Prof.ssa Manuela De Rosa AA 2016/2017
I PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI
I PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI
Percorso clinico-assistenziale, percorso (o profilo) di cura, percorso diagnostico-terapeutico assistenziale (PDTA) sono sinonimi.
Il percorso costituisce lo strumento finalizzato all’implementazione delle linee guida[1] (LG) o delle raccomandazioni scientifiche di buona pratica clinica e risulta dall’integrazione di due componenti: le raccomandazioni cliniche delle LG di riferimento e gli elementi di contesto locale in grado di condizionarne l’applicazione.
I PDTA rappresentano, quindi, la contestualizzazione e l’adattamento locale di una Linee Guida e sono strumenti di Governo Clinico che permettono alle aziende sanitarie di delineare, rispetto ad una patologia o ad un problema clinico, la migliore sequenza di azioni da effettuare o, in altre parole, il miglior percorso praticabile all'interno della propria organizzazione, sulla base delle linee guida ed in relazione alle risorse disponibili.
[1]Raccomandazioni di comportamento clinico, elaborate mediante un processo sistematico, con lo scopo di assistere medici e pazienti nel decidere quali siano le modalità assistenziali più appropriate in specifiche situazioni cliniche. Institute of Medicine. Guidelines for Clinical Practice. From Development to Use. Washington DC: National Academy Press, 1992
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Il percorso clinico-assistenziale è costituito da diversi processi assistenziali che, in relazione al numero di strutture e professionisti coinvolti, possono essere semplici o estremamente complessi.
La strutturazione di un percorso permette di valutare
l’adeguatezza delle attività svolte rispetto agli obiettivi,
l’appropriatezza degli interventi rispetto alle linee guida
di riferimento ed alle risorse disponibili. Inoltre, consente
il confronto (benchmarking) e la misurazione delle
attività e degli esiti con indicatori specifici, al fine del
miglioramento dell'efficacia e dell'efficienza delle
prestazioni assistenziali.
Uscita Ingresso
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PERCORSO IDEALE
PERCORSO REALE
Paziente Ricovero
o presa in carico
Dimissione o cessione
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La scelta di utilizzare l'espressione di "percorso diagnostico-terapeutico-assistenziale” è dovuta principalmente ai termini "diagnostico", "terapeutico" e
"assistenziale" che sottolineano la presa in carico complessiva - dalla prevenzione alla riabilitazione - della persona che ha un problema di salute, che frequentemente richiede il contributo di più attori, con interventi multiprofessionali e multidisciplinari rivolti nei diversi ambiti clinico-assistenziali che costituiscono le tappe del processo di cura.
Inoltre, il termine "percorso", più di altri termini, rende
ragione sia dell’esperienza del cittadino/paziente, sia
dell'impatto organizzativo che lo strumento dei PDTA
può avere nella realtà aziendale.
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La costruzione e l’implementazione del PDTA
La costruzione di PDTA prevede alcuni
fasi fondamentali,ognuna a sua volta articolata in una serie di passi:
• Scelta del problema e ricognizione dell'esistente;
• Revisione e valutazione critica della letteratura;
• Adattamento e costruzione del “percorso di riferimento
aziendale”.
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Scelta del problema e ricognizione dell'esistente
La scelta del problema di salute o della problematica clinico-organizzativa, da affrontare nella costruzione di un PDTA, deve basarsi sull’analisi di impatto dei problemi assistenziali o delle criticità clinico–organizzative esistenti e sulla
possibilità di reale intervento, rispetto alla pratica corrente.
I criteri di priorità che possono incidere sulla scelta sono:
• variabilità e disomogeneità delle prestazioni;
• prevalenza, incidenza o mortalità della patologia;
• presenza di linee guida specifiche di buona qualità;
• presenza di evidenze di buona qualità;
• impatto economico ed organizzativo della problematica.
La ricognizione dell’esistente è mirata alla descrizione di quanto accade ad un
“paziente tipo” nel suo percorso “effettivo” di diagnosi e/o di terapia e/o di
assistenza sulla base dell’analisi della documentazione già esistente all'interno dell’azienda, integrata da ulteriori informazioni raccolte dagli attori coinvolti nel processo di “care”.
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Revisione e valutazione critica della letteratura
In parallelo alla valutazione dei comportamenti esistenti
e della descrizione del percorso effettivo, devono essere
ricercate le fonti di letteratura e le linee guida di buona
qualità relative al problema individuato, con lo scopo di
definire le migliori pratiche professionali e gestionali,
sulle quali disegnare un percorso ideale, che serva da
riferimento e confronto per valutare incongruenze e
punti critici del percorso effettivo oggetto di modifica.
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Adattamento e costruzione del “percorso di riferimento aziendale”
Identificati gli obiettivi assistenziali e gli outcomes attesi, viene strutturato, sulla base della linea guida e delle singole raccomandazioni scientifiche con le
evidenze più robuste, un percorso aziendale di riferimento che rappresenta la migliore sequenza temporale e spaziale possibile delle attività da svolgere nel contesto della specifica situazione organizzativa, degli ostacoli rilevati e delle risorse disponibili.
In ciascun PDTA è necessario identificare le diverse fasi del processo assistenziale, considerando non solo gli aspetti clinici, ma anche quelli organizzativi. Pertanto, se le LG raccomandano quali interventi sanitari dovrebbero essere effettuati in relazione a specifiche categorie di pazienti (cosa), un PDTA deve definire per ogni fase del processo assistenziale anche:
• chi: i professionisti responsabili;
• dove: i diversi setting in cui viene erogato;
• quando: le tempistiche cliniche e organizzative;
• come: la descrizione delle procedure operative.
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Le singole fasi del processo sono considerate appropriate o inappropriate in relazione al grado di aderenza alle raccomandazioni cliniche delle LG ed al tasso di appropriatezza misurato attraverso gli indicatori di processo.
Dopo aver definito la successione tempo-spaziale delle
azioni necessarie e realizzabili, sono eliminate le azioni
ritenute non necessarie o ridondanti, con l’obiettivo di
ottenere il miglior risultato (efficacia), di utilizzare la
miglior pratica clinica (appropriatezza) e di ottimizzare
risorse e tempi (efficienza). Va inoltre pianificato
l’aggiornamento (updating) del percorso.
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Diffusione
Una volta strutturato, il PDTA va diffuso all’interno dell’azienda a tutti i professionisti coinvolti secondo i canali della comunicazione interna e reso disponibile a tutti.
Implementazione: sperimentazione e applicazione
Può essere utile una fase pilota di sperimentazione allo scopo di valutare la fattibilità dell’applicazione del nuovo percorso di riferimento aziendale in ambito assistenziale e organizzativo e di correggere le azioni che non risultino congruenti con il
raggiungimento degli obiettivi prefissati. Durante questa fase sono raccolte le aree di criticità, come l’impossibilità ad attuare alcuni passaggi o la necessità di inserire
indicazioni o azioni diversamente da quanto descritto nel PDTA di riferimento.
L’applicazione è la fase successiva a quella pilota e consiste nell’applicazione
del PDTAall’intera organizzazione attraverso adeguate strategie di implementazione.
Valutazione
Una volta implementato il PDTA, occorre pianificare opportuni momenti di verifica dell’applicazione e dei risultati ottenuti.
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I principali requisiti per la costruzione di un PDTA Per ciascun PDTA che si intende attuare è necessario indicare o definire:
• il committente;
• il gruppo di lavoro;
• la letteratura di riferimento;
• l’ambito di applicazione e criteri di
inclusione/esclusione al PDTA da parte dei pazienti .
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Il committente
Il committente è il soggetto che assume la responsabilità e definisce la modalità con cui intende recepire il PDTA: in linea generale dovrebbe coincidere con la massima funzione gestionale.
Può corrispondere ad esempio alla Regione o alla Direzione
Aziendale/Collegio di Direzione, alla Direzione Medica o Infermieristica, alla Direzione del Dipartimento.
Il committente individua il soggetto che coordina il gruppo di lavoro nelle attività di predisposizione del PDTA e il responsabile del percorso una volta implementato.
Le proposte, una volta formalizzate, devono rientrare nella programmazione aziendale, fra gli obiettivi di budget annuali.
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Il gruppo di lavoro
Il gruppo di lavoro è costituito ad hoc per sviluppare il PDTA individuato, i cui membri devono essere competenti rispetto al processo di diagnosi, cura e assistenza della patologia prescelta, motivati e in grado di motivare gli altri operatori (il coinvolgimento di tutte le competenze professionali è indispensabile per assicurare il consenso locale su un PDTA, rendendone possibile l'applicazione).
Caratteristiche essenziali del gruppo di lavoro sono:
• la multidisciplinarietà e la multiprofessionalità, comprese le competenze organizzativo-gestionali;
• del gruppo di lavoro deve far parte un esperto in EBM/EBN per il supporto metodologico nella revisione e valutazione della letteratura;
• è raccomandabile che il gruppo sia composto da un piccolo numero di componenti (è consigliato un range di numerosità variabile tra 9 e 15) che abbiano la facoltà e l’obbligo di avvalersi di ulteriori risorse necessarie alla progettazione ed alla verifica del percorso;
• deve essere anche verificata l'opportunità di partecipazione e relativo momento di inserimento nel gruppo, di un rappresentante degli utenti o di specifiche associazioni di pazienti.
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La letteratura di riferimento
Al fine di arrivare alla definizione di un buon percorso di riferimento che descriva quale sia la migliore pratica, alla luce delle attuali
evidenze scientifiche, sono stati proposti diversi modelli (RNAO, 2002; Cartabellotta e Potena, 2001; SIGN, 2008).
Tra le diverse proposte, in questo contesto, è stata utilizzata quella di Cartabellotta e Potena.[1]
Occorre precisare che il loro contributo è volto a supportare
l’introduzione di programmi aziendali di linee guida: i principi da loro proposti possono essere facilmente utilizzati nella costruzione di PDTA aziendali o di protocolli realizzati a livello dipartimentale o di unità operativa.
[1]Cartabellotta A. Potena A. La Guideline entra in Azienda. Il Sole 24 Ore Sanità e Management, aprile 2001.
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Passaggi:
Costituzione di Gruppo di Lavoro Aziendale Multiprofessionale (GLAM) FAIAU:
F - finding, trovare le linee guida di riferimento;
A - appraising, valutare le linee guida reperite al fine di selezionarne una di riferimento;
I - integrating, integrare la linea guida prescelta come riferimento rispetto alle lacune temporali o relative ai contenuti;
A - adapting, adattare i contenuti delle raccomandazioni della linea guida al contesto locale, o se non è possibile modificarne i contenuti, definendo le modalità operative con cui realizzarne i principi;
U - updating, definire le modalità di aggiornamento della linea guida.
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GLAM
F – finding
I – integrating A – appraising
A – adapting U – updating
Mandato del committente
Diffusione
Implementazione
Valutazione
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Finding (ricerca della LG)
Rispetto al reperimento della letteratura, funzionale ad individuare lo standard assistenziale, è consigliato
approcciare le risorse disponibili con una sequenzialità
ed un ordine logico. In particolare se l’attenzione del
PDTA è rispetto alla gestione di una condizione o di
una patologia, dato che le linee guida rappresentano il
documento che al meglio supporta tematiche di questo
tipo, è consigliato iniziare la ricerca sui siti che offrono
l’accesso a questo tipo di risorsa.
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Se il focus del PDTA riguarda un aspetto più specifico, oppure non sono reperibili linee guida di riferimento di buona qualità, lo strumento che meglio è in grado di supportare i professionisti è rappresentato dalle revisioni sistematiche ed in seconda battuta dai singoli studi primari o dalle sinossi di questi studi.
In questo caso le fonti maggiormente utili sono
rappresentate dalla Cochrane Library, dal Joanna
Briggs Institute, dalle banche dati generali quali
PubMed Emabse, Cinahl o, in ultima istanza, dalle
singole riviste (meglio se secondarie come EBN online).
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Trovare i documenti di riferimento
Data base
Parole chiave
Doc.ti rilevati
Doc.ti
selezionati
Riferimenti documenti
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Appraising (valutazione critica della LG)
Una volta effettuata la revisione della letteratura ed avere individuato i documenti di
riferimento occorre realizzarne un’accurata valutazione critica, secondo modalità specifiche per la tipologia degli studi individuati. Se si tratta di linee guida, occorre innanzi tutto che siano rispettati tre criteri di qualità:
• presenza del gruppo multidisciplinare/multiprofessionale che ha redatto la linea guida;
• descrizione dettagliata della metodologia di ricerca delle fonti;
• chiara esplicitazione del sistema di grading utilizzato.
Se più linee guida rispondono a questi tre criteri, occorre valutare criticamente i documenti:
attualmente il miglior strumento di valutazione critica è rappresentato dall’AGREE II, che consente di valutare se la linea guida è stata costruita con rigore o meno. La compilazione di AGREE II è particolarmente importante nel caso in cui siano disponibili più linee guida: in questo caso è consigliato scegliere il documento di riferimento di miglior qualità, resistendo dalla tentazione di costruire il proprio standard mediante il collage di raccomandazioni che derivano da linee guida diverse. A causa della grande variabilità della qualità metodologica con cui le linee guida sono prodotte vi è infatti il rischio di prendere come riferimento
raccomandazioni che sono state costruite con procedimenti non rigorosi.
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Integrating (integrazione della LG)
Per arrivare alla produzione di uno standard assistenziale basato sulle evidenze ed aggiornato, dopo avere valutato i documenti di riferimento, occorre verificare in che misura questi sono aggiornati ed esaustivi, rispetto agli aspetti di interesse.
Se alcuni aspetti pratici non sono trattati, parzialmente chiariti o se il materiale reperito risale ad alcuni anni precedenti, è necessario
approfondire la ricerca in letteratura.
Tale necessità può emergere, ad esempio, se si è scelta una linea guida uscita da tre anni: in questo caso l’integrazione andrà compiuta non solo rispetto agli ultimi tre anni, ma negli ultimi quattro, dato che è estremamente probabile che la raccolta della bibliografia su cui si sono basate le raccomandazioni si sia fermata almeno un anno prima dalla pubblicazione definitiva.
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Adapting (adattamento della LG)
Al fine di arrivare ad uno standard applicabile occorre che il gruppo di lavoro declini i contenuti delle linee guida al contesto locale. Ciò significa definire lo standard in modo che la pratica quotidiana possa rispecchiare le raccomandazioni e le evidenze, seppur nell’ambito delle caratteristiche e dei vincoli che caratterizzano il contesto locale.
Una strategia per favorire l’implementazione delle linee guida è la trasformazione delle raccomandazioni in modo tale che sia evidente quale comportamento deve essere tenuto da chi, quando, dove e come. Questo comporta la necessità/opportunità di arricchire il testo originale con molti connotati operativi, che lo rendano il più chiaro ed immediato possibile. Inoltre, per aumentarne l’applicabilità, è possibile trasformare la linea guida (che dice cosa fare) in un protocollo (che dice come farlo) o in un percorso (che dice, inoltre, chi e perché).
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Talvolta il contesto presenta caratteristiche che impattano sulla possibilità di applicare fedelmente le raccomandazioni. Ciò si verifica quando rispetto alla pratica descritta nella linea guida, il contesto locale presenta dei vincoli di carattere strutturale, organizzativo, tecnologico o professionale alla applicazione. Ciò può avvenire sia in difetto che in eccesso.
Un rischio connesso alla preparazione dell’adattamento locale, esclusivamente all’interno del gruppo di lavoro, è rappresentato dalla possibilità che vengano trascurati vincoli rilevanti alla futura implementazione. Per questo motivo, al fine di scongiurare questa possibilità e contestualmente aumentare il consenso da parte dei professionisti, si raccomanda di sottoporre all’attenzione di un gruppo molto più allargato le bozze dello standard costruito, raccogliere tutte le osservazioni e procedere alla costruzione del documento definitivo che ne tenga in debita considerazione.
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Adattare le raccomandazioni
Raccomandazioni Vincoli strutturali, organizzativi,
tecnologici o professionali
Adattamento
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Vincoli
• Strutturali (edifici, locali, spazi, ecc.)
• Tecnologici (attrezzature, dispositivi, farmaci, ecc.)
• Organizzativi (turnistica, orari attività, presenze personale, ecc.)
• Professionali (conoscenze, competenze, ecc.)
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Updating (aggiornamento della LG)
Per mantenere la pratica clinica coerente con lo stato
dell’arte delle conoscenze, in continua evoluzione grazie alla ricerca, è necessario prevedere periodicamente una revisione della letteratura sulla quale è stato costruito lo standard. Questa attività può essere realizzata sia
mediante una sorveglianza continua della letteratura, che prevedendo una revisione dello standard in
occasione dell’aggiornamento della principale fonte da
cui si è attinto.
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Ambito di applicazione e criteri di inclusione/esclusione
Fra i compiti del gruppo di lavoro c’è quello di definire le
caratteristiche dei pazienti
oggetto del PDTA (target) individuando, in relazione alle caratteristiche assistenziali dei soggetti, l’ambito di applicazione (efficacia, appropriatezza, sicurezza dei pazienti). I
criteri di inclusione/esclusione(casi per cui è giustificato non
applicare il percorso) devono essere definiti con
gradi diversi di specificità.E’ raccomandabile, laddove possibile, che i criteri di inclusione facciano riferimento a modelli di classificazione univoci come quello ICDI9-CM o DRG, ciò consente una maggiore
uniformità di approccio al problema e di ottenere dati coerenti dai sistemi informativi correnti, oltre ad ottimizzare il sistema di
valutazione.
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La rappresentazione del PDTA
- Tabelle
- Diagrammi
- Schemi di flusso - Pieghevoli
- Testi
- …
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Gli elementi che concorrono all’identificazione e alla descrizione di un processo aziendale e che devono essere rappresentati nel diagramma di flusso sono:
a. l’input, o ingresso/inizio del percorso, sono per lo più criteri di tipo clinico
b. le attività o fasi c. le responsabilità c. gli snodi decisionali
d. i documenti prodotti o utilizzati e. i documenti di riferimento
f. l’output
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FIGURA GEOMETRICHE SIGNIFICATO
ELISSE INPUT ED OUTPUT DEL PROCESSO
RETTANGOLO ATTIVITA’ SVOLTE E RELATIVA RESPONSABILITA’ (Attore)
ROMBO DECISIONE DA ASSUMERE O SCELTA DA
FARE, (deve essere seguita dal sì e dal no) PERGAMENA O BANDIERINA DOCUMENTO DI REGISTRAZIONE
UTILIZZATO, DOCUMENTO COMPILATO, DOCUMENTO PRODOTTO A SEGUITO DELLO SVOLGIMENTO DELL’ATTIVITA’
Sul lato destro del diagramma di flusso vanno riportati i documenti che vengono utilizzati come riferimento per svolgere le attività (protocolli, procedure, istruzioni, ecc….)
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I PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI
Tradotto e adattato da: STAT PathTM. Interdisciplinary Plan of Care 1998. Freestyle Pubblications, Inc 1996.
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Tradotto e adattato da: STAT PathTM. Interdisciplinary Plan of Care 1998. Freestyle Pubblications, Inc 1996.
Clinical Pathway
Clinical Pathway
Percorso Clinico per “IMA” DRG XXX Durata giorni 5
Clinical Pathway
Prericovero | 1° giorno | 2° giorno | 3° giorno | 4° giorno | Dimissione Percorso Clinico per “IMA” DRG XXX Durata giorni 5
Clinical Pathway
Risultati attesi
Accertamento/Diagnostica Terapia
Procedure Nutrizione
Attività/Riabilitazione Educazione
Assistenza psicosociale Piano di dimissione
Prericovero | 1° giorno | 2° giorno | 3° giorno | 4° giorno | Dimissione Percorso Clinico per “IMA” DRG XXX Durata giorni 5
Linee guida e raccomandazioni
Evidence-Based
GCP
Conferenze di
consenso
Team multidisciplinare
Percorso clinico
Percorso clinico Evidence-Based
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Il sistema di valutazione e gli indicatori
La valutazione dei percorsi viene effettuata rispetto alla definizione di criteri e indicatori, individuati utilizzando le raccomandazioni
delle linee guida, adattate al contesto locale.
Indicatori:
• l’indicatore vero e proprio, di solito comprensivo di numeratore e denominatore, che descrive il fenomeno che si intende misurare;
• il valore “osservato”, che riporta il valore numerico riferito alla misurazione dell’indicatore del percorso nella specifica realtà;
• il valore “atteso”, che riporta il valore numerico riferito al target per quello specifico indicatore;
• il tempo di riferimento, in cui viene indicato il periodo a cui si riferiscono la valutazione e i rispettivi indicatori.
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Il target o valore soglia può essere basato su valori riportati in letteratura, su dati forniti da organismi nazionali o internazionali, può dipendere da situazioni locali: ad esempio può corrispondere al valore dell’indicatore osservato l’anno precedente o in altri contesti simili.
Possono essere anche individuati target “ottimali”, che non sempre rappresentano un valore perseguibile per l’organizzazione e standard “operativi”, a cui effettivamente tendere in quel preciso contesto.
Secondo la classificazione classica, fornita da Donabedian gli indicatori possono essere classificati come indicatori di struttura, processo o esito.
Donabedian A: The definition of quality and approaches to its management, vol 1: explorations in quality assessment and monitoring. Ann Arbor, Mich, Health Administration Press, 1980.
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Indicatori di struttura
Comprendono i requisiti strutturali (n. locali adeguati), tecnologici (attrezzature, materiali, presidi),
organizzativi (standard di personale, turni, orari di disponibilità,
professionalità) e professionali (livelli di formazione e competenze) delle strutture sanitarie.
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Indicatori di processo
Misurano l’appropriatezza del processo assistenziale in relazione alla best practice (ad esempio, indicatore = percentuale di pazienti con infarto acuto del miocardio che hanno ricevuto la
somministrazione precoce dell’aspirina – target accettabile = 90%).
Non fornendo informazioni sui risultati dell’assistenza (esiti), gli indicatori di processo vengono definiti sostitutivi, perché solo
potenzialmente in grado di prevedere un miglioramento degli esiti assistenziali. Tale predittività - definita robustezza - è strettamente correlata alla forza della raccomandazione clinica su cui viene
costruito l’indicatore. Le raccomandazioni forti (A o B) generano indicatori molto robusti; quelle deboli (C o D) indicatori poco robusti che, in genere, non è opportuno monitorare, tranne se strettamente correlati ad ottimizzazione delle risorse e/o ad aspetti organizzativi.
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Indicatori di esito
Documentano una modifica di esiti assistenziali: clinici (mortalità, morbilità), economici (costi diretti e indiretti) e umanistici (qualità di vita, soddisfazione dell’utente).
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Nella definizione degli indicatori dei PDTA è comunque utile procedere per gradi, partendo da quelli più semplici e facili da reperire nei flussi informativi correnti, per poi eventualmente allargare la ricerca a quelli più complessi. Allo stesso tempo è opportuno individuare pochi indicatori realmente strategici per lo specifico percorso, in grado di esser correlati al processo decisionale
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Gli indicatori, perché siano davvero utili ad un’organizzazione, devono essere:
• semplici e poco costosi da ricavare;
• significativi e pertinenti all’ambito di applicazione (devono, cioè, rispondere ad obiettivi ben precisi);
• misurabili oggettivamente (ad es. una quantità, un conteggio, una percentuale, un rapporto, ecc.);
• facilmente accessibili a chi deve compiere delle analisi su di essi;
• semplici da interpretare;
• facilmente riproducibili e rappresentabili per mezzo di tabelle, istogrammi, diagrammi;
• controllabili, confrontabili, condivisibili, cioè trasparenti, rilevati puntualmente e credibili.
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Gestione e diffusione del PDTA
Il documento che descrive il PDTA strutturato dovrà riportare gli elementi minimi per l’identificazione e la gestione:
• Denominazione dell’Azienda, Dipartimento o dell’Unità Operativa (se necessario);
• Titolo del documento;
• Numero di revisione;
• N. pag./tot. pag.;
• Ambito di applicazione del contenuto (sedi e contesto in cui si applica il contenuto);
• Gruppo di lavoro o professionisti che hanno gestito la redazione;
• Data e firma di approvazione da parte della funzione che ha più alta responsabilità nell’applicazione del contenuto.
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Gestione e diffusione del PDTA
Per la diffusione del PDTA realizzato dovranno essere utilizzati gli strumenti di comunicazione aziendali (interni/esterni);
il coordinatore del gruppo di lavoro concorda con le strutture di comunicazione aziendale i livelli e le modalità di divulgazione e diffusione (es. pubblicazione nel portale aziendale, ecc.).
Occorre inoltre valutare l’opportunità di prevedere una strategia di diffusione che veda l’intervento della Direzione Aziendale o di altre funzioni strategiche in incontri e riunioni mirate a conferire
importanza e visibilità al processo di cambiamento che con l'applicazione del PDTA si intende perseguire.
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Verifica dell'applicazione, valutazione e revisione del PDTA
Occorre infine prevedere il periodico monitoraggio dell’applicazione e la valutazione dei risultati del percorso, attraverso la sistematica verifica degli indicatori e dei target selezionati dal gruppo di lavoro, nonché l’eventuale revisione o aggiornamento, sulla base del
confronto nel tempo con le conoscenze acquisite a livello di comunità scientifica nazionale ed internazionale.
In linea generale la verifica dell’applicazione dei PDTA può essere effettuata con diversi approcci. È fondamentale, comunque, che sia prevista una specifica modalità che affianchi a momenti estemporanei e informali, un'attività di valutazione sistematica e condotta secondo uno specifico modello di lavoro, quale quello dell'audit clinico.
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Manuela De Rosa
Master Funzioni di Coordinamento Professioni Sanitarie manuela.derosa@aosp.bo.it
www.unibo.it