F. Strollo
1, G. Guarino
2, G. Paolisso
3, S. Gentile
21Unità di Diabetologia e Metabolismo, INRCA, Roma;
2Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Seconda Università di Napoli; 3Dipartimento di Gerontologia, Geriatria e Metabolismo, Seconda Università di Napoli
Corrispondenza: prof. Sandro Gentile, via Luca Giordano 121, 80128 Napoli e-mail: sgentile1949@gmail.com G It Diabetol Metab 2014;34:14-21 Pervenuto in Redazione il 07-01-2014 Accettato per la pubblicazione il 09-01-2014 Parole chiave: diabete mellito di tipo 2, precocità di accesso, cure specialistiche, disease management, costi del diabete
Key words: type 2 diabetes mellitus, early referral, secondary care, disease management, diabetes costs
Lavoro originale
Precocità di accesso al servizio
di diabetologia come determinante di qualità delle cure, frequenza
delle complicanze e carico economico dei diabetici di tipo 2
RIASSUNTO
La modalità di accesso al Servizio di diabetologia in modo condiviso con la medicina generale consente di pianificare un per- corso diagnostico-terapeutico ottimizzato. Tuttavia questa con- divisione alla diagnosi è implementata solo in una minoranza di diabetici di tipo 2. L’analisi della maggiore o minore precocità di accesso alle diabetologie consente di documentare in circa il 60%
degli accessi nei 12 mesi un maggiore carico di complicanze e costi per farmaci e interventi nei diabetici arrivati tardivamente al- l’osservazione specialistica.
SUMMARY
Prompt access to a diabetology unit as a determinant of quality of care, frequency of complications and economic burden for type 2 diabetic patients
Less than 35% of people with type 2 diabetes are referred to a diabetes unit by their general practitioners within 12 months of the diagnosis. The other 65% are only seen by a diabetologist 5 ± 4 years after diagnosis. The late-referral patients have higher HbA1cand double the complication rate of those seen promptly.
The cost of treatment is therefore significantly higher than for pa- tients seen sooner. These observations indicate the need for more efficient organization of diabetes management.
Introduzione
I grandi trial hanno dimostrato che interventi multifattoriali ot- timizzati durante i primi anni subito dopo la diagnosi di diabete possono prevenire le complicanze e ridurre i costi correlati per lungo tempo(1,2). Proprio nelle prime fasi della malattia una sua cattiva gestione e un’ampia variabilità glicemica sono in grado di indurre la cosiddetta “memoria metabolica”(3,4)e incidere pe- santemente sullo sviluppo e/o la progressione delle complica- zione croniche(5,6). Infatti, I livelli di emoglobina glicata (HbA1c) raggiunti durante i primi 3 mesi dalla diagnosi sono un po- tente determinante di morte cardiovascolare entro 5 anni(7).
Questi concetti ampiamente accettati dalla comunità scienti- fica trovano ancora un’insufficiente applicazione nella pratica clinica, come dimostrato dal Rapporto Arno e dagli Annali AMD sul livello di raggiungimento dei target(8-10).
L’assistenza alle persone con diabete di tipo 2 in Italia si basa sul sistema di cure primarie e una rete di circa 650 Servizi di Diabetologia (SdD). Il medico di medicina generale (MMG) ha la responsabilità della diagnosi e avvia il paziente al SdD di ri- ferimento in base a un protocollo validato condiviso tra le so- cietà scientifiche più rappresentative nel settore, vale a dire, Associazione Medici Diabetologi (AMD), Società Italiana di Dia- betologia (SID) e Società Italiana di Medicina Generale (SIMG)(11,12). Purtroppo questo protocollo non è attuato am- piamente e in modo omogeneo e solo relativamente pochi pa- zienti hanno accesso a una reale gestione integrata. In condizioni reali, quindi, la maggior parte dei medici invia i pa- zienti affetti da diabete ai SdD solo in presenza di livelli ipergli- cemici persistenti o di complicanze croniche a rapida progressione(13-15).
Tale fenomeno provoca una sorta di dicotomia tra i pazienti non complicati e prevalentemente in terapia con ipoglicemiz- zanti orali (oral hypoglycemic agents, OHA) seguiti dai MMG e pazienti complicati e/o insulino-trattati che si affidano a SdD(15). Tutto ciò, oltre a essere lontano dai protocolli di ge- stione integrata, genera arbitrariamente due gruppi di pazienti caratterizzati da diversi livelli di complessità clinica che inci- dono in modo molto diverso sui costi sanitari(16-18).
Un’ulteriore sfida per l’assistenza sanitaria è rappresentata dall’età dei pazienti. I soggetti diabetici con oltre 65 anni di età sono in costante aumento(19)e, nonostante differenze in- terindividuali nelle performance fisiche e mentali, presentano un aumentato tasso di comorbilità(20,21), di inattività(22)e rap- presentano di per sé un grave problema assistenziale(23). Partendo da queste premesse, lo scopo dello studio è stato quello di valutare e confrontare le caratteristiche cliniche e il tasso di complicanze di persone con diabete di tipo 2 afferite per la prima volta a un SdD, in funzione della maggiore o mi- nore precocità di accesso, evitando nel contempo l’effetto confondente della durata di malattia sulla loro condizione cli- nica. La nostra ipotesi era che i diabetici non gestiti in modo integrato dai MMG e dai diabetologi presentassero una mag- giore complessità clinica.
Materiale e metodi
Dalla cartella clinica elettronica (Eurotouch, Versione 10) sono stati estratti i dati di tutti i diabetici di tipo 2 afferiti al SdD nel- l’arco degli ultimi 12 mesi, rispondenti ai seguenti criteri: a) controllo del diabete insoddisfacente (HbA1c≥ 7%); b) ac- cesso al SdD per la prima volta; c) precedente trattamento con OHA (esclusi DPP-4I e GLP-1 analoghi/mimetici), insu- lina o nessun trattamento e solo stile di vita, prescritti dal loro MMG.
Il cut-off del 7% per HbA1cè stato scelto in base agli stan- dard di cura AMD-SID 2010 e in considerazione dell’età avan- zata dei soggetti in studio(24-26).
Al momento del primo accesso al SdD sono stati registrati i seguenti dati:
– caratteristiche demografiche dei soggetti e parametri me- tabolici e uso di farmaci per il controllo glicemico e dei fat- tori di rischio cardiovascolare;
– completezza dello screening delle complicanze croniche;
– trattamenti con farmaci ipolipemizzanti, antipertensivi già in atto;
– presenza di complicanze croniche già note;
– necessità di intensificare le cure per il controllo glicemico (compreso l’inizio del trattamento con insulina) o di altre patologie concomitanti/complicanti;
– necessità di approfondimento nella valutazione delle com- plicanze croniche.
I soggetti arruolati sono stati divisi nel gruppo ad accesso pre- coce (AP) in cui l’intervallo tra la diagnosi nota e l’accesso al SdD era ≤ 12 mesi e nel gruppo ad accesso tardivo (AT) in cui tale periodo era > 12 mesi. Allo scopo di evitare un possibile fat- tore confondente rappresentato dalla durata del diabete, è stata selezionata una coorte definita coorte storica (CS) di soggetti pair matched con quelli del gruppo AT per età, sesso e durata del diabete, che erano stati inviati al SdD entro 12 mesi dalla diagnosi di diabete e per tutto il follow-up successivo erano stati seguiti presso il SdD in condivisione con il proprio MMG.
Il Gruppo CS aveva quindi una durata di diabete sovrapponibile al gruppo AT ma era afferito precocemente al SdD.
Al primo accesso sono stati registrati i parametri generali dei soggetti con AP e AT (Tab. 1). Per la CS i dati sono riferiti al mo- mento della cattura dal database. In accordo con gli indicatori AMD(24,25), sono stati considerati indicatori di qualità dell’assi- stenza la percentuale di soggetti sottoposti a valutazione di complicanze/comorbilità prima di accedere al SdD (Fig. 1) e indicatori di performance la percentuale di soggetti a target per HbA1c(< 7%), pressione arteriosa (< 130/80), LDL-cole- sterolo (< 100 mg/dl) o trattati con acido acetilsalicilico, sar- tani/ACE-inibitori in presenza di microalbuminuria (Fig. 2). La diagnosi delle complicanze croniche è stata posta in accordo con gli standard di cura AMD-SID(24). I dati sono espressi come numeri, percentuali o media ± deviazione standard (M ± DS).
Per l’analisi descrittiva sono stati utilizzati il test del χ2con cor- rezione di Yates, quando indicata, analisi della regressione lo- gistica multivariata e ANOVA (analisi della varianza). Il livello di significatività minimo accettato è stato fissato a p < 0,05. Tutte le valutazioni statistiche sono state realizzate mediante soft- ware SPSS-plus (Norusis Inc. Ill. USA, 2006).
Il protocollo è stato realizzato in accordo con la dichiarazione di Helsinki e previo parere del Comitato Etico locale.
Risultati
Per definizione, la durata media di tempo trascorso tra la dia- gnosi e la valutazione specialistica era statisticamente differente tra i gruppi: 5,8 ± 2,9 mesi per il gruppo AP e 61,7 ± 49,4 mesi per il gruppo AT (p < 0,0001), mentre non vi erano, ovvia- mente, differenze significative tra la durata stimata di malattia tra AT (61,7 ± 49,4 mesi) e CS (63,4 ± 52,2 mesi).
I dati clinici più rilevanti dei tre gruppi sono riportati in tabella 1.
Dal suo esame non si evidenziano differenze in termini di età media (72,4 vs 72,6 vs 73,4 anni, rispettivamente), indice di massa corporea (27,2 vs 28,2 vs 27,9 kg/m2), di genere (rap- porto M/F 1,18 vs 1,10 vs 1,10) o abitudine al fumo (34,2 vs 33,7 vs 34,5%), ma valori di HbA1csorprendentemente bassi e sovrapponibili in entrambi i gruppi AP e CS (7,7 e 7,6%, rispettivamente) e significativamente più alti in AT (10,8%, p < 0,01 vs AP e CS).
I livelli di pressione sistolica e diastolica così come la frequenza di soggetti dislipidemici sono risultati significativamente mag- giori nel gruppo AT che negli altri gruppi (p < 0,05). Inoltre solo una percentuale modesta e significativamente diversa di sog- getti ipertesi o dislipidemici era trattata per tali alterazioni in entrambi i gruppi AP e AT, diversamente da quanto osservato nei soggetti del gruppo CS; infine il trattamento insulinico era
presente nel 10,5% dei soggetti CS e praticamente assente negli altri due gruppi, evidenziando come difficilmente i MMG intraprendano il trattamento insulinico (vedi tabella 1 per i det- tagli).
Per gli indicatori di qualità dell’assistenza (Fig. 1) sono evidenti profonde carenze per entrambi i gruppi AP e AT, con migliori performance per i controlli cardiologici (intorno al 30% dei soggetti) e per l’assetto lipidico (27 e 45%, rispettivamente in AP e AT). Anche gli indicatori di performance sono largamente carenti per tutti i parametri considerati, tranne che per il con- trollo pressorio (Fig. 2). Nella tabella 2 sono visibili le percen- tuali di soggetti colpiti da complicanze valutate presso il SdD subito dopo il primo accesso nei tre gruppi di soggetti. In ge- nerale è evidente una condizione di maggiore gravità per i soggetti con AT rispetto a entrambi i gruppi AP e CS, ma anzi è bene evidente come le frequenze della CS siano più vicine Tabella 1 Caratteristiche generali della casistica esaminata dal database all’accesso al Servizio di Diabetolo- gia (SdD). Per la CS i dati sono riferiti al momento della cattura dal database.
Accesso precoce Accesso tardivo Coorte storica
(AP) (AT) (CS)2
Soggetti diabetici di tipo 2 (n) 200 381 381
Tempo trascorso (mesi)1 5,8 ± 2,6 61,7 ± 49,4* 7,5 ± 2,8
Durata del diabete (mesi) 5,8 ± 2,6 61,7 ± 49,4* 63,4 ± 52,2*
Età (anni) 72,4 ± 4,6 72,6 ± 4,8 73,4 ± 5,1
range 68-79 69-80 68-81
Età alla diagnosi (anni) 71,0 ± 3,2 66,6 ± 3,7* 67,1 ± 4,1*
range 67-78 65-79 66-79
M/F n 60/51 106/96 105/95
R 1,18 1,10 1,10
Fumatori (%) 34,2 33,7 34,5
BMI (kg/m2) 27,2 ± 11,8 28,2 ± 13,6 27,9 ± 12,4
range 24-41 25-42 23-41
HbA1c(%) 7,7 ± 2,1 10,8 ± 2,2** 7,6 ± 2,3
range 5,8-11,3 7,2-12,2 5,9-10,4
Pressione sistolica (mmHg) 126,1 ± 23,4 147,1 ± 20,2*** 132,4 ± 14,6
range 114-163 123-170 118-155
Pressione diastolica (mmHg) 75,4 ± 6,2 79,2 ± 9,1*** 76,7 ± 5,9
range 68-87 73-97 71-90
Soggetti ipertesi (%) 44,1 52,9° 51°
Ipertesi trattati3(%) 60 63 98**
Soggetti dislipidemici3(%) 37,8 72,8* 58**
Dislipidemici trattati3 (%) 24 38* 99**
Trattati con insulina (%) 0 0,5 10,5°°
1Tempo trascorso: intervallo di tempo intercorso tra la diagnosi e il primo accesso al SdD; per il gruppo AT, corrisponde alla durata del diabete.
Per la CS la durata del diabete corrisponde alla somma dell’intervallo di tempo tra la diagnosi di diabete e il momento del primo accesso al SdD e di tutta la durata del follow-up.
2I pazienti della CS erano pair matched con quelli del gruppo AT per età, sesso e durata del diabete, erano stati inviati al SdD entro 12 mesi dalla diagnosi di diabete e per tutto il follow-up erano stati seguiti presso il SdD in condivisione con il proprio MMG. Si noti che per questa coorte il tempo totale trascorso dal primo accesso al SdD era 63,4 ± 52,2 mesi, significativamente più lungo di quello osservato per il gruppo AP (p < 0,001) e sovrapponibile a quello osservato nel gruppo AT.
3Percentuale rispetto al totale dei soggetti indice per ciascun parametro.
*p < 0,001 vs AP; **p < 0,01 vs AP e vs CS; ***p < 0,05 vs AP e vs CS; °p < 0,01 vs AP; °°p < 0,01 vs AP e AT.
a quelle dei soggetti con storia di malattia più breve (AP) quasi per tutti i parametri considerati.
Nella tabella 3 è descritto il numero di farmaci e di visite che sono state necessarie nell’anno per portare a target i soggetti di tre gruppi. Anche in questo caso è evidente una significa- tiva differenza tra i soggetti con AP e AT e come i valori della CS siano in posizione intermedia tra i due gruppi precedenti
e anzi come nel caso del trattamento insulinico siano signifi- cativamente più bassi rispetto all’AT.
Infine, nella tabella 4, abbiamo riassunto i risultati dell’analisi multivariata (backward models) che mostra la relazione tra al- cuni tratti del diabete e il momento dell’accesso al SdD e in cui il gruppo AP fungeva da riferimento per gli altri gruppi.
Essa mostra chiaramente che il tempo intercorso tra la dia- Tabella 2 Fattori di rischio cardiovascolare e frequenza delle complicanze valutati all’accesso al Servizio di Dia- betologia (per la CS, vedi nota alla Tab. 1).
Accesso precoce Accesso tardivo Coorte storica
(AP) % (AT) % (CS) %
Pressione arteriosa > 130/80 mmHg 44,1 52,9*° 51,0
Colesterolo totale > 200 mg/dl 18,9 33,7*° 22,0
Trigliceridi > 150 mg/dl 37,8 72,8***° 48,0
Retinopatia
– background 0,9 29,6***°° 7,0**
– preproliferativa – 12,6 1,0
– proliferativa – 1,8 –
– maculopatia – 7,5 –
– cecità – 0,8 –
Totale 0,8 35,3***°° 8,8**
Neuropatia
– autonomica 24,5 73,6** 25,5
– periferica 11,5 17,9 14,5
Nefropatia
– microalbuminuria 18,7 41,5**°° 18,8
– macroalbuminuria 0,8 16,9**°° 2,3
– insufficienza renale cronica – 3,8 –
Totale 19,7 59,6***°°° 24,3
Ulcere/amputazioni – 12,7 –
Placche carotidee 9,5 27,9**°° 8,5
Arteriopatia periferica obliterante 1,9 12,7***°°° 2,2
Disfunzione erettile 6,7 29,7**° 15,5
*p < 0,05 vs AP; **p < 0,01 vs AP; ***p < 0,001 vs AP; °p < 0,05 vs CS; °°p < 0,01 vs CS; °°°p < 0,001 vs CS.
Indicatori di Qualità Assistenziale
FO ECG NEUROP A Piede Lipidi eGFR MAU
0 10 20 30 40 50
AP AT Figura 1 Indicatori di qualità dell’assistenza:
valutazione (%) delle complicanze/comorbi- lità al momento del primo accesso (almeno negli ultimi 12 mesi). In entrambe le coorti sono evidenti profonde carenze. AP: ac- cesso precoce; AT: accesso tardivo; MAU:
microalbuminuria (µg/min); eGFR: filtrato glo- merulare ml/min/1,73 m2); lipidi = dosaggio di colesterolo totale, HDL, LDL calcolate e trigliceridi; NEUROP A: test di neuropatia au- tonomica; ECG: ECG e visita cardiologica;
FO: esame del fondo oculare con dilatazione.
Nota: nessun paziente era stato sottoposto a esame del piede e ai test di neuropatia auto- nomica.
Figura 2 Indicatori di perfor- mance: percentuale di sog- getti che al momento del primo accesso erano a target per HbA1c (≤ 7%), per pres- sione sistolica (≤ 130 mmHg) o diastolica (≤ 80 mmHg), con LDL-colesterolo ≤ 100 mg/dl o erano trattati con ASA (acido acetilsalicilico 100 mg), ACE- inibitori/sartani in ipertesi/
positivi per microalbuminuria (MAU, µg/min). Da notare le bassissime percentuali di soggetti a target per HbA1cdi entrambi i gruppi. Tutte le dif- ferenze tra i due gruppi sono significative (p < 0,01). AP: accesso precoce; AT: accesso tardivo.
A tardivo A precoce
Indicatori di Performance
LDL-C < 100 mg/dl SBP DBP ACEi/Sartani ASA HBA1c < 7%
0 10 20 30 40 50
Tabella 3 Numero medio (M ± DS) di differenti farmaci (TN) prescritti dopo l’accesso al servizio di diabetologia (SdD) per il controllo dei livelli di glucosio, lipidi e pressione arteriosa nei tre gruppi di soggetti (M ± DS o %) e significatività delle differenze.
Accesso precoce (AP) Accesso tardivo (AT) Coorte storica (CS)
TN per il diabete 1,5 ± 0,6 2,6 ± 0,8** 1,9 ± 0,3 *°
Soggetti richiedenti insulina (%) 8,1 18,8** 10,5°°
TN per ipertensione arteriosa 1,7 ± 0,8 2,8 ± 0,6** 2,3 ± 0,3*°
TN per dislipidemia 0,4 ± 0,3 1,3 ± 0,5*** 0,7 ± 0,3*°
Visite/anno 2,3 ± 0,4 3,6 ± 1,6** 2,7 ± 04°°
*p < 0,05 vs AP; **p < 0,01 vs AP; ***p < 0,001 vs AP; °p < 0,05 vs AT; °°p < 0,01 vs AT.
Tabella 4 Risultati dell’analisi multivariata (regressione logistica multipla: backward models) indicante la rela- zione tra alcuni parametri significativi, descrittivi del diabete e dell’accesso al Servizio di Diabetologia (SdD).
Categoria di riferimento: gruppo con AP.
Variabili dipendenti
Accesso tardivo (AT) Coorte storica (CS)
Variabili indipendenti OR IC al 95% OR IC al 95%
Età (anni) 0,92 0,90-0,93 0,89 0,87-0,91
Età alla diagnosi (anni) 0,80 0,78-0,81 0,75 0,72-0,76
Tempo trascorso (mesi)1 2,56 2,52-2,59 0,61 0,55-2,63
Durata del diabete (anni) 2,60 2,59-2,62 2,59 2,56-2,59
Maschi vs femmine 0,44 0,43-0,45 0,46 0,45-0,48
Fumatori (sì vs no) 0,95 0,94-0,96 0,88 0,86-0,89
BMI (kg/m2) 0,95 0,94-0,96 0,94 0,91-0,96
HbA1c(%) 2,67 2,65-2,69 0,61 0,58-0,63
1Tempo trascorso: intervallo di tempo intercorso tra la diagnosi nota e accesso al SdD; per il gruppo AT, corrisponde alla durata del diabete.
Per la CS la durata del diabete corrisponde alla somma dell’intervallo di tempo tra la diagnosi di diabete e il momento del primo accesso al SdD e di tutta la durata del follow-up.
OR: Odds Ratio; IC al 95%: intervallo di confidenza al 95%; BMI: body mass index, indice di massa corporea.
gnosi e il primo accesso al SdD ha avuto un impatto signifi- cativo sui risultati, con Odds Ratio (OR) 2,56 (intervallo di confidenza, IC 2,52-2,59) nel gruppo AT contro 0,61 (IC 0,55-
2,63) nel gruppo CS. Viceversa, la durata del diabete non in- fluenza i nostri risultati, infatti l’OR del gruppo AT è 2,60 (IC 2,59-2,62) contro 2,59 (IC 2,56-2,59) nel gruppo CS.
Va infine notato come HbA1c(10,8 ± 2,2%) presenti nei sog- getti AT un OR di 2,67 (IC 2,65-2,69) mentre nel gruppo CS (7,6 ± 5,9%) l’OR è 0,61 (IC 0,58-0,63), indicando un ruolo si- gnificativo solo nei soggetti AT.
Conclusioni
I grandi trial hanno documentato come un trattamento otti- mizzato e multifattoriale intrapreso fin dal momento della dia- gnosi possa ridurre l’impatto e i costi delle complicanze per lungo tempo(7,8). Questo obiettivo, secondo la nostra ipotesi, potrebbe essere raggiungibile attraverso una reale integra- zione tra medici di famiglia e diabetologi, come del resto è documentabile in altre esperienze(13,14).
Per verificare questa teoria, abbiamo analizzato retrospettiva- mente due coorti di soggetti anziani caratterizzati da un in- tervallo tra diagnosi nota di diabete e primo accesso al SdD inferiore a 12 mesi (AP) o superiore (AT). Le due coorti sono poi state comparate con una terza coorte, definita storica (CS), costituita da soggetti con accesso precoce e poi seguiti presso il SdD per un arco di tempo uguale alla durata del dia- bete dei soggetti con AT, allo scopo di eliminare l’effetto della durata di malattia e concentrare le osservazioni sul setting as- sistenziale.
Il risultato più sorprendente è stato il livello di HbA1cmarcata- mente inferiore osservato sia in AP sia in CS. Anche vari altri parametri sono risultati migliori nel gruppi AP e CS rispetto ad AT, come molte complicanze e, in particolare, la prevalenza di retinopatia. Anche la prevalenza di soggetti che avevano ne- cessità di iniziare subito il trattamento insulinico era significa- tivamente minore in AP e CS rispetto ad AT, in ciò evidenziando un differente case mix tra i gruppi, come per altro espresso dal numero significativamente differente di vi- site necessarie per portare a target il livello di glicata nell’anno successivo al primo accesso.
Un altro indicatore del differente “peso” assistenziale che di- stingue chiaramente i gruppi AP e AT è rappresentato dal nu- mero di classi di ipoglicemizzanti orali o per il controllo dei fattori di rischio cardiovascolare. Inoltre il gruppo CS si colloca in po- sizione intermedia tra AP e AT per la necessità di farmaci.
Le complicanze croniche, motivo di disabilità a tutte le età e particolarmente negli anziani, appaiono nella nostra casistica particolarmente e significativamente più frequenti in AT ri- spetto ad AP, mentre non sono evidenti particolari differenze tra i soggetti con AP e CS, tranne che per la retinopatia dia- betica più elevata in questi ultimi (7,0% vs 0,9%; p < 0,01).
Ancora una volta tale differenza richiama l’attenzione sul dif- ferente setting assistenziale dei tre gruppi.
Anche l’analisi degli indicatori di qualità assistenziale e di per- formance prima dell’accesso al SdD evidenzia chiaramente un livello di cura complessivo non in linea con gli standard as- sistenziali richiamati dagli standard di cura(24).
Possiamo riassumere i nostri risultati come segue: pazienti con diabete di tipo 2 che accedono per la prima volta al SdD all’inizio della propria storia di malattia si comportano come quelli seguiti presso il SdD per tutta la durata di malattia, re-
lativamente ai parametri clinici e alle complicanze, raggiun- gendo meglio tutti i target, presentando un inferiore tasso di complicanze e un carico economico inferiore, inteso sia come necessità di visite sia come uso di farmaci. Il confronto con la CS e i risultati dell’analisi multivariata fugano ogni dubbio sulla possibile influenza su questi risultati legata alla differente du- rata di malattia, piuttosto che all’intensità di cura realizzata in setting assistenziali differenti come sono quelli della Medicina Generale e del SdD, caratterizzato da un approccio multifat- toriale e multidisciplinare(1,2,7).
A favore di questa interpretazione stanno alcune considera- zioni come il fatto che i medici di famiglia hanno scarsa pro- pensione a insulinizzare i pazienti in scompenso glicemico e preferiscono invece lasciare ai diabetologi iniziare il tratta- mento insulinico, come chiaramente è espresso dai dati di in- sulinizzazione prima (Tab. 1) e dopo (Tab. 3) l’accesso al SdD.
Un’ulteriore differenza di setting assistenziale è dovuta al fatto che i MMG italiani non possono prescrivere autonomamente la maggior parte dei farmaci innovativi (GLP1 agonisti/analo- ghi e inibitori delle DDP4), cosa invece possibile per i diabe- tologi, specie per categorie di soggetti anziani, come quelli da noi studiati. Molti pazienti assumono per anni sulfoniluree, tra i farmaci più prescritti dai MMG(9), nonostante uno scarso controllo glicemico, aggiungendo oltre al cattivo controllo gli- cemico anche il rischio di altre comorbilità, specie cardiova- scolari(22,23).
Tutto questo suggerisce fortemente la necessità di un migliore e più ampio ricorso alla gestione integrata tra medici di fami- glia e specialisti, come raccomandato dalle Società scientifi- che(11,12)e dalle linee guida sulla gestione della malattia(27,28), cosa che potrebbe contribuire anche al superamento del pro- blema dell’inerzia clinica(29-31).
Secondo i nostri dati, il 67,9% dei pazienti (381 su 581 dei soggetti considerati) seguiti esclusivamente dai propri MMG aspettano in media 5 anni dopo la diagnosi prima di essere avviati al SdD, nonostante presentino pessimi livelli di HbA1c, frequenza di complicanze e necessità di insulinizzazione più di due volte superiori ai soggetti inviati precocemente e siano stati sottoposti a screening delle complicanze croniche del diabete in maniera assolutamente insoddisfacente. Il ritardo osservato nell’invio al SdD ha un enorme impatto sulla ge- stione della malattia sia in termini di appropriatezza che di carico economico per il sistema sanitario nazionale(32), nono- stante sia noto che il carico economico maggiore per il si- stema sanitario nazionale è rappresentato dalle complicanze croniche(13,14,18). Viceversa, i risultati dell’indagine documen- tano come un accesso precoce e un follow-up condiviso tra MMG e diabetologi riduca significativamente il carico assi- stenziale e i costi, in linea con quanto documentato con diversa modalità in Piemonte circa la riduzione delle ospeda- lizzazioni(13,32), in questo modificando anche la storia naturale della malattia, come suggeriscono ancora una volta i grandi trial(1,2). Il coinvolgimento attivo dei pazienti in strategie condi- vise tra MMG e diabetologi potrebbe migliorare ulteriormente l’efficacia delle cure(25).
In conclusione, l’età, la durata del diabete e l’inerzia terapeu- tica giocano un ruolo di primo piano nel determinare il carico assistenziale dei diabetici, specie se anziani. Oltre all’esigenza
di un più ampio e precoce ricorso all’insulinizzazione (come nel caso del gruppo AT) può essere necessario anche il ri- corso a più classi di farmaci, per il controllo sia dei fattori di ri- schio CV sia dei livelli di glucosio, inclusi gli analoghi/agonisti del GLP-1 e i DPP-4I. Tutto ciò può essere realizzato solo in un sistema di gestione integrata tra MMG e diabetologi che preveda anche la valorizzazione delle associazioni dei pazienti come strumento indispensabile del miglioramento delle cure attraverso un sistema di efficace empowerment di chi, in quanto affetto da una malattia cronica come il diabete, deve necessariamente farsi parte attiva corresponsabilizzandosi nel progetto assistenziale, come previsto dal Piano sulla Malattia Diabetica 2013-2015 del Ministero della salute(33)(vedi edito- riale di questo numero del GIDM).
Conflitto di interessi
Nessuno.
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