urbino 1,1 1,5 1,3
Alessandria 2,1 2,6 2,4 Ancona 1,0 1,4 1,2
Aosta 2,3 3,0 2,6 Macerata 0,9 1,3 1,1
Varese 1,5 1,9 1,7 Ascoli Piceno 0,8 1,1 1,0
Como 1,4 1,8 1,6 Viterbo 1,1 1,4 1,2 Lecco 1,0 1,2 1,1 Rieti 0,8 0,9 0,8 Sondrio 1,4 1,6 1,5 Roma 1,5 2,5 2,0 Milano 1,6 2,4 2,0 Latina 0,7 1,0 0,9 Bergamo 1,1 1,2 1,2 Frosinone 0,6 0,8 0,7 Brescia 1,3 1,8 1,6 L'Aquila 0,7 1,0 0,9 Pavia 1,7 2,1 1,9 Teramo 0,7 1,0 0,8 Lodi 1,2 1,5 1,4 Pescara 0,9 1,4 1,2 Cremona 1,3 1,6 1,5 Chieti 0,7 0,9 0,8 Mantova 1,4 1,8 1,6 Isernia 0,6 0,7 0,6 Bolzano 1,5 2,0 1,7 Campobasso 0,5 0,7 0,6 Trento 1,5 1,9 1,7 Caserta 0,3 0,6 0,5 Verona 1,4 1,9 1,7 Benevento 0,4 0,6 0,5 Vicenza 1,2 1,6 1,4 Napoli 0,5 0,9 0,7 Belluno 1,5 1,8 1,7 Avellino 0,5 0,7 0,6 Treviso 1,0 1,4 1,2 Salerno 0,5 0,8 0,6 Venezia 1,3 1,7 1,5 Foggia 0,4 0,7 0,5 Padova 1,2 1,6 1,4 Bari 0,5 0,8 0,7 Rovigo 1,2 1,4 1,3 Taranto 0,6 1,0 0,8 Pordenone 1,4 1,9 1,6 Brindisi 0,5 0,8 0,6 Udine 1,8 2,2 2,0 Lecce 0,5 0,8 0,6 Gorizia 2,1 2,7 2,4 Potenza 0,4 0,6 0,5 Trieste 3,3 4,5 3,9 Matera 0,5 0,5 0,5 Imperia 3,1 3,9 3,5 Cosenza 0,5 0,8 0,7 Savona 2,3 2,9 2,6 Crotone 0,3 0,6 0,4 Genova 2,2 3,0 2,6 Catanzaro 0,6 0,8 0,7
La Spezia 2,4 2,8 2,6 Vibo Valentia 0,4 0,6 0,5
Piacenza 1,4 1,7 1,6 Reggio di Calabria 0,5 0,8 0,6
Parma 1,6 2,1 1,9 Trapani 0,5 0,7 0,6
Reggio nell'Emilia 1,6 2,1 1,8 Palermo 0,6 1,0 0,8
Le diversità di genere tra i divorziati sono tali che, come già più volte ricordato, le femmine abbiano una
minore propensione a contrarre seconde nozze rispetto ai maschi e che, quindi, risultino percentualmente
superiori a quest’ultimi. A livello nazionale la proporzione di divorziate è pari all’1,7 per cento, quella di
divorziati è invece solo dell’1,2 per cento. Questa peculiarità è rispettata in maniera omogenea in tutte le
province e non sussistono particolari diversità territoriali da questo punto di vista. Tuttavia la differenza di
percentuale tra divorziati e divorziate aumenta passando dalle province del Mezzogiorno a quelle del
Centro-Nord, nonché passando da province meno densamente popolose a quelle contenenti le aree metropolitane.
Prospetto 1.8 – Percentuale di vedovi per sesso e provincia al 1° gennaio 2005
PROVINCE Maschi Femmine Totale PROVINCE Maschi Femmine Totale
Torino 2,7 13,5 8,2 Pisa 2,8 14,1 8,6 Vercelli 3,3 16,9 10,3 Arezzo 3,1 14,4 8,9 Biella 3,1 16,4 10,1 Siena 3,1 15,9 9,7 Verbano-Cusio-Ossola 2,9 15,8 9,6 Grosseto 3,1 16,3 10,0 Novara 2,6 14,9 8,9 Perugia 2,7 13,6 8,3 Cuneo 2,7 14,5 8,7 Terni 3,2 15,6 9,6
Asti 3,1 16,3 9,9 Pesaro e Urbino 2,5 13,8 8,3
Alessandria 3,4 17,5 10,7 Ancona 2,5 14,3 8,6
Aosta 2,6 14,6 8,7 Macerata 2,6 14,6 8,8
Varese 2,3 13,0 7,8 Ascoli Piceno 2,5 13,6 8,2
Como 2,2 12,7 7,6 Viterbo 2,9 14,1 8,7 Lecco 2,2 12,7 7,6 Rieti 3,1 14,6 9,0 Sondrio 2,2 14,0 8,3 Roma 2,3 11,4 7,0 Milano 2,3 12,7 7,7 Latina 2,0 10,7 6,4 Bergamo 2,1 12,0 7,1 Frosinone 2,6 12,0 7,4 Brescia 2,1 12,8 7,5 L'Aquila 2,7 14,1 8,5 Pavia 2,9 16,9 10,1 Teramo 2,2 12,7 7,6 Lodi 2,3 14,1 8,3 Pescara 2,3 12,7 7,7 Cremona 2,6 15,5 9,2 Chieti 2,7 13,5 8,2 Mantova 2,5 15,3 9,1 Isernia 3,2 13,7 8,6 Bolzano 1,8 10,7 6,3 Campobasso 2,9 13,3 8,2 Trento 2,0 12,8 7,5 Caserta 2,2 9,9 6,2 Verona 2,2 12,9 7,6 Benevento 3,0 12,8 8,0 Vicenza 2,0 12,2 7,1 Napoli 2,1 9,4 5,9 Belluno 2,8 16,7 10,0 Avellino 2,9 12,0 7,5 Treviso 2,0 12,6 7,4 Salerno 2,4 11,0 6,8 Venezia 2,5 14,0 8,4 Foggia 2,4 10,4 6,5 Padova 2,1 12,6 7,5 Bari 2,1 9,5 5,9 Rovigo 2,8 15,6 9,4 Taranto 2,2 10,4 6,4 Pordenone 2,4 14,4 8,5 Brindisi 2,3 11,1 6,9 Udine 2,8 16,1 9,7 Lecce 2,3 11,1 6,9 Gorizia 2,8 16,7 9,9 Potenza 2,8 12,3 7,7 Trieste 3,5 18,4 11,4 Matera 2,4 11,4 7,0 Imperia 3,3 16,0 10,0 Cosenza 2,4 11,2 6,9 Savona 3,4 16,7 10,4 Crotone 2,1 10,4 6,3 Genova 3,4 16,9 10,5 Catanzaro 2,2 11,6 7,0
La Spezia 3,1 17,4 10,6 Vibo Valentia 2,5 11,1 6,9
Piacenza 3,0 16,7 10,1 Reggio di Calabria 2,4 12,1 7,4
Parma 3,0 15,5 9,4 Trapani 2,2 12,2 7,4
Reggio nell'Emilia 2,7 13,9 8,3 Palermo 2,2 10,6 6,6
La diversa presenza di vedovi nelle varie province dipende in maniera sensibile dalla struttura per età che le
caratterizza. In particolare, è soprattutto il diverso peso della popolazione anziana, laddove si riscontra
maggiormente la presenza di vedovi, che spiega gran parte della variabilità territoriale. Ad esempio, il
coefficiente di correlazione provinciale tra la variabile “percentuale totale di vedovi” e la variabile “percentuale
totale di popolazione di 65 anni e più” è, per il 2005, altissimo e pari a 0,94. L’incidenza di vedovi varia da un
minimo del 5,9 per cento in provincia di Napoli ad un massimo dell’11,4 per cento in provincia di Trieste, per
un valore medio nazionale pari al 7,7 per cento (prospetto 1.8). In linea con i commenti in precedenza espressi
in merito alla variabilità territoriale dell’invecchiamento risulta, pertanto, che sono principalmente le province
del Centro-nord ad esprimere la più alta proporzione di vedovi.
2 - Nota metodologica
2.1 - Il trattamento statistico dei dati della rilevazione Istat/Posas
Tutti i modelli della rilevazione Istat/Posas inviati dai Comuni vengono sottoposti ad alcuni controlli di tipo
formale e sostanziale. In una prima fase si evidenziano gli errori del primo tipo, introdotti in fase di
registrazione o già presenti nei modelli (cartacei o informatizzati). I controlli formali segnalano la necessità di
correggere alcuni degli errori più frequenti, come l’errata specificazione degli anni di nascita, le incoerenze
relative allo stato civile, le omissioni e le inversioni nei codici di provincia e di comune, l’inversione di colonna
tra variabili, la mancata quadratura dei totali.
Conclusa questa prima fase, si procede ad un controllo di coerenza, incrociando informazioni provenienti
dalle diverse fonti di popolazione disponibili presso l’Istat. In particolare, tali fonti sono il XIV Censimento
generale della popolazione e delle abitazioni e la rilevazione “Movimento e calcolo della popolazione residente
annuale al 31 dicembre” (mod. Istat/P.2).
La prima fonte è utilizzata con lo scopo di monitorare le variazioni della popolazione per anno di nascita tra
il 21 ottobre 2001 (data del censimento) e il 31 dicembre 2001, primo istante di tempo successivo al censimento
in cui è stata scattata la fotografia delle anagrafi con la rilevazione Posas
3. Dopodichè, per le rilevazioni Posas
successive (al 31 dicembre 2002, 2003 e 2004) il monitoraggio delle variazioni per anno di nascita della
popolazione sarà effettuato confrontando l’ultima popolazione di fonte Posas corretta con l’ultima rilevata.
L’utilizzazione dei dati censuari ai fini della validazione dei dati della rilevazione Posas è illustrato nel
paragrafo successivo.
La seconda fonte è utilizzata per confrontare la popolazione residente totale al 31 dicembre riportata da
ciascun Comune (dati distinti per sesso, ma non per anno di nascita) con quella, analoga, riportata sul modello
Posas. Nella rilevazione Istat/P.2 l’ammontare della popolazione residente alla fine d’ogni anno è ottenuto
aggiungendo al dato definitivo della popolazione residente rilevata all’ultimo censimento i saldi naturali e
migratori relativi al periodo intercorrente tra il 21 ottobre 2001 e la fine dell’anno considerato. Tale ammontare
rappresenta la popolazione residente ufficiale per un comune. Nella rilevazione Posas, come già è stato ricordato
nell’introduzione, i dati sono raccolti aggregando per sesso, anno di nascita e stato civile le schede individuali di
residenza. La diversità del processo di raccolta delle informazioni tra le due fonti fa si che i totali di popolazione
delle due rilevazioni possano non coincidere. Possono esistere, infatti, delle differenze, anche consistenti, tra il
numero d’individui iscritti in anagrafe e la popolazione ufficiale del comune, problema che è particolarmente
evidente in quei Comuni dove non è stato effettuato il riallineamento censimento-anagrafe (prospetto 2.1).
Con riferimento al 31 dicembre 2004, la percentuale di Comuni nei quali il totale di popolazione coincide
nelle due rilevazioni è pari al 48 per cento (3.928 casi), mentre per il restante 52 per cento si verifica discordanza.
Va detto che è molto rilevante la percentuale di Comuni nei quali la discordanza tra le due fonti è abbastanza
contenuta e, precisamente, sono il 41 per cento (3.285 casi) i Comuni che hanno una differenza inferiore all’1 per
cento. Sommando le percentuali relative ai Comuni con coincidenza di totali o con discordanza fino all’1 per
cento, si rileva che nel nostro Paese l’89 per cento dei Comuni possiede una buona anagrafe, a testimonianza del
buon funzionamento del sistema di rilevazione della popolazione nel suo complesso.
Ciononostante, anche nelle situazioni nelle quali la differenza riscontrata è d’entità limitata è comunque
necessario procedere ad un riallineamento, per garantire unicità di risultati, riportando i totali di popolazione
risultanti dalla rilevazione Posas al vincolo dato dalla rilevazione P.2 che, come si è detto, fornisce la
popolazione ufficiale di ciascun Comune.
I casi in cui non si riscontra alcuna discordanza sono invece trattati a parte. Nonostante l’allineamento tra le
due fonti, infatti, possono emergere situazioni in cui la distribuzione per anno di nascita della popolazione
subisce delle variazioni da un anno all’altro non in linea con quelle che sono le attese. Quest’ultime si ricavano
3
Per scopi inerenti l’illustrazione della nota metodologica, in questo capitolo si preferisce usare il riferimento alla data del 31 dicembre anziché quello
grazie ai dati del censimento o ad altre informazioni. È il caso, ad esempio, della discordanza che si riscontra tra
il numero di nati della rilevazione Istat/P.2 e l’ammontare della prima generazione rilevata nella Posas, vale a
dire la popolazione d’età zero al 31 dicembre. Pur trattandosi d’aggregati diversi da un punto di vista definitorio
(le nascite costituiscono un aggregato di flusso, la popolazione d’età zero rappresenta uno stock) non si può
accettare che la loro differenza possa oltrepassare certi limiti, tenendo conto dell’entità dei movimenti
demografici che possono intercorrere tra la nascita e la fine dell’anno solare (eventuale successiva morte o
trasferimento di residenza per altro comune del neonato).
Prospetto 2.1 – Distribuzione dei Comuni secondo la differenza percentuale tra le popolazioni Istat/Posas ed
Istat/P.2, per provincia – situazione al 31 dicembre 2004
PROVINCE Nulla 0-1 per
cento 1-10 per cento Oltre il 10 per cento Percentuale di comuni entro il limite di 1%
PROVINCE Nulla 0-1 per cento 1-10 per cento Oltre il 10 per cento Percentuale di comuni entro il limite di 1% Torino 156 138 20 1 93,3 Pisa 24 12 3 0 92,3 Vercelli 48 32 6 0 93,0 Arezzo 24 15 0 0 100,0 Biella 44 31 7 0 91,5 Siena 18 16 2 0 94,4 Verbano-Cusio-Ossola 50 24 3 0 96,1 Grosseto 16 9 3 0 89,3 Novara 44 37 7 0 92,0 Perugia 22 30 7 0 88,1 Cuneo 163 67 20 0 92,0 Terni 17 15 1 0 97,0
Asti 61 41 16 0 86,4 Pesaro e Urbino 43 23 1 0 98,5
Alessandria 94 69 27 0 85,8 Ancona 19 27 3 0 93,9
Aosta 47 21 6 0 91,9 Macerata 43 12 2 0 96,5
Varese 73 57 11 0 92,2 Ascoli Piceno 41 30 2 0 97,3
Como 85 65 12 0 92,6 Viterbo 29 20 11 0 81,7 Lecco 56 32 2 0 97,8 Rieti 21 37 14 1 79,5 Sondrio 47 29 2 0 97,4 Roma 42 46 27 6 72,7 Milano 81 85 23 0 87,8 Latina 6 12 15 0 54,5 Bergamo 122 105 17 0 93,0 Frosinone 41 27 22 1 74,7 Brescia 113 81 12 0 94,2 L'Aquila 35 51 21 1 79,6 Pavia 110 62 18 0 90,5 Teramo 14 20 13 0 72,3 Lodi 27 28 5 1 90,2 Pescara 16 24 6 0 87,0 Cremona 83 30 2 0 98,3 Chieti 50 44 10 0 90,4 Mantova 48 21 1 0 98,6 Isernia 24 18 10 0 80,8 Bolzano 2 109 5 0 95,7 Campobasso 42 28 14 0 83,3 Trento 223 0 0 0 100,0 Caserta 17 47 38 2 61,5 Verona 57 39 2 0 98,0 Benevento 31 36 11 0 85,9 Vicenza 72 46 3 0 97,5 Napoli 11 46 34 1 62,0 Belluno 52 14 2 1 95,7 Avellino 53 50 14 2 86,6 Treviso 36 54 4 1 94,7 Salerno 45 83 29 1 81,0 Venezia 21 22 1 0 97,7 Foggia 27 27 8 2 84,4 Padova 37 65 2 0 98,1 Bari 11 31 6 0 87,5 Rovigo 28 22 0 0 100,0 Taranto 12 12 5 0 82,8 Pordenone 21 30 0 0 100,0 Brindisi 7 8 5 0 75,0 Udine 58 75 4 0 97,1 Lecce 44 44 9 0 90,7 Gorizia 6 18 1 0 96,0 Potenza 45 43 12 0 88,0 Trieste 2 3 1 0 83,3 Matera 14 15 2 0 93,5 Imperia 26 18 22 1 65,7 Cosenza 48 70 36 1 76,1 Savona 36 27 6 0 91,3 Crotone 5 13 8 1 66,7 Genova 31 28 8 0 88,1 Catanzaro 36 26 17 1 77,5
La Spezia 9 18 5 0 84,4 Vibo Valentia 11 26 11 2 74,0
Piacenza 25 22 1 0 97,9 Reggio di Calabria 23 43 31 0 68,0
Parma 32 14 1 0 97,9 Trapani 6 9 9 0 62,5
Reggio nell'Emilia 22 22 1 0 97,8 Palermo 24 46 12 0 85,4
Nella realtà, si riscontra non raramente una forte discordanza tra le due fonti; nella maggioranza dei casi la
prima generazione risulta sottoenumerata rispetto ai nati della rilevazione Istat/P.2 in misura decisamente
eccessiva rispetto a quanto è possibile ritenere accettabile. Considerato che applicando ai nati delle probabilità
di morte e di migrazione netta molto elevate, al più si potrebbe registrare una perdita dell’ordine dell’1,5 per
cento, si riscontra ad esempio che, per quanto riguarda la rilevazione al 31 dicembre 2004, oltre 600 Comuni
(7,5 per cento) presentano una differenza superiore al 3 per cento, ovvero superiore al doppio di tale limite. Se si
restringe poi l’analisi di questo fenomeno ai Comuni la cui popolazione della rilevazione Posas risulta
coincidente con quella della rilevazione Istat/P.2, sono oltre un centinaio i Comuni che, nonostante
l’allineamento perfetto, presentano un prima generazione della popolazione sottoenumerata
4.
Pertanto, una popolazione Posas allineata con quella di fonte Istat/P.2 costituisce un fatto che di per se non
sempre è sufficiente a garantire affidabilità statistica. Va infine precisato che, a parte il caso della prima
generazione, anche nelle restanti classi d’età possono riscontrarsi situazioni nelle quali, da un anno al
successivo, i livelli di popolazione subiscono impennate o crolli ingiustificati alla luce della pura probabilità
“demografica”. Si tratta di situazioni limite, dovute ad errori sfuggiti alla prima fase di controlli causati da
inesattezze nella compilazione del modello o nell’interrogazione dati dei sistemi informativi gestiti dai Comuni,
che rendono necessaria anche per i casi di popolazione Posas allineata un’apposita valutazione.
L’operazione di riallineamento viene eseguita con metodi statistici di cui è data illustrazione dettagliata nel
successivo paragrafo. Per sintetizzarne in breve il funzionamento, essa si basa su un sistema di test, predisposti
ad hoc, che misurano la significatività delle variazioni della popolazione per singolo anno di nascita tra la data
di una rilevazione e la successiva. Ci si chiede, in buona sostanza, se l’incremento/decremento della popolazione
registrato in una determinata classe d’età tra due istanti di tempo sia frutto soltanto di variazioni demografiche -
di variazioni che considerano cioè la sola dinamica naturale e migratoria - o se sia anche in tutto o in parte frutto
del fatto che l’anagrafe non risulta allineata alle evidenze dell’ultimo censimento. Tutte le valutazioni, e le
decisioni prese in merito alle variazioni della popolazione riscontrate in ogni singolo anno di nascita, si
muovono nel quadro del risultato fornito dal test statistico. Dal suo esito dipende la decisione di accettare o
respingere la variazione osservata (producendo in quest’ultimo caso una stima sostitutiva), considerando che i
limiti d’accettazione sono tenuti appositamente non troppo stringenti, per lasciar spazio alla variabilità che i
fenomeni demografici possono presentare tra i Comuni.
2.2 - Dal dato amministrativo al dato statistico
Una prima riflessione sulla metodologia di validazione deve tenere conto del periodo di tempo ristretto tra
la data del censimento 2001 ed il riferimento dati della prima rilevazione Posas post-censuaria, ossia il 31
dicembre 2001. Un periodo molto breve, due mesi e dieci giorni, considerando che la maggioranza dei Comuni
era all’epoca nel pieno dello svolgimento delle operazioni di censimento, prevalentemente dedicate alla
somministrazione ed alla raccolta dei fogli di censimento, ed all’invio all’Istat dei primi dati riepilogativi
provvisori. Per il completamento di tutti gli adempimenti, ai Comuni fu poi consentito, grazie ad un’apposita
circolare, di dilazionare la consegna dei modelli definitivi all’Istat fino all’estate del 2002. Di tale eventualità si
avvalsero opportunamente soprattutto i Comuni di media e grande dimensione demografica.
Si comprende, quindi, come in tale contesto siano potuti essere ben pochi i casi di Comuni che, avendo
completato per tempo tutte le operazioni censuarie, fossero nella condizione di inviare all’Istat il modello Posas
che si riferiva al 31 dicembre 2001, dopo un’accurata operazione di confronto tra censimento e anagrafe. Nella
realtà, pur tra mille sfumature e grand’eterogeneità territoriale, i Comuni trasmisero all’Istat un modello Posas
4
Diverse possono essere le cause alla base della eccessiva “mortalità” dei neonati (differenze di definizione, problemi nella compilazione del modello
che rispecchiava la “situazione di fatto” in anagrafe al momento della compilazione, più che risultare
rispondente ad un’attenta verifica d’ogni posizione individuale rispetto alle risultanze censuarie.
5Una misura di monitoraggio, sebbene indiretta, della situazione delle anagrafi dei Comuni rispetto
all’allineamento con il censimento è data dalla differenza percentuale tra la popolazione totale del comune di
fonte Istat/P.2 e quella di fonte Posas
6. Com’è stato già anticipato nel precedente paragrafo (prospetto 2.1), al 31
dicembre 2004 erano pari a circa l’89 per cento i Comuni che presentavano una differenza percentuale tra le due
fonti nei totali di popolazione inferiore all’1 per cento. Ma calcolando il medesimo indicatore con riferimento al
31 dicembre 2001, 2002 e 2003 si scopre che tali percentuali erano pari, rispettivamente, al 62 , al 77 e all’85
per cento (prospetto 2.2). Si è dunque verificato quello che era nelle aspettative, e cioè i Comuni hanno
impiegato un discreto tempo prima di “digerire” tutte le operazioni necessarie all’allineamento della loro
anagrafe alle risultanze del censimento. Ulteriore aspettativa confermata dall’evidenza dei dati è quella che vede
i Comuni caratterizzati da un maggior numero di residenti registrare un ritardo maggiore. Approfondendo,
infatti, l’analisi, andando a distinguere i Comuni secondo l’ampiezza demografica, si rileva che tra quelli con
popolazione superiore ai 15 mila residenti soltanto il 37 per cento, su una media generale del 62, presentava una
differenza percentuale nei totali di popolazione inferiore all’1 per cento alla data del 31 dicembre 2001. Nei
Comuni piccoli e medio-piccoli, al contrario, la situazione alla stessa data era nettamente più favorevole, con
percentuali vicine al 61 in quelli fino a 1.000 residenti, ed al 69 in quelli nella fascia da 1.000 a 3.000. Nelle
rilevazioni degli anni successivi, 31 dicembre 2002, 2003 e 2004, la situazione è andata poi migliorando per
qualunque tipologia d’ampiezza demografica, ma pur sempre in presenza di un notevole distacco tra la qualità
delle anagrafi dei Comuni piccoli e medi nei confronti di quelli più grandi.
È da ritenere, cosa del tutto auspicabile, che nei prossimi anni i Comuni proseguiranno questo positivo
trend di crescita verso anagrafi più allineate ai risultati censuari. Ne deriverebbe un guadagno molto importante,
sia sotto il profilo della gestione amministrativa sia sotto quello della qualità dei dati statistici diffusi. Nel
frattempo però occorre prendere atto di ciò che è avvenuto nei primi anni post-censuari e di come la situazione
si sia presentata molto eterogenea tra le diverse realtà del Paese.
La metodologia di validazione dei dati della rilevazione Posas, ossia il procedimento che consente di
trasformare dati amministrativi dalle problematiche succitate in dati fruibili sotto il profilo statistico, deve in
primo luogo rispondere a criteri d’elasticità, di funzionalità e di non eccessivo ritardo nei tempi di diffusione,
vista la domanda crescente da parte dell’utenza verso questo genere di statistiche
7. La metodologia,
radicalmente rinnovata rispetto a quella utilizzata in passato in occasione delle rilevazioni Posas degli anni
1992-2000
8, si basa sull’analisi statistica per singolo Comune dell’indicatore:
1 1 , 1 − − −
−
=
t x t x t x t t xP
P
R
d
5
Avendo come data di riferimento dei dati la situazione della popolazione al 31 dicembre 2001, i Comuni avevano tempo a disposizione fino al 15 marzo
2002 per trasmettere il modello Posas all’Istat. Pertanto è verosimile ritenere che i modelli Posas siano stati compilati da parte dei Comuni tenendo
conto chi in tutto, chi in parte e chi affatto del confronto censimento-anagrafe.
6
Nel corso delle operazioni censuarie ai Comuni era richiesto di “verificare” la posizione anagrafica (iscritto, non iscritto) di ciascun individuo censito.
Per ciascuna verifica fu previsto anche un compenso di L.1.000. I fogli di censimento contenevano un apposito campo che doveva essere “biffato” nel
caso di verifica effettuata. Ma la verifica era soltanto un’attività preliminare che, compiuta contestualmente al censimento, avrebbe poi consentito ai
Comuni di realizzare le operazioni di confronto vere e proprie, iscrivendo in anagrafe nuovi individui censitisi volontariamente nel Comune come
residenti e, viceversa, avviando le procedure di cancellazione per gli individui non censiti ma ancora iscritti in anagrafe. Per tale ragione, le statistiche
sulle “verifiche” non sono di per sé sufficienti per comprendere se un Comune abbia realizzato o meno il confronto, ma occorrono indicatori indiretti
come, per l’appunto, quello dato dalla differenza tra popolazione di fonte Istat/P.2 e popolazione di fonte Istat/Posas.
7
I tempi di rilascio dei dati della rilevazione Posas sono a regime pari a 13 mesi data. Con incrementi di produttività, volti soprattutto ad abbattere i tempi
di trasmissione dei modelli di rilevazione dai Comuni all’Istat, si potrebbe scendere in prospettiva futura fino a 10-11 mesi data. Ciò è possibile grazie
all’approccio metodologico utilizzato che nella validazione dei dati richiede la sola conoscenza dei dati definitivi di fonte Istat/P.2, usualmente
disponibili a 6 mesi data. In teoria, sarebbe possibile utilizzare un approccio totalmente diverso basato sulla logica dell’aggiornamento della
popolazione. Anziché utilizzare i modelli Istat/Posas, la popolazione al 31 dicembre per sesso, stato civile e classi d’età potrebbe ottenersi
“aggiornando” la popolazione censita con le poste demografiche correnti (iscrizioni e cancellazioni anagrafiche) suddivise secondo le medesime
caratteristiche strutturali. Tale approccio, tuttavia, formalmente più che corretto, allungherebbe a dismisura i tempi di diffusione delle statistiche sulla
struttura della popolazione, poiché le rilevazioni sulle poste demografiche (nascite, decessi, trasferimenti di residenza), riportanti informazioni a
carattere individuale, hanno attualmente un ritardo di diffusione superiore a quello della rilevazione Posas.
8
Si veda a tal proposito: Istat, “Popolazione per sesso, età e stato civile nelle province e nei grandi comuni - Nuove stime per gli anni 1993-1996”,
espressione nella quale il termine
xR
tcorrisponde alla popolazione della generazione nata nell’anno x di
fonte Posas rilevata nell’istante di tempo t, il termine
xP
t−1corrisponde alla popolazione ufficiale della
generazione nata nell’anno x rilevata nell’istante di tempo t-1, mentre il termine
xd
t−1,trappresenta la variazione
relativa della medesima generazione nell’intervallo t-1,t.
Prospetto 2.2 – Distribuzione dei Comuni secondo la differenza percentuale tra le popolazioni Istat/Posas ed
Istat/P.2 per ampiezza demografica dei Comuni, al 31 dicembre 2001-2004
Differenza percentuale Posas-P.2 (dati assoluti)
Differenza percentuale Posas-P.2 (dati assoluti) ANNO DI
RILEVAZIONE E CLASSE DI AMPIEZZA
DEMOGRAFICA Nulla 0-1 per
cento 1-10 per cento Oltre il 10 per cento comuni Totale
Nulla 0-1 per cento 1-10 per cento Oltre il 10 per cento
Percentuale di comuni entro il limite di 1% AL 31 DICEMBRE 2001 Fino a 999 336 861 750 29 1.976 17,0 43,6 38,0 1,5 60,6 1.000-2.999 157 1.664 797 38 2.656 5,9 62,7 30,0 1,4 68,6 3.000-6.999 37 1.154 620 18 1.829 2,0 63,1 33,9 1,0 65,1 7.000-14.999 13 583 373 6 975 1,3 59,8 38,3 0,6 61,1 15.000 e più 4 240 401 20 665 0,6 36,1 60,3 3,0 36,7 Totale 547 4.502 2.941 111 8.101 6,8 55,6 36,3 1,4 62,3 AL 31 DICEMBRE 2002 Fino a 999 648 883 422 27 1.980 32,7 44,6 21,3 1,4 77,3 1.000-2.999 486 1.671 471 27 2.655 18,3 62,9 17,7 1,0 81,2 3.000-6.999 123 1.322 348 16 1.809 6,8 73,1 19,2 0,9 79,9 7.000-14.999 34 724 229 4 991 3,4 73,1 23,1 0,4 76,5 15.000 e più 9 337 304 16 666 1,4 50,6 45,6 2,4 52,0 Totale 1.300 4.937 1.774 90 8.101 16,0 60,9 21,9 1,1 77,0 AL 31 DICEMBRE 2003 Fino a 999 1.069 597 287 17 1.970 54,3 30,3 14,6 0,9 84,6 1.000-2.999 1.006 1.332 306 14 2.658 37,8 50,1 11,5 0,5 88,0 3.000-6.999 516 1.043 226 5 1.790 28,8 58,3 12,6 0,3 87,1 7.000-14.999 250 587 163 3 1.003 24,9 58,5 16,3 0,3 83,4 15.000 e più 121 335 215 8 679 17,8 49,3 31,7 1,2 67,2 Totale 2.962 3.894 1.197 47 8.100 36,6 48,1 14,8 0,6 84,6 AL 31 DICEMBRE 2004 Fino a 999 1.249 505 195 9 1.958 63,8 25,8 10,0 0,5 89,6 1.000-2.999 1.372 1.062 214 8 2.656 51,7 40,0 8,1 0,3 91,6 3.000-6.999 741 888 156 6 1.791 41,4 49,6 8,7 0,3 91,0 7.000-14.999 366 513 125 3 1.007 36,3 50,9 12,4 0,3 87,3 15.000 e più 195 320 170 4 689 28,3 46,4 24,7 0,6 74,7 Totale 3.923 3.288 860 30 8.101 48,4 40,6 10,6 0,4 89,0
2.3 - Aggiustamento della struttura per anno di nascita al 31 dicembre 2001
e l’obiettivo sarà pertanto di esaminare le variazioni relative per generazione tra la popolazione censita e la
popolazione Posas. L’espressione è valida per tutte le generazioni prese in esame (fino a quella avente 111 anni
d’età al 31 dicembre 2001), all’infuori di quella nata nel 2001 per la quale come popolazione di riferimento
iniziale si è tenuto conto, oltre che dei censiti, anche dei nati nel secondo periodo dell’anno, ossia tra la data del
censimento ed il 31 dicembre 2001:
)
(
)
(
01 . 12 . 31 01 . 10 . 21 01 01 . 12 . 31 01 . 10 . 21 01 01 01 01 , 01 − −+
+
−
=
N
P
N
P
R
d
cens cens censLa figura 2.1 riporta a titolo d’esempio la distribuzione delle differenze relative per sesso ed anno di
nascita, così calcolate, per due Comuni rappresentativi, rispettivamente, di un Grande Comune (oltre 250 mila
residenti) e di un Comune di media dimensione (circa 6 mila residenti). Il caso relativo alla figura 2.1A, tipico
dei comuni a maggior ampiezza demografica, è illuminante. La distribuzione delle differenze nelle età giovanili
e centrali segue, infatti, un pattern che ricorda molto quello tipico dei fenomeni migratori moderni: differenze
positive ovunque, particolarmente accentuate nelle classi d’età comprese tra i 30 ed i 45 d’età ed in quelle della
prima infanzia. Tuttavia, poiché il confronto posto in essere è quello tra la popolazione censita e quella iscritta
nell’anagrafe al 31 dicembre 2001 del Comune A, che non risultava allineata al censimento (differenza del 10
per cento tra la popolazione totale Posas e quella di fonte Istat/P.2), c’è da chiedersi se l’entità delle variazioni
relative per anno di nascita riscontrate siano da attribuire ad effettive variazioni demografiche intercorse nel
periodo d’osservazione o al fatto che l’anagrafe risultava incoerente con i risultati censuari nel momento della
rilevazione Posas. E’ verosimile che la verità stia nel mezzo, ossia la differenza relativa così costruita è il frutto
tanto delle variazioni demografiche quanto delle incoerenze d’anagrafe.
Figura 2.1 – Differenze relative per sesso ed anno di nascita tra la popolazione Posas e la popolazione censita al 31
dicembre 2001 in due casi rappresentativi di Grande Comune (A) e di Comune medio-piccolo (B)
-1 -0,8 -0,6 -0,4 -0,2 0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 2001 1991 1981 1971 1961 1951 1941 1931 1921 1911 1901 1891 Anni di nascita D iff er enz a relat iv a Comune A Femmine Maschi -1 -0,8 -0,6 -0,4 -0,2 0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 2001 1991 1981 1971 1961 1951 1941 1931 1921 1911 1901 1891 Anni di nascita D iff er enz a relat iv a Comune B Femmine Maschi