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Sull’imperizia del Legislatore e sul buon senso della s. Corte in tema di interruzione del processo civile. - Judicium

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Academic year: 2022

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Gian Paolo Califano

Sull’imperizia del Legislatore e sul buon senso della s. Corte in tema di interruzione del processo civile.

1. - La sentenza in epigrafe ripropone antichi problemi in tema di interruzione del processo civile1; che, nel mentre il Legislatore latita da anni sul punto, ancora non trovano soddisfacente soluzione giurisprudenziale.

In primo luogo, la Suprema Corte ancora una volta ribadisce il suo granitico orientamento che disapplica innanzi a sé l’istituto dell’interruzione di cui agli artt. 299 ss. c.p.c. Parte della dottrina, infatti, e un consolidato ed antico orientamento giurisprudenziale2, ritengono che nel giudizio in cassazione, caratterizzato dall’impulso d’ufficio, non si applichi la disciplina dell’interruzione per alcuno dei motivi previsti negli artt. 299, 300 e 301 c.p.c. In tale ottica, l’evento può reagire soltanto nell’eventuale giudizio di rinvio; ed il principio non trova deroga nemmeno nei casi in cui, proposto il ricorso, possano rendersi necessari atti di parte o del suo difensore.

Ho già avuto occasione di elencare le attività difensive previste nel rito in cassazione, e, dunque di notare l’evidente vulnus costituzionale (oggi soprattutto alla luce dell’art. 111 cost. e della garanzia del contraddittorio inscindibilmente connessa al principio del giusto processo). E, resto convinto che, al

“venir meno della parte” in corso di causa può ammettersi che in cassazione resti “cristallizzato” solo il secondo capo dell’alternativa prevista in primo e secondo grado dall’art. 300, comma 1° c.p.c. (sicché ciò che in quei gradi è una possibile scelta dell’avvocato costituito per la parte “venuta meno”, può in cassazione risolversi nella regola generale). Ciò che, invece, mi sembra assai grave è che nessun rimedio si appresti, tutt’oggi, per il caso della morte, radiazione o sospensione dall’albo dell’avvocato costituito (con procura speciale). E che, a quasi trenta anni dalla famosa pronuncia della Corte costituzionale3 che, nel dichiarare inammissibile la questione, non volle sostituirsi essa stessa al Legislatore4, quest’ultimo non abbia trovato modo di risolvere il problema, pur chiaramente segnalato nell’occasione dal Giudice delle leggi. E che ancor oggi addirittura il processo innanzi alla Corte di cassazione non si interrompa nemmeno se a “venir meno” sia la parte (avvocato) che innanzi ad essa patrocina per se stesso5.

E bisogna accontentarsi del “generoso sforzo” della S. Corte, che, con procedura comunque “incerta”, in caso di morte dell’unico difensore, attestata dalla relata di notifica dell’avviso di udienza, rinvia la causa a nuovo ruolo, dandone comunicazione alla parte personalmente6. Sforzo generoso ma non certo soddisfacente7.

1 Per una trattazione organica dell’istituto disciplinato dagli artt. 299 ss. c.p.c. v. PUNZI, L’interruzione del processo, Milano, 1963 e, se vuoi, CALIFANO, L’interruzione del processo civile, Napoli, 2004.

2 Per un panorama dottrinale e giurisprudenziale v. CALIFANO, op. cit., pp. 238 ss.; e, più di recente: SALETTI, Interruzione del processo, in Enc. Giur. It., XVII, Roma, 1989, 3, che giustamente nega il preteso rapporto tra il rito costruito sul principio dell’impulso di ufficio e la disapplicazione dell’istituto dell’interruzione. E, quanto alla giurisprudenza più recente, sempre per la disapplicazione dell’istituto, v. Cass. sez. un., 5 luglio 2004, n.

12265, in Rep. Foro it., 2005, voce Cassazione civile, n. 302; Cass. 3 dicembre 2015, n. 24635, in Rep. Foro it., 2015, voce cit., n. 191; Cass. 13 febbraio 2014, n. 3323, in Rep. Foro it., 2014, voce cit., n. 234; Cass. 31 maggio 2012, n. 8685, in Rep. Foro it., 2012, voce cit., n. 172; Cass. 31 ottobre 2011, n. 22624, in Foro it., 2012, I, 813; Cass. sez. trib., 6 agosto 2008, n. 21188, in Fisco, I, 2008, 6342, che nega l’interruzione anche per sopravvenuto fallimento di una delle parti; conf. Cass. 13 ottobre 2010, n. 21153, in Rep. Foro it., 2010, voce cit., n. 198..

3 Corte cost., 18 marzo 2005, n. 109, in Giust. civ., 2005, I, 1444, con ampia nota di richiami di dottrina e giurisprudenza; e in Giur. it., 2005, p. 1876, con nota di CONTE, Morte del difensore e processo in cassazione: “prudenti” sviluppi giurisprudenziali delle Sezioni unite; e v. anche Corte cost., 20 dicembre 1988, n. 1110, in Foro it., 1989, I, 342, con nota redazionale ma critica di Proto Pisani.

4 In termini v. tra gli altri, AA.VV., La cassazione civile, in Giurisprudenza sistematica di diritto processuale civile, diretta da A. Proto Pisani, p. 663.

5 Nel senso che almeno in tali casi si possa e debba applicare anche in tal sede l’istituto dell’interruzione v. Cass. 1 marzo 1993, n. 2507, in Rep.

Foro it., 1993, voce Cassazione civile, n. 103 e Cass. (ord.) 22 agosto 1990, n. 564, in Giust. civ., 1990, I, 2829. Ma, in senso opposto: Cass. sez. un., 14 ottobre 1992, n. 11196, in Giust. civ., 1992, I, 2330.

6 Cass. 20 settembre 2013, n. 21608, in Rep. Foro it., 2013, voce cit., n. 225; Cass. Cass. 10 ottobre 2007, n. 21142, in Rep. Foro it., 2007, voce cit., n.

329 e Cass. 24 novembre 2009, n. 24681, in Rep. Foro it., 2009, voce cit. n. 229. E v. anche Cass. 31 marzo 2006, n. 7694, in Rep. Foro it., 2006, voce

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2. - Il secondo principio riproposto dalla sentenza in epigrafe (e per il quale “la morte o la perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, dallo stesso non dichiarate in udienza o notificate alle altre parti, comportano, giusta la regola dell'ultrattività del mandato alla lite, che: a) la notificazione della sentenza fatta a detto procuratore, ex articolo 285 c.p.c., è idonea a far decorrere il termine per l'impugnazione nei confronti della parte deceduta o del rappresentante legale di quella divenuta incapace; b) il medesimo procuratore, qualora originariamente munito di procura alla lite valida per gli ulteriori gradi del processo, è legittimato a proporre impugnazione - ad eccezione del ricorso per cassazione, per cui è richiesta la procura speciale - in rappresentanza della parte che, deceduta o divenuta incapace, va considerata, nell'ambito del processo, tuttora in vita e capace; c) è ammissibile la notificazione dell'impugnazione presso di lui, ai sensi dell'articolo 330 c.p.c., comma 1, senza che rilevi la conoscenza "aliunde" di uno degli eventi previsti dall'articolo 299 c.p.c. da parte del notificante”) è, poi, in sé informato a buon senso: nella variegata e contraddittoria casistica giurisprudenziale8 la Corte aderisce, qui, alla costruzione che meglio tutela la buona fede della parte estranea all’evento (non formalmente9 dichiarato in giudizio dall’avvocato costituito per la parte venuta meno). Evento che, a tale parte può essere rimasto sconosciuto.

Buona fede che, viceversa, lascerebbe il passo ad un onere di ovvia diligenza nel caso in cui alla parte estranea all’evento fosse notificata la sentenza ad istanza degli eredi della parte defunta nel corso del precedente grado di giudizio10. E dove, mi sembra, l’eventuale notificazione dell’impugnazione alla parte deceduta sarebbe, nella specie, da considerare come inesistente. In buona sostanza, nel silenzio dell’art.

300, comma 1° in ordine ai limiti temporali della c.d. ultrattività della procura per il caso che l’evento non sia dichiarato ad ogni effetto di legge nel corso del grado di giudizio ove si sia verificato, apprezzabili mi sembrano gli orientamenti che valutano e tutelano, caso per caso (e secondo elementi formali ed inequivocabili) la buona fede della parte che non può in alcun modo restare danneggiata dal silenzio della controparte11.

cit., n. 385, la quale pone un limite al generoso tentativo della Suprema corte di porre un qualche rimedio al sopravvenuto difetto del contraddittorio. E stabilisce che “il principio secondo il quale, alla morte dell’unico difensore, avvenuta dopo il deposito del ricorso e prima dell’udienza di discussione, ed attestata dalla relata di notifica dell’avviso di udienza, determina la necessità di rinviare a nuovo ruolo la causa dandone comunicazione alla parte personalmente, per consentirle la nomina del nuovo difensore, non trova applicazione nel caso di decesso del domiciliatario, poiché in tale ipotesi il difensore extra districtum ha avuto piena possibilità da un lato, di contattare il domiciliatario in ogni momento, dall’altro, di essere informato dalla cancelleria a mezzo posta della fissazione dell’udienza; pertanto in siffatta ipotesi è valida la comunicazione dell’avviso di udienza effettuata al difensore presso la cancelleria della corte”.

7 Cfr., per tutti, FINOCCHIARO, L’interruzione “dimezzata” in cassazione, in nota a Cass. Sez. un., 13 gennaio 2006, n. 477, in Riv. dir. proc., 2006, pp.

1430 ss.

8 Sugli sbandamenti giurisprudenziali in ordine agli effetti della mancata dichiarazione dell’evento nei successivi gradi di giudizio v., se vuoi, ancora CALIFANO, L’interruzione del processo civile, cit., pp. 191 ss.

9 Si ricordi che la dichiarazione da parte del procuratore, di uno degli eventi che, a norma dell’art. 300 c.p.c., comportano l’interruzione del processo, deve essere finalizzata al conseguimento di tale effetto o corredata dei necessari requisiti formali(quali la formulazione in udienza o in atto notificato alle altre parti), sicché non determina interruzione del processo la dichiarazione contenuta nella comparsa conclusionale, nella quale il difensore si sia limitato a chiedere la fissazione di apposita udienza istruttoria, riservandosi in tal sede di dichiarare l’evento: Cass. 28 settembre 2015, n. 19139, in Rep. Foro it., 2015, voce Procedimento civile, n. 344.

10 Nella stessa logica del testo si è infatti affermato, ad esempio, che “in caso di evento interruttivo del processo, qualora si verifichi la cessazione della rappresentanza legale dei genitori a seguito del raggiungimento della maggiore età del figlio e l’atto di riassunzione venga fatto dal procuratore investito del mandato originario dai genitori spendendo solo il nome del figlio, viene meno l’ultrattività della originaria procura”: Cass.

10 luglio 2015, n. 14518, in Rep. Foro it., 2015, voce Procedimento civile, n. 348.

11 Posta la natura eccezionale dell’art. 300, comma 1°, c.p.c., si è invece purtroppo a mio giudizio correttamente affermato (Cass. 6 agosto 2015, n.

16555, in Corr. Giur., 2015, 1303, con nota di GLENDI, Ultrattività del mandato e venir meno della parte nel processo), che: “l’ultrattività del mandato costituisce una tecnica di stabilizzazione processuale della parte indispensabile solo nei casi in cui l’evento menomativo della capacità colpisce la parte costituita in giudizio con difensore munito di valido mandato, per cui la stessa non opera nel caso di parte contumace deceduta nel corso del giudizio di rimo grado; l’atto di appello notificato alla parte contumace deceduta in forma collettiva e impersonale oltre il termine

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annuale dalla morte, anziché agli eredi, anche se l’evento sia incolpevolmente ignorato dalla parte appellante, è inidoneo a costituire il rapporto processuale nel giudizio di appello nei loro confronti”.

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