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L’attuazione degli obblighi antiriciclaggio nel procedimento di mediazione delle controversie - Judicium

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MARCO MARINARO

L’attuazione degli obblighi antiriciclaggio nel procedimento di mediazione delle controversie

SOMMARIO: 1. Il dovere di riservatezza in mediazione: garanzie e limiti. – 2. Gli obblighi antiriciclaggio e la mediazione. – 3. L’obbligo di segnalazione delle operazioni sospette alla UIF. – 4. I soggetti obbligati alla segnalazione di operazioni sospette. – 5. Le modalità di comunicazione delle segnalazioni di operazioni sospette. – 6. La clausola di salvaguardia. – 7. L’obbligo di comunicazione delle infrazioni al MEF. – 8. L’obbligo di formazione del personale.

1. Il dovere di riservatezza in mediazione: garanzie e limiti.

Nel sistema della mediazione delle liti civili e commerciali di cui al D.Lgs. 4 marzo 2010, n.

28 la riservatezza del procedimento costituisce uno dei cardini intorno al quale ruota l’intera struttura portante realizzata dal legislatore.

La disciplina di riferimento è contenuta nell’art. 9 D.Lgs. 28/2010 che nei due commi garantisce, mediante l’introduzione di un preciso obbligo posto prioritariamente a carico del mediatore e dell’organismo, la riservatezza delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite durante il procedimento1.

E la tutela della riservatezza in mediazione ai sensi del successivo art. 10 D.Lgs. 28/2010 si estende al punto dal prevedere altresì la inutilizzabilità, nel giudizio avente il medesimo oggetto anche parziale, iniziato, riassunto o proseguito dopo l'insuccesso della mediazione, delle dichiarazioni e delle informazioni acquisite nel corso del procedimento e la espressa estensione al mediatore delle garanzie previste per l’avvocato a tutela del segreto professionale2.

Una rapida lettura di queste norme se da un canto pone in evidenza il rilievo che il legislatore ha inteso dare alla riservatezza nell’ambito della mediazione, dall’altro potrebbe indurre all’erronea convinzione dell’assenza di limiti alla riservatezza stessa (oltre a quelli oggettivi e soggettivi che possono evincersi dalla lettura degli articoli 9 e 10 D.Lgs. 28/2010) tali da delineare per la mediazione quasi una zona franca proprio in virtù di una tutela assoluta della riservatezza delle parti.

L’esigenza di tutelare le parti in mediazione attraverso un puntuale e rigido regime di riservatezza tuttavia non può neanche far immaginare che i relativi procedimenti possano essere

1 È noto che il primo comma dell’art. 9 D.Lgs. 28/2010 disciplina la c.d. riservatezza interna («Chiunque presta la propria opera o il proprio servizio nell’organismo o comunque nell’ambito del procedimento di mediazione è tenuto all’obbligo di riservatezza rispetto alle dichiarazioni rese e alle informazioni acquisite durante il procedimento

medesimo»); mentre il secondo comma la c.d. riservatezza interna («Rispetto alle dichiarazioni rese e alle informazioni acquisite nel corso delle sessioni separate e salvo consenso della parte dichiarante o dalla quale provengono le

informazioni, il mediatore è altresì tenuto alla riservatezza nei confronti delle altre parti»). Le prime riflessioni sul dovere di riservatezza sono in D. BORGHESI, Prime note su riservatezza e segreto nella mediazione, in www.judicium.it, 5 luglio 2010.

2 In base al comma 1 dell’art. 10 D.Lgs. 28/2010: «Le dichiarazioni rese o le informazioni acquisite nel corso del procedimento di mediazione non possono essere utilizzate nel giudizio avente il medesimo oggetto anche parziale, iniziato, riassunto o proseguito dopo l'insuccesso della mediazione, salvo consenso della parte dichiarante o dalla quale provengono le informazioni. Sul contenuto delle stesse dichiarazioni e informazioni non è ammessa prova testimoniale e non può essere deferito giuramento decisorio». Ed il comma 2 prevede che: «Il mediatore non può essere tenuto a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite nel procedimento di mediazione, né davanti all’autorità giudiziaria né davanti ad altra autorità. Al mediatore si applicano le disposizioni dell'articolo 200 del codice di procedura penale e si estendono le garanzie previste per il difensore dalle disposizioni dell'articolo 103 del codice di procedura penale in quanto applicabili».

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avvolti dal completo oblìo. I limiti sono intrinseci all’ordinamento tanto che il legislatore delegato non ha sentito l’esigenza di puntualizzarli neanche nell’attuazione di quanto espressamente previsto dalla dall’art. 7 della Direttiva europea 21 maggio 2008, n. 2008/52/CE (Direttiva dalla quale trae origine il sistema di mediazione introdotto in Italia attraverso la legge delega contenuta nell’art. 60, L. 18 giugno 2009, n. 69). Ed invero nell’articolo citato può rilevarsi come sia stata prevista un’ampia garanzia per la riservatezza facendo espressa eccezione per i casi nei quali sussistano

«superiori considerazioni di ordine pubblico» ed in particolare «sia necessario per assicurare la protezione degli interessi superiori dei minori o per scongiurare un danno all’integrità fisica o psicologica di una persona»3.

E la particolare natura riservata del procedimento di mediazione che, come è noto, può essere attivato per tutte le controversie civili e commerciali aventi ad oggetto diritti disponibili (art. 2, comma 1, D.Lgs. 28/2010) ha richiesto al legislatore un coordinamento con la normativa in materia di prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo4.

2. Gli obblighi antiriciclaggio e la mediazione.

Il riciclaggio è il fenomeno attraverso il quale avviene la reintroduzione del denaro proveniente da reati nell’economia legale, al fine di dissimularne o occultarne l'origine illecita. È ben chiaro che il riciclaggio danneggia l’economia legale in quanto altera le normali condizioni concorrenziali dei mercati e costituisce un pericolo per l'efficienza e la stabilità del sistema finanziario.

Per questa ragione la prevenzione del riciclaggio ha un ruolo strategico per l'azione di repressione di fenomeni criminali ed è basata in generale sui seguenti obblighi:

- “adeguata verifica” della clientela (c.d. identificazione);

- registrazione e conservazione dei dati relativi ai rapporti continuativi e alle operazioni;

- adozione di adeguate procedure organizzative e misure di controllo interno;

- segnalazione di operazioni sospette.

Ulteriore strumento di prevenzione del riciclaggio è costituito dalle norme che pongono limitazioni all'uso del contante e dei titoli al portatore.

3 Ai sensi dell’art. 7 della Direttiva 52/2008: «1. Poiché la mediazione deve avere luogo in modo da rispettare la riservatezza, gli Stati membri garantiscono che, a meno che le parti non decidano diversamente, né i mediatori né i soggetti coinvolti nell’amministrazione del procedimento di mediazione siano obbligati a testimoniare nel procedimento giudiziario o di arbitrato in materia civile e commerciale riguardo alle informazioni risultanti da un procedimento di mediazione o connesse con lo stesso, tranne nei casi in cui:

a) ciò sia necessario per superiori considerazioni di ordine pubblico dello Stato membro interessato, in particolare sia necessario per assicurare la protezione degli interessi superiori dei minori o per scongiurare un danno all’integrità fisica o psicologica di una persona; oppure

b) la comunicazione del contenuto dell’accordo risultante dalla mediazione sia necessaria ai fini dell’applicazione o dell’esecuzione di tale accordo.

2. Il paragrafo 1 non impedisce in alcun modo agli Stati membri di adottare misure più restrittive per tutelare la riservatezza della mediazione».

In dottrina, fa riferimento a «superiori questioni di ordine pubblico», E. ZUCCONI GALLI FONSECA, La nuova mediazione nella prospettiva europea: note a prima lettura, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2010, p. 667.

4 Sottolinea il carattere eccezionale dell’estensione di taluni obblighi in deroga al generale dovere di riservatezza che trova giustificazione «dal valore prioritario che il legislatore ha attribuito alla prevenzione e repressione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo» (M. KROGH, in Manuale della mediazione civile e commerciale, a cura di M.L.

Cenni, E. Fabiani, M. Leo, Napoli, 2012, p. 121).

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Il riferimento è principalmente al D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231 che contiene la c.d.

normativa antiriciclaggio5 e che ai fini della sua applicazione anche alla nuova mediazione occorreva fosse espressamente coordinata legislativamente con un espresso richiamo o con una modifica.

Il legislatore così è intervenuto con una integrazione chirurgica e nel capo V del D.Lgs.

28/2010 - destinato alle norme finali – ha inserito all’art. 22 (rubricato «Obblighi di segnalazione per la prevenzione del sistema finanziario a scopo di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo») una ulteriore ipotesi all’art. 10, comma 2, lett. e), D.Lgs. 231/2007.

La modifica normativa - in vigore dal 20 marzo 2010 - inserisce tra i destinatari degli obblighi previsti dal D.Lgs. 231/2007, con espressa eccezione per gli obblighi di identificazione e di registrazione, anche la «mediazione»6.

In argomento occorre subito rilevare che l’inserimento è stato effettuato non mediante l’indicazione tout court tra i soggetti destinatari dell’obbligo, ma tra le attività assoggettate allo stesso, attività il cui esercizio resta subordinato al possesso di licenze, di autorizzazioni, iscrizioni in albi o registri, ovvero alla preventiva dichiarazione di inizio di attività come – ad esempio – il commercio di cose antiche, l’esercizio di case d’asta o gallerie d’arte, etc.

La scelta di attuare l’obbligo individuando l’attività piuttosto che i soggetti denota prima facie l’intenzione del legislatore di assoggettare tutti coloro che professionalmente concorrono allo svolgimento di tale attività all’adempimento degli obblighi di collaborazione per le finalità antiriciclaggio. Per ulteriormente comprendere poi l’ambito soggettivo di tali obblighi sarà utile approfondire preliminarmente il contenuto degli stessi e le modalità attuative in relazione alle peculiarità del procedimento di mediazione.

Trattasi di un tema molto delicato e centrale negli obblighi del mediatore e degli organismi, ma che tuttavia ha trovato sinora poca attenzione da parte dei commentatori e degli operatori7.

5 A livello comunitario la normativa è contenuta nella Direttiva 2005/60/CE (cd. Terza Direttiva), integrata dalla Direttiva 2006/70/CE. In ambito nazionale, l'attività di prevenzione e contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo è regolata, a livello di normativa primaria, dal D.Lgs. 231/2007 e dal D.Lgs. 109/2007.

6 La vigente formulazione dell’art. 10 D.Lgs. 231/2007 è la seguente:

«1. Le disposizioni contenute nel presente decreto si applicano ai soggetti indicati negli articoli 11, 12, 13 e 14.

2. Le disposizioni contenute nel presente decreto, fatta eccezione per gli obblighi di identificazione e registrazione indicati nel Titolo II, Capi I e II, si applicano altresì:

a) alle società di gestione accentrata di strumenti finanziari;

b) alle società di gestione dei mercati regolamentati di strumenti finanziari e ai soggetti che gestiscono strutture per la negoziazione di strumenti finanziari e di fondi interbancari;

c) alle società di gestione dei servizi di liquidazione delle operazioni su strumenti finanziari;

d) alle società di gestione dei sistemi di compensazione e garanzia delle operazioni in strumenti finanziari;

e) alle seguenti attività, il cui esercizio resta subordinato al possesso di licenze, da autorizzazioni, iscrizioni in albi o registri, ovvero alla preventiva dichiarazione di inizio di attività specificamente richieste dalle norme a fianco di esse riportate:

1) commercio, comprese l'esportazione e l'importazione, di oro per finalità industriali o di investimento, per il quale è prevista la dichiarazione di cui all'articolo 1 della legge 17 gennaio 2000, n. 7;

2) fabbricazione, mediazione e commercio, comprese l'esportazione e l'importazione di oggetti preziosi, per il quale è prevista la licenza di cui all'articolo 127 del TULPS;

3) fabbricazione di oggetti preziosi da parte di imprese artigiane, all'iscrizione nel registro degli assegnatari dei marchi di identificazione tenuto dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura;

4) commercio di cose antiche di cui alla dichiarazione preventiva prevista dall'articolo 126 del TULPS;

5) esercizio di case d'asta o galleria d'arte per il quale è prevista alla licenza prevista dall'articolo 115 del TULPS;

5-bis) mediazione, ai sensi dell'articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69;

f) alle succursali italiane dei soggetti indicati nelle lettere precedenti aventi sede legale in uno stato estero;

g) agli uffici della pubblica amministrazione».

7 Non vi sono attualmente trattazioni approfondite sul tema e spesso la manualistica – destinata prevalentemente alla formazione di base dei mediatori - non soltanto non approfondisce e non sottolinea la centralità dell’obbligo, ma non contiene neanche un riferimento al medesimo.

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3. L’obbligo di segnalazione delle operazioni sospette.

Esclusi gli obblighi di identificazione (adeguata verifica) e di registrazione, residua in primo luogo l’obbligo di segnalazione delle operazioni sospette8.

La disciplina per la segnalazione delle operazioni sospette (c.d. s.o.s.) è contenuta nell’art. 41 D.Lgs. 231/2007 ove è precisato al comma 1 che i soggetti obbligati inviano alla UIF (Unità di Informazione Finanziaria)9 una s.o.s. «quando sanno, sospettano o hanno motivi ragionevoli per sospettare che siano in corso o che siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo»10. La norma chiarisce altresì che il sospetto è desunto «dalle

8 È stato puntualmente posto in evidenza come «l’attività svolta dal mediatore finalizzata alla composizione di controversie secondo parametri di semplificazione delle procedure, velocità e contenimento dei costi giustifica

l’esonero dall’assolvimento degli obblighi di adeguata verifica e registrazione e conservazione dei dati … ponendosi la norma conttenuta nel cit. art. 10, comma 2, del d.lgs. n. 232/2007 come speciale rispetto alla normativa comune» (M.

KROGH, in Manuale della mediazione civile e commerciale, cit., p. 111).

9 L'Unità di informazione finanziaria (UIF) rappresenta la Financial Intelligence Unit italiana, ovvero la struttura nazionale incaricata di prevenire e contrastare il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo.

La UIF è stata istituita presso la Banca d'Italia il 1° gennaio 2008, ai sensi del D.Lgs. 231/2007 il quale, emanato in attuazione della Terza Direttiva antiriciclaggio, ha soppresso l'Ufficio Italiano dei Cambi (UIC), presso cui la Financial Intelligence Unit era precedentemente collocata. La UIF esercita le proprie funzioni in autonomia e indipendenza, avvalendosi di risorse umane e tecniche, di mezzi finanziari e di beni strumentali della Banca d'Italia. L'organizzazione e il funzionamento della UIF sono disciplinate con regolamento della Banca d'Italia.

Per prevenire e contrastare il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo, la UIF analizza le operazioni sospette segnalate dagli intermediari finanziari e da altri soggetti a ciò obbligati, nonché ogni fatto che potrebbe essere correlato a riciclaggio o finanziamento del terrorismo. A tal fine essa acquisisce ulteriori dati dagli intermediari finanziari e dagli altri soggetti; si avvale del contributo delle autorità di vigilanza; coopera con le autorità e le forze di polizia competenti.

10 Ecco il testo in vigore dell’art. 41 D.Lgs. 231/2007: «1. I soggetti indicati negli articoli 10, comma 2, 11, 12, 13 e 14 inviano alla UIF, una segnalazione di operazione sospetta quando sanno, sospettano o hanno motivi ragionevoli per sospettare che siano in corso o che siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo. Il sospetto è desunto dalle caratteristiche, entità, natura dell'operazione o da qualsivoglia altra circostanza conosciuta in ragione delle funzioni esercitate, tenuto conto anche della capacità economica e dell'attività svolta dal soggetto cui è riferita, in base agli elementi a disposizione dei segnalanti, acquisiti nell'ambito dell'attività svolta ovvero a seguito del conferimento di un incarico. È un elemento di sospetto il ricorso frequente o ingiustificato a operazioni in contante, anche se non in violazione dei limiti di cui all'articolo 49, e, in particolare, il prelievo o il versamento in contante con intermediari finanziari di importo pari o superiore a 15.000 euro.

1-bis. Il contenuto delle segnalazioni è definito dalla UIF con proprie istruzioni ai sensi dell'articolo 6, comma 6, lettera e-bis).

2. Al fine di agevolare l'individuazione delle operazioni sospette, su proposta della UIF sono emanati e periodicamente aggiornati indicatori di anomalia:

a) per i soggetti indicati nell'articolo 10, comma 2, dalla lettera a) alla lettera d), e lettera f), per gli intermediari finanziari e gli altri soggetti che svolgono attività finanziaria di cui all'articolo 11 e per i soggetti indicati all'articolo 13, comma 1, lettera a), ancorché contemporaneamente iscritti al registro dei revisori, con provvedimento della Banca d'Italia;

b) per i professionisti di cui all'articolo 12 e per i revisori contabili indicati all'articolo 13, comma 1, lettera b), con decreto del Ministro della giustizia, sentiti gli ordini professionali;

c) per i soggetti indicati nell'articolo 10, comma 2, lettere e) e g), e per quelli indicati nell'articolo 14 con decreto del Ministro dell'interno.

3. Gli indicatori di anomalia elaborati ai sensi del comma 2 sono sottoposti prima della loro emanazione al Comitato di sicurezza finanziaria per assicurarne il coordinamento.

4. Le segnalazioni sono effettuate senza ritardo, ove possibile prima di eseguire l'operazione, appena il soggetto tenuto alla segnalazione viene a conoscenza degli elementi di sospetto.

5. I soggetti tenuti all'obbligo di segnalazione si astengono dal compiere l'operazione finché non hanno effettuato la segnalazione, tranne che detta astensione non sia possibile tenuto conto della normale operatività, o possa ostacolare le indagini.

6. Le segnalazioni di operazioni sospette effettuate ai sensi e per gli effetti del presente capo, non costituiscono

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caratteristiche, entità, natura dell'operazione o da qualsivoglia altra circostanza conosciuta in ragione delle funzioni esercitate, tenuto conto anche della capacità economica e dell'attività svolta dal soggetto cui è riferita, in base agli elementi a disposizione dei segnalanti, acquisiti nell'ambito dell'attività svolta ovvero a seguito del conferimento di un incarico».

Appare evidente che il soggetto obbligato, nel caso di specie il mediatore11, non debba svolgere attività investigative o similari, ma debba limitarsi a desumere il sospetto dalle circostanze delle quali, in virtù delle funzioni espletate, sia venuto a conoscenza. Il mediatore non dovrà quindi trasformarsi in un «detective», in quanto «il meccanismo di “desunzione” del sospetto resta ancorato alle caratteristiche, all’entità, alla natura della questione controversa sottopostagli, nonché di qualsiasi altra circostanza di cui il mediatore sia a conoscenza in ragione delle proprie funzioni»12.

Il legislatore pone in evidenza quale ipotesi tipica di operazione sospetta «il ricorso frequente o ingiustificato a operazioni in contante, anche se non in violazione dei limiti di cui all'articolo 49, e, in particolare, il prelievo o il versamento in contante con intermediari finanziari di importo pari o superiore a 15.000 euro». In questi casi la s.o.s. deve essere effettuata, rientrando nella puntuale tipizzazione legislativa.

Ma di là da queste ipotesi specificamente indicate dalla norma, la complessità e l’ampiezza delle possibili circostanze nelle diverse tipologie di rapporti necessitava di una guida che potesse meglio orientare gli operatori assoggettati all’obbligo di segnalazione. E per tale ragione in applicazione del comma 2 dell’art. 41 D.Lgs. 231/2007 su proposta della UIF vengono periodicamente emanati ed aggiornati i c.dd. indicatori di anomalia che costituiscono situazioni tipo che consentono di individuare più agevolmente le operazioni sospette da segnalare.

La competenza per l’adozione degli indicatori di anomalia è diversa in base ai soggetti ed alle attività svolte. Si ricorderà che mediante la novella di cui all’art. 22 D.Lgs. 28/2010 la mediazione è stata inserita alla lett. e) del comma 2 dell’art. 10 D.Lgs. 231/2007, rientrando così per espressa disposizione di legge (art. 2, Dlgs. 231/2007) nella competenza del Ministero dell’Interno.

Tuttavia il Ministero dell’Interno nell’emanare con D.M. 17 febbraio 2011 i previsti indicatori di anomalia non ha tenuto in considerazione la mediazione (la normativa sulla mediazione è in vigore dal 20 marzo 2010).

In vero è stato già posto in evidenza come la mediazione si caratterizzi per aspetti del tutto peculiari rispetto alle attività cui è stata sostanzialmente assimilata con l’inserimento nella citata lett.

e) del comma 2 dell’art. 10 D.Lgs. 231/2007. La dottrina che sinora si è occupata del tema ha sottolineato come «in effetti, non si verte in ipotesi di attività soggette ad autorizzazioni e controlli di “pubblica sicurezza” e che pertanto giustificano l’attribuzione in capo al Viminale della competenza all’emanazione degli indicatori in questione»13.

In coerenza con l’attività svolta, che induce ad accostare la mediazione alla generalità delle professioni assoggettate agli obblighi antiriciclaggio e soprattutto con il ruolo esercitato dal Ministero della Giustizia in attuazione di quanto previsto dal D.Lgs. 28/2010, si perviene alla condivisibile conclusione che gli indicatori di anomalia da utilizzare debbano essere quelli

violazione degli obblighi di segretezza, del segreto professionale o di eventuali restrizioni alla comunicazione di informazioni imposte in sede contrattuale o da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative e, se poste in essere per le finalità ivi previste e in buona fede, non comportano responsabilità di alcun tipo».

11 La questione relativa all’individuazione dei soggetti obbligati alla s.o.s. nel procedimento di mediazione sarà affrontata nel paragrafo successivo.

12 Lo precisa D. IROLLO, Antiriciclaggio: in presenza di operazioni sospette il conciliatore è obbligato a segnalarle all’autorità, in Guida al diritto, n. 33-34, 13 agosto 2011, p. VI; nello stesso senso, A. GIORDANO, Il mediatore civile:

tra obbligo di riservatezza e dovere di segnalazione delle operazioni sospette di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, in M. MARINARO (a cura di), La giustizia sostenibile. Scritti vari. Volume I, 2012, Roma, p. 103.

13 Così D. IROLLO, Antiriciclaggio: in presenza di operazioni sospette, cit., p. VII. Slla questione discorre di

«incongruenza», con riguardo alle competenze amministrative, M. KROGH, in Manuale della mediazione civile e commerciale, cit., p. 115.

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approvati dal Ministero della Giustizia14. E nella persistente assenza di specifici indicatori dettati per la mediazione (dal Ministero della Giustizia che si ritiene competente al riguardo) si rendono applicabili quelli vigenti in base al D.M. Giustizia del 16 aprile 2010 ed anche quelli di cui alla delibera della Banca d’Italia n. 616 del 28 agosto 201015.

Nel fare riferimento agli indicatori contenuti nei testi normativi sopra richiamati occorre precisare che tali indici servono ad agevolare la valutazione degli eventuali profili di sospetto delle operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo. In particolare il Ministero della Giustizia nel testo del D.M. citato puntualizza che gli indicatori di anomalia «sono volti a ridurre i margini di incertezza connessi con valutazioni soggettive o con comportamenti discrezionali e sono improntati all'esigenza di contribuire al contenimento degli oneri e al corretto e omogeneo adempimento degli obblighi di segnalazione di operazioni sospette» (art. 3, comma 2).

Ciò significa che «l'elencazione degli indicatori di anomalia non è esaustiva anche in considerazione della continua evoluzione delle modalità di svolgimento delle operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo» (art. 3, comma 3) ed allo stesso tempo che l'impossibilità di ricondurre operazioni o comportamenti della clientela ad uno o più degli indicatori

«può non essere sufficiente ad escludere che l'operazione sia sospetta», dovendo valutare «con la massima attenzione ulteriori comportamenti e caratteristiche dell'operazione che, sebbene non descritti negli indicatori, rilevino in concreto profili di sospetto» (art. 3, comma 4).

La valutazione in concreto appare determinante ed assorbente tanto che viene ulteriormente chiarito che «la mera ricorrenza di operazioni o comportamenti descritti in uno o più indicatori di anomalia non è motivo di per sé sufficiente per l'individuazione e la segnalazione di operazioni sospette, per le quali è necessario valutare in concreto la rilevanza dei comportamenti della clientela» (art. 3, comma 5)16.

4. I soggetti obbligati alla segnalazione di operazioni sospette.

Quanto all’ambito soggettivo dell’obbligo di segnalazione nessuna precisazione è fornita dal legislatore che come si è già rilevato ha preferito individuare l’attività di mediazione proprio al fine di non escludere alcuno dei soggetti che potenzialmente e professionalmente sono partecipi della gestione del procedimento di mediazione.

In dottrina diversificati appaiono gli approcci, che tuttavia convergono nel ritenere che l’obbligato “principale” sia il mediatore in funzione del ruolo centrale che svolge nella mediazione e per la conoscenza di fatti e circostanze che possono consentirgli di desumere il sospetto necessario alla segnalazione17.

14 D. IROLLO, op. loc. cit.

15 In tal senso, A. GIORDANO, Il mediatore civile: tra obbligo di riservatezza e dovere di segnalazione, cit., p. 104.

16 E la segnalazione «è atto distinto dalla denuncia di fatti penalmente rilevanti» (All. 2, capo 1, Principi generali, D.M.

Giustizia, 16 aprile 2010). Peraltro è stato precisato che non hanno rilevanza, ai fini dell’art. 41 cit., «tutti quei fatti che sebbene eticamente e anche giuridicamente appaiono discutibili, illeciti o illegittimi non siano finalizzati al riciclaggio di proventi di attività criminosa o al finanziamento del terrorismo», per cui «sono, quindi, fuori dall’area di interesse del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo le anomalia riconducibili a fattispecie di simulazione ovvero che

riguardano attività negoziale in danno di terzi o di creditori. In questi casi, la segnalazione sarà dovuta esclusivamente se all’attività posta in essere in danno del terzo sia collegabile una finalità riciclatoria secondo il paradigma di cui all’art.

2 del citato d.lgs. n. 231/2007» (M. KROGH, in Manuale di mediazione civile e commerciale, cit., p. 116).

17 Sul punto anche la Relazione illustrativa dello schema del D.Lgs. 28/2010 chiarisce che «L’articolo 22 coordina l’attività del mediatore con la disciplina antiriciclaggio di cui al decreto legislativo 21 novembre 2007 n. 231 e

successive modifiche, imponendo allo stesso un obbligo di segnalazione anche se non di identificazione e registrazione, analogamente a quanto previsto per altre categorie»; lo ricorda A. BANDINI, Commento all’art. 22 D.Lgs. 28/2010, in A.

BANDINI e N. SOLDATI (a cura di), La nuova disciplina della mediazione delle controversie civili e commerciali, Milano, 2010, p.341. V. anche P. LICCI, in B. SASSANI e F. SANTAGADA, Mediazione e conciliazione nel nuovo processo civile,

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Vi è poi chi auspica un intervento «chiarificatore» del legislatore pur ipotizzando sin d’ora l’assoggettamento a tale obbligo del responsabile dell’organismo in virtù del suo ruolo di garanzia per il corretto e regolare svolgimento dei procedimenti18, ma «nei limiti dei poteri di controllo loro conferiti»19, accanto a chi afferma che pur «in assenza di sicuri addentellati normativi» non si possa escludere a priori che l’obbligo gravi sugli organismi di mediazione20, e chi in questa scia amplia il

«perimetro soggettivo» ritenendo che l’obbligo debba necessariamente gravare anche su tutti coloro che operano all’interno dell’organismo di mediazione e che partecipano alle fasi del procedimento21, tutti contrapponendosi alla tesi - rimasta isolata - che riconduce l’obbligo di s.o.s.

al solo mediatore22. Dovendosi altresì rilevare come in caso di violazione degli obblighi antiriciclaggio anche l’organismo (ovvero l’ente del quale lo stesso costituisce articolazione non autonoma) sarà solidamente responsabile ex art. 59 D.Lgs. 231/2007 «anche quando l’autore della violazione non è stato identificato ovvero quando lo stesso non è più perseguibile ai sensi della legge medesima»23.

La ratio della norma appare invero quella di porre sotto la lente d’ingrandimento tutta l’attività che si svolge nell’ambito del procedimento di mediazione ed anche al di fuori del tavolo della mediazione (e che quindi coinvolge non soltanto il mediatore) ed a prescindere dall’accesso ai documenti della procedura24.

Per cui sia il mediatore sia il responsabile dell’organismo sono gravati dall’obbligo di s.o.s.

(ed anche degli altri obblighi di cui infra), ma non possono essere esclusi i mediatori ausiliari e gli esperti eventualmente nominati, come anche i dipendenti dell’organismo che dovranno riferire al responsabile perché possa essere effettuata tempestivamente la segnalazione, in quanto ciascuno nel proprio ruolo e nello svolgimento delle diverse funzioni loro assegnate dalla legge sono chiamati a contribuire al contrasto delle operazioni di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo25.

Tale ultima riflessione sollecita da parte degli organismi non soltanto l’organizzazione di attività formative specifiche (sulle quali v. infra), ma anche azioni di coordinamento per una più efficace rilevazione e valutazione delle operazioni. L’adozione di procedure interne, da parametrare

Roma, 2010, p. 82, che tuttavia ritiene sicuramente obbligato l’organismo (e quindi il suo responsabile) salvo poi argomentare l’inclusione tra i soggetti obbligati anche del mediatore e «forse» dei suoi ausiliari.

18 È la posizione di A. BANDINI, op. cit., p. 340 s.

19 La puntualizzazione è di M. KROGH, in Manuale di mediazione civile e commerciale, cit., 123, il quale chiarisce che il responsabile dell’organismo è tenuto all’assolvimento dell’obbligo soltanto quando «venga a conoscenza di fatti rilevanti ai fini antiriciclaggio nello svolgimento della sua attività di controllo, essendogli preclusa attività d’indagine o di polizia giudiziaria “motu proprio” diretta ad acquisire genericamente notizie in funzione antiriciclaggio».

20 Così si esprime D. IROLLO, op. cit., p. VIII. Include sia il mediatore sia il responsabile dell’organismo tra gli obbligati anche R. TISCINI, La mediazione civile e commerciale, Torino, 2011, p. 325 s.

21 In tal senso A. GIORDANO, op. cit., p. 103.

22 «Pur volendo tralasciare il tenore letterale della disposizione, deve soffermarsi l’attenzione sulla nozione di

“sospetto”, così come circoscritta dall’art. 41 del D.Lgs. 231/2007, che sembra poter essere ricondotta molto più facilmente all’attività esercitata dal mediatore che a quella svolta dall’organismo di conciliazione. Non solo.

L’individuazione degli organismi di conciliazione quali destinatari di obblighi antiriciclaggio comporterebbe la

predisposizione, da parte degli stessi, di complessi presidi interni (ad esempio, un idoneo servizio antiriciclaggio)» (così, A. DE VIVO, L’obbligo di segnalazione delle operazioni sospette non dovrebbe gravare, invece, sull’organismo di conciliazione, 4 maggio 2011, in www.mondomediazione.it).

23 La norma è richiamata da M. KROGH, in Manuale di mediazione civile e commerciale, cit., p. 123.

24 «… ad esempio qualora una parte, nullatenente, intenda pagare alla segreteria dell’Organismo solo in contati una cifra non irrisoria oppure nell’ipotesi in cui il denaro derivi da conti correnti esteri di Stati ad alto rischio di riciclaggio» (G.

MINELLI, Commento all’art. 22 D.Lgs. 28/2010, in M. BOVE (a cura di), La mediazione per la composizione delle controversie civili e commerciali, Padova, 2011, p. 382).

25 Il mediatore è il soggetto che acquisirà più di ogni altro obbligato informazioni riservate anche negli incontri separati con le parti essendo quindi colui il quale potrà maggiormente essere utile per le finalità di cui alla normativa

antiriciclaggio. L’omessa segnalazione di operazione sospetta, salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria dall’1 al 40 per cento dell’operazione segnalata (art. 57 D.Lgs. 231/2007).

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alle dimensioni organizzative ed operative di ciascun organismo, possono garantire «omogeneità di comportamenti», consentendo la «ripartizione delle rispettive responsabilità» ed altresì favorendo

«la diffusione e la conoscenza dei presupposti e della procedura di segnalazione delle operazioni sospette tra i propri dipendenti e collaboratori»26.

5. Le modalità di comunicazione delle segnalazioni di operazioni sospette.

Riguardo al tempo nel quale occorre effettuare le segnalazioni la norma generale prescrive che debbano essere trasmesse «senza ritardo» e «ove possibile prima di eseguire l'operazione, appena il soggetto tenuto alla segnalazione viene a conoscenza degli elementi di sospetto» (art. 41, comma 4, D.Lgs. 231/2007).

Viene previsto altresì un dovere di astensione dal compiere l’operazione per i soggetti obbligati finché non abbiano effettuato la segnalazione, «tranne che detta astensione non sia possibile tenuto conto della normale operatività, o possa ostacolare le indagini» (art. 41, comma 5, D.Lgs. 231/2007).

La tempestività costituisce ovviamente un elemento fondamentale per l’efficacia della segnalazione, in quanto la stessa può essere tanto più utile quanto più consenta di intervenire nell’immediato e addirittura nel corso dell’operazione.

Ciò richiede al mediatore una particolare attenzione e sensibilità nel riconoscere gli elementi idonei alla selezione dell’operazione da segnalare. Appare evidente che in relazione alle dinamiche tipiche del procedimento di mediazione, la concentrazione e la rapidità che solitamente ne caratterizzano il decorso difficilmente potranno rendere possibile la segnalazione anche prima dell’esecuzione dell’operazione, trattandosi sovente di un unicum procedimentale nel quale raramente il mediatore potrà effettuare la segnalazione senza destare sospetti dei soggetti interessati27.

Qualche dubbio sulla corretta applicazione della norma in materia di mediazione è stato sollevato in dottrina ed in particolare in relazione al momento in cui sorge l’obbligo di segnalazione. Si potrebbe infatti sostenere in applicazione dell’art. 41, comma 4, D.Lgs. 231/2007 che détto obbligo nel procedimento di mediazione divenga attuale allorquando le parti inizino a formulare ipotesi di accordo che destino sospetti: «il fatto però che si ipotizzino delle soluzioni, non vuol dire che le parti effettivamente poi le attuino. E quindi una eventuale segnalazione potrebbe essere imprudente e priva di fondamento»28. Si potrebbe così sostenere che l’obbligo sorga all’atto della sottoscrizione dell’accordo: «ma se così fosse potrebbe essere ravvisato in ritardo nella segnalazione»29.

In vero la questione circa il momento in cui il mediatore è tenuto ad effettuare la segnalazione è estremamente complessa, ma la soluzione non può avere quale conseguenza l’esaurire o il relegare l’obbligo alle ipotesi in cui l’operazione sospetta si concreta in un accordo. Infatti, sarà sufficiente leggere gli indicatori di anomalia30 per avvedersi che il panorama nel quale si sviluppano

26 D.M. Ministero Giustizia, 16 aprile 2010 (All. 2, capo 5, La procedura di segnalazione).

27 Pare utile segnalare che nelle istruzioni ministeriali è previsto che «I professionisti possono contattare

telefonicamente o via fax la UIF prima di procedere all'inoltro di una segnalazione, anche per ricevere istruzioni sul comportamento da tenere, con particolare riguardo al mantenimento della riservatezza, ai rapporti con il soggetto segnalato e alla gestione delle operazioni» (All. 2, capo 2, L’analisi delle operazioni da segnalare, D.M. Giustizia, 16 aprile 2010).

28 L’ipotesi e la risposta sono di A. BANDINI, op. cit., p. 341.

29 È sempre l’ipotesi con la risposta di A. BANDINI, op. cit., p. 341 s., il quale conclude sollecitando «anche su questi aspetti un intervento che definisca, nei limiti del possibile, anche il momento in cui insorge l’obbligo di segnalazione».

30 Gli indici di anomalia possono essere ricondotti a tre macrocategorie: indicatori connessi all’identità o all’atteggiamento del soggetto (ad es. il soggetto utilizza documenti identificativi che sembrano contraffatti, richiede

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le operazioni sospette è molto più ampio e variegato e soprattutto spesso i comportamenti indicati attengono alla fase preparatoria di un possibile accordo, il cui mancato raggiungimento non può escludere ipso facto l’operatività dell’obbligo di s.o.s. al ricorrere degli elementi previsti dalla normativa di settore31.

Sul punto si deve rilevare che il Ministero della Giustizia ha precisato - con riferimento ai professionisti obbligati - che le segnalazioni devono essere inoltrate «anche nel caso in cui la prestazione professionale o l'operazione sia stata rifiutata ovvero non sia stata eseguita per motivi di sospetto»32, in tal modo confermando che la valutazione dell’operazione sospetta deve ritenersi del tutto autonoma rispetto ai profili strettamente negoziali che possono caratterizzare il percorso della mediazione.

Con riferimento poi al comma 5 dell’art. 41 D.Lgs. 231/2007 viene in questione anche il connesso obbligo di astensione dal compiere l’operazione in ordine al quale è stato sostenuto che il mediatore, in caso di operazioni sospette, «dovrà sospendere il procedimento»33.

La soluzione sembra eccessivamente rigida soprattutto in relazione al fatto che il mediatore non solo non potrà rivelare le ragioni della sospensione (si ricordi che vi è obbligo del segreto in quanto il mediatore dovrà effettuare la segnalazione senza poter avvisare il soggetto interessato ex art. 46, comma 3, D.Lgs. 231/2007)34, ma perché la eventuale “sospensione” in mediazione

prestazioni tese a dissimulare l’origine illecita di capitali, etc.); indicatori connessi alle modalità di esecuzione delle operazioni (ad es. richiesta di effettuare operazioni con modalità eccessivamente complesse o involute in rapporto allo scopo dichiarato, ricorso a caselle postali o a indirizzi postali diversi dal domicilio fiscale o professionale, ovvero altre forme di domiciliazione di comodo, etc.); indicatori relativi ai mezzi di pagamento utilizzati (ad es. proposta di regolare i pagamenti mediante strumenti incoerenti rispetto alle ordinarie prassi di mercato, improvviso e ingiustificato intervento di un terzo a copertura dell’esposizione di un cliente attraverso il pagamento in un’unica soluzione, etc.); la tripartizione è di A. GIORDANO, op. cit., p. 104 ss., al cui scritto si rinvia per approfondimenti.

31 In senso opposto, aderendo alla tesi di Bandini, si esprime V. VERDICCHIO, Obbligo di segnalazione alla UIF e attività di mediazione: brevi chiose, in Le Corti Salernitane, n. 3-4, 2010, p.376, il quale collega l’obbligo di s.o.s.

all’accordo e precisa che non sussisterebbe neanche il paventato rischio della tardività in quanto «l’accordo conciliativo è atto interamente ascrivibile alle parti, rispetto al quale, dunque, il mediatore è estraneo»; ciò in quanto «è soltanto al momento della conclusione dell’accordo conciliativo che la volontà delle parti di dar vita ad operazioni sospette diviene definitiva e, quindi, giuridicamente rilevante». L’opinione si fonda evidentemente sull’assunto non dimostrato che le operazioni sospette abbiano sempre natura negoziale; per confutarlo è sufficiente esaminare gli indicatori di anomalia che evidenziano come possano essere desunte operazioni sospette anche da comportamenti collegati alla trattativa per le quali non occorre affatto che le parti giungano ad un accordo ai fini della segnalazione alla UIF. D’altronde la ratio del meccanismo approntato dal legislatore appare evidente dalla lettura del comma 1 dell’art. 41 D.Lgs. 231/2007 ove assumono rilievo ai fini del “sospetto” che obbliga alla segnalazione anche il “tentativo” di porre in atto un’operazione di riciclaggio o altre “circostanze” a tal fine ritenute idonee (i soggetti obbligati devono inviare la segnalazione «quando sanno, sospettano o hanno motivi ragionevoli per sospettare che siano in corso o che siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo. Il sospetto è desunto dalle caratteristiche, entità, natura dell'operazione o da qualsivoglia altra circostanza conosciuta in ragione delle funzioni esercitate, tenuto conto anche della capacità economica e dell'attività svolta dal soggetto cui è riferita, in base agli elementi a disposizione dei segnalanti, acquisiti nell'ambito dell'attività svolta ovvero a seguito del conferimento di un incarico»).

32 Il Ministero della Giustizia puntualizza altresì che «La disciplina in tema di adempimento degli obblighi di

segnalazione di operazioni sospette non prevede soglie minime di importo delle operazioni da segnalare» (All. 2, capo 1, Principi generali, D.M. Giustizia, 16 aprile 2010).

33 È la tesi di A. BANDINI, op. cit., p. 342. Anche V. VERDICCHIO, op. cit., p. 376 s., ipotizza la possibilità di

“interrompere” il procedimento «in ogni caso, soprassedendo alla redazione del verbale di cui all’art. 11 d.lg. n.

28/2010» (salvo non ricorrano «gli estremi delle eccezioni» previste dall’art. 41, comma 5, D.Lgs. 231/2007). Anche l’esigenza di mantenere la riservatezza sulla segnalazione induce a ritenere che la sequenza procedimentale della mediazione debba seguire il suo corso, e ciò non esclude a priori la possibilità di una segnalazione tempestiva e, quindi, effettuata prima della conclusione del procedimento stesso.

34 Lo sottolinea T. GALLETTO, Il modello italiano di conciliazione stragiudiziale in materia civile, Milano, 2010, p. 83, il quale ritiene che la situazione descritta pone il mediatore in una posizione assai delicata, sollecitando gli organismi ad affrontare il tema nell’ambito dei codici etici. Il Ministero della Giustizia sottolinea che «Tutte le informazioni relative alle segnalazioni di operazioni sospette, in ordine sia al contenuto sia alla effettuazione delle stesse, sono soggette a un

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costituisce una scelta delle parti e non una determinazione del mediatore che al più può proporre anche fasi interlocutorie verso il possibile accordo in relazione agli sviluppi della negoziazione.

Infatti, il mediatore pur conducendo il procedimento non può gestirlo contro l’interesse e le determinazioni delle parti. Parti che in taluni casi potrebbero addirittura tentare di utilizzare lo strumento conciliativo, immaginandolo quasi come una zona opaca in grado di consentire sia pure indirettamente il perseguimento di finalità illecite e più specificamente di riciclaggio e/o di finanziamento del terrorismo.

Peraltro, occorre sottolineare che in relazione gli obblighi di segnalazione non sono previste deroghe nemmeno qualora l’obbligato abbia notizia dell’assolvimento degli stessi da parte di altri soggetti obbligati35.

È ben chiaro quindi che il mediatore dovrà tenere sempre presente questi obblighi e a tal fine dovrà curare con particolare attenzione la sua formazione sui temi dell’antiriciclaggio per una corretta applicazione delle norme vigenti, soprattutto in ordine alla complessa attività di segnalazione delle operazioni sospette.

Infine, quanto alle modalità operative, dal 16 maggio 2011 le segnalazioni devono essere inviate alla UIF esclusivamente per via telematica. Accedendo al portale Infostat-UIF sul sito web della Banca d’Italia (www.bancaditalia.it) è possibile inserire la segnalazione che sarà contraddistinta da un numero identificativo progressivo e da un numero di protocollo annuale36.

6. La clausola di salvaguardia.

La normativa appena descritta e che prevede obblighi ben precisi anche nell’ambito della mediazione, essendo prevalente per gli interessi pubblici tutelati rispetto a quelle che garantiscono i diversi obblighi di riservatezza e di segreto, contiene una clausola di salvaguardia. Ed infatti, è previsto che le segnalazioni di operazioni sospette «non costituiscono violazione degli obblighi di segretezza, del segreto professionale o di eventuali restrizioni alla comunicazione di informazioni imposte in sede contrattuale o da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative e, se poste in essere per le finalità ivi previste e in buona fede, non comportano responsabilità di alcun tipo»

(art. 41, comma 6, D.Lgs. 231/2007).

Sul tema bisogna precisare che tale “salvaguardia” (che trova fondamento a tutela di interessi di ordine pubblico) opera esclusivamente in relazione all’adempimento dell’obbligo di segnalazione. Ciò significa che il mediatore, che è personalmente obbligato alla s.o.s., non potrà comunicare neanche al responsabile dell’organismo al fine della segnalazione informazioni

regime di rigorosa riservatezza in base alla legge», ed inoltre «I professionisti adottano adeguate misure per assicurare la massima riservatezza delle informazioni relative alle segnalazioni di operazioni sospette» (All. 2, capo 6, La tutela della riservatezza, D.M. Giustizia, 16 aprile 2010). Peraltro, la violazione del divieto di comunicazione ex art. 46 D.Lgs.

231/2007 è punito con l’arresto da sei mesi a un anno o con l’ammenda 5.000 a 50.000 euro, salvo che il fatto costituisca più grave reato (art. 55 D.Lgs. 231/2007).

35 Lo pone in evidenza M. KROGH, in Manuale della mediazione civile e commerciale, cit., p. 112. Si pensi all’ipotesi di un collegio di mediatori uno dei quali abbia provveduto alla segnalazione e in violazione del divieto di comunicazione (art. 46 D.Lgs. 231/2007) abbia comunicato l’avvenuto espletamento di tale adempimento agli altri componenti del collegio; in tal caso, questi ultimi pur potendo valutare autonomamente la ricorrenza di tale obbligo non potranno però ritersi all’uopo esonerati in virtù dell’adempimento dell’obbligo a cura di altro soggetto obbligato.

36 «Lo schema della segnalazione è il medesimo per tutte le categorie di segnalanti, con un diverso livello di dettaglio informativo in relazione alle peculiarità dei soggetti medesimi e dell’operatività oggetto di segnalazione.

Il contenuto della segnalazione si articola in: a. dati identificativi della segnalazione, in cui sono riportate le informazioni che identificano e qualificano la segnalazione e il segnalante (obbligo questo non previsto per il mediatore); b. elementi informativi, in forma strutturata, sulle operazioni, sui soggetti, sui rapporti e sui legami intercorrenti tra gli stessi; c. elementi descrittivi, in forma libera, sull’operatività segnalata e sui motivi del sospetto; d.

eventuali documenti allegati» (A. GIORDANO, op. cit., p.108 ss., ivi ulteriori informazioni).

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riservate acquisite nel corso della procedura (diversamente incorrendo nella violazione dell’art. 9 D.Lgs. 28/2010)37.

Peraltro, se si dovesse per ipotesi ritenere obbligato il solo responsabile dell’organismo si perverrebbe all’assurda conseguenza di obbligare il mediatore a violare il dovere di riservatezza, non per effettuare la segnalazione direttamente alla UIF, ma per comunicare l’operazione sospetta ad altro soggetto obbligato. Tale meccanismo risulterebbe contrastante con l’esigenza tutelata dalla normativa in materia di riserbo in mediazione che trova limite soltanto in esigenze di caratura assiologica più elevata e che, quindi, consentono di ribadire che l’obbligo di segnalare gravi direttamente sul mediatore (oltre che sul responsabile dell’organismo) il quale sarà esonerato da responsabilità nella violazione della riservatezza esclusivamente al fine di comunicare l’operazione sospetta e secondo le procedure fissate dalla vigente normativa38.

Non appare invece condivisibile la tesi di chi sembra estendere al mediatore la clausola di esclusione di cui agli artt. 12, comma 1, e 23, comma 4, D.Lgs. 231/2007 che esonera dalla segnalazione avvocati, commercialisti, notai e altri professionisti in relazione alle informazioni che essi ricevono da un loro cliente ovvero ottengono riguardo allo stesso «nel corso dell’esame della posizione giuridica del loro cliente o dell’espletamento dei compiti di difesa o di rappresentanza di questo cliente in un procedimento giudiziario o in relazione a tale procedimento, compresa la consulenza sull’eventualità di intentare o evitare un procedimento», ove tali informazioni siano ricevute od ottenute prima, durante o dopo il procedimento stesso39.

Il ruolo del mediatore, essendo del tutto diverso da quello dei professionisti indicati dalla norma e collocandosi quale “terzo” funzionalmente preposto alla conduzione del procedimento di mediazione non consente l’estensione allo stesso della clausola di esclusione che resta collocata nell’ambito individuato dal legislatore e con finalità di tutela del diritto di difesa (ex art. 24 Cost.)40.

7. L’obbligo di comunicazione delle infrazioni al MEF.

Per effetto indiretto dell’estensione degli obblighi di segnalazione di cui all’art. 41 D.Lgs.

231/2007 (in applicazione della modifica ex art. 22 D.Lgs. 28/2010), il mediatore e l’organismo di mediazione divengono destinatari anche di altri obblighi previsti dalla disciplina antiriciclaggio.

In particolare, occorre fare riferimento all’art. 51, comma 1, D.Lgs. 231/2007 il quale assoggetta i destinatari del decreto all’obbligo di comunicazione al Ministero dell’Economia e delle Finanze delle infrazioni in materia di uso del contante e degli assegni41. Il termine fissato per la comunicazione è di trenta giorni e nel caso in cui «oggetto dell'infrazione sia un'operazione di trasferimento segnalata ai sensi dell'articolo 41, comma 1, il soggetto che ha effettuato la

37 La questione è delicata e l’obbligo di effettuare la s.o.s. non può significare il venir meno in ogni ambito del dovere di riservatezza, anche perché è bene precisare che le segnalazioni riguardano operazioni sospette e che quindi necessitano di verifiche da parte dell’UIF che qualora le ritenga infondate le archivia. La UIF effettua approfondimenti sulle segnalazioni di operazioni sospette e sussistendone la fondatezza le trasmette, arricchite dell'analisi finanziaria, al Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza (NSPV) e alla Direzione investigativa antimafia (DIA).

38 Sembra pervenire alle medesime conclusioni, sia pure con qualche incertezza, anche R. TISCINI, La mediazione, cit., p.

326.

39 Sia pure con il condizionale è la tesi espressa da D. IROLLO, op. cit., p. VIII.

40 Non si prevedono esclusioni dall’obbligo di s.o.s. in materia di mediazione nelle linee guida antiriciclaggio del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili (CNDCEC) aggiornate il 27 luglio 2011.

41 Ai sensi del comma 1 dell’art. 51, D.Lgs. 2007: «I destinatari del presente decreto che, in relazione ai loro compiti di servizio e nei limiti delle loro attribuzioni e attività, hanno notizia di infrazioni alle disposizioni di cui all'articolo 49, commi 1, 5, 6, 7, 12, 13 e 14, e all'articolo 50 ne riferiscono entro trenta giorni al Ministero dell'economia e delle finanze per la contestazione e gli altri adempimenti previsti dall'articolo 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689 e per la immediata comunicazione della infrazione anche alla Agenzia delle entrate che attiva i conseguenti controlli di natura fiscale».

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segnalazione di operazione sospetta non è tenuto alla comunicazione di cui al comma 1» (art. 51, comma 3, D.Lgs. 232/2007). Per cui la s.o.s. assorbe la comunicazione al MEF.

Gli obblighi relativi all’uso del contante e degli assegni le cui infrazioni devono essere segnalate al MEF sono contenuti nell’art. 49 D.Lgs. 231/2007.

Più specificamente in relazione al contante e agli assegni la limitazione alla circolazione è stata via via ridotta sino a giungere di recente ad un tetto di euro 1.000, difatti «È vietato il trasferimento di denaro contante o di libretti di deposito bancari o postali al portatore o di titoli al portatore in euro o in valuta estera, effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi, quando il valore oggetto di trasferimento, è complessivamente pari o superiore a 1.000 euro42. Il trasferimento è vietato anche quando è effettuato con più pagamenti inferiori alla soglia che appaiono artificiosamente frazionati. Il trasferimento può tuttavia essere eseguito per il tramite di banche, istituti di moneta elettronica e Poste Italiane S.p.A.» (art. 49, comma 1, D.Lgs. 231/2007).

Per gli assegni bancari e postali emessi per importi pari o superiori a euro 1.000 è disposto l’obbligo della indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario e della clausola di non trasferibilità; gli assegni emessi all’ordine del traente possono essere girati unicamente per l’incasso ad una banca o a Poste Italiane s.p.a. (art. 49, commi 5 e 6, D.Lgs. 231/2007).

Puntuale attenzione è richiesta quindi per l’attuazione dell’obbligo in questione da parte dei mediatori ed anche degli organismi i quali ultimi potrebbero rilevare infrazioni relative alle limitazioni indicate nell’uso del contante e degli assegni anche – ad esempio – nel momento in cui le parti versano l’indennità di mediazione per procedimenti di valore elevato43.

8. L’obbligo di formazione del personale.

Ed infine l’ultimo degli obblighi previsti dalla normativa antiriciclaggio è quello della formazione del personale. Ultimo, ma non meno importante, in quanto soltanto attraverso una adeguata formazione di coloro i quali sono destinatari degli obblighi sopra esaminati gli stessi possono divenire effettivi data la particolare complessità e delicatezza della materia trattata.

È previsto infatti l’obbligo di adottare misure di adeguata formazione del personale e dei collaboratori; tali misure comprendono programmi di formazione finalizzati a riconoscere attività potenzialmente connesse al riciclaggio o al finanziamento del terrorismo (art. 54, commi 1 e 2, D.Lgs. 231/2007)44.

L’attività formativa dovrà essere diretta soprattutto a fornire indicazioni utili all’assolvimento degli obblighi di segnalazione delle operazioni sospette, di comunicazione delle infrazioni all’utilizzo di denaro contante «e sull’importanza delle disposizioni di garanzia della riservatezza dei dati ed informazioni acquisiti nel corso dell’attività di mediazione e conciliazione»45.

Questi obblighi formativi che non rientrano nella formazione di base del mediatore se non per cenni nell’ambito dello studio della normativa potranno essere inseriti nei percorsi formativi di aggiornamento obbligatorio biennale ex art. 18, comma 2, lett. f) e g), D.M. 180/2010. Ma sono gli organismi a dover esigere che i mediatori siano adeguatamente formati agli obblighi antiriciclaggio, perché possano correttamente operare nei procedimenti di mediazione nei quali sono designati.

42 Importo così adeguato prima dall'art. 20, comma 1, D.L. 31 maggio 2010, n. 78, poi dal comma 4 dell'art. 2, D.L. 13 agosto 2011, n. 138 e, infine, dal comma 1 dell'art. 12, D.L. 6 dicembre 2011, n. 201. Vedi, anche, le ulteriori disposizioni del citato comma 1 dell'art. 12, D.L. n. 201 del 2011 come modificato dalla legge di conversione 22 dicembre 2011, n. 214.

43 La violazione dell’obbligo di comunicazione al M.E.F. è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria dal 3 al 30 per cento dell’importo dell’operazione (art. 58, comma 7, D.Lgs. 231/2007).

44 «Le autorità competenti, in particolare la UIF, la Guardia di finanza e la DIA, forniscono indicazioni aggiornate circa le prassi seguite dai riciclatori e dai finanziatori del terrorismo» (art. 54, comma 3, D.Lgs. 231/2007).

45 Lo segnala M. KROGH, in Manuale della mediazione civile e commerciale, cit., p. 125.

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Egualmente i responsabili degli organismi stessi e tutto il personale che opera alle sue dipendenze deve essere adeguatamente formato agli obblighi imposti dal D.Lgs. 231/2007.

Tale formazione dovrà avere «carattere della continuità e sistematicità, nonché tenere conto dell’evoluzione normativa in materia di antiriciclaggio»46.

A tal fine il Ministero della Giustizia nell’esercizio dei poteri di vigilanza47 potrà esigere dagli organismi la verifica dell’adempimento degli obblighi di formazione prescritti dall’art. 54 D.Lgs.

231/2007.

46 Il Ministero della Giustizia indica le seguenti linee guida: «I professionisti adottano misure di formazione del personale e dei collaboratori ai fini della corretta individuazione degli elementi di sospetto. Periodici programmi di formazione sono volti a consentire di riconoscere attività potenzialmente connesse con il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo, anche attraverso la valutazione dell'esito delle segnalazioni acquisito in fase di feedback. A tal fine, gli ordini professionali, che individuano le modalità attuative delle misure di formazione, contribuiscono alla diffusione della conoscenza della normativa antiriciclaggio e veicolano indicazioni di nuove strategie e prassi applicative di riciclaggio e finanziamento del terrorismo dalla UIF ai propri iscritti. La UIF, la Guardia di finanza e la DIA, forniscono indicazioni aggiornate circa le prassi seguite dai riciclatori e dai finanziatori del terrorismo. La formazione deve avere carattere di continuità e sistematicità, nonché tenere conto dell'evoluzione della normativa in materia di antiriciclaggio»

(All. 2, capo 8, Formazione, D.M. Giustizia, 16 aprile 2010).

47 Il riferimento è all’art. 3, comma 2, D.M. 180/2010 ed alla Circolare interpretativa del Ministero della Giustizia del 20 dicembre 2011.

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