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Il punto più delicato è fissare il valore-punto di base e differenziarlo in rapporto a delle variabili

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Academic year: 2022

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Il punto più delicato è fissare il valore-punto di base e differenziarlo in rapporto a delle variabili

di

Graziana Campanato*

Le difficoltà incontrate in tempi e sedi diverse per la liquidazione del danno biologico discendono dalla considerazione che in questa voce di danno si sommano valutazioni molteplici che vanno dalla diminuita validità fisica ai riflessi concreti che essa comporta nelle modalità di vita del soggetto, alle minori utilizzazioni delle facoltà e prerogative umane afferenti a spazi ed occasioni molteplici e differenziate.

Ciò significa, quanto alla invalidità permanente, diversamente dell’inabilità temporanea, esauritasi ed esaminabile in concreto, effettuare un giudizio di prognosi, sulla scorta di indici presumibili di vita; significa tradurre oggi in termini monetari un danno il cui protrarsi, aggravarsi o affievolarsi è destituito a verificarsi in tempi futuri.

Nessuna operazione giuridica può dirsi più difficile e di conseguenza potrebbe rilevarsi più ingiusta, ancorché venisse utilizzato tutto il sapere, che spesso non emerge dalle carte processuali, percché si tratta comporre due entità così distinte, cioè il danno alla salute e l’equivalente monetario, e di farlo secondo il criterio di prognosi.

Onde ridurre la conflittualità delle parti si è, inoltre, alla ricerca di parametri cui ancorarsi per valutare casi simili in modo uniforme e favorire le conciliazioni stragiudiziali.

Tale intento è certamente encomiabile ed è stato perseguito anche dal Tribunale di Venezia, ma credo che nessuno dei tentativi posti in atto dagli Uffici giudiziari abbia un carattere scientifico, né credo lo possa avere.

Si tratta semplicemente di razionalizzare un metodo di liquidazione che, se lasciato al caso, o meglio alla valutazione delle fattispecie via via sottoposta al giudice, potrebbe tradursi in uso palesemente ingiusto del sistema risarcitorio all’atto del confronto, fissandolo in tabelle predeterminate, in sistema di calcolo ragionati e generalizzati, non significa produrre un sistema scientificamente valido ed esente da cesure, ma certamente un sistema idoneo a favorire una migliore giustizia retributiva, ed evitare scandalose differenze di trattamento da parte dello stesso giudice, a rendere di pubblica conoscenza il metro consueto di valutazione adottato dall’organo giudicante.

Sostenere che tali sistemi siano più o meno scientifici pare eccessivo e, forse, non necessario perché essi sono solo un’applicazione di criteri di equità generalizzati, predeterminati ed orientativi, non vincolanti, ma dai quali ci si intende distaccare solo in casi particolari.

Proprio per il duplice uso proposto da tali indicazioni, vale a dire l’utilizzazione del giudice nella liquidazione del danno e riferimento come parametro valutativo nella trattativa risarcitoria stragiudiziale, il sistema proposto dovrebbe avere, anzitutto, il carattere della semplicità e della facile comprensione, il che significa una intuibile traduzione in termini monetari che non comporti difficoltà di calcolo o peggio di interpretazione del sistema stesso.

La proposta tabellare, attraverso la quale viene attribuito un valore al punto di invalidità, normalmente, ha queste prerogative e consente di differenziare il valore-punto in rapporto all’entità della invalidità ed all’età del soggetto, che rappresentano le variabili normalmente tenute in considerazione per la liquidazione, in quanto fanno giustizia del protrarsi nel tempo dell’invalidità e della sua incidenza nella vita dell’infortunato.

Naturalmente il punto più delicato è fissare il valore-punto di base e differenziarlo in rapporto alle variabili, perché questa scelta implica una serie di valutazioni ed in particolare stabilire se sia vero che le microinvalidità incidono talmente poco sulle qualità della vita da giustificare una liquidazione

* Presidente III Sezione Civile del Tribunale di Venezia

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irrisoria; se si debba differenziare il valore-punto o se si possa procedere per fasce di età e scaglioni di punti, essendo minime le differenze quantitative dei valori attribuibili in tali ristrette bande e più semplice la consultazione e la memorizzazione della tabella quanto minore è il numero dei dati proposti; se sia vero che oltre una certa età il valore uomo è così basso che la sua menomazione debba ritenersi incidere in modo molto minore nella sua qualità della vita per la già esistente compressione delle sue potenzialità, oppure se l’incidenza sulle minori capacità esistenti non si debba ritenere altrettanto grave dell’incidenza sulla persona giovane, perché sono le residue capacità rimaste compromesse dell’invalidità che contano e non le facoltà che vengono sottratte alle persone.

Ed ancora, fatta chiarezza su tali presupposti, non è facile trovare un accordo sul valore monetario di una perdita che non si traduce direttamente in una perdita economica.

Significa chiedersi: quanto vale un uomo? Quanto una parte delle sue facoltà, possibilità? Quanto da giovane o anziano?

Significa rendersi conto che il suo valore va rapportato al grado di sopportazione economica del nostro sistema, alle concrete possibilità di indennizzo, e non certo tradurre semplicemente in moneta un bene di incommensurabile valore.

Un’operazione ed un calcolo, in ogni caso, fittizio.

Perciò si spiegano i differenti parametri utilizzati dai vari giudici ed anche i valori diversi attribuiti nei vari paesi.

Le nostre liquidazioni sembrerebbero irrisorie negli Stati Uniti d’America ed eccessivi in alcuni stati europei.

Certamente la necessità di omogeneizzazione dei dati esiste e viene avvertita dai giudici italiani, ma non è facile abbandonare i propri criteri.

Non lo è perché difficilmente potrebbe essere accettato nell’ambito di un’utenza locale un’improvvisa ed inaspettata lievitazione o contrazione della liquidazione, perché essa stravolgerebbe le aspettative, rileverebbe le iniquità nel raffronto delle valutazioni precedenti, senza il supporto plausibile di dati obiettivi.

Partendo da tali considerazioni, quando mi trovai a presiedere la terza sezione del Tribunale di Venezia che trattava, oltre ad altre materie, in via esclusiva il risarcimento dei danni alla persona, si dovette formulare una tabella orientativa che contenesse il valore punto di invalidità permanente, il valore giorno dell’invalidità temporanea assoluta e relativa (danno biologico), il valore del danno morale da liquidarsi al danneggiato ed ai congiunti superstiti della vittima. Si dovette tenere conto delle valutazioni operate fino a quel momento, proponendo un passaggio graduale ai nuovi valori.

Sulla scorta delle precedenti sentenze e della memoria storica dei giudici già componenti la sezione, fu trovato, verso la fine del 1994, un accordo e fu elaborata una tabella di semplice lettura in cui i valori mutavano secondo fasce di età e scaglioni di punti invalidità, seguendo un metodo già in pratica attuato dal collegio, che veniva chiarificato e meglio fissato nelle tabelle.

Naturalmente furono anche apportati dei ritocchi valutativi; fu distinta la liquidazione del danno biologico temporaneo da quello permanente, perché questa distinzione faceva giustizia dei casi in cui l’inabilità temporanea era particolarmente lunga ed in ogni caso risultavano più chiari gli elementi di calcolo e l’indicazione per composizioni stragiudiziali.

Il passaggio del sistema precedente a quello “codificato” sembrò indolore e facilitò le transazioni.

La tabella fu proposta agli altri uffici giudiziari della Regione, onde trovare un equilibrio di liquidazione almeno nell’ambito territoriale Veneto, ma non fu possibile una intesa di vedute.

La Corte d’Appello, che discutendo la tabella avrebbe potuto dare valide indicazioni e frenare con queste le impugnazioni, pur apprezzando lo sforzo del Tribunale di Venezia, preferì non pronunciarsi e riversarsi il potere di liquidare il danno caso per caso, senza impegnarsi in formulazioni preventive.

All’inizio di quest’anno si è riusciti a formulare una nuova tabella d’intesa con il Tribunale di Padova.

Le modifiche apportate riguardano, soprattutto, il valore attribuibile a punti della microinvalidità e

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Le maggiori differenze rilevabili nel confronto con le tabelle di altri tribunali riguardano i valori punto attribuiti alle invalidità più basse, che secondo la nostra tabella non sono mai inferiori a £.

2.000.000.

Tale dato è rimasto, ma sono stati mantenuti entro tale limite anche i valori minimi relativi alle più alte fasce di età fino al 25% di percentuale di invalidità.

Tenuto conto che la tabella riguarda valori attuali al 1996, il mancato adeguamento al costo della vita del precedente valore punto e la contrazione dei valori minimi comportano una tendenza di allineamento verso le tabelle adottate da altri tribunali.

Restano pur sempre, in tale fasce, delle valutazioni più alte, ma occorreva tenere conto della precedente giurisprudenza locale.

Venezia aveva già una sua tabella ormai in uso. Padova liquidava con un valore-punto fisso di £.

2.500.000. Discostarsi troppo da tale sistema avrebbe provocato reazioni facilmente prevedibili.

D’altro canto, anche se è nota la discussione che è posta alla base di quantificazioni così basse nei minimi tabellari, ritengo personalmente, e con me sono d’accordo i giudici veneziani e padovani, che una perdita di invalidità anche piccola non possa tradursi in un valore monetario irrisorio.

I consulenti tecnici devono chiarire se pochi punti di invalidità non hanno alcun significato o sono di così difficile individuazione per la mancanza di riscontri obiettivi, che vengono riconosciuti anche in situazione di dubbio. In questo caso possono essere tranquillamente esclusi. Oppure si tratta di una incidenza sulla qualità della vita che si protrae nel tempo e non è soggetta a miglioramenti (è infatti più difficile che piccole invalidità favorissero l’insorgere di successive debilitazioni).E tale perdita, allora, deve avere un riconoscimento monetario che non si traduca in elemosina.

L’operazione di contenimento dei valori minimi, a nostro avviso, non poteva andare oltre a quanto effettuato.

Inoltre, rispetto ad altre tabelle non abbiamo ritenuto di adottare un abbattimento consistente tra le varie fasce di età nelle percentuali basse di invalidità, perché la compromissione delle potenzialità umane, a tali livelli incidono in modo abbastanza simile e in modo indipendente dall’età del soggetto, per cui la differenza del valore va rapportato solo al diverso protrarsi nel tempo.

Per le percentuali più alte, invece, riteniamo che la compromissione intervenga a modificare in modo più consistente i ritmi e le modalità di vita dei soggetti, per cui le differenze quantitative vanno accentuate e l’abbattimento per le fasce di età più alte non può essere sempre lo stesso.

La precedente tabella appariva troppo appiattita sui valori massimi, riconoscendo valori intorno a

£. 3.500.000 per invalidità dal 50-70% e £. 4.000.000 oltre il 70%.

L’aumento consistente effettuato per tali percentuali ed anche per le invalidità medie, dal 25% al 50% costituisce il riconoscimento della differenza qualitativa delle menomazioni che rientrano in tale scaglione di percentuale e la gravità delle conseguenze sul piano concreto dei sistemi di vita.

I valori indicati sono ancora molto diversi da quelli utilizzati da altri tribunali, ma occorre considerare quanto già detto in tema di confronto con la precedente giurisprudenza e con quella di altri tribunali veneti, da cui non ci si è voluti troppo discostare per intuitivi motivi di opportunità.

Il Tribunale di Vicenza ha adottato il criterio equitativo a punto di £. 2.000.000 per il danno biologico fino al 6% di invalidità ed il triplo della pensione sociale ovvero il reddito per le restanti percentuali.

Il Tribunale di Treviso usa criteri diversi, adottando il valore punto da £. 1.500.000 a £.

3.000.000 per le micropermanenti e da £. 875.000 a £. 3.500.000 per le altre.

Il Tribunale di Rovigo adotta il sistema del calcolo sul triplo della pensione sociale con abbattimento nel caso di micropermanenti.

Come si vede, i tribunali limitrofi non arrivano a valori alti per le macropermanenti, ma riconoscono valori molto vicini a quelli di Venezia e Padova per le piccole invalidità.

Dilatazioni maggiori di quanto operato con la nostra ultima tabella creerebbero un tale divario di valutazione da destare molto più sconcerto di quanto già non ve ne sia.

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Inoltre occorre considerare che nei casi di alte percentuali di danno biologico spesso si accompagnano altre voci di danno, come l’incapacità lavorativa specifica, le spese future di assistenza che si traducono in consistenti importi risarcitori, mentre nelle piccole e medie invalidità il danno si esaurisce nella sfera biologica per cui la menomazione sulla quale, in tempi successivi, si potrebbe instaurare anche un’affezione direttamente limitativa delle capacità reddituali, non trova altra fonte di riconoscimento risarcitorio se non il valore punto, cui è ancorata anche la valutazione del danno morale.

Quanto all’inabilitato temporaneo e al danno morale non vi sono variazioni notevoli tra le due tabelle.

Per l’inabilità temporanea si è adottato il criterio della valutazione a giorno, che va proporzionalmente ridotta quando l’inabilità è parziale.

Il valore è costante non sembrando opportuno differenziarlo secondo la durata dell’invalidità, né tanto meno in rapporto all’entità dell’invalidità permanente, come è previsto dalle tabelle del Tribunale di Firenze.

Infatti la costrizione se è totale, lo è in eguale misura sia che ne consegua una rilevante o una insignificante invalidità permanente, mentre l’entità delle sofferenze può essere valutata e la liquidazione relativa graduata nell’ambito del danno morale, oppure considerata con una maggiore valutazione ad hoc nell’ambito del danno biologico, quando non vi è possibilità di ravvisare il danno morale.

Infine per la perdita di congiunti la tabella propone dei valori minimi e massimi che possono essere facilmente ritoccati in casi particolari.

Si tratta di somme non molto diverse da quelle adottate in precedenza dal Tribunale di Venezia.

Esse possono sembrare modeste se poste a confronto con quelle di altri tribunali, ma tengono conto delle valutazioni del Tribunale di Padova usate in precedenza che non superano i settanta milioni nei casi più gravi, come la perdita di un coniuge, del figlio o dei genitori.

Le somme indicate debbono intendersi riconoscibili a ciascun soggetto superstite nel caso di perdita di uno solo dei congiunti.

La perdita più grave è stata ritenuta quello del coniuge non separato per le funzioni di assistenza morale particolari che attengono al rapporto di coniuge, ma nulla vieta di ritenere altrettanto grave se non di più in particolari circostanze la perdita del figlio o del genitore.

In questi casi le considerazioni specifiche in ordine al coacervo di situazioni, rapporti dovuti all’esistenza di altri legami familiari, ritmi e sistemi di vita, particolarità e modalità del fatto sono molto più frequenti che in tema di invalidità per cui le cifre indicate sono di larga massima.

Potrebbero essere indicati e differenziati più casi, ma nella perdita di congiunti così ristretti lasciare ampi margini di discrezionalità sembra più opportuno e corrispondente al criterio equitativo.

Sul punto ho consultato con attenzione la proposta milanese e ne apprezzo lo sforzo e l’intento di rapportare i casi a dati obiettivi.

Tuttavia porre come base il valore biologico del congiunto perduto per stabilire in percentuale il danno al superstite mi sembra una scelta su cui si debba meditare.

Anzitutto si ripropone il problema del valore del danno biologico su cui non vi è accordo; in secondo luogo essendo questo legato all’età del soggetto deceduto, verrebbe data eccessiva preponderanza a tale dato, mentre in certe situazioni esso sarebbe insignificante per il superstite.

Pensiamo ad esempio al caso del genitore che perde il figlio.

Verrebbe altamente risarcita la perdita del neonato al genitore giovane in grado di avere altri figli ed in modo molto inferiore al genitore anziano che perda un figlio in età adulta, quando i legami sono così forti da essere difficilmente sostituibili, l’investimento affettivo ed economico molto alto, la possibilità di ripresa più difficile, la prospettiva di solitudine e di mancanza di assistenza in vecchiaia più dolorosa.

Del pari pensiamo ad un figlio in età evolutiva che perda un genitore.

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E’ veramente diverso il dolore; sono diverse le conseguenze morali per tale soggetto che rimane senza una guida ed un appoggio così importanti da poterne rimanere “segnato” per sempre se il genitore deceduto ha quaranta oppure cinquant’anni?.

In entrambi i casi, se costui fosse rimasto in vita avrebbe avuto una prognosi di sopravvivenza lunga abbastanza da consentirgli di completare la sua crescita ed appoggiarlo moralmente negli studi e nell’avvio ad una scelta professionale, nonché di condividere le tappe più importanti in altre attività e tipo di rapporti, come il matrimonio, l’eventuale nascita di figli.

La prospettazione risarcitoria per l’indennizzo morale agli eredi può essere fatta, in termini di ampio margine, perché i casi non si possono facilmente schematizzare.

Si tratta di vicende troppo dissimili l’una dall’altra e meritano una indagine particolare, anche perché proprio in questi casi l’unica forma di risarcimento è spesso il danno morale.

Infine, mentre il danno biologico da invalidità riguarda un numero consistente di casi e l’uniformità di trattamento agevola la soluzione degli stessi, il danno morale ai superstiti della vittima costituisce una situazione non frequentatissima e la liquidazione può essere personalizzata senza troppe difficoltà al servizio giustizia, né evidenti disparità di trattamento.

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Tribunale di Venezia 1994:

DANNO BIOLOGICO PERMANENTE

CLASSI DI ETA’

fino a 20 20-30 30-40 40-50 50-60 60-70 70-80

fino a 5 2.500 2.500 2.000 2.000 2.000 2.000 2.000

5-10 2.700 2.700 2.600 2.500 2.400 2.300 2.300

10-15 2.800 2.800 2.700 2.600 2.500 2.400 2.400

15-25 2.900 2.900 2.800 2.700 2.600 2.500 2.500

25-35 3.000 3.000 2.900 2.800 2.700 2.600 2.500

35-50 3.200 3.100 3.000 2.900 2.800 2.700 2.600

50-70 3.500 3.300 3.100 3.000 2.900 2.800 2.800

oltre 70 4.000 3.800 3.700 3.600 3.500 3.500 3.500

DANNO BIOLOGICO TEMPORANEO TOTALE:

da £. 40.000 a £. 60.000 al giorno

PARZIALE:

percentuale sul suddetto valore

DANNO MORALE

Dal 50% al 65% dell’intera liquidazione del danno biologico (temporaneo + parziale)

DANNO MORALE AI SUPERSTITI

Rapporto di parentela Importo (minimo - massimo)

Coniuge non separato 100 - 200 milioni

Genitore 60 - 90 milioni

Figlio 60 - 90 milioni

Fratello convivente 30 - 50 milioni

Fratello non convivente 20 - 40 milioni

Tribunale di Venezia 1996:

DANNO BIOLOGICO PERMANENTE

CLASSI DI ETA’

fino a 20 21-30 31-45 46-60 61-70 71-90

fino a 5 2.500 2.500 2.000 2.000 2.000 2.000

6-10 2.700 2.500 2.300 2.300 2.000 2.000

11-15 3.000 2.800 2.700 2.500 2.300 2.000

16-25 3.500 3.200 3.000 2.800 2.500 2.200

26-35 4.000 3.700 3.500 3.200 2.800 2.500

36-50 5.000 4.500 4.000 3.500 3.000 2.500

51-70 5.500 5.000 4.500 4.000 3.500 3.000

71-100 6.000 5.500 5.500 4.500 4.000 3.500

(7)

DANNO BIOLOGICO TEMPORANEO

£. 60.000 al giorno

DANNO MORALE

Dal 40% al 60% dell’intera liquidazione del danno biologico (permanente + temporaneo)

DANNO MORALE AI SUPERSTITI

Rapporto di parentela Importo (minimo - massimo)

Coniuge non separato 100 - 150 milioni

Genitore 50 - 100 milioni

Figlio convivente 60 - 100 milioni

Figlio non convivente 30 - 60 milioni

Fratello convivente 20 - 30 milioni

Fratello non convivente 15 - 20 milioni

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