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La riforma della geografia giudiziaria in Francia: un esempio da seguire? - Judicium

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1 GAIA PANDOLFI

La riforma della geografia giudiziaria in Francia:

Un esempio da seguire?

Introduzione

La commissione giuridica del Senato francese ha di recente pubblicato uno studio di valutazione d’impatto della riforma della geografia giudiziaria (« La réforme de la carte judiciaire »),1 che in meno di quattro anni ha condotto alla soppressione di circa un terzo degli organi giudiziari in Francia (passati da 1206 a 819) e ha interessato principalmente i tribunali di primo grado (ridotti da 476 a 178).

Estremamente controversa, la riforma, avviata nel giugno 2007 è stata accompagnata da manifestazioni e proteste di ampia portata su tutto il territorio francese, alle quali hanno aderito magistrati, funzionari, avvocati, personale delle strutture giudiziarie e rappresentanze sindacali.

A più di un anno dal suo completamento, la commissione giuridica del Senato ha costituto un gruppo di lavoro incaricato di tracciare il bilancio della riforma e di valutarne l’impatto sul funzionamento della giustizia. L’analisi condotta dal gruppo di lavoro è stata accompagnata da audizioni e incontri con il mondo professionale di riferimento, anche presso i distretti delle principali Corti d’appello.

Le critiche e i dubbi che emergono dallo studio del Senato francese riecheggiano le posizioni espresse più volte dal Cnf in relazione alla revisione della geografia giudiziaria in Italia. Anche in Francia, infatti, gli operatori non negano l’opportunità di un riassetto della distribuzione di tribunali e procure sul territorio nazionale, ma giudicano insufficiente l’esclusiva logica « budgetaria » seguita dai governi, che ha compromesso le condizioni di esercizio del « servizio pubblico della giustizia » e la sua presenza sul territorio, con ricadute importanti in termini di prossimità e di accesso, anche materiale, alla giustizia.

Premesse e spirito della riforma

Frutto di un processo di riorganizzazione iniziato nel 1789, la carte judiciaire francese non era stata oggetto di revisione dall’ultima importante riforma del 1958, fatta eccezione per alcuni aggiustamenti minori realizzati dalle amministrazioni succedutesi nel tempo.

1 « La réforme de la carte judiciaire : une occasion manquée », Commission des lois du Sénat, Rapport d’information de Mme Nicole Borvo Cohen-Seat (CRC – Paris) et de M. Yves DETRAIGNE (UCR – Marne).

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2 In Francia, nell’ambiente, era peraltro largamente condiviso il convincimento circa la necessità di riformare la carte, divenuta obsoleta a fronte delle evoluzioni demografiche e dei cambiamenti economici e sociali intervenuti negli ultimi cinquanta anni.

Di questa necessità, si era fatto portavoce sin da subito, Nicolas Sarkozy, che sin dalla sua elezione a Presidente della Repubblica nel 2007, si era formalmente impegnato a procedere alla revisione della carte, affidandone, di lí a poco, l’elaborazione all’ora Ministro della giustizia, Rachida Dati.

La riforma, in origine promossa con l‘intento di rivedere tutto il contenzioso, si è poi concentrata esclusivamente sulla riorganizzazione giudiziaria.

Alla base dell’intervento, la volontà di razionalizzare l’assetto territoriale delle giurisdizioni tramite l’accorpamento delle medesime in giurisdizioni di dimensioni sufficienti (« taille suffisante »), con l’obiettivo di rinforzare la qualità della giustizia, in particolare attraverso la specializzazione dei giudici, e di assicurare una buona amministrazione della medesima, intesa come ottimizzazione delle risorse « budgetarie » e umane preposte alle strutture territoriali.

Assente, tra i criteri direttivi della riforma, la valutazione delle specifiche esigenze connesse alla necessità di mantenere una presenza giudiziaria sull’insieme del territorio e di assicurare una giustizia di prossimità.

Con l’obiettivo, di creare giurisdizioni di « dimensioni sufficienti », si è scelto piuttosto di procedere alla soppressione delle strutture territoriali giudicate « troppo piccole », avvalendosi di criteri di valutazione basati perlopiù su indicatori di attività e lasciando poco spazio a considerazioni di diversa natura, quali la valutazione dei bacini demografici e di impiego, le condizioni di pianificazione territoriale e la specificità dei territori interessati.

Lo studio del Senato francese

I principali elementi di criticità che emergono dalla valutazione d’impatto condotta dalla commissione giuridica del Senato francese riguardano la metodologia e i criteri che hanno informato la riforma.

Se da un lato, infatti, la riforma ha reso possibile una certa razionalizzazione del funzionamento di alcune giurisdizioni – dovuta in parte anche alle misure di sostegno finanziario che hanno accompagnato la medesima e hanno permesso di ridurne le ricadute negative – molte delle difficoltà che ad oggi riscontrano le giurisdizioni francesi derivano in gran parte dalle scelte iniziali degli artefici della riforma e dei criteri adottati per disegnare la nuova carte judiciaire.

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3 Dal punto di vista metodologico, la riforma è stata giudicata precipitosa, « brutale », integralmente realizzata tramite decreti e sulla base di un calendario estremamente rigido (la riforma nel suo complesso è stata concepita in soli tre mesi, durante il periodo estivo).

Le concertazioni con le parti interessate, condotte a livello nazionale e locale, sono state gravemente insufficienti se non addirittura inesistenti, lasciandosi alle spalle il sentimento condiviso dagli operatori del settore che la partecipazione vantata fosse, in realtà, puramente formale a fronte di decisioni già prese in altra sede.

Dal punto di vista concettuale, le principali critiche muovono dalla considerazione che la riflessione sull’assetto della geografia giudiziaria non è stata accompagnata da una riflessione approfondita sull’organizzazione giudiziaria nel suo complesso e sulla distribuzione dei tribunali.

Rispondendo a logiche prevalentemente « budgetarie » si è, infatti, privilegiata l’applicazione meccanica di criteri di economicità ed efficienza della gestione, che ha portato alla soppressione delle strutture giudiziarie piuttosto che alla riconfigurazione delle medesime, compromettendo fortemente la continuità del « servizio pubblico della giustizia » e mettendo in serie difficoltà le strutture « sopravvissute », confrontate ad una drastica riduzione delle piante organiche e a un netto peggioramento delle condizioni di lavoro dei magistrati e del personale amministrativo.

Inoltre, la scelta di condurre l’intervento di razionalizzazione principalmente attraverso una mera e netta soppressione dell’organico mal si è conciliata con le importanti riforme penali e civili in corso in Francia proprio nello stesso periodo, le quali, al contrario, avrebbero richiesto un aumento degli effettivi e, più in generale, un radicale adeguamento strutturale, e non l’impoverimento dell’apparato.

La nuova carte judiciaire si è dunque trovata in décalage rispetto alle altre riforme della giustizia, costringendo le giurisdizioni a dover affrontare, allo stesso tempo, le conseguenze connesse alla soppressione o all’accorpamento delle strutture sul territorio e i cambiamenti derivanti dall’evoluzione del contenzioso.

Parzialmente disattesi anche gli annunciati obiettivi di ottimizzazione delle risorse economiche e di recupero di efficienza nell’amministrazione della giustizia.

I tempi medi per il trattamento del contenzioso hanno infatti subito un degrado significativo, con un aumento medio del 10%, che in alcune giurisdizioni ha raggiunto il 20% (per il periodo 2009- 2011, la media passa da 5,7 mesi a 6,3 mesi). In molti casi, inoltre, l’accorpamento delle strutture esistenti ha costretto le giurisdizioni « sopravvissute » alla locazione di nuovi immobili e richiesto cospicui investimenti pubblici, generando dei costi aggiuntivi di spesa e degli oneri imprevisti, che hanno ridimensionato notevolmente le previsioni globali di risparmio.

Quanto all’impatto della riforma sull’accesso alla giustizia, se gli effetti non sono stati uniformi sull’insieme del territorio francese – in alcune giurisdizioni si riportano riduzioni manifeste e

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4 costanti della domanda di accesso alla giustizia, mentre in altre non si rilevano cambiamenti significativi –, lo studio registra con chiarezza un netto indebolimento delle giurisdizioni più vicine ai cittadini (prossimità geografica e giuridica).

La riforma, infatti, ha interessato principalmente i tribunali di primo grado, che sono stati ridotti di quasi un terzo, creando una sorta di « deserto giudiziario ». In questi termini, un po’ enfatici, si sono espressi molti degli operatori intervistati sul territorio, per descrivere situazioni in cui, per più di 100 km, intere aree geografiche risultano totalmente prive di strutture giudiziarie, in assenza, altresì, di iniziative autonome del Ministero della Giustizia per il mantenimento di una presenza giudiziaria « ridotta » nei territori in cui i tribunali sono stati soppressi.

Conclusioni

Sin dalla sua concezione, la riforma della carte judiciaire francese è stata indebolita dalle scelte metodologiche e dalla precipitazione con la quale è stata concepita. Tradendo un difetto di prospettiva, la riforma è stata condotta al contrario: la riflessione sulle articolazioni territoriali della giustizia ha preceduto quella sul ruolo e sulla missione della giustizia e sull’organizzazione giudiziaria nel suo complesso.

Concepita per garantire la qualità della giustizia e assicurare un miglior funzionamento delle giurisdizioni, la riforma ha solo parzialmente raggiunto i suoi obiettivi.

Il bilancio globale che emerge è fortemente mitigato dalle inefficienze e dalle incoerenze generate dalla riforma stessa: a fronte di alcuni risultati positivi in termini di razionalizzazione delle risorse – resi possibili soprattutto grazie alle misure di accompagnamento poste in essere dal Ministero della Giustizia – più diffuse sono state, infatti, le ricadute negative, che si sono tradotte principalmente in un sostanziale detrimento del funzionamento della giustizia e dell’interesse dei cittadini, in termini di qualità e prossimità della giustizia e di garanzia del diritto di accesso alla medesima.

Analoghi rischi, d’altronde, sono stati denunciati dall’Avvocatura italiana con riferimento alla riorganizzazione della geografia giudiziaria introdotta dal decreto legislativo 155/2012,2 e rispetto alla quale lo studio condotto dal Senato francese consente di approfondire la riflessione già ampiamente avviata a livello nazionale.

In Italia, come in Francia, l’opportunità della riforma non è affatto in discussione, ma il metodo proposto e la precipitazione con la quale è stata disegnata rischiano di condurre a soluzioni inappropriate.

2 Decreto Legislativo n. 155 del 7 settembre 2012 recante la « Nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148 » (GU n. 213 del 12 settembre 2012 - Suppl. Ordinario n. 185).

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5 L’esperienza francese dimostra chiaramente che una riforma organica non può prescindere da una seria valutazione d’impatto della nuova regolazione sotto il profilo economico, sociale e territoriale. Ciò richiede la raccolta e l’analisi approfondita dei dati di efficienza e di spesa relativi alla funzionalità dell’attuale assetto della geografia giudiziaria, esercizio che presuppone la ricognizione dei costi e della redditività del servizio di giustizia, l’indagine sulla specificità della geografia fisica e della situazione infrastrutturale del bacino di utenza (e.g., tessuto industriale e produttivo, livelli di criminalità organizzata), nonché l’individuazione dei fabbisogni reali di un sistema funzionale ed efficiente, al fine di disegnare delle strutture che rappresentino una sintesi ottimale tra efficienza e costi del sevizio.

Su queste premesse, che prescindono da prese di posizione aprioristiche e ideologiche, dovrebbe ragionevolmente fondarsi un’iniziativa progettuale idonea alla definizione di un rinnovato servizio di giustizia, superando l’attuale assenza di visione prospettica che « induce a ridurre l’esistente senza creare nulla di nuovo ». « Le riforme devono nascere da progetti e non da soppressioni più o meno estese ».3

Con questa visione progettuale si può aspirare a sviluppare e mantenere un « servizio pubblico della giustizia » efficiente, eliminando gli sprechi, massimizzando gli investimenti, razionalizzando e monitorando il sistema, nel rispetto della superiore esigenza di garantire il pieno ed effettivo esercizio del diritto di accesso alla giustizia.

Quanto all’esperienza d’oltralpe, per rimediare alle principali disfunzioni e diseconomie osservate a più di un anno dal completamento della riforma, il Senato francese richiama fermamente la necessità di coinvolgere il Parlamento nella definizione di future manovre correttive della carte judiciaire, e l’opportunità di riflettere ad una riforma globale dell’organizzazione giudiziaria, nell’ottica di assicurare ai cittadini la tutela effettiva dei propri diritti.

Al Parlamento spetta la definizione dei principi e dei criteri che devono fondare interventi di questa natura, nonché l’individuazione degli obiettivi da raggiungere. Allontanandosi dalla sua sede naturale, quella parlamentare, il processo di riforma della carte judiciaire francese ha perso potenzialità ed efficacia, e il sentimento che la riforma si lascia alle spalle è quello di « un’occasione mancata ».

3 « Osservazioni della commissione CNF per la revisione delle circoscrizione giudiziarie in merito ai pareri residuale commissioni giustizia di Camera e Senato sugli schemi di decreti legislativi n. 455 e 494 (8 agosto 2012) », in Dossier dell’Ufficio studi del Consiglio Nazionale Forense n. 12/2012.

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